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Autore Discussione: MATTEO RENZI  (Letto 125595 volte)
Arlecchino
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« Risposta #135 inserito:: Aprile 18, 2016, 12:16:03 pm »

Renzi: "Referendum trivelle dimostra che la demagogia non paga"
Il premier: "Hanno vinto i lavoratori delle piattaforme".
Poi l'affondo: "Trecento milioni buttati, potevamo comprare 350 carrozze per il trasporto pendolare".

Emiliano: "Manca di rispetto". I 5 Stelle: "I 15 milioni ai seggi sono degli eroi"

Di GIOVANNI GAGLIARDI
17 aprile 2016

Come aveva promesso il premier Matteo Renzi ha aspettato la chiusura delle urne, e il responso del quorum, per dire la sua sul referendum. Il presidente del Consiglio si è presentato davanti alle telecamere dal suo studio di Palazzo Chigi alle 23.18. "Il governo non si annoverano nella categoria dei vincitori ma crede che i vincitori siano gli operai e gli ingegneri che domani torneranno alle loro piattaforme sapendo di aver conservato il posto di lavoro. E' per loro che ho invitato all'astensione. Levo il calice con quelle oltre diecimila persone che hanno conservato il posto di lavoro".

Nel suo messaggio Renzi ha voluto chiarire che "gli sconfitti non sono i cittadini che sono andati a votare: chi vota non perde mai. Massimo rispetto per chi va a votare. Ma gli sconfitti sono quei pochi, pochissimi consiglieri regionali e qualche presidente di Regione che ha voluto cavalcare un referendum per esigenze personali politiche".
Come avevano anticipato i suoi fedelissimi Renzi ha ribadito le ragioni per cui ha indicato la linea dell'astensione, ha spiegato che occorrerà trarre le conseguenze dal mancato raggiungimento del quorum e ha approfittato per togliersi anche qualche sassolino dalle scarpe. "I grandi esperti hanno teorizzato spallate, hanno ipotizzato crolli. Una parte della classe dirigente di questo Paese si dimostra autoreferenziale. Vivono su Twitter, su Facebook".
Referendum trivelle, Renzi: ''Basta con le polemiche''

Renzi ha tuonato contro il fronte del Sì, contro quel blocco, dalla minoranza dem a FI (perlomeno una parte), da Sel a Movimento 5 stelle che hanno cercato di strumentalizzare l'appuntamento di oggi per dare una spallata al governo. Il messaggio di questo referendum è che "non paga essere demagogici - ha affondato il premier - "E' stato inutile buttare via 300 milioni di euro per questo referendum, quando la prima cosa che viene chiesta alle Regioni è di abbattere le code per la sanità. Con quella cifra avremmo potuto acquistare 350 nuove carrozze per il trasporto pendolare".

"Il dibattito sull'ambiente non può essere lasciato a chi va nei talk show e poi non combatte per la raccolta differenziata", ha detto il presidente del Consiglio, che ha poi criticato le regioni che difendono il mare solo da qualche piattaforma e si sono disinteressate invece di costruire dei depuratori. "Come si fa a parlare di mare quando troppe Regioni non utilizzano i fondi europei per pulire le nostre acque?", si è chiesto il premier.

"Ho scelto di non votare - ha spiegato Renzi - perché questo era lo strumento più semplice messo a disposizione della Costituzione". Il premier tuttavia ha detto di essere rimasto colpito dalla e-mail di un ragazzo che ha appena compiuto 18 anni che gli chiedeva un suggerimento su che fare, se votare o meno. "Alla fine non sono riuscito a dare un suggerimento a quel ragazzo", ha rivelato.

Poi ha lanciato un appello: "Basta polemiche fino al 2018", ha detto Renzi invitando tutti a mettere da parte le contese e "la vecchia politica: mettiamo fine alle polemiche, c'è molto da fare in questo Paese. L'Italia - ha affermato il premier - è uno scrigno, torni ad essere punto di riferimento". "Ripartiamo tutti insieme, sapendo che nei prossimi anni c'è molto da fare - ha esortato ancora il premier, rivolgendosi a chi ha votato sì e a chi ha votato no - Alle elezioni politiche ciascuno potrà votare per chi crede, ma fino ad allora rimbocchiamoci le maniche, l'Italia torni a fare l'Italia senza utilizzare tutte le occasioni per alimentare la vecchia tiritera delle divisioni ideologiche e politiche".
Referendum Trivelle, Renzi: "Ha perso chi ha voluto conta interna"

L'obiettivo è "fare dell'Italia il paese più verde d'Europa - ha affermato il premier - ma per farlo non possiamo sprecare le energie che abbiamo. il passaggio verso le energie rinnovabili si può fare ma ci vuole tempo".

Insomma, come spiegavano i renziani ad urne ancora aperte, è stato respinto l'assalto, così come i fedelissimi del premier auspicano che verrà respinto alla consultazione che si terrà ad ottobre sul ddl Boschi. Ma chi ha sposato la causa del Sì vuole respingere ogni lettura politica. Respingendo anche il "ciaone" del dem Ernesto Carbone.

Le reazioni. "Grazie agli oltre 15 milioni di cittadini che hanno detto Sì alla democrazia ed un futuro con mari puliti, energie rinnovabili, efficienza energetica e turismo sostenibile! Sono tantissimi e hanno combattuto una battaglia da eroi della democrazia", si legge sul blog di Beppe Grillo.

Dura la replica del governatore della Puglia, Michele Emiliano, capofila del Sì: "Il presidente del Consiglio non se la può cavare parlando di ragioni personali. Io ho fatto mestieri anche di una certa complessità e non ho mai agito per ragioni personali, ma solo per ragioni istituzionali", ha detto replicando alle parole di Renzi. "Io non consento a nessuno, neanche a lui - ha aggiunto Emiliano - di trasformare una battaglia di civiltà come quella che abbiamo condotto, in una vicenda ipocrita. E' inaccettabile. Renzi non è mai venuto a sostenermi neppure in campagna elettorale. Evidentemente aveva un lungo progetto su di me".

Referendum trivelle, Emiliano: ''Mai agito per ragioni personali, Renzi non faccia finta''
Emiliano ha promesso che il movimento continuerà a battersi contro le trivelle e ha sottolineato che il voto è stato comunque "un successo" con 14 milioni di votanti. Sono "gli stessi voti che il Pd ha preso nel suo più grande risultato elettorale, che sono le europee di due anni fa", ha osservato, "il governo dovrà tenerne conto".

© Riproduzione riservata
17 aprile 2016

Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/04/17/news/renzi_referendum-137857476/?ref=nrct-3
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« Risposta #136 inserito:: Aprile 21, 2016, 05:38:00 pm »

Renzi
Governo   
Il premier archivia la vittoria di ieri e già anticipa il quadro politico e i temi per il referendum costituzionale

Renzi non aveva alcuna intenzione, né interesse a trasformare il voto di ieri in un referendum su di sé e il suo governo, anziché semplicemente sulle concessioni per le piattaforme off shore. D’altra parte, la sua intenzione iniziale era di tenere un profilo basso anche per le amministrative di giugno, che sono andate anch’esse invece – più prevedibilmente – caricandosi di significato politico.

Chi ha voluto politicizzare il quesito ha fornito il gancio per lanciare con largo anticipo la lunga campagna elettorale che lo porterà all’appuntamento con il referendum costituzionale di ottobre. Già le parole pronunciate ieri sera a urne appena chiuse hanno dato un anticipo di quali saranno i temi e, soprattutto, gli avversari già individuati dal premier, in quella che proverà a dipingere come una battaglia tra l’Italia che guarda avanti e quella che si lascia bloccare da “battaglie ideologiche e politiche”.

La prevista “esibizione di politici di vecchio stile che dichiarano di aver vinto anche quando perdono” è già iniziata in queste ore.

 Altri, come il M5S, hanno preferito mantenere un profilo più basso: spariti su questo tema dai social, si sono limitati a un post sul blog di Grillo, nel quale lo staff del comico ‘la butta in politica’, provando a parlare d’altro.

Renzi nel suo intervento ha provato a minimizzare. Ha precisato che “gli sconfitti non sono i cittadini che sono andati a votare”, bensì “pochissimi consiglieri regionali e qualche presidente di regione”, con chiaro riferimento a Emiliano. Ha spiegato che il referendum è stato strumentalizzato per “esigenze di conta interna da parte di qualcuno”.

Il fatto che le regioni siano il primo punto d’attacco del premier non è solo perché proprio nove di loro hanno promosso il quesito bocciato ieri. Ma perché proprio da lì potrà venire una buona parte dell’opposizione al referendum di ottobre, che torna a modificare il Titolo V della Costituzione, riportando allo Stato una serie di competenze decentralizzate nel 2001. Non a caso, ieri sera Renzi si è soffermato proprio su alcune questioni (la realizzazione dei depuratori, l’utilizzo dei fondi europei, il turismo, la sanità, i trasporti, lo spreco di fondi pubblici) sulle quali il governo – attraverso la riforma Boschi, ma anche con altri provvedimenti – sta progressivamente intervenendo per accentrare i poteri o sostituirsi alle regioni inadempienti.
Scorrendo la lista dei presidenti di regione, comunque, non saranno molti quelli che si opporranno esplicitamente al referendum di ottobre, sia perché sono rimasti ormai pochi i governatori di centrodestra, sia perché anche quelli della minoranza dem e quelli che ieri sono andati alle urne si sono già in gran parte schierati a favore della riforma e sarà complicato per loro cambiare idea, anche nel caso in cui i loro referenti nazionali dovessero decidere diversamente. Ma il tema di un governo “autoritario” che esautora dalle loro competenze i territori sarà certamente utilizzato – e già in parte lo è – dalla propaganda per il No.

Renzi bolla questa “classe dirigente” come “totalmente autoreferenziale”. Mentre dall’altra parte “c’è un Paese che chiede concretezza, solidità”. È a questo che si rivolge, ponendosi l’obiettivo di abbattere almeno per il passaggio di ottobre gli steccati partitici. “Tutti gli italiani hanno il diritto di essere portati alle prossime elezioni del 2018 senza le consuete scaramucce dei politici – ha detto ieri – ma di essere messi nelle condizioni di operare una scommessa perché questo Paese vinca le difficoltà”.

È il preludio del Partito della Nazione? “Quando ci saranno le elezioni politiche, ciascuno voterà per chi crede”, specifica Renzi. Il suo porsi al di là e al di sopra delle divisioni, anche quando le alimenta, è finalizzato esclusivamente a creare una separazione netta tra il ‘fare’ e il ‘protestare’, tra una democrazia ‘della concretezza’ e uno sterile populismo. In pratica, tra il suo governo e il M5S. Scontrarsi con la sinistra (interna ed esterna al Pd) o con un centrodestra ancora debole e frammentato non è tra le sue priorità, semplicemente perché non verranno da lì gli avversari più temibili, almeno per quest’anno. Se poi se li ritroverà contro nel 2018 (o 2017, il dubbio rimane), dopo aver inferto un colpo pesante all’antipolitica, per Renzi e per il Pd quello sarà lo scenario migliore, anche senza vagheggiare improbabili agglomerati centristi.

Da - http://www.unita.tv/focus/renzi-lancia-la-battaglia-dautunno-ecco-gli-avversari-gia-nel-mirino/
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« Risposta #137 inserito:: Maggio 09, 2016, 06:10:44 pm »

Referendum, Renzi: “Pd in modalità banchetto permanente. E se va bene, anticipiamo congresso”
Il presidente del Consiglio ha convocato i suoi per presentare l'agenda dei prossimi mesi in vista delle amministrative e della consultazione confermativa per le riforme costituzionali.
Obiettivo ricompattare il partito che sta affrontando, per sua stessa ammissione, la questione morale.
Ha poi attaccato i 5 stelle: "Noi fatica della democrazia, loro la comodità della dinastia".
E sul caso Nogarin: "Noi siamo genuinamente garantisti, non vogliamo le sue dimissioni"


Di F. Q. | 9 maggio 2016

“Il Pd deve essere in modalità banchetto permanente o ‘banchino’ come diciamo in Toscana. E se va bene il referendum, anticipiamo il congresso di qualche mese”. E’ questo il piano di Matteo Renzi per serrare i ranghi del partito in vista delle elezioni amministrative e soprattutto della consultazione confermativa sulle riforme costituzionali di ottobre prossimo a cui ha legato la stessa sopravvivenza del governo. Il segretario dem è intervenuto in direzione Pd proprio mentre il partito, per sua stessa ammissione, affronta la “questione morale” e deve fare i conti con l’arresto del sindaco dem di Lodi Uggetti per turbativa d’asta e l’indagine a carico del consigliere regionale campano Graziano per concorso esterno in associazione camorristica. Renzi ha provato così a dettare una nuova agenda per mobilitare i suoi: “Dal 20 maggio al 15 luglio avremo molte polemiche e questioni aperte. Un minuto dopo il referendum se andrà bene come io credo, si deve continuare il percorso delle riforme. Il 2017 avrà eventi internazionali ma contemporaneamente io anticiperei di qualche mese il congresso“. Il rinnovo della segreteria Pd invece è slittato a subito dopo le elezioni amministrative.

Renzi ha dato il via alla direzione Pd lanciando una provocazione ai 5 Stelle: “Ci auguriamo che anche altri trovino lo spazio per sostituire la fatica della democrazia alla comodità della dinastia, come accaduto nel principale partito dell’opposizione”. Il riferimento è al ruolo del figlio di Casaleggio che, dopo la morte del padre e cofondatore del Movimento, ha reso più evidente il suo ruolo di referente per parlamentari e attivisti. Poi sul tema giustizia Renzi ha attaccato sia il fronte dei grillini che quello del Carroccio: “C’è un doppio-pesismo incredibile“, ha detto, “e non mi riferisco solo alla Toscana a 5 Stelle o alla Lombardia in camicia verde, chi è garantista con i suoi e giustizialista con gli altri è insopportabile. Noi siamo genuinamente garantisti, non chiediamo dimissioni Nogarin, lui farà le sue valutazioni con il suo consiglio comunale”. Il riferimento è all’indagine a carico del primo cittadino sulla vicenda della gestione rifiuti. Renzi è tornato quindi a rivolgersi alle toghe pur ribadendo di non volersi esprimere nel merito: “Chiedo ai magistrati di Potenza di andare a sentenza. Perché è un dovere civile di questo Paese sapere se ci sono persone che inquinano oppure no. Noi rispettiamo le sentenze e non le commentiamo. Io le sentenze non le commento, le rispetto”.

