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5086  Forum Pubblico / CENTRO PROGRESSISTA e SINISTRA RIFORMISTA, ESSENZIALI ALL'ITALIA DEL FUTURO. / DA FB - IO NON PERSONALIZZO MAI negli scambi di opinioni tra noi. inserito:: Maggio 09, 2017, 05:30:50 pm

IO NON PERSONALIZZO MAI negli scambi di opinioni tra noi.
Sono i contenuti che si fanno "incontrare" o "scontrare", mai le persone.

Quello che mi "piace", per meglio dire mi piacerebbe, non è difficile da capire dai miei molti, forse noiosi, interventi qui in FB (e ne LAU mia rassegna stampa nel web).
Io penso che la Sinistra (che dal 1956 ho scelto di appoggiare) non è quella inchiodata all'opposizione perennemente incazzata per nulla di costruttivo.

Sul FB del 9 maggio 2017
5087  Forum Pubblico / CENTRO PROGRESSISTA e SINISTRA RIFORMISTA, ESSENZIALI ALL'ITALIA DEL FUTURO. / DA FB ... Che tu "ribadisca" non mi stupisce. inserito:: Maggio 09, 2017, 05:27:55 pm
Che tu "ribadisca" non mi stupisce. Non ho mai detto di essere un "pacifista", sono per la Pace che è altra cosa (la Resistenza per arrivare alla Pace fece la guerra).
Sono per i Cittadini che non voglio vittime di despoti guerrieri ma neppure di malviventi scafisti, neppure di politici-politicanti che violentano con le loro menzogne.
Sono favorevole al confronto di idee se queste hanno due caratteristiche base: mirano al benessere dei Cittadini tutti (compatibilmente con il possibile) e le idee siano Progetti precisi, concordati tra partiti e approvate in elezioni politiche, motivate da obiettivi attuali, non da antiquariato politico.

Ciaooo

Da FB del 9 maggio 2017 scambio con R.
5088  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / MATTEO RENZI Obama, Macron e le nuove generazioni. inserito:: Maggio 09, 2017, 05:24:28 pm
Martedì 9 maggio 2017

Enews 472
 
Obama, Macron e le nuove generazioni.
Sono stato felice di incontrare ieri a Milano Barack Obama. Sapete tutti quello che penso di lui: lo considero un grande leader e un punto di riferimento per molti di noi. Non credo ci sia stato meeting internazionale dalla Nato al G20, dal G7 ai vertici bilaterali in cui non mi abbia dato consigli, suggestioni, spunti. Fino ovviamente alla visita di stato ufficiale, l'ultima della sua amministrazione, che ha voluto dedicare all'Italia con un gesto di amicizia davvero impressionante.
Ma quello che mi ha colpito è il progetto che Obama ha per i prossimi anni. Non solo la Biblioteca Presidenziale, o il libro, o le conferenze: tutte attività “tradizionali” per un Presidente emerito, ma soprattutto un lavoro strutturato e capillare di formazione di giovani leader in tutto il mondo. Perché questo è il punto chiave per il futuro: nel mondo della post-verità e delle fake news educare all'approfondimento, alla leadership, allo studio una generazione di persone che sono già interconnesse e che insieme possono cambiare la società globale. La nuova generazione, insomma, è quella che può sconfiggere il populismo con il proprio impegno. I ragazzi come i depositari della sfida più intrigante del nostro tempo: persone su cui scommettere, facendo leva sull'ottimismo e sulla tenacia. Yes, we can.
Ieri il Presidente Obama mi ha illustrato i dettagli di questa grande sfida. Sarà affascinante collaborare anche dall'Europa a questo progetto che avrà sede in Chicago. E sarà affascinante farlo con i giovani italiani che vogliamo coinvolgere nella cosa pubblica perché questo è e sarà una delle chiavi del mio mandato come leader dei democratici italiani.
Chiacchierando in albergo e in macchina prima della cena ho visto Obama in ottima forma, meravigliato dalla bellezza di Milano (era la prima volta per lui mentre Agnese aveva accolto Michelle e le figlie all'Expo due anni fa) e pronto a ripartire alla grande. Insieme abbiamo telefonato al neo Presidente francese Emmanuel Macron, che ha vinto domenica le Presidenziali ed è chiamato oggi a una sfida difficile ma cruciale: cambiare l'Europa iniziando dal cambiare la Francia. Il cambiamento dell'Europa - perché l'Europa così com'è non va bene e chi vuol bene all'ideale europeo lo sa - è uno dei grandi temi dei prossimi mesi, come ci siamo detti a Bruxelles chiudendo la campagna per le primarie. Facciamo il tifo come tutti per il Presidente Macron e per il suo tentativo coraggioso. In cammino, en marche!

Il nuovo PD, tra mamme e magliette gialle
Si è svolta l'assemblea del PD a Roma, la prima dopo la fine del congresso. Bella atmosfera e bel clima: non è un caso se dopo le polemiche, le scissioni, gli scandali veri o finti che fossero, il vento sta cambiando. E i sondaggi - per quello che valgono - fotografano una impressionante ripresa del PD. Bene così.
Vi risparmio il mio intervento che potete comunque trovare qui integrale.
Ho proposto tre parole come temi cardine del PD per il 2017: lavoro, casa, mamme. Ne riparleremo, anche per recuperare alcune polemiche che ci sono state. Ma io credo che dobbiamo a tutti i costi cambiare linguaggio e forme della politica, discutendo di temi reali, non di questioni da addetti ai lavori. E la grande tematica delle donne e delle pari opportunità oggi passa anche dal permettere non solo alle mamme di occuparsi di politica - cosa che stiamo cercando di fare a cominciare dalle quote rosa - ma anche e soprattutto alla politica di occuparsi di mamme. Sono felice di leggere i vostri commenti: matteo@matteorenzi.it. Perché noi vorremmo un PD capace di parlare di problemi reali, non di inseguire il chiacchiericcio e i retroscena. Questo non significa non intervenire anche su questioni più politichesi. Ieri ad esempio abbiamo chiesto conto ad alcuni deputati Cinque Stelle delle loro vergognose frasi contro Renato Soru, il fondatore di Tiscali e nostro deputato europeo, che è stato assolto da tutte le accuse a suo carico e che era stato insultato e denigrato in TV dal fango pentastellato. Riusciranno a mettere insieme cinque lettere e pronunciare la parolina magica: SCUSA?
Mettere i puntini sulle i è giusto e doveroso: noi non possiamo sempre subire le accuse infamanti e false stando in silenzio. Anche per questo ci stiamo organizzando ogni giorno meglio sul web e anche per questo dobbiamo rispondere con più forza nei talk e nelle trasmissioni televisive. Ma dobbiamo ricordarci che saremo giudicati per quello che facciamo noi, non per gli errori degli altri. Anche per questo domenica 14 maggio le Magliette Gialle - il simbolo del PD che sta sul territorio e coniuga valori alti e progetti concreti - sbarcheranno a Roma. Con la città invasa dai rifiuti e nell'incapacità dell'amministrazione comunale di dare risposte, il PD romano presenterà le proprie idee sulla gestione dell'emergenza dei rifiuti ma lo farà dopo che per una mattinata saremo stati a pulire la città. Un PD che chiama a raccolta tutti quelli che ci stanno, volontari, cittadini, associazioni. E che fa le proprie proposte politiche. Le fa dopo aver organizzato con i generosi volontari ciò che l'amministrazione non riesce a fare con i propri professionisti, o presunti tali.

Teniamoci in contatto: la app
Durante le primarie vi ho sollecitato più volte a tenerci in contatto, a darci idee, a farvi sentire. Bene, adesso che le primarie sono finite, vorrei... sollecitarvi di più. Già, perché questo periodo che si è aperto con la rielezione a segretario sarà un periodo fantastico se riusciremo a coinvolgere quante più persone possibili a dare idee, portare un contributo, dare una mano.
In questo senso invito tutti quelli interessati a scaricare la app - Matteo Renzi (siamo già oltre trentamila) per dare idee, condividere messaggi, presentare progetti, tenersi reciprocamente aggiornati. Nelle prossime settimane arriveranno anche altri strumenti digitali, a cominciare per chi è interessato, dalla app del PD. Ma intanto per chi ha voglia di dare una mano l'invito è scaricare la app - compreso il nuovo sondaggio sulle tasse - anche perché nei prossimi giorni organizzeremo un Matteo risponde su questo tema, costruito tutto con chi ha scaricato questa applicazione.

Un sorriso,
Matteo
blog.matteorenzi.it
matteo@matteorenzi.it

Pensierino della sera. È passata praticamente sotto silenzio la liberazione di 82 ragazze sequestrate e tenute prigioniere per anni da Boko Haram in Nigeria. Hanno subito ogni tipo di violenza, inenarrabile. Oggi sono libere, ma dovranno rifarsi da capo una vita. Fa male solo il pensiero. Eppure credo sia giusto ridirselo. In troppe parti del mondo - ancora oggi - le nostre ragazze, quelle che hanno la stessa età delle nostre figlie, sono oggetto di violenza, rapimento, mercimonio. Denunciare non basta. Ma denunciare serve. Continuare a dire e a ridire che l'Italia sta da un'altra parte e che farà di tutto per difendere i diritti delle ragazze e delle donne è solo il primo passo. Ma un primo passo da fare. Perché quando diventiamo insensibili davanti a questi drammi, nei fatti perdiamo noi stessi. E non possiamo lasciare questo tema solo ai convegni delle donne. Noi uomini, per primi, dobbiamo farci sentire di più.   
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Da - Enews 472 | Martedì 9 maggio 2017
5089  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / EUGENIO SCALFARI. Il futuro della sinistra e perché Renzi non vuole le elezioni inserito:: Maggio 08, 2017, 08:50:05 pm
Il futuro della sinistra e perché Renzi non vuole le elezioni
Il segretario del Pd potrebbe rilanciare la proposta di un presidente europeo eletto dai cittadini, un’idea condivisa anche da Tusk

Di EUGENIO SCALFARI
07 maggio 2017

HO PENSATO e scritto più volte che è necessario sapere in che cosa consiste una sinistra moderna e perfino una sinistra rivoluzionaria. Credo di averlo finalmente capito e comincio questo articolo chiarendo questo punto fondamentale.

