LA-U dell'OLIVO

Forum Pubblico => ECONOMIA e POLITICA, ma con PROGETTI da Realizzare. => Discussione aperta da: Admin - Agosto 30, 2007, 11:54:18 pm



Titolo: GIANFRANCO FINI.
Inserito da: Admin - Agosto 30, 2007, 11:54:18 pm
Il colloquio con il leader di An Fini: «Vedrete che si vota in primavera» «La linea di Montezemolo sul fisco? E' quella di tutte le aziende» 

 DAL NOSTRO INVIATO


CORTINA D'AMPEZZO — «Scommettiamo che in primavera si vota?». È riemerso dai fondali della Corsica rilassato e abbronzato, determinato a unire il centrodestra per far cadere Prodi. E quando arriva a Cortina per il duello con Piero Fassino, Gianfranco Fini mostra di aver mandato a memoria la «lezione» di Luca Cordero di Montezemolo: la vera emergenza è il fisco e le reazioni con cui la sinistra ha accolto la riflessione del leader degli industriali, mettono in luce le contraddizioni del governo. «È l'ennesima dimostrazione di quanto l'atteggiamento della sinistra sia paradossale — parte all'attacco il leader di An — Montezemolo ha detto ciò per cui, tra virgolette, è pagato. Che fa l'Italia mentre la Germania taglia di sette punti il carico fiscale alle imprese? Nulla. E se il presidente di Confindustria lo denuncia ecco che la sinistra insorge, neanche avesse commesso un reato di lesa maestà. Tanto scandalo per aver detto quel che tutti gli imprenditori italiani pensano». Sul fucile di Bossi non si sofferma («qualche volta Umberto smarrona»), mentre trova emblematiche le polemiche che giorni fa accolsero la provocazione del presidente di Federmeccanica. «Calearo aveva addirittura detto che "forse Bossi non ha tutti i torti a parlare di rivolta fiscale", figuriamoci se Montezemolo, che ha il polso dei suoi associati, non dice una cosa molto giusta e cioè che non siamo disposti a pagare un solo euro in più». E la «tregua» fiscale? Il presidente di Alleanza nazionale, in poltrona nel salone del Grand Hotel Miramonti prima di salire sul palco di CortinaIncontra, beve un sorso di caffè e ride di gusto. «Questa della tregua è una gaffe lessicale di Padoa-Schioppa. La tregua si fa dopo una guerra e con quella espressione il ministro dell'Economia conferma che, per oltre un anno, Visco ha fatto la guerra ai cittadini ». E quando da Telese arriva il commento di Clemente Mastella, che ha letto l'intervento di Montezemolo come una discesa in campo, Fini spalanca le braccia con un lampo di sfida negli occhi. «Le porte sono aperte per tutti. È pieno di soggetti che ogni tanto decidono di entrare in politica, sono tutti benvenuti. Ma alla fine quel che conta è il consenso di cui si dispone ».

Il consenso personale a Fini non manca, ogni volta che spunta un sondaggio sul gradimento dei leader lui si piazza sul podio. Ma questo non basta per strappare a Berlusconi la guida del centrodestra e nessuno lo sa meglio di lui. Ha aspettato a lungo, la nomina a successore designato non è arrivata e così l'ex ministro degli Esteri ha cambiato strategia. Diventare «il centro del centrodestra», non come traguardo di geografica politica ma in quanto motore della coalizione. Il via libera di Fini al Cavaliere come candidato premier è netto e in apparenza senza ombre e lui, in attesa del suo turno, ritaglierà per sé il ruolo di leader politico dell'alleanza, ispiratore di una nuova strategia innovatrice. «Come sono i miei rapporti con Berlusconi? Come sempre». Non buoni dunque, presidente... «Sono quelli di due mesi fa, di sei mesi fa, di un anno fa, anche se ogni tanto voi giornalisti vi divertite a dipingere scenari che non esistono». A proposito di scenari, condivide le preoccupazioni dei suoi alleati per le mosse di Maria Vittoria Brambilla? «Si candidi e vedremo se ha il consenso. Tutte quelle polemiche sul Partito delle libertà sono sciocchezze. Se Berlusconi intende rilanciarlo ne parleremo, noi siamo pronti. Ma bisognerà parlarne in modo approfondito». Il Cavaliere ha già approfondito per suo conto, nel chiuso di Villa Certosa. «Guardi, nessuno fa niente da solo. Ma il problema del centrodestra non è un deficit di leadership, è un deficit di strategia. Se vogliamo incidere e far cadere Prodi serve unità, unità, unità. I questi giorni tutto quello che mi sono sentito dire dalla gente era quando li mandate a casa? Il ruolo di An è quello che abbiamo indicato a luglio nell'assemblea nazionale, cioè occupare il cuore del dibattito imponendo la nostra agenda. Fisco, sicurezza, legge elettorale... ». E così, mentre lavora per rilanciare la confederazione delle forze del centrodestra, Fini va avanti per la sua strada, anche a costo di dare qualche dispiacere al capo. «Il 13 ottobre abbiamo convocato una manifestazione importante contro le tasse e contro il governo», conferma la chiamata in piazza per nulla gradita a Berlusconi. Lasciata alle spalle la tentazione di candidarsi alla guida del Campidoglio, il leader di An riparte da qui. Dal tallone d'Achille di Prodi, dal tentativo di spezzare sul nascere l'asse tra Veltroni e Rutelli e mostrare agli elettori che i due gemelli del riformismo di centrosinistra nulla potranno alla prova dei fatti, quando si tratterà di fare i conti con i «niet» di Giordano e Diliberto. «Diventa interessante vedere se l'asse tra Fassino e Rutelli verrà declinato davvero, perché un conto è dire politica riformatrice e un altro fare i conti con la sinistra». Ha letto l'intervista a Veltroni sul Corriere? «Troppo lunga, come ha detto la bravissima Rosy Bindi». Prima della pausa estiva andavate d'amore e d'accordo, col sindaco di Roma...

«Il dialogo non si è interrotto. Comunque sì, l'intervista di Veltroni l'ho letta e non mi è sfuggita la stoccata a D'Alema sul ribaltone del '98, quando giura che a differenza di lui andrà a Palazzo Chigi solo passando per le urne. Lo dice per tranquillizzare Prodi, ma il sospetto che crea in Parisi dà da pensare». E di Pier Ferdinando Casini non dice nulla? «Ho visto che è dimagrito. Ma non credo possa competere con me...».

Monica Guerzoni
30 agosto 2007
 
da corriere.it


Titolo: Fini al Cavaliere: «Cambiare rotta» Berlusconi: no (ovviamente da par suo ndr)
Inserito da: Admin - Novembre 16, 2007, 12:08:57 pm
Fini al Cavaliere: «Cambiare rotta» Berlusconi: no


«Riflettere», «voltare pagina», «cambiare strategia». È ben chiaro lo strattonamento di Gianfranco Fini a Silvio Berlusconi all'indomani del voto di approvazione della Finanziaria in Senato: la prova di esistenza in vita del governo Prodi con due sole scivolate su emendamenti minori.

Fini consegna alle pagine del Corriere della Sera un messaggio che rivolge, a dire il vero, a tutto il centrodestra, a questo punto Udc compresa (che ieri ha cercato in tutti i modi di tirare per la giacchetta i centristi di lanfranco Dini senza riuscire a spostarli gracnché ndr) ma che è il centrodestra guidato da Berlusconi verso una spallata che non c'è stata e che però ora continua con i gazebo e la raccolta di firme per le elezioni. «Al centrodestra - detta Fini - serve una strategia semplice e chiara che parta da un dato politico tanto ovvio quanto fin qui pervicacemente negato da Berlusconi. Il governo cadrà un secondo dopo che si avrà la certezza che dopo Prodi non si torna subito alle urne con l'attuale legge elettorale».

«L'attesa dell'implosione della maggioranza rischia di essere l'attesa di Godot - è la citazione dotta del leader di An - se il centrodestra non contribuisce alla sollecita rimozione del macigno che sbarra la strada alle nuove elezioni: l'attuale legge elettorale». Dopo aver realizzato, nel 2008, «poche ma indispensabili riforme», «saranno gli italiani a scegliere il premier e la coalizione di governo». Fini assicura l'impegno di An, «anche per non assumersi la responsabilità di sacrificare, sull'altare di una sterile unità di coalizione, la sua stessa ragione fondativa. Contribuire al varo di una nuova Repubblica».

Il leader di An non ha dubbi: «È difficile pensare che siano sufficienti le timide parole di Dini sulla necessità di una nuova fase politica per far sì che Prodi stacchi la spina». E il tutto mentre «l'opposizione in Parlamento è sostanzialmente impotente».

Ma Silvio Berlusconi ha evidentemente troppo timore di essere lui a cadere per la spallata andata a vuoto e così risponde in tempo reale a Fini: «Nel centrodestra non cambia nulla, serve unità. Se ci sono delle nuove idee che finora non ci sono state io sono aperto ad interpretare la volontà degli italiani. Finora mi sono impegnato per cercare di far implodere questa maggioranza, penso che ci sia riuscito. L'unico che si sia dato da fare nella direzione indicata dagli italiani sono stato io». Berlusconi, usa la trasmissione "Panorama del giorno" sul suo Canale 5 per rispondere per le rime a Fini sul futuro del centrodestra. La lettera di Fini sul Corriere? «C'è un percorso alternativo alla sinistra, gli italiani hanno chiaro che questa sinistra non può governare», spiega l'ex presidente del Consiglio.

Così anche la posizione di Fi sul tema della legge elettorale non cambia. «La nostra è una posizione che manteniamo ferma - ribadisce Berlusconi -: questa legge elettorale deve essere cambiata soltanto per quanto riguarda l'attribuzione del premio di maggioranza da regionale a nazionale. Questa legge elettorale ha funzionato bene alla Camera».

Del resto Berlusconi non si considera uno sconfitto. Per lui «Ieri l'implosione c'è stata perché due formazioni politiche hanno annunciato di non fare più parte della maggioranza», cioè i senatori vicini a Dini e Manzione che si sono uniti in un unico raggruppamento dichiarando poi di votare la manovra del governo solo per senso di responsabilità.

 

Pubblicato il: 16.11.07
Modificato il: 16.11.07 alle ore 9.56   
© l'Unità.


Titolo: GIANFRANCO FINI.
Inserito da: Admin - Novembre 22, 2007, 11:10:18 pm
In una riunione dell'Esecutivo del partito

Fini: «Restiamo a destra, mai con Casini»

Il leader di An smentisce di voler confluire nel nuovo progetto centrista ma si dice pronto al dialogo

 
ROMA - «Dialogare con Casini è una cosa, ma noi restiamo a destra, alleanza nazionale non confluirà mai nella Cosa bianca». Così un perentorio Gianfranco Fini ai suoi durante l'esecutivo del partito, che si è concluso nel primo pomeriggio. Lo hanno riferito alcuni dei partecipanti all'incontro. Il leader di An ha così smentito quanto riferito da un articolo di giornale secondo il quale il suo partito sarebbe pronto a confluire nel nuovo progetto centrista di Casini e Pezzotta.

«RESTIAMO DI DESTRA» - «Alleanza Nazionale è un partito che si definisce, ed è, per valori, principi, programmi, un partito di destra. Una destra europea, moderna, riformatrice, con una logica di coalizione e maggioritaria» ha spiegato Fini. Ma la destra italiana, ha aggiunto, «è pronta confrontarsi con tutti: soggetti politici, nuovi, vecchi e che verranno, sulla base di comuni progetti, valori e idee e per costruire un governo alternativo alle sinistre». Tutto ciò partendo dal presupposto che «Berlusconi ha archiviato la Cdl, ma se non c'è più il centrodestra continua ad esserci il popolo di centrodestra, ed è a questo che An intende parlare».

«NO ALLA GRANDE COALIZIONE» - Un messaggio indiretto ma chiaro agli elettori: chi vota An non rischierà mai di ritrovarsi al governo insieme alla sinistra, come potrebbe capitare agli elettori di Berlusconi se fosse vero che il Cavaliere pensa alla «grande coalizione». Una precisazione che Fini ribadisce anche in vista dell'importante faccia a faccia di lunedì con Walter Veltroni sulla legge elettorale. Perché se il segretario del Pd ha visto come «un passo avanti» le aperture di Fini su una legge proporzionale bipolare e sul dialogo per le essenziali riforme istituzionali, a via della Scrofa si è gradito che Veltroni abbia messo in agenda l'appuntamento con Fini prima di quello con Berlusconi.


22 novembre 2007

da corriere.it



Titolo: Fini: "Centrodestra può stare senza Silvio"
Inserito da: Admin - Dicembre 14, 2007, 05:02:06 pm
POLITICA

Il leader di An: "Difficile che regga in Parlamento, senza infrangersi contro la realtà dei numeri"

Mastella: "No al testo base, Prodi intervenga o il 10 gennaio al vertice io non ci sarò"

Fini contro il "patto della frittata" i "piccoli" boicottano la bozza Bianco

 
ROMA - "Siamo passati dal patto della crostata a quello della frittata". Gianfranco Fini descrive in questi termini il dialogo sulla legge elettorale tra Silvio Berlusconi e Walter Veltroni. La bozza Bianco continua a dividere, sia all'interno della maggioranza che dell'opposizione. Parte l'ostruzionismo dei partiti minori della maggioranza: in mattinata i membri dei gruppi di Verdi-Pdci, Sd e della Rosa nel Pugno si sono iscritti a parlare in massa in commissione Affari costituzionali del Senato, dove si sta esaminando la proposta di riforma della legge elettorale che ha avuto il beneplacito di Pd e Ppl. Intanto Clemente Mastella intima a Romano Prodi di "intervenire personalmente per fare chiarezza sulla riforma", altrimenti "a gennaio quest'alleanza finisce".

Fini: "Dalla crostata alla frittata". Per il leader di An, "ha ragione Berlusconi" quando dice che l'accordo con Veltroni "non è segreto, è evidente", ma "sarebbe più onesto, se si vuole lavorare per il bipolarismo, accettare alleanze dichiarate prima del voto, a meno che non si voglia prescindere da trattative con gli alleati, lasciarli in una posizione subalterna e obbligarli a tornare a canossa con il capo cosparso di cenere". E conclude: "In Parlamento sarà molto difficile che il patto della frittata regga e non si infranga con la realtà dei numeri".

Mastella: "Prodi intervenga o è finita". La maggioranza, martedì prossimo in Senato, eviti di adottare il testo base della proposta di riforma di Enzo Bianco e discuta dell'argomento, prima, con tutti gli alleati. Così il ministro della Giustizia Clemente Mastella che, a margine di un convegno, sottolinea che, in caso contrario, "non parteciperò al vertice del 10 gennaio perché vuol dire che si va avanti comunque, facendo finta di niente". Il Guardasigilli lamenta che "finora il confronto si è avuto più con l'opposizione che non nella maggioranza" e insiste: "Prodi deve intervenire perché lui è il leader dell'intera alleanza scelto dalle primarie. Io nel Pd non ci vado, quindi Veltroni è un mio competitor e io a lui non devo chiedere nulla".

"Piccoli" della maggioranza, ostruzionismo al via. Contro la bozza Bianco parte l'ostruzionismo dei partiti minori della maggioranza. I membri dei gruppi di Verdi-Pdci, Sd e della Rosa nel Pugno si sono iscritti a parlare in massa, questa mattina al Senato, in commissione Affari costituzionali. "Alla fine il provvedimento si voterà ma rischia di non avere la maggioranza", osserva la capogruppo rossoverde Manuela Palermi. Le probabilità che ciò accada sono elevate, visto l'atteggiamento fortemente critico assunto anche dall'Udeur e dall'Udc che si aggiunge, anche se per motivazioni diverse, al dissenso di An.

