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Autore Discussione: L’ex presidente Scalfaro: risibile sostenere che Napolitano ha ratificato ...  (Letto 2443 volte)
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« inserito:: Febbraio 01, 2010, 10:26:52 am »

LA LETTERA DI SCALFARO

"Sosteniamo la Costituzione"

Un sabato di sit-in del popolo viola


ROMA - Sarà un sabato nel nome della Costituzione. Gli esponenti del No B-Day organizzano sit-in in decine di città italiane in difesa della Costituzione. A loro l'ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro ha voluto indirizzare un messaggio.

"Nella mia qualità di  presidente dell'Associazione 'Salviamo la Costituzione: aggiornarla non demolirla', nata dal Comitato che promosse il referendum costituzionale del giugno 2006 - scrive Scalfaro-  esprimo soddisfazione per le numerose iniziative e manifestazioni di sostegno alla Costituzione repubblicana  e alla sua perdurante attualità, organizzate in un momento nel quale essa è nuovamente esposta sia al rischio di proposte di revisione non rispettose dei suoi valori e del suo impianto fondamentale, sia a una strisciante e quotidiana inosservanza dei suoi principi (prima di tutto quello dell'equilibrio tra i poteri costituzionali e dell'autonomia e indipendenza della funzione giurisdizionale). D'intesa con il  direttivo di "Salviamo la Costituzione", che si è riunito a Roma il 26 gennaio, invito i comitati locali della nostra associazione a partecipare a queste iniziative.

Invitiamo, in particolare, a sostenere l'iniziativa, promossa autorevolmente dai presidenti emeriti della Corte costituzionale Valerio Onida e Gustavo Zagrebelsky sotto l'egida di un gruppo di associazioni e movimenti della società civile, per la presentazione di una proposta di legge di iniziativa popolare tendente a integrare la festa nazionale del 2 giugno con un riferimento esplicito alla Costituzione, così da ridefinirla come festa della Repubblica e della Costituzione.

E' un modo per  sottolineare lo stretto legame, storico e istituzionale, tra i due momenti fondanti della nostra convivenza civile, e per ricordare che la Costituzione è e resta  un sicuro punto di riferimento della grande maggioranza degli italiani, al di là delle divisioni politico-partitiche, come è stato confermato dal netto risultato del referendum del 25-26 giugno 2006 e da recenti sondaggi di opinione.

La Costituzione può naturalmente, come essa stessa prevede, essere aggiornata e modificata, in modo da adeguare gli strumenti della nostra democrazia al mutare della realtà storica, politica e sociale: ma ciò deve avvenire in coerenza con i suoi principi e i suoi valori, anzi al fine di meglio attuarli e inverarli, e senza stravolgere il suo impianto fondamentale, che è garanzia dei diritti di tutti e di ciascuno e della effettività della nostra democrazia.

Chiediamo infine -conclude l'ex presidente della Repubblica - ai nostri Comitati regionali e locali di valutare, in vista delle prossime elezioni regionali, l'opportunità di invitare tutti i candidati alla carica di presidente della Giunta regionale a sottoscrivere un documento col quale essi si impegnino - in caso di approvazione parlamentare di modifiche costituzionali che stravolgano i principi, i valori e l'impianto fondamentale della nostra Costituzione - a proporre al loro Consiglio regionale di esercitare la facoltà costituzionalmente prevista di promuovere il referendum previsto dall'art. 138 della Costituzione".
 

(29 gennaio 2010)
da repubblica.it
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« Risposta #1 inserito:: Marzo 08, 2010, 03:12:48 pm »

L’intervista

- «Le norme richiedono rispetto assoluto ma la politica doveva trovare il modo perché una gran massa di elettori non restasse fuori dalle urne»

«Il Pdl non si poteva escludere, io avrei rinviato il voto»

L’ex presidente Scalfaro: risibile sostenere che Napolitano ha ratificato il provvedimento per evitare la violenza


Presidente Scalfaro, il capogruppo del Pdl alla Camera, Cicchitto, elogia come super partes il capo dello Stato per la firma del decreto salvaliste, dicendo che lei e Ciampi eravate invece «schierati». Quindi dei nemici.