«Dobbiamo anzitutto ricordare che nessuno di noi è un’isola, un Io autonomo e indipendente dagli altri e che possiamo costruire il futuro solo insieme senza escludere nessuno. Anche le scienze ci indicano oggi una comprensione della realtà dove ogni cosa esiste in collegamento, in interazione continua con le altre. Basta un solo uomo perché ci sia speranza e quell’uomo puoi essere tu. Poi c’è un altro “tu” e ancora un altro “tu” ed allora diventiamo “noi”. Quando c’è il “noi” allora comincia la rivoluzione.

Che cos’è la rivoluzione? È un movimento che parte dal cuore per ascoltare il grido dei piccoli, dei poveri, di chi teme il futuro, il grido silenzioso della nostra casa comune, della Terra contaminata e malata. È in chi ha bisogno dell’altro. Quanto più sei potente, quanto più le tue azioni hanno un impatto sulla gente, tanto più sei chiamato ad essere umile perché altrimenti il potere ti rovina. Il futuro dell’umanità non è solo nelle mani dei politici, dei grandi leader e delle grandi aziende. La loro responsabilità è enorme ma il futuro è soprattutto nelle mani delle persone che riconoscono l’altro come un “tu” e se stesso come parte di un “noi”. Anche i bisogni ma degli altri ed è questa la rivoluzione».

Secondo me così si configura la sinistra moderna ed è opportuno chiarire che le parole sopra trascritte le ha dette papa Francesco il 26 aprile scorso parlando alle tre del mattino in un videomessaggio all’incontro internazionale intitolato Il futuro sei tu, a Vancouver. Non si poteva dir meglio sia ai poveri derelitti sia ai potenti, ai ricchi e ai leader politici.
***
Di leader politici ce ne sono pochi, anzi ce n’è uno soltanto ed è Matteo Renzi. Può piacere o non piacere, ma questo aspetto sentimentale dice poco. Per giudicarlo occorre valutare che cosa sta facendo e che cosa si propone per il futuro, per se stesso e per il Partito di cui è tornato ad essere il segretario dopo le “primarie” del 30 aprile. Anzitutto per quanto riguarda le prossime elezioni politiche, la natura del partito che di nuovo dirige, il governo sostenuto dal suo partito, il rapporto con l’Europa.

Una cosa sembra certa: non ha alcuna intenzione di andare al voto anticipato. Molti osservatori si dicono certi che voglia andare al voto ad ottobre se non addirittura prima. Sbagliano. Sarebbe un macroscopico errore se lo facesse: dovrebbe mettere in crisi il governo Gentiloni che è fin dall’inizio sostenuto e addirittura formato dal Pd e si scontrerebbe anche con il presidente Mattarella. Perché? Le elezioni saranno in ogni caso difficili, ma se venissero anticipate il Pd andrebbe sicuramente incontro ad una sconfitta.

Renzi ha molti difetti, ma non è uno sciocco e quindi il voto anticipato non ci sarà fino a quando la legislatura non sarà legalmente terminata e le Camere legalmente sciolte da Mattarella, come la Costituzione prevede. Quindi si voterà tra aprile e maggio del 2018. A quel punto Renzi con il partito da lui guidato affronteranno le urne.

In questo momento i sondaggi registrano un fatto nuovo: i democratici hanno superato i Cinquestelle. Le cifre oscillano tra un minimo dello 0,2 punti al 2 per cento, un minimo e un massimo ma comunque un sorpasso del Pd verso Grillo. Scegliamo una cifra media: un sorpasso dell’1 per cento. Così si registra oggi. Nei prossimi mesi tutto può cambiare ma non dipende soltanto da noi ma anche da ciò che accadrà in Europa e specialmente in Francia e in Germania. Questa sera sapremo se in Francia avrà vinto Macron. È molto probabile che sarà così. In questo caso Macron avrà tutto l’interesse di far blocco con l’Italia e quindi con Renzi. Ripercussioni negative ci saranno su Salvini se Le Pen sarà sconfitta e se si dimetterà come è molto probabile. In tal caso la Lega perderà molti voti e soprattutto terminerà definitivamente la sua eventuale alleanza con Berlusconi. Il Cavaliere ha già altri progetti in testa, ma l’esito delle elezioni francesi li confermeranno.

Quanto all’Europa, sia la Francia sia l’Italia punteranno al cambiamento della politica economica europea dal rigore tedesco alla crescita. Questo è anche il parere di Draghi che punta sull’aumento della produttività ed anche sul rilancio degli investimenti e della domanda.

È difficile prevedere la politica di Merkel, ma si profila un cambiamento nella politica tedesca: i socialisti guidati da Schulz si sono abbastanza rafforzati ma non al punto di prendere il posto di Merkel. Con tutta probabilità si formerà di nuovo la grande coalizione tra Cdu e socialisti, i quali tuttavia faranno sostituire alla politica economica del rigore quella della crescita. Questo punto è fondamentale; tra l’altro muteranno anche i sondaggi elettorali sia di Macron sia di Renzi e altrettanto ma nel senso contrario quelli che riguardano la Lega. Insomma c’è in prospettiva un forte cambiamento politico per il quale pagheranno il costo i Cinquestelle e la Lega.

Infine una legge elettorale che preveda un ballottaggio di collegi uninominali non farebbe che aumentare la tendenza verso un’affluenza maggiore e un ulteriore decadimento del grillismo. Per tutte queste ragioni Renzi non ha alcun interesse ad un voto anticipato perché, da quel che si vede, il tempo lavora per lui.

C’è infine un’ultima ragione. Il presidente europeo Tusk, per ora nominato dal Parlamento su proposta dei ventisette Paesi membri dell’Unione, ha improvvisamente lanciato l’idea di un Presidente eletto dal popolo europeo con funzioni di carattere federale. Lui scade tra un anno, la sua proposta quindi non è di carattere personale ma strettamente europeista. Una proposta analoga l’ha anche suggerita Renzi qualche settimana fa, ma dopo l’iniziativa di Tusk è probabile che Renzi la rilanci ancora. Sarebbe il segno tangibile di una politica che riprende il Manifesto di Ventotene e darebbe immediatamente il senso europeista dell’Italia renziana.

Spero presto in questa probabile novità. Se si verificherà avremo conseguenze positive per il nostro Paese.

Gentiloni sta lavorando molto bene sui temi del lavoro, della cosiddetta manovrina per prepararsi alla legge di stabilità dell’anno in corso e sulla politica estera, a cominciare dall’incontro internazionale che avverrà a Taormina con la partecipazione di Donald Trump. Avrà ancora un anno di lavoro il governo Gentiloni e quindi tutto il tempo per migliorare la situazione interna del Paese.

Ma intanto sta cambiando anche il Pd nella sua interna struttura. Stanno aprendo a nuove collaborazioni e a nuovi apparati, a cominciare da una presenza attiva come vicesegretario del partito di Martina e al coinvolgimento operativo dei due candidati alle primarie.

Qualcuno ha proposto un colpo di scena: alla presidenza del Pd Walter Veltroni. Non so se accetterebbe ma comunque sarebbe un’ottima mossa se Renzi gliela offrisse. Un Pisapia nel governo, per esempio al posto di Martina o in un’altra posizione proposta da Gentiloni. Andrebbe benissimo un Pisapia ministro, la proposta dell’ex sindaco di Milano di un’alleanza tra la sinistra dei dissidenti e il Pd sembra del tutto naufragata e Pisapia dovrebbe trarne le debite conseguenze.

Qualcuno dei miei lettori ha la sensazione
che io sia diventato renziano. È possibile, il tempo corre e cambia i pensieri e soprattutto la natura dei fatti.

Posso rispondere con una battuta: se fosse Renzi a pensare come me? Una battuta o un’ipotesi? Si vedrà dai fatti, che sono la vera realtà.

© Riproduzione riservata 07 maggio 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/05/07/news/il_futuro_della_sinistra_e_perche_renzi_non_vuole_le_elezioni-164813180/?ref=RHPPRB-BH-I0-C4-P1-S1.4-T1
5090  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / MARIO CALABRESI. Francia, Macron presidente: l'ottimismo oltre i muri inserito:: Maggio 08, 2017, 08:46:35 pm
Francia, Macron presidente: l'ottimismo oltre i muri
Si può vincere facendo un discorso diverso dalla rabbia e dalle paure, bisogna avere la capacità di osservare e ragionare senza farsi travolgere dalle grida. È inutile per la sinistra italiana rincorrere i populismi: meglio essere se stessi

Di MARIO CALABRESI
08 maggio 2017

La vittoria di Emmanuel Macron contiene una lezione fondamentale: si può fare un discorso diverso e vincere. Diverso dalla rabbia, dalle paure e dalla promessa di rovesciare il tavolo. Macron ci indica che non si deve guardare alla società immaginandola monolitica, coltivando la suggestione che vada tutta nella stessa direzione, quella di chi urla di più. Le maggioranze non si possono misurare attraverso il numero dei decibel prodotti dai candidati e dalle campagne mediatiche. Bisogna avere la capacità di osservare e di ragionare senza farsi travolgere dalle grida.

