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Autore Discussione: Davide Ricca Leggendo gli insulti a Renzi  (Letto 2457 volte)
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« inserito:: Maggio 28, 2016, 11:51:06 am »

Davide RICCA
Leggendo gli insulti a Renzi

Pubblicato: 25/05/2016 09:40 CEST Aggiornato: 27 minuti fa

L'odio, gli insulti e le bugie che leggo in alcuni commenti sotto i post o in risposta ai tweet di Matteo Renzi mi confermano su un'idea o, meglio, su una traiettoria che era già ben delineata nel 2011.
Renzi ha sfidato un'intera classe dirigente. Lo ha fatto ribaltando completamente i paradigmi di comportamento e le prassi dell'attività politica.


Dall'essere contro qualcuno (il nemico di volta in volta individuato) all'essere favorevole a qualcosa (i provvedimenti necessari a riformare e trasformare il paese). Soprattutto per un centrosinistra che si era abituato a perdere crogiolandosi nell'antiberlusconismo che puliva le coscienze senza interpellare troppo la responsabilità del fare è stato uno shock vero è proprio. Dopo 15-20 anni in cui si è passato il tempo a sperare che l'indagine di turno affossasse il nemico, che qualcuno lo beccasse con le mani nella marmellata, invece di costruire una reale proposta alternativa, è come se in molti si fossero svegliati da un lungo sonno (sogno) fatto di aperitivi pre-collinari e di commenti agli editoriali domenicali del grande saggio di turno.

Già! Quanto era bella la coalizione che ti faceva sentire coperto al centro e a sinistra, ma che, oltre a farti perdere, ti impediva di avanzare un programma chiaro, perché se no si rischiava di perdere questo o quel ramoscello. Ecco perché l'italicum non piace.

Già! Quanto era bello non dover selezionare più classe dirigente, perché la legge elettorale, non certo scelta da noi (ma quanto faceva comodo), ti permetteva di cooptare i fedeli e non i migliori (perché se coopti quelli bravi mica commetti reato, anzi). E visto che alla magistratura era appaltata la linea politica, quanti esponenti provenienti dalle sue fila sono di volta in volta sono scesi in campo come nuovi leader del centrosinistra!

Già! Quanto era bello il finanziamento pubblico a pie' di lista, mentre si guardava il paese scendere in tutte le graduatorie internazionali, spendendo e indebitando le generazioni future. Tanto era colpa "sua".

Ecco il centrosinistra è cresciuto dovendo dare la colpa a qualcuno, perché dare la colpa a qualcun altro fa in modo che tu non debba interrogarti sulle tue responsabilità. Ne siamo tutti ancora pervasi. E in questi giorni la recrudescenza di quel modo di essere sta esprimendo tutta se stessa. In tanti che militano e tifano per le forze d'opposizione pensano di sfruttare il momento. E il linguaggio che usano e lo stesso che abbiamo usato noi per troppo tempo contro il nemico. Non hanno altro obiettivo che vedere cadere Renzi, senza una reale proposta alternativa.

Renzi ha vinto perché ha rappresentato una proposta alternativa, radicalmente riformatrice, non perché ha aspettato che Berlusconi lo facesse cadere qualcun altro al posto suo. Andrà di nuovo così. E visto che all'orizzonte non c'è un leader vero, capace di proporre un nuovo paradigma, capace di una proposta e non semplicemente attento a leggere le intercettazioni sui giornali per scrivere e preparare i propri interventi politici, Renzi durerà.

Spero che non siano in molti dentro al Pd a godere (anche in silenzio) nel vedere il loro Segretario e Presidente del Consiglio attaccato e insultato, magari pensandolo più debole e, con lui, tutti quei barbari, quegli "stranieri" che in fondo "non fanno parte della comunità" in cui si stava così bene prima, perché si era in pochi, ci si conosceva tutti, si prendeva l'aperitivo assieme e nessuno disturbava.

