LA-U dell'OLIVO
Maggio 15, 2024, 02:14:04 pm *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: [1]
  Stampa  
Autore Discussione: Squadra speciale vigile sceriffo. I Bravi (manzoniani) del Sindaco?  (Letto 3091 volte)
Admin
Utente non iscritto
« inserito:: Ottobre 09, 2008, 05:55:31 pm »

Squadra speciale vigile sceriffo

di Gianluca Di Feo e Giorgio D'Imporzano


I sindaci creano nuovi reparti. E si impadroniscono dell'ordine pubblico. Da Torino a Salerno, la corsa agli armamenti. In edicola da venerdì  Ghisa addio, i vigili urbani adesso vogliono fare le teste di cuoio. Da Milano a Salerno, da Padova a Napoli, è tutto un proliferare di reparti speciali dove concentrare il braccio sempre più armato dei sindaci. I vecchi pizzardoni lasciano il posto a manipoli d'assalto con nomi e ambizioni da fiction. Come il nucleo indagini scientifiche agli ordini di Sergio Chiamparino, battezzato Nis con un innegabile riferimento ai celebri colleghi della serie televisiva. O l'unità fluviale di Padova, altro municipio del Pd, che per prevenire "bivacchi e atti criminosi" incrocia sulle rive del Brenta neanche fosse la motovedetta di 'Apocalypse Now'. O Letizia Moratti che acquista per la sua 'Squadra Cobra' le Beretta Storm, la pistola impugnata finora solo da Tom Cruise nella fantascienza di 'Minority Report'. E il sindaco Pdl di Parma che promette un elicottero alle sue guardie.
Infine il Friuli Venezia Giulia che, come l'esercito dei comuni lombardi ai tempi del Barbarossa, vuole riunire in un'unica brigata regionale il meglio dei poliziotti metropolitani, da schierare in caso di grandi eventi.

Gli anni in cui bastavano 200 Forestali per tentare il golpe sono lontani, ma questa corsa agli armamenti scattata nel giro di pochi mesi rischia di spiazzare i fondamenti della Costituzione. Aprendo la strada al federalismo a colpi di manganello.

Che la forza sia con voi
Sindacalisti e dirigenti delle polizie locali ripetono che il pestaggio di Parma, con lo studente ghanese Emmanuel Bonsu picchiato da una pattuglia di vigili, rappresenta un'eccezione. Gli stessi esperti ridimensionano il caso di Teramo con l'extracomunitario trascinato come se fosse un sacco o il controverso episodio, sempre a Parma, della prostituta nigeriana nuda nel comando municipale. Eppure i veterani dell'ordine pubblico ritengono che di storie simili se ne leggeranno molte. Non perché i nuovi agenti urbani siano più razzisti: "Anzi", replica il maggiore Luciano Mattarelli, leader nazionale dell'associazione di categoria Anvu: "Viviamo a contatto con gli immigrati tutti i giorni e siamo i primi a capirne problemi e mentalità". Ma imporre la sicurezza implica l'uso della forza e gran parte dei vigili non è addestrata per le nuove missioni. Nelle città gli scontri aumentano con l'attivismo securitario. A Milano non ci sono state solo le battaglie di Chinatown, con vigili in borghese così determinati da venire scambiati per naziskin, gli scontri di piazza Corvetto per recuperare scooter rubati o l'assalto dei senegalesi in piazza del Cannone: dall'inizio dell'anno il comando cittadino ha già contato 70 feriti in servizio.

E questo nella metropoli che vanta il corpo più addestrato. "Le nuove funzioni richiedono un nuovo modo di concepire selezione e formazione, sia tecnica che psicologica. Non si può mandare il personale allo sbaraglio", chiosa da Napoli Daniele Minichini, sindacalista del Lipol. La preparazione è anche al centro del piano di Giovanni Maria Jacobazzi, ex ufficiale dell'Arma catapultato al vertice della sicurezza parmense all'indomani delle botte al ragazzo ghanese: "Occorre iniziare un percorso che porti a una maggiore consapevolezza delle proprie competenze. Se la legge ci affida compiti differenti è necessario che siano assolti con la più alta professionalità".

