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Autore Discussione: Emanuele Severino: "In ogni uomo appare la verità" di ALAIN ELKANN  (Letto 2159 volte)
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« inserito:: Dicembre 31, 2008, 12:18:06 pm »

21/12/2008 (8:26) - DOMENICA CON...

Emanuele Severino: "In ogni uomo appare la verità"
 
«Non voglio tessere l’elogio della filosofia, ma è stata terribilmente utile»


ALAIN ELKANN

Professor Severino, i suoi rapporti con il Cristianesimo sono sempre un po’ complessi. Come mai?
«Complessi è la parola giusta: si dà per sottinteso che gli individui esistano e si pongano in rapporto con il mondo e le varie concezioni del mondo. Questa è una grossa tesi metafisica tutt’altro che pacifica. Implica anche che ognuno, ogni individuo abbia le proprie idee e che non ci sia nient’altro da chiedergli che se non qualcosa intorno ad esse».

In che senso?
«L’uomo, invece, è qualcosa di infinitamente più ampio e profondo di ciò che chiamiamo individuo e di ciò che ognuno crede di essere. Ma gli individui non sono la verità! Tutto ciò che pensano è fede: nel senso più ampio, che include anche la fede religiosa. Sia la fede positiva di chi crede in Cristo o in Buddha, sia la fede negativa di chi non crede. Credenti, e non credenti sono fedeli».

E il rapporto con la verità?
«Certo quel che primariamente interessa è il rapporto tra la verità e il Cristianesimo e le altre forme di fede. E la verità non è cristiana come non è nessuna altra forma di fede».

Che rapporti ha con la Chiesa?
«I rapporti individuali con la Chiesa sono sempre stati ottimi. Io come individuo non sono cristiano (importa poco), ma l’uomo è infinitamente di più di quanto il Cristianesimo pensi. C’è un pessimismo “iperbolico” che tende a diventare un ritornello: l’uomo nel mondo è finito, contingente, storico, temporale, caduco, effimero, ombra di un sogno».

Ma cosa significa che l’uomo è infinitamente di più?
«L’uomo è l’eterno apparire degli eterni, è un lampione che si accende o il rumore del vento, questi sono degli eterni, come tutto ciò che ci viene incontro sulla terra».

Però l’uomo nasce e muore.
«Ma questa non è una verità assoluta. E’ un’interpretazione profondamente radicata nel nostro animo: vediamo la nascita e l’agonia dell’uomo, ma non il suo uscire dal nulla e il suo ritornarvi. Il cielo non ci dice che ne è del sole prima dell’alba e dopo il tramonto, e il cielo corrisponde all’esperienza che abbiamo del mondo».

Quello che abbiamo appena detto è una sintesi estrema della sua filosofia?
«Sì, ma proprio perché è una sintesi non è la verità, così come non ha carattere matematico il riassunto di una dimostrazione matematica».

Ma a cosa serve la filosofia?
«A fare la rivoluzione sovietica, per esempio! A preparare quel concetto di individuo senza il quale non ci sarebbe capitalismo o democrazia. A predisporre quelli che il Cristianesimo chiama “i preamboli della fede”, senza di cui esso perderebbe significato. Serve a preparare le categorie di fondo su cui cresce l’intera storia dell’Occidente. Dire che la filosofia prepara questo vuol dire che è la forza della volontà di potenza ossia di tutto quello che l’uomo occidentale ha fatto. Con questo non sto tessendo un elogio della filosofia, ma essa è stata terribilmente utile».

Può spiegarcelo meglio?
«Sì. Va rovesciata la tesi marxiana che se finora la filosofia ha contemplato il mondo ora si tratta di cambiarlo. Rovesciamo: la filosofia ha finora cambiato il mondo, ora si tratta di capirlo».

Chi la pensa come lei, professore?
«Tutti gli esseri nel profondo del loro cuore. Che l’uomo sia infinitamente di più del suo semplice essere individuo non è il prodotto di un certo individuo, per esempio il sottoscritto. La verità appare in ogni uomo. E anche qui c’è un rovesciamento. Mentre nella psicanalisi, la dimensione razionale, sta alla superficie della coscienza e l’inconscio è costituito dalla dimensione dell’impulso e dell’irrazionale. Io sto dicendo che la superficie è la volontà di potenza, l’impulso, mentre il senso più radicale della razionalità è quell’inconscio che c’è in ognuno e che perlopiù non viene alla luce».

Tutto questo discorso apparentemente teorico ha uno sbocco nella realtà in cui viviamo?
«Sì, la civiltà della tecnica che oggi va soppiantando tutte le forze che intendono servirsi di essa (capitalismo, comunismo, cristianesimo, islam, democrazia, ecc...) è l’espressione più radicale di quella “utilità” della filosofia che ha evocato la vita umana come un uscire dal nulla e un ritornarvi. E proprio perché la tecnica è la forma più radicale di questa fede della creazione e dell’annientamento delle cose essa è destinata a diventare lo scopo delle forze a cui ho accennato che invece tentano di trattenerla alla funzione di mezzo. Il servo è destinato a diventare il padre».

Ma come giudica questo?
«E’ inevitabile che date le premesse ontologiche, filosofiche della nostra civiltà si giunga alla dominazione della tecnica. Ma è destinato a farsi avanti il tempo in cui quell’inconscio di cui parlavo prima e che accomuna tutti gli uomini, verrà alla luce portando al tramonto ciò che nel tempo presente è destinato al dominante».

Lei, infatti, parla molto di Pechino e del capitalismo nei suoi scritti.
«Sì, ne parlo da molti anni. Negli Anni Ottanta mi meravigliavo che non ci fosse ancora stato il crollo dell’Unione Sovietica. Indicavo la necessità del tramonto degli immutabili».

da lastampa.it
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