LA-U dell'OLIVO
Maggio 15, 2024, 02:14:29 pm *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
  Home Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
  Visualizza messaggi
Pagine: 1 ... 285 286 [287] 288 289 ... 529
4291  Forum Pubblico / MONDO DEL LAVORO, CAPITALISMO, SOCIALISMO, LIBERISMO. / STEFANO LEPRI. L’onda lunga del debito mai corretto inserito:: Ottobre 28, 2017, 05:25:07 pm
L’onda lunga del debito mai corretto

Pubblicato il 26/10/2017

Stefano Lepri

Si annuncia una campagna elettorale ignara del peso immenso del debito pubblico. Dato che l’età media dei cittadini cresce, l’argomento preferito da tutti i partiti sono le pensioni. Dei giovani si parla poco, benché i dati mostrino che a soffrire di più negli ultimi anni sono stati soprattutto loro.

Già il buon senso fa apparire bizzarro che ieri la Corte Costituzionale si sia di nuovo espressa sull’adeguamento delle pensioni al costo della vita, sia pure per giudicare corretta la formula a scaglioni reintrodotta dal governo Renzi due anni fa.

Quando tutto un Paese diventa più povero (il potere d’acquisto per persona era nel 2016 del 10% inferiore al 2007) è difficile evitare che anche i pensionati, un quarto abbondante degli italiani, perdano qualcosa. Così pure sembra ragionevole che, con la durata della vita che si allunga, si vada a riposo un pochino più tardi.

Non sia mai. Si convertono anche politici ieri fautori dell’austerità. Il Pd comincia a smarcarsi dal governo. Circola l’affermazione falsa che in Italia si debba lavorare più a lungo che in tutti gli altri Paesi d’Europa. È vero invece che c’è un ampio divario tra l’età legale, prossima ai 67 anni, e quella effettiva media, negli ultimi dati disponibili attorno ai 62 per entrambi i sessi.

Questo comporta casomai un problema di uguaglianza tra cittadini. Trattamenti speciali, esenzioni, provvedimenti ad hoc, normative transitorie consentono ai più di lasciare in anticipo. Coloro che sono costretti ad attendere l’età legale senza scappatoie sono una minoranza di sfavoriti.

Un paradosso è che gli uomini andavano in pensione più tardi di oggi (tra i 63 e i 64) negli Anni 70, quando la loro vita durava in media una decina di anni in meno rispetto a quanto possono sperare i loro coetanei attuali. Per giunta, c’erano in proporzione molti più giovani a versare contributi.

Dato che la spesa previdenziale ammonta a un terzo del bilancio dello Stato, ciò che si decide sulle pensioni influenza moltissimo la sostenibilità del nostro debito pubblico. Va ripetuto che le colpe del debito le hanno i governi passati - 1981-92 e 2000-2004 i periodi peggiori - ma necessariamente chiunque guidi il Paese oggi ha margini di manovra limitati.

Un allentamento delle regole pensionistiche ha costi contenuti all’inizio, rapidamente crescenti nel tempo. Farebbe calare la fiducia nei titoli di Stato italiani proprio quando la Banca centrale europea annuncia - oggi pomeriggio - che ne ridurrà gli acquisti a partire dal gennaio 2018, con la conseguenza di un aumento dei tassi.

Certe promesse erano già ardue da sostenere nei tre anni di costo del debito ultra-basso finora garantiti al Tesoro dalle scelte di Mario Draghi. D’ora in poi divengono incaute. Inoltre nei momenti in cui l’economia va bene, come ora, occorre metter da parte risorse per i momenti brutti (una delle ipotesi correnti è che gli Usa vadano in recessione entro 1-2 anni).

Licenza Creative Commons
Alcuni diritti riservati.

Da - http://www.lastampa.it/2017/10/26/cultura/opinioni/editoriali/londa-lunga-del-debito-mai-corretto-n5QUZJ61wKtK3IFfnLHM5O/pagina.html
4292  Forum Pubblico / BUONA IMPRENDITORIA / Rummo starebbe per raggiunge un accordo di ristrutturazione del debito... inserito:: Ottobre 28, 2017, 05:23:31 pm
Pasta Rummo, in dirittura d’arrivo l’accordo con le banche sulla ristrutturazione del debito

    26 ottobre 2017 Emanuele Scarci Senza categoria

Rummo starebbe per raggiunge un accordo di ristrutturazione del debito con le banche e interrompere la procedura del concordato preventivo in continuità. L’accordo tra le parti prevede il pagamento integrale del debito bancario e non il 47% come nel piano concordatario: 80 milioni (su un totale di 98,8 milioni). Tuttavia il piano di ristrutturazione specifica che il rimborso avverrà con un allungamento dei tempi rispetto alla proposta concordataria e con tassi ridotti.

Nei documenti depositati da Rummo è scritto che “… le trattative da tempo intercorrenti sono approdate alla cristallizzazione di significative convergenze, tali da presupporre l’auspicato sollecito perfezionamento dell’accordo di ristrutturazione dei debiti societari… che l’accordo “in fieri” verrebbe a prevedere il soddisfacimento integrale della creditoria delle banche aderenti…”. Più avanti la società specifica di “rinunziare alla procedura di concordato preventivo…”.

Tutto deciso dunque? «L’intesa con le banche è raggiunto – annuncia Antonio Rummo, rappresentante della famiglie – ora attendiamo che il tribunale fallimentare lo ratifichi. Purtroppo i tempi sono stati più lunghi del previsto perchè l’interfaccia bancaria è macchinosa, burocratica e ha bisogno di tempo per decidere».

Rimborso a tappe
La società di Ponte San Valentino ha raggiunto un accordo di ristrutturazione del debito con gli istituti bancari (rappresentano l’80% dei creditori concordatari) che prevede il rimborso di una parte del debito, pari a 64,7 milioni, mediante un piano di ammortamento decennale; un rimborso “a bullet” (interessi e capitale in un unico pagamento) al termine del piano di 13,2 milioni; il rimborso a saldo e a stralcio di due milioni (pari alla metà dell’esposizione complessiva) nel corso del 2018 alle banche non aderenti all’accordo.