Io sono la legge
I nuovi vigili sono diventati un modo di fare politica. Il pacchetto sicurezza approvato dal governo Berlusconi nel sole agostano, oltre a mandare qualche battaglione di soldati sulle strade, ha concesso carta bianca ai primi cittadini su molte questioni: sono diventati dei mini-prefetti. E loro stanno trasformando questa licenza di punire in uno strumento di governo, inseguendo la volontà popolare. A Firenze, feudo di un sindaco come Leonardo Domenici che viene dalle scuole del Pci, si parla di polizia di quartiere al servizio del 'cittadino-cliente', una categoria che appare aberrante se applicata alla materia dell'ordine pubblico: "Il servizio vede l'organizzazione di una polizia di prossimità efficiente, rispondente a una logica tutta protesa al contatto sistematico con il cittadino-cliente a cui i servizi vengono offerti e con questo condivisi".

Nel sito di Palazzo Vecchio cade ogni ipocrisia: si parla di "marketing urbano" e di "qualità della sicurezza offerta ai residenti", definizione quest'ultima che già sembra configurare cittadini di serie A - residenti e quindi elettori - maggiormente tutelati degli altri. Il bastone dei ghisa, più presenti tra la folla e più agguerriti, diventa la carota offerta ai cittadini. La forza del progetto di sicurezza impugnato dai sindaci è proprio nel rapporto diretto "con la gente": dare risposte immediate alla domanda di protezione. Tra i primi a intuirlo un altro ex comunista, Vincenzo De Luca, che a Salerno va personalmente a sgomberare i rom e a multare le prostitute, incassando anche gli schiaffi di un'energica romena. Il suo manifesto risale al luglio 2006: "Qualcuno crede che basta fare esercizi spirituali di fronte a uno straniero abusivo che ti minaccia con una bottiglia rotta. Io non la penso nello stesso modo". E se all'inizio Rosa Russo Iervolino prendeva le distanze dal collega sceriffo, oggi l'ex ministro degli Interni ha delegato la questione sicurezza all'ex Guardasigilli Luigi Scotti e insediato il generale dei carabinieri che ammanettò Francesco 'Sandokan' Schiavone al vertice del corpo municipale. Prima mossa? La creazione di un reparto d'èlite, ovviamente. E un raid davanti al tribunale denunciando tutti gli avvocati che affidavano l'auto ai parcheggiatori abusivi: un modo di far capire che non ci sono più intoccabili.

Al Nord fa scuola invece la Torino di Chiamparino, dove i municipali mettono a segno più arresti in flagranza di polizia e carabinieri. Lì è stato creato persino un 'nucleo nomadi' con la missione di controllare gli zingari: nome e compito politicamente scorretti ma risultati sul campo molto apprezzati. In questa gara alla legalità fai-da-te nell'Italia dei campanili stanno crescendo tanti piccoli Rudolph Giuliani, ciascuno con la propria versione dialettale della 'tolleranza zero'. Idoli della sinistra estrema come il vicentino Achille Variati, cattolico del Pd che guida la battaglia contro la base americana, diventano nemici della libertà quando promulgano "'azioni di pulizia', rispetto alle questioni che maggiormente disturbano i cittadini: la prostituzione nelle strade e nelle case, gli esercizi pubblici che non rispettano la quiete dei cittadini, i nomadi che delinquono, azioni sui luoghi del degrado giovanile". Prima vittima di questa linea dura proprio un assessore vicentino, beccato nei viali del piacere. Ma a fare notizia sono stati soprattutto gli editti per proteggere le panchine dai ragazzotti.

"Il rischio è che si finisca per volere punire come illeciti comportamenti che sono soltanto maleducazione", sottolinea Sergio Bedessi, comandante a Cortona che ha analizzato le ordinanze di moda negli ultimi mesi: "In alcuni casi si ipotizza il ricorso al codice penale anche per fatti minori. A Verona, per esempio, se uno beve alcolici in pubblico viene solo multato. Ma se poi si rifiuta di buttare la bottiglia, allora scatta la denuncia". Un law and order molto sbrigativo, che ha ben chiaro l'esigenza di ordine meno il confine della legge. La stessa tentazione del leghista veronese Flavio Tosi quando propose di mettere "in cella di sicurezza per 24 ore... quelle decine di persone, italiane e straniere, che non puoi fermare diversamente". Il codice penale non prevede nulla del genere. Ma il pacchetto del governo apre una prateria ai nuovi sceriffi affidando ai sindaci "l'incolumità pubblica" e la "sicurezza urbana".