La direzione Pd è stata convocata in primo luogo per parlare della compattezza del partito in vista del referendum costituzionale e delle amministrative: “Non abbiamo nessun motivo per continuare una sfibrante discussione interna”, ha detto Renzi, “quando altri nostri compagni sono impegnati in prima fila della campagna delle amministrative. Non chiedo una moratoria delle polemiche. Ma si deve fare uno sforzo per non vergognarsi di ciò che abbiamo fatto in questi anni e di ciò che dobbiamo fare sul territorio. Non voglio sottacere i tanti problemi sul territorio: sono meno di quelli che i media raccontano, più di quelli che dovrebbero esserci”. Renzi ha chiesto ai suoi “una mobilitazione permanente” in vista dei prossimi impegni del partito. “Dal 20 maggio al 15 luglio lanciamo una mobilitazione permanente: quel giorno dovremo presentare le firme per il referendum costituzionale. Sono già presentate da deputati e senatori, formalmente il referendum è già in pista. Ma credo che sia giusto che il Pd faccia quello che stanno facendo anche gli altri: andare piazza per piazza a chiedere comunque ai cittadini di mettere la firma sulla richiesta del referendum e diffondere il più possibile comitati dal basso“.

Il presidente del Consiglio ha anche parlato del problema migranti e della gestione dell’emergenza da parte dell’Unione europea. “L’Europa continua a inseguire la strada della paura”, ha commentato. “Il Brennero è l’esempio più concreto, ahimè non l’unico. Quando hai scommesso su un’Europa che non abbia confini interni ma a fronte di questo non hai il coraggio di essere conseguente appena emerge un piccolo segnale di difficoltà o disagio, ti mostri poco credibile agli occhi della tua gente. Se crei fantasmi o credi ai fantasmi creati da altri, chi è più bravo ad alimentare paure e generare mostri, vince sempre”.

Cuperlo: “La moratoria sulle polemiche deve valere per tutti”
L’esponente della minoranza del partito Gianni Cuperlo ha accolto il tentativo di pacificazione del segretario dem Renzi, ma al tempo stesso ha detto che “una moratoria delle polemiche deve valere per tutti”: “Ho aspettato la smentita delle parole di quella ministra che ha messo sullo stesso piano di Casa Pound chi voterà ‘no’ al referendum sulla riforma costituzionale, tra cui ci sono anche membri dell’Anpi e costituzionalisti. Cosa vuol dire che chi nel Pd voterà no al referendum costituzionale è sullo stesso piano di casa Pound?”. Il riferimento è alle parole del ministro per le Riforme Maria Elena Boschi – presente in direzione – che nei giorni scorsi avrebbe detto: “Sappiamo che parte della sinistra non voterà le riforme costituzionali e si porranno sullo stesso piano di Casa Pound e noi con Casa Pound non votiamo”. Cuperlo ha poi detto di essere d’accordo con la necessità che il partito si compatti in vista del voto: “Condivido la necessità di portare avanti con orgoglio le nostre amministrative. L’ultima volta invocai una moratoria sulle questioni che ci vedono in posizioni distinte al nostro interno. Mi pare la decisione più saggia, se pensiamo che la cosa più importante ora sia concentrare i consensi attorno al Pd. Condivido le parole del segretario e le considero una bussola da seguire”.

Cuperlo ha parlato anche delle ombre che deve affrontare il partito: “Nessuno ha una benda sugli occhi e quindi vediamo anche le ombre davanti a noi, dall’ingresso formale di Verdini nella maggioranza, così descritto da un autorevole viceministro, a una questione morale di lunga memoria e lunga data. Una questione su cui Renzi ha speso parole molto serie. Vedo tutto questo, così come una ripresa che stenta, qui come in Europa”.

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/05/09/referendum-renzi-pd-modalita-banchetto-permanente-e-se-va-bene-anticipiamo-congresso/2710004/
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« Risposta #138 inserito:: Maggio 13, 2016, 05:40:00 pm »

Renzi: "Il giustizialismo fu un errore della sinistra"
Il premier a 'Porta a porta': "Avviso di garanzia per Pizzarotti e Nogarin non è una condanna". Contesta l'eccesso di attenzione sui truffati dalle 4 banche salvate. "C'era chi prendeva il 7% di interessi". "Disponibile" a porre la fiducia sulla prescrizione. Poi, sui magistrati, dice: "Giudici liberi di dire tutto"

Di ALBERTO CUSTODERO
12 maggio 2016
   
ROMA - Matteo Renzi a 'Porta a porta' fa autocritica sull'uso che il centrosinistra in passato ha fatto del cosiddetto giustizialismo. "L'avviso di garanzia - ha dichiarato il premier - per me non rileva ai fini della valutazione se rimanere o no al proprio posto: rivendico con grande tranquillità che il mio governo per primo lo ha teorizzato in Parlamento. Per anni c'è stata la strumentalizzazione dell'avviso di garanzia anche da parte del centrosinistra che secondo me ha sbagliato".  "Oggi - ha aggiunto - ha preso un avviso di garanzia il sindaco di Parma. Non parlo di Pizzarotti o Nogarin per strumentalizzare, ma per dire che un avviso di garanzia non è una sentenza di condanna".

Il presidente del Consiglio, da Bruno Vespa, ha toccato tutti i più delicati argomenti dell'attualità, anche i più spinosi, dallo scandalo delle banche salvate, al conflitto tra politica e magistratura. Dalla prescrizione ("Non escludo la possibilità di porre la fiducia sul lodo Falanga. Sono disponibile a farlo"). Al rientro dei capitali dall'estero. "La voluntary disclosure 2 - ha detto - è un’ipotesi molto concreta". Anche grazie al rientro dei capitali esportati illegalmente all'estero, ha spiegato, "lo scorso anno abbiamo battuto il record di recupero dell'evasione fiscale".

"Giudici liberi di dire tutto". "I giudici possono dire la loro su tutto, non ho problemi su questo". È, questa, la posizione di Renzi a proposito del dibattito sull'opportunità dei magistrati di impegnarsi nella campagna referendaria sulla riforma costituzionale. "Votino quel che vogliono - ha aggiunto - decidano come organizzarsi. È legittimo che il presidente del Consiglio non apra bocca su come si organizzano i giudici".

"Riforma Csm non è una priorità". Sempre sul rapporto politica-magistratura, il premier ha precisato: "La riforma del Csm non la considero una priorità in questo momento. La priorità è che si facciano questi benedetti processi. Altrimenti non pagano i ladri. Siccome non abbiamo niente da nascondere e siamo persone oneste, possiamo guardare negli occhi i magistrati e dire, 'prego, andate avanti'...".

La risposta a Davigo sui politici ladri. Tornando sulle polemiche sollevate dalle dichiarazioni del neo presidente del Csm, Piercamillo Davigo, che s'era scagliato contro la corruzione diffusa tra la classe politica, Matteo Renzi ha tagliato corto. "Se mi dicono che tutti i politici sono ladri, dico che non è vero. Così come non dico che i magistrati sono tutti ladri perchè uno è stato indagato".

"I truffati prendevano il 7%". Renzi ha contestato l'eccesso di attenzione sui "buggerati veri o presunti" delle "quattro banchette" salvate dal decreto del governo ("Saremo pronti per i rimborsi entro il 30 giugno", ha annunciato). "Questa storia dei truffati... - s'è sfogato il premier - c'è gente che prendeva il sette per cento quando chi porta i soldi in banca prende l'uno". Il presidente del Consiglio ha sottolineato poi che il dibattito su questo punto "copre una grande responsabilità della classe dirigente del Paese". I politici italiani, ha continuato, "hanno lasciato le banche come stavano. Hanno nascosto la polvere sotto il tappeto: d'accordo con pezzi del territorio e anche con alcune testate editoriali, c'era un comune interesse a tacere".

Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/05/12/news/renzi_la_sinistra_strumentalizzava_gli_avvisi_di_garanzia_fu_un_errore_-139670848/?ref=HREC1-8
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« Risposta #139 inserito:: Maggio 13, 2016, 05:42:02 pm »

Matteo Renzi e Ferruccio De Bortoli, duello a Porta a Porta.
Battute e veleni, ma è sulle banche che il premier punge

Pubblicato: 12/05/2016 14:26 CEST Aggiornato: 1 ora fa

"Oggi si parla delle quattro banche perché c'è stata una certa vicenda politica... Ma dov'era il sistema paese sulle banche? Perché non diceva?". Matteo Renzi esce dagli studi di Porta a porta e davanti a un gruppo di cronisti ritorna su quello che per lui è punto di orgoglio della puntata appena registrata con Bruno Vespa e Ferruccio De Bortoli. "Sulle banche gliele ho dette...", sottolinea riferendosi a De Bortoli, uno dei direttori più critici col premier. In effetti la scelta, evidentemente premeditata, di approfittare della presenza dell'ex direttore del Corriere della Sera per attaccare il cosiddetto 'salotto buono italiano' è la punta più alta di questo confronto tv che per il premier apre la lunga cavalcata fatta di piazze, media e social verso il referendum di ottobre.

Tanto fair play e battute. Ma l'intento del premier è prendersi tutte le rivincite possibili sugli editoriali di De Bortoli. "Sono stupito che li legga", lo interrompe lui. "Io sono un lettore - risponde Renzi - il fatto che lei non sia elettore non fa di me un non lettore...". Ma gli interessa dire che "sulle banche il gruppo dirigente di questo paese ha parlato poco e fanno credere che il problema sia delle quatto banchette", cioè di Banca Etruria, Carichieti, Banca Marche e Cariferrara, salvate dal decreto del governo tra polemiche ancora irrisolte. L'attacco: "Perché lei quando è stato direttore del Corriere o del Sole non ha mai scritto della Banca popolare di Vincenza?"

De Bortoli: "Su Lodi lo abbiamo fatto...". Ma Renzi va avanti: "Potrei dire di dinamiche tra alcune banche pugliesi e toscane... Insomma ci sono stati meccanismi in cui il sistema classe dirigente di questo paese non ha messo bocca. Noi non guardiamo in faccia a nessuno: abbiamo modificato le banche del credito cooperativo, riorganizzato il sistema del credito... Ma il punto che mi fa specie è che c'era un meccanismo per cui i politici erano d'accordo con esponenti del territorio e alcuni gruppi editoriali, perché il sistema del credito e molto presente nei sistemi editoriali: legittimo ma c'era un comune interesse a tacere. Se si fosse dedicato tempo a ragionare di come un'intera classe dirigente di destra e sinistra ha vissuto in complicità con le banche locali, gli opinionisti avrebbero potuto aiutare i politici a fare meglio il loro mestiere...".

È il messaggio che il premier voleva dare per mettere a posto quei poteri che ora fanno le pulci al governo, guardando anche al referendum di ottobre. "Lei è il primo a personalizzarlo. Lei dice 'apres moi le deluge'", affonda De Bortoli citando il re di Francia Luigi XV. "Figuriamoci: l'ultima volta lei mi ha dato del caudillo, se già andiamo su un imperatore francese...", gli ribatte il premier. "Se però perdo, mi dimetto il giorno dopo. Sulle elezioni decide il presidente della repubblica". "Si ricandida?", chiede Vespa. "No, certo che smetto".

Sui giudici la parola d'ordine è "non ci casco". Si sbilancia solo a dire che "mi fido dei giudici. Possono dire la loro su tutto, non solo sulla riforma costituzionale, non ho problemi. Credo che il punto chiave del rapporto tra giudici e politica sia superare un limite del passato: cioè considerare avviso di garanzia come una sentenza. Non è così". E sull'allungamento dei tempi della prescrizione non esclude la "fiducia".

E invece l'altro punto di frizione è sulla nomina di Marco Carrai a responsabile big data nello staff del premier a Palazzo Chigi. Renzi non l'ha affatto messa da a parte. Stasera la rilancia. E smentisce le voci secondo cui la Casa Bianca non vedrebbe di buon occhio la scelta in quanto Carrai è legato a interessi e poteri israeliani che con hanno rapporti tesi con la presidenza Obama. "Se Obama pensasse al mio staff, bisognerebbe farlo vedere da uno bravo...". Ma comunque la nomina ci sarà a breve, "spero", aggiunge il presidente del consiglio parlando coi cronisti nel cortile della Rai dopo la registrazione della puntata. "Non appena sbrighiamo la questione sui suoi incarichi attuali: dovrà lasciarli per venire con me".

Anche qui De Bortoli prova ad affondare: "Gli amici di infanzia a Palazzo Chigi...". "È riduttivo considerare un amico di infanzia uno che ha creato una roba sui big data per cui guadagna una milionata di euro l'anno, che non guadagnerà più se viene a lavorare con me. Potrei citarle Descalzi, Starace, De Vincenti: persone che ho conosciuto poco prima di sceglierle...". Secco.

