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Autore Discussione: Eros con impegno  (Letto 2575 volte)
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« inserito:: Maggio 13, 2008, 04:24:32 pm »

Eros con impegno

di Alessandra Iadicicco


Quanto conta la cultura nei sentimenti? C'è più passione tra amanti simili o di tribù diverse? Un saggio lancia una provocazione: l'ultima ambizione delle ragazze americane è trovare un fidanzato colto. Da sfoggiare come un trofeo  Galeotto fu il libro, e forse lo è ancora. Perché amore e passioni letterarie, sentimenti e cultura, cuore e testa, si intrecciano anche oggi. Ma quanto? È la domanda sottesa in un lavoro di Anna Fels, psichiatra, appena uscito negli Usa da Pantheon, 'Necessary Dreams: Ambition in Women's Changing Lives'. Che racconta come tra le ragazze americane l'ultima ambizione, il sogno necessario, sia oggi un fidanzato colto, da sfoggiare come un trofeo. Afflitte da una sindrome, diagnostica Fels, del 'Problema Puskin'. "Ci credi, non lo aveva mai letto", dice a un'amica una delle protagoniste, che ha appena ributtato a mare una preda non commestibile. Le nuove cacciatrici ribaltano il gioco dei ruoli, simili alla lettrice seducente ma scostante di Calvino in 'Una notte d'inverno': raccolte le ginocchia sotto la gonna, richiuso il sipario dei capelli sugli occhi incollati a un romanzo, sfuggiva al panico di un dirottamento aereo e alle occhiate cupide d'un viaggiatore. Del resto, "con una donna intelligente è più difficile percorrere la distanza che separa dal corpo", aveva già annotato Ernst Jünger nei diari parigini. Puntano in alto le ambizioni, per affrontare uno scontro che può anche metterle in ombra: ma nelle coppie Marilyn & Arthur Miller, Philip Roth e la bionda trentenne texana, Salman Rushdie e la sexy star bollywoodiana Padma Lakshmi, non è chiaro se occhiate, invidia e riflettori siano puntati più su lui o su lei. E dunque, quanto conta negli amori, la cultura?

"Non rispondo", si secca Niccolò Ammanniti. "Non so", reagisce Alessandro Piperno. "Non mi è venuto in mente niente", si arrende Patrizia Valduga. Daria Bignardi non si pone il problema: "È rassicurante che con il partner ci sia affinità di gusti e cultura. Ed è drammaticamente vero che esiste la tribù intellettuale, con tutto il suo carosello. Si passa per snob ad ammetterlo, ma non se ne può fare a meno". Ne farebbe volentieri a meno
Massimo Cacciari. "Lo sappiamo dai tempi di Platone e Aristotele che nei rapporti umani l'affinità culturale è fondamentale. Ma in amore non c'entra un cazzo", ipse dixit: "La dimensione intellettuale non conta nulla nei rapporti erotici, non è l'elemento che scatena la passione". Ma una donna intellettuale, attrae, inibisce, o mette a disagio? "Se è bella non mi mette per niente a disagio, metterà a disagio uno sciocco. Se è brutta sì". Sciupafemmine quanto Cacciari Giulio Giorello, anche se si schermisce subito: "Non sono un Adone o Schwarzenegger. Perciò l'appeal intellettuale è stato una via obbligata per me. Solo grazie a questo ho avuto qualche successo con le mie amiche. Ma bisogna stare attenti a ciò che si intende per intellettualità: non credo importino nozioni e cognizioni, conta lo spirito di curiosità che la dimestichezza con la cultura conferisce. Il mio eroe preferito è il Topolino degli anni Trenta, che con la sua intelligenza vivace, il suo atteggiamento curioso, stuzzica i desideri della deliziosa e certo cattivella Minnie".

Quando i filosofi corteggiano le Minnie e leggono i fumetti stanno forse sondando un terreno che sfugge alle loro categorie. Per Elisabetta Sgarbi, donna intellettuale e per sua ammissione "macchina stranamente desiderante", "nei rapporti tra i sessi la comunanza di gusti ed educazione non ha un ruolo fondamentale. Tutto ciò che non possiamo sopportare a questo mondo, disse qualcuno, un giorno lo troviamo in un'unica persona, e subito l'amiamo. Credo sia proprio così".

Si appassiona Valeria Parrella, contraddicendosi anche un po': "Distinguerei tra fascino e condivisione. Riconosco entrambe sia a non intellettuali sia a chi ama le letture. Il fascino di chi ignora si fonda, per me, nello stupore di scoprire un continente sconosciuto. E la condivisione si crea in un punto più profondo, meno mediato: essere umani soggetti agli stessi moti d'animo. Con chi intellige, invece, il fascino si gioca in un esercizio galvanizzante, di sfida a chi ne sa di più, a chi dice meglio, a chi ha saputo più mangiare e meglio digerire. Mentre la condivisione si fonda sul territorio comune che si è attraversato negli studi e sulle pagine. Detto tutto questo, non mi è mai capitato di innamorarmi di un uomo che non fosse colto".

