LA-U dell'OLIVO

Forum Pubblico => ECONOMIA e POLITICA, ma con PROGETTI da Realizzare. => Discussione aperta da: Arlecchino - Luglio 20, 2020, 09:15:11 pm



Titolo: Romano PRODI e l'utopia dell'Ulivo tradita ...
Inserito da: Arlecchino - Luglio 20, 2020, 09:15:11 pm
    La storia de L'Ulivo: IL PROGRAMMA

Un programma di governo per uscire dall'incertezza

In un programma di governo non si vendono illusioni o sogni ma si propongono azioni possibili e tra loro compatibili.
In questi mesi non siamo perciò rimasti in attesa di eventi miracolosi ma abbiamo lavorato per prepararci a rinnovare l'Italia.
Attorno all'Ulivo si sono raccolte le migliori energie delle società e le grandi tradizioni politiche e culturali del nostro Paese: adesso siamo pronti per aiutare l'Italia ad essere protagonista del prossimo millennio.
Il programma dell'Ulivo non è una semplice mediazione tra le radici che ne stanno alla base: ognuno ha apportato il meglio del proprio passato per costruire una nuova comune cultura di governo.
Non è stato un cammino semplice perché il governo è il luogo in cui si deve rispondere alla complessità della società.
Siamo però arrivati a risposte realistiche e possibili che affidano a tutti noi un grande compito e una grande responsabilità, ma anche una grande speranza: la speranza di uscire dall'incertezza.
Dall'incertezza si può però uscire solo tutti assieme, con più partecipazione, con più democrazia.
Il mercato e le regole
Solo un libero mercato, con regole chiare e trasparenti, è in grado di permettere a tutti di partecipare alla vita della società.
Il mercato è il luogo della libertà, delle parità di condizioni, della massima espressione di tutti i cittadini, ma è anche un luogo di regole severe che impediscono le sopraffazioni e combattono l'illegalità.
In questo modo il mercato, guidato dalle regole, diviene il luogo di diffusione e redistribuzione del potere, impedendo la creazione di monopoli e l'abuso delle posizioni dominanti.
Il mercato che noi vogliamo chiede quindi uno stato come arbitro, uno stato che non interviene come giocatore tra gli altri ma che determina e fa rispettare le regole della concorrenza in tutti i settori.
Il ruolo che affidiamo al mercato non si esime infatti dall'osservare che solo i paesi con strutture pubbliche forti e intelligenti sono capaci di costruire e conservare un elevato livello di benessere.
Uno stato non intrusivo ma intelligente, fatto di cervello e non di muscoli, uno stato "leggero" che diventa lo stato delle regole.
Unità nazionale ed identità locali
La prima condizione per favorire il cammino verso lo stato leggero è una nuova distribuzione di responsabilità fra Stato centrale, regioni ed enti locali.
E' una rivoluzione completa che trova simbolo e concretezza nella creazione, durante la prossima legislatura, della Camera delle Regioni in sostituzione del Senato della Repubblica.
La nostra democrazia nasce infatti non da principi generali, ma dalle esperienze concrete della vita delle città e delle autonomie locali. Non si sviluppa dall'alto verso il basso, ma dal basso verso l'alto.
In Italia ogni paese, ogni città, ogni regione ha la sua identità e l'unità nazionale si arricchisce attraverso l'integrazione di queste diverse identità.
La moderna tecnologia e soprattutto la rivoluzione dell'informazione permettono oggi a ciascuna di queste separate identità di essere sempre al centro di un sistema economico che si estende non solo nell'intero Paese, ma nell'intero mondo.
Il nostro programma di governo è quello di costruire un paese in cui lo sviluppo e l'innovazione possano essere ovunque, in cui non vi sia un centro e una periferia.
Il dinamismo delle regioni un tempo periferiche come il Veneto, l'Emilia e le Marche dimostra come ciò sia possibile.
Si dovrà però sviluppare, proprio nel rispetto e nell'autonomia delle diverse regioni, una costante preoccupazione per ricucire il Sud e il Nord, attraverso collaborazioni nuove, anche di piccole dimensioni, che abbiano come protagonista le diverse realtà locali.
Le città e le periferie
Ripartire dal basso significa rendere sicure e gradevoli le nostre città soprattutto le grandi e le piccole periferie, che sono divenute il luogo di sofferenza del Paese.
In questo secondo dopoguerra l'Italia è diventata più brutta.
Per la prima volta nella sua storia, lo sviluppo urbano è strumento di oppressione e di violenza sull'uomo e sul territorio e non di bellezza e di miglioramento di vita.
Ogni nostra energia deve dirigersi a riparare questo drammatico disastro ambientale ed umano: le città, ma soprattutto le periferie, debbono ritornare vivibili, perché ristrutturate e gradevoli, con spazi e orari costruiti a misura delle famiglie, dei bambini, delle donne e degli anziani.
Le città e le periferie debbono ritornare sicure: non possono più essere il luogo della paura.
La qualità della vita dei cittadini può essere migliorata solo se, accanto alla preoccupazione per l'efficienza e la produttività del sistema, si sviluppa un impegno altrettanto profondo per la protezione e la promozione delle categorie più deboli.
Una comunità a difesa di tutti i cittadini
Il miglioramento qualitativo dello stato sociale, pur attraverso un intensificato impegno dei cittadini che di esso usufruiscono, rimane infatti, anche in un periodo di accentuata concorrenza internazionale, uno dei grandi obiettivi di uno stato moderno.