Fine del match. Sull'immigrazione De Bortoli gli riconosce il merito di "aver agito meglio di altri paesi". Sulle tasse "continueranno a scendere ma non mi sbilancio sul come perché non ho i numeri chiari", dice Renzi. Il rientro dei capitali con una "voluntary disclosure 2 è un'ipotesi molto concreta", aggiunge. E sui meccanismi di flessibilità per chi vuole andare in pensione prima "stiamo studiando il cosiddetto 'Ape', anche se detto a Vespa può sembrare una battuta". Risate in studio.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/05/12/renzi-de-bortoli_n_9927128.html
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« Risposta #140 inserito:: Maggio 13, 2016, 06:18:11 pm »

Enews 426 - martedì 10 maggio 2016
Matteo Renzi

Martedì 10 maggio 2016

1. Bellezza contro gli insulti
E dire che non fa nemmeno troppo caldo. Ma a leggere alcune dichiarazioni politiche sembra proprio che a qualcuno sia scappata la frizione.
Il Sindaco di Napoli mi insulta e minaccia con volgarità indegne di un uomo pubblico. I Cinque Stelle equiparano il PD alla mafia, cercando in tutti i modi di oscurare il proprio atteggiamento incoerente sulla vicenda del sindaco di Livorno. Berlusconi dice che con queste riforme saremo al regime, ignorando che le ha votate anche lui fino al momento dell'elezione di Mattarella. Salvini accusa il Colle e Palazzo Chigi di avere le mani sporche di sangue per gli immigrati.
Davanti a tutto questo scintillare di insulti e accuse, qual è la parola che usiamo per rispondere? Una sola. La parola è bellezza.
Vi domanderete adesso: Matteo, tutto bene? Sei sicuro che il “nemmeno troppo caldo” non faccia danno anche a te? Sto benissimo, tranquilli.
È che sono proprio convinto: davanti alla guerriglia senza frontiere, davanti alla follia delle minacce, l'unica soluzione è non inseguirli. Lasciarli divertire con la battaglia nel fango, se vogliono. E continuare a parlare di cose vere, serie, grandi.
L'Italia sta molto investendo sulla cultura, finalmente. Pompei, Brera, Uffizi, Caserta, Tremiti, Roma, Porto di Trieste, Torino, Capodimonte, San Luca a Bologna, Ventotene. Potrei continuare a lungo. Finalmente abbiamo cambiato registro: altro che “con la cultura non si mangia”. É uno dei segnali di novità più netti degli ultimi anni. Lo facciamo innanzitutto perché gli italiani tornino a essere orgogliosi della propria storia. E di conseguenza a voler bene al proprio futuro.
Ma pensiamo anche che non siano sufficienti i grandi musei o i grandi progetti.
Chi come me è cresciuto in un piccolo paese sa che ci sono migliaia di luoghi che hanno una storia identitaria per la comunità. Un cinema da riaprire, un teatro da ristrutturare, una chiesetta di campagna da salvare, un sotterraneo da riscoprire. Penso alla mia Rignano e penso alla chiesa di San Leolino che un gruppo di volontari riuscì a rimettere a posto, con l'aiuto della Diocesi. O al cinema Bruschi che invece restò chiuso nonostante i tentativi di rianimarlo. Ma da Sindaco di Firenze ho visto decine di questi luoghi in tutti i quartieri, in tutti gli spicchi di città. Portare i giovani a interessarsi, gli anziani a vivere ancora in modo attivo, le istituzioni a dialogare e fare un progetto con una cooperativa sociale o con un'associazione, con un'impresa artigianale o con la pro loco o il centro anziani significa costruire comunità, richiamare identità. Significa bellezza, insomma.
Intervenendo da Fazio ho annunciato che dedicheremo 150 milioni di euro (già pronti) a progetti dal basso che arrivano dai cittadini. E ho invitato tutti coloro che hanno suggerimenti o proposte a scrivere all'indirizzo bellezza@governo.it
Una commissione valuterà i progetti migliori e firmerò prima delle vacanze estive il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per assegnare le risorse.
È un piccolo segnale, certo. Come è piccolo il messaggio del Bonus Stradivari, una misura che abbiamo pensato sulla base di un'idea dell'onorevole Vignali: un contributo di mille euro per gli studenti dei conservatori che acquistano uno strumento musicale. 15 milioni di stanziamento, dei quali 3,5 già usati in quindici giorni. Perché la musica è cambiata davvero, in tutti i sensi...
A quelli che urlano, che insultano, che offendono, la nostra risposta è solo una: progetti concreti, idee semplici, coinvolgimento di cittadini. C'è un'Italia che insulta gli altri, che usa riferimenti alla mafia, che minaccia. E c'è un'Italia che invece dice sì. E ci prova. E giorno dopo giorno si carica la fatica e la gioia di restituire speranza e credibilità al Paese più bello del mondo.

2. Italia che dice sì
A proposito dell'Italia che dice sì. Grazie a tutti quelli tra voi che si sono già offerti di formare un comitato. Il sito attraverso cui lanciare ufficialmente i comitati sarà attivato sabato 21 maggio, insieme alla partenza dei tavolini nelle città per raccogliere le firme (obiettivo: mezzo milione di firme, diecimila comitati, autofinanziamento). Intanto stiamo raccogliendo adesioni davvero interessanti. Scrivetemi anche direttamente su matteo@governo.it: basta un sì, e ridurremo il numero dei politici, taglieremo i poteri delle regioni e gli stipendi dei consiglieri regionali, eviteremo il ping-pong parlamentare e la doppia fiducia di Camera e Senato. Basta un sì e rottameremo enti inutili come il CNEL e l'abuso della decretazione d'urgenza grazie alla previsione del voto a data certa in Parlamento. Basta un sì e l'Italia sarà più semplice, come abbiamo sempre detto tutti e come non era mai stato fatto. Adesso la palla è nelle mani dei cittadini, sarete voi a decidere. E dunque noi vogliamo la massima informazione, capillare.
A chi ha qualche minuto libero suggerisco di leggere alcuni articoli più pesanti di costituzionalisti o professori che entrano nel merito della riforma:

    il prof. Cassese sul Corriere della Sera
    il prof. Fusaro sull’Unità e gli errori di chi dice sempre no
    il prof. Bin sulla lettera dei professori del No
    il prof. Ceccanti

Da questa partita dipende come ha spiegato bene il presidente emerito Napolitano (qui intervista) il futuro del nostro Paese. Nessuno si senta escluso: abbiamo bisogno di tutti e di ciascuno.
Saranno cinque mesi di dialogo intenso con i cittadini. E alla fine vedremo chi sta con il popolo e chi nuota solo nell'acquario della politica politicante, fatta di talk, tv e autoreferenzialità.
La sovranità appartiene al Popolo. Il referendum ci dirà se la gente vuole cambiare davvero o si accontenta del solito sistema istituzionale bloccato di questi anni. Io sono in campo, ma la differenza potete farla solo voi: matteo@governo.it

3. Coraggio, Europa
Ho detto la mia sull'Europa in questo intervento a Roma, con Juncker, Schulz e Tusk coordinati dal prof. Weiler e in modo più organico e compiuto a Firenze, allo Stato dell'Unione. Ma – è bene dirlo senza troppi giri di parole – se non avete troppo tempo libero vi suggerisco di ascoltare altri due discorsi sull'Europa: quello di Obama e quello del Papa.
Ciò che sta avvenendo in Austria dovrebbe farci riflettere. Se la politica cede alla paura, chi fabbrica mostri diventa invincibile. E per essere vincente, fabbrica sempre più mostri. Finisce che i cittadini inseguono i fantasmi delle proprie paure. E chiudono la porta alla speranza, al coraggio, al futuro. Si illudono di chiudere i pericoli fuori dalle porte, ignorando che chi costruisce un muro pensa di farlo per sentirsi al sicuro ma si sta soltanto imprigionando.
Coraggio, Europa. Sei nata inseguendo un ideale, non alimentando una minaccia.
Noi, italiani, faremo di tutto perché l'Europa torni se stessa.
Pensierino della sera
Campo sportivo di Cerbaia, comune di San Casciano, domenica mattina. Uno dei miei figli gioca nel torneino di fine stagione: in campo Lanciotto, Fucecchio, Lastrigiana, Affrico.
Insieme a qualche decina di genitori assonnati parliamo del più e del meno. Immancabili i selfie, normale qualche borbottio a bassa voce, coloriti i commenti come sempre nelle tribune fiorentine.
Poi a un certo punto mi si avvicina una signora, di quasi 90 anni. È residente in questa piccola frazione nel cuore della provincia di Firenze ma è marchigiana. Viene da una storia difficile, ha avuto un grave lutto. Mi parla della figlia che ha perso. Mi parla della pensione minima con cui fatica a tirare avanti. Giustamente mi sollecita a intervenire per situazioni analoghe alla sua. Poi però mi dice: ma io ho sentito in Paese che lei era qui e sono venuta solo per abbracciarla. Perché io voglio tanto bene all'Italia. Non molli, eh!
Ho resistito alla commozione, da professionista perché non era facile.
Ma pensare che ci sono donne come questa signora che vanno avanti nonostante tutto e tutti ti dà una carica bestiale.
Le difficoltà ci sono, certo. Ma noi vogliamo tanto bene all'Italia. E allora avanti tutta. E insieme all’Italia che dice sì.
Un sorriso,
Matteo

Da - https://www.facebook.com/notes/matteo-renzi/enews-426-marted%C3%AC-10-maggio-2016/10154083803268911
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« Risposta #141 inserito:: Maggio 30, 2016, 05:54:41 pm »

Matteo Renzi all'Avvenire: "Deluso dalla minoranza. Ogni giorno cannoneggiano il quartier generale Pd"

L'Huffington Post | Di Avvenire
Pubblicato: 29/05/2016 10:25 CEST Aggiornato: 14 minuti fa

Matteo Renzi è deluso dalla minoranza interna del Partito democratico. "Sono deluso. Inutile girarci intorno" ammette in una intervista all'Avvenire dove il focus è sulla famiglia. "Avevo chiesto un minimo sforzo per le amministrative. Una tregua nella polemica. Ogni giorno invece leader anche autorevoli cannoneggiano sul quartier generale con linguaggio che non usano nemmeno le opposizioni più dure".

Difficile non scorgere in controluce una dura critica a Pierluigi Bersani che nei giorni scorsi al Fatto quotidiano aveva lanciato nuove accuse proprio al presidente del Consiglio, sostenendo che "aggiusta le cose a quei 10-15 che contano nel capitalismo".

"Non c'è stato un solo giorno senza che dalla minoranza interna non sia partito qualcuno all'attacco contro la segreteria. Ma rispondiamo con un sorriso. Al congresso vedremo chi ha la maggioranza".

Nell'intervento al quotidiano cattolico Renzi parla anche del "Migration Compact", la proposta italiana per attutire e gestire il flusso dei profughi: "O lo fa l'Europa o dovremo farlo da soli", dice il premier. "Ma sia chiaro: ancora oggi dopo questa settimana terribile i numeri degli sbarchi del 2016 sono inferiori a quelli del 2015. Quindi buon senso e sangue freddo, questo è ciò che serve in questa fase".

"Il nostro sistema di accoglienza non è al collasso. Anzi, è un modello in Europa e nel mondo. Le immagini della poliziotta che da' il biberon alla piccola Favour, la dedizione della Marina militare, della Guardia costiera, la passione dei cittadini che da Lampedusa in su si fanno in quattro per dare una mano a questi fratelli e sorelle come fa il dottor Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa, mi emozionano", aggiunge Renzi. "Ma salvarli in mare senza una strategia per l'Africa non risolve il problema. Dobbiamo davvero aiutarli a casa loro, a cominciare dagli investimenti in cooperazione internazionale".

Sulle unioni civili invece Renzi pensa che ormai sia "paradossale e soprattutto inutile" riaprire la discussione sulla legge appena approvata per le famiglie omogenitoriali. "Non credo che la legge sia una ferita alla famiglia. Riconosce i diritti ma non fa torto a nessuno, aggiunge diritti senza toglierli ad altri".

Infine chiarisce quella frase che ha pronunciato proprio in occasione del varo della legge Cirinnà: "Ho giurato sulla Costituzione, non sul Vangelo". "Sono stato criticato anche da chi mi è più vicino per quella frase. La fede è il valore più grande della mia vita. Ma quando agisco rappresentando un Paese, rispondo alla Costituzione non alla dottrina morale della Chiesa o alla gerarchia. Non lo dico in modo polemico, ma constato una realtà".

"Sappiamo che le famiglie e il ceto medio soffrono ancora: dunque nel 2017 interverremo per loro e con loro.
Quanto e come lo stiamo valutando e lo decideremo a ottobre nella legge di stabilità", dice il premier, che sul bonus bebè promesso dalla ministra Lorenzi afferma: "E' un gesto di attenzione, non una misura strutturale. Giusto farlo, ma non è la risposta. La crisi demografica non si risolve con misure fiscali. Ma le misure fiscali che comunque faremo devono mettere al centro con più decisione la famiglia. Lo abbiamo detto e lo faremo. Come abbiamo mantenuto le altre promesse, dagli 80 euro fino all'Imu".

Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/05/29/renzi-avvenire-minoranza_n_10191618.html?utm_hp_ref=italy
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« Risposta #142 inserito:: Giugno 16, 2016, 12:35:31 pm »

Renzi: Sogno un’Italia che abbia i valori che il Terzo settore esprime

Di Riccardo Bonacina
14 giugno 2016

Dialogo con Renzi sulla Riforma del Terzo settore e su come la nuova legge potrà contribuire al cambiamento del Paese. «Vogliamo che l’Italia assomigli al Terzo Settore, che abbia dei valori, che si svegli la mattina con positività, che non si rassegni al cinismo e alla paura, alla preoccupazione dell’altro»

Venerdì 10 giugno, a Lucca, il premier Renzi è voluto tornare a confrontarsi con una affollatissima platea di volontari a cui due anni fa aveva annunciato la Riforma del Terzo settore.

Qui la trascrizione integrale dell’intervista a Matteo Renzi in occasione dell’incontro organizzato dal Centro Nazionale del Volontariato e introdotto da Edo Patriarca.

Io credo che l’Italia abbia un futuro se riscopre i suoi valori. Che non vuol dire rinchiudersi sulla difensiva, che non vuol dire giocare con il catenaccio, ma vuol dire avere la consapevolezza che se ci sono 4,5 milioni di volontari in Italia, questo è una ricchezza che vale di più di un punto percentuale di crescita del Pil.

La prima domanda è anche un po’ personale perché riguarda la tua storia e la tua persona. Io ho scritto che questa riforma realizza almeno tre sogni del Terzo Settore italiano: il primo sogno è avere, come dice sempre Luigi Bobba, un pavimento civilistico, cioè a tutt’oggi questo mondo nel Codice civile italiano non è riconosciuto, il Codice Rocco, un codice del 1942 che non è che amasse tantissimo le formazioni sociali… Anzi fare un’associazione, una fondazione oggi è più complicato che fare un’impresa. Anche per questo delle trecentomila istituzioni non profit censite dall’Istat, duecentomila hanno scelto di essere non riconosciute. “No grazie non ne voglio sapere di forme riconosciute preferiamo la cosa più light possibile”. Allora dare un pavimento civilistico è un grande sogno, una grande battaglia, una battaglia che era in corso da più di ventina d’anni: cambiare il titolo I del libro II del Codice civile. È poi importantissima la semplificazione della legislazione, è importante un riordino fiscale: tutto questo l’abbiamo chiesto per anni. Il secondo sogno è l’impresa sociale, anche per la cooperazione sociale che oggi è la forma dell’impresa sociale: che possa avere questa sfida di fare di più, di crescere, di conquistare terreno nell’economia di questo Paese e quindi allargare il terreno dell’economia sociale. La terza grande sfida è quella del servizio civile universale. A me però ha colpito che quando sei sbarcato in Giappone per il G7 il 26 maggio ha aperto la conferenza stampa dicendo “so che a voi giornalisti la cosa non vi appassiona più di tanto però io oggi voglio dirvi che sono emozionato e commosso perché durante il viaggio hanno approvato in via definitiva la legge riforma del Terzo Settore impresa sociale e servizio civile”. Quindi anche per te in qualche modo questa Riforma che poco spazio ha sui media è la realizzazione di un sogno...

Matteo Renzi: Effettivamente i giornalisti poi non erano particolarmente emozionati perché della frase “Sono emozionato e commosso dell’approvazione della legge riforma Terzo Settore” non vi è stata traccia il giorno dopo sui giornali. La vedo così, lo dico a Riccardo, lo dico ad Edo e lo dico a tutti voi. Per me l’approvazione della legge delega sul Terzo Settore non risolve i veri nodi che sono al centro, perché, lo avete spiegato molto bene, nella tua domanda e nella tua introduzione, la partita si gioca adesso, paradossalmente. È un segnale di grande impatto, di grande forza, ci permette di giocare una partita diversa ma, la partita, inizia ora.