E già com'era bella l'opposizione! E l'insulto al nemico, e l'intercettazione pruriginosa! Cari amici che sventolate i sondaggi come qualcuno faceva con i cappi e qualcuno con le monetine, possibile che la storia non vi abbia insegnato proprio nulla. Lanciate pure la prima pietra, io non posso sono peccatore. Ma solo ribaltando i paradigmi si vince e si governa bene. Non siete mica gli stessi che sventolavano i sondaggi prima delle Europee?

Da -
Davide Ricca
Esperto di politiche formative e del lavoro. Segreteria Regionale PD Piemonte. Fondatore di Ateniesi.it
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« Risposta #1 inserito:: Dicembre 28, 2016, 11:58:25 pm »


Il vento non si ferma con un patto correntizio
Pubblicato: 27/12/2016 15:52 CET Aggiornato: 1 ora fa

Non è così complicato rintracciare nel centrosinistra degli ultimi venti anni, o poco più, il percorso attorno al quale si è mosso chi ha spinto sul significato forte e di rottura che le riforme avrebbero potuto rappresentare per il cambiamento del Paese. Un percorso che ha visto, prima in Romano Prodi e ora in Matteo Renzi, le sue icone e principali figure di riferimento.

Un sottile filo rosso di coerenza che, attraversando l'Ulivo e le sue evoluzioni e involuzioni, si è spinto fino a noi, e le cui tracce possono essere scorse nel movimento nato e sviluppatosi attorno alla Leopolda.

Oggi come ieri, però, la strada del cambiamento sembra interrompersi bruscamente. Dico "sembra" perché chi dava per sconfitto Prodi si è dovuto ricredere alle elezioni europee del '99, e così succederà a chi oggi dà per sconfitto Renzi.

È anche vero che chi credeva che la traiettoria rinnovatrice di Renzi fosse inesorabile e consolidata, e chi vi scrive è tra quelli, oggi si interroga sul perché di una sconfitta così netta. Una sconfitta che, a differenza di quella di Romano Prodi del '98, non è avvenuta semplicemente dentro logiche e manovre di palazzo, ma ha avuto luogo in campo aperto, nella vittoria netta del "No" durante l'ultima consultazione referendaria. Una sconfitta ancora più bruciante se si pensa che proprio all'interno del movimento referendario, da Segni in avanti, ha avuto origine il percorso riformatore del centrosinistra italiano.

Sarebbe troppo facile dare la colpa a Massimo D'Alema, anche se la tentazione c'è tutta. È vero che quando c'è da interrompere o far fallire il percorso delle riforme lui è sempre presente: la caduta di Prodi, il fallimento della commissione bicamerale, il No all'ultimo referendum. Come sempre D'Alema ha cercato di massimizzare il risultato, contribuendo alla sconfitta del proprio avversario interno. Per lui è sempre stato più semplice azzoppare i competitor del proprio schieramento (Prodi, Veltroni, Renzi) piuttosto che sconfiggere quelli del campo avverso: cosa, infatti, che non gli è mai riuscita.

Ma no, la colpa questa volta non è di D'Alema, il tema è un altro. Voglio concentrarmi su tutti coloro che hanno votato No perché delusi dalla "mancata rottamazione". Non so se convincerli sarebbe servito a recuperare più di 2 milioni di voti, ma di certo per comprendere la trasformazione e l'involuzione temporanea della parabola di Renzi bisogna passare da qui.
Sono in tanti, infatti, che rimproverano all'ex presidente del Consiglio di non aver fatto abbastanza, di non aver rottamato i vecchi arnesi della politica, di avere fatto troppi accordi. Era inutile nei giorni della campagna referendaria replicare. L'onda montava e Renzi era il male da abbattere: "il compromesso" il suo peccato.

