LA-U dell'OLIVO

Forum Pubblico => ECONOMIA e POLITICA, ma con PROGETTI da Realizzare. => Discussione aperta da: Admin - Gennaio 10, 2008, 10:54:08 am



Titolo: Berlusconi, 20 anni fa la discesa in campo. Con la regia di Craxi e Dell’Utri
Inserito da: Admin - Gennaio 10, 2008, 10:54:08 am
«QUesto mese farò un discorso alla Camera su giustizia, democrazia e libertà»

Berlusconi: «Riforme? Io aspetto Ma Walter metta d'accordo i suoi»

Il leader del Pdl: «A Veltroni ho detto: sono il tuo Messia, ti libero dall'abbraccio mortale della sinistra»

DAL NOSTRO INVIATO

 
ANTIGUA — «Dobbiamo davvero parlare di legge elettorale? Ho qui in mano le agenzie, vista da lontano la situazione rischia di apparire comica. E per di più, della legge elettorale, alla gente non importa nulla. Agli italiani importa solo che questo governo vada a casa al più presto e che si torni subito al voto. Oppure interessano situazioni come quella di Napoli: se gli amministratori locali fossero stati dei nostri a quest'ora porteremmo loro le arance. E lei sa dove».

Green Island annuncia a chi viene da Nord la baia deserta di Half Moon. È una minuscola isola, si sporge dalla costa di Antigua quanto basta per lasciarsi corrodere dalla confluenti correnti del Mar dei Carabi e dell'Atlantico. Le rocce, scolpite dalle tempeste e levigate dalle onde, fanno da sfondo al dondolio di yatch miliardari. Dalla grande vetrata dello studio di Berlusconi la vista è nitida ed il panorama toglie il fiato. Alle 9 del mattino villa Blue Horizons è spazzata da una leggera brezza ed immersa in un cono di abbacinante luce tropicale.

Dalla poltrona il Cavaliere si gode uno spettacolo unico: «Meglio di villa Certosa? Qui siamo più in alto, viene quasi un senso di vertigine. Questa è una delle più belle baie dei Caraibi, di sicuro una delle più spettacolari». Ananas e frutti tropicali a colazione. Lo studio dista almeno 50 metri dalla sala da pranzo. Mussole di garza, come candide vele, avvolgono i letti a baldacchino delle camere da letto. Una cameriera sta rigovernando, alcuni skipper americani sono in attesa dietro la porta. Una teoria di terrazzi scopre panorami sempre diversi. Nel mare della baia si staglia solo Morning Glory: «È una barca bellissima, non ci mettevo piede da sette anni, ieri abbiamo provato le vele sino a St. John. Oggi pomeriggio usciamo di nuovo ». A 100 metri dallo scafo una lingua di sabbia bianchissima, punteggiata dalle palme. Si ammira meglio dalla piscina più grande della villa, quella che ha un accesso diretto dalla camera del Cavaliere. Le altre sono per gli ospiti delle tre ville che si affacciano al piano di sotto: «Guardi qui che spettacolo, quell'altra casa su quel promontorio è di Shevchenko. Altri ragazzi del Milan hanno intenzione di investire qui. Ci sono state praticate ottime condizioni perché i nostri nomi fungono da calamita per il mercato europeo ed americano. Ma la decisione finale l'ho presa per dare un sostegno al mio amico Gianni Gamondi che è il regista di tutto l'intervento per quanto riguarda la progettazione ambientale e architettonica. Hanno lavorato anche a Natale per consegnarmi la casa per l'Epifania, davvero non potevo deluderli».

Il tour della casa richiede tempo. Berlusconi è rilassato, abbronzato, indossa una camicia di lino celeste, alcuni suoi ospiti lo aspettano in uno dei tre grandi saloni che si aprono alla vista, varcato l'ingresso principale. Sulla scrivania dello studio le carte che Berlusconi ha portato da Roma: «Sto preparando un discorso sulla democrazia, sulla giustizia e la libertà in Italia, lo terrò alla Camera prima della fine del mese. Una denuncia forte su cui dovranno riflettere i nostri concittadini e i nostri rappresentanti in Parlamento. Ciò che succede in Italia con le intercettazioni è davvero inammissibile. Più di 100 mila persone sono costantemente ascoltate in Italia anche per indagini su reati minori, che non presentano alcun pericolo sociale. Si spendono 500 miliardi delle vecchie lire ogni anno. Se si aggiunge che questa maggioranza ha realizzato una sorta di colpo di Stato in forma democratica, prendendo per sé tutte le istituzioni della Repubblica, si ha un quadro dell'emergenza in cui siamo. Fra l'altro pretendere di continuare a governare con il 17% dei consensi sovverte il concetto stesso di democrazia».

Sta lavorando anche all'organizzazione del nuovo partito?
«Sì, certo, ma eviterei la parola partito. Il Popolo della Libertà non deve essere di parte, deve mettere insieme tutti i moderati e i liberali d'Italia, tutti gli italiani che non si riconoscono nella sinistra e che condividono quei valori che hanno garantito la crescita del benessere e della libertà in tutte le grandi democrazie occidentali. Saranno dei giovani, solo dei giovani, a fondarlo dando inizio alla fase costituente. Guardiamo all'esperienza dell'Ump di Sarkozy. Chiederemo agli elettori di approvare e fare proprio il Manifesto dei valori del Ppe, il Partito del Popolo europeo, la grande famiglia della libertà e della democrazia in Europa».

I suoi alleati però continuano a chiederle del programma e sembrano prendere strade diverse.
«Mi viene da sorridere quando si parla ancora di programma come di qualcosa da riscrivere daccapo. Certo, chiederemo agli elettori anche le priorità programmatiche. Ma la ricetta per l'Italia la conoscono tutti. Bisogna garantire la sicurezza dei cittadini, cosa che oggi lo Stato non fa. Abbattere la spesa pubblica per diminuire una pressione fiscale ormai insopportabile. Far lavorare di più gli italiani, perché non si può andare in pensione a 58 anni, costringendo le nuove generazioni a mantenerti per almeno una ventina di anni, se non di più. E poi ritornare a investire nel turismo e nelle infrastrutture. Più del programma è importante l'impegno a realizzarlo davvero. E a proposito di turismo devo dire con dispiacere che perdere la nostra compagnia di bandiera rappresenta una sorta di suicidio per il nostro turismo».

E con Fini e Casini come va, vi siete sentiti?
«Li ho chiamati per gli auguri di Natale, con amicizia e affetto. I nostri elettori vogliono che stiamo uniti. Nello stesso movimento o almeno in una federazione in cui vigano le regole della democrazia, dove in assenza di unanimità le decisioni si mettono ai voti. Io non mi stancherò mai di fare appelli all'unità. Noi stiamo realizzando qualcosa che gli elettori vogliono, abbiamo i voti degli italiani e se siamo uniti costruiremo una forza politica che in Parlamento sarà una valanga».

E il dialogo con Veltroni a che punto è?
«Gli faccio i migliori auguri, quando l'ho incontrato gli ho detto, testualmente: "io sono il tuo Messia perché posso liberarti dall'abbraccio mortale con la sinistra estrema". Ora noi stiamo alla finestra aspettando che trovino l'accordo tra loro, poi ne discuteremo. A noi va bene la soluzione più semplice possibile. Siamo pronti a discutere di tutto purché si decida per uno sbarramento efficace contro l'inaccettabile frazionamento delle attuali coalizioni».

Alle dieci del mattino il sole si è alzato oltre il promontorio ed ora illumina l'intero specchio della baia. Una lingua di luce bianca filtra sino alla scrivania di Berlusconi: «Pensi che io ora devo lasciare tutto questo e rimettere piede nel mio studio a Palazzo Grazioli, al quale sono affezionato, ma dove sono costretto a tenere sempre accesa la luce elettrica perché il Palazzo mi toglie quella naturale». Fa capolino il cuoco, Michele, inseparabile dal Cavaliere: «Ecco lui è uno che vorrebbe restare qui per sempre, vorrebbe che glielo mettessi per iscritto, mi sa che anche questa volta non ce la fa».

Ma lei si è mai dato un tempo limite, mettiamo altri tre o quattro anni in politica non di più?
Per un attimo l'ex premier resta in silenzio, poi dice qualcosa che gli costa, almeno a leggere nei suoi occhi: «Non credo di essere presuntuoso, ma non vedo un altro leader in grado di tenere uniti i moderati italiani. Quando arriverà sarò felice di farmi da parte. Per ora e purtroppo mi sembra di non essere fungibile, sono costretto a continuare per difendere la nostra libertà e la nostra democrazia. Guardi cosa è successo appena abbiamo cominciato a dialogare con Veltroni, le procure si sono rimesse in moto, da Palermo a Napoli sino a Milano, per bloccare il dialogo. Questa è oggi l'Italia: il capo dello Stato chiede cose sacrosante, a cominciare dal dialogo e dalle riforme, e un ordine dello Stato cerca di impedirlo».

Si riferisce ai magistrati?
«Io ho ancora fiducia nella magistratura. Dopo lunghi anni di accuse fantasiose e di processi stravaganti sono stato sempre assolto con formula amplissima. In Italia esiste una magistratura giudicante alla quale si può solo portare rispetto. Il problema grave è costituito da quei magistrati che usano il loro potere non a fini di giustizia ma a fini di lotta politica».

Ha più sentito Saccà?
«Non recentemente, ma lo considero un validissimo professionista e gli sono amico da oltre 20 anni».

A Napolitano cosa ha detto nella telefonata di fine anno?
«Gli ho garantito che per quanto mi riguarda il dialogo con Pd non si interromperà, nell'interesse generale del Paese. Ma ora facciamo una pausa, venga qui fuori, le faccio vedere un'altra cosa». Dalla terrazza a nord della villa Berlusconi descrive minuziosamente i lavori in corso ad Emerald Cove. La sua è solo una delle tante ville, l'unica terminata: «Vede quello spiazzo, lì ci sarà una grande piscina-lago, poi i negozi, la Marina, il golf da 18 buche, il ristorante. Davvero un posto da sogno. Lo è già ora, pensi quando i lavori saranno completati. Ieri ero a pranzo con il premier di Antigua, Baldwin Spencer, gli ho chiesto il voto per l'Expò di Milano. Abbiamo parlato anche di questo complesso, sarà uno dei fiori all'occhiello dell'isola, il problema è la lentezza delle maestranze e delle dogane locali, ma la bellezza della natura fa superare ogni difficoltà. Guai a lamentarsi».

Ora Berlusconi guarda il mare e sorride: «Vede questa baia, ha un nome strano, Nonsuch Bay, sembra napoletano, nun saccio, per ovviare Spencer ha buttato lì un'idea: cambiargli il nome. Farla diventare, in mio onore, The President Bay. Per tanta cortesia si può anche tollerare qualche inconveniente doganale e soprattutto non posso che ringraziare». Rientriamo nello studio. Sulla scrivania campeggia un fotomontaggio dei leader del G8: «Questo è un regalo di un amico, a quel meeting io non c'ero, c'era Prodi, solo che "qualcuno" ha tolto la sua foto e messo la mia. Così, per farmi sorridere; mi ha detto che sentiva la mia mancanza».

Un ospite annuncia intanto una visita pomeridiana a Devil's bridge, un ponte naturale di rocce dove le correnti sparano gli spruzzi delle onde a decine di metri di altezza: «Devo rispettare il programma». I ventilatori con enormi pale rivestite in legno ronzano pigramente dai tetti delle sale. In una delle sale da pranzo è ancora apparecchiato per 12. I piatti hanno richiami floreali, firmati da Richard Ginori per Berlusconi, con dedica acclusa. Le jeep della scorta si fermano all'ingresso della villa. Tra mezz'ora Morning star prenderà il largo. «Le dico solo un'altra cosa, su Napoli e l'emergenza rifiuti».