Se entrassimo in uno stadio bendati penseremmo che tutti i tifosi sono ultrà, ma se apriamo gli occhi ci accorgiamo che chi grida a squarciagola occupa le curve e non rappresenta la maggioranza degli spettatori. Fare politica ad occhi chiusi significa pensare che gli europei e gli italiani siano tutti contro l'Europa, siano tutti terrorizzati dai migranti, siano tutti per politiche "legge e ordine" e vogliano il porto d'armi per sparare liberamente la notte.

L'elezione di Macron ci mostra invece che bisogna avere il coraggio di proporre con convinzione una visione diversa, che è inutile per la sinistra italiana rincorrere i populisti (togliere la bandiera europea per metterne sei italiane), perché quella parte del campo è già sufficientemente affollata e soprattutto perché i cittadini diffidano delle imitazioni. Meglio essere se stessi. Macron, salito alla ribalta in un tempo brevissimo e senza un partito alle spalle, per certi versi rappresenta un'incognita ma ha avuto il coraggio di posizioni nette e chiare e non si è fatto dettare l'agenda dal Front National.

La frase che mi è rimasta più impressa quando lo abbiamo intervistato nel suo quartier generale alla fine di marzo può essere considerata il suo manifesto: "Se siamo solo un po' europei, se lo diciamo timidamente, allora abbiamo già perso". Poi aveva ricordato le parole del vecchio presidente François Mitterrand, "il nazionalismo è la guerra", e aveva aggiunto: "Se davanti agli estremismi il partito della ragione si arrende e cede alla tirannia dell'impazienza, allora saremo tutti morti". Ora però deve fare i conti con la realtà, perché la Francia non è diventata tutta progressista e illuminista in una sera perché Macron ha vinto, così come non sarebbe stata fascista se avesse vinto Marine Le Pen, ma certamente i destini e la Storia sarebbero cambiati, così come sta succedendo in Gran Bretagna dove un due per cento di elettori ha messo in moto un terremoto con conseguenze che ancora non riusciamo a mettere a fuoco.

Sappiamo però che la Francia è impaurita: avevano paura della globalizzazione, degli immigrati, del terrorismo islamico e della fine del lavoro gli elettori del Front National, così come avevano paura di molte delle stesse cose ma anche di Marine Le Pen e della fine dell'Europa tutti gli altri. Così abbiamo una certezza: paure e problemi non si archiviano con il risultato delle urne ma la sfida comincia adesso è sarà difficilissimo asciugare il malessere e portare l'Europa fuori dalla palude.

Ma ha vinto chi promette di farlo senza usare l'accetta, senza alzare muri e senza fare a pezzi quello che è stato faticosamente costruito. Ha promesso nel suo primo discorso di proteggere i fragili, di calmare le paure e di rimettere al centro un concetto che è terribilmente fuori moda e quasi pericoloso da pronunciare: l'ottimismo. Si è caricato una enorme responsabilità ma altre strade e scorciatoie non esistono.
Elezioni Francia, il primo discorso di Macron presidente: "Difenderò la Francia e l'Europa"

© Riproduzione riservata 08 maggio 2017

Da - http://www.repubblica.it/esteri/2017/05/08/news/francia_macron_presidente_l_ottimismo_oltre_i_muri-164889460/?ref=RHPPTP-BL-I0-C12-P1-S1.12-T2
5091  Forum Pubblico / LA CULTURA, I GIOVANI, La SOCIETA', L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA, IL MONDO del LAVORO. / CANFORA: “Dobbiamo credere nell’utopia dell’uguaglianza” di Giacomo Russo Spena inserito:: Maggio 08, 2017, 08:44:24 pm
Canfora: “Dobbiamo credere nell’utopia dell’uguaglianza”

In libreria con “La schiavitù del Capitale”, il noto intellettuale ritiene che la vittoria del capitalismo sia solo un tornante della storia: “Esistono gli anticorpi per spezzare la supremazia dell’utopia dell’egoismo e del profitto”. Poi insiste sulle responsabilità dell’Occidente che dopo aver assassinato la via socialista, per motivi di realpolitik ha finanziato il fondamentalismo islamico.
E il populismo? “Una categoria pre scentifica utilizzata per squalificare chi non è d’accordo col sistema dominante: uno strumento volgare di lotta contro qualcuno”.

Intervista a Luciano Canfora di Giacomo Russo Spena

«Come osservò Tocqueville la libertà è un ideale intermittente, l’uguaglianza invece è una necessità che si ripresenta continuamente, come la fame». Luciano Canfora, classe ’42, è professore emerito dell’Università di Bari, storico, filologo classico e saggista. Per ultimo, ha scritto per Il Mulino “La schiavitù del Capitale” (112 pp., 12 euro) nel quale sottolinea, con un pizzico di ottimismo, come il capitalismo abbia vinto «ma forse è solo un tornante della storia». Insomma, la partita sarebbe tutt’altro che chiusa: «L’Occidente si trova di fronte a controspinte molteplici, tutte gravide di conflitti e di tensioni e daccapo ha perso l’offensiva. Più sfida il mondo (per usare la terminologia di Toynbee) e più aspra è la risposta».

Professor Canfora, per lei campeggiano due utopie al mondo: l’utopia della fratellanza e quella dell’egoismo. Non trova che quest’ultima stia stravincendo a livello globale?

Ha quasi sempre vinto sul breve periodo: l’utopia dell’egoismo nella storia ha giocato all’attacco. Come scrive Lucrezio nel quinto libro del De rerum natura essa inizia quando l’uomo scoprì l’oro e la proprietà privata. Il moderno profitto ne è l’equivalente monetario; è connaturato da una spinta biologica. Ma, attenzione, questa egemonia ha la strada in salita, la storia ci ha anche dimostrato che prima o poi all’utopia dell’egoismo si contrappone una reazione. Gli anticorpi consistono nella spinta all’uguaglianza che mette in discussione la supremazia dell’egoismo proiettato verso il profitto. La storia non ha ancora dato la vittoria a nessuno.

Sono più pessimista: come reazione alle politiche dell’Occidente abbiamo il fanatismo religioso dove – lo dimostra il caso della banlieus parigine – gli emarginati ormai scelgono l’integralismo islamico come via di riscatto dall’esclusione sociale. Prima della caduta del Muro di Berlino, in Occidente chi si opponeva allo status quo optava per la “via socialista” mentre ora si iscrive direttamente alle milizie del Califfato?

Nel Novecento pur di sconfiggere il vacillante “socialismo realizzato”, l’Occidente ha preferito armare il peggior fondamentalismo islamico, ad esempio i Talebani in Afghanistan. Così sulle ceneri del socialismo – pensiamo anche alle varie esperienze nel mondo arabo con il partito Baath e alle forme laiche di antimperialismo in Medioriente – si è imposta la barbarie dell’integralismo religioso con la sua escalation di terrore. Anche qui la storia ci può essere d’aiuto: ucciso Robespierre, dopo anni, quel pensiero si è palesato nuovamente, ma in forma ancor più violenta, sotto le sembianze di Stalin. I vuoti vengono riempiti, con modalità sempre più cruente. L’Islam di oggi, comunque, non è surrogato del mondo socialista ma, come dimostra un recente studio di un ex diplomatico USA, pubblicato dall’editore Kopp, è uno dei prodotti della guerra globale della Cia.

Mi sta dicendo che sono “giocattoli” scappati di mano?

L’Isis si muove in modo unitario, come una grande potenza. Il capitalismo è quel titanico stregone che unificando il pianeta nel nome e nel segno del profitto ha suscitato e scatenato forze che non sa e non può più dominare. Pensiamo al rapporto con l’Arabia Saudita wahabita, per gli Usa il criterio realpolitico ha quasi sempre avuto la meglio sulle scelte di principio.

Sicuramente l’Occidente avrà le sue responsabilità, intanto in Europa resta il problema degli attentati...

Bisogna dirsi le verità scomode: da un lato abbiamo la barbarie, dall’altro non ha senso schierarsi con le nostre guerre umanitarie. Siamo dentro una spirale guerra/terrorismo. L’Occidente detiene la ricchezza, le armi, la cultura ed ha in mano le principali carte del gioco. Ha tutto l’interesse, economico e politico, ad alimentare odi e violenza per smerciare le armi che produce. Tra l’altro costruisce l’immaginario e le narrazioni con morti di serie A e morti di serie B: gli attentati in Occidente vengono deprecati col massimo della solennità, mentre le azioni terroristiche che da 14 anni insanguinano l’Iraq dopo la proditoria cacciata di Saddam ottengono un trafiletto sui giornali. Nel luglio 2016 due centri commerciali a Baghdad vengono distrutti da un attentato suicida dell’Isis, le dimensioni dell’enorme carneficina vennero rese note col contagocce. In Occidente utilizziamo due pesi e due misure.