(13 dicembre 2007)

da repubblica.it


Titolo: Fini: "Centrodestra può stare senza Silvio"
Inserito da: Admin - Dicembre 16, 2007, 04:33:13 pm
POLITICA

Da Cesa apertura condizionata: "Ma bisogna convergere sul sistema tedesco"

Scajola e Storace ironizzano sulla proposta: "Molto interessante, ma per Prodi"

Fini: "Centrodestra può stare senza Silvio"

Nella ex Cdl è scontro sul leader di An

 
ROMA - Gianfranco Fini infrange un tabù e come era comprensibile le prime reazioni non sono positive. In un'intervista su Libero il leader di An parla della possibilità di creare una forza unitaria di centrodestra a prescindere da Silvio Berlusconi, ma al momento in pochi sembrano credere nella fattibilità del progetto.

"Non penso sia possibile e non voglio neppure che sia tentato", dice l'ex ministro Claudio Scajola. "Dobbiamo cercare invece ogni motivo di unità e di coesione - aggiunge -. Voliamo alto, le regole sono tutte da scrivere insieme". "Non si può pensare - insiste l'esponente di Forza Italia - che Berlusconi voglia rompere con An, Udc e Lega. Per essere sinceri Berlusconi ha preso atto per ultimo e non per primo che l'esperienza della Cdl era finita. Per mesi non ha potuto convocare vertici perché Casini dichiarava che non avrebbe partecipato. Sono stati gli alleati per primi a definire la Cdl finita, non Berlusconi".

Nell'intervista Fini affermava esattamente il contrario: "La Cdl è stata demolita da Silvio. Ma un sistema di alleanze alternative al Pd o all'Unione è possibile con o senza il demolitore. Il monopolio della politica non è previsto". L'ex vicepremier chiariva quindi con chi pensava di realizzare la sua proposta: "Semplice, con tutti quelli che ci stanno. Con chi ha idee e principi da condividere con noi".

Francesco Storace, ormai in polemica con Fini su qualsiasi cosa, si chiama subito fuori e dispensa sarcasmo. "E' interessante - commenta - la proposta di Fini di costruire un'alternativa alla sinistra senza Berlusconi: è interessante soprattutto per Prodi, che rischiamo di ritrovarci ancora per altri 50 anni".

Ma da chi il leader di An si aspettava forse un po' di entusiasmo in più è l'Udc, che si è limitato invece a un'apertura condizionata. "Agli amici di An - spiega il segretario Lorenzo Cesa - voglio dire con chiarezza che se convergiamo sul sistema tedesco (in realtà fortemente avversato da An, ndr), noi siamo pronti ad un accordo sull'indicazione preventiva delle alleanze e del premier".

(16 dicembre 2007)

da repubblica.it


Titolo: Alessandro Trocino - E Fini sfoggia la croce dei Templari
Inserito da: Admin - Dicembre 16, 2007, 04:52:09 pm
Il simbolo più odiato dall'Islam

E Fini sfoggia la croce dei Templari

La spilla regalata da un collega di partito: ne è rimasto subito attratto.

Il leader di An: «Non ho il dono della fede»


MILANO — L'ha sfoggiata a Porta a Porta e a Ballarò, ma difficilmente potrebbe appuntarsela al bavero in qualche vertice internazionale o in un paese islamico. La spilletta che Gianfranco Fini porta sulla sua giacca da domenica è il simbolo dei Templari, cavalieri di Cristo in Terra Santa contro i musulmani. Lo stesso simbolo che, dopo la protesta dei turchi alla Uefa, da ieri il Barça ha dovuto togliere dalle maglie e che è stato contestato anche all'Inter, per quanto in questo caso si tratti del simbolo di Milano e non della croce dei Templari. Quella spilla sulla giacca di Fini — una croce rossa come il sangue di Cristo, che termina con quattro punte a coda di rondine su uno sfondo bianco — l'ha notata Marcello Veneziani. Che, collegandola alla recente dichiarazione del leader di An — «Non ho il dono della fede» —, si è interrogato su Libero sul «mistero di quel segno distintivo in un laico e non credente confesso: sarà una nuova specie di ateo devoto». Specie cara a Giuliano Ferrara ma non a Veneziani: «Tra tanti leader di sinistra che scoprono ascendenze o discendenze cristiane, tra Veltroni e D'Alema, Bertinotti e Fassino», la destra non può «finire in una loggia o in un lions club, con tutto il rispetto». Veneziani ricorda a Fini «che il maggior intellettuale vivente della destra è oggi un tale Ratzinger e di mestiere fa il papa».

Memento forse non indispensabile per Fini che da anni è uno dei più strenui difensori dei valori religiosi e tradizionali. Non è un mistero, per esempio, la sua netta contrarietà all'aborto. A difendere la spiritualità di Fini c'è anche la testimonianza di Bartolo Sammartino, ex vicesindaco di Palermo ed ex deputato regionale siciliano: «Quella spilla — spiega — era mia. Me la vedeva addosso da dieci anni e domenica mi ha chiesto di regalargliela. Evidentemente da tempo subiva l'attrazione di questo simbolo. E dunque non è certo un caso che ora abbia deciso di indossarla: è una precisa scelta di comunicazione di valori». Non che Fini sia diventato improvvisamente un templare, né che lo sia il giovane Sammartino, presidente dell'Accademia nazionale della politica, associazione nata dalle esperienze di «Alleanza etica », come racconta il presidente di Trapani Giuseppe Fragapani: «La croce è una sfida al materialismo e al nichilismo, un richiamo ai valori cristiani e cattolici». «Si è perso ogni orizzonte metafisico — aggiunge Sammartino — si è perso il senso del sacro. I templari, monaci e guerrieri, univano virtù civili e religiosi». Niente a che vedere «con quelle fesserie alla Dan Brown», spiega. Né con la massoneria: «È antitetica». E nessuna offesa all'Islam: «Anzi: i templari erano accusati di intelligenza con il nemico. Un famoso quadro ritrae un templare che gioca a scacchi con un musulmano».


Alessandro Trocino
16 dicembre 2007

da corriere.it


Titolo: L’Osservatorio di Renato Mannheimer. Elettori cdl incerti. E avanza Gianfranco
Inserito da: Admin - Dicembre 16, 2007, 04:53:12 pm
L’Osservatorio di Renato Mannheimer

Elettori cdl incerti. E avanza Gianfranco

In palio c’è la conquista della maggioranza dell’elettorato: secondo le ultime stime, grossomodo il 53-54%


Le ultime dichiarazioni di Berlusconi si collocano pienamente nel quadro del conflitto in corso nel centrodestra. Che si protrae, spesso con toni furibondi, sia sul piano della polemica tra i leader, sia, specialmente, su quello dell’acquisizione di consensi popolari. In palio c’è la conquista della maggioranza dell’elettorato: secondo le ultime stime, grossomodo il 53-54%. Ove Forza Italia rappresenta oggi la forza politica di gran lunga più ampia. Ma ove, sul piano dell’elettorato potenziale (vale a dire di chi prende in considerazione un partito pur senza avere ancora deciso di votarlo) le altre componenti — specie An, il cui potenziale eguaglia quello di FI — minacciano il primato del Cavaliere.

In un quadro di grande frammentazione — e, al tempo stesso, di disorientamento — dell’elettorato del centrodestra. Infatti, solo una parte minoritaria e, ciò che più conta, in decremento (oggi è il 40%) dei votanti per l’ex Cdl dichiara di prendere in considerazione uno solo tra i partiti che costituivano l’alleanza. La maggioranza, il 60%, non è sicura della propria scelta: quasi il 10% dell’elettorato del centrodestra si dichiara addirittura indeciso tra tutti e quattro i partiti e un altro 20% afferma di prenderne in considerazione almeno tre.

È anche questa forte sovrapposizione tra le aree elettorali di riferimento e di potenzialità delle diverse forze a condurre all’accesa conflittualità di questi giorni. La supremazia dell’una o dell’altra componente dipende in buona misura dalla leadership che i vari esponenti saranno capaci di esercitare. Anche da questo punto di vista, An rappresenta un avversario temibile per il Cavaliere, che pure ha dimostrato, se ce n’era bisogno, anche in questi giorni grandi capacità di innovazione e di comunicazione. Fini ha infatti tuttora la palma del massimo livello di popolarità (assai più di Prodi e Berlusconi), gode di larghi consensi anche al di fuori dell’elettorato del suo partito e del suo stesso schieramento e, specialmente, viene considerato, tra i leader del centrodestra, il meno responsabile dell’attuale stato di crisi della coalizione.

I dati dei sondaggi suggeriscono che vincerà probabilmente la competizione chi saprà dare all’elettorato l’immagine—e il messaggio—di maggiore impegno per la unificazione (o la riunificazione) delle forze di centrodestra. Di qui anche lo «spirito unitario» espresso ieri da Berlusconi: il Cavaliere ha non a caso evocato ciò che —assieme alla semplificazione del quadro politico— gli elettori dichiarano di auspicare sopra ogni cosa.

Renato Mannheimer
16 dicembre 2007

da corriere.it


Titolo: E il Cav. si ustiona con l'acqua calda. Voleva placare una colica.
Inserito da: Admin - Dicembre 21, 2007, 06:58:37 pm
Incidenti Voleva placare una colica.

E il Cav si ustiona con l'acqua calda

Ai suoi: su Dini minacce di arresto alla moglie


ROMA — Visto che Letta l'ha già candidato un centinaio di volte a Palazzo Chigi, perché «io non ho alcuna voglia di tornarci e lui sarebbe perfetto». Visto che ha già detto nei giorni scorsi che il «Popolo della Libertà è aperto a tutti e credo che con gli ex alleati alla fine torneremo insieme». Forse l'unica notizia nuova che riguarda il Cavaliere è che ieri mattina si è ustionato con una borsa di acqua calda.

Avete letto bene, ustionato e addirittura in modo non lieve, ustioni di secondo grado. Tutto nasce dalla cena di due sere fa, ospite di Mara Carfagna, la bella deputata di Forza Italia che ha festeggiato il suo compleanno nel ristorante all'ultimo piano del Palazzo delle Esposizioni.

Qualcosa della cena ha fatto male allo stomaco del Cavaliere.

Una colica mattutina ha reso necessario l'intervento del medico. Una borsa applicata sulla pancia avrebbe dovuto alleviare i dolori. Il vecchio sistema ha avuto però dei risvolti inattesi. Dell'acqua, molto calda, è fuoriuscita dalla borsa e l'ex premier si è scottato serio alla pancia e al petto. Anche per questo motivo Berlusconi ieri ha lasciato anzitempo i funerali della mamma del centrista Francesco D'Onofrio. L'indisposizione non ha comunque cambiato l'umore del Cavaliere, ieri sera presente alla cena di Natale con i deputati.

Due sere fa, Mara Carfagna in braccio, Berlusconi ha cantato con Apicella, ha espresso giudizi estetici («Mara ha le gambe un po' pelose»); è tornato sull'argomento senatori: «Mi continuano a dire che il governo cadrà a gennaio; fra l'altro a Dini hanno minacciato di mandare la moglie in galera»; si è schermito: «Io comunque ho registrato tutti i colloqui che ho avuto»; ha commentato le ultime uscite di Veltroni: «Anche noi andremo da soli, meglio che gli alleati che conoscete ».

Uno scenario che ha un corollario previsto da Beppe Pisanu, che ne ha parlato a cena anche con Giuliano Amato: «Una fase di transizione nell'interesse del Paese, Pd e Pdl insieme al governo».

Marco Galluzzo
20 dicembre 2007(ultima modifica: 21 dicembre 2007)


da corriere.it


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POLITICA

Al compleanno di Mara Carfagna il Cavaliere ha parlato del Pdl e di Letta

"E' perfetto per quel ruolo". E ai pm: "Minacce di galera alle mogli dei senatori"

Berlusconi pensa a Letta premier e accusa ancora i magistrati


ROMA - "Per il futuro io non penso a me a Palazzo Chigi, ma a Gianni Letta. Lui sarebbe perfetto per quel ruolo", ha stupito i presenti con la sua schiettezza Berlusconi. Girando tra i tavoli del ristorante dove l'altra sera si è festeggiato il compleanno di Mara Carfagna, la deputata di Fi, il Cavaliere si è mostrato sempre più entusiasta della sua 'creatura' politica, ma anche pronto a riavvicinarsi agli alleati della defunta Cdl. E non sono mancati gli attacchi alla magistratura "che ha intimorito i senatori minacciando di mandare in galera le mogli".

"Non sono stato io a seppellire la Cdl - ha ripetuto ancora una volta il Cavaliere - Lo ha voluto Casini, rendendo impossibile il progetto della federazione e creandomi problemi con Fini". Poi anche il leader di An ci ha messo del suo, con le accuse dalle colonne del Corriere della Sera e di Repubblica, nei giorni della mancata 'spallata' al governo.

Berlusconi sa bene - anche perché Fini non manca di ripeterglielo ogni giorno - che l'asse con Veltroni sulla legge elettorale potrebbe causare la definitiva rottura. Resta perciò in attesa di scoprire le mosse del leader del Pd, dopo il vertice della maggioranza sulle riforme del 10 gennaio. E intanto manda segnali di distensione agli alleati di un tempo.

E' da leggersi anche così la sua garbata presenza ai funerali della mamma di Francesco D'Onofrio, presidente dei senatori dell'Udc, dove ha incontrato Pier Ferdinando Casini dopo molto tempo. Ed è così che si spiega il suo discreto sondare gli ambasciatori di Alleanza Nazionale, gli uomini vicini a Fini che dopo giorni di freddo silenzio tornano a parlare con il Cavaliere per tentare la via della ricucitura. Ma se i centristi restano diffidenti, in via della Scrofa c'è chi vede Fini più disponibile a riannodare il dialogo, sempre a partire dalla chiarezza che il leader di An esige su legge elettorale e Pdl.

Berlusconi comunque anche stasera, in una diretta telefonica con una manifestazione del nuovo partito, ha invitato gli alleati a restare insieme "fondendosi nel Pdl con pari dignità e senza che uno sia davanti e l'altro dietro". Altrimenti si può "restare alleati come lo siamo stati per tanti anni". "Ma credo sia ineludibile la possibilità di andare insieme - ha detto - e sono estremamente ottimista sul fatto che ci troveremo di nuovo uniti dentro questo movimento di libertà".

In particolare, il rapporto sciupato con Fini resta una spina nel fianco per il Cavaliere, che anche ieri sera non lo ha nascosto. Duettando con Mariano Apicella, al termine della serata, ha ricordato di quando scrissero a due mani la canzone dell'ultimo cd "Andiamo via". "Lui aveva litigato con la moglie, io avevo avuto una telefonataccia con Fini. Stavamo in cucina a farci un piatto di spaghetti e il brano è nato così...". "Andiamo via, da tutti, dai partiti, dalle tv, dai giornali e lasciamoli così con la loro aria afflitta e andiamo in un'isola lontana...", dice la canzone. E mesi fa, a Trieste, Berlusconi aveva raccontato che un intervento di Letta aveva indotto lui ed Apicella ad ammorbidire il testo. Gianni Letta, appunto, perfetto per tenere insieme le cose.