Prego? «Ho letto le parole di Ciampi sul Corriere, ha ragione, si è tirato a campare per troppo tempo. Però c'è da aggiungere almeno una nota di non poco conto».

Ovvero?
«Uno Stato che non garantisce la legalità e tollera, per di più così a lungo, una situazione come quella di Napoli, pericolosa per la salute dei cittadini e dannosa per il turismo, e quindi per l'economia dell'intero Paese, non è più degno di chiamarsi Stato, in quanto ha perso la sua legittimazione. E poi…».

 E poi?
«In 15 anni questi signori che hanno amministrato Napoli e la Campania approfittando dell'emergenza hanno costruito, con migliaia di assunzioni e con enorme spreco di soldi pubblici, un colossale e inammissibile sistema di clientele. Se fossero stati di Forza Italia avremmo avuto già da tempo la preoccupazione di portargli le arance. E invece siamo qui ancora a discutere se devono dimettersi o no».

Marco Galluzzo
09 gennaio 2008

da corriere.it


Titolo: Berlusconi: «Walter resista al fuoco di sbarramento»
Inserito da: Admin - Gennaio 11, 2008, 11:25:45 pm
Il segretario del PD: «ci vuole solo un po' di buona volontà».

«Legge elettorale, siamo a un passo»

Veltroni incalza sulle riforme: «Possibile l'accordo». Berlusconi: «Walter resista al fuoco di sbarramento»

 
ROMA - Il rinnovamento della legge elettorale dovrà avvenire in un clima nuovo a favore di una «democrazia dell'alternanza». Per il segretario nazionale del Pd, Walter Veltroni, il nuovo sistema elettorale sarà «probabilmente di transizione, di passaggio verso un assetto compiuto». Intervenendo davanti a una platea di oltre 300 militanti modenesi del Pd, Veltroni ribadisce le condizioni per arrivare presto ad un rinnovo del «porcellum».

RIFORME - Occorre «una massima differenza programmatica e valoriale e la massima capacità di convergenza nella scrittura delle regole per le istituzioni democratiche - dice il segretario - spero di poter contribuire alla creazione di un paese nel quale ci sono schieramenti politici alternativi, che sono e che rimangono alternativi e al tempo stesso assumono su di sé quel senso di responsabilità». «Abbiamo bisogno - insiste il sindaco di Roma - di creare un nuovo clima per una democrazia bipolare dell’alternanza con un sistema elettorale che sarà probabilmente un sistema di transizione, di passaggio verso un assetto compiuto, che è il sistema che in questo momento, nelle condizioni date, è possibile fare. E siamo ad un passo dal farlo. Ci vuole solo un po' di buona volontà».

BERLUSCONI: WALTER RESISTA - Sulla riforma elettorale è intervenuto anche Silvio Berlusconi. «La vera partita Veltroni la gioca ora...» ha spiegato l'ex premier ai suoi. «Spero che prevalga lo spirito riformista ma l'esito è tutt'altro che scontato - ha aggiunto il leader di Forza Itala - perché è chiaro che il leader del Pd dovrà resistere al fuoco di sbarramento» dei 'nanetti' del centrosinistra per arrivare al risultato. Berlusconi ha più volte spiegato di voler aspettare una proposta definitiva prima di discutere con gli alleati del centrodestra, ma il fatto che Veltroni non voglia 'blindare' il testo viene visto come un buon viatico per approdare ad un testo conclusivo.

CASINI OTTIMISTA - Ottimista sul cammino delle riforme anche Pier Ferdinando Casini. «La riforma elettorale - ha dichiarato il leader dell'Udc - mi sembra che stia marciando, con qualche difficoltà, ma il cammino è comunque aperto. Diceva Mao "La strada è a zig-zag e il futuro è luminoso". Non so se questo è il caso, ma certamente mi sembra che si siano accorciate di molto le distanze e abbiamo qualche speranza che possa andare in porto. La legge elettorale - ha proseguito Casini - è bene farla al più presto e poi, in questo modo, vedremo cosa capiterà, perché noi continuiamo una dura battaglia contro il governo Prodi che secondo noi è completamente incapace di gestire la situazione».

AVVERTIMENTO DI MARONI - In casa Lega, Roberto Maroni vede invece vicino il referendum sulla legge elettorale e lancia un avvertimento al partito del Cavaliere: «Agli amici di Forza Italia dico che se si arriva al referendum diventa ancora più difficile cercare di ricostruire un'alleanza che, in questi ultimi mesi, si è molto sfilacciata». Per Maroni, infatti, «il referendum sarebbe un elemento di ulteriore perturbazione», anche se nessuno nel centrodestra «ha interesse a creare ulteriore divisione». L'unica persona, secondo Maroni, in grado di sbloccare la situazione è Silvio Berlusconi. «Se c'è una persona in Italia che può dare un contributo decisivo per fare le riforme - ha aggiunto il capogruppo della Lega - e superare tutte le resistenze, questa si chiama Silvio Berlusconi. Se Berlusconi scende in campo e dice che si fa una legge elettorale con questi principi, la legge si fa. Gli abbiamo chiesto di prendere l'iniziativa perchè è lui il personaggio chiave che può sbloccare la situazione».

FIBRILLAZIONI NELL'UNIONE - Se dunque, oltre a Fi e Udc, anche An e Lega aprono alla possibilità di un'intesa, i problemi per Veltroni e il Pd sono nella maggioranza, con l'Udeur, l'Idv, il Pdci e i Verdi che annunciano ostruzionismo. La prossima settimana sarà decisiva per capire le sorti della riforma elettorale: da un lato l'attesa decisione della Consulta sul referendum, dall'altro il vertice di maggioranza ed il probabile voto sul testo Bianco al Senato. Se per il Pd la priorità è portare il testo il prima possibile in aula, il ministro per le Riforme Vannino Chiti, che lunedì rappresenterà il governo, crede ancora che «un'intesa sia possibile anche nella maggioranza», venendo incontro alle richieste del 'fronte del no': Udeur e Idv, per una volta concordi nel preferire il referendum, Pdci e Verdi, che insistono nel chiedere che la legge sul conflitto di interessi anticipi quella sulla legge elettorale. Priorità che da Malta il premier Romano Prodi conferma, invitando ad evitare «manfrine». Il fronte dei sì registra ufficialmente la disponibilità anche di Sinistra Democratica, in sintonia con Rifondazione che preme sull'accordo tanto quanto il Pd. «Se c'è un po' di saggezza - auspica il ministro Fabio Mussi - c'è una certa chance di successo per la bozza Bianco».

11 gennaio 2008

da corriere.it


Titolo: Sofia Ciardiello - SD Il referendum elettorale è una spada di Damocle sulla ...
Inserito da: Admin - Gennaio 11, 2008, 11:27:34 pm
Sd ha presentato una memoria oppositiva contro l'ammissibilità del referendum elettorale (12 gennaio 2008)

Il referendum elettorale è una spada di Damocle sulla democrazia italiana

di Sofia Ciardiello


Sinistra Democratica da' un giudizio fortemente negativo sulla legge elettorale che uscirebbe dal referendum. In vista della riunione della Suprema Corte che deve decidere sulla costituzionalità dei quesiti ha presentato oggi una memoria oppositiva nella quale vengono sollevate cinque obiezioni contro l’eventuale legge che scaturirebbe dall’esito favorevole della consultazione referendaria.

Fabio Mussi, in una conferenza stampa cui hanno partecipato anche i capigruppo di Senato e Camera, Cesare Salvi e Titti Di Salvo, presente anche Massimo Villone, ha detto che 'c'e' il totale rispetto dell' autonomia della Corte ma questo non esclude che vengano presentate memorie oppositive sull' ammissione dei requisiti'. 'Sono - sottolinea il ministro dell'Universita' e della Ricerca - una base utile di riflessione a chi ha costituzionalmente il dovere di decidere. E non siamo gli unici ad aver presentato dei documenti su un referendum che ha numerosi profili di inammissibilita''.

'Se si fa il referendum si chiede di accettarne il risultato ed e' una stupidaggine dire che ha solo una funzione di stimolo' osserva Salvi, che avverte: 'Se passa una legge in base al referendum, sara' peggiore dell' attuale porcellum e peggiore della legge Acerbo, che fissava almeno un limite del 25% per far scattare il premio'.

Su questo punto, Mussi interviene avanzando un'ipotesi che 'puo' essere realistica'. 'Se si presentano 10 liste e tutte prendono meno del 10% e solo una supera quella soglia, con una legge in base al referendum, quell' unica lista meno piccola delle altre prenderebbe il 51% dei seggi, un'assurdita''.
La memoria oppositiva depositata stamani alla Corte costituzionale e' stata redatta dal professor Massimo Luciani.

Ecco le cinque obiezioni:
-    inammissibilità per violazione del principio del carattere democratico della rappresentanza. Riguarda il premio di maggioranza alla lista che ha ricevuto più voti: dalla Costituzione si desumono infatti limiti alla distorsione del principio del rispecchiamento dei voti  ottenuti nei seggi assegnati (art.1, 2, 3 e 48). Se il premio di maggioranza è in astratto legittimo, soprattutto in elezioni locali,  il suo eccesso è invece intollerabile nel caso di elezioni politiche nazionali, nelle quali è in palio il governo del Paese. La distorsione diventa evidente data l’assenza di una soglia minima di accesso al premio. In un sistema nel quale non esistono formazioni politiche capaci di organizzare liste che da sole sfiorino la maggioranza assoluta – è scritto nella memoria – sarebbe ben possibile la conquista del premio da parte di una lista che ottenga circa il 30% (come è plausibile ipotizzare alla luce degli ultimi risultati elettorali e dei sondaggi). Avremmo dunque un premio che potrebbe superare il 25% dei seggi. Come questo possa conciliarsi con il principio democratico sancito dalla Costituzione è arduo comprenderlo.
Nella memoria si ricorda il serio rischio che - in caso di ammissione del quesito per un esame esclusivamente formale e di successivo voto popolare favorevole - la normativa venga successivamente contestata proprio sul piano della costituzionalità; la Corte dovrebbe quindi tornare a esprimersi sulla legittimità democratica della normativa.

-    Inammissibilità per disomogeneità. Al corpo elettorale vengono infatti posti due quesiti ben distinti (che si potrebbero sintetizzare così: “volete voi l’abrogazione della possibilità di collegamento fra liste?” e “volete voi l’abrogazione della possibilità di attribuire il premio di maggioranza ad una coalizione di liste?”) messi – secondo la memoria – “artificiosamente insieme”, il che significa “sottrarre agli elettori la loro libertà di scelta”, in violazione della stessa logica dell’istituto referendario.

-    Inammissibilità per difetto di autoapplicatività ed operatività della normativa di   risulta: a causa di un combinato di abrogazioni chieste ed altre, invece, non richieste, si corre il concreto rischio della non assegnazione di tutti i seggi in palio nella competizione elettorale (per la mancanza di meccanismi atti a compensare l’eventuale deficit numerico dei candidati di lista), rischio gravissimo e non tollerabile.

-    Inammissibilità per difetto di chiarezza. Nella memoria si contesta che gli elettori non sono messi in condizione di comprendere l’effettiva portata delle modifiche richieste, anche a causa delle reiterate dichiarazioni dello stesso Comitato referendario, che hanno più volte affermato di volere una buona riforma elettorale con larghe maggioranze parlamentari, e di considerare l’esito referendario irrilevante rispetto a tale obiettivo, inducendo così gli elettori a considerare i quesiti uno “stimolo”, e non a considerarne i concreti effetti normativi.

