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Autore Discussione: Paolo Franchi. La scommessa  (Letto 2046 volte)
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« inserito:: Agosto 27, 2010, 09:09:31 pm »

La scommessa

Niente di particolarmente sorprendente. Umberto Bossi è un politico molto realista anche quando alza i toni oltre misura senza rifuggire nemmeno dal turpiloquio.
Di volta in volta cerca, come dice lui, la quadra. E, in genere, la trova. Specie se l’interlocutore non vuole o non può nemmeno prendere in considerazione la possibilità di una rottura.

È andata così, e in fondo non poteva andare diversamente, anche nel vertice con Silvio Berlusconi che, a volerne prendere per buono l’esito ufficiale, si è chiuso con una doppia rinuncia. Bossi desiste dal pretendere un giorno sì e l’altro pure elezioni anticipate in tempi rapidissimi, il presidente del Consiglio dal tentativo di imbarcare nella maggioranza l’Udc per colmare i vuoti eventualmente aperti dai finiani: e amici come prima, anzi, più di prima. Non è dato sapere, però, se e quali garanzie Pdl e Lega si siano reciprocamente scambiate, né se sia stata messa a punto una qualche strategia per mettere insieme una maggioranza in grado di sostenere con un minimo di efficacia il programma dell'esecutivo, processo breve compreso: anzi, è lecito, e persino doveroso, nutrire in materia molto più che qualche generico dubbio. Le sorti di governo e legislatura restano incerte oggi proprio come lo erano qualche giorno fa, quando Bossi, ragionevolmente convinto di essere l’unico ad avere tutto da guadagnare (almeno in termini di percentuali elettorali) in caso di voto anticipato, sembrava non voler sentire ragioni in proposito, e il Pdl, che altrettanto comprensibilmente questa certezza non la nutre, lanciava segnali di fumo a Pier Ferdinando Casini.

Dunque, può darsi pure che domani, o dopodomani, si ricominci daccapo, accavallando appelli al libero dispiegarsi della volontà del popolo sovrano e più prosaici accenni di campagne acquisti in questa o quella direzione: non sarebbe un bel vedere, si capisce, ma nessuno può essere certo che le cose non vadano così. Esponendosi al pesante rischio di essere smentiti rapidamente dai fatti, però, forse è il caso di provarsi a prendere in parola i protagonisti di un summit che pure, con ogni probabilità, non è destinato a passare alla storia.

Sarebbe ingeneroso sostenere già adesso che sulle rive del Lago Maggiore, proprio come in ogni vertice che alla vigilia si voleva risolutivo, non è successo nulla, e si è fatto, nel migliore dei casi, soltanto un po’ di teatrino politico. Abbiamo alle spalle settimane di tragicomica parodia della fase terminale della Prima Repubblica, in cui non ci siamo fatti (o non ci hanno fatto) mancare niente, dagli appelli a una pronta ricostituzione del Cln fino alle esortazioni a Berlusconi perché sostituisca nella maggioranza e nel governo un alleato decisivo quanto ingombrante come la Lega con un’estemporanea compagnia neocentrista estesa dai finiani ai «delusi dal Pd».

Cicalecci estivi destinati a lasciare il tempo che trovano, certo, ma altrettanto certamente rivelatori di una distanza ormai abissale, e sempre più pericolosa, tra il senso comune degli italiani, i loro guai, le loro aspettative e la politica. Non è successo niente che autorizzi a pensare di esserceli lasciati alle spalle. Ma, dopo tante giornate che ci hanno consegnato qualcosa di più della sensazione di star vivendo malamente l’ultimo atto di un bipolarismo nato male e cresciuto peggio, ieri, un po’ per passione e molto per necessità, sulla loro (discutibile quanto si vuole) concezione del bipolarismo Berlusconi e Bossi per lo meno hanno voluto, o dovuto, scommettere. Non è molto, ma, se non si trattasse solo della scommessa di un giorno, potrebbe essere già qualcosa. Per quel che resta del centrodestra, e non solo.

Paolo Franchi

26 agosto 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/editoriali/10_agosto_26/franchi-la-sommessa_e9425bc8-b0d2-11df-9462-00144f02aabe.shtml
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