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Autore Discussione: Gianni Barbacetto. Mps, ecco il verbale segreto: “Così lavorava la banda del 5%"  (Letto 2619 volte)
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« inserito:: Febbraio 01, 2013, 12:11:54 am »

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Mps, ecco il verbale segreto: “Così lavorava la banda del 5 per cento”

Un report interno della banca senese svela l'"Enigma" delle operazioni opache: i trader registravano le compravendite molto tempo dopo, in modo da lucrare sulle differenze di prezzo



di Gianni Barbacetto | 31 gennaio 2013


Ecco come lavorava la banda del 5 per cento: lo racconta il documento conclusivo dell’internal audit di Montepaschi, il controllo interno sulle transazioni finanziarie realizzato dalla banca nel 2009. In quell’anno un gruppo guidato da Andrea Furlani verificò come lavorava l’area finanza di Mps, soprattutto quella che si occupava di finanza proprietaria nella sede di via Rosellini a Milano, dove aveva un suo ufficio, al terzo piano, anche il capo della finanza di Montepaschi, Gianluca Baldassarri. Il 26 novembre 2009 Furlani consegna una relazione con alcuni allegati, che il Fatto Quotidiano ha potuto consultare. Da quelle carte emerge, da una parte, un metodo di lavoro senza controlli, con falle di sistema che sembrano fatte apposta per poter concludere operazioni opache; dall’altra, gli allegati ricostruiscono una serie di operazioni su titoli corporate e su Btp, alcune delle quali realizzate con Enigma, la società d’intermediazione finanziaria con base a Londra e sede operativa a Milano di cui il Fatto ha scritto il 26 gennaio.

L’analisi interna ricostruisce una situazione di grave disordine organizzativo. Nella sala operativa, i trader registrano le operazioni molto tempo dopo averle realizzate. A volte dopo ore, a volte il giorno successivo. In questo modo è possibile che un titolo sia acquistato a un prezzo e messo a carico della banca solo quando il prezzo è maggiore, lucrando sulla differenza, che potrebbe poi essere intascata dal trader o dal suo responsabile. Il trader potrebbe addirittura avviare un’operazione e, se questa va bene, non registrarla, tenendo per sé il margine realizzato; se invece va male, la registra mettendo la perdita a carico della banca. “Diverse operazioni sono state segnalate dalla funzione di Controllo del rischio come potenzialmente anomale”, si legge nella relazione. “Lo staff di Controlli finanziari di Area finanza non ha mai effettuato alcun warning” (stato d’allarme). Vengono analizzate dieci operazioni, concluse nei mesi di giugno e luglio 2009. “In taluni casi (due) i deal sono stati inseriti il giorno successivo alla contrattazione”, annotano i controllori.

La maggior parte delle operazioni (sette) “sono state inserite nell’applicativo di Front Office in seguito a un ordine impartito dal Capo area. Il telefono di quest’ultimo non è attualmente registrato né è previsto che lo sia in futuro”: così i controlli sono impossibili e non resta traccia delle operazioni. Il capo area è Baldassarri. Il rapporto elenca poi altre 20 operazioni su titoli corporate “ritenute significative dal punto di vista di una potenziale irregolarità operativa”. E segnala quattro acquisti di Bund tedeschi realizzati nel corso dell’anno. Due di questi, del valore di 25 milioni di euro l’uno, sono stati perfezionati il 28 aprile e il 6 maggio 2009. Per entrambi, “il prezzo d’acquisto si colloca sui livelli massimi di prezzo, registrati a inizio giornata, nonostante i deals siano stati inseriti nei sistemi gestionali solo nel tardo pomeriggio”.

Le operazioni realizzate con l’intermediazione di Enigma, segnalate tra quelle “a rischio” sono due tra le dieci campionate del 2009: si tratta di compravendita di titoli Credit Suisse e British Telecom. Altre cinque sono nell’elenco delle 20 ritenute “potenzialmente irregolari”: sono due compravendite di bond British Telecom e Olivetti e tre di Imperial Tobacco. “Tutto regolare”, dice un consulente di Enigma. “Ho analizzato i prezzi e posso garantire che sono corretti, entro i margini di mercato”.