-    Inammissibilità per eccesso di manipolatività, poiché si tratta di “frammenti” di norme e non di norme compiute. 
Ovviamente  Sinistra Democratica ritiene che una legge elettorale che sostituisca il “porcellum” sia assolutamente indispensabile. Ma, come ha ricordato Titti Di Salvo, capogruppo alla Camera,  la legge elettorale è certamente importante ma le priorità per il Paese sono molte a cominciare dalla questione dei salari e della redistribuzione del reddito, e certo non si può rompere l’Unione su un tema come questo. Proprio per taleragione Sd ha provato a trovare una composizione tra i soggetti che danno vita alla Sinistra Arcobaleno in materia elettorale”.
A questo proposito il ministro dell'Università, Fabio Mussi non sbarra la strada alla bozza Bianco e intravede la possibilità di un accordo con le altre forze politiche su alcuni punti di modifica, ha infatti affermato: "Se c'è un po' di saggezza, si possono operare sulla bozza Bianco delle modifiche che possono far avviare la procedura di approvazione di una nuova legge con qualche chance di successo".

da sinistra-democratica.it


Titolo: Cavaliere getta la rete per il dopo voto. Nei piani di Silvio un'offerta al Pd..
Inserito da: Admin - Gennaio 30, 2008, 10:57:47 pm
Bettini: «Se Berlusconi insiste pagherà un alto prezzo...»

Simone Collini


«La nostra priorità è evitare elezioni anticipate, che sarebbero in questo momento una sciagura per il Paese, anche se sottolineo che non ne abbiamo paura», dice il coordinatore del Partito democratico Goffredo Bettini. «Abbiamo fatto un appello a tutte le forze politiche del Parlamento per un governo trasparente che abbia uno scopo: approvare una nuova legge elettorale, una modifica dei regolamenti parlamentari e una riforma istituzionale sui punti discussi nelle commissioni apposite di Camera e Senato».

A giudicare dalle dichiarazioni dei leader del centrodestra il vostro appello è finito nel vuoto. Perché rilanciare con la proposta di votare a giugno?

«Perché se il sospetto della destra e di Berlusconi è che noi vogliamo rimandare il confronto elettorale ad un tempo indefinito, lontano, ora abbiamo dimostrato che siamo disponibili a valutare anche un governo a termine, con tempi più stringenti, ma che faccia almeno la riforma elettorale. Oggi non hanno più alibi».

Però si discute da mesi della legge elettorale, senza aver raggiunto un accordo...

«Il giorno prima che si aprisse la crisi si erano fatti passi in avanti con la bozza Bianco, anche sul piano tecnico. Si era trovato un equilibrio per una riforma che riportasse al proporzionale, con uno sbarramento al 5% e con una spinta a uno schema bipolare premiando i partiti maggiori».

Tra le forze con cui stava lavorando il Pd c’era Forza Italia, ora Berlusconi dice che non c’è nient’altro che il voto, con questa legge elettorale.

«Se Berlusconi continua su una linea di rifiuto pagherà un prezzo di fronte all’opinione pubblica. Tutti sono ben consapevoli che l’attuale legge elettorale non dà stabilità, produce alleanze eterogenee che non possono poi governare con la dovuta unità, speditezza e capacità di decisione. Noi chiediamo di modificarla e di votare a giugno».

Due mesi dopo quello che chiede Berlusconi.

«Due mesi che consentirebbero di votare con una legge elettorale che semplifica il sistema politico, dà la possibilità ai partiti di presentarsi in modo limpido con i loro programmi e però anche quel tanto di spinta maggioritaria che garantisce il bipolarismo».

Come valuta l’apertura dell’uddiccì Baccini?

«Apprezzo, ma credo che di fronte alla situazione attuale del Paese ci voglia uno sforzo più corale per un governo che abbia trasparenza, solidità, chiarezza nella durata e consenso necessari per fare la riforma elettorale».

Quando si andrà al voto, il Pd correrà da solo?

«Intanto, l’espressione va spiegata. Non abbiamo una pretesa boriosa di voler fare tutto da soli. Abbiamo posto in modo netto un problema, e cioè che bisogna voltare pagina rispetto ad una storia politica che è stata imperniata su alleanze con l’obiettivo di prendere un voto in più. Legate quindi soltanto da una sfida contro qualcuno e incapaci di proporre riforme veramente incisive e poterle poi realizzare una volta vinto. Abbiamo parlato di questo, della necessità di ripartire dai programmi, dalla proposta che un grande partito come il Pd deve fare al Paese. Le alleanze vanno poi cercate sulla base di una coerenza molto forte rispetto alla impostazione che si vuole portare avanti».

Quindi la prossima volta non ci sarà l’Unione o simili?

«Per quanto ci riguarda, non torneremo mai più ad alleanze carovana, che partono da Mastella e finiscono a Turigliatto, che si presentano con 280 pagine di programma. L’Italia ha bisogno di altro, di una forza veramente riformista che scommetta sul cambiamento del Paese, che abbia il coraggio di presentare un suo programma e che su questo cerchi di aggregare la maggioranza degli italiani. Questa è la vera novità».

La caduta prematura del governo di certo non vi aiuta in questo senso: siete ancora alle prese con la fase costituente...

«Intanto, noi abbiamo avuto un risultato straordinario con questa prima fase di costituzione dei circoli, perfino inaspettato. Circa il 30% di quelli che hanno votato il 14 ottobre hanno aderito alla fondazione dei circoli. E in prospettiva, visto che questo dato va paragonato a quanti hanno partecipato ai congressi di Ds e Margherita, finiremo con un milione e duecentomila cittadini che avranno fondato il partito in tutte le pieghe della società. Quindi abbiamo quadruplicato la forza dei due partiti messi insieme. Un fatto grandissimo, che ci dice come il Pd non è affatto un evento mediatico legato soltanto a un leader, ma è un soggetto politico che si radica in tutta la società italiana».

Resta il fatto che rischiate fortemente di andare al voto con un partito in costruzione, non crede?

«Ma infatti ora dobbiamo accelerare ulteriormente la conclusione della fase costituente del partito, cioè fondare tutti gli altri circoli e, dove è possibile, eleggere gruppi dirigenti stabili. Il lavoro che dobbiamo fare diventa anche prezioso per orientare i cittadini sulla crisi, per far capire le ragioni della nostra proposta politica. Quindi utilizzeremo la fase costituente anche come strumento di grande battaglia politica ed elettorale, se non ci dovesse essere la possibilità di fare un governo per le riforme. E ho la sensazione che già dopo i primi mesi, che non sono stati facili, una speranza si è riaccesa e nella società italiana già si respira aria nuova, che abbiamo portato noi».

Avrete portato anche aria nuova, ma finora i sondaggi hanno sempre dato vincente il centrodestra.

«Se dovessimo andare alle elezioni non le avremmo affatto perdute in partenza. E questo per il fatto che oggi siamo nella condizione esattamente inversa rispetto al ‘94».

Che intende dire?

«La gioiosa macchina da guerra che andò verso la sconfitta, che allora era la sinistra, i Progressisti, oggi la rappresenta Berlusconi con un’alleanza che è un’accozzaglia di forze politiche e di leader vecchi, che parlano linguaggi vecchi, molto diversi tra di loro. Al contrario noi possiamo rappresentare un linguaggio nuovo, una speranza nuova, l’orgoglio di una novità che può anche risollevare il Paese. Ecco perché io penso che il Pd debba coniugare fortemente il processo della sua formazione all’ambizione della nazione di riprendere a correre, a competere sul piano internazionale. Il Pd è una forza politica costituente di una nuova democrazia, di un nuovo patto tra gli italiani, di una nuova voglia di valorizzare ed esprimere i suoi talenti».

Insiste molto sul nuovo. Sulla forma partito D’Alema ha invitato a fare attenzione al “nuovismo”, e per settimane si è trascinata la disputa tra i cosiddetti partitisti e chi voleva un partito per così dire leggero.

«Ho sentito D’Alema al convegno di Italianieuropei, ha fatto un discorso ricco e assai bello. Il nostro sforzo è stato quello di costruire un partito totalmente nuovo, che non tornasse indietro rispetto al 14 ottobre, anche nelle sue forme di democrazia e di partecipazione dei cittadini. E che però nello stesso tempo si organizza e si radica dove la gente vive, lavora, studia, si diverte. Un partito aperto, federalista e pluralista».

Non sono stati così i partiti finora?

«Noi abbiamo un enorme bisogno di riprendere a lavorare sulla società italiana, di comprenderla meglio, di rimettere al lavoro tante competenze che sono state troppo silenti negli anni passati, mentre la politica è stata troppo sorda rispetto a loro. Per questo non abbiamo più in Italia intellettuali con l’ambizione di proporre una visione complessiva del mondo e che invece si chiudono negli specialismi. Così come abbiamo una politica che in assenza di un rapporto con loro si chiude in tecnica, e spesso in puro esercizio di potere. Il Pd deve mettere al lavoro le energie migliori in un dibattito vero delle idee. Non abbiamo bisogno di un partito di capibastone e di correnti ossificate di fedelissimi, perché in fondo questa è stata la rovina della democrazia italiana. Quella cioè di avere nella sfera pubblica un eccesso di comando, di sete di potere, di accaparramento di posti, completamente staccato dalle idee, da una visione del mondo. Alla fine si è ridotta a pura macchina».

Se il Pd correrà da solo a livello locale, ci sarà una rottura delle giunte in cui governate con Rifondazione e gli altri?

«Non c’è nessun automatismo. Ogni livello istituzionale ha la sua specificità. Ricordo che la sinistra ha governato insieme per tanti anni quando era divisa a livello nazionale, perché il Pci stava all’opposizione e il Psi governava con la Dc. Poi noi abbiamo parlato della necessità di costruire a livello nazionale alleanze che siano fondate su un’omogeneità programmatica. E a livello locale il centrosinistra governa sulla base di programmi comuni che in gran parte del Paese hanno trasformato in meglio città, province, regioni. Sarebbe davvero un atto politicista e contraddittorio, rispetto alla logica di governo che vuole affermare il Pd, voler rompere a livello periferico coalizioni che nella maggior parte dei casi si mostrano coese e lavorano bene. D’altra parte questa mi pare anche l’opinione prevalente nella maggior parte dei nostri alleati, a cominciare da Rifondazione comunista».

Ne è sicuro?

«Anche loro sentono l’esigenza di rappresentare più liberamente un pezzo di elettorato, che non si riconosce più nella vecchia alleanza dell’Unione, l’esigenza di dare una nuova rappresentanza democratica a pezzi della società che esprimono una critica più radicale alla modernità. E debbo dire che questo tentativo che sta conducendo in particolare Bertinotti è molto importante, dal punto di vista culturale e politico. Perché consente di incanalare nella battaglia democratica tante energie che altrimenti potrebbero andare in rivoli di esasperazione, di rinuncia, persino di violenza. Senza contare che dar vita a un soggetto unico nuovo significa anche lì rompere le incrostazioni di piccoli ceti politici che vivono di rendita sui simboli, e invece cercare di costruire anche in quell’area una cultura nuova».

C’è chi, come Mussi, sostiene che andare da soli al voto significa consegnare il Paese a Berlusconi.

«Il modo migliore per dare il Paese a Berlusconi è ripresentare esattamente l’alleanza come prima. Non ci crederebbe nessuno, dopo l’esperienza che abbiamo avuto. E daremmo paradossalmente a Berlusconi, che è il vecchio, la patente di chi può ripresentarsi come un elemento di innovazione. Questa porterebbe ad una sconfitta sicura».

E invece andando da soli no?

«Sarei un bugiardo a dire sono sicuro di vincere. Ho molte speranze. E combatto. Ma se mi si chiede: sei sicuro di perdere con la vecchia alleanza, risponderei che sì, sono sicuro di perdere».

Pubblicato il: 30.01.08
Modificato il: 30.01.08 alle ore 16.15   
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Titolo: Casini si riallinea a Berlusconi: i voti solo se si è alternativi alla sinistra
Inserito da: Admin - Febbraio 01, 2008, 06:12:01 pm
Strappi e liti, nuovo stop alla rinascita del Centro

Nasce la Cosa bianca ed è subito in crisi

Casini si riallinea a Berlusconi: i voti arrivano solo se si è alternativi alla sinistra


È dal '94 che ogni tentativo fallisce, da quando il Ppi di Martinazzoli finì stritolato nella morsa elettorale del Polo berlusconiano e dei Progressisti di Occhetto, vittima del sistema maggioritario che proprio i post democristiani avevano elaborato: il Mattarellum.