Ma intanto non accenna a placarsi la polemica innescata dall'inchiesta di Napoli su una presunta compravendita di senatori e poi rilanciata da Silvio Berlusconi secondo il quale i pm hanno "intimorito" esponenti della maggioranza di Palazzo Madama affinché non facessero cadere il governo. L'ex premier questa sera ha dato dei "contorni" alle accuse fatte qualche giorno fa in un comizio a Bologna, quando aveva parlato genericamente di senatori 'intimoriti'.

"Se qualcuno di voi viene minacciato addirittura da mandare in galera la propria moglie, qualcuno di voi potrebbe anche essere contento, non io di sicuro....", ha scherzato Berlusconi. Per poi aggiungere: "A qualcuno è stato minacciato di mandare in galera la propria moglie ed è legittimo che qualcuno si sia spaventato e allora non abbia fatto quello che magari avrebbe voluto fare". L'ex premier non ha fatto apertamente il nome del leader dei liberaldemocratici Lamberto Dini per poi invece fare riferimento in modo inequivocabile sulle aspettative per il futuro: "I gruppi che sono nati dall'implosione della maggioranza mi hanno assicurato che questo governo non può andare avanti. Ora staremo a vedere se avranno il coraggio di staccare la spina" a questo esecutivo, ha concluso Berlusconi.

(20 dicembre 2007)

da repubblica.it


Titolo: Gianfranco e la «maledizione» della Terza Carica
Inserito da: Admin - Aprile 16, 2008, 06:14:53 pm
Il caso

Gianfranco e la «maledizione» della Terza Carica

Le «vittime» del ruolo «super partes»
 

Gianfranco Fini sarà presidente della Camera, probabilmente. A vederlo in tv, non sembra entusiasta. Forse avrebbe voluto continuare a fare politica attiva, cosa che un presidente super partes dovrebbe evitare. Forse ci sono altri motivi. Fini sarebbe il primo ex missino a diventare la terza carica dello Stato; un definitivo sdoganamento ma anche un distacco dal governo, stavolta. Sarebbe la seconda Terza Carica dello Stato a convivere e fare figli fuori dal matrimonio (con Elisabetta Tulliani, da poco mamma di Carolina); un successo delle famiglie di fatto, che a lui magari non importa più di tanto.

Sarebbe anche — e forse è questo che lo preoccupa — il quarto presidente della Camera a rischiare la maledizione della seconda repubblica.

Colpisce chi viene eletto a ricoprire altissimi ruoli istituzionali, Senato incluso. Che fa il suo lavoro più o meno bene; poi, in qualche modo, viene messo da parte. O messa. Il caso più noto è quello di Irene Pivetti. Terza carica a trentun anni, nel 1994, in quota Lega, con curriculum da intellettuale cattolica. Negli anni, dopo varie vicissitudini politiche, incluso un passaggio al centrosinistra, ha adottato un look sadomaso ed è diventata conduttrice tv; di programmi come «Bisturi», «Giallo 1» , «Liberitutti », «Tempi moderni». Ultimamente è stata concorrente di «Ballando con le stelle». Son traguardi, anche questi, volendo. E' andata meglio a Luciano Violante, suo successore Ds. Dopo una presidenza 1996-2001, nella legislatura successiva non ha fatto il ballerino ma il capogruppo. Quest'anno si è ritirato. Come l'ultima terza carica, Fausto Bertinotti; solo, Bertinotti non voleva. Al momento, la terza carica meglio messa è Pierferdinando Casini. Affrancatosi da Berlusconi dopo molti anni, ha preso il quorum da solo (al Senato, da solo con l'ex governatore siciliano Totò Cuffaro; non si può avere tutto) e si sente ancora politicamente prestante. Il suo collega seconda carica dello Stato due legislature fa, il presidente dei senatori Marcello Pera, è stato rieletto nel Pdl; ma dopo gli exploit di palazzo Mada ma ha tenuto un profilo basso.

Prima di lui c'era stato Nicola Mancino dei Popolari, che ha continuato la sua carriera di alta carica e ora è vicepresidente del Csm. Meno bene, peggio che agli altri (politicamente, per il resto è molto benestante) è andata a Carlo Scognamiglio, prima seconda carica di Forza Italia. Non rieletto nel 2001 con Democrazia europea, non eletto alle europee 2004 col Patto Segni, dal 2007 è nella direzione del Partito liberale italiano. L'ultimo dei suoi successori, Franco Marini, è rieletto e importante nel Pd ma non è di buon umore. Insomma, le alte cariche non diventano leader, se già non lo erano, e non diventano premier. E non c'è una spiegazione. Qualcuno era troppo super partes, qualcuno troppo poco, qualcuno giovane, qualcuno vecchio, qualcuno aveva un seguito politico vero, qualcuno no (Fini, cinquantaseienne serio e tonico, spera di reggere il peso dell'alta carica senza poi finire a Ballando con le stelle, si presume, ma vai a sapere).

Maria Laura Rodotà
16 aprile 2008

da corriere.it


Titolo: Fini: «Nel Pdl rischi di cesarismo»
Inserito da: Admin - Novembre 26, 2008, 12:03:28 am
ALLARME DEL PRESIDENTE DELLA CAMERA

Fini: «Nel Pdl rischi di cesarismo»

Sulla fusione An-Fi: «Serve una forte democrazia interna»
 
 
ROMA - Il presidenzialismo non deve sfociare in «cesarismo» e per questo è necessario un contrappeso alla forza dell'esecutivo. Così come serve una discussione nel Pdl che sta nascendo perché questo si organizzi con metodo democratico. Lo ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, intervenendo a Montecitorio alla presentazione del libro di Pino Pisicchio, «Tra declino e cambiamento. Aspetti del partito politico italiano». Fini, parlando della forma partito e della sua evoluzione, ha sottolineato che «oggi in una società liquida e post-ideologica il modello di partito non può più essere una sorta di chiesa ideologicamente strutturata». Anzi, ha aggiunto, «un partito leggero, più un cartello elettorale è in maggiore sintonia con la società». Tuttavia, ha aggiunto Fini, «il partito, per quanto flessibile, ci deve essere, e deve porsi il problema di selezionare la classe dirigente e di guidare la pubblica opinione». Senza questo filtro, ha continuato il presidente della Camera, la leadership può manifestarsi in maniera «cesaristica».


CESARISMO - «Lo dico da presidenzialista convinto - ha proseguito Fini - la differenza che c'è tra cesarismo e presidenzialismo sta nel fatto che tanto più il baricentro è il rafforzamento dell'esecutivo tanto più forte deve essere il contrappeso a quel potere: il vero discrimine è il check and balances».
Inoltre, ha continuato, «per non sfociare nel cesarismo serve che la vita dei partiti si svolga con un metodo democratico». «Ecco perché - ha concluso - sia nel Pd che nel Pdl che sta nascendo, la discussione su come questi partiti si strutturano è fondamentale.

È vero che non c'è democrazia senza i partiti ma anche i partiti al loro interno devono essere democratici, è per questo che è fondamentale che questi nuovi soggetti discutano di se stessi».

25 novembre 2008
da corriere.it


Titolo: GIANFRANCO FINI L'Italia.
Inserito da: Admin - Febbraio 19, 2009, 12:10:55 pm
LA LETTERA

L'Italia, la Chiesa e una laicità positiva


di GIANFRANCO FINI


Caro direttore,

una singolare casualità della storia ha voluto che la ricorrenza degli ottant'anni del Concordato cada proprio a venticinque anni dalla stipula della revisione del Concordato stesso. Ma, soprattutto, tali ricorrenze cadono in una fase in cui più viva che mai è la questione del rapporto fra il pensiero della Chiesa cattolica e l'azione politica, ed in cui riemergono periodici conflitti tra laici e cattolici impegnati in politica.

Per tentare di fare il punto su tale questione, mi sia consentito trarre ispirazione da un concetto pronunciato dal Santo Padre, Giovanni Paolo II, in un momento di alto valore storico e simbolico quale il discorso tenuto nell'Aula di Montecitorio il 14 novembre di sette anni fa.

In quel discorso colpirono, soprattutto, la sottolineatura del rispetto dovuto dalla politica alla centralità della persona umana, accompagnata dall'invito rivolto al nostro Paese ad "incrementare la sua solidarietà e coesione interna per poter meglio esprimere le sue doti caratteristiche e valorizzare la sua ineguagliabile ricchezza e varietà di culture".
Si tratta di una bussola, fatta di entrambi i concetti, che ci deve guidare proprio in questa fase in cui fenomeni epocali quali la globalizzazione, accoppiati al mutamento della struttura stessa delle nostre società, possono mettere in dubbio quelli che debbono essere i valori fondamentali di riferimento per una società. Una società che richiede una nuova e forte "dimensione etica", oggi offuscata dalla labilità con cui spesso vengono percepiti i valori fondamentali.

In questo quadro si colloca anche il forte incremento della presenza nella società italiana di nuovi movimenti religiosi di diversa origine culturale e geografica, resa più complessa dal fatto che manca a tutt'oggi una legge di carattere generale che garantisca la libertà religiosa, pur nel quadro del multiculturalismo e del pluralismo religioso indubbiamente in atto. Una tendenza destinata inevitabilmente a crescere, e rispetto alla quale la società italiana, per fortuna, non ha vissuto tensioni interetniche, avendo manifestato una accoglienza nei fatti positiva per le minoranze religiose, ben più di quanto abbiano saputo fare altri grandi paesi europei.

Un fenomeno al quale la stipulazione di Intese con culti non cattolici potrebbe recare un utile contributo, sempre ovviamente nel rispetto fondamentale delle garanzie dei diritti umani di libertà e di uguaglianza.
Mi ha colpito molto che il Presidente della laicissima Francia, Nicolas Sarkozy, nel suo discorso pronunciato a San Giovanni in Laterano nel 2007, abbia introdotto il concetto di "laicità positiva", volendo così evidenziare la fine della sostanziale indifferenza dello Stato francese nei confronti del fenomeno religioso, vissuto, oltralpe, nell'ambito di una dimensione tutta personale e privata, completamente separata da quella pubblica.

Ebbene, quel concetto di "laicità positiva" era già ben presente nell'Accordo Craxi-Casaroli del 1984 di modifica del Concordato, con conseguente abbandono di quell'atteggiamento di "difesa" nei confronti dello Stato tipico dei Concordati tradizionali.

Un nuovo "Concordato-quadro" a maglie larghe, che rimandava la disciplina concreta dei singoli settori a successivi accordi, o a intese attuative tra il Governo e la Conferenza episcopale italiana, sulla base della "reciproca collaborazione per la promozione dell'uomo e per il bene del Paese" (articolo 1 dell'Accordo).

Un concetto del resto ripreso dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, quando in occasione della visita di Papa Benedetto XVI al Quirinale, ha sottolineato, tra l'altro, "conosciamo e apprezziamo la dimensione sociale e pubblica del fatto religioso".

È in questo quadro che si colloca quel riconoscimento dell'importanza delle radici ebraico-cristiane dell'identità culturale europea, in cui si sono riconosciuti sia il governo precedente che quello attualmente in carica, indipendentemente dalle concezioni religiose ed ideali di ognuno, così come si riconoscono nell'importanza dell'azione di coesione e di sostegno svolta dalla Chiesa nella società italiana.

Tutto questo non stride con il progressivo disvelamento di quel principio di "laicità dello Stato", sostanzialmente racchiuso, anche se non formulato con queste parole, nella Carta costituzionale.

Una laicità non certo aggressiva nei confronti della religione, aliena da degenerazioni laiciste ed anticlericali, aperta al riconoscimento del ruolo attivo e positivo della Chiesa nella società italiana. Una laicità dello Stato che deve però tenere conto che viviamo in un Paese la cui storia è inestricabilmente intrecciata alla vicenda del Cristianesimo e della Chiesa romana, perché si possa minimamente immaginare un reciproco disinteresse.

(19 febbraio 2009)
da repubblica.it


Titolo: Quando Fini disse: "I repubblichini stavano da quella sbagliata"
Inserito da: Admin - Marzo 04, 2009, 10:09:53 am
SPETTACOLI & CULTURA     

Da Salò, alla strategia della tensione: 65 anni di gruppi eversivi

Quando Fini disse: "I repubblichini stavano da quella sbagliata"

Quando i neri restano neri storia della destra radicale

di MATTEO TONELLI


 ROMA - Un filo nero lungo che si snoda per sessantacinque anni. Tenuto insieme da date che ne segnano il cammino: 8 settembre, 25 aprile, 25 luglio. Una storia, quella della destra radicale, eversiva, terrorista, racchiusa nelle più di 600 pagine di "Neri" (Newton Compton editori. euro 16.90). Mario Caprara e Gianluca Semprini tornano sull'argomento. Lo avevano già fatto con "Destra estrema e criminale". e continuano a seguire quel solco. Raccontando di quei neri che hanno lottato "contro il comunismo", rievocando le bombe nei treni e nelle piazze. I servizi deviati e le collusioni con l'estremismo nero. Tratteggiano quella guerra civile a bassa intensità che sono stati gli anni di piombo. Parlano della destra che rifiuta la democrazia, quella di Ordine Nuovo, Avanguardia nazionale, i Nar di Fioravanti, Terza Posizione. Arrivano fino alla nuova destra, quei fascisti del terzo millennio che occupano case e invitano un ex Br ai loro dibattiti.

Duecento storie che iniziano con il 25 luglio '43 e con la caduta del fascismo e finiscono con gli scontri di piazza Navona tra militanti del Blocco Studentesco e studenti di sinistra. Una storia che parte da Salò e passa per i raggruppamenti clandestini di esuli della RSI. Tocca le lotte per Trieste italiana e le voglie di golpe. Tratteggia lo spontaneismo armato dei Nar e le stragi. Dentro, insomma c'è di tutto. Compresi i tanti interrogativi su mandanti ed esecutori ancora senza risposta.

Insomma è la parte "sbagliata" dell'essere di destra, quella raccontata dal libro. Quella lontana da una Gianfranco Fini che parla di "valore antifascista". Quella che non ci stava e non ci sta a mettere nel cassetto la camicia nera. Che non ha abiurato e non abiura. Quella che trova cittadinanza anche nelle parole di un ministro di An come Ignazio La Russa quando si lancia in una manovra di riabilitazione dei repubblichini. Insomma quella destra che c'è stata e c'è ancora in un Paese che continua a dividersi sulle date.

(Giovedì 12 marzo il libro verrà presentato alla libreria Arion in via Cavour 255 a Roma alla presenza del capo della Dda di Roma Giancarlo Capaldo).


(2 marzo 2009)
da repubblica.it


Titolo: GIANFRANCO FINI. Attacco alla legge sul biotestamento: "E' da Stato etico"
Inserito da: Admin - Marzo 29, 2009, 11:22:35 am
Seconda giornata dei lavori alla Nuova Fiera di Roma, parla il leader di An

Al centro dell'intervento le riforme, l'immigrazione, la laicità delle istituzioni

Congresso Pdl, il giorno di Fini "Serve una stagione costituente"

Attacco alla legge sul biotestamento: "E' da Stato etico"

di MASSIMO RAZZI

 
ROMA - Gianfranco Fini scalda decisamente la seconda giornata del congresso Pdl e il primo a capirlo è Silvio Berlusconi. Il presidente della Camera ha appena finito un discorso alto e non facile in cui ha riproposto i temi duri della società multietnica e ha attaccato esplicitamente il testo sul testamento biologico approvato dal Senato, la sala esplode in un lungo applauso con sventolio di bandiere e Silvio (mai lasciare la scena a un altro) si materializza sul palco accanto a Gianfranco: lo abbraccia, lo bacia e urla nel microfono: "Anche per spazzare le malignità e le malizie sul fatto che io e Gianfranco non ci si voglia bene...".