Potrebbe capitare invece, perché no, a Silvana Borutti, epistemologa, ordinario di teoretica all'Università di Pavia e assessore alla Cultura della stessa città. La prima a dire: "Mi affascinano le intelligenze diverse dalla mia. Potrei innamorarmi di uno che non ha studiato". Borutti è anche la prima ad ammettere con filosofia che quello delle relazioni personali e culturali è un problema. E taglia di sbieco: "Possiamo distinguere tra eros e philia. La cultura interferisce inevitabilmente nell'amicizia. Penso a 'I quattro amori' di Lewis, dove è scritto che due amici non stanno uno di fronte all'altro, ma uno di fianco all'altro, per guardare avanti. Per questo è necessaria un'intesa. Affinità culturale? Ambiguo, diciamo piuttosto feeling: la confidenza, la simpatia in cui scatta il frizzo. In amore è diverso. Al momento dell'incontro, le qualità intellettuali non sono decisive. Nell'innamoramento è più sexy la diversità". Opinione ed esperienza personale: "Mio marito è economista, è stato direttore di banca, è appassionato di fisica e di astronomia. Non c'è alcuna affinità culturale tra noi, ma c'è grande complicità intellettuale. Credo che non ci sia niente di più noioso delle coppie in cui i partner si assomigliano. La loro affinità è spesso una messa in scena, una maschera per coprire conflitti. E può essere che la qualità intellettuale di uno dei due abbia un effetto inibente. C'è un aspetto storico da non trascurare. L'esibizione della superiorità intellettuale da parte di lui è un classico, gli uomini si sentono tutti pigmalioni".

"Gli uomini sono tutti un po' seduttori e le donne tutte teneramente materne", conferma Silvia Vegetti Finzi, psicologa: "La strategia della parata maschile fa parte dei codici della specie tanto quanto l'indulgenza femminile". Per lui come per lei però, specie quando entrano l'uno in rapporto con l'altra, la cultura deve essere digerita e metabolizzata. "Non deve essere per lui un elemento di competizione o prevaricazione, né per lei un espediente per nascondere altre fragilità", aggiunge Vegetti Finzi.

Walter Siti si chiama fuori da tutti gli schemi con mossa da maestro, e prende dal pugilato le sue metafore. "Tra amici si è sparring partner: ci si allea, ci si scontra, a colpi di occhiate e battute. Un amico legge quello che leggi tu e ti legge dentro. Sa anticiparti, ti aiuta a correggere il tiro". Ma con chi si ama l'incontro - il match - è meno prevedibile e più pericoloso: "In amore la cultura serve a essere inautentici. Per creare schermi, difese. L'amore è una spedizione nell'ignoto. Io mi sono sempre innamorato di persone molto lontane da me. C'è chi mi dice che l'omosessualità derivi da una paura del diverso. Non credo: ho amato uomini e donne diversissimi da me. L'innamoramento è l'unico modo che abbiamo per uscire da noi stessi. L'unica esperienza che si può vivere al di là della cultura. Non avrei mai scritto quest'ultimo romanzo, 'Il contagio', sulle borgate, se non avessi incontrato una persona che vive lì. L'amato però non l'ha letto né lo leggerà. Non vuole mai leggere quello che scrivo".

Leggendo 'La donna di scorta' di Diego De Silva, è facile innamorarsi: del romanzo, dell'autore (allora esordiente da Pequod), di un perfetto sconosciuto incontrato per via come la Dorina del libro aveva incontrato Livio. Strano perciò sentir dire allo scrittore napoletano che "l'amore non è proprio quello.

Sì, all'inizio vorrebbe essere un totale abbandono. Viviamo continuamente nell'attesa di un estraneo a cui consegnarci mani e piedi, scrivevo in quel romanzo". Ma alla fine si dovrà confessare 'non avevo capito niente', come nel titolo Einaudi dell'ultima storia d'amore che De Silva ha tutta giocata sul registro dell'ironia. "La fascinazione intellettuale esiste", dice De Silva: "Ma può essere una grande fregatura. Può essere che la cultura sia un buon mezzo per accettarsi e conoscersi, per appropriarsi della felicità. Ma nei rapporti amorosi, quando i partner sono entrambi persone culturalmente complesse, i giochi si complicano. Si arriva più facilmente allo scontro". In amore allora la cultura non vale il gioco né la pena? "In amore, diceva William Hurt a Kathleen Turner in 'Turista per caso', non importa quanto si ama. Forse ciò che conta è quello che si riesce a essere quando si ama".


(12 maggio 2008)

da espresso.repubblica.it
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