Da allora la rinascita del centro è rimasta una suggestione che periodicamente si alimenta con il varo di progetti destinati a non concretizzarsi o a dissolversi nelle urne. Anche stavolta la costruzione di una «Cosa Bianca » pare crollare prima di aver gettato le fondamenta. Pezzotta - animatore dell'ultimo disegno - volge l'indice contro «l'insipienza del Pd», che «demonizza il centro accusandolo di puntare alla politica dei due forni, e al tempo stesso prospetta per sé alleanze di nuovo conio. Ma se non accetta di reintrodurre il proporzionale, con chi le fa queste nuove alleanze?».

È questa la «contraddizione » che l'ex segretario della Cisl addebita a un Pd «schizofrenico». Ed è un problema che appare senza soluzione. Il centro è destinato così a rimanere terra di conquista, «perché è accertato e sperimentato — sostiene il mastelliano Fabris — che la sinistra non consentirà mai di ricostruire ciò che spazzò via grazie anche alla magistratura»: «D'altronde Veltroni ce lo disse nel corso dell'ultimo incontro. Ci spiegò che avremmo potuto trovare un accordo con lui, anche di tipo federativo, "a patto — parole sue — che abbandoniate per sempre l'idea della Cosa Bianca". Al contrario D'Alema era favorevole, perché la sua cultura comunista di stampo togliattiano prevede lo schema di un'intesa Dc-Pci, in cui centro e sinistra si alleano ma restano distinti».

Insomma, secondo Fabris, uno spazio ci sarebbe stato se avesse vinto la linea dalemiana. Ma la tesi non convince del tutto l'ex segretario del Ppi, Gerardo Bianco: «D'Alema, è vero, ne era convinto. Mi confidò che avrebbe lavorato per un ritorno al proporzionale perché puntava su Casini e pensava a un accordo post-elettorale di governo con l'Udc. Ma a parte il nodo del sistema di voto, c'è un problema culturale prima che politico: quello dell'egemonia, che i post comunisti vogliono imporre sugli alleati. E ci sarà un motivo se dal '98 in poi — da quando cioè arrivarono a palazzo Chigi— il centro alleato con la sinistra è sempre più diventato residuale».

Perciò il caffè bevuto ieri alla buvette con Casini ha avuto per Bianco un sapore amaro. «Sei tornato con Berlusconi, Pier...». «A parte il fatto che la questione del centro si riproporrà nella prossima legislatura — è stata la risposta — cosa dovremmo fare con questa legge elettorale? Suicidarci? Dillo ai tuoi amici del Pd che non hanno voluto il sistema tedesco». Una stilettata, quella di Casini: «Io — commenta Bianco — non mi ricandiderò, ma la cosa peggiore è che alle elezioni non saprò per chi votare. Certo non per il Polo, ma neppure per i Democratici». L'ex leader del Ppi aveva sperato nella rinascita del centro. Casini ci aveva lavorato. A cavallo delle ultime due legislature si prodigò con Rutelli, «quante volte ne parlammo », ha raccontato a un amico: «Poi però lui non si trovò più nelle condizioni di andare avanti». Più recentemente ha tentato di nuovo, e «insieme a Montezemolo — ha confidato — saremmo stati in grado di costruire un progetto molto forte. Ma se non ci sono le condizioni tecniche per farlo, non si può andare contro la realtà delle cose. Perché il centro, per aver successo, deve essere alternativo alla sinistra o finisce per diventarne schiavo e non prendere voti». E l'ex presidente della Camera non intende diventare la «crocerossina del Pd», semmai punta a sfruttare la nuova intesa con il Cavaliere. Nemmeno le avances di Marini, per un'estrema trattativa sul sistema elettorale, pare l'abbiano smosso: «È preferibile ormai andare al voto». Ovviamente con Berlusconi.

La «Rosa Bianca» di Tabacci e di Baccini gli sembra appassita, non la definirà mai «un crisantemo» come ha fatto Fini, ma la considera «irrilevante ». Tabacci non è della stessa idea, infatti ci proverà, «perché gli italiani devono capire che l'attuale bipolarismo ci ha consegnato un Paese debole, specie a livello economico. Altrimenti vorrà dire che si acconceranno a votare per Berlusconi e le sue 26 liste, o per Veltroni che dice di voler andar da solo alle urne e invece furbescamente sta stringendo accordi di desistenza con la sinistra estrema ». Dopo 14 anni i centristi restano ancora senza terra, «ed è paradossale — dice Pomicino — che chi ha vinto la battaglia della storia con i comunisti, non riesca a rimettersi in piedi». Ma per l'ex ministro andreottiano il nodo non è solo legato al sistema di voto, «il problema è che l'attuale classe politica post-dc è andata avanti con l'idea dei partiti proprietari».

 Nel suo ultimo libro, La politica nel cuore, racconta di un incontro avvenuto nel dicembre del 2004 al Pirellone, nello studio di Formigoni: «C'erano anche Cuffaro e Lombardo, e Casini e Mastella erano informati. Dopo tre ore di discussione mi alzai e dissi: Ragazzi, me ne vado. E meno male che nel '43, quando a casa di Spataro si incontrarono per mettere in piedi la futura Dc, c'erano De Gasperi e Gonella. Se ci fossimo stati noi, povera Italia».

Francesco Verderami
01 febbraio 2008

da corriere.it


Titolo: ANDREA CARUGATI «La proposta di Berlusconi ammala la democrazia»
Inserito da: Admin - Febbraio 06, 2008, 11:23:28 pm
Realacci: «Berlusconi può essere battuto»

Andrea Carugati


Per lui che di mestiere è capo della comunicazione del Pd, sono in arrivo due mesi terribili. Eppure Ermete Realacci sembra entusiasta del lavoro che sta per travolgerlo. Per spiegare che campagna farà il Pd parla di Obama e di Guerre Stellari, per dire che «bisogna crederci fino in fondo», e non fidarsi troppo dei numeri della partenza. «Il protagonista del primo Guerre Stellari, fidandosi solo della propria forza, colpisce l’astronave aliena, la Morte Nera. Ecco, Berlusconi potrebbe fare la fine dell’astronave. Di sicuro, chi a destra pensa di avere la vittoria in tasca soffrirà molto in questi due mesi».

Allora onorevole, che campagna elettorale farete?
«Partiamo dal discorso di Veltroni al Lingotto: lì in nuce c’è il taglio della nostra proposta all’Italia. Il protagonista della nostra campagna non sarà Berlusconi, ma l’Italia, i suoi cittadini, i loro bisogni, le speranze e le sfide del futuro. Punteremo molto sui territori, senza trascurare nessuno dei quasi 6mila piccoli Comuni. E anche un forte uso di Internet, con un centinaio di forum per dialogare con i cittadini».

Organizzerete un treno, un pullman?
«Sicuramente sì. Io propendo per il treno».

Suonerà solo Veltroni o un’orchestra più ampia?
«Lui ha un investitura personale fortissima, e per questo può beneficiare del protagonismo di tanti altri».

Che idea di Italia proporrete?
«Un’Italia che ritrovi la fiducia nei propri mezzi, che scommetta su se stessa, orgogliosa della sua identità e capace di fare dei talenti e della bellezza la chiave per affrontare le sfide del futuro».

Che uso farete dell’eredità del governo Prodi?
«Rivendicheremo i risultati positivi ottenuti, a partire dall’aver messo in ordine i fondamentali del Paese. Ma al centro ci saranno le idee per il futuro».

Le vostre liste avranno la metà di donne?
«Credo di sì, sarà una fatica mostruosa ma ce la faremo».

Secondo lei che farà Berlusconi, vi dirà che siete i soliti comunisti?
«Sono sicuro che alla fine il tic gli scatterà, come al Dottor Stranamore di Kubrick scattava il saluto nazista. Lui ha sempre fatto una sola campagna elettorale, ha una sola marcia».

Cosa farete per convincere gli incerti, i delusi, gli astenuti?
«Non credo all’esistenza di una grande quantità di persone di centro in senso classico. C’è invece una massa crescente di persone che può votare sulla base di una suggestione. Noi ci rivolgiamo a questi voti liberi, a chi cerca una novità, anche tra chi ha scelto il centrodestra».

Poniamo che il Pd vada molto bene, però da solo parte già perdente. O no?
«Se si mette davvero in moto una speranza non ci sono limiti. Guardo a Obama, che era considerato super perdente. Negli incontri pubblici gli applausi più forti scattano sempre quando Veltroni dice che la nostra sarà una proposta semplice e chiara, non mediata con altri. È con la novità e il coraggio che possiamo mettere in difficoltà una destra che si presenta con lo stessa faccia del 1994. In Italia c’è una risorsa di passione, generosità, senso civico che la politica non intercetta più. Noi punteremo su questo. Non faremo più una campagna come nel 2006, con la sommatoria di tutte le schegge»...

Non farete nemmeno degli accordi tecnici al Senato con la sinistra?
«Non mi pare che siano possibili tecnicamente, e non capisco come lo spiegheremmo agli italiani».

E Di Pietro e i socialisti?
«Non lo escludo, ma solo se c’è coerenza. I socialisti hanno passato gli ultimi mesi ad attaccarci su delle sciocchezze: devono cambiare atteggiamento. Non possiamo avere intorno della gente che ci punzecchia per ricavarsi un microspazio».

Pubblicato il: 06.02.08
Modificato il: 06.02.08 alle ore 19.00   
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Titolo: A destra il partito di Babele
Inserito da: Admin - Marzo 18, 2008, 08:54:05 pm
A destra il partito di Babele

Stefano Ceccanti


Ma il Pdl coi suoi alleati sarebbe davvero pronto a governare? Non sono solo degli scricchiolii casuali a far venire dei seri dubbi, l’ultimo e più importante dei quali è il lancio di una proposta pensionistica a Cernobbio da parte di Berlusconi, poi rapidamente rientrata, e che faceva seguito ad analoghi problemi sulle missioni internazionali, sull’Alitalia e sulla scelta di alcuni candidati imbarazzanti a fini elettoralistici immediati, approvata da Berlusconi col dissenso di Fini e Bossi. C’è qualcosa di più profondo, di costante, di cui queste sono solo alcune manifestazioni. Il Pd è un partito già strutturato, prima delle elezioni, dotato di un regolare Statuto, di un manifesto, di un gruppo dirigente legittimato democraticamente e di un programma su cui ha fatto un patto chiaro con altre due forze politiche.

La scelta elettorale è conseguenza di un modo di essere, è lo specchio di una realtà preesistente, viva e vitale, strutturata intorno a una cultura di governo. Il Pdl come tale è solo una lista, che risulta dalla volontà di partiti al momento ancora del tutto diversi, resa tale dalla vicinanza della scadenza elettorale, in cui può trovare spazio chi ha brindato in Senato in modo scomposto per la caduta del Governo Prodi (nonostante le promesse di esclusione) con quella che è stata fino ad ieri la sottosegretaria alla Giustizia del Governo Prodi medesimo. E’ una promessa di partito. Se fosse però solo questo, la situazione potrebbe essere sanabile nei prossimi mesi con un lavoro serio, sia pure in ritardo. Un lavoro che sarebbe positivo ai fini della stabilizzazione del sistema e che si fa comunque meglio all’opposizione, senza i vincoli derivanti dal dover sostenere insieme il Governo: un ottimo motivo anche per elettori di centro-destra di scegliere almeno stavolta il Pd per dare tempo al proprio schieramento di darsi un assetto più credibile.

