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Autore Discussione: Salwa el Neimi, "La mia cultura egiziana"  (Letto 2076 volte)
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« inserito:: Maggio 14, 2009, 04:56:54 pm »

"La mia cultura egiziana"

Cultura


"La cultura egiziana è la mia cultura, che ho conosciuto da studente e apprezzato da scrittrice". Salwa el Neimi è la poetessa e scrittrice siriana che ha sconvolto e appassionato il mondo arabo, conquistando quello occidentale con "La prova del miele" (Feltrinelli, pp. 102, euro 10). Sarà tra gli ospiti internazionali della Fiera del Libro di Torino, aperta da oggi fino a lunedì prossimo, con l'Egitto come Paese ospite d'onore. Ipocrisia, schizofrenia e scandalo, ma anche piacere e tutta la forza della vita: non manca nulla al testo di el Neimi, a metà tra trattato erotico e romanzo breve.
Redatto e pubblicato in arabo - eccezione per una scrittrice come lei che da tempo vive a Parigi - il testo rompe i tabù sessuali di quel mondo musulmano di religione e arabo nei costumi, o forse li porta solo a galla: è la vita di una donna e delle sue tante storie sessuali, della passione per un uomo che le ha aperto un universo a lei sconosciuto, fatto di erotismo e carnalità. E' la storia della letteratura erotica araba e di quanto quegli scrittori siano stati dimenticati, di come oggi sia quasi impossibile usare la parola nikah(scopata), e della forza di un'autrice che decide di riesumarla e spiegarla. Come fa del resto con l'arabo: sicura che sia la lingua del sesso, spedisce le parole dritte a quel mondo che le censura.

Che rapporto hanno secondo lei gli scrittori arabi con la loro lingua?
La cultura egiziana è fatta di scrittori indimenticabili, come Naghib Mahfuz. Che è un mio papà professionale. Mahfuz è sempre riuscito a esprimere la vitalità della lingua araba. Ma ci sono miei colleghi arabi, trapiantati in altre nazioni, che ritengono la nostra lingua morta, incapace di esprimere sentimenti. Non la usano per scrivere solo perché, in verità, non la conoscono.

Lei dice che dei tre tabù arabi - politica, religione e sesso - quest'ultimo non è veramente tale. Come la mette con la censura integralista?
Da un lato è vero che gli integralisti non hanno amato le mie modalità di espressione, dall'altro però non dimenticate che il sesso fa parte della cultura islamica. Politica e religione ci hanno regalato il tabù del sesso, ma noi possiamo rispedirlo al mittente. Per il mio libro non ho ricevuto alcuna fatwa. Anzi. A febbraio sono stata invitata a Casablanca in occasione della Fiera del libro. Era la prima volta che lasciavano così tanto spazio a una scrittrice araba. E scopro che il mio piccolo libro fa discutere, riflettere, pensare alla libertà di espressione, anche nei Paesi arabi.

Quali sono i commenti che l'hanno più colpita?
Sono felice che alcuni scrittori apprezzino i mie sforzi di emancipazione, di amore per l'arabo. C'è chi pensa invece di offendermi dicendo che il libro non è un romanzo. Ma non sa che io sono d'accordo. Ha la stessa forma degli scritti erotici arabi che mi hanno catturata nel tempo, è un racconto che vuole essere libero, pronto a parlare del mondo, senza schematismi, neanche quello della forma romanzo.
 
La Fiera di Torino quest'anno apre all'insegna della ricerca dell'Io e della conoscenza degli altri. Quali sono le malattie del sé di oggi?
L'ignoranza dell'Io porta alla discriminazione dell'altro. Che viene percepito e rappresentato come il male. E' l'ignoranza dell'Io il seme dello scontro tra civiltà. Eppure non si può parlare di globalizzazione rifiutando una società multietnica. La globalizzazione non è solo del denaro, lo sanno anche i governi come il vostro che fanno dichiarazioni di principio così lontane dalla realtà.

Il bombardamento mediatico però può disorientarci e la conoscenza del sé assottigliarsi. Come difendersi?
Sembrerà la risposta di un' impotente, ma sono convinta che solo cultura e arte ci possono salvare. Diciamo di non avere mai tempo, ma sta a noi organizzare la nostra vita. Chissà perché non possiamo preferire un libro allo shopping, o un film all'immondizia della tv. E' qui che l'"Io" è importante, non solo perché si conosce, ma perché "fa".
 
La letteratura usa diversi modi per parlare del sé. E lei?
Quando scrivo utilizzo quasi sempre la forma dell'Io. Perché preferisco scrivere di ciò che conosco. Eppure non scrivo le mie confessioni. E' solo il gioco letterario che mi stuzzica, il modo per arrivare all'altro, che spesso sono i testi di cui discuto, i personaggi che mi si avvicinano.
 
E' vero che nessuno dei suoi scritti è un'autobiografia?
Non ho mai fatto la bibliotecaria come la protagonista de La prova del miele anche se sono rimasta affascinata dai testi antichi che parlavano senza censura di sesso. Non racconto me stessa, ma le mie passioni. Io però non posso scriverla, avrei paura delle conseguenze.
 
Ha paura della censura?
Ho paura di tutto. Si scrivono le autobiografie quando si è vecchi perché nessuno si preoccupa più di noi quando siamo alla fine della carriera. E allora non c'è più nessuna paura, ma solo saggezza. Per me, oggi, è troppo presto.

da altronline.it
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