Nella prima parte de La schiavitù del Capitale Lei compie una ri- o de-costruzione storica della categoria di “Occidente”. Non è quindi un blocco unitario come troppo spesso crediamo?

L’ingresso degli Usa negli equilibri europei nel 1917, nella I guerra mondiale, cambia gli scenari. Per Oswald Spengler, in quella data, ha inizio il declino dell’Occidente. Dopo il 1917 il concetto di Occidente prende le sembianze degli Usa: non è un giudizio di valore il mio ma una fotografia dei rapporti di forza tra gli Stati Uniti e l’Europa.

Torniamo all’utopia della fratellanza, come uscire da questo capitalismo che ha ripristinato forme di dipendenza di tipo schiavile?

La crisi non scoppierà ai margini, nelle periferie metropolitane, ma scoppierà dentro il cuore del sistema. Mi spiego meglio: la crisi si produrrà al suo interno, tra le sue classi dirigenti tecnicamente attrezzate ma non dominanti. All’orizzonte non intravedo organizzazioni di qualche peso capaci di contrapporsi – e a livello globale le soluzioni non passano per l’Isis o per la Corea del Nord – soltanto la critica può salvare l’Occidente da se stesso. Il potere finanziario si fonda anche su ceti acculturati i quali non sono complici del profitto, o lo sono in misura marginale rispetto ai veri detentori della ricchezza. Sono questi ceti che vanno scossi tramite l’arma della critica. Consentimi una battuta: una rivista come MicroMega ha più responsabilità di quanto si pensi!

Alla fine del libro, come appendice, c’è un intervento di Alexis Tsipras del giugno 2015 nel quale invita i greci a ribellarsi ai diktat della Troika parlando di recupero della democrazia e di sovranità popolare. Non crede che in Grecia abbiamo visto il vero volto criminale delle Istituzioni? Alla fine il governo ellenico è stato costretto a capitolare accettando i vari memorandum…

Quando ho deciso di inserire questa parte, ero consapevole del fatto che, alla fine, Alexis Tsipras fosse stato costretto alla resa e ad andare contro il suo popolo. Ma quel discorso è di grande importanza simbolica perché mise in crisi il sistema UE. Mi ricordo i giornali dell’epoca che criticarono la scelta del referendum: come aveva osato Tsipras dare la parola ai cittadini disobbedendo alla Troika?

Poi, purtroppo, col coltello puntato alla gola è stato costretto a cedere alle pressioni dell’Eurogruppo. Ma nella sua lotta era isolato ed è stato abbandonato, dal governo spagnolo e dal nostro. Adesso Renzi dice di voler sbattere i pugni a Bruxelles contro Junker, con quale credibilità essendo stato il pugnalatore della Grecia? L’Italia poteva fare fronte con la Grecia e chiedere alla Troika di rinegoziare un debito pubblico assurdo e una serie di parametri di Maastricht. Si poteva venire a patti. Invece... è andata come è andata.

Anche la Francia di Hollande in realtà non si spese molto per la Grecia, non trova?

Certo, è complice in primis. Fa ribrezzo la politica dei socialisti francesi: calpestano i vari parametri europei ma essendo soci di serie A, nessuno gli dirà mai nulla. Un milieu ripugnante.

Rimaniamo in Francia. Adesso in Europa, come si evidenzia dalle elezioni di domenica con il duello tra Le Pen e Macron, lo scontro è tra un nuovo populismo xenofobo e l’ultraliberismo?

Innanzitutto, sarei meno succube della propaganda nostrana che descrive i fenomeni populisti con caratteristiche di fascismo. Andrei più cauto nell’affibbiare etichette. Gli stessi media che per anni hanno accusato la sinistra di utilizzare con troppa leggerezza il termine “fascismo”, vedi la legge Bossi-Fini sull’immigrazione, adesso utilizzano tale categoria con disinvoltura. La storia va analizzata bene: quando Charles De Gaulle prospettò l’Europa delle patrie, dall’Atlantico agli Urali, qualcuno pensò di definirlo fascista? O un sovranista? Potremmo davvero definirlo tale? Direi piuttosto che il gollismo è un fenomeno specifico, con le sue proprie caratteristiche, circoscritto alla storia francese.

Professore, mi sta dicendo che Marine Le Pen non incarna un nuovo fascismo? È sicuro di ciò che sostiene?

È una definizione grossolana. Ha degli elementi in comune con il fascismo ma anche aspetti diversi: per esempio la capacità di intercettare un malcontento sociale della classe operaia francese. Cosa che non fu per il fascismo al suo sorgere: Mussolini, appoggiato dalla Corona, vinse contro la classe operaia. La situazione era diversa. Non vengo intimidito dalle formule dei giornaloni e dico che il lepenismo è una specifica realtà francese che dà voce ad una parte dei francesi che verrà calpestata da Macron e dalle sue banche.

Sì, ma fomenta razzismo e guerra tra poveri. Prende i voti della classe operai al grido «prima i francesi»...

Se l’Europa dei Macron fosse in grado di salvaguardare il welfare, e anzi fosse in grado di estenderlo alle masse impoverite che vengono dai barconi, sarei il primo a dire «viva la Bce». Ma non avviene questo. In Italia abbiamo visto come Renzi col Jobs Act ha destrutturato lo Stato Sociale per poi tacciare di populismo chi invece vuole difenderlo. L’uguaglianza è come la fame, è un bisogno permanente. E Marine Le Pen si rivolge a quelle classi subalterne abbandonate dalla sinistra.

In realtà in Francia il candidato Melenchon ha ottenuto al primo turno il 17% prendendo i voti, in primis, dei ceti sociali più deboli. Non crede possa esistere una terza via, tra i Macron e i Le Pen?

L’unica speranza è questa. E devo dire che, per fortuna, in Europa esistono alcune forze di sinistra alternativa. Ad esempio si parla troppo poco della Linke in Germania, è un modello molto interessante.

Beh, penso a Podemos e al suo “populismo di sinistra”. Così è stato bollato anche Melenchon. Su questo che idea si è fatto?

Respingo in toto la categoria del populismo. È ridicola dal punto di vista lessicale e non ha alcun valore concettuale né pratico. Populisti sarebbero tutti quelli che si richiamano al popolo, e allora lo sono tutti a partire da Giuseppe Mazzini? Altrimenti chi sono? Castro era populista? Il partito popolare, che parlava di “popolo” e rifiutava la nozione di “lotta di classe”, era populista? Lenin era populista? Salvini è populista? Dunque Garibaldi, Lenin, Sturzo tutti populisti? È un termine che viene utilizzato per squalificare coloro che non sono d’accordo col sistema dominante vigente: uno strumento volgare di lotta contro qualcuno.

(4 maggio 2017)

Da - http://temi.repubblica.it/micromega-online/canfora-dobbiamo-credere-nell-utopia-dell-uguaglianza/
5092  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / Padovani: “Macron uomo di sinistra Il mio non sarà solo un voto di resistenza” inserito:: Maggio 08, 2017, 08:41:26 pm
Interviste
Redazione l'Unità   · 7 maggio 2017

Padovani: “Macron uomo di sinistra Il mio non sarà solo un voto di resistenza”
La giornalista e scrittrice francese: “Decisivo il dibattito tv È un investimento per il futuro: molto più dell’anti-Le Pen”

«Il mio voto a Emmanuel Macron non è un voto di “resistenza”, solo per evitare che all’Eliseo s’insedi colei che in questa campagna elettorale ha rappresentato la Francia del rifiuto, dell’esclusione, della rivolta anti-sistema. Voto Macron perché lo considero parte del mio mondo, del mondo di una sinistra che guarda al futuro e che intende dimostrare che si può governare in nome della solidarietà, di una crescita equilibrata in una chiave europea. Insomma, Macron è molto più dell’anti-Le Pen. Con lui, la Francia è destinata a cambiare marcia. E questo può essere un bene per la stessa Europa». A sostenerlo è Marcelle Padovani, giornalista e scrittrice francese.

Domenica sera l’Eliseo avrà un nuovo inquilino. Gli ultimi sondaggi danno ancora Emmanuel Macron come vincente su Marine Le Pen. Un voto a Macron, è solo un voto anti-Front National o è anche altro?

«È molto altro. È un investimento sul futuro. Vede, fino al confronto-scontro televisivo tra Le Pen e Macron, il mio per Macron non era un voto di cuore ma di resistenza, la scelta meno dolorosa. Ma quel dibattito ha cambiato profondamente il senso del voto, e questo non è accaduto solo a me. In quel dibattito, Marine è diventata suo padre, rispolverando il vecchio armamentario della destra anti-sistema, che fa del rifiuto, dell’odio la sua cifra identitaria. Di fronte a lei, non c’era un tecnocrate liberal-progressista. C’era un uomo di sinistra. Ciò che ho scoperto quella sera è che Emmanuel Macron appartiene al mondo della sinistra. Certo, tanti sono gli interrogativi che attendono risposta e che vanno oltre la stessa, auspicabile, vittoria di Macron alle presidenziali: avrà una maggioranza per governare l’11 giugno quando si voterà per le politiche? E ancora: sarà capace di trasformare “En marche!”, un movimento nato neanche un anno fa, in un partito vero, strutturato, radicato nei territori, con una riconosciuta classe dirigente? Tutto questo andrà verificato. Quella di Macron resta una scommessa, una grande scommessa. E se la vincerà, ciò farà bene, molto bene, non solo alla Francia ma all’Europa».

