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Autore Discussione: GABRIELE FERRARIS Torino a tre stelle  (Letto 2112 volte)
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« inserito:: Giugno 03, 2008, 12:06:39 pm »

3/6/2008
 
Torino a tre stelle
 
 
   
GABRIELE FERRARIS
 
Chissà se, adesso, i profeti dell’autodenigrazione - i torinesi vecchio stampo, abbarbicati come ostriche a quell’understatement subalpino che è l’espressione più compiuta del tafazzismo - si faranno il dono prezioso di rinunciare all’indefesso scetticismo con il quale per anni si sono sforzati di sminuire la stupefacente metamorfosi di Torino da città del fordismo a città del turismo.

Probabilmente no. Chi non vede ciò che ha sotto gli occhi ogni giorno - le comitive di visitatori che sciamano per le vie del centro, le code infinite davanti ai musei, lo stupore e l’entusiasmo di chiunque arrivi per la prima volta in città scoprendone bellezze e tesori - è difficile che si lasci persuadere da tre stelle. Anche se le tre stelle stanno accanto al nome di Torino sulla più selettiva delle guide turistiche, la Michelin verde, che da quest’anno attribuisce alla città il massimo riconoscimento: tre stelle, appunto, ovvero «merita il viaggio». Capite? Merita il viaggio: come Firenze, Venezia, Roma, Pompei. Straordinario risultato, per un posto dove un tempo nessuno voleva venire, e dal quale molti speravano di scappare.

Un posto triste, che meritava il viaggio solo se di viaggio della speranza si trattava, speranza di un lavoro in fabbrica, di un avvenire meno gramo. Altro che meta di vacanze. Allora, i torinesi si stupivano persino delle due stente stelline che la Michelin concedeva a quella loro città della quale non avrebbero saputo citare neppure un monumento degno di nota; a parte la Mole, di cui però nessuno sapeva che fare, e il Museo Egizio, dove nessuno andava mai, se non in gita scolastica.

Adesso, però, i torinesi non si stupiscono più. Quasi tutti - con qualche sforzo - si sono lasciati convincere dall’entusiasmo degli amici venuti da fuori, folgorati dai fascini che la città ha saputo sciorinare. E accettano le sfide. Dopo le Olimpiadi, ci hanno preso gusto. Gusto di vincere, gusto di essere belli e invidiati. Guardano ai prossimi due obiettivi - l’Ostensione della Sindone, nel 2010, e il Centocinquantenario dell’Unità, nel 2011 - e sanno che stavolta sarà diverso. Quando Torino ospitò Italia ’61, l’arrivo dei visitatori fu una parentesi senza prima e senza dopo, un mordi e fuggi in una città di ciminiere. E l’ultima volta della Sindone, nel 2000, la nuova Torino era già lì, ma pochi lo sapevano, pochissimi se ne accorsero; i pellegrini vennero, videro - il Sacro Telo, e null’altro - e se ne andarono. Non è più così: la Torino delle tre stelle Michelin è la Torino post-olimpica, la Torino della Reggia di Venaria e del Museo del Cinema, dell’arte contemporanea, di Luci d’Artista; dei musei sempre più belli, dell’Egizio finalmente entusiasmante; la Torino del Regio, dello Stabile, di MiTo; la Torino vivace - «cool», l’hanno definita - che fa tendenza tra i giovani con la sua musica e tra i bon vivant con le seduzioni del cibo e del vino.

Per un curioso gioco del destino, l’ennesimo successo della Torino della cultura e della bellezza arriva mentre certi politici vorrebbero ripudiare questo modello di sviluppo, stretti dalle contingenti ristrettezze dei bilanci e da calcoli elettorali di breve periodo. Servono invece visioni, lungimiranze. Torino città turistica è un progetto costruito con metodo, creando strutture e manager, investendo e lavorando sodo. Ma è anche frutto di un «ambiente», di un clima favorevole: la necessità di trovare un nuovo destino di fronte a una profonda crisi industriale ha obbligato Torino a guardare ad altre vocazioni, già presenti ma fino ad allora trascurate. La Torino di oggi è nata una trentina d’anni fa, quando un’intera generazione si gettò alle spalle un passato difficile, e scelse la cultura come sogno possibile, come obiettivo perseguibile. Fu allora - quando qualcuno cominciò a pensare che la Torino fordista poteva diventare anche la Torino del Festival del cinema, la Torino della Fiera del Libro, la Torino della movida e dell’arte - che si decisero non soltanto molti destini individuali, ma anche il futuro della città. Un futuro che adesso è presente, persino per la guida Michelin.
 
da lastampa.it
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