Gianfranco, in realtà, si era già placato ieri cogliendo i segnali di pace contenuti nel lungo e noioso discorso del leader: il riferimento alle intuizioni unitarie di Pinuccio Tatarella, il "no" al pensiero unico, l'idea che non si tratta di uno scioglimento di An in Fi, ma della fusione di due storie dignitose con un lungo cammino (15 anni) già in comune. Le cose, insomma, che Fini voleva sentirsi dire e che gli hanno permesso un intervento tutto sui temi che il presidente della Camera ha fatto decisamente suoi: qualità della democrazia e riforme istituzionali (da fare insieme all'opposizione), assetto economico (con i tre patti: generazionale, capitale-lavoro e Nord-Sud) e disegno dell'Italia del futuro multietnica, multireligiosa con i quali deve fare i conti (e non scontrarsi) chiunque voglia governarla.

Ma già prima di Fini, gli interventi della mattinata avevano mostrato un congresso più vivo rispetto all'orrendo torpore di ieri fasciato nel culto della personalità berlusconiana. Almeno si sono sentite voci qua e là diverse, qua e là in grado di porre qualche problema all'assise congressuale e al partito che sta nascendo.

Schematizzando, intanto, si può dire che (nonostante Fini) la differenza tra quelli di An (finiani in particolare) e gli ex di Forza Italia si sente e come. Gli interventi si potrebbero assegnare all'una o all'altra schiera anche senza ascoltare i nomi. In genere, gli ex di An puntano l'attenzione sul "no" al pensiero unico, sulla necessità del dibattito interno, sulla pari dignità politica e culturale, sulla necessità del dibattito interno. Gli ex forzisti, invece (con debite eccezioni) tendono più a rimarcare i successi e il ruolo di un partito "che non è di destra, non è di sinistra" ma è "popolo" e, in quanto tale, si sovrappone esattamente al Paese con buona pace di quelli che non la pensano come loro.

Tre interventi, comunque, hanno segnato la mattinata prima di Fini. Quello di Maria Stella Gelmini che ha chiarito (semmai qualcuno non lo avesse ancora capito) che lei ce l'ha con chi pensa (insegnanti? genitori? studenti?) che "la scuola appartenga alla sinistra". A scanso di equivoci il ministro conferma che "un'epoca è finita". Quale? Quella di chi ha sempre considerato la scuola come un luogo dove "alimentare ideologie vecchie e bocciate dalla storia". Insomma, via la sinistra (ma anche i sindacati di sinistra) dalla scuola, altrimenti ci pensa il ministro.

Anche Brunetta pensa a tutti, a cominciare dai guasti del Paese che "vanno affrontati a muso duro". Anche lui ce l'ha con i sindacati e le burocrazie parassitarie contro le quali annuncia addirittura "la lotta di classe". Brunetta, comunque, ammette che "siamo sfigati, perché ogni volta che andiamo al governo c'è la crisi" e che "non siamo perfetti. Anzi, siamo pieni di difetti, ma siamo rivoluzionari".

Un altro che pone qualche problema al congresso (come si fa ai congressi veri) è Fabrizio Cicchitto. Lui, dovendosi occupare di organizzazione e della formazione delle liste per le prossime elezioni europee e amministrative, sa benissimo che problemi ce ne sono e ce ne saranno. E lo dice con una certa chiarezza. Poi, difendendo le battute di Berlusconi sulle modifiche dei regolamenti parlamentari, afferma: "Non è un attacco al Parlamento, ma un modo per rispondere all'antipolitica".

Di riforme, si diceva, ha parlato moltissimo Fini. Il presidente della Camera, sgomberato il terreno dal problema dei rapporti col premier, è partito sul suo terreno. Quello di una "qualità della democrazia" che chiama importanti cambiamenti anche costituzionali (soprattutto sulla seconda parte della Carta fondamentale) che andranno fatti con l'opposizione. "Una frande stagione costituente", l'ha definita il presidente della Camera. Qui Fini invita a "stanare" l'avversario "dormiente e incapace di scegliere", ma si capisce che in lui c'è anche l'ansia di evitare che certe cose siano fatte a colpi di mano. Chiaro, comunque, il suo disegno di cambiamento: Parlamento con la Camera federalista e più spazio per il potere esecutivo. Questa volta, però, visto che Berlusconi ha rinfoderato le armi, Fini non solleva la questione del controllo parlamentare sull'esecutivo.

Poi, Fini ha lanciato i tre patti sull'assetto economico. Quello generazionale e quello tra Nord e Sud sono patrimonio ormai comune di tutte le forze sociali; quello tra capitale e lavoro (insieme all'economia sociale) viene dal pantheon ideologico della destra, ma va detto che Fini cerca di coniugarlo con tocchi di modernità e riconoscendo la necessità di cambiare profondamente il capitalismo per uscire dalla crisi mondiale.

Poi, come domenica scorsa, la parte più avanzata del suo discorso. Quella che disegna un'Italia con tanti "cittadini di colore e di religione diversi dai nostri", quella che invita a non aver paura del diverso e a capire bene che "prima di tutto una persona è un bambino e un malato e solo dopo un extracomunitario", quella che parla esplicitamente di "laicità dello Stato".

In fondo (Fini dice proprio "in cauda venenum") una freccia avvelenata: "Siamo sicuri che il testo approvato al Senato sia laico? Quando si impone un precetto per legge, siamo più vicini allo Stato etico che allo Stato laico". La battuta è pesantissima per le recenti scelte del Pdl a Palazzo Madama e pone qualche problema visto che c'è ancora il passaggio alla Camera dove Fini presiede e dove ci sono molti deputati finiani. Ma il congresso, ormai, applaude qualsiasi cosa e Fini è travolto dall'ovazione.

Nel tardo pomeriggio, due interventi attesi: quello del presidente del Senato Renato Schifani e quello del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. Schifani ha difeso il testo sul testamento biologico ("Abbiamo riempito un vuoto normativo") e ha sostenuto (d'accordo con il presidente della Camera) la necessità di riformare la seconda parte della Costituzione.

Tremonti, ovviamente, ha parlato della crisi economica: "Il mondo nuovo che si aprirà
potrà essere migliore del mondo vecchio e il meglio dipenderà da noi. E noi - assicura il ministro - sapremo costruirlo, proprio perchè siamo dal lato giusto della storia". Qui Tremonti, secondo il suo pensiero più recente, si mostra molto più statalista di una volta: "Il lato giusto della storia è quello dello Stato di diritto classico, basato sull'equilibrio tra società, politica e mercato". Un tipo di Stato che, sostiene il ministro, "contiene insieme tanto il privato quanto il pubblico. Non il privato sopra il pubblico. Non il pubblico sopra il privato. Ma privato e pubblico insieme e fusi nell'idea equilibrata dell"economia sociale di mercato". Poi, conclude accusando l'opposizione di "soffiare sul fuoco della crisi sperando di trarre dal male il suo bene" e abbraccia Berlusconi affermando che il Cavaliere "è già nella Storia".

E l'uomo della Storia torna a parlare domani, in tarda mattinata. Poi, tutti a casa a verificare come nasce davvero il Pdl.

(28 marzo 2009)
da repubblica.it


Titolo: GIANFRANCO FINI a Bagheria «La lotta alla mafia non si fermerà»
Inserito da: Admin - Marzo 30, 2009, 05:35:03 pm
30/3/2009 (14:14) - SUL TAVOLO IL TEMA DEL PREMIERATO FORTE E DELLA POLITICA

Fini: credo alla legislatura costituente

Calderoli: pronta la bozza di riforme
 
Il presidente della Camera a Bagheria «La lotta alla mafia non si fermerà»

Non replica al discorso di Berlusconi: dentro il Pdl ci sono opinioni diverse

ROMA

«C’è ancora da fare». La lotta alla mafia non si deve fermare, e il presidente della Camera, giunto a Bagheria per parlare agli studenti promotori del «Parlamento della legalità», lo ribadisce. «Se non vogliamo che ci siano legami con la mafia, chi rappresenta il popolo, la politica, deve garantire trasparenza e la forza dell’esempio e del comportamento» dice Fini. Rivolgendosi agli studenti, Fini ha invitato a «non votare chi vi dice "dammi il voto e poi io ti do un posto di lavoro". È questo - ha sottolineato - il comportamento che ha portato capi mandamento e boss a dire "ci pensiamo noi"».

Ma l’uscita pubblica di Gianfranco Fini non poteva fare a meno di toccare anche i temi della politica e, soprattutto, del congresso che ha dato il via al partito unico del centrodestra. Il presidente della Camera ha risposto a quanti sostengono che Berlusconi non abbia risposto alle sue prese di posizione su referendum e testamento biologico, rileva: «Non sempre si danno le risposte il giorno dopo. Le risposte su questi temi così importanti e soprattutto destinati a durare nel tempo si forniscono nel corso del tempo, dopo aver approfondito e dibattuto. So perfettamente che su alcune questioni che ho sollevato ci sono opinioni dissimili o comunque sfumature di valutazione diverse all’interno del Pdl».

Intanto il ministro per la Semplificazione normativa, Roberto Calderoli osserva: « La Lega Nord è cosa diversa dal Pdl, non vi entrerà mai, perchè si tratta di un movimento legato al territorio, ma ora che è nato il Pdl è tutto più chiaro e abbiamo un solo interlocutore». Il ministro ha poi spiegato come il governo «abbia già predisposto una bozza di riforma che la settimana prossima verrà presentata ai capigruppo di maggioranza e poi di opposizione». Sulle riforme il ministro per l’Attuazione del programma di governo, Gianfranco Rotondi, dice: «Dal Pdl c’è la massima disponibilità. È una volontà chiara che l’opposizione deve cogliere da subito, senza pregiudizi e senza incappare nell’errore di chiudersi a riccio». Per Nicola Latorre, vicepresidente del gruppo del Pd al Senato: «Ancora una volta non è venuta un’idea su come affrontare, nei fatti e non in modo propagandistico, il tema delle grandi riforme. Non c’è dubbio che vadano accresciuti i poteri del premier, a cui facciano da contraltare contropoteri che garantiscano l’equilibrio democratico della società italiana. Vanno costruite larghe maggioranze, come è accaduto sul federalismo».

La vicepresidente del Senato, Emma Bonino, afferma: «Fini torna con forza sul bipartitismo e se in qualche modo di presidenzialismo si può parlare va però accompagnato, come in America, da grandissimi equilibri e paletti. Di presidenzialismi ce n’è di vario tipo, quello americano, ma anche quello venezuelano. Bisogna vedere il sistema di pesi e contrappesi». Un no netto al dialogo sulla riforma della Costituzione viene dall’Italia dei valori e Antonio Di Pietro spiega: «Non ci fidiamo di Berlusconi, che non rispetta la Carta e vuole stravolgerla per i suoi interessi: affidare la riforma a Berlusconi è come affidare a Dracula i pronto soccorso. Una riforma costituzionale, in presenza del conflitto di interessi in cui opera Berlusconi, non farebbe altro che far diventare sacro quello che di più illegale esiste, sarebbe la consacrazione del cesarismo».

da lastampa.it


Titolo: Fini: «Procreazione? La Consulta rende giustizia alle donne italiane»
Inserito da: Admin - Aprile 02, 2009, 07:38:08 pm
Il presidente della Camera in una nota



Fini: «Procreazione? La Consulta rende giustizia alle donne italiane»

E aggiunge: «Specie in relazione alla legislazione di tanti paesi europei»



ROMA - «La sentenza della Consulta che dichiara illegittime alcune norme della legge 40 sulla fecondazione assistita rende giustizia alle donne italiane, specie in relazione alla legislazione di tanti paesi europei».

Lo dice il presidente della Camera Gianfranco Fini in una nota.

da corriere.it





Titolo: Sedi disagiate, stop di Fini
Inserito da: Admin - Aprile 08, 2009, 12:32:48 pm
Il presidente della Camera dichiara inammissibile l'emendamento del governo

La soddisfazione dell'Anm: "Conferma delle nostre perplessità"

Sedi disagiate, stop di Fini

No al trasferimento dei magistrati

 

ROMA - Il presidente della Camera Gianfranco Fini in apertura della seduto sul decreto legge sulla Sicurezza, ha dichiarato inammissibile l'emendamento del Governo, sul trasferimento d'ufficio dei magistrati nelle sedi disagiate.

La norma avrebbe dovuto colmare i "buchi" in posti come Palermo dove mancano 12 pm, Catania e Caltanisetta (sette), Trapani (sei), Gela e Ragusa (quattro), ma anche Brescia (nove). I concorsi del Csm per queste sedi vanno deserti nonostante gli incentivi economici (2.500 euro per quattro anni) promessi, sempre per decreto, dal ministro della Giustizia.

La bocciatura, ha spiegato Fini, è stata decretata sulla base del criterio di estraneità di materia della proposta rispetto al contenuto proprio del decreto. Avrebbero potuto essere spostati i magistrati che avessero conseguito la prima valutazione di professionalità da non più di quattro anni, quanti avessero svolto da oltre 10 anni le stesse funzioni o quanti non avessero presentato domanda di trasferimento alla scadenza del periodo massimo di permanenza in un ufficio.

Prevista anche una deroga, per i trasferimenti, al divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa all'interno di altri distretti della stessa regione.

Immediata la soddisfazione dell'Associazione nazionale magistrati. Che vede nella decisione di Fini la conferma "della fondatezza delle perplessità immediatamente espresse dall'Anm e respinte dal governo con fastidio".

Certo, prosegue l'Anm, la decisione di Fini "riguarda esclusivamente l'estraneità dell'ordinamento giudiziario rispetto alla materia del decreto". Non il merito, quindi. Per questo l'associazione annuncia di volre continuare a segnalare e denucniare "per evitare che all'emergenza della scopertura degli uffici di procura, soprattutto nelle sedi più disagiate, si risponda con misure inadeguate, incoerenti rispetto al divieto di attribuire le funzioni di pubblico ministero e di giudice monocratico ai giovani magistrati, e altresì incostituzionali per la violazione del principio di inamovibilità del magistrato".

(7 aprile 2009)
da repubblica.it


Titolo: GIANFRANCO FINI. «Non siano tolti diritti ai migranti»
Inserito da: Admin - Maggio 19, 2009, 12:31:35 am
Il presidente della Camera: «no a scontri elettorali»

Fini: «Non siano tolti diritti ai migranti»

Ma è scontro tra La Russa e l'Onu

L'Alto commissariato per i rifugiati reagisce al ministro: «Fiducia nella Boldrini». Finocchiaro (Pd): «Ottusità»


ROMA - «Il clandestino deve essere accompagnato nel Paese da cui proviene, ma non bisogna privarlo dei diritti fondamentali dell'uomo». Lo ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, a Matera, nel corso di un incontro sull'integrazione. «Bisogna aiutare queste persone - ha aggiunto - nei loro Paesi. Paesi che hanno problemi seri, come la totale assenza dei diritti umani. Bisogna agire in una logica internazionale. Dobbiamo spenderci per garantire a queste persone il diritto alla vita e ricordare che nessun migrante è felice di lasciare il suo Paese d'origine». Non solo: per evitare la xenofobia, secondo Fini, «bisogna promuovere l’integrazione». «E uno dei primi aspetti che l'Italia deve affrontare - ha proseguito - è l'integrazione della 'generazione Balotelli. Parla la nostra lingua e forse anche il dialetto di Brescia. Quello che dobbiamo affrontare è come integrare persone italiane a tutti gli effetti, ma con credo religiosi e culture diversi».