Allora perché io ho detto che sono emozionato e commosso? Per due elementi: il primo è di natura personale e il secondo è di natura politica. Permettetemi di essere molto franco dal punto di vista personale. Al netto del piacere di essere qui e rivedersi a Lucca dopo due anni e quindi poter dire missione compiuta, io tutte le volte che vado al G7 o al G20 mi faccio sempre la domanda: “Ma tu qui che ci stai a fare?”. Alla fine io sono comunque un boy scout di Rignano e al di là di tutte le discussioni che vengono fatte, le polemiche, le riflessioni sulle le lobby, questa è casa mia, se posso dire, questa è la mia tribù, vengo da qui. Sono protempore affidato al Governo del Paese, ma il punto centrale è che io considero questa casa mia. Perché quando leggevo Vita e pensavo agli obiettivi del millennio e alla lotta contro la povertà non avrei mai immaginato che al G7 ci sarei andato io a sostenere quelle battaglie a nome dell’Italia. L’elemento dell’emozione e della commozione è esattamente questo: casualmente, del tutto casualmente, proprio la partecipazione al G7 che era fissata in contemporanea all’approvazione della legge è arrivata contestuale. Mi è come scorso un film davanti, le prime discussioni che abbiamo fatto… Riccardo ti ricordi che le abbiamo fatte a Milano nella sede del tuo giornale? C’è qualche amico che non c’è più e probabilmente Francone (ndr. Franco Bomprezzi) dall’alto in modo burbero magari ci giudica e ci guarda. Abbiamo discusso a lungo con molti e molti di voi e poi alla fine questa cosa è arrivata. Allora l’elemento personale è che per me la politica è una cosa molto seria, molto bella, io sono per ridurre i politici lo dico sempre ma non per ridurre la politica. Per me la politica è davvero, come diceva san Tommaso e poi un altro, che spero venga fatto santo, che si chiamava Giorgio La Pira, la forma più alta di carità organizzata. E proprio per questo l’idea che simbolicamente nel momento in cui andavo a rappresentare l’Italia al tavolo dei grandi potessi arrivare con una promessa mantenuta al mondo, dal quale anch’io provengo, era un elemento di grande emozione personale.

Vi è però un elemento politico che è più importante di questo perché, parliamoci cinicamente, questo primo intervento rientra nella categoria del “chi se ne frega” dal punto di vista delle persone. Si ok. Siamo contenti per te che eri contento ma andiamo alla sostanza. Permettimi Riccardo due minuti di un racconto di quella che io ritengo la realtà dell’Italia dei prossimi anni. Due anni fa quando siamo arrivati qui, noi ci siamo presi l’impegno di fare la legge sul Terzo Settore ma io credo che molti di voi ci guardassero con lo sguardo perplesso e torvo perché avevamo fatto un elenco di promesse impressionanti. Io sono uscito dal Quirinale e ho detto “entro il mese di marzo presenteremo la proposta di riforma sulla legge elettorale. Entro il mese di maggio – o forse era il contrario marzo maggio – la proposta di riforma sul mercato del lavoro e sulla pubblica amministrazione. Entro il mese di giugno la riforma della giustizia. In campo mettiamo poi anche la riforma costituzionale”.

La stragrande maggioranza delle persone che guardava quella conferenza stampa probabilmente avrà pensato di trovarsi di fronte a un pazzo scatenato. Come potevamo mettere in fila quelle proposte di riforma che da anni, decenni, il parlamento non riusciva ad attuare? Attenzione io non sto cercando qui la captatio benevolentiae. Fortunatamente a Lucca non si vota quindi non siamo in fase di discussione elettorale. Però possiamo dire, in tutta onestà, è accaduta una cosa: queste riforme sono state realizzate e questo ci permette di togliere dal tavolo gli argomenti che hanno fatto grande o piccola la discussione politica degli ultimi 20 anni. Cosa voglio dirti Riccardo, abbiamo sparecchiato il tavolo dai problemi del passato. Risolvendoli, secondo noi; affrontandoli in modo negativo secondo gli altri. Ma il dato vero è che l’Italia può finalmente cominciare il futuro.

E che cosa c’entra il Terzo Settore? Questo è il punto di visione che io vorrei lascarvi e affidare alla vostra discussione più che alla mia. I l punto centrale qual è? Io la vedo così: nei prossimi 20 anni avverrà un cambiamento epocale superiore a quello che internet ha prodotto negli ultimi 20 anni. La globalizzazione l’interconnessione, l’innovazione spinta, cambieranno faccia al modo di fare economia, impresa. La fabbrica 4.0, i robot e l’intelligenza artificiale. In Giappone non soltanto ci hanno portato nella macchina senza autista; ma ci hanno portato a vedere i modelli organizzativi futuri, ci hanno fatto discutere sui modelli in cui una parte di giapponesi inizia a pensare alle proprie badanti fatte da robot che è una cosa che se noi ci raccontiamo facciamo anche fatica ad immaginare. Non ultimo il fatto nella loro cultura l’intelligenza artificiale e la robotica sono considerate in modo diverso rispetto alla nostra cultura: lì sono già un dato di fatto, una realtà. Cosa voglio dirvi? Io credo che l’Italia abbia un futuro se riscopre i suoi valori. Che non vuol dire rinchiudersi sulla difensiva, che non vuol dire giocare con il catenaccio, ma vuol dire avere la consapevolezza che se ci sono 4,5 milioni di volontari in Italia, questo è una ricchezza che vale di più di un punto percentuale di crescita del Pil.

C’è un tessuto di associazionismo che rende forte la coesione e il senso di comunità. Questo aiuta di più un sindaco o un ministro a governare i territori e se vogliamo affrontare davvero la questione delle periferie, delle periferia delle nostre città, ma anche talvolta della periferia della nostra vita quotidiana lo puoi fare non con uno sguardo securitario e liberticida.

O con uno sguardo educativo e culturale allo stesso tempo. E finisco. Se mi dicessero “qual è la cosa più importante che ha fatto l’Italia in questi ultimi due anni?”. Qualcuno potrebbe dire niente. Qualcuno potrebbe dire la riforma costituzionale. Che è chiaramente la riforma più importante perché dà o non dà governabilità ed elimina gli inciuci. Qualcuno potrebbe dire il Jobs Act, qualcuno potrebbe dire la riforma del Terzo Settore. Qualcuno la legge sull’autismo, la legge sui diritti civili, che vede opinioni diverse ancora. La legge sul Dopo di noi che dovrà essere approvata tra pochi giorni perché è un altro impegno importante. Queste leggi vanno avanti. Ma se dovessi dire la mia, io direi che la cosa più importante è stata la nostra posizione sulla nostra battaglia europea dove ad un certo punto dopo gli attentati di Parigi e Bruxelles son partiti tutti ad urlare “blindiamo le frontiere! Chiudiamoli fuori!”. Soltanto l’Italia ha alzato il ditino e ha chiesto “scusate ma questi pericolosi killer e terroristi dove sono nati?” Perché tu puoi anche costruire i muri ma poi finisce come dice Calvino “chi costruisce un muro rimane intrappolato”. Il problema vero è che queste donne e uomini che hanno portato il terrore in Europa sono nati nelle periferie di Parigi, di Bruxelles, il boia dell’Isis, Jihad John, ucciso dagli americani a novembre, era un ragazzo nato e cresciuto nelle scuole inglese. È dentro la nostra periferia, è la periferia europea che si è smarrito il senso di comunità. È lì che si è perso il senso della relazione, che si è totalmente dimenticato il senso del noi. Allora la proposta italiana più importante di questi due anni, prima ancora delle riforme fatte, - e sapete che io alle riforme tengo molto , non fosse altro perché hanno dato quella flessibilità economica che ci consente di abbassare le tasse - la riforma più importante caro Riccardo è stato dire “un euro in sicurezza per un euro in cultura”. Un euro messo nella polizia di periferia e un euro messo per riaprire una scuola, per riaprire un centro culturale. Vuoi mettere le telecamere? Servono e sono fondamentali le telecamere come pure i lampioni. Ma accanto alle telecamere e ai lampioni dai anche un aiuto a riaprire un teatro; a fare una sperimentazione cinematografica con i nuovi mezzi tecnologici, questo crea cultura di comunità. Se questo è vero – ho davvero chiuso – la riforma del Terzo Settore non è il contentino dato ai volontari perché già che eravamo a fare tutte le altre riforme giù giù abbiamo voluto fare anche questa. La legge sul Terzo Settore, con tutte le difficoltà della delega che dovrà essere approfondita, in modo rapido ed efficiente, dice che noi vogliamo che l’Italia assomigli al Terzo Settore, che abbia dei valori, che si svegli la mattina con positività, che non si rassegni al cinismo e alla paura, alla preoccupazione dell’altro, che sappia gustare la bellezza del confronto e del dialogo e che sappia anche essere giustamente critica e capace di stimolare e di spronare la classe politica e la classe dirigente. Noi vogliamo un’Italia che non consideri il Terzo Settore come quella roba lì, che serve ai volontari per passare un po’ di tempo. Vogliamo un’Italia che sappia ripensare se stessa contribuendo a ripensare l’Europa su quel modello. Ecco perché l’emozione e la commozione, c’è un elemento personale, non lo nego, ma c’è anche caro Riccardo una visione, una strategia. Io spero che alla fine anche quelli che sono ostili e hanno tutti i diritti di essere ostili, riconoscano che questa azione di governo porta con sé la visione di essere insieme. Nei primi due anni noi abbiamo dovuto mettere a posto le cose del passato, ma le cose del passato non bastano. Da qui ai prossimi 20 anni i nostri figli vivranno in un mondo totalmente diverso da quello in cui stiamo vivendo noi: totalmente diverso. Cosa resta? Restano i valori, resta il senso del noi, resta il senso di comunità, resta il senso di coesione, resta chi ha il coraggio di costruire legami e non di costruire muri questo è il motivo per cui io credo profondamente nella legge del terzo settore.

Grazie per aver ricordato oggi Franco Bomprezzi. Tu continui a parlare di sfida culturale. Anche due anni fa, il 12 aprile proprio qui, quando sorprendendoci lanciasti l’idea di Riforma del Terzo Settore lanciasti anche una sfida dicendo: “ma voi siete pronti ad essere motore della sfida educativa e culturale che questo Paese ha di fronte nei prossimi anni?”. Patriarca oggi dice forse il Terzo Settore è abbastanza pronto. Ma la macchina pubblica, l’amministrazione, lo Stato sarà pronto per mettere in atto una riforma che libera energie, che semplifica i cambiamenti che abbiamo di fronte come Terzo Settore? Le sfide le ha di fronte anche la macchina pubblica e le sue articolazioni territoriali…

Matteo Renzi: Non so rispondere a questa domanda. Lo dico con molta franchezza. Non so. Quello che è cruciale è che la pubblica amministrazione cambi.

Fatemelo dire, magari tra di voi ci sono donne ed uomini che lavorano nella pubblica amministrazione. Io ho incontrato una qualità in molti servitori dello Stato che è straordinaria. Quindi l’idea riduttiva e banale, quella di dire che nel pubblico non ci sono professionalità di livello non è vera. È profondamente sbagliata ed ingiusta questa idea. Ci sono straordinarie donne e uomini che lavorano servendo la cosa pubblica e servendo lo Stato. C’è piuttosto un modello organizzativo e burocratico del Paese che tende a bloccare tutto. Questo è il problema. Si tende a dare delle garanzie di non commettere errori più che a far rischiare il cambiamento.

La legge sul Terzo Settore è un grande incoraggiamento perché il Terzo Settore prenda grande consapevolezza di quello che è ma anche consapevolezza di quello che dovrà essere. Di che ruolo dovrà giocare ce lo siamo detti due anni fa e ce lo ripetiamo oggi. Noi dobbiamo modificare l’approccio, una parte di questo approccio lo modifichiamo in modo semplice con le norme. Il 15 giugno c’è una serie di norme che vanno in votazione e al governo in fase di ultima lettura sui decreti legislativi della legge sulla pubblica amministrazione.

Una, alla quale io tengo molto si chiama SCIA (segnalazione certificata di inizio attività). Sostanzialmente è la possibilità di ridurre i procedimenti di via libera quando qualcuno ha da fare qualcosa. Stiamo cambiando la conferenza dei servizi, chi di voi conosce la conferenza dei servizi si rende conto che modificare le regole di gioco della conferenza dei servizi è una priorità assoluta. Stiamo cercando di modificare la struttura interna, stiamo lavorando sulla scuola, sulla formazione, dobbiamo dire che chi lavora nel pubblico non deve aver paura di essere valutato perché ci sono quelli più bravi e meno bravi e contemporaneamente dire che ci sono dei servitori dello Stato che sono straordinari e anche qualcuno che fa il furbo e quel qualcuno che fa il furbo nel pubblico deve sapere che noi lo mandiamo a casa. Perché se tu vai, timbri il cartellino e poi te ne vai a fare la spesa, non stai semplicemente rubando lo stipendio, stai rubando la speranza e il futuro innanzitutto a quelli che lavorano con te. Allora a fronte di queste misure che noi prendiamo, c’è però un nodo da sciogliere e il nodo da sciogliere è la consapevolezza dell’Italia come Paese. E se vogliamo stare in equilibrio dobbiamo correre. È questo il senso profondo dell’invito al cambiamento che noi stiamo facendo, il Paese non lo cambia chi urla e contesa. Il paese non lo cambia chi urla e chi fischia. Lo cambia chi rischia, chi si mette in gioco chi fa delle proposte, chi ha delle idee. Lo cambia chi la mattina sapendo che può sbagliare però ci prova. E in questo senso la cultura del fallimento va recuperata. Noi siamo stati un Paese che per anni se uno falliva non poteva neanche più votare. In America se un ragazzino prova a creare una start-up e fallisce, il giorno dopo, la società di venture capital gli dà più volentieri i soldi.