Macron, uomo di sinistra. Ma di quale sinistra?

«Una sinistra non residuale, questo è certo. Lui rappresenta il tentativo di superare vecchie divisioni ideologiche. Se posso dire, Macron è un politico che ha ideali ma che non è ingabbiato nelle ideologie. In questo, non è un uomo del Novecento. Ma è sbagliato considerarlo un “pragmatico”, e ancor più sbagliato è guardare a lui come un pur abile tecnocrate. In quel dibattito televisivo, Macron ha fatto capire che idealità e governo non sono in conflitto ma possono, devono integrarsi. Si può governare con il principio della solidarietà, coniugare crescita e redistribuzione della ricchezza, pensando a forme nuove di collegamento tra i cittadini e la rappresentanza politica a tutti i livelli. Se ci riesce, questa sarà una rivoluzione benefica per noi tutti, e parlo non solo da cittadina francese ma da europea».

Qual è il compito più gravoso che attenderà Macron se sarà lui il prossimo presidente della Francia?

«Provare a riunificare il Paese. Perché il voto ha dimostrato che oggi esistono “2 France”: quella dei marginali, degli esclusi, di quanti vedono nell’immigrato la più grande minaccia alla loro sicurezza e al loro lavoro. Tutto questo mondo, il mondo del rifiuto, Marine Le Pen l’ha rappresentato nel suo sentimento più profondo, radicato: quello del rigetto. Il rigetto dell’Europa, il rigetto dell’immigrato… C’è poi l’altra Francia: quella più integrata, più lungimirante, più istruita, che pensa che le soluzioni non possano che essere europee e inclusive. Questa frattura sarà difficile da ricomporre. Bisognerà inventare qualcosa che possa riavvicinare la Francia dei “paumés” (perdenti) e la Francia dei “gagnants” (vincenti)».

La disfatta dei partititi, storici, in particolare del PS, è irreversibile?

«Spero di sbagliarmi, ma temo di sì. La crescita di Le Pen in Francia come di Grillo in Italia sono il prodotto della crisi dei partiti tradizionali, travolti da una marea anti-sistema, anti élite alla quale non è possibile far fronte riproponendo vecchie ricette e antichi modi di essere. Macron l’ha capito, per questo può diventare un modello per una sinistra non residuale».

DA - http://www.unita.tv/interviste/padovani-macron-uomo-di-sinistra-il-mio-non-sara-solo-un-voto-di-resistenza/
5093  Forum Pubblico / ESTERO fino al 18 agosto 2022. / Franco Mirabelli Il sano riformismo di Macron inserito:: Maggio 08, 2017, 08:39:11 pm
Opinioni
Franco Mirabelli   · 8 maggio 2017

Il sano riformismo di Macron
Perché le elezioni francesi sono l’argine dei populismi
 
La politica francese in queste settimane è diventata il centro del mondo. Il risultato elettorale delle presidenziali di Francia, infatti, è importante per tutta la politica europea e non solo, in quanto determinerà il futuro dell’Europa oltre che della Francia stessa.

Come è noto, le questioni europee sono state un punto determinante nel dibattito politico che ha caratterizzato le elezioni francesi e la vittoria di Emmanuel Macron, in questo senso, credo sia un segnale molto importante.

Il confronto elettorale tra Macron e Le Pen, infatti, è stato molto simile a quello che si è verificato in altri Paesi europei ma anche negli Stati Uniti e in Italia (dove, su posizioni lepeniste, si ritrovano Salvini e Meloni).

È stato un confronto tra chi, di fronte alle paure e alle insicurezze delle persone provocate dalla globalizzazione, sceglie di chiudersi, costruendo muri e utilizzando ricette che guardano indietro e chi, invece, riesce a rendere credibile – come ha fatto Macron – un progetto di speranza per il futuro che guardi avanti senza rinunciare agli ideali e ai valori che hanno fatto grande l’Europa.

La vittoria di Macron dice che questa opzione può vincere e battere il populismo di chi specula sulle paure anziché affrontare i problemi e di chi cerca capri espiatori invece che soluzioni per migliorare la vita delle persone.

Penso, inoltre, che la vittoria di Macron sia utile per l’Europa.

Se avesse vinto Marine Le Pen, infatti, non avrebbero perso le banche – come affermano i suoi sostenitori – ma l’Europa.

Sicuramente l’Europa va riformata – e questo lo sostiene anche Macron – ma fino ad ora ci ha garantito anni di pace. Negli ultimi anni, purtroppo, l’Unione Europea è stata vissuta come un impedimento e non come un’opportunità e occorre lavorare per farla tornare un’opportunità.

E Macron ha vinto anche perché ha saputo spiegare che ci può essere un futuro politico per l’Europa senza rinunciare ai valori e all’identità europea, senza chiudersi e senza costruire muri; ma chiarendo che costruire muri, al contrario, significherebbe perdere una parte di noi stessi e dell’Europa.

Macron ha convinto i cittadini su questo, riuscendo a dare speranza ad un Paese martoriato dagli attacchi terroristici.

Questo è un aspetto molto importante. Solo qualche mese fa in Europa si pensava che avrebbero trionfato i populisti sia in Olanda che in Francia e ciò avrebbe portato alla dissoluzione dell’Europa.

Il Front National, inoltre, aveva fatto una bandiera proprio della lotta all’immigrazione e si ipotizzava che gli attacchi terroristici avrebbero potuto dare al movimento una spinta forte e, invece, nonostante ciò, in Francia ha prevalso l’idea che un Paese non deve perdere se stesso e che ci può essere una speranza da costruire, mentre l’idea della Le Pen è disperata e non guarda al futuro.

Sono contento, quindi, della vittoria di Macron perché vuol dire che si è scelto di cambiare guardando avanti e non indietro, senza rinunciare ai nostri valori che nascono con la Rivoluzione Francese e mostrano che non sono i muri a risolvere i problemi ma, anzi, bisogna aprirsi e non chiudersi.

Questo non significa non governare l’immigrazione o non combattere il terrorismo ma vuol dire farlo senza perdere la nostra identità.

Anche per l’Italia la prospettiva deve essere quella di non chiudersi. Serve una speranza diversa: il PD lavora con questa stessa visione. Noi siamo l’unico partito che ha fatto un congresso vero, con migliaia di iscritti e primarie aperte, un congresso che ha riconfermato a larga maggioranza il segretario Matteo Renzi. Ora il PD, dopo un periodo di difficoltà, è in grado di ripartire e mettere in campo un progetto per il Paese e, intanto, c’è un Governo che sta completando le riforme avviate in questi anni e i cui risultati si stanno cominciando a vedere.

Un errore dei sostenitori di Marine Le Pen è stato poi quello di considerare Macron come la “continuità”.

Macron, invece, non rappresenta la continuità ma è la rottamazione del sistema politico francese e dei suoi partiti tradizionali.

Macron è una spinta verso il riformismo sano. La politica francese con questo esito elettorale ne esce profondamente cambiata e la forza di questo cambiamento sta nella capacità di rompere i vecchi schemi.

Anche il PD è nato per fare questo in Italia. E questo è stato ciò che gli elettori francesi hanno riconosciuto e che spiega l’elevato numero di consensi ottenuto dal movimento nuovo di Macron.

Macron non è un personaggio nuovo ma ciò che ha saputo fare dimostra che sicuramente non è in continuità con ciò che è stato.

Da - http://www.unita.tv/opinioni/il-sano-riformismo-di-macron/
5094  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / FEDERICO GEREMICCA - Alfano e la legge sulla legittima difesa: «Questo testo è.. inserito:: Maggio 08, 2017, 08:37:52 pm
L’INTERVISTA ANGELINO ALFANO
Alfano e la legge sulla legittima difesa: «Questo testo è un successo
Irresponsabile insabbiarlo La sicurezza è una priorità»
Il ministro Angelino Alfano: se c’è uno stop bisogna risponderne al Paese

  Di Francesco Verderami

ROMA «È un voto che ci consegna un doppio risultato», dice Angelino Alfano commentando l’approvazione alla Camera della legge sulla legittima difesa: «Questo voto rappresenta per Alternativa popolare un successo politico e fornisce una risposta alla domanda di sicurezza che viene dall’opinione pubblica. Al Senato ci impegniamo fin d’ora a migliorare il testo, per tenere anche fede all’alleanza di scopo con Idv che su questo tema sensibile ha raccolto le firme di due milioni di cittadini». Il ministro degli Esteri racconta l’impegno del suo partito davanti alle «ritrosie del Pd» e come «siamo infine riusciti a far virare la maggioranza»: «Non abbiamo accettato la logica di una legge pur che sia e abbiamo fatto prevalere il buon senso per non lasciare il Paese al vociare inconcludente degli estremisti».

Si riferisce a Salvini?
«La sua sceneggiata alla Camera è stato il tentativo di cancellare le tracce del passato. Perché il testo che oggi noi abbiamo cambiato è il testo voluto e votato dalla Lega nel 2006. Nei resoconti parlamentari si possono leggere i loro toni trionfalistici, il modo in cui sbandierarono il provvedimento in vista della campagna elettorale. Ecco: quel provvedimento che oggi considerano inadeguato è farina del loro sacco. Eppoi, se Salvini strepita vuol dire che è prevalsa una linea moderata».