L’alluvione 
All’origine della vicenda c’è l’evento del 15 ottobre 2015: lo stabilimento Rummo di Benevento fu investito dall’esondazione del Sannio, con la paralisi dell’azienda. I danni furono quantificati in una quarantina di milioni, di cui 19 riconosciuti dalla compagnia di assicurazione. L’azienda esternalizzò temporaneamente la produzione e lo stabilimento fu riavviato in soli 5 mesi: oggi la capacità produttiva è salita al 70%, circa 70mila tonnellate di pasta l’anno. L’alluvione fece precipitare una situazione non facile: nel 2014 il Pastificio Rummo aveva debiti verso banche per 50 milioni. Poi saliti a 81,5 nel 2016; verso fornitori per 8,2, fisco ed enti previdenziali per 2,7 e crediti da lavoro per due. La proposta di concordato prometteva il soddisfacimento dei creditori per 55 milioni nell’arco di 5 anni.

La ripresa
In due anni Rummo ha fatto passi da gigante: nel 2016 dichiara di aver raggiunto con il brand Rummo una crescita di fatturato del 58%, con ricavi complessivi per 64 milioni (85 nel 2014). In dettaglio, il piano concordatario prevede di arrivare a 67 milioni di ricavi nel 2017 e 80 nel 2022, puntando soprattutto sullo sviluppo di Lenta Lavorazione, sul gluten free e, per il resto, sulle private label, compreso Sainsbury’s.

Dopo la firma dell’accordo, le banche riapriranno i rubinetti? «I flussi di cassa ci consentono di andare avanti autonomamente – risponde Rummo – ma con il normalizzarsi della situazione si ristabiliranno i normali rapporti azienda-banche».

Da - http://emanuelescarci.blog.ilsole24ore.com/2017/10/26/pasta-rummo-accordo-con-le-banche-sulla-ristrutturazione-del-debito/
4293  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / ALDO CAZZULLO. Il coraggio di parlare di fine vita inserito:: Ottobre 28, 2017, 05:22:21 pm
GIOVEDÌ 26 OTTOBRE 2017

Il coraggio di parlare di fine vita

  Risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,
il 12 ottobre ho avuto modo di seguire il programma Piazzapulita e in particolare un dibattito poco pluralista sul tema dell’eutanasia. Si è preso spunto da alcuni casi di suicidio assistito in Svizzera per sollecitare l’approvazione della legge sul testamento biologico che secondo alcuni esponenti radicali, presenti in trasmissione, dovrebbe essere il primo passo verso una legalizzazione vera e propria dell’eutanasia. L’onorevole Lupi, esponente contrario all’eutanasia, ha ribadito, da laico, la sua contrarietà alla pretesa che lo Stato si faccia esecutore delle volontà omicide dei suoi cittadini. In certi momenti si aveva l’impressione di assistere ad una commedia dove i principali attori erano i soliti integralisti radicali supportati dalle lacrime dei loro sostenitori. Non poteva mancare il solito sondaggio che confermava l’approvazione dell’eutanasia dalla maggioranza degli italiani.
Simone Hegart

Caro Simone,
Io invece trovo che Corrado Formigli, il conduttore di Piazzapulita, abbia fatto bene ad affrontare un argomento di solito rimosso, e a dare voce a pensieri diversi. L’eutanasia non è all’ordine del giorno in Italia. In Parlamento però giace (e probabilmente non sarà approvata) una legge che dovrebbe rendere più semplice porre fine non a qualsiasi vita, ma a vite mutili e dolorose, senza costringere i parenti a ricorrere alla magistratura (o appunto ad andare in Svizzera). Quando posi la questione a Umberto Veronesi, mi rispose che nessun malato terminale gli aveva mai chiesto di morire; tutti gli avevano sempre chiesto di guarire. Ma cosa accade quando una persona non è più responsabile di se stessa? Quando la scienza non è in grado di guarire, però consente di tenere in vita, senza limiti di tempo ma anche senza speranza? Certo, il tema del fine vita è divisivo. Ma questa non è una buona ragione per non parlarne e non decidere. Al contrario, è il momento di affrontare una grande discussione, aperta, libera, rispettosa delle opinioni altrui, e soprattutto non inconcludente.
Si sente obiettare che in Parlamento non c’è una maggioranza solida, né ci sarà dopo le prossime elezioni. Ma una questione così complessa deve essere disciplinata da un accordo vasto, che possa reggere alle alternanze, anziché essere disfatto o capovolto al primo cambio politico. Possiamo pure decidere di non parlarne; ma è una questione cui purtroppo non possiamo sottrarci.

Da - http://www.corriere.it/lodicoalcorriere/index/26-10-2017/index.shtml
4294  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / ALDO CAZZULLO. Venezia come Barcellona? Serve riforma federalista inserito:: Ottobre 28, 2017, 05:21:30 pm
MERCOLEDÌ 25 OTTOBRE 2017

Venezia come Barcellona?
Serve riforma federalista

  Risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,
D’accordo per l’autonomia del Veneto, ma non dimentichiamo che è stato lo Stato a intervenire per il salvataggio delle nostre banche...
Federico Sensini, Venezia
In Veneto può finire come in Catalogna?
Franco Marchi, Torino

Cari lettori,
In effetti anche in Catalogna cominciò con l’autonomia, e si è arrivati alla secessione. In Veneto gli indipendentisti esistono, ma la maggioranza — tra cui Zaia — per ora chiede un Veneto autonomo dentro un’Italia unita. Ma cosa accadrebbe se lo Stato rispondesse no alle loro richieste? Il processo separatista in Catalogna è cominciato quando la Corte costituzionale, controllata dal Partito popolare, ha bocciato lo Statuto catalano. In Italia la situazione è diversa, paradossalmente grazie alla Lega: mentre il partito catalanista che fu di Pujol e Mas — il quale resta il leader ombra — e ora è di Puidgemont esiste solo a Barcellona e dintorni, la Lega di Salvini è ormai un partito nazionale, se non nazionalista, in chiave anti-europea e antiglobalizzazione; e sostiene di volere l’autonomia anche per le altre Regioni.
Il problema, come spesso nella vita, sono i soldi. Il vicesegretario pd Martina e il presidente pugliese Emiliano sostengono che veneti e lombardi hanno tutte le ragioni, però la Costituzione vieta loro di trattenere più tasse sul territorio. Ma lo scopo dell’autonomia è esattamente questo (con la contraddizione colta anche da Federico Sensini: privatizzare gli utili e socializzare le perdite è vizio antico). È evidente che tutto dovrebbe passare da una riforma costituzionale in senso federalista; esattamente il contrario dell’ultima riforma, che invece riportava alcune competenze allo Stato.
Non va poi dimenticato che il vero localismo italiano non è definito dalle regioni, bensì dai comuni. Un lombardo di Sondrio parla, mangia, pensa diversamente da un lombardo di Mantova. L’Oltrepò pavese è un altro mondo rispetto alla Val Camonica. La Lombardia è più ampia dei suoi confini geografici: guardano a Milano Alessandria, Novara, Novi Ligure, Lugano, Piacenza, Verona. Questo fa della Lombardia una delle regioni più attrattive d’Europa, e nel frattempo ne dilata e frammenta l’identità, arricchita da generazioni di italiani arrivati dal Sud. Il Veneto ha un’identità più definita e arroccata; non a caso è l’area del Nord dove si parla più il dialetto. La Lombardia si sente centrale, il Veneto si sente trascurato; e anche questo ha la sua importanza.