Perché dall’errore, dal fallimento, ha imparato qualcosa. Allora questa è anche la storia di questi due anni Riccardo. Io avrei voluto tornare già nel 2015 qui con la legge e non ci siamo riusciti. Non ce l’abbiamo fatta nemmeno il per festival del volontariato nel 2016. Ci abbiamo messo un anno in più. Però ci abbiamo provato, però c’erano 896 ragazzi che facevano servizio civile ed oggi, invece, sono 35mila e saranno almeno 42mila quest’anno. È l’idea del passo dopo passo del provare a mettersi in gioco, del cambiare un pezzettino alla volta. Certo chi dice che va tutto male può sempre giocarsi la carta dello scontento. Ma lo scontento porta alla rassegnazione. Io sto girando l’Italia azienda per azienda: sono stato alla Sofidel qualche ora fa, sarò domani nelle aziende in provincia di Caserta e poi in quelle di Reggio Emilia, perché voglio raccontare agli italiani e ai media che mi seguono che c’è un sacco di gente che la mattina, pur lamentandosi, le cose le manda avanti. E sono spesso fatte da realtà, da innovatori e anche da lavoratori e lavoratrici che ci credono, che sono innamorati dell’Italia e della possibilità che ha l’Italia di cambiare.

Allora rispetto alla domanda “sei sicuro che la pubblica amministrazione sarà in grado di cogliere tutto il valore del cambiamento della riforma del Terzo Settore?” Non lo so. Non lo so. Sono sicuro che se voi farete quello che volete fare e che potete fare questa riforma produrrà degli effetti non nell’arco di due mesi. Ma sprigionerà il suo effetto nell’arco di 20 anni.

Esattamente quegli anni in cui l’Italia sarà ad un bivio – e finisco su questo - c’è chi pensa che l’Italia non abbia futuro. Sono i teorici del declino, sono i teorici del va tutto male, qualcuno mi ha detto sono i teorici di Gino Bartali. No. Perché Gino Bartali diceva è tutto sbagliato, è tutto da rifare ma quando Gino Bartali diceva questo, poi prendeva la bicicletta, inseriva nella canna della bici i documenti falsi per andare a salvare gli ebrei e si faceva Firenze e Assisi, fra i frati e quel grande uomo che era il Cardinale della Costa, e dicendogli è tutto sbagliato, è tutto da rifare, portava il suo pezzettino, il suo contributo. Bartali non era rassegnato. Ecco la filosofia secondo me deve essere questa. Dare una speranza a chi ci prova. E nella pubblica amministrazione dare un’opportunità a chi vuole fare meglio di prima. Noi avremo un processo di digitalizzazione che cambierà totalmente il sistema della pubblica amministrazione. I nostri telefonini diventeranno il terminale degli uffici della pubblica amministrazione. Potrete pagare le tasse con il telefonino. Certo, come diceva Woody Allen “sempre tasse sono”.

Il meccanismo di cambiamento porterà ad avere un approccio totalmente diverso. Ma se il terzo settore spiega quello che vuol fare e dispiega la propria forza, la pubblica amministrazione sarà costretta a seguirvi, sarà costretta a fare meglio di voi. Quando la gente vede che qualcuno sta facendo qualcosa, partono e cercano di fare meglio ed è questa la cosa che ha fatto grande l’Italia nei secoli e che farà dell’Italia non il Paese del declino ma il paese che nel grande fenomeno della globalizzazione potrà giocare un ruolo straordinario.

Il mondo chiede qualità e bellezza. Quindi chiede Italia. E l’Italia è anche e soprattutto i valori che il Terzo Settore esprime. Quindi la risposta è: non lo so. Però ho cercato di articolartela in modo meno dubbioso di un semplice non lo so.

    La legge sul Terzo Settore è un grande incoraggiamento perché il Terzo Settore prenda grande consapevolezza di quello che è ma anche consapevolezza di quello che dovrà essere

Guardando avanti c’è la partita dei decreti attuativi. Un secondo tempo importante quanto il primo che si è chiuso il 25 maggio. I decreti che io spero veloci e coraggiosi. Ma c’è un tema importante, è quello delle risorse necessarie affinché possa sprigionarsi tutto ciò che c’è di buono nella legge delega; per esempio mi soffermo sul servizio civile che è un tema importantissimo, sono già previsti nel 2017 190 milioni - che è già un gran passo avanti rispetto a qualche anno fa e anche a due anni fa. Ma se quest’anno si vuole sfondare la quota dei 50mila occorrerebbe qualcosa in più, magari facendo un bando straordinario su migrazioni, su periferie, inoltre l’anno prossimo sono i 60 anni dell’Unione europea. Anche sul servizio civile europeo l’Italia potrebbe lanciare una proposta a livello europeo in un ruolo di leadership…

Matteo Renzi: Non prendo impegni su soldi e date stavolta. Non perché abbia paura. Vi dico la verità io sono in una fase in cui ho deciso di darmi una moratoria delle promesse. Tutte le volte che prendo un impegno è un modo per costringere poi il governo ad arrivare a raggiungere l’obiettivo. E devo dire che fino a questo momento è andata bene. Nel senso che abbiamo preso l’impegno degli 80 euro ed è andato, Imu e tasi e prima casa è andato, legge elettorale, il jobs act, non vi faccio l’elenco. La legge sul Terzo settore, il servizio civile, le cose che ci siamo detti. Sono andato da Fazio a dare un numero sul servizio civile e immediatamente dopo Bobba è passato all’incasso della ragioneria generale dello Stato la mattina dopo. Domenica sera alla 20.00 la trasmissione, e Bobba era fuori gli uffici della ragioneria generale dello Stato alle otto della mattina.

Qual è il punto? Tutte le volte che c’è un impegno, anziché dire “bello che il Governo si impegni su un obiettivo”, viene immediatamente visto come promessa elettorale, e siccome in Italia si vota sempre…

Sostanzialmente io la vedo così: vi racconto qual è la visione da qui al 2018 senza prendere impegni sui soldi ma raccontandovi il film. Noi abbiamo un passaggio chiave che è quello del referendum costituzionale. Lì per me si gioca la partita tra un sistema di governabilità e un sistema di ingovernabilità. Poi c’è tutto l’aspetto della riduzione dei costi della politica, le questioni che più appassionano l’opinione pubblica generale.

Partendo dal presupposto che la cosa vada, che cosa accade negli ultimi due anni e mezzo di legislatura? Abbiamo un appuntamento cruciale che è quello del 25 marzo 2017. A Roma si riuniranno i 28 paesi dell’Unione europea per rilanciare il percorso dell’Unione europea.

Ne ho parlato l’altro giorno con la Merkel ed Hollande. Comunque vada il referendum su Brexit, l’appuntamento chiave per il rilancio dell’Unione europea sarà a Roma nel marzo del 2017.

La tua considerazione sul servizio civile europeo e sui valori da portare in Europa è molto azzeccata e puntuale. Quello sarà un appuntamento importante. Poi ci sarà l’appuntamento del G7 e ci saranno più appuntamenti sul G7 con vari temi. Il G7 a livello di capo di governo sarà alla fine di maggio, solo che vogliamo farlo in una cornice che dia attenzione e all’attualità. Lì recupereremo la proposta di un euro in cultura un euro in sicurezza come la proposta fondamentale da fare ai grandi Paesi.

Educazione pubblica e privata per l’ Africa per esempio. Coinvolgere le migliori realtà del mondo educativo. Ma quell’appuntamento sarà un grande appuntamento. In quell’anno si tratterà di costruire una prospettiva, una piattaforma sui singoli temi della legge delega che sia in grado di far tornare l’Italia orgogliosa del proprio ruolo educativo e culturale e in qualche modo anche del proprio valore di capitale umano e di coesione umana.

Finisco proprio su questo: noi siamo in un luogo straordinario. Lucca è una delle città più belle d’Italia. Quante città abbiamo in Italia che tengono insieme aspetti culturali, realtà del volontariato, l’educazione, imprese sociali, quanti di questi luoghi in Italia possono aiutarci costruire un luogo diverso. Quanti di questi valori possono essere la risposta a questo mondo di paura dove vanno ad alzare i muri al confine dell’est europeo gli stessi che noi abbiamo salvato dall’isolamento nel momento in cui è venuta giù la guerra fredda. Quanta bellezza possiamo tirar fuori? La conclusione del mio ragionamento è la seguente: cari italiani e care italiane che con gli stivali date una mano durante le emergenze di protezione civile, che con la vostra tenerezza andate incontro ai ragazzini in difficoltà nelle periferie, che entrate nei carceri minorili - di cui noi siamo fieri perché abbiamo la recidiva più basse d’Europa, ma la recidiva per noi è ancora troppo alta- , che andate incontro agli altri nelle occasioni di disagio, di difficoltà. Cara italiani e care italiane che credete in questo mondo, dateci una mano a far passare i nostri valori non come residuali ma come centrali in questo Paese. Quando io vado al Consiglio europeo e li guardo diritto negli occhi e dico loro “io posso perdere un punto nei sondaggi, un punto di consenso. Ma se c’è una donna che sta affogando, se c’è un bambino che sta affogando, un uomo che sta affogando. Non me ne frega niente delle vostre paure, noi italiani siamo quelli che andiamo e cerchiamo di salvarli. Noi italiani siamo quelli che ci mettiamo la faccia e tutto il resto e cerchiamo di dargli una mano”. Poi facciamo in Migration Compact, poi cerchiamo di aiutarli a casa loro e creare le condizioni di lavoro sulla cooperazione internazionale, indecorosamente tagliata e finalmente restituita a una minima speranza con la legge approvata in questa legislatura. Ma care italiani e italiane che fate volontario smettiamola di credere ad un’Italia come al paese in cui le cose non vanno mai bene. Abbiamo un sacco di problemi, vogliamo affrontarli, ma questo è un Paese che ha dei straordinari valori educativi, culturali e associativi. E questi valori fanno dell’Italia un punto di riferimento nell’Italia e nel mondo. Non per merito del governo ma per merito degli italiani, anche di quelli che non se ne accorgono, che magari fanno volontariato a livello personale e non si rendono conto che quell’azione di volontariato sta cambiando la percezione dell’Italia in Europa e nel mondo. Grazie buon lavoro a tutti.

    Abbiamo un sacco di problemi, vogliamo affrontarli, ma questo è un Paese che ha dei straordinari valori educativi, culturali e associativi. E questi valori fanno dell’Italia un punto di riferimento nell’Italia e nel mondo. Non per merito del governo ma per merito degli italiani, anche di quelli che non se ne accorgono, che magari fanno volontariato a livello personale e non si rendono conto che quell’azione di volontariato sta cambiando la percezione dell’Italia in Europa e nel mondo

Da - http://www.vita.it/it/interview/2016/06/14/renzi-sogno-unitalia-che-abbia-i-valori-che-il-terzo-settore-esprime/61/
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« Risposta #143 inserito:: Giugno 26, 2016, 11:49:37 am »

Brexit. Matteo Renzi cerca la rimonta: risorse per tagliare le tasse (e vincere il referendum a ottobre)

Pubblicato: 25/06/2016 21:15 CEST Aggiornato: 25/06/2016 21:15 CEST

La crisi è anche un’opportunità, dicono gli ottimisti. Ed è ciò che si ripete Matteo Renzi, alle prese con i delicatissimi vertici europei del post-Brexit. Sabato sera all’Eliseo da Francois Hollande. Lunedì, insieme al presidente francese, a Berlino da Angela Merkel: un inedito vertice a tre, che in altri tempi - nemmeno troppo lontani -sarebbe stato un classico vertice a due franco-tedesco. E’ già questa la prima opportunità che il capo di governo italiano si ritrova tra le mani pur nella sciagura dell’Europa post-Brexit. Ma Renzi ne cerca altre di opportunità, per risollevare non solo l’Unione ma anche se stesso, dopo la batosta delle amministrative. Stavola vuole certezze sulle risorse che servono per tagliare le tasse (Irpef) nella prossima legge di stabilità. Ora o mai più: gli serve anche per risollevare la campagna per il sì al referendum di ottobre.

Dopo la vittoria della Brexit, è chiaro al premier che c’è anche l’Europa nella lista degli ingredienti amari che gli rendono difficile la vittoria al referendum costituzionale. E dunque basta con le dilazioni europee sui temi della flessibilità. E’ per questo che, dall’alba di ieri, quando il mondo si è svegliato con la scioccante vittoria degli euroscettici britannici, il premier ha tenuto contatti con tutti ma filo diretto con Pier Carlo Padoan. Anche oggi il ministro dell’Economia era a Palazzo Chigi per un vertice con Renzi, prima della partenza del premier per Parigi. E c’era anche il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, uno dei più ascoltati dal premier, ex ambasciatore in Europa che gli ha riferito dei commenti del mondo degli industriali italiani sulla Brexit, le preoccupazioni. Il vertice di oggi pomeriggio è servito insomma ad analizzare i diversi scenari di quanto ancora può accadere ora che Londra ha deciso di divorziare dall’Europa.

In collegamento telefonico con il summit di Palazzo Chigi, anche il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, fresco dell’incontro con i suoi omologhi dei paesi fondatori dell’Europa. Un incontro che tra l’altro era stato programmato già dal 20 maggio quando i ministri degli Esteri di Italia, Francia, Olanda, Belgio e Lussemburgo si sono visti a Bruxelles dopo una prima iniziativa insieme a febbraio. Si ricerca un nucleo di ripartenza per l’Europa, si parla di “cerchi concentrici” per rilanciare l’Unione con alcuni che guidano, altri che seguono, a seconda “dei diversi livelli di ambizione tra gli Stati membri in tema di integrazione europea”, recita la nota finale. Idee embrionali, da definire. La parola d’ordine però è che il governo britannico “dia efficacia” alla Brexit “al più presto possibile” per non sprecare tempo nella definizione dei nuovi accordi. Se ne parlerà anche al Consiglio europeo di martedì, dove il premier britannico si fermerà giusto il tempo necessario per informare i colleghi dell’esito del referendum e poi andrà via: primo vertice a 27.

Ma al di là delle pratiche da sbrigare con Londra, cruciale resta il vertice a tre di lunedì a Berlino. Un vero e proprio nuovo “direttorio” della Ue, scrive il quotidiano tedesco Faz. Una nuova tolda di comando europeo che Merkel ha deciso di impostare a tre: non più sola con Hollande ma anche con Renzi. Presente il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk ma non il presidente della Commissione Jean Claude Juncker che infatti è offeso (“Non sarà un trio a salvare l’Europa”). Il punto è che, ora che l’Ue è sull’orlo del precipizio, riprendono l’iniziativa gli Stati nazionali. Alcuni Stati nazionali. Con l’Italia al posto della Gran Bretagna tra gli interessi strategici di Bruxelles, un’Europa che guarda più verso il Mediterraneo che verso nord, per tornare alla Faz, perché sono i flussi di immigrazione dal Mediterraneo a mettere in crisi la stabilità dell’Unione.