IL MONITO - Il presidente della Camera ha lanciato poi un monito: «Dovremmo sforzarci tutti di affrontare una questione così impegnativa e complessa per la società italiana senza cadere nella tentazione di dare vita a un confronto tutto finalizzato unicamente al voto per il Parlamento europeo che viene rinnovato tra qualche settimana». Per Fini quello dell’immigrazione e dell'integrazione è un problema «di rapporto fra Unione europea e Paesi di provenienza degli immigrati, tocca il futuro della nostra società e andrà oltre il 7 di giugno».

LO SCONTRO GOVERNO-UNHCR - Nel frattempo non si placano le polemiche tra il governo italiano e l'Onu sulla linea del respingimento dei migranti adottata dal nostro Paese. Dopo le dure parole del ministro Ignazio La Russa nei confronti di Laura Boldrini dell'Unhcr, l'Onu replica con l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Antonio Guterres: «Gli attacchi immotivati e personali sono inaccettabili, non mutano e non muteranno l'impegno dell'Unhcr nel perseguire il suo mandato e la sua missione umanitaria», ha dichiarato Guterres. «Il mio rappresentante in Italia, Laurens Jolles, e la mia portavoce in Italia, Laura Boldrini, godono della mia piena fiducia nel portare avanti questo importante compito. Continueremo a lavorare con i governi e con tutti gli altri partner per affrontare queste sfide in modo da garantire il pieno rispetto dei diritti dei rifugiati e di quanti hanno bisogno di protezione internazionale».

«MA LORO NON RISPONDONO» - «Non conta un fico secco», aveva detto La Russa riferendosi all'Alto commissariato per i rifugiati. E sulla portavoce Laura Boldrini, aveva aggiunto con un paradosso - «o disumana o criminale». Anche se poi, aveva smorzato i toni: «Non ho niente contro la signora Boldrini, se si è sentita offesa me ne dispiace», affermava il ministro ribadendo di considerare «umana l'azione dei nostri marinai nel riaccompagnare, come vuole la legge del mare, nel porto più vicino i migranti intercettati». Prima dell'intervento ufficiale di Guterres, La Russa ai microfoni di Radio 3 aveva dichiarato che il governo è «compatto», ministro degli Esteri compreso, nel ritenere che l'Unhcr sbaglia nel criticare l'Italia sui riaccompagnamenti in Libia degli immigrati. «Mi spiace che ci siano stati problemi di tipo personale dei quali voglio assolutamente chiedere ammenda». «Ma sto ancora aspettando dalla Boldrini la spiegazione del perché considera più umano accompagnare i migranti in Italia, rinchiuderli nei Cie e poi espellerli». In serata lo stesso La Russa ha precisato che sui respingimenti al largo delle coste libiche «non c’è nessuna marcia indietro».

«POLEMICA INCOMPRENSIBILE» - Sulla questione è tornato ad intervenire anche il ministro dell'Interno, Roberto Maroni: «La polemica sull'Unhcr è incomprensibile - ha dichiarato il responsabile del Viminale - innalzare i toni potrebbe pregiudicare il buon lavoro che abbiamo fatto in questi dieci mesi». Anche perché, ha proseguito, il ruolo dell'Unhcr potrebbe essere «fondamentale».

«GOVERNO OTTUSO» - Alle dichiarazioni del ministro La Russa, ha risposto anche con una nota Anna Finocchiaro, presidente del gruppo Pd a Palazzo Madama. «La posizione del governo - sostiene Anna Finocchiaro - sta rasentando l'ottusità costringendo il nostro Paese in una situazione di isolamento internazionale sempre più preoccupante. Siamo a una sorta di delirio di onnipotenza che dovrebbe preoccupare tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell'Italia: su crisi e immigrazione, in nome della propaganda elettorale, questo governo - conclude - ci sta spingendo in un tunnel davvero pericoloso».


18 maggio 2009

da corriere.it


Titolo: GIANFRANCO FINI. Conversione laica
Inserito da: Admin - Maggio 19, 2009, 10:32:30 am
19/5/2009
 
Conversione laica

 
FABIO MARTINI
 
Di Giorgio Almirante, il maestro della giovinezza, Gianfranco Fini ha conservato la virtù semantica, quel parlar chiaro senza girarci attorno.

Anche l’ultimo strappo, quello da Santa Romana Chiesa, il presidente della Camera lo ha consumato senza perifrasi: «Il Parlamento - ha detto Fini - non deve fare leggi orientate da precetti di tipo religioso». Concetto della tradizione laica e anche di grandi leader cattolici come Alcide De Gasperi, ma che non aveva mai fatto breccia, così esplicitamente, nella destra e nel centrodestra della Seconda Repubblica. E’ l’ultima «conversione» di Gianfranco Fini, il personaggio della politica italiana che più è cambiato nel corso degli ultimi mesi. E’ come se a cinquantasei anni, dopo una giovinezza e una maturità vissuti in un milieu post-fascista, Fini avesse deciso di «rifarsi una vita» politica.

La sequenza delle sue esternazioni spiazzanti è troppo lunga oramai per lasciar pensare ad un rosario di casualità. Sui medici-spia ha fatto sapere che non era d’accordo. E dal governo gli hanno dato ragione. I presidi autorizzati a chiedere il permesso di soggiorno ai padri? Il Presidente non gradiva e i signori del governo hanno cancellato. Il sindaco di Roma voleva intitolare una strada a Giorgio Almirante? Ecco Fini ricordare la stagione repubblichina del leader missino. Qualcuno torna a dire che il fascismo ha fatto anche qualcosa di buono? Ecco Fini sciogliersi nell’apologia dell’antifascismo. Tra i suoi ex camerati si fanno ancora battute da bar sulle checche? Ecco il Presidente della Camera ricevere le associazioni gay nel Palazzo. E tutte le sue esternazioni, anche quelle di minor impatto mediatico, oramai sono venate di femminismo, multiculturalismo, anti-razzismo, spirito laico, energica difesa delle ragioni di Israele. Nella tradizione della destra italiana c’era quel «Dio, Patria e Famiglia» che fece convergere l’Msi (di Almirante) con la Dc (di Fanfani e Paolo VI) nella battaglia rovinosamente perduta per cancellare il divorzio in Italia. Un istituto che era diventato legge grazie ad un Parlamento che, come dice il Fini di oggi, non si era lasciato orientare da precetti di ordine religioso.

Una conversione duratura? Chi lo frequenta nei giorni di festa, racconta che una delle radici del «nuovo» Fini stia in una rinnovata dimensione psicologica: la nuova compagna, la nuova figlia, «persino il frequentare coppie più giovani, con problemi e mentalità diverse», come racconta uno dei pochi amici anche nel tempo libero, Italo Bocchino. Una scossa interiore. Ma c’è anche qualcosa d’altro. «Sdoganato» da Berlusconi nel 1993, per 15 anni Fini non ha mai trovato una dimensione stabile. Aveva accarezzato la suggestione dell’indipendenza, ma l’elefantino con Mario Segni si era sgonfiato alla prima curva. Aveva cercato la via della successione come delfino prediletto del Cavaliere, ma gli era andata male. Anche il partito non era più quello di una volta, anche per via delle maldicenze propalate in un caffè romano dagli incauti colonnelli, che lo davano per finito. Paradossalmente, ma fino ad un certo punto, Fini si è sentito più libero, proprio quando si è liberato del suo partito. Dal 13 aprile 2008, col trionfo del Pdl berlusconiano, Fini si è affrancato, ha iniziato a produrre quella raffica di esternazioni a tutto campo che ancora non si sa dove finiranno. Ma lui stesso, quando parla riservatamente con i suoi, ha indicato un traguardo. Una meta che non può esprimere ancora esplicitamente, ma che riassume così: «Una destra moderna, laica, non populista, non ideologica». Una destra che, sostiene il «nuovo» Fini, in Italia finora non c’è mai stata.
 
da lastampa.it


Titolo: GIANFRANCO FINI ricorda Enrico Berlinguer "Quanta ammirazione per lui"
Inserito da: Admin - Giugno 11, 2009, 05:43:02 pm
Alla Camera il convegno per i 25 anni dalla morte del leader comunista

Il presidente della Camera: "Questione morale resti valore condiviso"

Fini ricorda Enrico Berlinguer "Quanta ammirazione per lui"


ROMA - Certo erano "altri tempi e altri uomini". E per questo il rimpianto, oggi, sarebbe un sentimento fuori posto. Ma "l'ammirazione" per quegli uomini, invece, deve trovare spazio anche ai giorni nostri. Gianfranco Fini, un passato nell'Msi fino allo scranno più alto di Montecitorio, ricorda così Enrico Berlinguer a 25 anni dalla sua morte improvvisa. "Capì il rischio di una degenerazione del sistema politico e ponendo la questione morale pose in realtà il problema della democrazia e delle sue basi di consenso e di legittimazione che si sgretolano se viene meno il nesso tra etica e politica" dice Fini ricordando il leader comunista.

Questione morale e "diversità comunista". Un binomio che Berlinguer tenne sempre vivo. Anche se oggi Fini crede che, quel rigoroso rivendicare il rispetto delle regole, in quella sobrietà come metodo di lotta politica e di comportamento, andasse oltre la tradizione della sinistra italiana. Fosse insomma patrimonio condiviso. "Nel richiamo al nesso tra etica e politica si esprime un più generale spirito repubblicano - continua Fini - E' quello stesso spirito che anche oggi deve rimanere come valore condiviso tra i diversi schieramenti politici".

Ricorda lo 'strappo' da Mosca, Fini, chiedendosi però perché Berlinguer non ruppe definitivamente con il comunismo, "non impresse una svolta ancora più profonda e radicale alla linea del suo partito, come un'altra generazione di dirigenti comunisti avrebbe fatto all'inizio degli anni Novanta".

Poi il presidente della Camera scende nel privato. E ricorda quando l'allora segretario dell'Msi Giorgio Almirante si recò alla camera ardente di Berlinguer. Solo, circondato da milioni di persone, di comunisti e non solo, che in quei giorni si strinsero attorno alla bare del segretario. "Fu riconosciuto - ricorda Fini - e furono avvertiti i dirigenti del partito. Scese Giancarlo Pajetta e gli disse di accomodarsi. Quando nel pomeriggio chiesi ad Almirante perché fosse andato da solo, mi rispose: 'Da solo, perché non dovevo temere nulla, perché oltre il rogo non v'è ira nemica...' e poi mi confidò di essere rimasto colpito dal fatto che Berlinguer avesse voluto portare fino in fondo il suo comizio a Padova, fino all'estremo sacrificio". Quelle immagini di un uomo che, colpito dal malore, tenacemente continua a parlare. Mentre la piazza lo implora di smettere. Qualche tempo dopo toccò a Pajetta rendere omaggio davanti alla bara di Almirante. Altri uomini di altri tempi. Che lasciano, però, insegnamenti ancora attuali.

(10 giugno 2009)
da repubblica.it


Titolo: Gheddafi: discorso Fini, no a Usa come terroristi
Inserito da: Admin - Giugno 13, 2009, 09:55:49 pm
2009-06-12 19:14

Gheddafi: discorso Fini, no a Usa come terroristi


ROMA - "Le democrazie, a partire da quella americana, possono sbagliare, ma certo non possono essere paragonate ai terroristi". E' questo uno dei passaggi del discorso che il presidente della Camera, Gianfranco Fini, avrebbe dovuto pronunciare durante la cerimonia a Montecitorio con il leader libico Muhammar Gheddafi.

"Gli italiani, cattolici ed ebrei che hanno lasciato la Libia costituiscono una preziosa risorsa per il futuro delle relazioni bilaterali" anche perché "hanno contribuito con il loro lavoro alla prosperità del paese e hanno sofferto pagando responsabilità non loro". E' un altro passaggio del discorso che il presidente della Camera, Gianfranco Fini, avrebbe dovuto tenere durante il convegno a Montecitorio.

"Auspico - si legge ancora nel discorso -  che una delegazione dei deputati italiani possa recarsi presto in visita a campi libici di raccolta degli immigrati, per verificare il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo, sanciti dalle Nazioni Unite e dal Trattato di Bengasi, con particolare riguardo ai richiedenti asilo e ai perseguitati politici". 

da ansa.it


Titolo: GIANFRANCO FINI. Decreti legge e fiduce, l'altolà il governo non esautori...
Inserito da: Admin - Agosto 03, 2009, 03:29:41 pm
3/8/2009 (10:35) - LA POLEMICA

Decreti legge e fiduce, l'altolà di Fini: il governo non esautori il Parlamento
 
Il presidente della Camera frena: ma non riguarda solo questa legislatura


ROMA
Il problema di come garantire l’equilibrio tra ricorso ai decreti da parte del governo e possibilità di intervento da parte del Parlamento, preclusa in caso di maxiemendamenti coperti dalla fiducia, non nasce oggi, osserva Gianfranco Fini, ma ciò non toglie che «nessuno da parte del governo può pensare di non doversi confrontare con il Parlamento» nè di poter «esautorare il Parlamento dal diritto-dovere di controllare». Il presidente della Camera lo ribadisce intervistato dal capo ufficio stampa di Montecitorio, Beppe Leone, nel consuntivo di un anno di legislatura per il canale satellitare della Camera.

Fini rileva che il tema, sul quale nei giorni scorsi ha auspicato un’approfondita riflessione alla ripresa, «è una questione che riguarda governo e gruppi parlamentari, perchè tengo a ribadire che non è nata in questa legislatura ma è nel dibattito politico da almeno due o tre legislature». «Ricordo che in quella passata, il Capo dello Stato, che era anche all’epoca il Presidente Napolitano, si rivolse espressamente al governo dell’epoca - annota - per sottoporre all’attenzione il problema del meccanismo che si determina nel momento stesso in cui il governo, legittimamente, presenta un maxiemendamento ad un decreto sul quale, altrettanto legittimamente, pone la questione di fiducia».

«La conseguenza che si determina - rileva Fini - è che l’Assemblea, specialmente se non è rispettato e tenuto nel dovuto conto il lavoro delle commissioni, si vede di fatto esautorata del diritto-dovere di discutere e di intervenire e, se vuole, di emendare. Quindi è una questione che dovrà essere affrontata nella giunta del Regolamento. Devo dire che tutti i gruppi parlamentari si sono dichiarati disponibili ad affrontare questa questione e, al momento, non sono in grado di dire cosa si possa proporre in Giunta perchè sia poi inserito nel Regolamento della Camera». «È certo - osserva però il presidente della Camera - che il governo deve essere consapevole che nel Parlamento nessuno vuole limitare il diritto-dovere di governare che una maggioranza ha, nel momento stesso in cui dal responso delle urne risulta tale. Al tempo stesso, nessuno da parte del governo può pensare di non doversi confrontare con il Parlamento, perchè questo prevede la nostra Costituzione, e quindi nessuno può pensare di esautorare il Parlamento dal diritto-dovere che ha di controllare, di emendare se lo ritiene, di approvare o respingere un provvedimento del governo».

