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Autore Discussione: Gian Carlo Bruno - Se crollano i giganti  (Letto 2501 volte)
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« inserito:: Settembre 16, 2008, 03:52:36 pm »

Se crollano i giganti

Gian Carlo Bruno *


Lehman Brothers, la prestigiosa banca americana fondata oltre 150 anni fa e famosa per efficienza e competenza, ha chiesto il chapter 11 - l’anticamera del fallimento. La notizia non può non scioccare, anche se arriva in un momento in cui quasi nessuno, nell’olimpo della finanza internazionale, sembra al riparo dalle tempeste iniziate con il domino dei mutui «subprime».

Merrill Lynch, la blasonatissima casa di brokeraggio, e AIG, la più grande assicurazione del mondo, dipendono dall’aiuto di cavalieri bianchi se vogliono sopravvivere, mentre Freddie Mac e Fannie Mae, i giganti dei mutui americani, sono stati assorbiti dal governo americano, e Bear Stearns sembra un ricordo del passato, dopo il salvataggio interessato da parte di JPMorgan. Che cosa sta succedendo? Come si è passati dai bonus milionari (in dollari e sterline) e i grattacieli di cristallo all’elemosina di Tesoro e Federal Reserve? La risposta a questa domanda molto complessa è semplice: liquidità.

In un clima finanziario con margini anemici e tassi di interesse bassi come negli anni passati, le banche non depositarie (quelle che non hanno sportelli) si sono inventate nuovi prodotti finanziari molto strutturati e complessi, hanno comprato debiti di sempre più bassa qualità, li hanno impacchettati in prodotti più o meno garantiti e se li sono rivenduti tra di loro e agli investotori in una misura tanto grande e con un grado di sofisticazione tanto spinta che nemmeno loro, alla fine, sono state in grado di valutarne il rischio. L’idea iniziale era che, spezzettando i rischi e distribuendoli a chi aveva le caratteristiche e la solidità per assorbirli, questo sarebbe risultato in un beneficio per tutto il sistema. Qualità dei debitori più bassa, però, si accompagnava a margini di profitto più alti, e gli investitori hanno perso il senso di quanto fossero esposti. Questo esercizio, per quanto sempre più ingegneristico e sempre meno collegato a clienti identificabili o transazioni specifiche, può continuare solo finché c’è liquidità nel sistema - cioè finché c’è l’acqua che fa girare le ruote dei mulini. Molto denaro, e a buon mercato. Quando un debito fa " default ", cioè non viene onorato, la perdita viene coperta con i profitti su altre operazioni. Quando pero’ qualcosa di molto visibile accade, in cui un’instituzione non è in grado di coprire le perdite generate da un’improvvisa incapacità di un debitore di fare fronte ai suoi impegni, le altre banche, con il loro cappello di finanziatori, si fanno scettiche e temono di esporsi aiutando l’istituto in pericolo. Quest’ultimo, privo della cassa per far fronte ai richiami dei creditori, chiede aiuto alla banca centrale o, quando questo non è possibile, fallisce. Le prime avvisaglie si erano viste nel Regno Unito, con Northern Rock, una piccola banca sconosciuta, e poi più pesantemente qui in America con Bear Stearns.

Il ruolo delle banche centrali e dei Governi è delicato: se si mostrano troppo propensi a "togliere le castagne dal fuoco" degli operatori finanziari, percepiti dalle opinioni pubbliche come avidi speculatori, indirettamente inciterebbero comportamenti rischiosi e metterebbero in pericolo la stabilità del sistema finanziario a lungo termine. Come reagirà il sistema alla crisi di Lehman Brothers? Ma più importante, quali saranno le conseguenze per i consumatori europei e italiani a questo evento epocale ma che sembra cosi’ lontano dalle vicende del Belpaese ? Sarà difficile per il sistema finanziario internazionale riassorbire la caduta di Lehman - la banca ha un enorme bilancio, con crediti e debiti verso moltissime istituzioni finanziarie, dal settore immobiliare a quello assicurativo. Proteggere le controparti di Lehman è importante, ma difficile: non si tratta solo degli impatti diretti, ma anche di quelli solo indirettamente collegati: trading houses (le società che comprano e vendono titoli per i clienti), hedge funds (fondi che cercano alti ritorni per i clienti) e anche le banche depositarie potrebbero trovarsi nella necessità di vendere i titoli solidi che hanno in portafoglio a prezzi bassi (le borse stanno soffrendo molto in questi giorni) pur di fare fronte alle esposizioni che normalmente non sarebbero state presentate all’incasso in un clima piu’ disteso. Ma sopratutto gli investitori singoli, che vedono i loro risparmi falcidiati dall’impatto drammatico di queste vicende sulle borse mondiali.