Agente speciale
Loro non si sentono più vigili, ma dei veri poliziotti. Dal Viminale Enzo Marco Letizia, segretario dell'associazione funzionari della polizia di Stato, guarda con diffidenza alla rivoluzione local: "È uno spreco che crea doppioni senza professionalità specifica. Perché non si concentrano su compiti come la lotta alle morti bianche che possono svolgere ottimamente e lasciano a noi quello per cui siamo specializzati?". Replica il maggiore Mattarelli: "Noi siamo il futuro. Le direttive europee sono chiare: dovranno esserci solo un corpo nazionale e uno territoriale, ossia noi". E rispedisce al mittente le accuse sul ruolo dei municipali: "Oggi ci sono almeno sette corpi, ma non esiste nessun coordinamento. Ogni centrale ha un numero diverso: persino l'Ue ci ha minacciato di sanzioni per l'assenza di un centralino unico".

Mattarelli ha una visione chiara. La polizia locale affiderà sempre più i compiti amministrativi - come il controllo della viabilità - a figure meno qualificate e meno costose ( tipo gli ausiliari del traffico) o alla videosorveglianza, per concentrare il personale addestrato sulla sicurezza. È chiaro, in molte realtà minori ci saranno degli ibridi, chiamati a occuparsi di entrambe le mansioni, ma la tendenza è irrevocabile. "Io penso che queste figure ibride rimarranno in servizio per altri dieci anni", ribatte Bedessi: "Stato e regioni non hanno nessuna volontà di mettere mano alla riforma". Che infatti resta impantanata in Parlamento: il testo, in teoria bipartisan, uniforma carriere, formazione e compiti degli ex vigili. Al primo posto la sicurezza, al terzo i compiti amministrativi, il traffico solo all'ottavo.

Alla carica in ordine sparso
Intanto l'Italia dei municipi va avanti in ordine sparso: di uguale ci saranno solo le targhe 'Polizia locale' che esordiranno nei prossimi giorni. Per il resto i 60 mila uomini e donne in servizio continuano a invecchiare a causa del blocco del turn over - l'età media è di 50 anni - mentre un quinto di loro viene ingaggiato con contratti a termine. "Ci sono paesini con due soli vigili che devono fare di tutto: sono poliziotti, messi comunali e autisti di scuolabus.

C'è un nord ricco dove i sindaci investono in sicurezza e un sud dove non forniscono nemmeno il prontuario agli agenti", sottolinea Minichini del Lipol. E se i consorzi di polizia locale dell'Emilia Romagna vengono ammirati per la capacità di intervento sociale ("Non si limitano a cacciare le prostitute, ma cercano anche di toglierle dalla strada"), la Lombardia invece dà lezioni di repressione. Milano ormai ha un corpo all'americana, superiore in certi settori agli organismi statali. Il comandante Emiliano Bezzon sprona i suoi 3.300 vigili a occuparsi sempre più spesso di criminalità. Bezzon è considerato muta emanazione del vicesindaco Riccardo De Corato, che invece non risparmia occasione per farsi sentire da prefetto e questore, spiazzandoli con iniziative come lo sgombero dei campi rom. Per le situazioni difficili c'è la doppia esse della Sis, Squadra intervento speciale, altrimenti chiamata 'Squadra Cobra', che può contare su un equipaggiamento da Delta Force. Uomini selezionati con tre mesi di corso nell'accademia di via Boerio, tra sessioni di tiro e di autodifesa. Anche se poi al poligono riescono ad andare in media due volte l'anno, molto meno di quello che fanno 'gli statali'.

Daniele Vincini, segretario milanese del sindacato Sulpm e istruttore di arti marziali, minaccia di rendere le pistole se non verranno date garanzie: "Non vogliamo sostituirci alle altre forze né ci teniamo a fare ordine pubblico, ma siccome nei fatti questo avviene sempre più spesso vogliamo avere la stessa tutela legale e gli strumenti più idonei". Vincini sottolinea il problema del rapporto con la magistratura, molto severa nel sanzionare i metodi duri dei nuovi vigili: "Abbiamo due denunce a settimana e spesso le sentenze non tengono presente il contesto in cui operiamo". Ma la stagione dei pretoriani non piace a Roberto Miglio, responsabile della Rsu: "I sindaci vogliono utilizzarci come una polizia propria per fare bella figura alle elezioni". Citando il veronese Tosi, ai sindaci interessa "una politica efficace".

Con l'efficacia misurata in termini di gradimento dei residenti-elettori. Se poi ci scappa qualche calcio a un immigrato o qualche pugno a uno spacciatore, per i sondaggi si tratta di 'costi accettabili'. Danni collaterali di una legalità a corto raggio che fa da pioniere al peggior federalismo, complice la crisi degli organismi centrali.