Non la pensano così i pm di Milano Giordano Baggio e Stefano Civardi, che hanno indagato sul ruolo di Enigma e nel giugno 2012 hanno fatto perquisire abitazione e ufficio milanese di Fabrizio Cerasani, socio fondatore e direttore di Enigma Securities Llp di Londra e legale rappresentante della succursale italiana. A Cerasani è stato notificato anche un avviso di garanzia per il reato di appropriazione indebita. Poi le carte sono state mandate per competenza territoriale ai pm di Siena che indagano su Montepaschi. L’ipotesi d’accusa è che Enigma acquistasse e vendesse per conto di Mps titoli sui mercati Otc (over the counter, cioè non regolamentati), “a condizioni predeterminate e diverse da quelle realizzabili sul mercato, al solo fine di conseguire un profitto” da occultare. Enigma, insomma, sarebbe servita per fare la “cresta” sulle operazioni, da spartire “con dirigenti infedeli di Mps”. Ora anche le carte di Enigma sono sui tavoli dei magistrati di Siena che devono risolvere i molti enigmi del caso Montepaschi.

da Il Fatto Quotidiano del 31 gennaio 2013

da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01/31/mps-ecco-verbale-segreto-cosi-lavorava-banda-del-per-cento/484942/
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« Risposta #1 inserito:: Dicembre 17, 2016, 02:46:50 pm »

Politica
Giuseppe Sala indagato, i fatti erano noti. Perché candidarlo sindaco?

Di Gianni Barbacetto | 16 dicembre 2016

Dunque Giuseppe Sala è indagato. Per il più grosso degli appalti Expo, quello della “piastra” su cui è stata costruita tutta l’esposizione (base d’asta: 272 milioni di euro). Le accuse sono note da anni, erano già state formulate durante un’inchiesta della Procura di Milano del 2014. Per riuscire a ogni costo a finire in tempo i lavori, Sala non ha annullato la gara, vinta nel 2012 dalla Mantovani in modo anomalo, con un ribasso del 42 per cento, offrendo una cifra che “non era idonea neppure a coprire i costi”, annotavano i pm nella loro richiesta d’archiviazione, segnalando anche “numerose anomalie e irregolarità amministrative”, sia nella “scelta del contraente”, sia “nella fase esecutiva”.

Per non far saltare la gara, Sala avrebbe anche falsificato una data, retrodatandola. E poi avrebbe “aggiustato” con la Mantovani le cose: avevano vinto il 3 agosto 2012 offrendo soli 165,1 milioni. Il commissario si accorda concedendo alla Mantovani prezzi più alti per nuovi lavori aggiuntivi, in modo da compensare il mega-ribasso iniziale. Per esempio, i 6mila alberi di Expo, comprati in un vivaio a 266 euro l’uno, sono stati pagati da Sala alla Mantovani 716 euro l’uno. Con un contratto affidato nel luglio 2013, senza gara, all’impresa per un importo di 4,3 milioni; la Mantovani nel novembre successivo stipula un contratto di subfornitura con un’impresa vivaistica per 1,6 milioni.

L’inchiesta della Procura di Milano rileva tutte queste anomalie, ma è azzoppata dallo scontro tra il procuratore Edmondo Bruti Liberati e l’aggiunto Alfredo Robledo. Bruti Liberati aveva avocato ogni inchiesta sull’esposizione universale, costituendo una “Area omogenea Expo” di cui aveva assunto personalmente il coordinamento, esautorando Robledo. Quella struttura organizzativa era poi stata dichiarata non legittima.

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, a cose fatte, ringrazierà Bruti per la sua “sensibilità istituzionale”. Ma quando nel 2016 la Procura chiude l’indagine e chiede l’archiviazione, prima il gip Andrea Ghinetti non l’accetta, poi la Procura generale avoca l’inchiesta e chiede altri sei mesi per indagare, iscrivendo anche Sala tra gli indagati.

Fatti minori, si difende Sala, compiuti “in buona fede” per finire i lavori in tempo per aprire Expo. Se anche fosse così, resta da spiegare perché il commissario Expo che aveva forzato le norme e aggirato le regole sia poi stato candidato sindaco: mettendo a rischio Milano e la sua amministrazione e provocando l’attuale crisi istituzionale.

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/12/16/giuseppe-sala-indagato-i-fatti-erano-noti-perche-candidarlo-sindaco/3264451/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-2016-12-16
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