A causa del clima pesante intorno al sistema finanziario, alla scarsità di liquidità, alla progressiva avversione al rischio, e alla perdita del valore degli immobili, ai consumatori sarà sempre piu’ difficile accedere ai mutui: mentre i tassi di interesse di base non aumentano, i premi che le banche vogliono per prendere rischi immobiliari che ancora qualche mese fa erano considerati favorevolmente, stanno aumentando, rendendo piu’ difficile e in ogni caso piu’ oneroso comprare casa. La globalizzazione dei servizi finanziari è molto piu’ sofisticata e spinta di quella delle merci, e anche le banche italiane sono collegate al sistema: alcune banche italiane hanno miliardi di euro in polizze di assicurazione vita di Lehman Brothers in bilancio, per i quali si sono impegnate a garantire. Se Lehman non li onora, le banche italiane dovranno farlo, se i loro crediti non passano avanti a quelli di altri creditori - lo stabiliranno gli avvocati e le corti tra chissà quanto tempo. Quando alle banche italiane si chiederà conto della qualità degli attivi del loro bilancio, queste dovranno mettere da parte piu’ capitali per dimostrare la loro solidità, con il risultato di avere meno denaro per fare il loro lavoro, cioè prestare soldi all’economia italiana, agli imprenditori, ai consumatori, alle amministrazioni pubbliche. Un’altra importante conseguenza per gli italiani e gli europei in generale è il ruolo che stanno giocando la Banca Centrale Europea e la Banca d’Inghilterra: consapevoli del pericolo della trappola della liquidità (le banche si rovinano per onorare i debiti, quando un po’ di respiro permetterebbe loro di non svendere gli attivi e fare fronte agli impegni senza panico), le banche centrali stanno pompando liquidità nel sistema in modo straordinario. Mentre il loro riferimento dovrebbe essere mantenere la stabilità dei prezzi, aumentando la liquidità esse indirettamente favoriscono pericolosamente l’inflazione. L’Euro ne soffrirà, con conseguenze difficilmente prevedibili. La loro tattica aiuta moltissimo nel breve periodo, ma nel lungo periodo il prezzo da pagare potrebbe essere grande. Nonostante l’aiuto fornito dalle banche centrali, poi, la liquidità creata non circola nel sistema, e la disponibilità di credito per gli attori economici si riduce. Progetti imprenditoriali si bloccano, i consumi scendono e di conseguenza i PIL stagnano. È inevitabile chiedersi quale possa essere la risposta a questi eventi. È improbabile che nuove ondate di regolamentazioni minuziose possano risolvere il problema: l’ente americano per la prevenzione delle tossicodipendenze ha una regolamentazione basata su elenchi di oltre 300 tipi di droghe illegali, che pero’ vengono bypassati da creativi che ne mischiano alcune e creano nuovi cocktail in teoria perfettamente legali. Quello che serve sono principi chiari e la certezza della pena, e soprattutto il coraggio, qualche volta, di lasciare fallire - con l’accortezza di attutire il colpo - quegli operatori che non funzionano. Quando la marea scende, la linea di galleggiamento delle navi si abbassa, e i rifiuti si accumulano sulle spiagge dell’economia. * Director, Financial Services Industries World Economic Forum

Pubblicato il: 16.09.08
Modificato il: 16.09.08 alle ore 9.12   
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« Risposta #1 inserito:: Settembre 16, 2008, 05:29:13 pm »

ECONOMIA   

Lehman Brothers travolto dalla crisi dei subprime, bancarotta da 613 miliardi di dollari

Tutti aspettano la nuova presidenza per vedere se tenterà di riportare ordine

America, il grande crac "incubo" americano a Wall Street


dal nostro inviato VITTORIO ZUCCONI
 

WASHINGTON - C'è qualcosa di spaventosamente banale, perché già visto molte volte come quegli uragani che si abbattono ogni anno, nel collasso della quarta banca d'affari americana consumato in questo weekend, la Lehman Brothers. Come nella fine di Bear Stearns, di Merrill Lynch - la numero uno risucchiata dalla Bank of America - nell'assalto in atto al titano delle assicurazioni Aig, nelle febbre che sta facendo rabbrividire marchi stellari come Goldman Sachs, Morgan Stanley, Jp Morgan, c'è semplicemente l'altra faccia del "sogno americano". L'incubo americano.