Anche Forza Italia è un partito moderato.
«Ma ha scelto di accodarsi alla Lega. Sull’emendamento contestato, peraltro, avevano votato a favore, segno che la strumentalità della politica ha prevalso sui contenuti. È la dimostrazione paradigmatica delle contraddizioni tra quanti in Forza Italia sono disposti ad andare dietro Salvini ad ogni costo e quanti si rendono conto che non si può andare ad ogni costo dietro Salvini».

Berlusconi ha spiegato che la legge non risponde alle esigenze dei cittadini.
«È che non si voleva dividere il fronte delle opposizioni, questo è il punto. Ma è un errore strategico, perché si consegna la ribalta all’estremista: la luce viene infatti accesa su un giocherellone come Salvini a cui non si può affidare il Paese. E mentre questo accade Forza Italia resta nell’ombra. Perciò vanno riunite le forze moderate che non accettano di assoggettarsi ad un’alleanza innaturale».


È naturale la vostra alleanza con il Pd?
«Ap è un partito legato al Ppe e governa con un partito iscritto al Pse, come accade in molti altri Paesi europei. E proprio come accade negli altri Paesi europei alle elezioni saremo autonomi e indipendenti. Intanto sui temi della sicurezza, del mercato del lavoro, delle tasse e della famiglia è sempre evidente il nostro imprinting. Quando il Pd ci segue su questi argomenti ha solo da guadagnarci. E più del Pd ci guadagna il Paese».

Ma al Senato ci saranno i numeri per approvare la legge sulla legittima difesa?
«A meno che non si spacchi il Pd perché non dovremmo avere i voti?».

Perché si sentono strani scricchiolii.
«Vorrei essere chiaro: al punto in cui siamo sarebbe irresponsabile se qualcuno insabbiasse o facesse cadere il provvedimento. Dovrebbe risponderne a noi e soprattutto al Paese. Per Ap si tratta di una legge sulla quale ha assunto un impegno con i cittadini».

Ma la legge incontra forti critiche. L’avvocato Bongiorno la definisce una «riforma trappola», e la sua tesi sembra coincidere con il commento della democratica Ferranti, che ricorda come «spetterà sempre al giudice stabilire se la reazione è stata proporzionata all’offesa».
«E come si dovrebbe procedere: con il televoto? Non mi pare facile espiantare la presenza del giudice dall’ordinamento giuridico. A parte la battuta, oggi la nuova legge introduce un’inversione dell’onere della prova. Spetterà al magistrato dimostrare che non si è trattato di legittima difesa. Sarà un modo per evitare processi e ulteriori sofferenze alle persone oneste».

C’è poi la polemica legata al fatto che la legittima difesa scatterebbe solo di notte.
«Basterebbe leggere la norma per capire che non è così: la norma vale a mezzanotte come a mezzogiorno. Il resto sono strumentalizzazioni. La sicurezza è una priorità».

A proposito di sicurezza, sul caso del procuratore di Catania Zuccaro, che lei ha difeso, è intervenuto il vicepresidente del Csm, Legnini, secondo il quale «c’è la necessità di accertare le scelte comunicative» fatte dal magistrato sul ruolo delle Ong nel trasporto dei migranti.
«Intanto emerge la volontà di appoggiare l’inchiesta, ed è una buona novità rispetto ai giorni scorsi. E per la stima che ho per il vicepresidente del Csm sono convinto che l’approccio usato in questo caso sulle scelte comunicative del magistrato, varrà per tutti i procuratori che dichiarano sulle proprie inchieste».


Ministro, è certo che la legittima difesa sarà legge entro la fine della legislatura? E quando finirà la legislatura?
«Per noi è importantissimo che divenga legge entro la fine della legislatura. E siccome una legislatura finisce quando si dimette il presidente del Consiglio o quando le Camere gli tolgono la fiducia, non vedo il problema».

4 maggio 2017 (modifica il 4 maggio 2017 | 23:28)
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Da - http://www.corriere.it/politica/17_maggio_04/alfano-legge-legittima-difesa-questo-testo-successo-8c7ae4dc-310e-11e7-a448-9b138eb1814c.shtml?intcmp=exit_page
5095  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / FRANCESCA PACI. ONG Come è nata la storia siciliana e che cosa sappiamo ... inserito:: Maggio 06, 2017, 05:45:19 pm
Come è nata la storia siciliana e che cosa sappiamo fino a oggi
La prima denuncia arrivata sul Financial Times

Pubblicato il 28/04/2017 - Ultima modifica il 28/04/2017 alle ore 13:30

FRANCESCA PACI
ROMA

Chi ha sollevato il caso? 
Siamo a fine 2016, l’anno che si chiude con 181 mila sbarchi e 4700 morti nel solo Canale di Sicilia. A lanciare il sasso è il Financial Times che il 15 dicembre, citando fonti confidenziali, denuncia «la possibile interazione tra Ong al lavoro nel Mediterraneo e trafficanti di uomini». Il 27 gennaio ci torna Die Welt con un’intervista a Fabrice Leggeri nella quale il capo dell’agenzia europea Frontex chiede la revisione delle operazioni di salvataggio in mare e accusa le Ong di non collaborare efficacemente con gli organi di sicurezza nella lotta contro il mercato dei migranti. I diretti interessati e le associazioni per i diritti umani rispondono che l’alternativa a salvare vite è abbandonarle alle onde: le ostilità sono aperte.
 
Che dice l’inchiesta? 
A febbraio il procuratore di Catania Zuccaro annuncia l’apertura di un’«indagine conoscitiva» su nove Ong, citando un dossier di Frontex dove si ipotizza che l’azione delle navi umanitarie favorisca i trafficanti. Diversi politici, da Di Maio a Salvini, rilanciano le parole di Zuccaro - che dice di possedere «evidenze dei contatti diretti tra scafisti e alcune Ong» - e attaccano i «taxi del mare» (espressione che non è però nel rapporto di Frontex). Oggi Frontex scala un po’ la marcia negando di aver sostenuto la collusione (intenzionale) tra volontari e criminali.
 
Cosa c’è di concreto? 
Zuccaro fa sempre riferimento a «materiale probatorio non utilizzabile giudiziariamente» ma comprensivo di dati che dimostrano ripetuti salvataggi dentro le acque libiche, casi in cui le navi umanitarie spengono i segnali radar, intercettazioni di telefonate dei trafficanti per informare le Ong della partenza di un gommone. Il procuratore di Catania ribadisce che ci sono Ong «ineccepibili» come Save the Children o Medici senza Frontiere e altre «più opache», delle quali sta verificando i bilanci, ma insiste che «8500 sbarchi in 3 giorni» sono un dato forte. Dopo l’invito del ministro dell’Interno Minniti a «non generalizzare» perché «non ci sono prove, né indagini, né indagati», Zuccaro precisa di aver additato «un fenomeno e non delle persone». Per ora non ci sono riscontri noti: c’è il faldone «conoscitivo» aperto dalla Procura di Catania, altri due a Palermo e a Trapani, un’indagine (anch’essa «conoscitiva») avviata dalla Commissione Difesa del Senato. 
 
Di quali Ong si parla? 
A partire dall’estate 2015 alcune Ong hanno sostituito il ruolo che tra fine 2013 e fine 2014 aveva svolto Mare Nostrum, soccorrere i migranti in mare. Oggi sono 9 (alcune si sono trasferite nel Canale di Sicilia dopo la chiusura della rotta balcanica): Save the Children, Medici senza Frontiere, la italo-franco-tedesca Sos Mediterranée, la spagnola Proactiva Open Arms, le tedesche Sea Watch Foundation, Life Boat, Sea-Eye, Jugend Rettet e la maltese Moas.
 
Cosa rispondono le Ong? 
Oltre a rifiutare la distinzione tra «buone e cattive», le Ong replicano con i dati (confermati dall’Oim): 1) una recente ricerca dell’Università di Oxford esclude che i soccorsi siano un «fattore di incoraggiamento» per le partenze, prova ne sia che tra la fine di Mare Nostrum e l’arrivo delle prime Ong nell’estate 2015 i migranti hanno continuato a sbarcare. 2) I soccorsi si svolgono con il coordinamento della Guardia costiera Italiana che riceve le chiamate e smista le navi in attesa a ridosso delle acque internazionali (le Ong negano di ricevere chiamare direttamente, ma ammettono che se ne ricevessero andrebbero senza indugio a prendere le persone in mare). 3) 8500 sbarchi in 3 giorni non sono un «caso» perché, per esempio, solo lo scorso ottobre ce ne sono stati 27 mila, a fine agosto 13 mila in 4 giorni e tra il 23 e il 27 maggio 2016 ben 13 mila con mille morti. 
 
Qual è il contesto? 
L’operazione Mare Nostrum è stata lanciata dopo il naufragio di Lampedusa nell’ottobre 2013 e si è chiusa a fine 2014. L’ha sostituita Triton, che ha funzioni di pattugliamento delle frontiere più che di salvataggio di vite e posizione molto più arretrata. Dei 181 mila migranti arrivati nel 2016 oltre 46 mila sono stati soccorsi dalle Ong, circa 35 mila dalla Guardia costiera e il resto da Frontex, mercantili e altro. 