Per Renzi è una grande opportunità. Obiettivo: tirare fuori la legge di stabilità 2016 dalla strettoia nella quale si è già infilata, soffocata dalle minacce dei falchi europei dell’austerity. Ora più che mai c’è bisogno di certezze su una svolta delle politiche economiche verso una maggiore flessibilità per investimenti pubblici e per tagliare le tasse. Il pallino fisso del premier resta di riuscire a tagliare l’Irpef già per il 2017. E’ per questo che già stasera è a Parigi dal socialista Hollande, per riprendere il filo del discorso anti-rigore iniziato al vertice straordinario del Pse nella capitale francese a marzo scorso.

Invece con Merkel, Renzi punta a ottenere garanzie sull’emergenza immigrazione. Martedì e mercoledì il consiglio europeo dovrebbe dare una risposta sui finanziamenti al migration compact italiano, il piano per l’emergenza in Africa. E anche su questo Roma non accetta dilazioni: è l’ultima chiamata per tenere in piedi l’Europa. “L’Italia può svolgere anche un ottimo ruolo di interconnessione tra Parigi e Berlino – spiega una fonte della Farnesina – con la Francia ci intendiamo sulla flessibilità dei conti pubblici, con la Germania invece abbiamo un dialogo sull’immigrazione”.

Roma conta di sfruttare la triangolazione con Hollande e Merkel per ottenere il più possibile. Serve per fermare l’avanzata del M5s in Italia e gli euroscettici nel resto d’Europa, è il ragionamento che Renzi fa ai suoi. Il compito non è semplice però. L’anno prossimo ci sono le elezioni in Germania e anche in Francia. I tre a Berlino dovranno trovare un accordo sulla flessibilità dei conti senza mettere in difficoltà Merkel, assediata dai falchi dell’austerity sul fronte interno. E un’intesa sull’immigrazione senza che Hollande ne paghi le conseguenze in patria, dove sempre più forte è l’offensiva della ultradestra di Marine Le Pen. “Siamo nella cruna di un ago”, sintetizza una fonte italiana a Bruxelles. E chissà se nella cruna c’è spazio per crisi e opportunità insieme.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/06/25/brexit-matteo-renzi_n_10673034.html?utm_hp_ref=italy
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« Risposta #144 inserito:: Luglio 01, 2016, 05:33:32 pm »

Più crescita e innovazione, sicurezza e migration compact: così può svegliarsi l’Europa

 Di Matteo Renzi*
Domenica 26 Giugno 2016

Caro Direttore,

la più grande sconfitta degli ultimi anni – il no al referendum britannico – può diventare l’occasione più interessante per il rilancio del disegno europeo. Suona come un paradosso, lo so. Ma è la realtà. «Europa, svegliati», titola Il Sole 24 Ore il suo editoriale di ieri. Ci siamo svegliati male, venerdì mattina. Tutti. I primi messaggini che ricevevo, non da addetti ai lavori, avevano lo stesso tenore: che impressione! Impressione, emozione, sentimento. Non un calcolo razionale sui problemi dei mercati o sulle questioni giuridiche di questa separazione: che impressione! Perché dopo aver aperto le porte a tanti Paesi, dai sei fondatori dei Trattati di Roma del 1957, per la prima volta qualcuno se ne va. E se quel qualcuno è il Regno Unito lo shock è ancora più forte.

Proviamo a svegliarci, allora. A svegliarci meglio di venerdì.

L’Europa è la nostra casa. La casa in cui viviamo, ma anche la casa che lasceremo ai nostri figli. La casa che non è solo un luogo fisico ma – come tutte le case – un mix di emozioni e sentimenti che non si possono spiegare con le parole. Questa casa ha bisogno urgente di essere rinfrescata, ristrutturata, rimessa a posto.

L’Italia lo dice da qualche anno. Lo dice sull’immigrazione, sulla crescita, sull’innovazione, sulla sicurezza interna. Su alcuni punti abbiamo registrato oggettivi passi in avanti. Ma adesso è tempo di muoverci con ancora più determinazione. La sconfitta britannica lo permette e per certi versi, addirittura, lo impone.

L’Europa ci ha regalato settant’anni di pace che questo territorio – nella storia – non aveva mai conosciuto. È una comunità di oltre 400 milioni di persone, tra le più innovative del mondo. È un punto di riferimento per la sua cultura, per i suoi valori, per i suoi ideali. L’Europa c’è. Non è finita giovedì nel voto di qualche quartiere inglese devastato dalla crisi della manifattura e dalla mancanza di speranza nel futuro. L’Europa non è finita, c’è. Va solo liberata dal risentimento, dalle procedure, dalle miopie. Deve riprendersi la propria identità.

Le politiche di austerity hanno cancellato l’orizzonte. Hanno trasformato il futuro in una minaccia. Hanno spinto alla paura.

Tenere i conti in ordine è un valore. Un dovere. Qui nessuno fa il tifo per le cicale contro le formiche. Ma senza crescita non c’è lavoro. Senza investimenti non c’è domani. Senza flessibilità non c’è comunità.

L’immigrazione non può essere senza limiti, è ovvio. Ma nessun muro ci salverà dal mondo che preme fuori dal nostro perimetro. Ecco perché occorre un Migration compact finanziato con strumenti innovativi, che ci porta a investire in Africa, creando le condizioni perché da quelle terre non si parta in massa verso la nuova presunta Terra promessa.

Le regole servono, ovvio. Senza un patrimonio normativo chiaro vince l’anarchia. Ma la prima regola deve essere il buon senso: viviamo un periodo di crisi europea. Lavoriamo sul come uscirne senza cedere ai pregiudizi burocratici di chi dice quasi sempre: non si può.

La sicurezza è un problema. Stare insieme, condividere le informazioni, cooperare a livello internazionale, avere una politica unitaria di difesa non è un segnale di debolezza, ma di forza. E farlo seguendo il principio italiano per cui per ogni euro investito in sicurezza deve corrispondere un euro investito in cultura è oggi una necessità assoluta. I killer degli attentati nelle nostre città sono cresciuti nelle periferie europee, non lontano da noi.

L’Italia c’è. Verrebbe da dire, l’Italia è tornata. Le riforme di questi anni infatti – dal mercato del lavoro alle riforme istituzionali, dai diritti alle tasse – ci hanno consegnato la stabilità che non è un valore, ma la pre-condizione per poter essere competitivi. Il passaggio referendario che ci attende acquisisce un significato ancora più importante, adesso: è lo spartiacque tra un sistema solido che favorisce la governabilità e l’incertezza permanente. Come ha ricordato il presidente di Confindustria Boccia: con un no al referendum di ottobre, l’Italia torna in recessione.

Ma la vera sfida è quella di aiutare l’Europa a recuperare smalto, energia, ideali. Con questo spirito ieri a Parigi, domani a Berlino, martedì a Bruxelles dovremo portare il senso di responsabilità e il coraggio che hanno contraddistinto per anni gli italiani.

Perché alla fine dei conti svegliarsi per l’Europa significa semplicemente tornare se stessa: una terra che ha scelto la pace perché i suoi padri avevano conosciuto la guerra. Che ha investito sulla crescita perché i suoi padri avevano conosciuto la fame. Che costruisce i ponti perché sa quanto male hanno fatto i muri. E che deve riprendersi gli ideali, non solo i parametri e i vincoli.

Ci proveremo con tutta la nostra forza. Viva l’Italia, viva l’Europa.

* Presidente del Consiglio
© Riproduzione riservata

Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-06-26/piu-crescita-e-innovazione-sicurezza-e-migration-compact-cosi-puo-svegliarsi-l-europa-101930.shtml?uuid=ADXSYVj
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« Risposta #145 inserito:: Luglio 05, 2016, 12:08:34 pm »

Renzi non cambia linea e l’Italicum non si tocca. I malumori senza sbocchi della sinistra
La novità: Franceschini apre al premio di coalizione, Delrio lo stoppa
Non cambia la linea del Pd, con questa (nervosetta) riunione della Direzione del Pd. Se questo era il suo obiettivo, Matteo Renzi l’ha centrato.

E’ stata una riunione che va letta su più livelli.

Il primo è quello, ormai classico, del duro confronto fra il segretario-premier la minoranza. Con l’abituale tono garbato Gianni Cuperlo ha attaccato a fondo, “caro segretario, così porti la sinistra a una sconfitta storica”, perché “è sbagliato il racconto del Paese” che Renzi ha fatto, sottovalutando – è il leit motiv della sinistra interna – la “questione sociale”, proprio quella questione sociale che invece per Renzi è un fiore all’occhiello del suo governo (“mai si era fatto tanto”). E insomma – ha ammonito Cuperlo – il leader deve “uscire dal talent”, cioè da una raffigurazione delle cose che non corrisponde alla realtà. Sferzante replica: “Gianni, io sono fuori dal talent, da questa vostra rappresentazione macchiettistica”.

Infine, la questione del doppio incarico, per la verità abbastanza laterale in questo dibattito, con Cuperlo che vorrebbe votare il candidato a palazzo Chigi e il segretario: un ticket.

E anche Roberto Speranza ha attaccato il segretario, “tu non hai guidato il partito”, insistendo parecchio sulla preoccupazione per lo stato in cui versa il Pd e il malessere dei suoi aderenti. Speranza ha anche presentato un documento (bocciato a larga maggioranza) che sosteneva la “piena cittadinanza nel Pd anche a chi sostiene il No al referendum”.

Ma la sensazione generale è che le critiche della minoranza (priva oggi degli apporti di Bersani e D’Alema) non abbiano ancora uno sbocco chiaro, pratico: e questo forse è il suo limite.

Renzi sa che la minoranza ha difficoltà a presentare, oggi, una proposta alternativa. Ma non per questo non ha esitato a criticare “l’attacco al quartier generale”, ammonendo sul fatto che la pratica di azzoppare il leader di turno “non funziona”. Ma soprattutto, soprattutto nella replica appassionata (alla fine si commuove pure) il premier ha rivendicato tutto il lavoro svolto dal suo governo, a partire dall’economia e dal lavoro (il Jobs act “di sinistra”), insistendo sulla necessità che il referendum passi e tornando a spiegare che in caso di fallimento il governo va a casa (“Il parlamento non è una questione mia…”).

E un “sassolino” il leader se l’è voluto togliere. Sulle banche. Ricordando che quello che si poteva fare negli anni 90 – “Ciampi ministro, Draghi Governatore” – cioè gli anni di Prodi e D’Alema non fu fatto. E oggi tocca a lui “difendere i risparmiatori”.

L’unico elemento davvero nuovo è stato introdotto da Dario Franceschini, nel quadro di un intervento di apprezzamento per il premier: la possibilità di modificare l’Italicum attraverso un premio di coalizione che terrebbe insieme forze di sinistra e di centro attorno al Pd. Un’ipotesi respinta da un altro ministro, Graziano Delrio, il cui intervento odierno segnala una chiara vicinanza al segretario.

Duro coi grillini Vincenzo De Luca, non senza la vistosa scivolata – criticata un po’ da tutti, anche da Renzi – di quel “bambolina” affibbiata alla sindaca di Roma Virginia Raggi.

Sandra Zampa cita la massima di Arturo Parisi: “Forse abbiamo perso perché ci siamo un po’ persi”, mentre Matteo Orfini e Andrea Orlando, i due leader dei Giovani turchi, sono restati dentro il perimetro delineato dalla relazione con una accentuazione del presidente del Pd sulla necessità di affrontare da vicino la questione del partito.

Da - http://www.unita.tv/opinioni/renzi-non-cambia-linea-e-litalicum-non-si-tocca-i-malumori-senza-sbocchi-della-sinistra/
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« Risposta #146 inserito:: Luglio 12, 2016, 11:58:05 am »

Renzi: “No allo spacchettamento del referendum”
Governo   
In un lungo colloquio con Beppe Severgnini in diretta sul Corriere.it, il premier ha affrontato tutti i temi più caldi legati all’attualità politica


“Non apro più bocca sul mio futuro. Non entro più sul tema dello spacchettamento e sulla legge elettorale, su cosa farò da grande. Dirò soltanto che il Referendum è su un punto specifico: tra un parlamento più semplice e che costa meno, e uno più complicato e che costa di più. E secondo me anche l’elettore M5s voterà per ridurre le poltrone”. Lo ha sottolineato il presidente del Consiglio, in un lungo colloquio con Beppe Severgnini in diretta sul Corriere.it. Il premier ha affrontato tutti i temi più caldi legati all’attualità politica, dal referendum costituzionale alla legge elettorale, dalle banche al tema dei migranti.

Data del referendum e ipotesi spacchettamento
Nove ottobre o attorno al 6 novembre. Sono queste le date ipotizzate da Renzi per il referendum costituzionale. Durante l’intervista, ha infatti precisato che la data della consultazione la stabilisce la Corte di Cassazione e ha aggiunto: “Se dovessi fare una scommessa direi a ottobre”, spiegando che “una volta che si sono presentate le firme e si sono concluse le procedure ci sono due mesi per fissare tra 50 e 70 giorni il referendum. Quindi – ha affermato – ragionevolmente ottobre. C’è chi dice il 9 ottobre e chi il 30 ottobre, anche se il 30 ottobre c’è il ponte, quindi lo escludiamo categoricamente”. Secondo Renzi dunque “se non è il 9 ottobre, a naso sarà il 6 novembre “.

Parlando poi dell’ipotesi di divisione in più quesiti, il premier si è detto scettico sull’eventualità di uno “spacchettamento” della consultazione per agevolare gli elettori e per evitare di trasformare il tutto in un voto sul capo del Pd: “Si spacchetta a Natale – ha tagliato corto Renzi -. La decisione spetta alla Corte Costituzionale, ma in ogni caso è tutto riconducibile ad un’unica domanda: se vogliamo cambiare le cose oppure no”.

Italicum
Quanto alle modifiche alla legge elettorale, il premier risponde così: “Per me ora c’è una legge che prima non c’era, e con questa legge chi arriva primo governerà il paese. Se il Parlamento è in grado di farne un’altra si accomodi. Ma è un fatto che noi siamo partiti da una legge elettorale definita dal suo ideatore Porcellum”.

Banche, l’accordo con la Ue è “a portata di mano”
“C’è stato un grande dibattito in queste settimane, a mio giudizio il problema delle banche in Europa non è la banca italiana ma la questione del credito in Europa riguarda l’approccio da seguire su alcuni grandi temi. Ciò che mi preoccupa invece – aggiunge il premier – sono i derivati di alcune grandi banche europee. Mi preoccupano di più rispetto agli incagliati delle nostre banche. E poi – aggiunge – è chiaro che in Italia le banche si devono accorpare“. Infine rassicura i risparmiatori italiani affermando come “un accordo sulle banche, compatibile con le norme attuali, sia a portata di mano”.

