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Autore Discussione: Nicola Cacace. Dei morti e delle pene  (Letto 2129 volte)
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« inserito:: Marzo 10, 2008, 03:34:49 pm »

Dei morti e delle pene

Nicola Cacace


Non mi pare che i regolamenti applicativi della legge 123/2007 sulla sicurezza del lavoro, approvati dal governo per combattere il primato italiano degli infortuni sul lavoro siano «inutilmente punitivi» e tanto meno che «privilegino le pene rispetto alla prevenzione e alla formazione» come improvvidamente viene sostenuto da alcuni.

Che mostrano di non conoscere né la gravità dei dati, né i 303 articoli del testo che ha sostituito più di 1200 articoli precedentemente in vigore con varie normative.

Anzitutto la gravità della situazione italiana è espressa dai dati che pochi media hanno ricordato. Sia il livello assoluto delle morti sul lavoro in Italia sia la tendenza alla riduzione vedono il nostro Paese in coda ai Paesi concorrenti, Francia, Germania, Gran Bretagna. Su questi dati nessun imprenditore italiano ha mai avanzato una spiegazione, in particolare su due aspetti. Primo, perché in Italia si muore di lavoro quasi due volte più che in Francia e Germania e addirittura sei volte più che in Gran Bretagna?

Secondo, perché il processo di riduzione degli infortuni gravi nei Paesi industriali vede l’Italia, che pur parte da livelli superiori, con una riduzione degli infortuni mortali nettamente inferiore alla riduzione del 30% realizzata nell’Europa a 12?

Secondo i dati della fonti internazionali negli anni 2003-2005 ci sarebbero stati circa 1300 morti l’anno per incidenti sul lavoro in Italia e in Germania, 640 in Francia e 230 il Gran Bretagna. Questi dati, rapportati alla popolazione e all’occupazione, danno i coefficienti di mortalità per abitante e per occupato che vedono l’Italia come il paese più pericoloso per i lavoratori tra tutti i Paesi dell’Europa. Solo Spagna, Turchia e Portogallo sono un po’ dietro, con Cina e Romania al vertice mondiale dell’infortunistica grave.

Qualche rappresentante dell’industria si è lanciato in affermazioni tra l’incauto e lo strumentale, del tipo «il Testo unico sulla sicurezza è l’ultimo atto di una sinistra demagogica e antindustriale». Sicuramente il signore non ha letto il testo approvato che dispone agevolazioni per formazione e prevenzione come mai nessuna norma precedente aveva fatto.

Quanto alle sanzioni, bisognerebbe dar atto a quel noto «demagogo e antindustriale» del presidente del Consiglio, che si è battuto coerentemente con le promesse fatte in più di un’occasione agli operai, di aver anche attenuato le sanzioni precedentemente concordate.

Così, fermo restando l’arresto da 6 a 18 mesi per «il datore che ha omesso di effettuare la valutazione dei rischi nelle aziende ad elevata pericolosità (chimiche, esplosivi, etc.), nei casi meno gravi, il testo della legge prevede che si applichi l’arresto da 4 a 8 mesi (invece che da 6 a 12 mesi) ovvero l’ammenda da 4 a 12mila (invece che 5-15mila come precedentemente concordato). «Inasprendo le pene non si salva nessuna vita». Un’altra frase che, applicata al contesto italiano, aspettavamo al più da qualche piccolo imprenditore in nero, non dal più grande imprenditore italiano. In verità sanzioni più lievi avrebbero avuto sapore di burla dopo tante promesse di attenzione e contrasto al fenomeno.

Pubblicato il: 10.03.08
Modificato il: 10.03.08 alle ore 8.18   
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