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Alcuni diritti riservati

Da - http://www.lastampa.it/2017/04/28/italia/cronache/come-nata-la-storia-siciliana-e-che-cosa-sappiamo-fino-a-oggi-BExjBAnozK9gXNyg4Ugc9O/pagina.html
5096  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / EZIO MAURO. Quel diavolo borghese della sinistra di Francia che non vota Macron inserito:: Maggio 06, 2017, 05:42:30 pm
Quel diavolo borghese della sinistra di Francia che non vota Macron

"Intellettuali, blogger, filosofi, storici, sindacalisti hanno già fornito la giustificazione teorica a questo tradimento repubblicano che ha come posta in gioco visibile il palazzo dell’Eliseo, ma in realtà arriva a intaccare le fondamenta dello spirito democratico francese e i suoi valori di fondo ereditati dalla Rivoluzione"

Di EZIO MAURO
04 maggio 2017

DUNQUE si può essere di sinistra e non votare contro Marine Le Pen: pur di non votare per Macron. È il nuovo mantra — “né né” — che attraversa un pezzo di elettorato francese radunato nel 19,58 raccolto da Mélenchon al primo turno, e lo assolve preventivamente mentre viaggia verso l’astensione al ballottaggio decisivo per il futuro della République, e forse dell’intera Europa. Manca il tripode con l’acqua di Ponzio Pilato per lavarsi le mani sullo spazio imperiale del Pretorio, all’ora sesta di un giorno in cui il cielo si oscurò. Tutto il resto è pronto. Intellettuali, blogger, filosofi, storici, sindacalisti hanno già fornito la giustificazione teorica a questo tradimento repubblicano che ha come posta in gioco visibile il palazzo dell’Eliseo, ma in realtà arriva a intaccare le fondamenta dello spirito democratico francese e i suoi valori di fondo ereditati dalla Rivoluzione.

Naturalmente c’è la ribellione allo strapotere della finanza, delle banche, dell’Europa, radunate in una trimurti ingigantita e resa così simbolica delle sofferenze di questi anni da diventare il nemico assoluto, ideologico, politico, culturale, addirittura morale. Basta guardarsi intorno per capire le ragioni di questo rigetto. E se non basta, si può ricordare una vecchia frase di Camus: «mai il numero di persone umiliate è stato così grande».

Ma qui, con ogni evidenza, c’è qualcosa di più. Non un progetto alternativo, un’obiezione culturale, un’idea che metta in movimento una politica diversa, di cui avremmo bisogno. C’è quasi un odio antropologico — che non ha nulla a che fare con la politica — per la figura fisica e insieme fantasmatica del tecnocrate che gioca la sfida del governo, mettendo le sue carte sul tavolo, senza camuffare la sua cultura e i suoi programmi nell’opportunismo della rincorsa populista. Così, mentre l’indebolimento degli anticorpi repubblicani e la rabbia popolare facilitano la dediabolisation di Le Pen, un moderno diavolo borghese sale sul trono vacante e diventa il bersaglio della sinistra delusa, dispersa, furiosa. È il politico che crede nella vocazione europea della Francia, nella funzione storica di guida che il Paese ha giocato nella Ue con la Germania, nei vincoli della responsabilità, nella modernizzazione post- ideologica. Tutto quello (in una versione franco-centrista) che nel malandato e diseredato lessico della sinistra italiana abbiamo provato a chiamare da anni “riformismo”, qualcosa che non c’è, e dovrebbe in poche parole coniugare la speranza dell’emancipazione sociale con la responsabilità di governo.

Tra i “né né” naturalmente Michel Onfray è in prima fila, con una vecchia patente di sinistra e una furia iconoclasta che lo ha reso popolare da anni: da Valls ad Attali, a Kouchner, a Cohn-Bendit, «sono i promotori forsennati di una politica liberale che hanno permesso a Marine Le Pen di fare il botto e arrivare al secondo turno». E lo storico Emmanuel Todd gli fa eco nell’intervista ad Anais Ginori: «Votare Front National è approvare la xenofobia, ma votare Macron è accettare la sottomissione. Per me è impossibile scegliere. Considero il lepenismo e il macronismo come due facce della stessa medaglia. Le Pen è il razzismo, Macron è la servitù alle banche e alla Germania. Per questo mi astengo con coerenza, anzi con gioia, aspettando che nasca un mondo migliore».

Con l’astensione ovviamente la sinistra pura e dura ingigantisce il rischio che Marine Le Pen riempia questa attesa accomodandosi sulla poltrona dell’Eliseo. Ma non importa più. L’odio nei confronti del riformismo ha bisogno di minimizzare i rischi del post-fascismo, per sdoganare l’astensione tranquillizzando le coscienze inquiete davanti alla xenofobia del Front. Se Macron è uguale a Le Pen, allora Marine definitivamente non viene più dall’inferno, è una nemica ma come tanti, anzi non è nemmeno la peggiore, entra nella normalità del gioco politico francese, culturalmente accettata, moralmente scusata, storicamente amnistiata. Anzi, esercita una sorta di tacita egemonia culturale, quando la sinistra per accusare la finanziarizzazione macronista usa i termini tipicamente lepenisti di “sottomissione” e “servitù”, che non hanno più al centro il cittadino come soggetto politico universale, secondo la lezione francese, ma lo spirito di Francia, collettivo, nazionalista e patriottico, che Marine vuole resuscitare, per scagliarlo contro l’Europa tiranna.

La frattura culturale e l’infiltrazione avviene anche a destra, nel campo repubblicano, con “tradimenti” singoli e furbizie isolate, come denuncia Alain Juppé, oggi sindaco di Bordeaux, che non ha dubbi: «la vittoria di Le Pen sarebbe uno scisma geopolitico, un disastro economico, una sconfitta morale. Per questo serve un appello solenne a resistere alla tentazione di rompere tutto, di rovesciare il tavolo». È il vero sentimento nazionale, per il bene della Repubblica, che affiora a destra e fatica ad emergere nella sinistra (due terzi degli elettori di Mélenchon sono per l’astensione) ipnotizzata invece dal risentimento per il nuovo nemico, al punto da perdere quel senso della responsabilità nazionale che l’ha sempre contraddistinta.

Perdendo intanto anche il senso morale delle proporzioni, quando Todd teorizza che c’è più da temere «nella fanatizzazione dei benpensanti che nella risorgenza del fascismo». Faceva tristemente eco, nel corteo del Primo Maggio e a poche ore dalla più pericolosa sfida lepenista alla Repubblica, quello striscione sindacale in boulevard Beaumarchais che archiviava ogni criterio di distinzione, base di qualsiasi buona politica: “Peste o colera, né l’una né l’altra”. Per la sinistra, non è ancora passata l’ora sesta.

© Riproduzione riservata 04 maggio 2017

Da - http://www.repubblica.it/esteri/2017/05/04/news/quel_diavolo_borghese_della_sinistra_di_francia_che_non_vota_macron-164577532/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T2
5097  Forum Pubblico / CENTRO PROGRESSISTA e SINISTRA RIFORMISTA, ESSENZIALI ALL'ITALIA DEL FUTURO. / Un passo avanti nella giusta direzione ... - Io DA FB inserito:: Maggio 06, 2017, 05:41:14 pm
Un passo avanti nella giusta direzione (se si prevede anche un serio addestramento all'uso dell'arma), fare e migliorare è meglio che fare "nulla".

In parlamento c'è chi alimenta il Caos come "mission" personale e di gruppo.

Vanno isolati!
Il Governo deve risolvere, e si risolve "comandando" non tergiversando tra poltrone e poltroncine.

Da FB del 4 maggio 2017 (difesa personale).
5098  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / MARTA OTTAVIANI inserito:: Maggio 06, 2017, 05:39:21 pm
“La democrazia in Turchia è morta, chi si oppone finisce in galera”
La scrittrice Asli Erdogan: il presidente esercita un potere assoluto
La manifestazione per la libertà di stampa davanti all'ambasciata turca a Berlino
Pubblicato il 04/05/2017

MARTA OTTAVIANI
ISTANBUL

Un Paese dove la democrazia è morta e dove nei prossimi mesi la libertà di stampa e i diritti fondamentali sono destinati a subire ulteriori riduzioni. Asli Erdogan, una delle più grandi intellettuali turche, ha poche speranze per il futuro. La scrittrice, che è solo un’omonima del presidente Recep Tayyip, è rimasta in carcere con l’accusa di propaganda per un’organizzazione terroristica dall’agosto al dicembre dello scorso anno, subito dopo il golpe fallito di luglio. L’hanno arrestata insieme con altri 22 giornalisti del quotidiano Özgür Gündem. Adesso è in attesa di processo. 

Asli Erdogan, in Turchia c’è chi parla di dittatura, come la pensa? 
«Penso che da mesi il presidente Erdogan eserciti nel Paese un potere pressoché assoluto. Anche con un risultato diverso al referendum costituzionale dello scorso 16 aprile [il fronte del sì alla riforma di Erdogan ha prevalso con il 51,3%, ndr] non sarebbe cambiato niente». 
 
Non lascia molte speranze. 
«Non ce ne sono: la democrazia in Turchia è morta».
 
E adesso, quindi? 
«Adesso la situazione è complicata e delicata. Erdogan eserciterà ancora più pressione sugli oppositori e sulla libertà di stampa, che è già quasi inesistente. A farne le spese saranno quelle persone, sempre meno, che non si vogliono piegare a un regime autoritario». 
 
