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Autore Discussione: Ovazione per Ted Kennedy "La speranza sorge ancora"  (Letto 2596 volte)
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« inserito:: Agosto 26, 2008, 10:48:08 am »

Il senatore, malato di tumore, a sorpresa al Pepsi Center

Un discorso di sette minuti che somiglia molto a un testamento politico

Ovazione per Ted Kennedy "La speranza sorge ancora"

dal nostro inviato ALBERTO FLORE D'ARCAIS

 

DENVER - Alle sette e mezzo della sera il vecchio leone malato dalla lunga criniera bianca ha fatto il suo ingresso nell'arena e nella serata dedicata a Michelle Obama ha tolto mezza scena alla donna che sogna di diventare First Lady. Un'ovazione di due minuti ha accolto Ted Kennedy quando, a passi lenti, il fisico gonfiato dalle massicce cure contro il tumore al cervello, ha raggiunto il palco dove la nipote Carolina aveva da poco finito di esaltare le sue qualità. "Grazie, grazie, grazie", ha ripetuto quasi commosso, con quella voce inconfondibile che generazioni di americani hanno imparato a riconoscere in quarant'anni di vita politica del più giovane dei fratelli, ultimo erede, segnato da lutti, battaglie e sconfitte, della leggenda dei Camelot d'America.

A Denver non doveva venire, glielo avevano sconsigliato i medici, gli amici di partito, i familiari, lo aveva scongiurato la moglie Vicky. Ma lui ha voluto essere presente per "passare la torcia in mano ad una nuova generazione di americani", per consacrare ufficialmente Barack Obama come l'unico, vero, erede di Jfk. In platea qualcuno piangeva, altri trattenevano a stento le lacrime; lo ascoltavano commossi, sul palco riservato alla famiglia, Carolina, l'altra nipote Maria Shiver (moglie del governatore della California Arnold Schwarzenegger) mentre centinaia di cartelli con scritto Kennedy venivano sventolati dai delegati.

Ha parlato per sette minuti. "La speranza sorge ancora e il sogno continua a vivere", ha detto, lui che non ha più di due anni di vita, "nulla, proprio nulla mi avrebbe impedito di essere qui stasera con voi". In un discorso che ha riecheggiato uno dei suoi più conosciuti (di 28 anni fa) ha strappato più volte gli applausi dei delegati: "Eleggendo Obama avremo la garanzia che ogni americano, dal nord al sud, dall'est all'ovest, giovane o vecchio, avrà una qualità dell'assistenza sanitaria come un diritto fondamentale e non come un privilegio. Amici democratici, amici americani, è meraviglioso eserre qui con voi stasera. C'è una nuova ondata di sfide che ci aspetta e se prenderemo la direzione giusta raggiungeremo la nostra destinazione: non una semplice vittoria per il nostro partito, ma il il rinnovamento della nostra nazione. A novembre la torcia sarà passata di nuovo ad una nuova generazione di americani. E vi prometto che il prossimo gennaio sarò in aula alla ripresa dei lavori del Senato degli Stati Uniti".

Prima che Kennedy parlasse la folla del Pepsi Center aveva guardato in silenzio il breve filmato su di lui girato dal famoso documentarista Ken Burns. Immagini di Ted in barca con i familiari, brevi interventi della moglie, della senatore John Kerry (il candidato democratico sconfitto da George Bush nel 2004), degli amici più vicini. Doveva essere solo quello il suo contributo alla Convention. Ma lui ha voluto fare di più. Forse, come dice qualcuno, per distogliere i delegati dalla infinita querelle che oppone Obama ai Clinton, sicuramente perché aveva deciso di lasciare il suo testamento politico. E voleva farlo di persona.

(26 agosto 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #1 inserito:: Agosto 26, 2008, 10:53:23 am »

Dietro le quinte

Hillary e Bill, i sabotatori potenziali

Lui scontento del discorso, ma lei lancia un appello all'«unità del partito»



Bill e Hillary sono davvero due irriducibili sabotatori, pronti a rovinare la festa di Denver? Barack Obama e i suoi sono stati ingenui a farsi incastrare dalla macchina clintoniana, e a dargli tanto spazio alla convention? Ora si vedrà. Certo, il gran pasticcio sottotraccia (ufficialmente tutto va bene) che potrebbe consumarsi tra stasera, col discorso di Hillary, e mercoledì, col discorso di Bill, per tacere del voto per la nomination (Hillary voterà per Obama, parte dei suoi delegati non si sa) potrebbe avere effetti seri. Segnalare divisioni (eufemismo) interne e debolezza del candidato.

Al momento, l'unica cosa sicura (anche se ufficialmente tutto va bene) è che Bill è di pessimo umore. È scontento della serata in cui è stato inserito. Il tema è «Securing the Future»: Bill dovrà spiegare quanto sarà bravo Obama ad assicurare un futuro all'America. Ma lui voleva parlare di economia; e spiegare quanto è stato bravo lui, Bill, a rendere prospera l'America. Hillary invece richiama all'unità: «Non dobbiamo avere dubbi su questa cosa: siamo uniti e siamo uniti per il cambiamento». I Clinton sono ancora popolari; però buona parte dei loro delegati, qui alla convention, sembrano rassegnati o convertiti (di vari elettori ed elettrici di Hillary alle primarie, ancora non si sa). Magari a malincuore, ti dicono «qui basterebbe una serata di rissa per regalare la Casa Bianca ai repubblicani». Molti obamiani invece sono apertamente furibondi. Uno di loro ha detto al giornale online Politico.com, ieri il primo a raccontare il caso Bill, che «i Clinton si comportano come soldati giapponesi che continuano a combattere quando la guerra è finita».

Altri dicono che lo fanno apposta. Che a loro va benissimo una vittoria di John McCain, un solo mandato dell'anziano senatore, una ricandidatura di Hillary nel 2012. Che Obama non doveva farsi sequestrare mezza convention da Bill e Hillary. Che causa Clinton, le previsioni sui due partiti si sono rovesciate. Si pensava che sarebbero stati i repubblicani ad avere problemi; a non riuscire ad appoggiare in modo unitario McCain, candidato (una volta) eterodosso. Invece sono i democratici — se i Clinton e qualche clintoniano si agitano troppo — a rischiare di uscire dalla convention con un'immagine da partito sgangherato e soprattutto con un candidato traballante. Anche se potrebbe essere la loro ultima roulette russa: una Hillary giudicata responsabile della sconfitta non sarebbe candidata apprezzatissima, tra quattro anni. D'altra parte, Hillary è arrabbiata perché non è stata presa in considerazione come vicepresidente. E un incarico minore (nell'amministrazione, o come giudice della Corte Suprema) non la renderebbe felice (eufemismo). Né lei, né Bill. Il quale (forse inconsciamente? Per non farsi rinchiudere alla Casa Bianca senza potere e forse solo con stagisti maschi?) l'ha danneggiata con le sue uscite durante le primarie. E ora, con un discorso tiepido, con qualche battuta, tramando un po' come fa in questi giorni, potrebbe indebolire Obama; ma, in prospettiva, anche sua moglie. D'altra parte i Clinton sono i Clinton. Sono la più straordinaria e pasticciona coppia di potere della storia contemporanea. Vengono dalla peggiore delusione della loro storia a due. A Denver non hanno voglia di fare gli sconfitti. Così molti sono preoccupati, anche molti clintoniani.

Maria Laura Rodotà
26 agosto 2008

da corriere.it
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