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Autore Discussione: Andreatta, l'uomo del rigore che guardava lontano. Paola Pica  (Letto 2965 volte)
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« inserito:: Dicembre 15, 2011, 06:08:03 pm »

IL 15 DICEMBRE 1999 IL PROFESSORE TRENTINO ENTRo' IN COMA, MORI' NEL 2007

Andreatta, l'uomo del rigore che guardava lontano.

Prodi e Bazoli lo ricordano alla Camera

Napolitano alla presentazione dei «Discorsi parlamentari» curati da E. Letta.

Fini: «Suonò l'allarme sullo squilibrio dei conti»

MILANO - C'è la moglie Giana seduta in prima fila accanto al figlio Filippo e sul palco dei relatori due degli amici di sempre, Romano Prodi e Giovanni Bazoli. Tocca a lei trattenere l' emozione, mentre i due professori si commuovono prendendo la parola nella sala della Lupa di Montecitorio dove, alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, viene ricordata la figura di Beniamino Andreatta. L'occasione è la pubblicazione dei «Discorsi parlamentari» dell' economista e politico trentino, «padre» dell'Ulivo colpito da un malore il 15 dicembre del 1999 nel suo banco alla Camera dei deputati e morto nel 2007 dopo un coma durato sette anni. Mai come oggi sono d'attualità il rigore finanziario e lo sguardo «lungo» sulle generazioni dell'ex ministro del Tesoro, il cattolico che seppe denunciare il malaffare nelle finanze Vaticane. A fare gli onori di casa è il presidente della Camera Gianfranco Fini, seguito al microfono da Enrico Letta, il vicepresidente del Pd che ha curato la raccolta dei «Discorsi».

Il capo dello Stato Giorgio Napolitano con Filippo Andreatta, figlio dell'economistaIl capo dello Stato Giorgio Napolitano con Filippo Andreatta, figlio dell'economista

«SIAMO TUTTI MINISTRI DEL TESORO»- «Per me Andreatta è stato tutto» dice Prodi, l'allievo prediletto, visibilmente emozionato . «Sono stato suo assistente per tantissimi anni. Ho cominciato nel 1963 e ho finito quando è finito tutto» ricorda l'ex presidente del Consiglio che proprio da Andreatta fu candidato alla guida dell'Ulivo. «Nino ha sempre avuto con noi un ruolo di guida intellettuale, che era scontato, e un ruolo di guida etica che non era scontato ma riconosciuto in modo totale senza che se ne dovesse mai discutere». «Nino - racconta Prodi - amava ripetere che "siamo tutti ministri del Tesoro", avvertendo che ogni mancato aggiustamento oggi avrebbe obbligato il Paese "a una dura recessione domani"».

«FANTASIA PER REIVENTARE SPAZI NUOVI » - Nanni (Bazoli) e Nino (Andreatta) sono amici si frequentano dai tempi dell'Università Cattolica dove entrambi sono assistenti. L'amicizia diventa indissolubile, ricorda il presidente di Intesa Sanpaolo, con la morte dell'unico fratello di Bazoli. Andreatta ne colma il vuoto, ne prende il posto. Ma le loro vite si intrecciano a più livelli, primo fra tutti il coinvolgimento di Bazoli nel Nuovo Banco Ambrosiano e il salvataggio di ciò che restava dal disastro di Calvi. Il desiderio di tornare sempre «a credere nel futuro» è una delle lezioni lasciate da Andreatta secondo Bazoli che ricorda le parole pronunciate dall'amico 32 anni fa: «È piuttosto difficile fare oggi previsioni sui mutamenti che avverranno nei prossimi anni. Dobbiamo quindi imparare a vincere le sfide internazionali anche in queste condizioni di incertezza, di precarietà, di rischio. Il nostro paese ha già dimostrato più volte nel passato di possedere grandi capacità di adattamento e di fantasia per reinventare nuovi spazi sui mercati internazionali. E sono certo che anche nei prossimi difficili anni sapremo rispondere con successo a queste nuove sfide.»

Paola Pica

14 dicembre 2011 | 20:34© RIPRODUZIONE RISERVATA

http://www.corriere.it/economia/11_dicembre_14/andreatta-presentazione-montecitorio_68a611b6-2689-11e1-97ba-d937a4e61a87.shtml
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« Risposta #1 inserito:: Dicembre 15, 2011, 06:09:14 pm »

Fu l'inventore dell'Ulivo e della candidatura di Prodi

Andreatta, uno spirito libero

Da cattolico denunciò le malefatte della finanza vaticana Tagliente nella polemica.