Da - http://www.corriere.it/lodicoalcorriere/index/25-10-2017/index.shtml?intcmp=exit_page
4295  Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / NIENTE TASSE sulla pensione, ai Cittadini che si trasferiscono in Sud-Italia inserito:: Ottobre 25, 2017, 04:49:18 pm
300.000 anziani in pensione, che decidessero di trasferire la loro residenza nelle Regioni del Sud-Italia sarebbero un trasferimento di risorse notevole a costo zero per il fisco.

Per esempio: una pensione di 16000 Euro moltiplicato 300000 pensionati, diviene un capitale di 4'800'000'000 Euro che si sposta al Sud-Italia.

Una risorsa economica e umana a beneficio di zone discriminate rispetto al Nord-Italia (anche per colpa dei loro abitanti).

ciaooo

 
4296  Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / NIENTE TASSE sulla pensione, ai Cittadini che si trasferiscono in Sud-Italia inserito:: Ottobre 25, 2017, 04:33:22 pm
I pensionati sono una risorsa da valorizzare, non da spremere come limoni stantii.

Non facciamoli andare all'estero ... si riconoscano esenzioni fiscali sulle loro pensioni, per chi trasferisce la residenza nelle Regioni del Sud-Italia.

Ne debbono beneficiare, sia che ritornino al paese di origine, sia che si spostino alla ricerca di climi migliori, più adatti alla età avanzata.

ggiannig

Da FB del 25/19/2017
4297  Forum Pubblico / FAMIGLIA, SOCIETA', COSTUME e MALCOSTUME. / In un’isola con una tradizione folkloristica corposa come quella sarda, con ... inserito:: Ottobre 25, 2017, 04:30:20 pm
Leggende sarde. Is animeddas, la festa dei morti in Sardegna

Per quanto oramai la più famosa – e commerciale – festa dedicata ai morti resti l’Halloween di origine celtica, in Sardegna la vera ricorrenza è quella de Is Animeddas.

In un’isola con una tradizione folkloristica corposa come quella sarda, con una indiscutibile sensibilità per il mondo dei morti, è ovvio che questo e quello dei vivi siano continuamente sovrapponibili.
Proprio questo – secondo le leggende – accadrebbe nella notte dedicata ai trapassati, quella fra il 31 ottobre e il 1 novembre: le porte del purgatorio andrebbero aprendosi, lasciando alle anime penitenti la libertà di circolare liberamente fra i vivi.

Come nella più commerciale e nota festa di Halloween, anche nella celebrazione de Is Animeddas i bambini – vestiti di stracci – compiono quindi i loro pellegrinaggi lungo le vie del paese, domandando a ogni porta – secondo formule che cambiano da una zona all’altra dell’isola – un piccolo dono per le anime più sfortunate. Nel tempo, poi, da arance, mandorle, limoni e pane di saba si è passati ai dolci della grande distribuzione, ma si è sostanzialmente conservato il senso del dono e dell’offerta.

La festa de Is Animeddas – così come la maggior parte delle tradizionali celebrazioni sarde – conosce poi diverse denominazioni in ciascuna area dell’isola: si parla per esempio di Su Prugadoriu in Ogliastra – celebre la festa di Seui -e di Su Mortu Mortu, a Nùoro.

Da - https://www.vistanet.it/blog/2017/10/25/leggende-sarde-is-animeddas-la-festa-dei-morti-sardegna/

4298  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / Visco, Gentiloni studia una lettera con la richiesta di una “fase nuova” inserito:: Ottobre 23, 2017, 10:41:37 pm
Visco, Gentiloni studia una lettera con la richiesta di una “fase nuova”
Il presidente del Consiglio ipotizza un mandato condizionato.
L’ipotesi alternativa è l’attuale direttore generale Rossi

Pubblicato il 21/10/2017 - Ultima modifica il 21/10/2017 alle ore 09:41

ALESSANDRO BARBERA
ROMA

All’ora di pranzo Ignazio Visco è davanti al computer nella stanza ad angolo fra via Nazionale e via Mazzarino. Da qualche giorno lavora al discorso per la Giornata del risparmio, la gran cerimonia che riunisce a Roma i vertici delle Fondazioni bancarie. Ironia della sorte vuole che l’evento quest’anno cada nell’ultimo giorno del mandato da governatore della Banca d’Italia iniziato nell’ormai lontano novembre 2011, quando sfiorammo il default finanziario e a Palazzo Chigi arrivava Mario Monti. 

Di qui al 31 l’agenda di Visco non prevede nessun altro intervento pubblico: quello successivo sarà quasi certamente di fronte alla Commissione di inchiesta parlamentare sui crac bancari, anche se nel frattempo dovesse lasciare. Chi l’ha incontrato ieri l’ha trovato stanco ma sereno, consapevole di essere diventato il parafulmine della tempesta perfetta scatenata da Matteo Renzi su Palazzo Koch. Le conseguenze del rovescio renziano sono tuttora visibili: il Quirinale irritato con Renzi per le procedure irrituali della Camera lesive delle sue prerogative, Gentiloni irritato con Renzi e la Boschi per il blitz, il malumore di Visco per aver scoperto fuori tempo massimo di essere diventato oggetto di un mercanteggiamento dell’ultim’ora. Fino a qualche settimana fa Visco non sembrava entusiasta dell’ipotesi di un altro mandato, o almeno così faceva raccontare all’esterno dagli emissari. Ma in assenza di accordo su una valida alternativa, e nonostante tre anni complicatissimi iniziati con il crac di Banca Etruria e finiti con il salvataggio di ciò che restava delle banche venete, Quirinale e Palazzo Chigi gli avevano fatto capire che sarebbe toccato di nuovo a lui. A differenza di Renzi, Mattarella e Gentiloni gli riconoscono di aver gestito lealmente una macchina che qua e là ha mostrato di aver risposto in grave ritardo a quel che stava accadendo fra Arezzo, Siena e Vicenza. L’inattesa tempesta ha cambiato lo scenario.
 