Lei dice che la società civile è silente. Ma ci sono ambienti, come le università o i gruppi femministi dove un certo fermento si avverte. Secondo lei una seconda Gezi Parki è possibile? 
«Nessuno ha la palla di cristallo per vedere il futuro, ma a me con uno stato di emergenza in vigore da mesi e le nuove pressioni che ci attendono, sembra molto difficile. C’è poi da dire che stavolta quelli contro Erdogan e le sue politiche non sarebbero i soli ad andare in piazza, ci sarebbe anche il popolo pro Erdogan. La mia paura è proprio quella di una crescente contrapposizione fra la gente».
 
Ha già fatto quattro mesi di carcere, sostanzialmente per le sue idee. La Turchia è il Paese che più di tutti ha perso posizioni nella classifica sulla libertà di stampa, ben 174 fra reporter e giornalisti. Non ha paura per la sua incolumità e per il suo futuro? 
«Certo che ne ho, ne ho molta, ne hanno tutti gli intellettuali e i giornalisti che non stanno con il presidente Erdogan. Ma non è un motivo sufficiente per togliermi il diritto di parlare. E il compito di un intellettuale è dire le cose come stanno nei tempi difficili, anche per indurre in riflessione gli altri».
 
Facciamo un passo indietro al referendum costituzionale che a detta di molti osservatori ha cambiato il corso della storia turca: cosa pensa di chi ha votato sì? 
«Che hanno scelto la dittatura. Il presidente Erdogan è stato molto intelligente nella sua campagna referendaria a richiamare il tema della “Grande Turchia” e ad attaccare l’Unione europea. Per molti che hanno votato sì, questo è un voto contro l’Europa, una specie di guerra santa. Poi va anche detto che Erdogan poteva contare sulla quasi totalità dei media a suo favore, proprio perché le testate che lo osteggiavano sono state quasi tutte chiuse».
 
Erdogan è stato votato anche da tante donne. Lei che è anche una attivista dei diritti femminili che cosa pensa? 
«Che quelle donne non hanno la consapevolezza di che cosa voglia dire avere dei poteri e dei diritti, per questo amano i dittatori. Questo per me è uno dei capitoli più dolorosi. Siamo tornando indietro a prima degli anni Venti del ’900».
 
Perché il popolo del «No» è stato sconfitto? 
«Sono tanti, ma sono sfilacciati, disorganizzati e dalle posizioni spesso inconciliabili, soprattutto sulla questione curda. Manca poi un leader forte. Se ci pensa, anche se ha perso voti, Erdogan può contare su uno schieramento del sì che è estremamente compatto». 

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Da - http://www.lastampa.it/2017/05/04/esteri/la-democrazia-in-turchia-morta-chi-si-oppone-finisce-in-galera-j1Ej2cH20BNZAJsRa0xJFP/pagina.html
5099  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / EMANUELA MINUCCI Cancelli e vetrate in centro per tenere lontani i clochard inserito:: Maggio 06, 2017, 05:38:15 pm
Cancelli e vetrate in centro per tenere lontani i clochard
Decine di lettere alla Soprintendenza da via Roma e Santa Teresa
In Galleria San Federico una coppia dorme sotto i portici da mesi

Pubblicato il 06/05/2017 - Ultima modifica il 06/05/2017 alle ore 11:00

EMANUELA MINUCCI
TORINO

Hanno scritto alla Soprintendenza. Per chiedere di poter costruire davanti al proprio condominio o negozio, un cancello o una vetrata. Un modo per difendersi «dal degrado dell’invasione dei clochard in centro». Sono decine le lettere arrivate in questi giorni alla Soprintendenza per chiedere non solo maggiore decoro in quella fetta di città che è il suo biglietto da visita, ma un’autorizzazione per chiudere gli spazi comuni, gli androni, i bei cortili che rendono il centro di Torino unico e irripetibile. Da via Roma a via Santa Teresa, passando per piazza San Carlo, via Buozzi e via Lagrange. E-mail indirizzate alla soprintendente Luisa Papotti, che ha subito girato queste segnalazioni al Comune. 
 
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I BIVACCHI 
«Mi hanno molto colpito queste lettere - spiega la numero uno di Palazzo Chiablese - arrivano da normali cittadini che vivono e lavorano in centro. Sanno benissimo che non è compito della Soprintendenza chiedere la rimozione dei bivacchi, infatti per la prima volta oltre a chiedermi di vegliare sul decoro e l’immagine stessa della città, mi hanno contattato per chiedermi un permesso per costruire cancelli e vetrate a protezione dei loro spazi». 
Chiarisce: «Si tratta di un problema sociale, di un’emergenza che colpisce persone in difficoltà, e questo è il primo piano su cui va considerata la questione, quindi abbiamo subito contattato l’amministrazione; poi c’è il problema di un centro che è il salotto della città, e in una Torino sempre più turistica si tratta di un bene che va tutelato».
 
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I NEGOZI CHIUSI 
Fino all’anno scorso il problema era circoscritto ad alcune zone, come i portici del Museo del Risorgimento che confinano con piazza Carlo Alberto. Oggi le zone trasformate in rifugio semi-permanente da chi è costretto a vivere per strada (per mille cause diverse, un divorzio pesante, una depressione o un lavoro che non c’è più) si sono moltiplicate, come spiegano i vigili, con un rapporto di uno a dieci. Complice anche la chiusura prolungata di alcuni esercizi commerciali (come nel caso dell’ex sede della boutique Mariangela di piazza San Carlo adiacente all’omonimo ex caffè che ha chiuso da parecchi mesi) anche a pochi metri dal Caval d’Brons, si moltiplicano gli spazi occupati dai cartoni con sopra vecchi plaid che la notte si gonfiano perché qualcuno ci dorme dentro. Due clochard dormono tutte le notti fra cartoni e plaid fioriti in galleria San Federico, sotto la vetrina illuminata del negozio «& Other Stories». Qualcuno, anche fra i turisti, scatta una foto con il cellulare. E commenta: «Queste sono davvero “altre storie”, quelle che però fanno male al cuore». Eppure la gente che vive per strada, cercando di ripararsi da pioggia e freddo sotto i portici del centro, si moltiplica ogni giorno.
 
ESISTENZE SPEZZATE 
Anche persone che fino a ieri avevamo una famiglia e una casa: un granello di sabbia è finito nell’ingranaggio della loro esistenza, e di lì a breve si sono ritrovati a dormire nei sacchi a pelo, sfiorati dallo struscio dello shopping o di chi la sera va al cinema. Sono circa 150 i rilievi fatti dai vigili, che li conoscono uno per uno. Quella distesa massiccia di bivacchi, più o meno improvvisati, giacigli di fortuna sorvegliati da cartelli che chiedono «anche solo un centesimo» ha indotto cittadini e negozianti del centro a chiedere l’intervento della Soprintendenza. I portici riparano da freddo e pioggia. E se si chiede l’elemosina, nelle strade più ricche della città è più probabile riempire il bicchierino di carta con qualche euro. Ma ora, a giudicare dal mare di proteste che si sta levando dal centro, la misura pare colma. Cittadini e negozianti si lamentano di dovere, ogni mattina, pulire gli androni e i marciapiedi. Ma non invocano più il passaggio più frequente degli spazzini. Chiedono cancelli, vetrate e serrature. 

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Da - http://www.lastampa.it/2017/05/06/cronaca/cancelli-e-vetrate-in-centro-per-difendersi-dai-clochard-yKNQ3SDhoNhEXVgo2ReKSI/pagina.html
5100  Forum Pubblico / LA CULTURA, I GIOVANI, La SOCIETA', L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA, IL MONDO del LAVORO. / Saviano: ”Così il Pd diventa la peggior destra che fa leva su istinto ... (sic.) inserito:: Maggio 06, 2017, 05:34:02 pm
Saviano: ”Così il Pd diventa la peggior destra che fa leva su istinto, ignoranza e luoghi comuni”
Lo scrittore su Facebook: la politica asseconda una percezione d’insicurezza generata dai media.
Quando il nuovo fascismo sarà alle porte ricordiamoci di chi gliele ha aperte

Pubblicato il 04/05/2017 - Ultima modifica il 04/05/2017 alle ore 16:19

«Non è consentendo alle persone di armarsi e di sparare che si tutela la sicurezza dei cittadini. È solo un’illusione e una mancia politica per ottenere consenso». È quanto scrive Roberto Saviano in un commento sulla sua pagina Facebook a proposito della proposta di legge sulla legittima difesa. 

«Con il decreto Minniti e la legge sulla legittima difesa, il Partito Democratico ha deciso definitivamente di essere un partito della peggior destra che fa leva su istinto, ignoranza e luoghi comuni. La politica decide di abbandonare la statistica (secondo cui per i reati predatori tra il 2015 e il 2016 c’è stato un calo del 16% e non un aumento) per assecondare la percezione del crimine e “invitare” i cittadini ad armarsi. La sicurezza si ottiene con politiche sociali, con l’aumento dei controlli, non delegando alla difesa personale, cosa che lascia una tale discrezionalità da rendere pericolosissima questa legge. Non è più ciò che realmente accade il criterio guida per stabilire come fare le leggi, ma la percezione che le persone hanno della realtà, una percezione indotta dai media che parlano di insicurezza con argomentazioni leghiste. Quando il nuovo fascismo sarà alle porte ricordiamoci di chi gliele avrà fatte trovare aperte».

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Da - http://www.lastampa.it/2017/05/04/italia/politica/saviano-non-consentendo-alle-persone-di-armarsi-e-di-sparare-che-si-tutela-la-sicurezza-uAxQ4B5nPVRuBPIaLOgK7N/pagina.html
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