Ci troviamo di fronte a una sorta di eterogenesi dei fini. Hanno votato "No", e quindi per la conservazione dello status quo, molti che imputano a Renzi di non "avere cambiato tutto". Inutile spiegar loro che ora i costi della politica, la lentezza del percorso legislativo, i politici di professione sono temi che sono usciti dall'agenda politica dell'"adesso" per nascondersi in quella del "poi".

Renzi ha aperto molti spazi nel mercato del lavoro, ha avviato un'azione riformista pari solo a quella del primo governo Prodi, ha generato opportunità, ma va ammesso che Renzi non è riuscito a svuotare il vaso dei cosiddetti diritti acquisiti, della politica subalterna alla magistratura, dell'intoccabilità e inviolabilità dei corpi intermedi.

È del tutto inutile provare a dare opportunità a chi non ce l'ha, principalmente ai giovani, se gli spazi sono tutti occupati e inaccessibili. Troppa disparità tra i pensionati del retributivo che continuano a bivaccare sui sacrifici di quelli del contributivo. Il primo governo Renzi non è riuscito a sanare le ingiustizie di quel tradimento generazionale. Non a caso pare che proprio i più giovani siano tra coloro che hanno contribuito alla vittoria del No. Dicevamo, appunto, l'eterogenesi dei fini.

Eppure l'ex sindaco di Firenze è stato perfettamente coerente con i propri principi. Ha governato nella convinzione delle giustezza delle idee cardine del proprio mandato congressuale e, come promesso, non ha organizzato una propria corrente nel partito; altra cosa che lo rende molto simile a Romano Prodi. Già, molti di quei No "delusi da Renzi" ricordino che non esiste una corrente di stretta osservanza renziana organizzata, ne esistono altre che hanno sì sostenuto il giovane di Rignano, ma non una sua. Gli stessi gruppi parlamentari sono figli della segreteria Bersani, non di certo di quella Renzi. E guarda te che caso, neanche Prodi controllava i gruppi parlamentari.

Il tempo in politica non è una variabile indipendente, le cose vengono dimenticate troppo presto e anche la quantità di riforme fatte in così poco tempo rischia di far perdere quale sia stata la portata del governo Renzi per il Paese. Risultato?

- Oggi abbiamo un segretario senza corrente, come abbiamo potuto notare durante l'ultima Assemblea Nazionale.

- Oggi abbiamo un segretario senza gruppi parlamentari, e lo vedremo dalla difficoltà con cui si riuscirà, se si riuscirà, ad andare ad elezioni in un breve lasso di tempo.

- Oggi abbiamo un segretario solo, contro il 60% del Paese, e in molti continuano a dire che il restante 40% non è suo.

- Potremmo quasi dire che oggi abbiamo un segretario isolato dalla sua coerenza.

Tanto tempo fa scrivevo di prendere molto sul serio il programma di Renzi. Di certo in questo modo ora non riconquisterò dei "No" al "Sì", ormai è scaduto il tempo massimo. Resto, però, convinto che il vento non si ferma con le mani e neanche con delle tattiche o dei patti interni, più o meno intelligenti, siglati al Nazareno.

Prodi dopo il 1998 fece un proprio partito, ma non c'era il Pd. Oggi "i democratici" esistono, ma il Pd sembra ancora quello della fusione a freddo tra le correnti. È dalla riforma del partito che si deve partire. Dalla vocazione maggioritaria, non solo esterna, ma anche interna. E ci vorrà tempo. Ci vorrà un congresso che apra ai molti che ancora non si riconosco in questo Pd, ai molti che hanno votato Sì e che devono trovar casa in un partito che si candida ostinatamente a governare e non semplicemente a rappresentare. Se non succederà questi andranno altrove.

Da - http://www.huffingtonpost.it/davide-ricca/il-vento-non-si-ferma-con-un-patto-correntizio_b_13859676.html?utm_source=Alert-blogger&utm_medium=email&utm_campaign=Email%2BNotifications
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