Ma c’è, purtroppo, qualcosa di ancor più profondo: il Pdl ha costruito un patto con altre due forze, la Lega Nord e il Movimento per le Autonomie, che non ha una effettiva base programmatica. Infatti esiste un programma del Pdl con le cosiddette "sette missioni per il futuro del paese"; di esso però non c’è traccia sul sito della Lega Nord. Esso, che si presenta ancora come sito della "Lega Nord per l’indipendenza della Padania", presenta un programma del tutto autonomo approvato il 2 marzo dal cosiddetto Parlamento del Nord, che in più punti è in radicale contraddizione col primo. Per fare solo due esempi sul tema cruciale del federalismo, il programma del Pdl appare addirittura minimalista, non accennando neppure alla necessaria riforma del Senato che completerebbe quella del Titolo Quinto, ma proponendosi solo di attuare per via legislativa ordinaria il vigente articolo 119 della Costituzione sul federalismo fiscale. Viceversa il programma della Lega ripropone la vecchia soluzione di Miglio della sostanziale "disgregazione e dissoluzione dello Stato nazionale" che si tradurrebbe nella nascita di "tre Euroregioni", ciascuna delle quali con "sovranità esclusiva…in termini di potere legislativo, amministrativo, giudiziario", detto in altri termini il progetto di tre staterelli debolmente confederati. Una proposta che, peraltro, oltre a creare problemi dentro la coalizione di centro-destra, rende difficile pensare a una legislatura capace di aggiornare la Costituzione perché in evidente conflitto coi suoi principi fondamentali, a meno che il Pdl non se ne discosti esplicitamente. Il leader della Lega Bossi ha detto nei giorni scorsi che gli è stato proposto di nuovo di fare il Ministro per le riforme, ma sulla base di quale dei due programmi divaricanti? Il sito del Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo richiama invece solo la quinta missione del programma di Berlusconi ("Il Sud"), che sottolinea tra le altre l’idea guida del "federalismo fiscale solidale". Come ciò si concili però con la proposta della Lega Nord del ritorno a casa del 90% del gettito fiscale delle regioni padane "attribuibile al proprio territorio" è impresa sostanzialmente impossibile perché priva di una base materiale di risorse, tenendo anche conto che alla Sicilia torna già il 100% e che i progetti di Lombardo tendono a chiedere ancora di più. Non è quindi un caso se la presentazione delle liste da parte dello schieramento del centro-destra prevede che dove vi sia il simbolo della Lega Nord ad affiancare il Pdl non vi sia mai quello dell’Mpa e viceversa. Una riedizione della logica già vista nel 1994 quando vi erano due diverse coalizioni territoriali con messaggi-chiave divergenti: Forza Italia e Lega a Nord, Forza Italia e Alleanza Nazionale a Sud. Durò pochi mesi perché fondere dal Governo, dopo il voto, logiche programmatiche divaricanti in una visione di politica nazionale non è impresa agevole.

Il centro-destra ha quindi costruito una coalizione più piccola del solito, ma non ha in realtà cambiato logica, almeno per ora: si tratta con tutta evidenza di una coalizione per vincere le elezioni, ma che non potrebbe governare né efficacemente né per molto tempo. Penso che in queste condizioni, dobbiamo ricordare a tutti gli elettori, anche i più distanti da noi, che nelle grandi democrazie parlamentari il voto non è tanto un segno di appartenenza, per vedersi solo rispecchiati in Parlamento, come una fotografia più o meno riuscita, è anche e soprattutto una scelta per il Governo, per valutare caso per caso chi è più pronto a guidare il Paese, a renderlo credibile all’interno e all’estero.

Stavolta, nell’offerta politica, chi ha cambiato davvero fino in fondo è solo il nuovo Pd.

Pubblicato il: 18.03.08
Modificato il: 18.03.08 alle ore 12.11   
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Titolo: Il premier e la cordata italiana. "A me gli imprenditori hanno sempre detto no"
Inserito da: Admin - Marzo 23, 2008, 11:25:11 pm
23/3/2008 (7:8) - RETROSCENA

"A me gli imprenditori hanno sempre detto no"

Il premier e la cordata italiana

FABIO MARTINI
ROMA


Da quattro giorni la deriva della vicenda Alitalia lo indispettiva ogni ora di più, anche se ieri mattina Romano Prodi è stato momentaneamente “distratto” dall’ultima campagna de Il Giornale sulla presunta scomparsa dei regali ricevuti dal premier durante il suo mandato. Ieri mattina Prodi, nella sua casa di Bologna, stava per mettersi in viaggio per Bebbio - sull’Appennino reggiano - dove il Professore si ritrova a Natale e Pasqua con i tanti fratelli e i tantissimi nipoti, ma l’articolo ha prodotto su lui (e sulla moglie Flavia) una rabbia fiammeggiante: chi ci ha parlato racconta di un’indignazione per certi versi «superiore» a quella suscitata dall’annuncio di Clemente Mastella sulla fine del suo sostegno del governo.

Ma la rabbia per il tentativo del quotidiano di Paolo Berlusconi di chiamarlo in causa su vicende che ne possano minare la credibilità personale ieri pomeriggio sembrava sbollita e la sorte dell’Alitalia aveva ripreso a tener desta l’attenzione del premier. Sulla vicenda Prodi non intende intervenire in modo formale né informale e a chi gli chiede cosa ne pensi veramente, ripete: «C’è una precedura in corso e non è proprio il caso di parlare». Ma, sia pure a mezza bocca, si toglie un sassolino: «Se si manifesteranno novità, vedremo. Ma nel corso dell’anno appena trascorso, gli imprenditori italiani in qualche modo coinvolti hanno dato tutti la stessa risposta: Alitalia? E che siamo matti?».

Di più Prodi non dice e non vuol dire. La sua battuta, del tutto informale, non sembra un “j’accuse” specifico nei confronti di questo o quell’imprenditore, anche perché alcuni sono usciti allo scoperto e altri si sono limitati a sondaggi preliminari. Certo, alla fine del 2006, l’imprenditore più vicino al Partito democratico, il patron del gruppo Espresso Carlo De Benedetti, era sembrato essere interessato ad Alitalia. Un interessamento breve, più dichiarato che concreto e comunque esaurito negli ultimi giorni del 2006. Il 6 dicembre l’Ingegnere chiese un appuntamento a palazzo Chigi con Prodi e in quella occasione spiegando che per lui poteva valere la pena imbarcarsi nell’operazione, soltanto avendo mani libere. Una rinuncia determinata dai paletti posti dal governo: salvaguardia dell’interesse nazionale e dei posti di lavoro. Certo, non hanno fatto piacere a Prodi le parole pronunciate alcuni giorni fa da Carlo De Benedetti, che ha detto: «La trattativa per la vendita di Alitalia è stata condotta nel modo peggiore possibile: pensavano di vendere un’azienda “in bonis” e invece Padoa-Schioppa ha parlato di rischio di commissariamento, cosa che avrebbe dovuto fare un anno fa». In compenso pare che non gli siano dispiaciute le parole dell’ex presidente dei giovani industriali (ora candidato del Pd) Matteo Colaninno: «Alitalia è ad un punto di non ritorno. Io sono fuori, ma se mio padre facesse un’offerta, lo guarderei con preoccupazione». Un modo allusivo per dare del matto a chi, in Italia, volesse imbarcarsi ora nell’operazione-Alitalia.

Ma, l’approssimarsi di un passaggio importante (il 31 marzo scade il termine per un accordo tra sindacati e Air France), renderà ancora più ermetico Prodi. Il premier non ha pronunciato una sola parola neanche durante la campagna elettorale, per non sovrapporsi a Walter Veltroni. Certo, l’oscuramento che il Pd ha imposto al governo e al suo Presidente e il mancato coinvolgimento di Prodi in iniziative di campagna elettorale non hanno fatto piacere al Professore. Che sta meditando una piccola “sorpresa”, come dice lui stesso: «Il 9 aprile Walter chiuderà a Bologna: se un impegno internazionale me lo consentirà, farò il possibile per esserci».

da lastampa.it


Titolo: «Qui in Germania, un ritorno di Berlusconi è considerato surreale»
Inserito da: Admin - Aprile 01, 2008, 12:04:42 am
Giovanni di Lorenzo: «Qui in Germania, un ritorno di Berlusconi è considerato surreale»

Cinzia Zambrano


A voler esagerare si potrebbe anche dire che Berlusconi è una sorta di leit-motiv nella vita di Giovanni di Lorenzo. Sull’ascesa mediatica del tycoon milanese, di Lorenzo, 49 anni, mamma tedesca papà italiano, ha scritto la sua tesi di laurea. Alcuni anni dopo si è ritrovato di nuovo ad occuparsi di Berlusconi. Stavolta però, nella veste di direttore di «Die Zeit», autorevole settimanale tedesco che dirige dal 2004, e dalle cui colonne non ha risparmiato critiche al Cavaliere versione premier.

Di Lorenzo, in Italia i sondaggi danno favorito Berlusconi. È la quinta volta che si candida a guidare il Paese. La prima volta era nel ‘94, allora in Germania c’era Kohl, in Spagna Gonzalez, in Francia Mitterrand. Oggi abbiamo Merkel, Zapatero, Sarkozy... E noi ancora con Berlusconi. Lei, da italiano, ma anche da osservatore estero, come vede questa candidatura?

«Il fatto che Berlusconi si presenti per la quinta volta alle elezioni è talmente incomprensibile ai tedeschi, che c’è persino una certa resistenza a spiegarlo. In Germania una cosa simile è impensabile, un cancelliere che viene sconfitto sparisce per sempre da un’eventuale futura corsa alla Cancelleria. Come è stato incomprensibile qui il fatto che l’ultimo governo fosse costituito da 9 partiti, di cui 2 dichiaratamente comunisti. Anche per queste ragioni le elezioni passano inosservate sulla stampa tedesca».

Anche sul suo giornale?

«In parte sì».

E per cos’altro ancora?

«La mancanza di ricambio della classe politica. In Germania si fa molta fatica a trovare un politico che abbia più di 65 anni e sia ancora attivo. In Italia, no. Oltretutto mi sembra di percepire un vero abisso tra la classe politica e la realtà del Paese. Devo ammetterlo, per noi giornalisti c’è una certa difficoltà a capire alcune cose e dunque anche a spiegarle ai nostri lettori».

Esempi?

«La candidatura di Berlusconi per la quinta volta, un conflitto di interessi irrisolto, che non è rintracciabile in nessun’altra democrazia nel mondo. Se Berlusconi dovesse vincere, il problema si proporrà in forma ancora più drammatica, perché forse ci sarà qualche conto da saldare. A meno che, non si vada verso una Grande Coalizione...».

Lei vedrebbe di buon occhio una Grande Coalizione?

«Sempre meglio che il ritorno alla spaccatura del Paese. A Veltroni si riconosce una spinta nuova, la rinuncia per esempio di correre da solo sganciandosi dalla sinistra radicale, ma non si può sostenere che è un personaggio nuovo. Quello che mi preoccupa è la sfiducia e lo sconforto della gente, erano decenni che non percepivo un tale smarrimento e una disaffezione politica».

Il Wall Street Journal ha bocciato Berlusconi e ha fatto invece un’importante apertura di credito a Veltroni. Die Zeit cosa farà?

«Faremo un articolo di fondo questa settimana...».

Mi anticipa il contenuto?

«Spiegheremo la situazione politica in Italia. La tesi di base è che un ritorno al governo di Berlusconi, Fini e Bossi, per tutti gli ambienti politici tedeschi, conservatori e socialdemocratici, è surreale. Di certo non ci sarà quell’apertura e quel rinnovamento di cui l’Italia invece avrebbe tanto bisogno».

Si ritroverà a fare titoli come: «Bella Berlusconia, l’Italia si trasforma in un paese autoritario», come in passato...