Le certezze quirinalizie attorno al suo nome stanno cedendo sotto i colpi della politica. Nonostante i molti attestati di solidarietà da parte di ministri, ex premier ed ex presidenti, la lista dei partiti schierati contro la riconferma è sempre più difficile da gestire. Prima i Cinque Stelle, Sinistra italiana, la Lega, il Pd, Forza Italia. Fatta eccezione per l’Mdp, tutti chiedono l’avvicendamento. Non solo: c’è chi - ieri Matteo Salvini - fa capire di non essere contrario al compromesso possibile, ovvero la successione interna. Per Mattarella e Gentiloni non sarà semplice cavarsi d’impaccio. La procedura che chiama in causa governo, Consiglio superiore della Banca d’Italia e infine il Quirinale, è troppo complessa perché non si sia trovato preventivamente il nome giusto. Il primo passo è del premier con la lettera in cui formalizza la candidatura al Consiglio superiore. Secondo quanto si sussurra nei palazzi, Gentiloni starebbe accarezzando due opzioni. La prima è quella di indicare nella lettera il nome di Visco, sottolineando però la richiesta di rinnovamento avanzata da più parti in Parlamento. Si tratterebbe di assecondare «il partito di maggioranza relativa» (così il premier ha definito ieri il Pd a Bruxelles) chiedendo allo stesso Visco di aprire una fase nuova sulla vigilanza bancaria. 
 
La seconda ipotesi prevede un passo indietro formale dello stesso Visco che eviterebbe a Quirinale e Palazzo Chigi di dare l’impressione di aver ceduto alla richiesta dei partiti. A quel punto nella lista di Mattarella e Gentiloni rimarrebbe un solo nome, quello del numero due Salvatore Rossi. La storia di Rossi è molto simile a quella di Visco: già capo dell’ufficio studi, più che di banche è un grande esperto di economia italiana. Le sue quotazioni crescono di ora in ora: ben visto a sinistra (ha scritto decine di libri per l’editore Laterza), gode di buona reputazione anche a destra. Nello scontro di questi mesi con le autorità europee ha tenuto il punto sulle ragioni italiane senza però mettersi in contrapposizione con Francoforte come invece è toccato a Fabio Panetta in qualità di membro italiano nel Consiglio della vigilanza unica. L’unico difetto che gli viene imputato è l’età: nato nel 1949, va per i 69 anni. Peccato sia solo di qualche mese più anziano del collega Ignazio Visco. 

Licenza Creative Commons
Alcuni diritti riservati.

Da - http://www.lastampa.it/2017/10/21/economia/visco-gentiloni-studia-una-lettera-con-la-richiesta-di-una-fase-nuova-EwdHwolu8bWHVAIwzOdviO/pagina.html
4299  Forum Pubblico / L'ITALIA DEMOCRATICA e INDIPENDENTE è in PERICOLO. / A VICENZA OLTRE IL 60% DI AFFLUENZA inserito:: Ottobre 23, 2017, 10:40:00 pm
A VICENZA OLTRE IL 60% DI AFFLUENZA

Referendum Veneto e Lombardia, Zaia stoppa Martina: l’interlocutore è Gentiloni

23 ottobre 2017

«Io ero rimasto al punto, e lo dico anche da ex ministro, che Martina si occupa dell'agricoltura e penso che il nostro interlocutore sia il presidente del Consiglio». Lo ha detto stamane il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, intervenendo ai microfoni di Rtl 102.5 a commento delle parole del ministro Maurizio Martina. In un’intervista, Martina aveva chiuso a qualsiasi ipotesi di trattative sulle tasse, smentendo il proposito di Zaia di trattenere sul territorio «nove decimi» delle imposte versate dai contribuenti veneti all’erario nazionale. Le imposte, ha detto il ministro, «non possono essere materia di trattativa né con il Veneto, né con la Lombardia» (vedi i dettagli sotto). La consultazione di ieri si è chiusa ieri nella regione con un tasso di affluenza che sfiora il 60%. Il “sì” ha vinto in maniera plebiscitaria, con picchi sopra al 98%. In Lombardia la partecipazione si è attestata intorno al 40%, con una stima di circa 3 milioni di cittadini al voto. Matteo Salvini, segretario della Lega Nord, ne parla come «una lezione di democrazia per tutta Europa, abbiamo scelto la via legale, pacifica e costituzionale. La stessa opportunità la offriremo da nord a sud a chi ce lo chiederà».

BERGAMO FA IL PIENO DI VOTI  22 ottobre 2017
Il Veneto supera il quorum (57,2%), Sì al 98,1%. Lombardia, affluenza del 38,5%
Record affluenza Vicenza e Bergamo, minimi a Milano
Nel suo complesso, in Veneto si è raggiunta una affluenza media del 57,2%. Il “record” va a Vicenza con il 62,7%, seguita da Padova (59,7%), Treviso (58,1%), Verona (55,5%), Venezia (53,7%), Belluno (51,5%) e Rovigo (49,9%). La provincia a mostrare il “maggior” numero di no al quesito referendario sull'autonomia in Veneto è stata Belluno, ferma comunque a una quota di appena il 2,6% di voti sfavorevoli. Una nicchia, rispetto al boom di «sì» registrati nella regione. I più convinti sono stati gli abitanti delle province di Vicenza e Verona, dove il consenso ha toccato il 98,3%. In Lombardia, secondo i dati comunicati dalla Regione, l’affluenza si è attestata a una media del 38,2% con picchi del 47,3% a Bergamo e un minimo del 31,2% nella città metropolitana di Milano. Anche qui il “sì” sfiora il 100%: i voti favorevoli sono il 95,2%, contro un 3,9% di “no” e uno 0,77% di schede bianche.

RISULTATI DEFINITIVI AFFLUENZA IN VENETO
Dati in percentuale
Pd diviso sul voto
La polemica tra Zaia e Martina arriva dopo che lo stesso ministro si era espresso a favore di una «astensione consapevole» in vista della consultazione. Ma nel Pd sono emerse posizioni contrastanti. Tra gli inviti al “sì” più noti c’è stato quello di Giorgio Gori, sindaco di Bergamo. E al di fuori delle due regioni interessate dal voto, il presidente del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani ha aperto di fatto all’autonomia per le regioni «con i conti in ordine».


LE REAZIONI  23 ottobre 2017
Zaia: «Al Veneto i nove decimi delle tasse»
«Come Pd abbiamo detto che non siamo contrari alle specialità e che le Regioni possano avere forme di autonomia - ha detto - Bisogna però mantenere un vincolo nazionale, poi si possono utilizzare questi strumenti flessibilmente». In Lombardia, dove non era previsto il raggiungimento di un quorum, i votanti hanno raggiunto circa il 40% degli aventi diritto di voto. Una percentuale ridotta rispetto ai numeri del Veneto, arrivato a sfiorare il 60%, ma giudicata comunque «un successo» dal presidente della regione Lombardia Roberto Maroni.