«In altri termini - prosegue - è una questione che, anche da un punto di vista concettuale e, se vogliamo, culturale e di dottrina costituzionale, chiama in causa i grandi principi della democrazia. Deve essere rappresentativa, e quindi il Parlamento rimane un organismo costituzionale centrale nel procedimento legislativo, e al tempo stesso - ricorda - deve essere governante e quindi al ruolo dell’esecutivo deve essere riconosciuta la possibilità, in tempi prestabiliti, di vedere approvate o respinte le leggi che presenta al Parlamento».

da lastampa.it


Titolo: Monito di Fini sull'immigrazione: «L'approccio emotivo è miope»
Inserito da: Admin - Agosto 27, 2009, 04:09:48 pm
«Biotestamento, farò il possibile per correggere il testo»

Monito di Fini sull'immigrazione: «L'approccio emotivo è miope»

Il presidente della Camera interviene alla Festa del Pd: «No a politiche vagamente razziste»


ROMA - Il tema dell'immigrazione non deve essere piegato alla «propaganda quotidiana». Gianfranco Fini interviene alla Festa del Pd di Genova e lancia quello che appare come un monito dopo le polemiche degli ultimi giorni (non ultima lo scontro tra Lega e Vaticano). «Affrontare un tema così grande, con un'ottica riduttiva, che qualche esponente politico sembra avere - afferma il presidente della Camera - rischia di non portarci da nessun parte. L'approccio emotivo e fondato soltanto sulla questione della sicurezza dei cittadini italiani è miope e sbagliato». Non solo. Secondo Fini, i diritti fondamentali dell'uomo sono «universali e non possono essere negati. Di fronte a ciò, e alla portata biblica delle migrazioni, le risposte devono essere quanto più globali possibile, innanzitutto dalla parte ricca del pianeta nei confronti del Sud del mondo. Il problema delle migrazioni non lo risolvi quando il migrante è sul tuo uscio di casa».

NO A POLITICHE RAZZISTE - «Spogliandosi dei panni del presidente della Camera», e tornando a vestire quelli di «uno dei fondatori del Pdl», Fini rimarca le differenze rispetto all'approccio leghista proprio sul tema dell'immigrazione: «Ho l'impressione che il Carroccio continui a guardare con lo specchietto retrovisore, o se volete guarda al quotidiano. Mi auguro che il Pdl comprenda che se si limita a produrre una fotocopia della politica dell'originale, dove per originale si intende la Lega Nord, è naturale che l'originale sia sempre più gradito. Per questo è necessario che il Pdl affini l'approccio alla materia». «Chi arriva in Italia è una persona - ribadisce poi. - La distinzione tra regolare e clandestino non può essere la cartina al tornasole per orientare una politica». Fini sintetizza il suo pensiero con una formula: «Estremo rigore nel rispetto delle regole fondamentali per l'ingresso e la permanenza sul territorio nazionale, ma censura nei confronti di qualsiasi politica che sia vagamente discriminatoria, xenofoba, razzista». E poi aggiunge: «Alcune politiche fatte in Italia non dovevano essere inserite in un provvedimento normativo e sono lieto che il Parlamento abbia detto di no». Il presidente della Camera fa un esempio: «La norma che prevedeva che se un clandestino si presenta in ospedale non ha diritto di essere curato». Fini lancia però un avvertimento. «Attenzione a non cadere nell'eccesso contrario, nel pensare cioè che tutti coloro che arrivano in Italia abbiano la possibilità di farlo».

LEGA E CHIESA - Il presidente della Camera accoglie comunque positivamente il chiarimento del Carroccio dopo l'articolo della "Padania" che parlava di una possibile revisione del Concordato. «È positivo che la Lega nord abbia detto 'non se ne discute, il Concordato non c'entra nulla'. E ci mancherebbe». «La Chiesa - aggiunge - lancia un messaggio di carattere universale: come si può pensare che abbia un'ottica nazionale? Non si può piegare la Chiesa alla propaganda quotidiana, come se fosse un perenne comizio di periferia quello che viene da una fonte così autorevole».

BIOTESTAMENTO - Fini affronta anche la questione "biotestamento" e promette che farà «il possibile per correggere il testo alla Camera». «Non credo che si tratti di favorire la morte - spiega - ma di prendere atto della impossibilità di impedirla, affidando all'affetto dei familiari e alla scienza dei medici la decisione». «Non voglio fare nessuna crociata contro i cattolici, per i quali ho il massimo rispetto - afferma - ma chi dice che su queste questioni decide la Chiesa e non il Parlamento per me è un clericale. Io dico di no, spetta al Parlamento decidere». «Ogni cittadino e ogni parlamentare - ribadisce - deve rispondere alla sua personale coscienza. Su questioni relative alla vita e alla morte non ci può essere un vincolo di maggioranza o di partito». Ma per l'Udc Fini sbaglia perché «un presidente della Camera non è chiamato a correggere, ma ad agire nel rispetto del suo ruolo istituzionale e a farsi garante della volontà del Parlamento». Luisa Capitanio Santolini aggiunge anche che «ci aspettiamo che la Camera possa lavorare tranquillamente e senza alcuna interferenza sul testo uscito dal Senato, nel quale stata trovata la giusta mediazione tra le posizioni per fare una buona legge sul fine vita».

GABBIE SALARIALI- «Un modo antinazionale», così Fini descrive le gabbia salariali. Un problema che c'è perchè bisogna «cominciare a collegare la produttività alla consistenza dello stipendio». Fini ha ripetuto «di non trovare nulla di disdicevole se c’è una differenza tra il salario di un metalmeccanico a Lamezia e a Savona», ma poi anche per il metalmeccanico di Lamezia «si deve collegare salario a produttività».

CAMERE- « Non dall’inizio di questa legislatura ma da tempo c’è un rischio di cortocircuito tra il diritto dell’esecutivo di governare e il diritto del Parlamento che deve controllare, indirizzare, discutere», spiega il presidente della Camera che aggiunge: « serve una approfondita discussione su come rendere la democrazia governante, è una discussione che andrà fatta».

G8 DI GENOVA- «Come italiano sono stato felice che la Corte Europea abbia detto in modo inequivocabile che Placanica abbia agito per legittima difesa. Mi fa piacere che applaudiate perchè ci ricordiamo quante polemiche ci furono». È il commento di Fini sulla sentenza che ha assolto il carabiniere che uccise Carlo Giuliani durante il G8 nel 2001.


26 agosto 2009(ultima modifica: 27 agosto 2009)
da corriere.it


Titolo: GIANFRANCO FINI. "Con il capo dello Stato non romperò mai"
Inserito da: Admin - Novembre 03, 2009, 06:35:26 pm
Fini irritato anche per le insinuazioni su Napolitano. "Con il capo dello Stato non romperò mai"

Lo stop del finiano Ronchi complica i piani di Ghedini sulla prescrizione breve

Il gelo del presidente della Camera "Con Feltri ci vedremo in tribunale"


di LIANA MILELLA


ROMA - "Tanto con quello ci vedremo in tribunale". È un Fini arrabbiatissimo quello che butta via dal tavolo la copia del Giornale (un fondo del vicedirettore Sallusti intitolato "C'è un tentativo di fermare l'azione del governo" con, in fondo, una velata minaccia: "E' possibile che nei prossimi giorni ne vedremo delle bele") e archivia con quella battuta l'ennesimo attacco che lo accomuna a Napolitano e dietro il quale, ovviamente, vede la mano di Berlusconi. Sul Colle la reazione non è molto differente. Il presidente legge, s'indigna, ma la sua reazione, dopo una giornata in cui gli arrivano continui messaggi di piena solidarietà, è volutamente e soltanto un "gelido no comment".

Ma nei due palazzi, la Camera e il Quirinale, la lettura dell'articolo è univoca: il Cavaliere, mal consigliato da chi gli sta più vicino, ormai scambia una linea politica, la tutela e la piena difesa di alcuni valori, come quello della legalità, come un atto di infedeltà, come un infido attacco alla sua persona e, soprattutto, come il tentativo di abbandonarlo nel momento più difficile della sua vita politica. Per questo arma la mano del direttore Feltri. Lui, ormai privo dello scudo processuale, deve affrontare il tribunale di Milano. E nei "no" del presidente della Camera e di Napolitano, l'ultimo sulla prescrizione breve e sui processi lampo da infilare con un blitz nel decreto comunitario oggi in aula al Senato, vede solo l'insistente volontà di disarcionarlo. Non sopporta l'asse Fini-Napolitano e interpreta un'affermazione di Fini, che i suoi gli riportano, come la conferma del sospetto che l'ex leader di An lavori contro di lui. Ripete sempre Fini a proposito del capo dello Stato: "Con lui io non romperò mai". E ne seguono attestati di stima e l'irritazione per i continui attacchi al presidente veicolati dal Giornale.

La partita sulla giustizia cammina verso giornate decisive. Il Cavaliere attende nervoso quella "soluzione finale" che, come gli continua a promettere il suo avvocato Niccolò Ghedini, deve salvarlo dalle sentenze Mills e Mediaset. Ma stavolta vuole dietro di sé tutta la maggioranza, non è ammessa alcuna defezione. Quindi impone un'assunzione di alta responsabilità politica. E per questo, ragionano nell'entourage di Fini, scatena le minacce veicolate dal Giornale. Mercoledì o giovedì, salute del premier permettendo, saranno i giorni clou, si vedranno lui con Bossi e Fini per chiudere assieme l'accordo sulle regionali e quello sulla giustizia, compresa "la" o "le" leggine che gli servono per anestetizzare quegli "odiosi dibattimenti".

Fini e i leghisti sono presi d'assalto dai berluscones. "Il Cavaliere deve essere salvato a ogni costo. Non sono ammessi distinguo" dicono e premono. Ma Fini i paletti continua a metterli, e pure ben piazzati. Ripete con i suoi il ragionamento che ha fatto tante volte in questi mesi. Che ruota intorno al nodo politica e giustizia e, all'interno di questo, al peso che assumono i processi di Berlusconi. Il presidente della Camera non pronuncia dei "no" pregiudiziali contro il capo del governo, riconosce che, in generale, la questione esiste e va affrontata. Ma ci sono modi e maniere. C'è un metodo. Ci sono dei valori, la legalità prima di tutto, storico cavallo di battaglia di An. C'è la possibilità di realizzare davvero riforme condivise con l'opposizione, ma a patto che ci sia davvero la voglia di ottenere un risultato comune.

Qui s'incrina il rapporto con Berlusconi che vorrebbe invece un'adesione cieca a ogni suo allarme giudiziario e l'appoggio a qualunque progetto, anche a costo di mandare al macero migliaia di processi.

Ma lo stop di Fini, per il passato e per il futuro, è netto. Lo ha pronunciato per lui Giulia Bongiorno quando, l'anno scorso, ha fermato prima la norma blocca-processi e poi le intercettazioni. Un no appena ripetuto per la prescrizione breve, perché per far "morire" un paio di processi non se ne possono mandare al macero altre migliaia. Per questo il finiano Andrea Ronchi ha ferma il blitz sulla prescrizione al Senato. Che ha scatenato la reprimenda del Giornale.

Ma il braccio di ferro continua in queste ore. Ghedini preannuncia che inonderà il Senato di progetti di legge sulla prescrizione e sui processi da contenere in sei anni. Tra questi uno "deve" salvare il suo premier.

Ma, anche a costo di sfidare l'ira di Berlusconi, i finiani non mollano. Non passerà nulla che possa distruggere la giustizia. Niente leggi ad personam, se l'impatto è devastante. E niente blitz contro Napolitano.

© Riproduzione riservata (3 novembre 2009)
da repubblica.it


Titolo: GIANFRANCO FINI. Berlusconi confonde la leadership con la monarchia assoluta
Inserito da: Admin - Novembre 03, 2009, 06:38:13 pm
E sul dopo-premier chiosa: «Se ne parlerà quando arriverà»

«Talvolta accade che Berlusconi confonda la leadership con la monarchia assoluta»

Fini a Vespa: «Riconosco la leadership del leader della Pdl, ma la talvolta la confonde con la monarchia»


ROMA - «Talvolta accade che Berlusconi confonda la leadership con la monarchia assoluta»: risponde così il presidente della Camera Gianfranco Fini, nel libro di Bruno Vespa "Donne di Cuori", alla domanda dell'autore se riconosca la leadership di Berlusconi.

LEADERSHIP - «Certo che la riconosco - sottolinea Fini - non è stato Berlusconi l'artefice della lunga transizione italiana? Ma bisogna mettersi d'accordo su che cosa s'intenda per leadership.
Se la intendiamo come la intendono quasi tutti i vocabolari politici, non c'è nessuna discussione. Se la si intende, invece, come monarchia assoluta, allora no. E talvolta - conclude - accade che Berlusconi confonda la leadership con la monarchia assoluta». Nel trasmettere l'anticipazione, si legge nel lancio, Vespa ricorda che questa parte del colloquio con Fini è avvenuta prima del chiarimento di fine ottobre con Berlusconi sull'attivazione operativa degli organi di partito, che nello stesso libro di Vespa, in un secondo colloquio, il presidente della Camera ha definito positiva.

IL DOPO-BERLUSCONI - Successivamente Fini affronta il tema del dopo-Berlusconi che liquida con un «Se ne parlerà quando arriverà». A Vespa poi che gli chiede se sia a rischio il bipolarismo italiano il presidente di Montecitorio risponde: No, e sono andato a dirlo alla convention dell'Udc (tenutasi a Chianciano dall'11 al 13 settembre 2009). Non credo affatto alla necessità di tornare all'epoca in cui le maggioranze nascevano in Parlamento e non dal voto degli elettori.Il grande merito storico di Berlusconi è proprio questo«. Infine parlando del suo futuro l'ex leader di An aggiunge: » Che cosa voglio fare da grande? Invecchiare...».

CORRENTE FINIANA NEL PDL - Fini sottolinea che non è geloso se i suoi "colonnelli" sono ormai più vicini a Berlusconi che a lui ed esclude la nascita di una corrente "finiana" nel Pdl. Al di là del suo ruolo istituzionale, Gianfranco Fini può considerarsi un militante del Pdl?, chiede Vespa. «Certo, ho contribuito a fondare questo partito e ci mancherebbe che non mi considerassi un militante. Oggi, però, la passione politica della militanza non sta soltanto nel ribadire gli elementi identitari, ma nel definire con uguale passione qualche prima, sommaria, risposta a problemi globali che non si possono archiviare come se non esistessero solo perchè sono complessi o non ancora manifestatisi in tutta la loro dimensione. Eppure, da mesi viene segnalato un distacco emotivo nei confronti di Fini da parte della base del Pdl e della stessa frazione originaria di An, interviene ancora Vespa. »Se consulta l'applausometro - risponde Fini - ha ragione. Ma è uno strumento di rilevazione inesatto. Se cerchi di strappare l'applauso con un ragionamento, trovi un terreno molto più impervio rispetto a chi ha una parola d'ordine netta e gratificante«. Talvolta si ha l'impressione che alcuni ministri, un tempo «colonnelli» di Fini, lo siano diventati di Berlusconi, dice Vespa «E meno male - sorride Fini - che c'è stata una certa scomposizione del rapporto 70-30 tra Forza Italia e Alleanza nazionale, altrimenti avremmo fatto una confederazione, non un partito. Il Pdl non avrebbe senso se non fosse un mare vasto in cui elementi di aggregazione e di dissenso vanno oltre le vecchie appartenenze di partito. Questo aspetto, francamente, è quello che mi dà minori motivi di riflessione». «Nel Pdl esiste una corrente finiana?» chiede Vespa «Se ragionassi con questa logica, mi sarei tenuta stretta Alleanza nazionale. Le correnti avevano senso quando servivano a gestire fette di potere, o comunque in partiti di carattere ideologico. Come si fa oggi a portare una logica di corrente dentro un partito «liquido», per usare un termine caro a Zygmunt Bauman?».