«Un titolo precedente alla mia direzione della Zeit, che speriamo di non dover rifare. Ma rimanere critici con Berlusconi è facile: basta vedere la sua presa di posizione sull’Alitalia, un conservatore che diventa protezionista è un controsenso. Io però mi auguro davvero di poter segnalare dall’Italia qualcosa di nuovo. Per quanto riguarda Veltroni, ho la sensazione che la “rivoluzione” che lui vuole attuare abbia fatto breccia solo negli ambienti a lui già vicini. C’è da dire comunque che all’estero dà una buona impressione, poi bisogna vedere nei fatti. Veltroni ha di buono il fatto che vuole conciliare il Paese, dall’altra parte però ha una certa propensione ad accontentare tutti. Questo non funziona. Schröder ha rinnovato il Paese ma ha pagato un prezzo molto alto. L’Italia è in una situazione talmente grave che chi andrà al governo dovrà prendere decisioni drastiche per risanarlo. Le promesse inutili non servono».

Ultima cosa, è vero che ha fatto una tesi di laurea sull’ascesa mediatica di Berlusconi?

«Sì, ma faccio un’autocritica: a quei tempi avevo capito ben poco».

Pubblicato il: 31.03.08
Modificato il: 31.03.08 alle ore 9.22   
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Titolo: Andrea Carugati. Walter Vitali: «No al voto disgiunto, confonde e fa danni»
Inserito da: Admin - Aprile 01, 2008, 10:27:10 pm
Walter Vitali: «No al voto disgiunto, confonde e fa danni»

Andrea Carugati


Senatore Vitali, c’è chi propone un voto disgiunto nelle regioni in cui il Pd è in netto vantaggio come Emilia e Toscana: votare Sinistra arcobaleno al Senato per togliere seggi a Berlusconi. È d’accordo?

«Assolutamente no e per diversi motivi. Innanzitutto noi ci battiamo per vincere queste elezioni e per governare, non per pareggiare o per impedire a qualcun’altro di farlo. Per questo chiediamo un voto convinto per il Pd alla Camera e al Senato in tutte le regioni. Non si è mai visto un partito che chiede il voto per un altro partito: è un marchingegno astruso, che disorienta gli elettori. Ognuno deve prendere i propri voti convincendo il proprio elettorato con argomenti forti, non con messaggi confusi. Il Pd è la principale novità politica di queste elezioni, e il suo risultato sarà fondamentale anche per gli assetti successivi. Non vorremmo mai che qualcuno, di fronte a un risultato inferiore alle aspettative, cominciasse a chiedersi se abbiamo davvero fatto bene a fare il Pd. Sarebbe imperdonabile se noi, con manovre furbesche e poco chiare, disperdessimo voti».

Eppure Mauro Zani, europarlamentare del Pd, emiliano come lei, ha dato questa indicazione: voterà Sinistra arcobaleno al Senato per danneggiare la destra.

«È comprensibile che parli di voto disgiunto chi, come Mauro Zani, non è pienamente convinto del progetto del Pd e non ha neppure partecipato alle primarie del 14 ottobre. Se si tratta di un voto in più alla Camera da parte di elettori poco convinti, ben venga. Ma non sarà mai un suggerimento del Pd, ci faremmo del male con le nostre stesse mani. Non solo non è utile, è dannoso».

Eppure anche il professor Pasquino, grande esperto di sistemi elettorali, suggerisce questa soluzione.

«In una regione come l’Emilia-Romagna, dove sono in palio 21 senatori, se Rifondazione superasse il quorum dell’8% potrebbe togliere uno-due senatori al centrodestra. Ma se il voto disgiunto fosse praticato in modo massiccio, nessuno può garantire che non si rivelerebbe un boomerang».

E poi, correndo da soli, anche nelle regioni rosse la distanza tra Pd e Pdl non è più così alta come tra Unione e Cdl...

«È così, si tratta di alcuni punti, non del 20%. Per questo dico: come si fa a stabilire a tavolino la percentuale esatta per garantire la vittoria del Pd e il quorum per la Sinistra? È un meccanismo ingovernabile, un rischio grave: il gioco non vale la candela».

Nelle regioni, come la Sicilia, in cui la Sinistra non ha chances di ottenere senatori, chiedete il voto disgiunto al Senato per il Pd?

«No di certo. Facciamo un altro discorso: il voto al Pd come più utile, perché siamo gli unici in grado di competere con il Pdl».

C’è un altro tema: sotto il 35% la leadership di Veltroni potrebbe essere in discussione?

«Non indicherei percentuali. Tutti gli indicatori segnalano che il Pd avrà un’ottima affermazione. Noi crediamo alla vittoria e ci rivolgeremo agli indecisi fino all’ultimo minuto. Per parlare con chi è tentato dall’antipolitica, è necessario ribadire che noi vogliamo rinnovare la politica, con atteggiamenti limpidi, comprensibili».

Vi augurate che Sa raggiunga il quorum nelle regioni rosse?

«Certamente sì, perché togliere seggi a Berlusconi è comunque positivo: ma lo strumento non è il voto disgiunto. È giusto che la Sinistra si rivolga a quei delusi da sinistra del governo Prodi, potenziali astensionisti, che non voterebbero mai Pd».

Pubblicato il: 01.04.08
Modificato il: 01.04.08 alle ore 13.10   
© l'Unità.


Titolo: Stefano Ceccanti. Voto disgiunto no grazie
Inserito da: Admin - Aprile 01, 2008, 10:28:20 pm
Voto disgiunto no grazie

Stefano Ceccanti


Per capire il senso del voto dobbiamo anzitutto comprendere bene l’offerta politica di questa tornata elettorale per le Politiche. Viste le caratteristiche oggettive del sistema elettorale, belle o brutte che siano, ci sono solo due voti che oltre a determinare l’elezione di parlamentari servono per scegliere il Governo perché farebbero scattare i premi di maggioranza: il voto che va a sostegno della candidatura di Veltroni, una proposta nuova ed omogenea intorno a un programma, e quello che ripropone il replay della quinta candidatura di Berlusconi, intorno ai programmi eterogenei di Pdl, Lega e Mpa. È pertanto alquanto ovvio che chi ragiona in termini di “voto per il Governo” (concetto molto più chiaro di quello di “voto utile”) lo voglia dare congiunto, cioè identico, sia alla Camera sia al Senato. Alla fine il Presidente del Consiglio sarà Veltroni o Berlusconi: molto probabilmente, chiunque sia, con una maggioranza più ampia in seggi alla Camera e più ristretta al Senato.

Alla fine il Presidente del Consiglio sarà Veltroni o Berlusconi: molto probabilmente, chiunque sia, con una maggioranza più ampia in seggi alla Camera e più ristretta al Senato. Se anche si verificasse il non augurabile paradosso di maggioranze opposte tra i due rami del Parlamento, questo non determinerebbe affatto un potere di coalizione post-elettorale dei minori. Si accelererebbe piuttosto il ritorno al voto dopo una necessaria riforma, in cui sarebbe comunque non aggirabile il consenso di Pd e Pdl, perché ognuno in grado di bloccarla, avendo gli uni la maggioranza alla Camera e gli altri al Senato.

Le altre opzioni elettorali rispetto a Pd e Pdl sono quindi solo relative alla composizione del Parlamento, non a quella del Governo, ad avere alcuni seggi per testimoniare una identità minoritaria, dalla Sinistra Arcobaleno, all’Udc, alle forze ancora più piccole. Bertinotti e Casini saranno comunque minoranze parlamentari, non saranno alla base né della maggioranza di Governo né costituiranno la principale forza di opposizione, candidata al ricambio futuro. L’elettore incerto che va in quella direzione rinuncia a esprimere una scelta di Governo e indirettamente favorisce la scelta opposta: chi è incerto tra Pd e Sinistra Arcobaleno e vota quest’ultima, si astiene di fatto dalla scelta di Governo e favorisce l’affermazione di Berlusconi. Può piacere o non piacere, ma non è un invenzione di un commentatore, è la logica tipica di ogni sistema elettorale che non sia proporzionale puro. Non c’è dubbio, ad esempio, che l’esito delle elezioni spagnole sia stato largamente determinato da elettori incerti tra il Psoe e Izquierda Unida che hanno votato per il primo perché scegliere il secondo avrebbe favorito il “Pp”. Questo ragionamento del “voto di Governo”, cioé del voto “per Veltroni presidente” in alternativa all’unico reale candidato alla stessa carica, Berlusconi, vale per tutte e due le schede e sarebbe peraltro scorretto e poco sensato per dirigenti, iscritti ed elettori del Partito Democratico diffondere messaggi schizofrenici diversi da territorio a territorio, come se non fosse un’elezione politica nazionale e non ci fosse comunicazione oltre i confini regionali. Alcune persone che non sono dirigenti, iscritti ed elettori del Pd, e che quindi non hanno il necessario vincolo morale e politico di lealtà reciproca nel voto, ma che si collocano a cavallo tra Pd e Sinistra Arcobaleno, pur non negando che quella sia la regola, si pongono il problema di cosa fare al Senato nelle poche Regioni in cui la vittoria sarebbe sicura (Emilia-Romagna, Toscana, Umbria).

Premesso che le certezze sino allo spoglio dei voti veri sono sempre soggette a dei margini di rischio, vale la pena segnalare ad essi tre questioni, cioè un giudizio di valore e due di fatto.

Quello di valore è che noi chiediamo a tutti gli elettori un voto per governare con Veltroni, non un voto contro un Governo Berlusconi e chiediamo quindi di approvare la nostra scelta di andare liberi con un programma omogeneo di Governo, non chiediamo agli elettori di ragionare in termini di desistenza, di artifici solo per impedire la vittoria altrui. Scelgano ovviamente gli elettori, ma sarebbe ben strano se proprio noi abbassassimo subito la soglia della richiesta: altrimenti non si capirebbe perché siamo andati liberi, perché abbiamo evitato forme di desistenza con liste civetta o altro.

I giudizi di fatto, spiegabili anche questi agli elettori, sono i seguenti: è vero che se il Pd vince in quelle Regioni con meno del 55% dei voti usufruisce del premio andando al 55% dei seggi e che il Pdl, se qualche forza minore supera l’8%, è costretto a spartirsi con queste ultime la torta del 45% restando danneggiato. Tuttavia è anche vero che se troppi elettori fanno quella scelta potrebbero paradossalmente e insperatamente far arrivare primo il Pdl: siete sicuri di voler correre il rischio di far vincere Berlusconi, anche solo nella vostra regione?

Infine: chi può escludere che lì il Pd possa andare oltre il 55% dei voti validi (al netto di quelli gettati per le forze che non raggiungono lo sbarramento) e quindi oltre il 55% dei seggi, senza aver bisogno del premio? In quel caso i seggi in più restano al vincitore. Perché privarsi di tale possibilità eleggendo i candidati che a ridosso di quelli sicuri si sono spesi nella campagna elettorale?

Queste sono le nostre ragioni congiunte per un voto anch’esso congiunto per il Governo Veltroni. Ovunque: Camera e Senato. Le risposte arrivano quando le ragioni sono esposte in modo convinto e chiaro.

Pubblicato il: 01.04.08
Modificato il: 01.04.08 alle ore 13.09   
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Titolo: Una tensione affiorata dopo ripetuti affondi del Cavaliere
Inserito da: Admin - Aprile 02, 2008, 02:50:36 pm
LA NOTA

Incidente istituzionale che può lasciare un segno nel «dopo elezioni»

Una tensione affiorata dopo ripetuti affondi del Cavaliere



Paragonare il Quirinale alle «forche caudine» non è un segno di grande stima verso l’istituzione. Ma se a farlo è il candidato numero uno a palazzo Chigi, la battuta diventa gaffe istituzionale. Se poi il presidente della Repubblica replica con un comunicato ufficiale stupito e irritato, le parole possono trasformarsi in un boomerang per chi le ha pronunciate. Insomma, di colpo Silvio Berlusconi si trova in urto con Giorgio Napolitano. E tutto perché, a meno di due settimane dal voto, il leader del centrodestra ha detto durante un forum al Tempo: «Sappiamo che ogni decisione del Consiglio dei ministri dovrà passare per le forche caudine di un capo dello Stato che sta dall’altra parte. Ricordo i rapporti con Carlo Azeglio Ciampi». In teoria, è un riferimento solo al passato.