Salvini: meglio di così non poteva andare
Il segretario della Lega, Matteo Salvini, ha salutato i risultati della doppia consultazione come una «lezione di democrazia» e ribadito la centralità del tema per future alleanze. «Meglio di così non poteva andare - ha detto Salvini -Abbiamo vinto sui poteri forti cinque a zero. Ora mi aspetto che il Governo dica quando intende accogliere questa richiesta che sale dal popolo». I numeri del voto, secondo il leader del Carroccio, confermerebbero che la Lega «non ha nessun problema al nord». «Quelli che dicevano che la linea nazionale della Lega avrebbe trovato problemi al Nord non hanno capito un accidente - dice - Richieste di autonomia hanno convinto 5,5 milioni persone a votare, e Maroni e Zaia avranno mandato pieno mandato a trattare». Infine, un monito ai possibili partner politici: «Gli alleati del centrodestra sappiano che il tema posto dai referendum diventa centrale».

Anche in Puglia si prepara il referendum
Dopo il risultato referendario di Lombardia e Veneto, ora anche in Puglia la comunità politica che fa riferimento a Matteo Salvini si organizza per poter indire un referendum per chiedere maggiori competenze e risorse per i propri territori nell'ambito dell'unità nazionale. Lo rende noto il coordinatore regionale di «Noi con Salvini per la Puglia», Rossano Sasso, annunciando che con questo obiettivo a breve scadenza Matteo Salvini sarà nuovamente in Puglia.
In un comunicato Sasso afferma che «è ora che anche i pugliesi chiedano più poteri per superare le inefficienze dello Stato. Da cittadini pugliesi - prosegue - chiediamo anche noi maggiore autonomia, vogliamo che la nostra terra sia messa in grado di spiccare il volo, senza il cappio di una gestione centrale e burocratica, che non tiene conto dei territori».

© Riproduzione riservata

Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-10-23/il-gelo-martina-si-trattativa-le-regioni-ma-non-tasse-081149.shtml?uuid=AEIsJstC&utm_source=dlvr.it&utm_medium=facebook
4300  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / EUGENIO SCALFARI. Scorciatoie populiste, gli errori più gravi del leader inserito:: Ottobre 23, 2017, 10:37:46 pm
Scorciatoie populiste, gli errori più gravi del leader
Sulla questione Bankitalia Matteo Renzi punta sui numerosi cittadini che maledicono le banche.
Ma la sua scelta causa una serie di contraccolpi

Di EUGENIO SCALFARI
22 ottobre 2017

Dobbiamo tornare sulla questione Renzi-Banca d'Italia non perché ci siano novità ma per esaminare le conseguenze e le varie interpretazioni. In favore di Renzi c'è un certo tipo di populismo: quei numerosi cittadini con patrimoni e redditi alquanto limitati, che - a torto o a ragione secondo i casi - maledicono le banche che per loro rappresentano gli interessi di un capitalismo ladro. È assai probabile che Renzi, conoscendo questo fenomeno che tutti conosciamo, abbia puntato su di loro per allargare la platea dei suoi ascoltatori e sperabilmente degli elettori per il Pd. Questa motivazione è tuttavia molto esile, rispetto alla mole dei contraccolpi che ha suscitato e susciterà.

Il primo è la contrarietà di una buona parte della classe dirigente del Pd, di quasi tutta la classe dirigente del Paese e della pubblica opinione. Il secondo è un errore vero e proprio: gli italiani che se la prendono con le banche hanno di mira quelle operanti sul loro territorio, qualcuna grande e molte piccole e locali, ma non la Banca d'Italia della quale molti ignorano le funzioni. L'attacco di Renzi invece è stato soltanto nei confronti dell'Istituto di emissione e non alle banche e banchette che egli anzi difende. È curiosa questa dicotomia: lui spera di ottenere voti da chi odia le banche, ma parlando contro la Banca d'Italia dimentica che questa ha come compito di difendere le banche in difficoltà e di solito lo esplica.

Il terzo errore riguarda il suo rapporto con le personalità più autorevoli del Pd. Nella celebrazione effettuata sabato della scorsa settimana al teatro Eliseo gremito nella platea e nelle tribune dalla parte migliore e più attiva del partito, Renzi ha riconosciuto la necessità che il partito non fosse chiuso ma aperto: un partito che aveva il compito di ringiovanire e ricostruire la sua struttura e la sinistra che è in crisi in tutti in Paesi d'Europa salvo finora in Italia. Prima di lui aveva parlato Walter Veltroni e poi Paolo Gentiloni. Veltroni in qualche modo aveva fatto la storia del partito, le origini, la sua cultura politica, e le sue caratteristiche strutturali. Quando Renzi ha preso per ultimo la parola ed ha concluso la celebrazione, ha riconosciuto a Gentiloni un'efficiente condotta del governo di cui il Pd ha la maggioranza, e a Veltroni addirittura una qualità di padre del partito e in qualche modo padre della patria. Sostenendo che queste persone facevano parte insieme a lui della dirigenza del Pd e che altre ancora ne avrebbe accolte accanto a sé per formare una vera e propria classe dirigente con la quale avrebbe discusso e concordato tutte le azioni importanti da svolgere. Insomma una sorta di super direzione con la quale il partito avrebbe avuto una guida collettiva, di cui naturalmente il segretario era il capo riconosciuto.

Sono passati pochi giorni da quella riunione ed è scoppiato il caso Banca d'Italia. Discuteremo a parte la sostanza di quel caso, ma voglio ora far notare ai lettori che del resto ne sono certamente al corrente, che Veltroni non è stato informato minimamente dell'attacco all'Istituto di emissione e nessuna delle personalità ne era stata informata a cominciare ovviamente da Romano Prodi. Nessuno sapeva nulla, neanche Gentiloni che ricevette però la mozione per sottoscriverla con l'accordo del governo.