03 novembre 2009
da corriere.it


Titolo: GIANFRANCO FINI. "Le procedure non sono inutili orpelli"
Inserito da: Admin - Febbraio 19, 2010, 04:27:59 pm
Il presidente della Camera all'Aquila: "Opere in tempi rapidi, ma nel rispetto assoluto della legge"

La magistratura saprà fare piena luce sulle vicende di corruzione di cui si parla"

Inchiesta G8, Fini contro la logica dell'emergenza "Le procedure non sono inutili orpelli"


L'AQUILA -  Il luogo scelto è altamente simbolico. L'Aquila devastata dal terremoto. D qui il presidente della Camera, nei giorni dello scandalo che travolge la Protezione civile lancia un monito alla "trasparenza" nell'assegnazione degli appalti pubblici. "E' e sarà compito degli uffici centrali del governo, dell'autorità regionale e provinciale, dei comuni interessati dalla ricostruzione e dagli organi tecnici competenti vigilare affinchè questo sforzo di rinascita si svolga nel pieno rispetto delle leggi e delle norme poste a tutela della correttezza e della trasparenza degli operatori pubblici e privati".

"Nell'assegnazione degli appalti - insiste Fini - deve essere infatti assicurata l'imparzialità delle procedure e la celerità delle stesse. La capacità di un paese di dimostrarsi realmente avanzato si misura anche con la capacità di realizzare le opere in tempi rapidi, nel supremo rispetto della legge".

Insomma, per il presidente della Camera "in uno stato di diritto le procedure non possono essere considerate come degli inutili orpelli da derogare fin troppo facilmente in qualsiasi momento e chi gestisce risorse pubbliche deve sempre ricordarsi che agisce in nome e per conto della comunità".

Poi una battuta con cui si smarca nettamente dall'atteggiamento tenuto dal presidente del Consiglio sulla vicenda Bertolaso.
La magistratura, dice Fini, saprà fare piena luce sulle vicende di corruzione che stanno caratterizzando la gestione del G8 della Maddalena. Poi comunque aggiunge: "E' moralmente doveroso ricordare, l'impegno e all'abnegazione con cui le autorità provinciali e comunali unitamente ai vertici e ai volontari della Protezione civile, dei vigili del fuoco, delle forze dell'ordine e della Croce rossa hanno affrontato con grande prontezza e straordinaria efficacia la gravissima emergenza del terremoto dell'Aquila e hanno posto le basi per una pronta ricostruzione".

(19 febbraio 2010)
da repubblica.it


Titolo: GIANFRANCO FINI. La legalità non è solo avere un processo breve
Inserito da: Admin - Marzo 07, 2010, 10:14:28 am
Il presidente della Camera a Napoli: basta con l'alibi del Mezzogiorno

"Le classi politiche locali hanno il dovere di dimostrare che il Sud può farcela"

Fini: "Servono candidati sopra ogni sospetto La legalità non è solo avere un processo breve"


NAPOLI - "C'è assoluta necessità di candidature al di sopra di ogni sospetto, come si diceva un tempo per la moglie di Cesare". A dirlo, a Napoli, nell'intervento conclusivo del convegno congiunto delle fondazioni "Mezzogiorno Europa" e "Farefuturo" sul tema "Per la buona politica. Per un nuovo Mezzogiorno", è il presidente della Camera Gianfranco Fini, che sottolinea come invece si dia vita "a un dibattito tra schieramenti" nel quale questa necessità "diventa argomento da rinfacciarsi da uno schieramento all'altro".

La terza carica dello Stato aggiunge: "Non si può dire 'legalita' come pre-condizione e poi limitarla alla brevità dei processi e alla presenza di forze dell'ordine e magistratura sul territorio. La legalità è una serie di politiche che presuppone inevitabilmente una qualità della classe dirigente". Poi, il concetto centrale del suo intervento: lo slogan del Mezzogiorno come "questione nazionale" non deve diventare un alibi per le classi politiche meridionali, che al contrario hanno il dovere di dimostrare che il Mezzogiorno può farcela. "Basta con gli alibi, occorre una piena consapevolezza delle classi politiche meridionali, ovviamente nell'ambito di politiche nazionali".

Poi, Fini ha concluso con un monito a fare attenzione "perché il tempo sta per scadere e non credo che gli italiani consentiranno altri cinque, dieci anni di convegni e di riflessioni sul Mezzogiorno". Al convegno sono intervenuti fra gli altri il viceministro Adolfo Urso, il responsabile per il Mezzogiorno del Pd Umberto Ranieri e la presidente di Confindustria Campania, Cristiana Coppola.

(05 marzo 2010)
da repubblica.it


Titolo: GIANFRANCO FINI. Associazione «benedetta» da Fini... Via a Generazione Italia
Inserito da: Admin - Marzo 15, 2010, 04:31:08 pm
Bocchino: nel Pdl serve un nuovo movimentismo

Via a Generazione Italia

Associazione «benedetta» da Fini

Non è il primo passo verso un addio, su questo l'ex leader di An è chiarissimo: «Il Pdl non lo lascio agli altri»



ROMA - La sorpresa l’ha rovinata Vittorio Feltri. Che, in piena campagna elettorale, ha svelato l’iniziativa che i promotori avrebbero voluto tenere coperta fino all’ultimo: nascerà il primo aprile «Generazione Italia», creatura politica fondata da Italo Bocchino con la benedizione di Gianfranco Fini. Che è un giornale online ma non solo, un’associazione ma non solo, un gruppo di pressione che tende a calamitare consensi interni ed esterni al Pdl ma non solo, ma che sicuramente non è un partito a se stante, non è insomma la tanto temuta o evocata «scissione» dei finiani doc dalla casa madre. Con i suoi, Fini ha infatti commentato con una battuta tra l’ironico e il sarcastico il titolo del Giornale («Pesce d’aprile di Fini per mangiarsi il Pdl»): «Quando l’ho letto, mi sono chiesto: ma esiste uno sciamano che possa guarire Feltri dall’ossessione del mio tradimento?».

Ma non c’è dubbio che Generazione Italia - che si consoliderà in area politica strutturata l’8 e 9 maggio in un convegno a Perugia con 1200 delegati, che avrà un suo logo, la partecipazione di tutto il vertice del Pdl, un messaggio del premier e le conclusioni affidate del presidente della Camera - non è solo una corrente, o una fondazione tra le tante. E tantomeno è il primo passo verso un addio, visto che su questo Fini è sempre stato chiarissimo: «Il Pdl l’ho co-fondato, non lo lascio certo agli altri». Italo Bocchino (in partenza per Parigi per siglare il gemellaggio con l’analoga associazione di circoli che fa riferimento all’Ump di Sarkozy) precisa allora che l’iniziativa non è affatto contro il Pdl, anzi «vogliamo muoverci proprio per dare una scossa al partito, per attrarre nuovi consensi: se FareFuturo guarda fuori dai confini, se il Secolo fa il corsaro, noi vogliamo costruire una nuova classe dirigente partendo dal territorio, e discutendo di politica vera. Insomma, vogliamo essere uno strumento nel e per il partito». E però, le cose devono essere chiare: un finiano storico e della prima ora dice chiaramente che «è arrivato il momento di dare vita a un nuovo movimentismo nel partito, perché così com’è il Pdl non va da nessuna parte, la baracca non funziona. Avanti chi è bravo, chi è competente, basta con le quote 70-30, e basta con l’approccio tutto rivolto al "popolo" del centrodestra senza mediazioni».

Basta insomma, è il grido che si leva dai promotori di Generazione Italia e dunque dallo stesso Fini, con iniziative come quella dei «promotori della libertà» della Brambilla che tanto malumore stanno creando non solo nell’ex An, ma anche nell’ex Fi: «Al Pdl non servono predellini o predelline - continua l’alto esponente finiano - ma prendere atto che bisogna cambiare registro». E su questa base, sono convinti i finiani, l’iniziativa potrebbe raccogliere consensi anche fuori dall’area tradizionale dell’ex An, se è vero che negli ultimi tempi si sono rafforzati i rapporti tra lo stesso presidente della Camera e ministri come Tremonti o Fitto. Insomma, quello che potrà essere davvero Generazione futura lo si capirà «dopo le Regionali, è tutto da scoprire», sussurra Fabrizio Cicchitto, che come tutti gli uomini vicini a Berlusconi non sottovaluta affatto la mossa di Fini. Perché una cosa è chiara nel Pdl: la corsa alla successione del premier è ormai partita, e tutto si può pensare tranne che l’ex leader di An se ne resti in disparte a guardare gli altri che si posizionano ai blocchi.

Movimenti che ovviamente insospettiscono il Cavaliere, che ai suoi ripete da tempo lo stesso commento: Fini faccia quel che vuole, se lo vuole è libero di andarsene. Ma Fini, appunto, ad andarsene non pensa affatto. A lottare per un partito diverso sì. E se sarà guerra totale o piuttosto una redistribuzione dei poteri nel partito, lo si vedrà solo dopo le elezioni: adesso «sarebbe meglio - consiglia freddamente il coordinatore del Pdl Ignazio La Russa - che tutti ci concentrassimo sul voto, facendo campagna elettorale. Il resto - che si tratti di un semplice convegno o di qualcos’altro -, non mi pare attuale...». Parole sottoscritte dai berlusconiani doc, mentre Umberto Bossi sembra far spallucce: «Generazione Italia? Vadano pure avanti, purché si faccia il federalismo».

Paola Di Caro
15 marzo 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
da corriere.it


Titolo: GIANFRANCO FINI. Dopo l'adunata: sono al lavoro per cambiare il PdL.
Inserito da: Admin - Marzo 22, 2010, 03:30:34 pm
Al presidente della Camera non è piaciuto il giuramento dei candidati in piazza San Giovanni

E neppure lo "spot" del Cavaliere per la Lega: "Nessuna nuova forza, ma non mi faccio espellere"

Il day after di Fini dopo l'adunata "Sono al lavoro per cambiare il Pdl"

di FRANCESCO BEI


ROMA - Non gli è piaciuto il giuramento dei governatori con la mano sul cuore che, come tanti scolaretti, recitavano la promessa del "governo del fare". Né i toni da "tifoseria" di alcuni. E si può immaginare cosa abbia pensato vedendo sul palco di piazza San Giovanni il cantastorie Apicella e Demo Morselli, le majorettes e i cori "un presidente, c'è solo un presidente". Si può solo immaginare appunto, perché Gianfranco Fini sceglie volutamente di non dire una parola sull'appuntamento clou del suo partito, per non esporsi ulteriormente alle critiche del fronte interno. Come quelle del Giornale, che anche ieri non ha mancato di far notare come i predecessori di Fini alla presidenza della Camera - Irene Pivetti, Fausto Bertinotti e Pier Ferdinando Casini - non si siano mai fatti problemi a partecipare ad eventi organizzati dai loro partiti.

Quello che pensa Fini lo dirà oggi a Verona, ma ai suoi ha già affidato un ragionamento su quello che sarà lo scenario dopo le regionali: "Io lavoro per cambiare il Pdl, ma non sto facendo un altro partito. E non ho intenzione di farmi espellere". Il presidente della Camera scommette che sarà il tempo a dargli ragione. Soprattutto se le elezioni dovessero andare come prevede che vadano, cioè con uno sfondamento della Lega in tutto il Nord. "Anche sul palco di San Giovanni - osserva un esponente finiano - Berlusconi ha offerto uno spot pazzesco alla Lega e a Bossi. Non si capisce, è come se volesse farlo decollare sempre di più". Ma quando si usano toni da crociata sul problema della clandestinità, quando si imputa a un "complotto" della sinistra l'idea di concedere il voto amministrativo agli immigrati, quando sul palco Bossi e Berlusconi sembrano parlare la stessa lingua, "è chiaro che tra la copia e l'originale - commenta Fini - gli elettori scelgono l'originale".

Il presidente della Camera, per immaginare il futuro suo e quello del Pdl, aspetta quindi i risultati elettorali. Se le regionali dovessero rivelarsi un trionfo personale per il premier, la sua agibilità politica all'interno sarà ancora più ridotta. È quello che prevedono e sperano anche alcuni osservatori interessati, come Francesco Rutelli: "Fini è molto a disagio nel Pdl e si vedrà dopo le elezioni come questo disagio si tradurrà in fatti politici". Al contrario, se il Pdl dovesse scendere sotto il risultato delle Europee, magari con un magro 34%, se Berlusconi dovesse perdere il "tocco elettorale", la situazione cambierebbe.

Ma dall'entourage di Fini sono molto netti nell'escludere che possa esserci un'accelerazione a breve. Anche Generazione Italia, la creatura messa in piedi da Italo Bocchino per dotare Fini di una solida "constituency", al momento resterà all'interno del Pdl. Nessuno strappo. "Siamo molto impegnati in campagna elettorale - assicura Adolfo Urso - e tutti gli strumenti, tanto il progetto di "Generazione Italia" cosi come lo è il progetto dei "Promotori della Libertà", annunciato da Berlusconi qualche settimana prima, possono contribuire al dibattito interno". Del resto "non avrebbe senso - spiega uno degli animatori del progetto G. I. - fare una corrente di An dentro il Pdl. Con il rischio di scoprirsi minoranza". Tanto più che persino alcuni esponenti un tempo vicini alle posizioni del presidente della Camera, come si è visto alla manifestazione, ormai sembrano propendere per il premier.

Dunque l'idea è quella di aspettare per vedere se Berlusconi accetterà la proposta che Giuliano Ferrara - tra gli applausi dei finiani doc - ha illustrato tre giorni fa: un patto politico tra i due leader, un accordo che consenta alla maggioranza di fare le riforme, a Fini di immaginarsi come candidato premier nel 2013, concedendo in cambio il suo sostegno per l'ascesa del Cavaliere al Quirinale. È chiaro che, al momento, si tratta solo di scenari. E non c'è il minimo sentore che il premier voglia accettare un'intesa del genere. Carmelo Briguglio ammette che, finora, il Cavaliere è andato in una direzione opposta: "Prima ha proposto Angelino Alfano come candidato premier, un po' scherzando e un po' no. Poi ha lanciato l'elezione diretta del capo dello Stato. Si capisce che, come successore, ha in mente una figura alla François Fillon, un premier che resta in secondo piano rispetto a Sarkozy". Ma se le regionali dovessero tramutarsi in un bagno elettorale, proprio come in Francia, allora la stella di Fini tornerà a brillare.
 

© Riproduzione riservata (22 marzo 2010)
da repubblica.it


Titolo: GIANFRANCO FINI. Serve un migliore equilibrio tra Parlamento ed esecutivo...
Inserito da: Admin - Aprile 08, 2010, 11:23:50 pm
Il convegno di "farefuturo" sulle riforme

Fini: «Serve un migliore equilibrio tra ruolo del Parlamento ed esecutivo»

Il presidente della Camera: «Il modello francese? Non può prescindere dalla legge elettorale»


MILANO - «In Italia si avverte l'esigenza di trovare un migliore equilibrio istituzionale tra il ruolo del Parlamento e quello dell'esecutivo». Gianfranco Fini sceglie il convegno di FareFuturo, «La Quinta Repubblica: un modello per l'Italia?», per il suo primo intervento pubblico dopo le elezioni del 28-29 marzo. Un incontro dedicato al tema del riforme, a proposito delle quali il presidente della Camera evidenzia come nel nostro Paese «l'urgenza» di affrontarle «continua a scontrarsi con una discussione pubblica viziata da una stanchezza culturale e da non pochi pregiudizi di carattere politico».