La catastrofe della Lehman fallita, due settimane dopo il salvataggio governativo delle due principali fonti di mutui immobiliari semiprivate, Freddie Mac e Fannie Mae, e il panico che si sta impadronendo di un'industria finanziaria che si considerava inaffondabile e oggi vede un Titanic dopo l'altro inabissarsi, è la parabola dei trionfi e delle catastrofi inevitabili e necessari, che in un sistema di economia e di finanza spregiudicate trasforma pezzenti in miliardari con la stessa furia con la quale trasforma miliardari in pezzenti. Che travolge, devasta, terrorizza e poi diventa la premessa per ricostruire.

Non ci sarebbe l'America senza i disastri che l'hanno devastata e poi l'hanno rifatta. Quando Richard Fuld, presidente e profeta di questa casa finanziaria, addirittura vetusta per gli standard americani essendo nata 158 anni or sono, che dal 1993 era guardato come il mago capace di trasformare il nulla in oro e oggi come un apprendista stregone che ha lasciato 27 mila dipendenti sull'orlo del tuffo dalla finestra, ha dovuto arrendersi dopo un week end di inutile agonia e ha dovuto portare i libri in tribunale, un dramma rappresentato mille volte è andato in scena. Senza risalire alla preistoria e al crack del1929, che i grandi gufi come Allan Greenspan continuano a citare forse per far dimenticare la parte che loro stessi hanno giocato con la propria miopia, soltanto negli ultimi 20 anni abbiamo assistito al crollo fraudolento delle piccole casse di risparmio (nel quale fu coinvolto anche un certo senatore chiamato John McCain), costato 800 miliardi ai contribuenti americani; al "meltdown", alla fissione nucleare delle obbligazioni spazzatura, i junk bonds, che avevano alimentato i razziatori di aziende; al grande crack di Wall Street; all'esplosione tragica della millantata "new economy" e dei titoli bidone delle "punto com"; alla scomparsa (criminale) di colossi dell'energia come la Enron.

Questi eventi terrificanti sono insieme l'eccezione e dunque la regola che domina il respiro di una nazione che sa, per esperienza amara ma lunga, di dover pagare il prezzo dei propri eccessi, prima di bonificarsi e poi ripartire verso altri eccessi. In un universo dominato dai due poli estremi del "fear" e del "greed", della paura e dell'igordigia, i maghi di ieri, come Fuld delle Lehman, o come Kenneth Lay dell Enron, grande amico di George Bush, ucciso da un infarto dopo una condanna a 25 anni di carcere per bancarotta, sono i furfanti di domani, esecrati con la stessa violenza con la quale erano adorati fino a quando producevano soldi per i clienti. I 27 mila dipendenti della Lehman, pagati in titoli della loro banca, lo adoravano quando il titolo era oltre i 66 dollari e ricevevano "bonus" di fine anno raramente inferiori ai 350 mila dollari. Oggi, che quei titoli valgono 24 centesimi, quasi nulla, e si sono portati via risparmi, sogni, lussi, case, senza più speranze di quei bonus che alimentavano i prezzi astronomici delle abitazioni a Manhattan, lo maledicono.

Il caso della "Fratelli Lehman", ancora chiamata così in onore dei tre fratelli Henry, Immanuel e Mayer, tedeschi immigrati dalla Baviera nel 1850 senza uno scudo in tasca e divenuti ricchi (ecco il "sogno") facendosi pagare con il cotone coltivato dagli schiavi dell'Alabama, colpisce non soltanto per le dimensioni di questa casa finanziaria che, con 27 mila dipendenti, aveva un portafoglio nominale e un valore di mercato pre collasso superiore ai 500 miliardi di dollari. Colpisce perché, a differenza di fondi d'investimento puramente speculativi, come il famoso "Long Term Capital" concepito da due premi Nobel dell'Economia e andato in fumo nel 1991, la Lehman aveva una lunga e nobile storia di saggi e fruttuosi finanziamenti.

Con il suo aiuto, erano nate le prime grandi catene di magazzini popolari, come la Sears e la Macy delle celebri parate a Manhattan. Avevano permesso la nascita della Rca, signora e madre della radio e della televisione e della Halliburton, la società di ricerche e servizi all'industria del petrolio che il vice presidente Dick Cheney guidò prima di entrare alla Casa Bianca nel 2001. Era stata dunque parte della grande economica americana, prima di gettarsi sulla nuova frontiera dei mutui immobiliari e di quegli strumenti finanziari, come gli "hedge funds" e i "derivate" che nel anni 90 avevano promesso la pietra filosofale che ogni investitore sogna: guadagnare in ogni caso, qualunque zig zag compia il mercato.