Per fortuna del Paese a Gentiloni quella mozione non piacque affatto così come era stata redatta dal Renzi e dal suo "Cerchio magico". Perciò mise al lavoro Anna Finocchiaro per modificarla non solo nella forma ma anche nella sostanza. Finocchiaro è molto brava in questo genere di questioni delicatissime e riuscì a modificarla in gran parte ma non totalmente. Tuttavia diventò accettabile per un governo come quello che abbiamo anche se però Renzi aveva già diffuso pubblicamente il testo originario. Quindi quello ufficiale contiene le correzioni notevoli di Finocchiaro ma quello del partito nella sua originaria integralità è comunque stato reso noto con tutti i mezzi di comunicazione. La reazione di Veltroni si compendia in due parole: "Documento incomprensibile e inaccettabile". Oltre a lui e con analoghe motivazioni si è schierato il presidente del gruppo Pd al Senato Luigi Zanda e molte altre personalità del partito. Il sigillo a queste posizioni è la dichiarazione fatta da Giorgio Napolitano che in qualche modo rappresenta e sostiene in ogni occasione con le appropriate motivazioni il bene del Paese.

L'altro errore compiuto da Renzi con la sua mozione è il più complicato e il più devastante di tutti ed è la coincidenza della posizione renziana con quella di Grillo, di Salvini e di Meloni. Questi movimenti sono sostanzialmente populisti in una fase dove appunto populismo e antipopulismo sono i due grandi fronti che si combattono in tutta Europa. L'errore, di cui secondo me Renzi non si è minimamente reso conto, è per l'appunto una sorta di populismo ancora iniziale; se questo tipo di politica continuerà, diventerà la vera caratteristica d'un partito nato su tutte altre basi e tutt'altre finalità. Definisco populista l'attacco alla Banca d'Italia perché appunto Renzi cerca nuovi elettori in fasce sociali che praticano inconsapevolmente un populismo di notevole marca: attaccare le banche e le banchette in genere non è una posizione seria e motivata: è un modo di pensare che cerca il male dove non c'è o dove ci può essere ma non come categorie (banche e banchette) ma su singoli istituti di credito e in alcune specifiche occasioni.

Di tutto questo credo che Renzi non si sia reso conto e proprio per questo ha compiuto un ulteriore errore dal suo punto di vista: vuol ingraziarsi chi vede il proprio male economico nelle banche e attacca non quelle banche ma la Banca d'Italia accusandola di far del male al sistema mentre la funzione che la Banca d'Italia esercita e che in larga misura effettua è proprio quella di proteggere il sistema bancario. Si vedrà ora se Ignazio Visco, governatore dell'Istituto di emissione sia incline a ritirarsi dalla carica o viceversa desidera essere riconfermato per i prossimi sei anni.

Ho avuto occasione tre giorni fa di parlare telefonicamente col governatore e posso riferire che lui non pensa affatto di ritirarsi anche se, qualora le autorità competenti lo pregassero di dimettersi per dar luogo a un mutamento, lui certamente darebbe le dimissioni per comportarsi come richiesto. Ma se questo non avverrà (e sicuramente non avverrà) il governatore attenderà le decisioni del presidente della Repubblica, lieto se saranno una riconferma. Spiegherà poi tutte le sue azioni con opportune documentazioni quando sarà interrogato dalla commissione incaricata di approfondire il funzionamento del sistema bancario italiano.

***

Ho già scritto prima che in tutta Europa è in corso uno scontro tra democratici e populisti. Inizialmente i movimenti populisti europei erano di piccola taglia elettorale e rappresentavano appunto quei piccoli gruppi di elettori i quali detestano la democrazia, che secondo loro, è un regime che fa l'interesse di pochi e danneggia quello del popolo sovrano. Negli ultimi tempi però questi piccoli movimenti che spesso non arrivavano neppure ad oltrepassare la soglia di voti che bisogna avere per entrar nei vari Parlamenti, hanno avuto una crescita di rapidità impressionante e quantitativamente di notevole rilievo. In tutti i Paesi d'Europa a cominciare dalla Germania, dall'Olanda, dalla Spagna, dalla Grecia, dall'Italia. In Francia no, questa crescita non c'è stata. Non c'è stata neppure negli otto Paesi che non hanno la moneta comune. Essere fuori dall'Eurozona è già di per sé un motivo di populismo monetario che consente ad essi di non conformarsi alla politica europea ma di averne una propria che spesso è più aperta verso Mosca che verso Bruxelles.

***

Il fatto della massima importanza che da un paio di anni sta avvenendo in tutta Europa è la trasformazione profonda della politica. Fino a un paio d'anni fa la politica era alla ricerca di quali fossero i provvedimenti da adottare per conseguire il bene del popolo. Il bene in tutti i sensi: maggior benessere economico, sociale, culturale. E poi di rapporti possibilmente amichevoli con le altre nazioni e in particolare con quelle politicamente più importanti nel proprio continente e nel mondo intero specie in tempi di società globale.

Infine la politica doveva perseguire e tutelare i grandi valori della libertà e dell'eguaglianza, senza mai abbandonare la tutela di uno di quei due valori che in quel momento non aveva dalla sua la maggioranza del popolo, ma che non poteva e non doveva in nessun caso scomparire. Un paese che gode della massima libertà ma con notevole distacco dall'eguaglianza sociale deve tuttavia tutelarne quel valore e viceversa. Una libertà senza eguaglianza affida il bene comune ai gruppi più forti, specie economicamente, di quel Paese se invece è l'eguaglianza a trionfare e la libertà a scomparire siamo a un passo dalla dittatura come del resto è accaduto in Russia.

Quei due valori sono dunque fondamentali entrambi e per mantenerli come tali occorre realizzare il mandato che ci viene dal pensiero di Montesquieu: una struttura politica di poteri separati l'uno dall'altro anche se al vertice debbono condividere lo stesso obiettivo e cioè la realizzazione del bene sociale attraverso la separazione dei poteri: quello legislativo, quello esecutivo e quello giudiziario. Quei poteri separati debbono tuttavia perseguire il medesimo fine che è appunto il bene comune e questo è assicurato da un vertice che alla tutela di quel fine è dedicato. Di solito si tratta del presidente della Repubblica e di una Corte non giudiziaria ma costituzionale che giudica infatti la costituzionalità degli atti compiuti dai singoli poteri.

Per restaurare e rinnovare la democrazia occorre un partito che col populismo non abbia nulla a che vedere e che pensi alla politica che abbia una P maiuscola come usava Aristotele. Quella maiuscola significa appunto una politica che persegua il bene comune in tutti i suoi aspetti, che non sono soltanto quelli economici e sociali, ma si compendiano appunto nella libertà e nell'eguaglianza, entrambe tutelate da appositi organi istituzionali. Avevamo sperato che il Pd fosse lo strumento politico per la realizzazione o il mantenimento o la maggiore efficienza e comunque l'atmosfera politica del Paese e del continente cui apparteniamo e questo era infatti la finalità del Partito democratico quando è nato dieci anni fa. E non voglio dire che sia scomparsa questa finalità, ma dico che è in pericolo e che il Partito democratico oscilla molto da questo punto di vista. Purtroppo Renzi ha il carattere che ormai conosciamo. Speravo che l'avesse cambiato e ne ero felice. Vedo che non è avvenuto ed anzi ha rifatto un passo indietro dalla strada appena imboccata.