In teoria, però. D’altronde, da tempo il Cavaliere va ripetendo in campagna elettorale di avere «tutte le istituzioni contro »: a cominciare dalla Corte costituzionale al Csm, alla «grande stampa», a «parti importanti della magistratura », nel suo elenco delle recriminazioni. Anche ieri sera, in tv, non ha mancato di ricordare, in polemica con l’Unione di Romano Prodi, che nel 2006 quella maggioranza occupò ogni carica costituzionale. Su questo sfondo, il richiamo alle «forche caudine» della presidenza Ciampi è stato percepito come un messaggio rivolto solo apparentemente al predecessore; e comunque da rispedire al mittente subito. Napolitano ha sempre considerato un punto d’onore quello di essere considerato «il presidente di tutti», sebbene eletto solo con i voti dell’Unione. E ha cercato costantemente di essere attento alle ragioni dell’opposizione.

Bollare le prerogative del capo dello Stato come «forche caudine» del proprio governo, dunque, poteva apparire un avvertimento anche all’attuale inquilino del Quirinale. La difesa di Ciampi è stata immediata sia per l’amicizia e la stima reciproca fra i due presidenti; sia perché si trattava di proteggere dall’attacco l’istituzione in quanto tale: nonostante la marcia indietro precipitosa di Berlusconi. «La presidenza della Repubblica, chiunque ne fosse il titolare», è stata la reazione affidata a una nota ufficiale, «ha sempre esercitato una funzione di garanzia... senza mai sottoporre a interferenze improprie le decisioni di alcun governo. E considera grave che le si possano attribuire pregiudizi ostili nei confronti di qualsiasi parte politica».

Si tratta di una replica che non permetteva al leader del centrodestra altra strada se non una correzione di rotta. E il Cavaliere si è affrettato a precisare che non aveva intenzione di criticare Napolitano, «col quale ho un ottimo rapporto e a cui porto affetto e stima che so essere condivise». Ma evidentemente le sue parole pubbliche non sono bastate. E poco dopo il portavoce berlusconiano, Paolo Bonaiuti, ha annunciato che il leader del Pdl aveva telefonato al capo dello Stato per spiegarsi meglio. L’incidente, tuttavia, può lasciare il segno. E non tanto per l’attacco arrivato subito dal Pd e da Pier Ferdinando Casini, convinto che «non serve al Paese la riapertura di una nuova stagione di conflitti istituzionali».

L’impressione è che gli stessi alleati vogliano chiudere l’incidente al più presto. «Il povero Berlusconi nella sua vita politica è rimasto scottato da Scalfaro e da Ciampi, ma Napolitano ha dimostrato di essere di un`altra pasta », cerca di assolvere entrambi il leghista Calderoli. Ma con le sue parole, il Cavaliere rischia di incrinare il rapporto eccellente che aveva instaurato in questi due anni con il capo dello Stato; e di ridare fiato a voci velenose, moltiplicate dal clima elettorale: quelle di chi, nelle file della sinistra, vuole vedere in una probabile vittoria del centrodestra l’inizio di un’offensiva per destabilizzare il Quirinale. Per Berlusconi, il contraccolpo negativo potrebbe arrivare non dalle urne, ma dopo le elezioni.

Massimo Franco
02 aprile 2008

da corriere.it


Titolo: Berlusconi: Se vengo ancora intercettato ed escono registrazioni lascio l'Italia
Inserito da: Admin - Aprile 02, 2008, 02:52:15 pm
«Permetteremo le intercettazioni solo per terrorismo e criminalità organizzata»

Berlusconi: «Se vengo ancora intercettato ed escono registrazioni, lascio l'Italia»

«Se le tasse sono troppo alte, è giusto mettere in atto l'evasione o l'elusione fiscale»

 

ROMA - «Continuo a usare il telefonino con la più ampia libertà, ma se escono di nuovo fuori registrazioni lascio questo Paese». Lo ha minacciato Silvio Berlusconi al congresso dell'Ance (Associazione nazionale costruttori edilizi) spiegando di avere pronta una legge. «Permetteremo le intercettazioni solo per reati di terrorismo e criminalità organizzata». Il nuovo provvedimento prevederà «cinque anni di carcere per chi le ordina, per chi le fa e per chi le diffonde, oltre a multe salatissime per gli editori che le pubblicano».

«SE TASSE ALTE, GIUSTA EVASIONE» - Secondo Berlusconi il prelievo fiscale corretto si aggira intorno a un terzo del reddito, se invece le «tasse sono tra il 50 e il 60% come accade per le imprese, è giustificato mettere in atto l'elusione o l'evasione».

PONTE MESSINA - «Vogliamo avere l'orgoglio di realizzare un'opera così importante, tutta con il lavoro italiano», ha detto il Cavaliere a proposito del ponte di Messina. «Ero riuscito ad avere il 20% dei finanziamenti dall'Unione europea, ma lo abbiamo perso. Spero di poterlo riavere».

NUCLEARE - «Il nucleare sarà il sistema del futuro anche perché i combustibili fossili, da cui oggi dipendiamo, finiranno», ha previsto il candidato premier del Popolo delle libertà. «Per andare avanti dobbiamo partecipare alla ricerca sul nucleare di quarta generazione».

RUSSIA - «Ho avuto un ruolo di una certa importanza nel riavvicinamento della Russia agli Stati Uniti e dell'Europa. La politica internazionale in questo momento è in un periodo veramente difficile: con le dichiarazioni di Bush, che vuole Ucraina e Georgia nella Nato, la Russia si sente circondata e rischiamo, dopo che abbiamo fatto tanti sforzi per farla diventare parte dell'occidente, di rovinare tutto», ha affermato Berlusconi.


02 aprile 2008

da corriere.it


Titolo: Cavaliere getta la rete per il dopo voto. Nei piani di Silvio un'offerta al Pd..
Inserito da: Admin - Aprile 05, 2008, 10:19:52 pm
POLITICA

Il Cavaliere getta la rete per il dopo voto

"Accordo con i democratici per sbloccare il paese"

Nei piani di Silvio un'offerta al Pd

di CLAUDIO TITO

 
GLI ultimi sondaggi lo preoccupano non poco. Silvio Berlusconi continua a leggere nei numeri che gli vengono portati quotidianamente la vittoria alla Camera, ma vede anche che la "lotteria" del Senato potrebbe riservargli un biglietto non vincente. Ecco perché negli ultimi giorni è ripartita la strategia del dialogo con il Pd, con il grande mediatore Gianni Letta che si è rimesso in moto. Passo dopo passo il Cavaliere tesse la tela, prepara il terreno per lanciare subito dopo il voto l'offensiva per irretire Walter Veltroni e costringerlo a collaborare, a condividere la responsabilità di un governo che dovrà affrontare la recessione economica e aprire "la stagione delle riforme". Una stagione che potrebbe anche creare le condizioni per portarlo al Quirinale.

Convinto che, a prescindere dal risultato, la prossima legislatura sarà una delle più difficili che il Paese abbia mai affrontato, Berlusconi ha ripreso con forza questi ragionamenti con il gruppo più ristretto dei suoi fedelissimi. "Noi vinceremo e saremo noi a fare il governo - tranquillizza i suoi uomini - ma non possiamo pensare di cambiare il Paese avendo tutti contro". Le incognite del Senato, poi, si confermano sempre più un brutto sogno per il leader forzista. Una coalizione blindata a Palazzo Madama non è più una certezza per Berlusconi.

Ma gli interrogativi riguardano pure "il Paese fuori dalle Camere". E lì, a suo giudizio, l'elenco dei potenziali "rematori contro" resta lungo: i sindacati, la pubblica amministrazione, i salotti della finanza, i cosiddetti "poteri forti", i vertici istituzionali. Compreso il capo dello Stato che il Cavaliere non riesce a considerare completamente neutrale. Tante rischiano di essere pure le spine, come l'Alitalia. Nodi che Berlusconi non vorrebbe sciogliere da solo.
"Se vogliamo davvero cambiare il Paese - è il refrain ripetuto in ogni staff meeting - bisogna costruire un clima di dialogo". Prima di tutto in Parlamento. "Senza una maggioranza ampia, non si può fare niente".

E l'idea di fare i conti con la crisi economica, le liberalizzazioni e le riforme istituzionali in un'atmosfera conflittuale, non lascia affatto tranquillo Berlusconi. "Non voglio ritrovarmi imbrigliato come lo è stato Romano Prodi in questi due anni". Tutto il suo staff ancora ricorda le parole piene di comprensione pronunciate dopo aver incrociato il premier uscente ad una cerimonia militare: "In fondo lo capisco, non è stato e non è facile stare in quella posizione". Non è un caso, allora, che in una recente cena a Milano si sia sfogato meravigliando i commensali: "Se potessi io cercherei in ogni caso, visto che la mia vittoria sarà piena, un grande accordo anche sull'esecutivo. Ma non so se sarà possibile".

Negli ultimi giorni il Cavaliere non dà nemmeno per scontato che la legislatura duri effettivamente cinque anni: "Non ho lo sfera di cristallo", sospira davanti alle domande. Se poi il risultato del Pdl sarà meno brillante di quanto gli dicono i suoi sondaggisti e il pareggio si rivelasse realtà il 14 aprile, allora il percorso di un governo tecnico sostenuto insieme al Pd diventerebbe un'opzione inevitabile. "È ovvio - ha ammesso in pubblico cinque giorni fa - che in caso di pareggio non ci può essere un governo di parte".

Così, il faccia a faccia di dicembre con il segretario democratico per Berlusconi è una sorta di architrave su cui costruire i prossimi cinque anni. Lo considera un momento di "svolta" per i rapporti tra gli schieramenti. Da allora non hai mai smesso di versare miele, in privato, sul suo "avversario". Lo ha fatto persino l'altro ieri nel corso del ricevimento con gli ambasciatori dell'Unione europea organizzata a Villa Almone, sede della diplomazia tedesca. Davanti alle feluche si è scagliato contro la sinistra radicale, ma nei confronti di Veltroni e di Prodi solo commenti ovattati. Da tempo Berlusconi spiega ai suoi che "Walter è il meglio che una sinistra moderna possa offrire in Italia".

Frasi puntate, appunto, in primo luogo a "sdoganare" il rapporto con l'ex sindaco di Roma. Del resto, con lo scioglimento delle Camere il leader forzista ha decisamente virato su una campagna fatta di colpi di fioretto piuttosto che di clava. Non è più il '94 o il '96, e non è nemmeno il 2001 o il 2006. Tant'è che negli ultimi giorni si è lamentato dei toni, a suo dire, troppo hard del segretario Pd: "Perché esagera così? Perché insiste sulla mia età? Non ce n'è bisogno".

Il suo obiettivo resta comunque quello di non ritrovarsi il 14 aprile con un Parlamento in "stato di guerra". "Altrimenti le riforme non le facciamo e il Paese non lo cambiamo". Non per niente, la lista dei ministri che già si trova nella sua tasca sembra stilata proprio per non indispettire l'eventuale futura minoranza. Basti pensare che Gianni Letta - se il Pdl vincerà - sarà il vicepremier unico, un moderato come Franco Frattini andrà agli Interni e agli Esteri un "quasi-tecnico" come Gianni Castallaneta, il suo ex consigliere diplomatico quando sedeva ancora a Palazzo Chigi, poi nominato ambasciatore a Washington, ma non sostituito da Massimo D'Alema.

Ogni passo, dunque, è studiato per pervenire ad "una convergenza almeno sui grandi temi". Lo ha spiegato pure ai diplomatici europei mercoledì scorso: "Lascerò da grande statista dopo aver fatto le riforme". E molti di quelli che lo ascoltavano hanno pensato che fosse il primo atto ufficiale per una candidatura al Quirinale. Che, secondo i fedelissimi della prima ora, è ormai diventata una "ossessione". Al punto che c'è chi gli rimprovera di compiere ogni mossa in quell'ottica: "Corteggia Veltroni per essere sdoganato".