Ma di rivoluzioni a colpi di manganello l'Italia non ne ha già conosciuta una?

Ha collaborato Claudio Pappaianni

(09 ottobre 2008)


DA espresso.repubblica.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #1 inserito:: Ottobre 09, 2008, 05:56:38 pm »

A cento passi dal Municipio

Gianni Barbacetto


I boss stanno a cento passi da Palazzo Marino, dove il sindaco di Milano Letizia Moratti lavora e prepara l’Expo 2015. O li hanno già fatti, quei cento passi che li separano dal palazzo della politica e dell’amministrazione? Certo li hanno fatti nell’hinterland e in altri centri della Lombardia, dove sono già entrati nei municipi.

Comunque, a Milano e fuori, hanno già stretto buoni rapporti con gli uomini dei partiti.

«Milano è la vera capitale della ’Ndrangheta», assicura uno che se ne intende, il magistrato calabrese Vincenzo Macrì, della Direzione nazionale antimafia. Ma anche Cosa nostra e Camorra si danno fare sotto la Madonnina. E la politica? Non crede, non vede, non sente. Quando parla, nega che la mafia ci sia, a Milano. Ha rifiutato, finora, di creare una commissione di controllo sugli appalti dell’Expo. Eppure le grandi manovre criminali sono già cominciate.

Ne sa qualcosa Vincenzo Giudice, Forza Italia, consigliere comunale di Milano, presidente della Zincar, società partecipata dal Comune, che è stato avvicinato da Giovanni Cinque, esponente di spicco della cosca calabrese degli Arena. Incontri, riunioni, brindisi, cene elettorali, in cui sono stati coinvolti anche Paolo Galli, Forza Italia, presidente dell’Aler, l’azienda per l’edilizia popolare di Varese. E Massimiliano Carioni, Forza Italia, assessore all’edilizia di Somma Lombardo, che il 14 aprile 2008 è eletto alla Provincia di Varese con oltre 4 mila voti: un successo che fa guadagnare a Carioni il posto di capogruppo del Pdl nell’assemblea provinciale. Ma è Cinque, il boss, che se ne assume (immotivatamente?) il merito, dopo aver mobilitato in campagna elettorale la comunità calabrese.

Ne sa qualcosa anche Loris Cereda, Forza Italia, sindaco di Buccinasco (detta Platì 2), che non trova niente di strano nell’ammettere che riceveva in municipio, il figlio del boss Domenico Barbaro. Lui, detto l’Australiano, aveva cominciato la carriera negli anni 70 con i sequestri di persona e il traffico di droga. I suoi figli, Salvatore e Rosario, sono trentenni efficienti e dinamici, si sono ripuliti un po’, hanno studiato, sono diventati imprenditori, fanno affari, vincono appalti. Settore preferito: edilizia, movimento terra. Ma hanno alle spalle la ’ndrina del padre. Cercano di non usare più le armi, ma le tengono sempre pronte (come dimostrano alcuni bazooka trovati a Buccinasco). Non fanno sparare i killer, ma li allevano e li allenano, nel caso debbano servire. Salvatore e Rosario, la seconda generazione, sono arrestati a Milano il 10 luglio 2008. Eppure il sindaco Cereda non prova alcun imbarazzo.

Ne sa qualcosa anche Alessandro Colucci, Forza Italia, consigliere regionale della Lombardia. «Abbiamo un amico in Regione», dicevano riferendosi a lui due mafiosi (intercettati) della cosca di Africo, guidata dal vecchio patriarca Giuseppe Morabito detto il Tiradritto. A guidare gli affari, però, è ormai il rampollo della famiglia, Salvatore Morabito, classe 1968, affari all’Ortomercato e night club («For a King») aperto dentro gli edifici della Sogemi, la società comunale che gestisce i mercati generali di Milano. È lui in persona a partecipare a una cena elettorale in onore dell’«amico» Colucci, grigliata mista e frittura, al Gianat, ristorante di pesce. Appena in tempo: nel maggio 2007 viene arrestato nel corso di un’operazione antimafia, undici le società coinvolte, 220 i chili di cocaina sequestrati.