Uno "Stato sociale" compatibile chiama in gioco soggetti diversi, promuove collaborazioni fra pubblico e privato, ma conserva alla parte pubblica il ruolo di indirizzo e di controllo della garanzia del rispetto dei diritti sociali dei cittadini e degli obiettivi di equità.
Uno Stato che difenda il diritto di tutti ad iniziare con pari opportunità la corsa, è l'unica forma di Stato che di permetterà di creare le condizioni per appianare le disparità tra uomo e donna, per avviare a soluzione i gravi problemi occupazionali e produttivi del Mezzogiorno.
Le risorse umane per il domani
Non possiamo però entrare nel nuovo secolo con le risorse umane di oggi. Queste semplicemente non bastano.
Allora bisogna rifare la scuola che è la fonte e l'origine di ogni ricchezza.
Rifarla allungando l'obbligo scolastico, modificando i programmi, creando nuovi indirizzi per le nuove professioni, aprendola alla società civile, rendendola più autonoma, affidando nuove responsabilità agli insegnanti ed agli studenti, realizzando una completa autonomia universitaria, portando l'insegnamento e la ricerca al centro di ogni nostra attenzione.
La scuola è lo strumento per la costruzione del nostro domani ed è il modo con cui offriamo davvero a tutti l'opportunità di partecipare alla gara della vita.
Solo con la scuola possiamo trasmettere il senso del futuro che abbiamo perduto in questi anni, nei quali è contato solo il presente e si è perso la gioia e la responsabilità di progettare.
Progettare il futuro
Progettare il futuro significa anche assumerci la responsabilità di garantire le reti connettive di questo futuro. Non solo trasporti e telecomunicazioni, ma anche acqua e internet: le reti vecchie e le reti nuove che sostengono la vita e l'economia e uniscono fra di loro gli italiani e li mettono in collegamento con il mondo.
Noi vogliamo governare l'Italia con un disegno ambizioso e coerente, semplificando lo stato e trasformandolo senza forti promesse che non possiamo mantenere almeno fino al nostro ingresso in Europa. Non sono infetti possibili crolli del peso fiscale, se non per la parte che ci obblighiamo con durezza e immediatezza a togliere all'evasione.
Il futuro è in Europa
Noi vogliamo governare il paese per cinque anni e riportarlo nel cuore dell'Europa. La nostra proposta è di profonda impronta europea.
Lo è nell'ispirazione di fondo: vogliamo senza esitazioni guidare il Paese - uno dei sei fondatori della Comunità - verso le nuove mete dell'Europa: non solo l'Unione Economica e Monetaria ma, soprattutto, l'Europa politica.
Lo è nella parte economico e sociale, che si lega direttamente alla migliore tradizione del nostro continente che, nella gestione della finanza pubblica e del Welfare State, si sforza in ogni momento di conciliare rigore, efficienza ed equità.
Non solo per creare una società più giusta, ma anche una società più ricca.
Risanare il bilancio per ricostruire il Paese
Trasmettere il senso del futuro significa anche affrontare il problema del debito pubblico, problema che va ben al di là degli aspetti puramente economici.
Quando un Paese vive sotto una montagna di debiti più alta della stessa ricchezza che esso produce, tutto è a rischio.
E' a rischio l'equità fra le generazioni, è a rischio la distribuzione del reddito, è a rischio la possibilità di investimenti, è a rischio la crescita economica ed è a rischio l'occupazione.
La società italiana, di fronte ad un programma coerente e realistico, è disposta a capire che il sentiero di risanamento è una via obbligata a condizione che si indichi il punto d'arrivo, che la gente intravveda una nuova primavera.
La risposta politica dell'Ulivo
La società italiana non è più disposta a credere alla demagogia incoerente della destra, ai venditori ambulanti di prosperità.
Per raggiungere questi obiettivi non solo dobbiamo ricostruire l'autorità delle istituzioni, ma anche l'autorevolezza delle competenze, tanto umiliate nella vita pubblica italiana.
Nel governo del Paese questa autorevolezza deve essere riconosciuta solo a chi ha dimostrato le capacità necessarie.
Una grande discussione popolare
In questi mesi abbiamo mobilitato le migliori competenze presenti nella nostra società: quelle competenze che, finora, un sistema politico chiuso aveva lasciato ai margini.
Siamo rimasti perfino sorpresi dalla quantità e dalla qualità dei contributi intellettuali che sono stati offerti al programma dell'Ulivo e che utilizzeremo in modo molto più vasto di quello che non è contenuto nelle tesi che oggi presentiamo.
Queste tesi saranno discusse ed approfondite da centinaia di migliaia di italiani.
E' il modo migliore e più profondo per riprendere a fare politica e per aiutare a fare emergere una nuova classe dirigente per questa difficile fase del Paese.
Vi saranno riunioni a livello di comune e di collegio per gli approfondimenti dei contenuti delle tesi e riunioni a livello provinciale che culmineranno con l'elezione dei delegati che, nella Convenzione nazionale, approveranno definitivamente il programma sul quale avvieremo il nostro confronto con le diverse espressioni della società civile.
Arricchito dall'apporto di tanti voci, il programma sarà infine portato in una forma rinnovata di fronte al giudizio di tutti gli elettori ma, soprattutto, costituirà la base per cinque anni di governo del Paese.

Romano Prodi