Ora deve scegliere tra ritorno all'idea del partito aperto e un organo di consultazione e di attuazione di quanto deciso, oppure populismo fino in fondo all'insegna del "comando io" e allora, come Grillo e Salvini, diventeremo il peggio del peggio.

© Riproduzione riservata 22 ottobre 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/10/22/news/scorciatoie_populiste_gli_errori_piu_gravi_del_leader-178958725/?ref=fbpr
4301  Forum Pubblico / L'ITALIA DEMOCRATICA e INDIPENDENTE è in PERICOLO. / Grado, «Sì all'accoglienza diffusa per l’emergenza migranti» inserito:: Ottobre 23, 2017, 10:36:17 pm
Grado, «Sì all'accoglienza diffusa per l’emergenza migranti»

Il sindaco di Grado Raugna spiega di sentire «una responsabilità istituzionale» getta acqua sul fuoco delle polemiche e annuncia incontri con la «sua gente»

Di Giulio Garau
10 ottobre 2017

GRADO. «Come sindaco sento una forte responsabilità istituzionale di fronte a questa emergenza, umanamente poi vorrei poter contribuire, mettere la mia piccola goccia in quest’Oceano in aiuto alla disperazione dei migranti».

Lungi da lui nuove fiammate o altre polemiche, il sindaco Dario Raugna in questi giorni cerca di gettare più acqua sul fuoco che può, evita anche di fare dichiarazioni e intercettarlo anche solo al telefono è un’impresa. E una volta raggiunto continua a gettare acqua sul fuoco delle polemiche, cerca di far ragionare i suoi concittadini, e li richiama al dovere di accoglienza cristiana verso il prossimo. Senza sconti però a chi monta animi e polemiche. «Mi rendo conto della sensibilità della mia gente, ma non li riconosco se urlano». Una chiara strumentalizzazione del caso migranti che ha ben altri obiettivi, tutti politici, in un paese dove le campagne elettorali non finiscono mai. Per il sindaco Raugna comunque il nodo migranti sul territorio non si chiude qui e Grado non farà la figura di quelle città che fanno parlare tutta l’Italia per le barriere nei confronti di chi ha bisogno.

«La cooperativa Hanna House che doveva avviare il progetto di accoglienza a Fossalon mi ha chiesto un incontro – conferma – ho risposto che ci vedremo la prossima settimana. E questo dopo che, lunedì prossimo, avremo affrontato la questione in Consiglio comunale con le mozioni sul caso migranti che verranno rigettate». Non è finita qui per Fossalon o per altri arrivi di profughi in fuga dalla guerra e dalla miseria, non c’è solo la rabbia e la paura dei residenti della, zona montata ad arte dalle forze di opposizione, c’è anche la minaccia del titolare del sito dove dovevano essere accolti im migranti, l’ex agriturismo Al Lido, Michele Baradel che oltre ad aver dichiarato la perdita di un introito prezioso, ha anche annunciato querele contro chi ha detto cose infamanti. Ma c’è anche la cooperativa Hanna House intenzionata ad avviare il progetto di accoglienza, che gestisce altre strutture e ha tutte le carte in regola per lavorare in questo settore. La stessa Cooperativa che doveva partecipare al bando della Prefettura e che si è fermata. Ma ha chiesto un incontro al sindaco, la conferma l’ha data Raugna stesso, a al prefetto per capire quali altri passi compiere.

«Il problema è grandissimo, ce ne rendiamo conto tutti, forse anche ingovernabile – aggiunge il sindaco – ma quello che non dovremmo fare in questo momento è giraci dall’altra parte. Possiamo dare una risposta con l’accoglienza diffusa, senza traumi per il territorio, dove ognuno fa una piccola parte. C’è una rete di sindaci solidali attenti a questo dramma enorme, attraverso la formula Sprar, aderendo a questo progetto che appoggia l’Anci (l’associazione nazionale dei comuni italiani) possiamo dare una risposta a questi profughi con strutture che non siano soltanto meri dormitori. Ma qualcosa in più, una sistemazione degna, umana e magari anche attività lavorative, come i lavori socialmente utili che aiutano nell’integrazione».

Una cosa che si poteva fare senza grandi problemi, secondo il sindaco di Grado, per le persone destinate a Fossalon. «Di fronte alle difficoltà la proprietà del sito individuato è tornata indietro – insiste Raugna – cercherò di organizzare delle conferenze pubbliche sulla questione dell’accoglienza. Molto probabilmente in questo bailamme abbiamo peccato sul fronte della comunicazione. Ma non pensavo che 18 persone e ripeto 18, creassero tali problemi. Mi rendo conto della sensibilità della mia gente. Ma io non li riconosco se questi urlano. Non sono la maggioranza della comunità che invece sottotraccia si ritrova intimorita. Dovrò fare dei percorsi per far capire alla mia gente che bisogna avere un atteggiamento solidale». Non bisogna chiudere la porta al prossimo, potremmo trovarci in futuro nelle stesse situazioni visto nella storia è già capitato. «Sento in maniera forte una responsabilità istituzionale su questo dramma – conclude Raugna – e umanamente vorrei mettere la mia piccola goccia di contributo in questo Oceano».

Da - http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2017/10/10/news/grado-si-all-accoglienza-diffusa-per-l-emergenza-migranti-1.15969871?ref=fbfpi
4302  Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / Se collassa il Sistema dovremo chiederne le ragioni ai "suoi capi", ma ancor ... inserito:: Ottobre 21, 2017, 12:32:10 pm
Se collassa il Sistema dovremo chiederne le ragioni ai "suoi capi", ma ancor meglio dovremmo rifiutare il concetto di continuare ad essere "tifosi" di un Capo o di un Partito.

L'unica strada che molti di noi trovano salvifica è l'aderire, con IL NOSTRO voto in elezioni politiche, non a un Leader, non a un Partito, ma condividendo una presa la responsabilità di un INSIEME politico e sociale riunito per la realizzazione di un preciso PROGETTO quinquennale.   

Da mesi ne proponiamo la sintesi scrivendo del POLO DEMOCRATICO tra il silenzio della genia politica.

Chi ne vuol approfondire i termini e gli scopi?

ggiannig

Da FB del 14/10/2017 - - (Isemplici Cittadini del Polo Democratico).