«Sono discorsi che non meritano neppure un commento».

Ma lei che cosa avrebbe fatto per risolvere il caos delle liste? Si sarebbe opposto alla sanatoria «interpretativa»?
«Rispondo girandole a mia volta una domanda: quanti sono gli elettori del Pdl in Lazio e Lombardia? Qualche milione, no? Ora mi spieghi che cosa sarebbe successo se si fosse votato senza la lista del partito di maggioranza. Sarebbe stato eletto un organismo che non avrebbe rappresentato la realtà e che, nonostante ciò, avrebbe dovuto amministrare le due regioni senza rispecchiare davvero la società. Esponendosi per cinque anni ad agitazioni, turbative, rifiuti d’obbedienza e quant’altro. Una follia».

Chi contesta il provvedimento adottato (e oltre al cosiddetto «popolo viola» c’è pure il responsabile per gli affari giuridici della Conferenza episcopale, il vescovo Mogavero), parla di «funerali del diritto».
«Qui bisogna intendersi e andare oltre le rigide norme e i regolamenti. Il cui esatto adempimento è, sì, importante, ma stavolta si scontrava con un tema fondamentale: assicurare la partecipazione al voto del numero più alto possibile di cittadini».

Come si poteva uscirne, senza lesionare questo schema binario?
«Ripeto: le norme sono certo intoccabili e richiedono un rispetto assoluto. Tuttavia la politica doveva trovare il modo di impedire che una gran massa di elettori restasse esclusa. In un regime democratico questa è la priorità assoluta, un elemento da tutelare».

Serviva insomma l’invocata «soluzione politica». Che però nessuno sembrava davvero concretamente perseguire.
«La collaborazione tra maggioranza e opposizione in un caso del genere sarebbe obbligatoria. Un accordo lo si doveva trovare a ogni costo. E forse sarebbe stato possibile costruire una sorta di "cerotto legislativo" se le forze di governo avessero riconosciuto di aver sbagliato, per grane e dissidi loro interni, piuttosto che parlare di formalismi inutili e attaccare tutti indistintamente. Dimostrando totale assenza di senso dello Stato».

Il clima in cui è nato il decreto—legge evocava minacce, più o meno velate, di ricorso alla piazza. Per qualcuno si sarebbe addirittura sfiorata la sommossa...
«È risibile l’argomento di chi sostiene che il presidente della Repubblica ha ratificato il provvedimento per impedire la violenza. Sarebbe la stessa ragione che ha sempre usato Vittorio Emanuele III davanti a Mussolini. Infatti, nessuna Costituzione conferisce ai capi dello Stato un’autorizzazione al cedimento».

Quel decreto, comunque, la soddisfa?
«Certamente no. Era forse preferibile il rinvio del voto di qualche settimana. Magari di un mese. Ciò che avrebbe richiesto l’intesa di cui parlavo prima, in assenza della quale è tutto il Paese a pagare le conseguenze in termini di nuove tensioni. Riconosco poi che qualsiasi soluzione legislativa sarebbe stata stiracchiata, faticosa, una distorsione e una forzatura».

Che cosa pensa delle minacce di impeachment rivolte da una parte dell’opposizione più radicale a Napolitano?
«Sfogare le proprie delusioni in questo modo è inutile. È sbagliato il bersaglio. Occorre fare cose che abbiano un significato. Ad esempio una manifestazione che richiami e riaffermi i princìpi fondamentali è sempre giusta, anche se non dà alcun apporto a una realtà non facilmente modificabile, ma della quale servirà tenere conto in futuro».

E l’atteggiamento di Silvio Berlusconi in tutta questa partita, come lo giudica?
«Trovo deprecabile che una persona giunta al vertice della responsabilità rivendichi di continuo un improprio diritto ad avere le mani libere, ponendosi sopra tutto e tutti, con la motivazione che lui sarebbe "nominato direttamente dal popolo". Una cosa che non sta scritta da nessuna parte nella nostra Costituzione».

Marzio Breda

08 marzo 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
da corriere.it
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