Etichettava come «destra gaglioffa» la coalizione guidata da Berlusconi


Sarebbe arduo, anzi, del tutto inutile, provarsi a incasellare Beniamino Andreatta facendo ricorso ai cliché del giornalismo politico di ieri e di oggi. Se non altro perché tutto si può dire di lui, tranne che fosse intellettualmente, politicamente e moralmente banale.
Fu un economista dello sviluppo, e anche un protagonista della storia dell'università italiana, da Trento ad Arcavacata che fondò, con Paolo Sylos Labini, nel 1972, nella convinzione che un campus di ispirazione anglosassone in quel di Cosenza potesse giocare un ruolo importante nello sviluppo del Mezzogiorno. Se di illusione si trattò, fu un'illusione riformista, modernizzatrice, meridionalista. Ne vide le contraddizioni, non si pentì di averla nutrita.


Fu keynesiano, ma, come scrisse Edmondo Berselli, di un keynesismo almeno in Italia singolare, fondato su una forte inclinazione sociale, certo, ma anche sull'accettazione piena del mercato e della competizione. Fu cattolico e democristiano, consigliere economico di Aldo Moro negli anni del primo centrosinistra (1963-1968), a lungo parlamentare della Dc, una quantità di volte ministro. Ma fu un cattolico e un democristiano sui generis . Pronto a difendere anche con durezza e con un filo di superbia intellettuale la Dc, e assieme a fustigarne le pratiche correntizie e clientelari; e soprattutto, da ministro del Tesoro, a resistere a tutte le pressioni e a imporre, nel 1981, lo scioglimento e la liquidazione del Banco Ambrosiano. Oggi, alla presenza del capo dello Stato, Giuliano Amato, Giovanni Bazoli, Romano Prodi e Giuliano Urbani presentano a Montecitorio i suoi discorsi parlamentari, riuniti in un volume curato da Enrico Letta: se ce n'è uno davvero storico, è di sicuro quello in cui riferì pubblicamente delle gravissime responsabilità della banca vaticana, lo Ior, e di Paul Marcinkus.


Fu uomo della sinistra dc. Ma anche, caso non frequentissimo, profondamente e irriducibilmente anticomunista. Così anticomunista da candidarsi nei primi Ottanta, ovviamente senza fortuna, a sindaco di Bologna propugnando, del tutto controcorrente, una linea di accentuata austerità. Proprio in quella campagna elettorale, se non ricordo male, diede del «nazionalsocialista» a Bettino Craxi. Si difese sostenendo che, in realtà, aveva parlato di un «socialismo nazionale», ovviamente indifendibile agli occhi di chi, come lui, già allora intuiva i primi, irresistibili segni di quella che oggi chiamiamo globalizzazione. In ogni caso, fu aspramente antisocialista, come testimonia la (all'epoca) celebre «lite delle comari» con Rino Formica. Fu, alla caduta della Prima Repubblica, ancora più fieramente antiberlusconiano, e in questo caso, non ci sono né se né ma, nella convinzione che quella del 1994 fosse «una destra gaglioffa», guidata, per un paradosso della storia secondo lui inammissibile, da un monopolista.


Aveva cercato fino all'ultimo di resistere al collasso della Dc, aveva dato una mano a Mino Martinazzoli e al (ri)nascente Partito popolare, si era imbarcato nell'avventura votata alla sconfitta del Patto Segni. Niente da fare. Cercò allora un'altra strada, non esiziale come quella intrapresa nel '94 dalla «gioiosa macchina da guerra» di Achille Occhetto e dai centristi, per battere un avversario verso il quale nutriva «un pregiudizio morale».

Fu, alla vigilia delle elezioni del 1996, l'inventore dell'Ulivo. L'amico Romano Prodi era stato tra i suoi migliori allievi, quando il keynesiano Andreatta propugnava il modello dell'«economia mista». Lo convinse, e convinse gli altri partner della coalizione antiberlusconiana, l'allora Pds in testa, che, per vincere, non c'era candidato migliore. Aveva ragione, Prodi vinse. Ma l'Ulivo non sopravvisse alla caduta del suo governo.

Fu anche, si dice, il vero padre del Partito democratico, che il 15 dicembre del 1999, quando fu colto alla Camera dal fatale malore che lo ridusse ad anni e anni di vita vegetativa, era, nel migliore dei casi, una speranza. Avrei dei dubbi e, vista la vita che vive il Pd, mi permetterei di pensare che ne avrebbe pure il professor Andreatta. Ma questo, naturalmente, è un altro discorso.

Paolo Franchi

14 dicembre 2011 | 20:28© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/cultura/11_dicembre_14/andreatta_franchi_faf20e4c-2686-11e1-97ba-d937a4e61a87.shtml
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