Migranti, non possiamo accogliere tutti
“Se scappi dalla guerra o da Boko Haram ti accolgo perchè siamo umani, ma non è possibile accogliere tutti, non è buonismo, sarebbe cattivismo dire si accolgono tutti. Non è pensabile poter accogliere tutti”. Ha affermato Renzi assicurando che i migranti “se in passato sparivano, adesso non possono più sparire perché li stiamo fotosegnalando e prendiamo le impronte a tutti, per la sicurezza. Io non credo che arrivino che i terroristi con il barcone per fare gli attentati, ma c’è un problema di sicurezza. Dobbiamo avere anche il sistema di riconoscimento facciale, a tutti, italiani e no”.

Poi, per risolvere il problema dell’immigrazione, “bisogna lavorare nel lungo periodo a investire in Africa e l’Italia su questo sta lavorando. Io sono stato il primo presidente del Consiglio che ha visitato i Paesi sotto il Sahara, è impressionante questo fatto”.

Però, ha aggiunto, “quelli che stanno qua” in attesa di sapere se hanno diritto allo status di rifugiato “non li possiamo tenere strascicati per le strade, non può andare avanti così. In modo molto rapido dobbiamo trovare un meccanismo per cui permetti loro di fare qualcosa, un servizio alla comunità, ma non possono passare il tempo ad aspettare che arrivi qualcosa perché è disumano: pone un problema a loro ma anche ai cittadini perché un cittadino non è particolarmente felice quando vede bighellonare e non ha tutti i torti. Ci stiamo lavorando con ministero dell’Interno”. Infine “alcuni si riportano a casa, per alcuni c’è il rimpatrio, all’incirca si sono stati 15 mila rimpatri” ma questo aspetto “deve essere gestito dall’Unione europea non dall’Italia”.

Innovazione, “Piacentini avrà il potere di uccidere gangli della burocrazia”
L’attuale numero due di Amazon, Diego Piacentini, prenderà servizio il 17 agosto a palazzo Chigi come responsabile della digitalizzazione dell’amministrazione italiana e secondo Renzi avrà “il potere di uccidere i gangli della burocrazia. In due anni deve portarci ad essere i più bravi di tutti nell’amministrazione digitale”. “Quanti mi hanno detto che io metto solo i miei amici nei posti di responsabilità? Ecco – risponde – Diego Piacentini non lo conoscevo. Ma in un posto di responsabilità come il capo dell’innovazione digitale ho messo il più bravo di tutti”.

Da - http://www.unita.tv/focus/renzi-no-allo-spacchettamento-del-referendum/
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« Risposta #147 inserito:: Luglio 14, 2016, 04:50:58 pm »

Per il Financial Times, “Renzi è la speranza migliore dell’Italia per crescita e riforme”

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi incontra il sindaco di Milano Giuseppe Sala a Palazzo Marino, Milano, 12 luglio 2016. ANSA/DANIELE MASCOLO   

Il quotidiano della City dedica un editoriale all’Italia, spiegando come i problemi della nostra economia derivano da errori commessi nei venti anni precedenti, mentre le riforme di questo governo stanno funzionando


L’Italia cresce poco e questo rimane il suo “problema fondamentale”. Parte da qui l’editoriale che il Financial Times dedica oggi al nostro Paese. Uno scarso rendimento della nostra economia che rischia di peggiorare a seguito del referendum sulla Brexit, come già previsto dal Fmi, ma che affonda le proprie radici nei “due decenni” precedenti – fa notare il FT – con una “prolungata cattiva allocazione delle risorse” sia umane che finanziarie, piazzate in settori poco competitivi e in aziende troppo piccole.

A fronte di un passato così burrascoso, il quotidiano della City vede invece una “buona notizia” nel fatto che le riforme avviate dal governo Renzi stanno mostrando i propri frutti, soprattutto per quanto riguarda il mercato del lavoro con il Jobs Act. Il FT condivide ora la priorità assegnata dal premier a un intervento sulle banche, per il quale l’editoriale auspica che dall’Europa arrivi una “interpretazione liberale delle regole”, nella direzione auspicata dall’Italia. Così come Bruxelles non dovrebbe preoccuparsi troppo se il debito italiano non dovesse calare troppo rapidamente: “Non è il momento di stringere i cordoni della borsa”, avverte il quotidiano londinese.

In vista della scadenza del referendum costituzionale, insomma, il Financial Times invita i partner europei dell’Italia a “mostrare pazienza” e sostenere lo sforzo di Renzi, che “rimane la migliore speranza dell’Italia per le riforme e per tornare a una crescita sostenibile”.

Da - http://www.unita.tv/focus/per-il-financial-times-renzi-e-la-speranza-migliore-dellitalia-per-crescita-e-riforme/
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« Risposta #148 inserito:: Luglio 31, 2016, 10:54:49 am »

Renzi: "Mps, non pagano i cittadini. Niente manovra-bis né aumento dell'Iva"
Intervista al presidente del Consiglio.
J'accuse su Siena: "Colpe di una parte della sinistra".
Sulla finanziaria: "Eviterò le trappole disseminate da Monti e Letta".
Migranti, l'Europa deve aiutarci

Di STEFANO CAPPELLINI
31 luglio 2016

Presidente Renzi, quattro banche italiane su cinque hanno superato gli stress test dell'Eba. Ma gli indicatori dicono che la massa di crediti deteriorati nella pancia dei nostri istituti è molto superiore alla media Ue: è la prova che l'economia italiana soffre più delle altre.
"Questo è un dato oggettivo. La nostra economia reale è quella che tra il 2009 e il 2014 in Europa ha perso più di tutti. Abbiamo avuto un crollo del pil, tre anni di recessione, la disoccupazione quasi raddoppiata. Pur tuttavia una banca italiana, Intesa, è risultata la migliore a livello europeo. Quattro su cinque vanno bene. Per la quinta, Monte dei Paschi di Siena, ci siamo mossi per dare una risposta tempestiva: la proposta di Atlante ripulisce finalmente e per sempre la questione crediti deteriorati. Insomma grazie all'intervento di Atlante c'è una soluzione di sistema, definitiva. E l'aumento di capitale, finalmente, sarà fatto su una banca totalmente ripulita dai problemi del passato. Tuttavia l'unica soluzione per archiviare definitivamente la crisi bancaria è tornare alla crescita. Dal 2015 abbiamo cambiato verso e invertito la rotta. Il segno del pil è tornato positivo, il Jobs Act ha portato 599mila posti di lavoro in più e la massa dei crediti deteriorati finalmente cala. Ecco perché insisto su investimenti, crescita e flessibiità contro la cultura dell'austerity".

Nel piano per Mps è previsto un ruolo anche per Cassa Depositi e Prestiti. Ma qual è la linea del governo: lasciare l'iniziativa al mercato o mettere in campo garanzie pubbliche?
"Quando gli altri Paesi come Gran Bretagna, Germania e Spagna hanno salvato le banche, non c'erano vincoli Ue. Li hanno messi nel 2013. E sono stati i governi che ci hanno preceduto a scartare l'ipotesi di una bad bank italiana. Per me è stato un errore, ma inutile piangere sul latte versato. Oggi ci sono dei vincoli complicati da spiegare. In soldoni: se vogliamo fare un intervento pubblico, bisogna che paghino anche i cittadini. E io non voglio che per le responsabilità dei politici del passato, e dei banchieri del passato, paghino i cittadini di oggi. Non è un fatto di consenso, è un fatto di giustizia. Paghi chi ha sbagliato, non la gente comune. Con Padoan abbiamo agito all'unisono, incoraggiando una soluzione di mercato. La BCE e il Cda del Monte dei Paschi di Siena hanno fatto poi la scelta che hanno ritenuto più solida. A me interessa proteggere il correntista e il risparmiatore. Devono sapere che in Italia c'è un governo che si occupa di loro, non delle poltrone dei consigli di amministrazione delle banche come accaduto troppo spesso in passato. Poi se le banche finalmente si ripuliscono dai deteriorati, beh, quella diventa oggettivamente la misura di crescita economica più forte perché significa recuperare credito da dare ai piccoli imprenditori, agli artigiani, alle famiglie".

La Corte dei conti solleva dubbi sul ruolo di Cdp come finanziatore di iniziative di politica economica e industriale. La Cdp è diventata il bancomat del Tesoro?
"No. Rispetto la Corte dei Conti, ma la realtà è un'altra. Cdp si sta muovendo in totale ossequio alle leggi italiane e alle regole europee. Il fatto che possa dare una mano, oggi in Atlante o domani in Ilva, è a sostegno dell'economia reale del Paese. Ed è totalmente in linea con la missione della Cassa. A ciascuno il suo: cosa fa la Cassa lo decidono i soci e le leggi, non la Corte dei Conti".

Dai casi Pop Vicenza ed Etruria, di cui era dirigente il padre del ministro Boschi, fino a Mps la sfiducia di molti cittadini verso il sistema bancario non è solo una questione di indici e test. Ci sono state responsabilità della politica e degli organi di vigilanza.
"In Italia c'erano, e ci sono ancora, troppe banche. E ancora poco credito. Noi come governo abbiamo messo le mani in una situazione difficilissima con un obiettivo chiaro: via la politica dalle banche. Via i meccanismi allucinanti delle popolari dove qualcuno faceva campagna elettorale per il rinnovo dei cda attraverso la concessione di credito. E per farlo la riforma delle popolari del gennaio 2015 segna una svolta storica in Italia. Mi piacerebbe che ci fosse più onestà intellettuale nel riconoscerlo. Nel merito delle singole banche, le storie sono diverse. Su Banca Etruria noi siamo stati di una severità esemplare arrivando al commissariamento e alle doppie sanzioni. Ma chi conosce Arezzo sa che le cause di quella vicenda hanno le radici in un passato lontano e sono ben diverse da come sono state raccontate. Su Vicenza mi sono espresso personalmente auspicando chiarezza, anche arrivando all'azione di responsabilità: e i veneti sanno perfettamente chi sono quelli - imprenditori e politici - che hanno fatto i furbi. Su Mps, non prendiamoci in giro: le responsabilità di una parte politica della sinistra, romana e senese, sono enormi. Da Banca121 in poi certe scelte sono state un suicidio, voluto da una politica impicciona e incapace sia a livello territoriale che nazionale".

Con ogni probabilità la crescita del Pil 2016 sarà sotto l'1%. Che effetti ci saranno sulla finanza pubblica? Vi serviranno 8 miliardi per scongiurare l'aumento dell'Iva e almeno altri 5 per far fronte al rallentamento o no?
"No. Da tre anni conviviamo con il rischio di manovre correttive, ma posso dire con certezza che non ce ne sarà una per il 2016. Purtroppo ci troviamo a fronteggiare questo meccanismo atroce delle clausole di salvaguardia perché i governi Letta e Monti hanno disseminato di trappole le vecchie finanziarie, ma seguiremo la linea già tenuta fin qui scongiurando un salasso da 15 miliardi, dunque l'Iva non aumenterà. E le tasse continueranno a scendere, perché andremo avanti sul taglio dell'Ires".

L'emergenza terrorismo sta scuotendo l'Europa. Qual è il rischio per l'Italia?
"L'intelligence italiana svolge un lavoro straordinario. E insieme ai servizi voglio ringraziare le forze di polizia, i magistrati, il Viminale, tutto il sistema. Nessun Paese è a rischio zero, nemmeno noi. Ma il lavoro è certosino e costante".
Le parole del Papa ("Non è una guerra di religione") hanno suscitato un vivace dibattito. Qual è la sua opinione? C'è un problema a trovare sponde e argini dall'Islam moderato?
"Io non uso la parola guerra. Rispetto chi lo fa. Dal Papa, che in queste ore a Cracovia con la Giornata Mondiale della Gioventù mi ricorda i tempi di Parigi o Tor Vergata quando anche io partecipavo a questi raduni, fino a Hollande o Merkel. Loro hanno usato la parola guerra. Io preferisco parlare di terrorismo. La sostanza, tuttavia, non cambia molto. E non cambia soprattutto la necessità che l'Islam moderato faccia sentire la sua voce, forte e chiara e senza alcun tentennamento".

Il governo italiano ha mostrato scetticismo su ipotesi di nuovi interventi militari. Ma allora come sottrarre al Califfato i territori del suo "Stato"?
"Noi siamo già impegnati a livello militare. Dall'Afghanistan all'Iraq, dai Balcani alla Somalia. La scelta del mio governo è solo quella di evitare avventure improvvisate come quella che i nostri amici francesi imposero in grande stile in Libia arrivando alla distruzione di Gheddafi ma senza un piano per il dopo. E noi siamo i primi a pagarne le conseguenze oggi. Le iniziative militari devono avere una strategia per il domani, non solo una tattica per l'oggi".

In Iraq e in Libia sono impiegate forze speciali italiane nella guerra all'Is?
"Le strutture italiane impegnate nella lotta contro Daesh sono quelle autorizzate dal Parlamento, ai sensi della vigente normativa. Non si scherza su questi temi".

Merkel ha tenuto ferma la linea dell'accoglienza ai profughi. "Sono loro le prime vittime del terrorismo". Come si regolerà l'Italia?
"Accoglienza, certo. Siamo in prima fila su questo, da sempre, e lo siamo in particolar modo sul salvataggio di vite umane. Detto questo se c'è un obiettivo che l'Europa non ha ancora centrato è la gestione continentale dei rimpatri. Vogliamo salvare tutti quelli che troviamo in mare, ma non possiamo tenerli tutti in Italia. Ancora i numeri sono gestibili, ma l'Europa deve collegare strategie di cooperazione internazionale con rimpatri, altrimenti il sistema salta".

Torniamo in Italia. Il referendum costituzionale si sta trasformando in una chiamata alle armi di una Santa Alleanza anti-renziana. Pentito di aver "personalizzato" legando l'esito del voto alle sorti del governo? Resta la domanda: cosa farà in caso di successo del no?
"Personalizzare questo referendum contro di me è il desiderio delle opposizioni, non il mio. Per questo ho già detto che il mio contributo sarà molto chiaro: parlare solo e soltanto di contenuti, tenendomi alla larga rigorosamente da tutti i temi del dopo. Questo referendum riguarda il futuro del Paese più che il mio. Se vince il sì, riduciamo il numero dei politici e le competenze delle regioni, se vince il no rimane tutto come adesso. Se vince il sì ci saranno governi più stabili e l'abolizione degli enti inutili come il Cnel, se vince il no rimane tutto come adesso. Sarà una bellissima campagna elettorale sui contenuti, non sulle paure".

La data della consultazione. L'opposizione dice: il governo ha paura e prende tempo.
"Penso che il Presidente Mattarella abbia detto parole definitive a riguardo. La data viene decisa sulla base di una precisa procedura che noi stiamo rispettando nel dettaglio, come peraltro è nostro dovere. Ottobre o novembre, cambia poco. L'importante è che i cittadini siano informati sul quesito".

