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Autore Discussione: Un'arma antica difficile da usare  (Letto 1950 volte)
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« inserito:: Febbraio 05, 2009, 05:05:05 pm »

5/2/2009
 
Un'arma antica difficile da usare
 
EUGENIA TOGNOTTI
 

Un finto terrorista che dissemina un carico di coccobacilli di «Yersinia Pestis», agente patogeno della peste polmonare nei condotti di aerazione del Denver Center for the Performing Acts. Comincia così, il 17 maggio del 2000, ultimo anno dell’amministrazione Clinton, una delle grandi esercitazioni predisposte dalle autorità federali per verificare l’efficacia della risposta istituzionale e sanitaria a possibili attacchi terroristici.

La spettacolare simulazione – che coinvolge migliaia di persone- segue il possibile percorso di una violenta vampata epidemica di peste nella forma più pericolosa per il tremendo potenziale epidemico, quella polmonare che può trasmettersi da persona a persona attraverso l’aria o gli aerosol di persone infette. Il 20 maggio i primi malati virtuali – colpiti da febbre, brividi e altri sintomi assimilabili a quelli dell’influenza - prendono d’assalto il pronto soccorso del Medical Center Health della città. Nelle stesse ore una cameriera trova nella stanza di un motel il primo finto morto, con tracce di vomito e sangue intorno alla bocca, un dito in cancrena e lesioni alla pelle in tutto il corpo.

Se davvero stavano preparando un attacco biologico, i terroristi qaedisti(morti, a quanto pare, nel condurre un test con il batterio della peste» avevano forse in mente un obiettivo simile a quello dell’esercitazione di Denver, adatta alla diffusione del batterio tramite aerosolizzazione. A cui seguirebbe un’epidemia di peste polmonare. Una malattia rapidamente mortale e i cui sintomi iniziali, che si manifestano nell’arco di 1-6 giorni dall’esposizione, possono essere scambiati con quelli di altre gravi patologie respiratorie.

Il batterio della peste è un vecchio alleato del terrore e della guerra. E lo è da secoli, molto prima che la microbiologia si affermasse come scienza.
E’ il 1347 quando i Tartari che assediano furiosamente il presidio genovese di Caffa, nel mar Nero, decidono di usare contro gli assediati i cadaveri d’appestati lanciati con una catapulta all’interno delle mura. E’ così che viaggiando su navi genovesi in fuga – cariche d’infetti, di grano e di topi, veicoli del mortale coccobacillo – la peste arriva allo stretto di Messina, da dove, come un incendio, si propaga per l’Italia, e poi per l’Europa, provocando una catastrofe demografica. Tra le armi biologiche, la peste rappresenta – insieme all’antrace, al vaiolo, alla tularemia, alla febbre emorragica e alla tossina botulinica, una delle principali minacce, per la facilità di diffusione e trasmissione, l’alta morbilità e la mortalità.

Resta l’estrema difficoltà di maneggiare un’arma come la «Yersinia pestis» e di prevedere l’estensione e gli effetti di un’epidemia influenzata da molte variabili: il ceppo utilizzato, la carica batterica impiegata, le condizioni ecologiche e ambientali, i metodi di aerosolizzazione. Non per niente, le armi batteriologiche (a parte qualche circoscritto episodio) non hanno mai svolto, almeno fino ad oggi, un ruolo decisivo in nessuna guerra e in nessun attacco terroristico.
 
da lastampa.it
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