Come vuole la saggezza popolare, se una cosa è troppo buona per essere vera, non è vera. Nel momento, previsto e ignorato, dell'inversione del mercato immobiliare dopo anni di aumenti insensati del valore delle case sostenute da profitti e "bonus" e da crediti a tutti, Lehman e il suo aggressivo leader, Fuld, hanno scoperto l'incubo: come si possono fare fortune puntando sui rialzi, così se ne possono fare scommettendo sui ribassi. Quando il sangue delle piccole banche esposte in crediti cattivi a debitori insolventi, i cosiddetti mutui subprime, a clienti sotto gli standard ottimali, ha cominciato a diffondersi nell'acqua, i grandi speculatori al ribasso hanno cominciato a mordere, sbranando pezzo dopo pezzo case come la Bear Stearns, la Countrywide mutui, ripescata dalla Bank of America, le due agenzie semiprivate Freddie e Fannie di sostegno ai mutui, nazionalizzate nel panico per non radere al suolo il già devastato mercato della casa e infine la Lehman, accusata di avere "cucinato i libri" e nascosto almeno 13 miliardi di crediti ormai non più recuperabili.

In un'economia che sbanda tra le onde della mancanza di fiducia, l'ingrediente essenziale di ogni credito, e della incertezza sul futuro, che non vede dove sia il fondo del mare, ci si chiede "who's next"? chi sarà la prossima vittima degli squali. La Merrill Lynch, la leggendaria "casa del toro furibondo" è stata assorbita, per 50 miliardi, dalla Bank of America, che sta saccheggiando i rottami per uscire come banca dominante quando il ciclone passerà. La Goldman Sachs sta innalzando muri di sacchetti di sabbia attorno ai propri debiti, con riserve di cash, di danaro liquido, come stanno facendo la Morgan Stanley e la JP Morgan. La Aig, American International Group, finanza e assicurazioni, vacilla ed è la preda attorno alla quale incrociano gli squali, mentre il governo Bush, dopo avere contribuito a salvare la Bear Stearns promuovendo l'assorbimento e nazionalizzando, con nobile sprezzo dell'ideologia liberista, le due grande agenzie di mutui, è stata costretta a chiamarsi fuori. Il mercato della liquidità, del credito, è paralizzato dal terrore.

Il ministro del tesoro Paulsen ha lasciato al suo destino la casa che i tre fratelli arricchiti dalla speculazione sul cotone 158anni or sono costruirono, scoprendo che sarebbe "immorale" usare soldi dei contribuenti per salvare o remunerare gli speculatori, o liberarli dai debiti assunti dalla mano pubblica, secondo quella formula Alitalia che qui sarebbe improponibile. A 50 giorni dalle elezioni, non ha più nè la volontà politica nè i soldi per farlo. Le grandi banche nazionali e straniere, come Citigroup, Chase, UBS, Bank of America hanno costituto in fretta un fondo d'emergenza di 100 miliardi di dollari per mutuo soccorso e la Federal Reserve, in consultazione con la Bce e con le altre banche centrali del mondo, tiene aperti i propri rubinetti di "extrema ratio" per i correntisti e risparmiatori, avvertendo che non è la Croce Rossa degli speculatori e la sua disponibilità non è infinita.

Ma in realtà nessuno ascolta le scontate e irritanti rassicurazioni di Bush, ripetute anche ieri, sull'"economia americana che rimane robusta". Tutti aspettano la nuova Presidenza per vedere se tenterà di riportare ordine, e qualche regola, nella finanza allegra, divenuta tristissima. Altri cadranno, ma altri cresceranno, come sempre, in questa che rimane l'ultima vera frontiera selvaggia, come la borsa, ha dimostrato ieri passando dalla furia iniziale del "vendere a qualsiasi prezzo" (il panico) alla voglia di cercare azioni scontante (l'ingordigia). Quando anche questa buriana sarà passata, i fratelli bavaresi che speculavano sul cotone saranno diventati una interessante lezione per master in economia, e l'America sarà pronta per un nuovo boom e poi uragano. Lehman Brothers aveva la propria sede nel World Trade Center, l'11 settembre 2001.
 
(16 settembre 2008)

da repubblica.it
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