Rai, dopo la polemica sui compensi, ora è già battaglia politica sulle prossime nomine per i tg. Lei aveva promesso una Rai smarcata dai partiti, ma l'impressione è che l'azienda sia impelagata nei soliti rituali.
"Io non ho messo il naso in nessuna nomina Rai e non intendo farlo adesso. Abbiamo scelto come Governo un manager qualificato come Campo dall'Orto, adesso tocca a lui e alla sua squadra. Il paradosso è che noi non mettiamo bocca nelle scelte e siamo giudicati responsabili per tutto ciò che accade. Buffo, no?".

Lei sta per partire per i Giochi di Rio. Intanto sulla candidatura di Roma 2024 pende l'imminente no del Comune a guida M5S.
"Siamo oggettivamente i più forti e abbiamo grandi chance di farcela. Adesso credo che sia meglio parlare solo di sport e fare un grande in bocca al lupo agli atleti che ci rappresenteranno in Brasile, a cominciare dalla nostra portabandiera Federica Pellegrini. Durante le Olimpiadi in passato si fermavano anche le guerre: spero più banalmente che per almeno quindici giorni si possano evitare le polemiche politiche anche su questo. E, se mi permette, vorrei per una volta toccare un tema personale".

Ovvero?
"Dopo 41 anni penso di poter conoscere a sufficienza mio padre per dire che poche cose sono più lontane dal suo codice di condotta di una bancarotta fraudolenta. Sono stato in silenzio, tuttavia, perché era giusto e doveroso rispettare il lavoro dei magistrati. Dopo due anni anche i giudici di Genova la pensano così e la cosa mi fa piacere. Nessuno ha mai fatto polemiche in questi due anni, non ha senso iniziare adesso. Mio padre adesso chiederà i risarcimenti come è legittimo che faccia, questioni sue. Il punto vero è quello di cui ho discusso ieri sera a cena con i miei figli: io so che possono farmi lezioni in tanti, su tante cose. Ma sull'onestà e sulla fedina penale non ho paura di confrontarmi con nessuno".

© Riproduzione riservata 31 luglio 2016

Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/07/31/news/intervista_renzi-145115541/?ref=HRER3-1
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« Risposta #149 inserito:: Agosto 02, 2016, 05:07:47 pm »

Renzi: "Mps, non pagano i cittadini. Niente manovra-bis né aumento dell'Iva"
Intervista al presidente del Consiglio. J'accuse su Siena: "Colpe di una parte della sinistra".
Sulla finanziaria: "Eviterò le trappole disseminate da Monti e Letta".
Migranti, l'Europa deve aiutarci

Di STEFANO CAPPELLINI
31 luglio 2016

Presidente Renzi, quattro banche italiane su cinque hanno superato gli stress test dell'Eba. Ma gli indicatori dicono che la massa di crediti deteriorati nella pancia dei nostri istituti è molto superiore alla media Ue: è la prova che l'economia italiana soffre più delle altre.
"Questo è un dato oggettivo. La nostra economia reale è quella che tra il 2009 e il 2014 in Europa ha perso più di tutti. Abbiamo avuto un crollo del pil, tre anni di recessione, la disoccupazione quasi raddoppiata. Pur tuttavia una banca italiana, Intesa, è risultata la migliore a livello europeo. Quattro su cinque vanno bene. Per la quinta, Monte dei Paschi di Siena, ci siamo mossi per dare una risposta tempestiva: la proposta di Atlante ripulisce finalmente e per sempre la questione crediti deteriorati. Insomma grazie all'intervento di Atlante c'è una soluzione di sistema, definitiva. E l'aumento di capitale, finalmente, sarà fatto su una banca totalmente ripulita dai problemi del passato. Tuttavia l'unica soluzione per archiviare definitivamente la crisi bancaria è tornare alla crescita. Dal 2015 abbiamo cambiato verso e invertito la rotta. Il segno del pil è tornato positivo, il Jobs Act ha portato 599mila posti di lavoro in più e la massa dei crediti deteriorati finalmente cala. Ecco perché insisto su investimenti, crescita e flessibiità contro la cultura dell'austerity".

Nel piano per Mps è previsto un ruolo anche per Cassa Depositi e Prestiti. Ma qual è la linea del governo: lasciare l'iniziativa al mercato o mettere in campo garanzie pubbliche?
"Quando gli altri Paesi come Gran Bretagna, Germania e Spagna hanno salvato le banche, non c'erano vincoli Ue. Li hanno messi nel 2013. E sono stati i governi che ci hanno preceduto a scartare l'ipotesi di una bad bank italiana. Per me è stato un errore, ma inutile piangere sul latte versato. Oggi ci sono dei vincoli complicati da spiegare. In soldoni: se vogliamo fare un intervento pubblico, bisogna che paghino anche i cittadini. E io non voglio che per le responsabilità dei politici del passato, e dei banchieri del passato, paghino i cittadini di oggi. Non è un fatto di consenso, è un fatto di giustizia. Paghi chi ha sbagliato, non la gente comune. Con Padoan abbiamo agito all'unisono, incoraggiando una soluzione di mercato. La BCE e il Cda del Monte dei Paschi di Siena hanno fatto poi la scelta che hanno ritenuto più solida. A me interessa proteggere il correntista e il risparmiatore. Devono sapere che in Italia c'è un governo che si occupa di loro, non delle poltrone dei consigli di amministrazione delle banche come accaduto troppo spesso in passato. Poi se le banche finalmente si ripuliscono dai deteriorati, beh, quella diventa oggettivamente la misura di crescita economica più forte perché significa recuperare credito da dare ai piccoli imprenditori, agli artigiani, alle famiglie".

La Corte dei conti solleva dubbi sul ruolo di Cdp come finanziatore di iniziative di politica economica e industriale. La Cdp è diventata il bancomat del Tesoro?
"No. Rispetto la Corte dei Conti, ma la realtà è un'altra. Cdp si sta muovendo in totale ossequio alle leggi italiane e alle regole europee. Il fatto che possa dare una mano, oggi in Atlante o domani in Ilva, è a sostegno dell'economia reale del Paese. Ed è totalmente in linea con la missione della Cassa. A ciascuno il suo: cosa fa la Cassa lo decidono i soci e le leggi, non la Corte dei Conti".

Dai casi Pop Vicenza ed Etruria, di cui era dirigente il padre del ministro Boschi, fino a Mps la sfiducia di molti cittadini verso il sistema bancario non è solo una questione di indici e test. Ci sono state responsabilità della politica e degli organi di vigilanza.
"In Italia c'erano, e ci sono ancora, troppe banche. E ancora poco credito. Noi come governo abbiamo messo le mani in una situazione difficilissima con un obiettivo chiaro: via la politica dalle banche. Via i meccanismi allucinanti delle popolari dove qualcuno faceva campagna elettorale per il rinnovo dei cda attraverso la concessione di credito. E per farlo la riforma delle popolari del gennaio 2015 segna una svolta storica in Italia. Mi piacerebbe che ci fosse più onestà intellettuale nel riconoscerlo. Nel merito delle singole banche, le storie sono diverse. Su Banca Etruria noi siamo stati di una severità esemplare arrivando al commissariamento e alle doppie sanzioni. Ma chi conosce Arezzo sa che le cause di quella vicenda hanno le radici in un passato lontano e sono ben diverse da come sono state raccontate. Su Vicenza mi sono espresso personalmente auspicando chiarezza, anche arrivando all'azione di responsabilità: e i veneti sanno perfettamente chi sono quelli - imprenditori e politici - che hanno fatto i furbi. Su Mps, non prendiamoci in giro: le responsabilità di una parte politica della sinistra, romana e senese, sono enormi. Da Banca121 in poi certe scelte sono state un suicidio, voluto da una politica impicciona e incapace sia a livello territoriale che nazionale".

Con ogni probabilità la crescita del Pil 2016 sarà sotto l'1%. Che effetti ci saranno sulla finanza pubblica? Vi serviranno 8 miliardi per scongiurare l'aumento dell'Iva e almeno altri 5 per far fronte al rallentamento o no?
"No. Da tre anni conviviamo con il rischio di manovre correttive, ma posso dire con certezza che non ce ne sarà una per il 2016. Purtroppo ci troviamo a fronteggiare questo meccanismo atroce delle clausole di salvaguardia perché i governi Letta e Monti hanno disseminato di trappole le vecchie finanziarie, ma seguiremo la linea già tenuta fin qui scongiurando un salasso da 15 miliardi, dunque l'Iva non aumenterà. E le tasse continueranno a scendere, perché andremo avanti sul taglio dell'Ires".

L'emergenza terrorismo sta scuotendo l'Europa. Qual è il rischio per l'Italia?
"L'intelligence italiana svolge un lavoro straordinario. E insieme ai servizi voglio ringraziare le forze di polizia, i magistrati, il Viminale, tutto il sistema. Nessun Paese è a rischio zero, nemmeno noi. Ma il lavoro è certosino e costante".
Le parole del Papa ("Non è una guerra di religione") hanno suscitato un vivace dibattito. Qual è la sua opinione? C'è un problema a trovare sponde e argini dall'Islam moderato?
"Io non uso la parola guerra. Rispetto chi lo fa. Dal Papa, che in queste ore a Cracovia con la Giornata Mondiale della Gioventù mi ricorda i tempi di Parigi o Tor Vergata quando anche io partecipavo a questi raduni, fino a Hollande o Merkel. Loro hanno usato la parola guerra. Io preferisco parlare di terrorismo. La sostanza, tuttavia, non cambia molto. E non cambia soprattutto la necessità che l'Islam moderato faccia sentire la sua voce, forte e chiara e senza alcun tentennamento".

Il governo italiano ha mostrato scetticismo su ipotesi di nuovi interventi militari. Ma allora come sottrarre al Califfato i territori del suo "Stato"?
"Noi siamo già impegnati a livello militare. Dall'Afghanistan all'Iraq, dai Balcani alla Somalia. La scelta del mio governo è solo quella di evitare avventure improvvisate come quella che i nostri amici francesi imposero in grande stile in Libia arrivando alla distruzione di Gheddafi ma senza un piano per il dopo. E noi siamo i primi a pagarne le conseguenze oggi. Le iniziative militari devono avere una strategia per il domani, non solo una tattica per l'oggi".

In Iraq e in Libia sono impiegate forze speciali italiane nella guerra all'Is?
"Le strutture italiane impegnate nella lotta contro Daesh sono quelle autorizzate dal Parlamento, ai sensi della vigente normativa. Non si scherza su questi temi".

Merkel ha tenuto ferma la linea dell'accoglienza ai profughi. "Sono loro le prime vittime del terrorismo". Come si regolerà l'Italia?
"Accoglienza, certo. Siamo in prima fila su questo, da sempre, e lo siamo in particolar modo sul salvataggio di vite umane. Detto questo se c'è un obiettivo che l'Europa non ha ancora centrato è la gestione continentale dei rimpatri. Vogliamo salvare tutti quelli che troviamo in mare, ma non possiamo tenerli tutti in Italia. Ancora i numeri sono gestibili, ma l'Europa deve collegare strategie di cooperazione internazionale con rimpatri, altrimenti il sistema salta".

Torniamo in Italia. Il referendum costituzionale si sta trasformando in una chiamata alle armi di una Santa Alleanza anti-renziana. Pentito di aver "personalizzato" legando l'esito del voto alle sorti del governo? Resta la domanda: cosa farà in caso di successo del no?
"Personalizzare questo referendum contro di me è il desiderio delle opposizioni, non il mio. Per questo ho già detto che il mio contributo sarà molto chiaro: parlare solo e soltanto di contenuti, tenendomi alla larga rigorosamente da tutti i temi del dopo. Questo referendum riguarda il futuro del Paese più che il mio. Se vince il sì, riduciamo il numero dei politici e le competenze delle regioni, se vince il no rimane tutto come adesso. Se vince il sì ci saranno governi più stabili e l'abolizione degli enti inutili come il Cnel, se vince il no rimane tutto come adesso. Sarà una bellissima campagna elettorale sui contenuti, non sulle paure".

La data della consultazione. L'opposizione dice: il governo ha paura e prende tempo.
"Penso che il Presidente Mattarella abbia detto parole definitive a riguardo. La data viene decisa sulla base di una precisa procedura che noi stiamo rispettando nel dettaglio, come peraltro è nostro dovere. Ottobre o novembre, cambia poco. L'importante è che i cittadini siano informati sul quesito".

Rai, dopo la polemica sui compensi, ora è già battaglia politica sulle prossime nomine per i tg. Lei aveva promesso una Rai smarcata dai partiti, ma l'impressione è che l'azienda sia impelagata nei soliti rituali.
"Io non ho messo il naso in nessuna nomina Rai e non intendo farlo adesso. Abbiamo scelto come Governo un manager qualificato come Campo dall'Orto, adesso tocca a lui e alla sua squadra. Il paradosso è che noi non mettiamo bocca nelle scelte e siamo giudicati responsabili per tutto ciò che accade. Buffo, no?".

Lei sta per partire per i Giochi di Rio. Intanto sulla candidatura di Roma 2024 pende l'imminente no del Comune a guida M5S.
"Siamo oggettivamente i più forti e abbiamo grandi chance di farcela. Adesso credo che sia meglio parlare solo di sport e fare un grande in bocca al lupo agli atleti che ci rappresenteranno in Brasile, a cominciare dalla nostra portabandiera Federica Pellegrini. Durante le Olimpiadi in passato si fermavano anche le guerre: spero più banalmente che per almeno quindici giorni si possano evitare le polemiche politiche anche su questo. E, se mi permette, vorrei per una volta toccare un tema personale".

Ovvero?
"Dopo 41 anni penso di poter conoscere a sufficienza mio padre per dire che poche cose sono più lontane dal suo codice di condotta di una bancarotta fraudolenta. Sono stato in silenzio, tuttavia, perché era giusto e doveroso rispettare il lavoro dei magistrati. Dopo due anni anche i giudici di Genova la pensano così e la cosa mi fa piacere. Nessuno ha mai fatto polemiche in questi due anni, non ha senso iniziare adesso. Mio padre adesso chiederà i risarcimenti come è legittimo che faccia, questioni sue. Il punto vero è quello di cui ho discusso ieri sera a cena con i miei figli: io so che possono farmi lezioni in tanti, su tante cose. Ma sull'onestà e sulla fedina penale non ho paura di confrontarmi con nessuno".

© Riproduzione riservata 31 luglio 2016

Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/07/31/news/intervista_renzi-145115541/?ref=HRER3-1
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