4303  Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / Io posso farlo (dall'interno del Sistema Democratico) non essendo legato a ... inserito:: Ottobre 21, 2017, 12:28:21 pm
Rispondo a Alberto R.

Io posso farlo (dall'interno del Sistema Democratico) non essendo legato a nessun carro e sostenendo, criticandolo, un preciso pensiero socio-politico da Cittadino Libero.

Unica limitazione la mia cultura (ho cominciato a lavorare a 15 anni) che ho cercato di arricchire strada facendo, nel corso della mia carriera.

Pretendere dalle istituzioni è una buona difesa contro i rivoluzionari in pantofole, che il Che avrebbe disprezzato e Lenin manipolato.

ciaooo

Da FB del 15/10/2017
4304  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / CARMELO LOPAPA. Forza Italia, Berlusconi l'incandidabile nel logo: "Una mossa... inserito:: Ottobre 21, 2017, 12:24:58 pm
Forza Italia, Berlusconi l'incandidabile nel logo: "Una mossa da due milioni di voti"

Il Cavaliere non potrà presentarsi alle elezioni ma nel simbolo del partito il suo nome alla fine sarà indicato come "presidente"

Di CARMELO LOPAPA
17 ottobre 2017

ROMA - Nel corpo a corpo con la Lega del guerriero Salvini ogni arma torna utile. E ora che Forza Italia si ritrova a inseguire pur di un soffio l'alleato-competitor (vedi il sondaggio Demos su Repubblica), allora nel partito hanno deciso di ricorrere all'arma finale. Il brand Berlusconi campeggerà comunque nella scheda elettorale.

Come se il capo ci fosse davvero, come se corresse al pari degli altri candidati, perfino come se potesse tornare a Palazzo Chigi. Anche se così non è, non è più possibile dopo la condanna definitiva del 2013 e gli effetti della Severino. Legge che tuttavia non contempla alcun divieto per il nome del condannato non candidabile. E allora eccolo "Berlusconi presidente", farà da cornice al nome e al simbolo Forza Italia che comparirà su ognuna delle liste del proporzionale nelle 28 circoscrizioni della Camera e nelle 20 del Senato, accanto al nome del candidato di centrodestra nei 231 collegi uninominali per Montecitorio. "Berlusconi presidente lo è a tutti gli effetti, nel nostro partito, non c'è alcuna anomalia", taglia corto con soddisfazione chi lavora al marketing elettorale. "Se Forza Italia viaggia attorno al 15%, il brand Berlusconi vale da solo almeno la metà" spiega il professor Nicola Piepoli. "Se vogliamo essere più precisi circa 2,5 milioni di voti vengono ancora spostati da quel cognome", è la sua stima.

La trovata - alla quale da Arcore hanno sempre fatto ricorso anche alle ultime politiche - stavolta acquista dunque un significato particolare. Va a colmare almeno in parte la voragine: niente posto da capolista al proporzionale per il leader in tutte le circoscrizioni come ai tempi d'oro, addio alla corsa "uno contro uno" in un collegio milanese. Bisogna far ricorso all'escamotage salva-partito. Del resto, lo stesso ex premier ormai tiene acceso solo un barlume di speranza rispetto al pronunciamento della Corte di Strasburgo sui diritti dell'uomo sul suo caso. "Il 22 novembre si riuniranno per due ore ma la sentenza mi dicono che arriverà dopo sei mesi, al momento resto incandidabile: non posso essere eletto, per ora, ma sono a disposizione ", allargava le braccia Berlusconi lo scorso fine settimana alla manifestazione dei suoi a Ischia. Andrà in Sicilia nei prossimi giorni per un paio di tappe per sostenere Nello Musumeci. Poi farà campagna battente per le politiche. Da leader ma, appunto, "incandidabile".
Berlusconi a Ischia: "Se non ho la maggioranza è colpa degli italiani"

Questo non gli impedirà di completare la riabilitazione politica già ampiamente avviata in seno alla famiglia del Ppe. Dopo la "benedizione" impartitagli due settimane fa a Roma dal presidente Joseph Daul - che lo ha indicato come baluardo del centrodestra contro i populisti in Italia giovedì il Cavaliere dovrebbe far ritorno a Bruxelles dopo 5 anni. Per partecipare proprio al pre vertice del Ppe. Pranzo con gli altri capi di Stato e di governo del partito, al quale parteciperà Angela Merkel, fresca del successo in Germania. "La vittoria in Austria del Partito popolare conferma la forza trascinante della linea moderata", ha commentato ieri Berlusconi dopo il successo del giovane Kurz. I moderati, non i "ribellisti" amici della Lega, è il sottinteso.

© Riproduzione riservata 17 ottobre 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/10/17/news/forza_italia_berlusconi_l_incandidabile_nel_logo_una_mossa_da_due_milioni_di_voti_-178497388/?ref=RHPPLF-BH-I0-C4-P5-S1.4-T1
4305  Forum Pubblico / SCRIPTORIUM 2017 - (SUI IURIS). / DEMOCRAZIA Forma di governo che si basa sulla sovranità popolare e garantisce... inserito:: Ottobre 21, 2017, 12:22:43 pm
Democrazia Forma di governo che si basa sulla sovranità popolare e garantisce a ogni cittadino la partecipazione in piena uguaglianza all'esercizio del potere pubblico.


Nel dibattito filosofico-giuridico del Novecento si è peraltro evidenziato come la Democrazia non possa essere ridotta a mero criterio di legittimazione del potere politico.
Secondo C. Schmitt, consisterebbe nell’identità tra governanti e governati, mentre H. Kelsen ritiene che abbia un fondamento relativistico, in quanto esclude il possesso di verità assolute da parte di singoli o gruppi, ammettendo soltanto verità relative; Kelsen ritiene altresì che la d. non poggi sul principio di uguaglianza, ma sul principio di libertà. Più in generale, diversi autori hanno sottolineato il ruolo essenziale delle garanzie delle minoranze, definendo d. totalitarie gli ordinamenti in cui siano assenti o insufficienti i meccanismi giuridici volti a limitare il potere delle maggioranze.
Altri studiosi hanno preferito parlare di Democrazie Costituzionali, mettendo in rilievo la centralità della Costituzione; in tale concezione i diritti costituzionali non sono più intesi soltanto come limiti (alla maniera di J.-J. Rousseau) ma come strumenti essenziali dell’ordinamento democratico-liberale.


Da - http://www.treccani.it/enciclopedia/democrazia/
Pagine: 1 ... 285 286 [287] 288 289 ... 529
Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!