Ne sa qualcosa anche Emilio Santomauro, An poi passato all’Udc, due volte consigliere comunale a Milano, ex presidente della commissione urbanistica di Palazzo Marino ed ex presidente della Sogemi: oggi è sotto processo con l’accusa di aver fatto da prestanome a uomini del clan Guida, camorristi con ottimi affari a Milano. Indagato per tentata corruzione nella stessa inchiesta è Francesco De Luca, Forza Italia poi passato alla Dc di Rotondi, oggi deputato della Repubblica: a lui un’avvocatessa milanese ha chiesto di darsi da fare per «aggiustare» in Cassazione un processo ai Guida.

Ne sa qualcosa, naturalmente, anche Marcello Dell’Utri, inventore di Forza Italia e senatore Pdl eletto a Milano. La condanna in primo grado a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa si riferisce ai suoi rapporti con Cosa nostra, presso cui era, secondo la sentenza, ambasciatore per conto di «un noto imprenditore milanese». Ma ora una nuova inchiesta indaga anche sui suoi rapporti con la ’Ndrangheta: un altro imprenditore, Aldo Miccichè, trasferitosi in Venezuela dopo aver collezionato in Italia condanne a 25 anni per truffa e bancarotta, lo aveva messo in contatto con la famiglia Piromalli, che chiedeva aiuto per alleggerire il regime carcerario al patriarca della cosca, Giuseppe, in cella da anni. Alla vigilia delle elezioni, Miccichè prometteva a Dell’Utri un bel pacchetto di voti, ma chiedeva anche il conferimento di una funzione consolare, con rilascio di passaporto diplomatico, al figlio del boss, Antonio Piromalli, classe 1972, imprenditore nel settore ortofrutticolo con sede dell’azienda all’Ortomercato di Milano. Sentiva il fiato degli investigatori sul collo, Antonio. Infatti è arrestato a Milano il 23 luglio, di ritorno da un viaggio d’affari a New York. È accusato di essere uno dei protagonisti della faida tra i Piromalli e i Molè, in guerra per il controllo degli appalti nel porto di Gioia Tauro e dell’autostrada Salerno-Reggio.

Qualcuno si è allarmato per questa lunga serie di relazioni pericolose tra uomini della politica e uomini delle cosche? No. A Milano l’emergenza è quella dei rom. O dei furti e scippi (che pure le statistiche indicano in calo). La mafia a Milano non esiste, come diceva già negli anni Ottanta il sindaco Paolo Pillitteri. Che importa che la cronaca, nerissima, della regione più ricca d’Italia metta in fila scene degne di Gomorra?

A Besnate, nei pressi di Varese, a luglio il capo dell’ufficio tecnico del Comune è stato accoltellato davanti al municipio e si è trascinato, ferito, fin dentro l’ufficio dell’anagrafe, lasciando una scia di sangue sulle scale. Una settimana prima, una bottiglia molotov aveva incendiato l’auto del dirigente dell’ufficio tecnico di un Comune vicino, Lonate Pozzolo. Negli anni scorsi, proprio tra Lonate e Ferno, paesoni sospesi tra boschi, superstrade e centri commerciali, sono state ammazzate quattro persone di origine calabrese. Giuseppe Russo, 28 anni, è stato freddato mentre stava giocando a videopoker in un bar: un killer con il casco in testa, appena sceso da una moto, gli ha scaricato addosso quattro colpi di pistola. Alfonso Muraro è stato invece crivellato di colpi mentre passeggiava nella via principale del suo paese affollata di gente. Francesco Muraro, suo parente, un paio d’anni prima era stato ucciso e poi bruciato insieme alla sua auto.

L’ultimo cadavere è stato trovato la mattina di sabato 27 settembre in un prato di San Giorgio su Legnano, a nordovest di Milano: Cataldo Aloisio, 34 anni, aveva un foro di pistola che dalla bocca arrivava alla nuca. A 200 metri dal cadavere, la nebbiolina di primo autunno lasciava intravedere il cimitero del paese, in cui riposa finalmente in pace, benché con la faccia spappolata, Carmelo Novella, che il 15 luglio scorso era stato ammazzato in un bar di San Vittore Olona con tre colpi di pistola in pieno viso.

Milano, Lombardia, Nord Italia. È solo cronaca nera? No, Gomorra è già qua. Ma i politici, gli imprenditori, la business community, gli intellettuali, i cittadini non se ne sono ancora accorti.

Pubblicato il: 09.10.08
Modificato il: 09.10.08 alle ore 8.34   
© l'Unità.
Registrato
Pagine: [1]
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!