ESEMPIO FRANCESE - «Quello che dovremmo cercare di importare in Italia dal modello francese - auspica Fini - è la garanzia della vitalità, della lunga durata di un sistema che tenendo conto delle tradizioni e delle mutevoli esigenze della Francia ha saputo sempre riconciliare, con modalità ed effetti differenti, da un lato la rappresentanza con l'efficienza, dall'altro il parlamentarismo con la leadership». Fini sottolinea però le differenze tra la situazione italiana attuale e quella francese ai tempi della nascita della Quinta Repubblica: «Per quanto il dibattito sulla forma di governo possa ricalcare quello francese, in quello italiano mancano per fortuna quegli elementi di rottura e di minaccia dalle quali derivarono le decisioni del '58: il rapporto con l'Algeria, la fase di turbolenza che attraversava Parigi in quel momento...». Inoltre, ricorda il presidente della Camera, lo stesso «contesto in cui si inserisce una eventuale revisione della forma di governo è profondamente diverso da quello degli anni '50'-'60, quando il processo di unificazione europea era ancora agli inizi».

LEGGE ELETTORALE - In ogni caso, ci tiene a sottolineare Fini, la discussione italiana sul modello francese non può prescindere dalla riforma della «legge elettorale». «La Quinta repubblica e il semi-presidenzialismo - conclude - possono essere un modello per il nostro Paese» a patto che la discussione non sfoci in «un'adozione amputata nei suoi meccanismi di equilibrio e garanzie»

Redazione online
08 aprile 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
da corriere.it


Titolo: Saviano: Fini, "Berlusconi non dovrebbe fare quelle affermazioni"
Inserito da: Admin - Aprile 29, 2010, 10:26:05 am
 Saviano: Fini, "Berlusconi non dovrebbe fare quelle affermazioni"

28 Aprile 2010 18:16 POLITICA

ROMA - ''Quando il presidente del Consiglio dice che Saviano sbaglia, io dico quel che penso: e' meglio che queste affermazioni non le faccia - dice Gianfranco Fini - perche' e' come dire che Albert Camus con 'La peste' era un untore''. Il presidente della Camera ha parlato nel corso della registrazione di 'Porta a Porta'. (RCD)

da corriere.it


Titolo: Bocchino proposta tagliola a Berlusconi
Inserito da: Admin - Agosto 23, 2010, 05:55:41 pm
POLITICA

Da Bocchino proposta a Berlusconi "Governo con Fini, Rutelli, Udc e parte Pd"

Il presidente dei deputati di Fli sul sito di Generazione Italia: "Le elezioni non convengono al premier. Vincerebbe asse Lega-Tremonti. Serve un nuovo esecutivo".

Il viceministro Urso al premier: "Sarà il settembre della verità. Annulli la riunione dei probiviri".

I centristi replicano all'ennesimo attacco del senatùr. "Ci insulta perché lo ostacoliamo". Duello Cicchitto-Zaia: "Necessaria verifica prima di andare al voto"


ROMA - Italo Bocchino lancia una proposta che farà discutere. Destinatario Silvio Berlusconi. "A questo punto" la partita per il presidente del Consiglio "diventa veramente difficile", scrive il presidente dei deputati di Fli sul sito di 'Generazione Italia'. "L’unica strada che ha il premier", prosegue Bocchino, "è appellarsi al Parlamento come gli ha consigliato Casini per varare un nuovo governo con un profilo alto e riformatore e una maggioranza più ampia, costruendo una nuova coalizione che comprenda i partiti di Fini, Casini e Rutelli e i moderati del Pd ormai delusi".

Il voto non conviene al premier, ma sancirebbe soltanto la vittoria dell'asse Bossi-Tremonti. E' l'opinione del presidente dei deputati di Fli, Italo Bocchino. "Se davvero si andasse a elezioni anticipate - afferma il capogruppo alla Camera di Futuro e Libertà, sul sito di 'Generazione Italia' - le uniche due certezze sarebbero il travaso di voti dal Pdl alla Lega e una maggioranza al Senato diversa da quella della Camera". "In uno scenario del genere" - continua Bocchino - "Bossi avrebbe gioco facile a chiedere un passo indietro al Cavaliere, che verrebbe pensionato da quello che ritiene l'alleato più fedele, aprendo così la strada a un governo Tremonti che sarebbe a propulsione leghista e otterrebbe il voto di una maggioranza larghissima che si formerebbe con l'obiettivo reale di mandare definitivamente a casa Berlusconi". Secondo il presidente dei deputati di Fli, "le truppe di "Futuro e libertà" diventano paradossalmente lo scudo del Cavaliere rispetto alla trappola, ma il presidente del consiglio deve decidere che atteggiamento avere verso Fini e i finiani".

Due sono i punti ritenuti fondamentali dai finiani per riavviare un dialogo. A spiegarli è il viceministro allo Sviluppo Economico, Adolfo Urso. Porre fine alla campagna mediatica contro Gianfranco Fini e annullare la riunione dei probiviri prevista per settembre. Sono queste le condizioni per riavviare il dialogo tra "Futuro e Libertà" e il Pdl. Il viceministro lancia il suo appello al partito del presidente del Consiglio, che anche ieri aveva ribadito il suo ultimatum ai finiani sui 5 punti del documento programmatico 1. "Cessino gli attacchi istituzionali al presidente Fini", dice Urso e si annulli la riunione dei probiviri prevista per metà settembre". Non sono possibili "processi alle idee", che devono poter circolare e confrontarsi liberamente nel centrodestra. I probiviri dovranno decidere quale sanzione adottare nei confronti dei tre dissidenti Granata, Bocchino e Briguglio.

Rispedita al mittente ogni accusa di aver causato lo strappo. "Sono altri - ricorda Urso - che hanno fatto uno strappo con i nostri elettori, cacciando con un documento illiberale Gianfranco Fini, che è stato il confondatore del Pdl. Ma io mi auguro ancora - rivela - che prevalga la ragione". "Questo - annuncia il viceministro - "è il settembre dellla verità". Altrimenti creare una nuova forza politica sarà un passo scontato. "Chi rappresenta milioni di elettori di destra", spiega Urso, "ha il diritto e non solo il dovere di dar loro rappresentanza".

L'Udc contro Bossi. Il nuovo attacco di Umberto Bossi all'Udc provoca la dura reazione dei centristi. "Che Bossi, noto trafficante in banche e quote latte, insulti l'Udc lo riteniamo molto utile per far capire agli italiani chi ostacola davvero i suoi progetti di occupazione del potere". Lo si legge in una nota della segreteria nazionale del partito, che aggiunge: "Si svegli chi ha votato questa legge sul federalismo, che è solo uno spot per la Lega, e chi nel governo viene messo sempre più ai margini dal Carroccio".

Duello Zaia-Cicchitto. Prima di parlare di elezioni anticipate è necessario fare una "verifica", non sono immaginabili "scelte a tavolino" e, comunque, il voto del sud è "decisivo". Sono i tre punti sui quali il capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto replica al governatore del Veneto che oggi, su Repubblica, ha definitivo "inevitabile" il voto anticipato. "L'intervista del presidente Zaia presenta alcuni aspetti non condivisibili", dice Cicchitto, "Una verifica va fatta sia per andare in un senso che per andare in un altro, perché non sono praticabili scelte fatte a tavolino. Poi, specie nell'ipotesi delle elezioni, Zaia deve essere consapevole che è decisivo anche il voto del sud e che nel sud il ruolo decisivo della coalizione del centrodestra è quello svolto dal Pdl".


(23 agosto 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/08/23/news/urso-riunione_probiviri-6449847/?ref=HRER1-1


Titolo: GIANFRANCO FINI. «Il pdl la smetta di dare la colpa ai giornali, alle toghe e...
Inserito da: Admin - Ottobre 31, 2010, 09:14:07 pm
«Il pdl la smetta di dare la colpa ai giornali, alle toghe e alla sinistra»

Fini: «Paese dilaniato. Ostruzionismo sulle leggi che servono al premier»

Il presidente della Camera dà ragione alla Marcegaglia: «L'esecutivo stenta ad indicare le linee di ripresa»


ROMA - «Il Paese è fermo e dilaniato da mille polemiche». Gianfranco Fini non usa mezzi termini, e, sulla scia dell'intervento di sabato della leader degli industriali, lancia l'allarme, parlando ai circoli romani di Futuro e Libertà al teatro Adriano di Roma. «Il Paese è fermo - spiega il leader di Montecitorio - e ha ragione la presidente Marcegaglia: il nostro esecutivo stenta ad indicare le linee di ripresa». Su quale sarà la posizione di Futuro e Libertà nel futuro prossimo e sul possibile ostruzionismo all'attività del governo, Fini ha le idee chiare: «Interdizione sul pacchetto fiscale? No, perché non è stato presentato. Interdizione sul piano per il Mezzogiorno? No, perché non è stato presentato. Interdizione sulle leggi che servono unicamente per Berlusconi? Sì». Questo, ci tiene tuttavia a sottolineare il presidente della Camera, «non significa non affrontare i problemi della giustizia e della legalità».

«IL PDL NON DIA LA COLPA AD ALTRI»- L'Italia, è la convinzione di Fini, deve affrontare una «emergenza di tipo sociale» e gli «amici del Pdl» devono «smetterla di dire che la colpa di tutti i problemi è dei giornali, della sinistra o della magistratura». «La crisi finanziaria - osserva Fini - è passata senza che banche fallissero, anche grazie al governo, ma oggi è possibile che per chi sta nella maggioranza è sempre colpa dell'opposizione. Qualcuno, invece, si è preso la briga di andare a leggere l'analisi fatta su proletarizzazione del ceto medio? In Italia non c'è più ceto medio. Con un dramma che sta diventando giovanile. Possibile che non si riesca ad aprire gli occhi e a vedere che c'è conflitto giovani-anziani. Oggi se manca la pensione del nonno, i ragazzi non hanno soldi per portare fidanzata a mangiare pizza».

CASO RUBY - Incontrando i circoli romani di Fli, Fini non usa parole soft neanche quando si tratta di commentare il «caso Ruby». «Sono amareggiato - ammette -. È una vicenda che sta facendo il giro del mondo purtroppo e mette l'Italia in una condizione imbarazzante».

AFFONDO SULLA LEGA - Da Fini anche un affondo sulla Lega. «Possibile - si chiede il presidente della Camera - che l'Italia non riesca a trovare risorse che al contrario saltano fuori quando la Lega batte i pugni sul tavolo per difendere 200 ultrà delle quote latte?».

LUPI - Duro il commento di Maurizio Lupi, vicepresidente del gruppo Pdl alla Cameraalle parole di Fini. «Più degli imbarazzi sul caso Ruby, che non meritano commenti, se fossi nel presidente Fini ripenserei a quanto gravi sono, per la democrazia del paese, le parole pronunciate stamattina sull'interdizione che Fli farà alle leggi a favore del premier. Fini dimentica il ruolo istituzionale che ricopre» è l'attacco di Lupi. 

Redazione online
31 ottobre 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/politica/10_ottobre_31/fini-paese-dilaniato_8cfee446-e4d8-11df-8ccb-00144f02aabc.shtml


Titolo: GIANFRANCO FINI. «Se Monti fallisce, fallisce l'Italia»
Inserito da: Admin - Novembre 20, 2011, 05:13:14 pm
IL DOPO FIDUCIA

Fini: «Se Monti fallisce, fallisce l'Italia»

Il presidente della Camera il giorno dopo la fiducia Alfano: «Il governo? Battuto da confusione e mercati»


MILANO - Il giorno dopo la fiducia al neopremier «tecnico» Mario Monti, i big della politica tradizionale dicono la loro. «I nodi vengono sempre al pettine, e il tempo è galantuomo. Quello che è avvenuto è la dimostrazione che l'Italia era entrata in una fase turbolenta e per certi aspetti impossibile da gestire, per scelte che avevano determinato un conflitto permanente e che rischiavano di fare precipitare il Paese in un precipizio». Così il presidente della Camera e leader di Fli, Gianfranco Fini, parlando alla manifestazione del Terzo Polo «Viaggio nel Nord tradito», a Verona. Per Fini il Governo Monti «lavorerà per ridare all'Italia il ruolo che le spetta nell'Ue. Non ci può essere un direttorio franco-tedesco». Inoltre «se fallisce Monti fallisce l'Italia. O l'Italia si salva tutta insieme o rischia di perire tutta insieme». Poi un riferimento alle strategie politiche: «Dobbiamo cessare di pensare che le alleanze vadano costruite solo con l'obiettivo di battere l'avversario».

MONTAGNA DA SCALARE - «Il nostro è un sostegno leale al governo che ha una montagna da scalare ma che ha idee chiare» ha proseugito. «Mario Monti ha colto nel segno quando ha detto che bisogna rilanciare l'economia ma con equità sociale perchè nel nostro paese -ha ammonito- c'è una necessità assoluta di crescita dell'equità sociale». E ha poi spiegato: «E quando si parla di equità nel mercato del lavoro la categoria più debole oggi è quella dei giovani. Dobbiamo infatti cambiare le procedure per le assunzioni, è essenziale certo più flessibilità che non vuol dire libertà di licenziare per i nuovi assunti». E poi ha continuato «deve esserci un legame tra produttività e guadagno per il lavoratore». Quindi il presidente di Fli è tornato sul «sostegno ad un governo che ha le idee chiare e l'obiettivo di creare le condizioni per una società del domani migliore grazie a riforme importanti e necessarie riforme che toccheranno tutti a partire dai più fortunati e dai più privilegiati».

ALFANO - «Entriamo in questi giorni proprio in una nuova fase politica, quella rappresentata dalla nascita del governo Monti, i cui esiti sono del tutto imprevedibili, mentre è caduto il governo, eletto dagli italiani nel 2008. Il governo Berlusconi non è stato abbattuto dalla sinistra, non è stato sfiduciato né dal Parlamento, né dagli italiani, ma dal combinato-disposto costituito dalla confusione mentale e politica di alcuni deputati e dall'azione dei mercati, che oramai, non solo in Italia, intervengono pesantemente anche sugli equilibri politici». Questo il commento di Angelino Alfano, segretario del Pdl, nel messaggio di saluto fatto pervenire a conclusione del convegno, «i socialisti riformisti nel Pdl», a Milano. «Noi - dice Alfano - non ci siamo voluti far seppellire dall'andamento degli spread e dalla straordinaria campagna mediatico-politica guidata ad arte da certi settori della stampa. A nostro avviso in Italia non c'era spazio per una massacrante campagna elettorale dominata dal bombardamento dei mercati e dei media. Berlusconi, più di chiunque altro, ha dato prova del suo senso delle istituzioni e del suo amore per l'Italia facendo un atto di responsabilità».

Redazione Online19 novembre 2011 (modifica il 20 novembre 2011)© RIPRODUZIONE RISERVATA

DA - http://www.corriere.it/politica/11_novembre_19/fiducia-monti-reazioni-day-after_dd88bc5a-12b0-11e1-b297-12e8887ffed4.shtml