(5 aprile 2008)

da repubblica.it


Titolo: Il sillabario di Nanni Moretti "B come bugie di Berlusconi"
Inserito da: Admin - Aprile 05, 2008, 10:20:44 pm
POLITICA

Il regista incontra il pubblico all'Istituto Grenoble di Napoli ed elenca, lettera per lettera, le sue idee sull'Italia di oggi

Il sillabario di Nanni Moretti "B come bugie di Berlusconi"


TRA politica, cinema e vita privata il "Sillabario della felicità" di Nanni Moretti. Il regista porta con sé a Napoli alcuni suoi cortometraggi: dopo l'incontro il pubblico, circa seicento persone divise in due sale, li guarderà con attenzione. Moretti lascia Napoli con una copia della raccolta di racconti di Andrej Longo "Dieci", regalo degli organizzatori. Ma ecco il Sillabario personale del regista romano.

Antipatia - "Per le persone di spettacolo che non vanno a votare sostenendo che non hanno tempo. E in genere per tutti quelli che dicono che tanto i partiti sono tutti uguali".

Berlusconi, Bugia, Brogli, Boomerang - "In un'intervista a Newsweek, Berlusconi ha detto che mai nei suoi giornali e nelle sue televisioni viene attaccata la sinistra. Chi parla continuamente di brogli mina le base della democrazia. Qualunque cosa si dica in campagna elettorale, può diventare un boomerang".
oerenza - "Trovo stupida e prepotente la frase: la coerenza è la virtù degli imbecilli".

Elezioni - "Non voglio ferire la sensibilità di nessuno, ma ho una speranza precisa".

Felicità - "Quando nel traffico qualcuno non ti guarda con odio. Quando un barista fa bene e con dignità il suo lavoro".

Grillo - "No, proprio no".

Italia - "È anche quella dei dodici docenti universitari che rifiutarono l'adesione al fascismo. Dodici su millecento".

Linguaggio - "Le parole sono importanti, come ho detto nel mio film "Palombella rossa". Tanto importanti che di questo potremmo parlare per ore".
Messaggio - "Non c'entra con il cinema, è troppo univoco".

Nemico - "Ne ho già parlato alla voce Newsweek" (cioè Berlusconi).

Opinione pubblica - "È la cosa che manca di più in Italia, ogni giorno di più".

Paura - "La mia paura è che oggi il disprezzo delle regole sia un dato biologico degli italiani".

Qualità - "La ricerca della qualità è sempre vincente. Se una televisione si ponesse questo obiettivo, si scoprirebbe con sorpresa che sono in molti a seguirla".

Rete - "Per me la Rete non è democrazia".

Televisione - "Vedi alla B di boomerang: oggi nessuno ricorda che c'è un candidato premier che possiede tre televisioni".

Terrorismo - "Dieci anni fa interpretai e produssi il film di Mimmo Calopresti "La seconda volta". E quando ai dibattiti dicevo che erano assassini andava bene, quando poi dicevo che erano anche idioti per il tipo di comunicazione che diffondevo, i ragazzi si ribellavano. Penso che i terroristi siano stati assassini e anche scemi".

Terapia - "Fare film per me non è mai stata una terapia, talvolta alcuni miei lavori sono nati da mie nevrosi, ma per me non è mai stato terapeutico".

Zavorra - "Alla fine del film "Aprile", con mossa abile il mio personaggio si libera dei ritagli di stampa tirandoli fuori dal bagagliaio della Vespa. Quella è la zavorra, tutti ce ne dobbiamo liberare: è un elogio della leggerezza, intesa non come comtrario della serietà, ma come contrario della pesantezza"

Veltroni - "Non c'è la V di Veltroni? Peccato".

Vittimismo - "Uno dei peggiori vizi italiani: la colpa è sempre di un altro".

(5 aprile 2008)

da repubblica.it


Titolo: Berlusconi, ENTRO L'ANNO PDL DA ALLEANZA A PARTITO
Inserito da: Admin - Aprile 15, 2008, 02:31:45 pm
Berlusconi III, sui siti stranieri la politica più vecchia del mondo


Le maggiori agenzie internazionali e i principali siti dei media esteri hanno seguito, fin dai primi exit poll, i risultati delle elezioni politiche italiane. In un suo primo commento, il New York Time online, citando la Reuters scrive che «si delinea al Senato una vittoria più netta del Pdl di Silvio Berlusconi sul Pd di Walter Veltroni», rispetto ai dati inizialmente annunciati.Analoga osservazione viene fatta dal Washington Post:«Berlusconi sembra avviato al terzo mandato», scrive il britannico Times, «dopo che le prime proiezioni danno alla coalizione di centro destra da lui guidata un chiaro vantaggio al Senato, necessario a qualsiasi premier per poter governare».

«Il Pdl di Berlusconi insieme alla Lega avrebbero al Senato il 43,7 per cento rispetto al 39,1 per cento per il Pd di Walter Veltroni». Pur con dati non sempre uguali, indicazioni che confermano l'affermazione del centro destra sono date da altri media online.

Benché nel complesso gli osservatori siano ancora cauti, lo spagnolo El Mundo, per esempio, afferma che «comincia a prendere forma il Berlusconi III, nonostante l'incredibile rimonta del centro sinistra di Veltroni». «Berluscioni - scrive El Pais- si appresta a essere per la terza volta il presidente del Consiglio dei ministri italiano, sulla base delle proiezioni relative al Senato».

Il francese Le Figaro scrive del «ritorno in pista di un animale politico, che né le disfatte, né gli scandali hanno abbattuto».

Il tedesco Bild ipotizza «il ritorno al governo italiano del miliardario Berlusconi, dopo il 1994 e il 2001».

E anche l'americana Cnn e la britannica Bbc parlano di un vantaggio per il candidato premier del Pdl e altrettanto hanno indicato l'agenzia francese Afp e i quotidiani britannici Times e Daily Telegraph nelle edizioni online.

L'emittente araba Al Jazeera, nella sua edizione online in inglese, scrive con grande evidenza del «probabile ritorno di Berlusconi al governo, sulla base degli exit poll».

Nei giorni scorsi, e in particolare domenica e lunedì a seggi ancora aperti, la quasi totalità dei mezzi d'informazione stranieri avevano sottolineato che in quello che una volta era indicato, senza l'ironia di oggi, Il Bel Paese, la gente è andata alle urne in una atmosfera generale di tristezza e disillusione, che riflette lo stato d'animo di chi non crede più nella politica e vede il proprio paese nel pieno di una crisi che ne fa il "malato grave" tra le grandi nazioni.

L'International Herald Tribune aveva pubblicato un articolo della agenzia americana Ap, ripreso anche da altri media, tra cui il Los Angeles Times, riferendo di «un sentimento diffuso di declino nazionale e di paura che nessun candidato sarà in grado di rimettere l'Italia sul giusto binario».

«Gli italiani nuovamente alle urne disillusi» era stato il titolo del britannico Indipendent mentre il Daily Telegraph, aveva descritto «gli italiani al voto mentre il disastro economico incombe sul loro paese».

Secondo l'Economist «a causa della confusionaria legge elettorale attualmente in vigore» dopo il voto di oggi c'è «il pericolo del caos seguito da uno scomodo compromesso».

Il New York Times riferendo dei pronostici secondo cui Berlusconi sarà di nuovo premier, aveva parlato di "disincanto", "apatia" e "scetticismo" dell'elettorato.

Il francese Le Figaro aveva messo l'accento sui «geronti italiani che si aggrappano al potere», dicendo che «l'Italia è la nazione con la classe politica più vecchia del mondo». E a proposito di età «Die Zeit» osserva come «una vittoria di Berlusconi non sarebbe una sorpresa: da settimane i sondaggi profetizzavano un suo vantaggio di 8-9 punti. Tuttavia Veltroni, che è più giovane di quasi vent'anni e che, in quanto sindaco di Roma per lungo tempo, gode di grande favore, pensava di avere fino all'ultimo delle chance di vittoria».

Pubblicato il: 14.04.08
Modificato il: 14.04.08 alle ore 20.35

© l'Unità.


Titolo: Berlusconi attacca l'Unità: «Contro di me solo accuse offensive»
Inserito da: Admin - Aprile 15, 2008, 04:00:38 pm
Berlusconi attacca l'Unità: «Contro di me solo accuse offensive»


La vittoria elettorale non frena le vendette del Cavaliere, che inizia dal principale nemico del leader del Pdl, L’Unità. Il giornale del Partito democratico ha sempre avuto una posizione netta nei suoi confronti e questo non va giù a Berlusconi. «Le accuse dell'Unità di questa mattina nei miei confronti – sentenzia Berlusconi - sono veramente offensive anche per il nuovo corso che io rappresento». Il Cavaliere, che da una settimana ha occupato ogni trasmissione televisiva a carattere politico e che lunedì telefonava a tutti i network tv, è intervenuto anche in diretta a “Uno Mattina”. Nel suo lungo e solito sproloquio, Berlusconi ha elargito grandi verità, e poi è esploso in un’invettiva contro il nostro giornale.

Il Cavaliere ha attaccato tutti i commenti dell'Unità di martedì mattina, sentenziando che questi sono la strada da non percorrere se si vuole aprire il dialogo. Berlusconi ha chiesto al Pd di «mantenere una coerenza sui punti del suo programma sovrapponibili a quello del Pdl». Berlusconi si è compiaciuto di se stesso e ha sbottato in un ultimatum al Partito democratico: se vuole il dialogo «dismetta certe posizioni di contrasto come quella fatta propria oggi dall'Unità».

Ad andar di traverso al Cavaliere sono probabilmente articoli come l’editoriale del direttore, Antonio Padellaro, che evidenzia verità conosciute da tutti: «Il terzo ritorno di Berlusconi a palazzo Chigi ci spaventa per una serie infinita di motivi che proveremo a sintetizzare», scrive Padellaro. «Perché il vecchio-nuovo premier sarà scortato e controllato dall’esercito leghista che farà pesare ogni giorno sul tavolo delle decisioni la ricca messe di voti rastrellata in tutto il nord-est». «Quanto resisterà il cartello elettorale del Pdl alle spallate secessioniste del Carroccio?», si domanda Padellaro. «Pensiamo non a lungo anche perché al Senato i numeri della maggioranza non sono tali da garantire al governo sonni tranquilli. E non certo per cinque lunghi anni». Solo il pensiero che qualcuno possa minare il suo “governo di cinque anni”, spaventa evidentemente Silvio Berlusconi tanto da fargli perdere le staffe davanti a milioni di italiani.

Pubblicato il: 15.04.08
Modificato il: 15.04.08 alle ore 11.56

© l'Unità.


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Berlusconi: a noi i presidenti di Camera e Senato


Silvio Berlusconi esulta - «abbiamo vinto» - leggendo i giornali il giorno dopo il voto. E annuncia che a Palazzo Madama non ha nessuna intenzione di insediare un presidente della Lega Nord. «Sarà qualcuno del Pdl», precisa. «Camera e Senato avranno due presidenti nostri», sentenzia. Nessuna apertura verso un gentlement agreement con gli alleati, figuriamoci con l'opposizione. La gestione del Parlamento è "cosa sua". È questo il fair play berlusconiano in vista delle riforme istituzionali.
E al Pd non resta che precisare: non c'era stata nessuna richiesta esplicita sulla presidenza di un ramo del Parlamento.

«Non abbiamo mai chiesto e non chiediamo la presidenza di un ramo del Parlamento: era una nostra disponibilità in caso di vittoria»: dichiara infatti l'ex ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni nel corso dello speciale elezioni de La 7 in onda martedì mattina. «In Italia esisteva una tradizione secondo la quale uno dei due rami era presieduto da un esponente dell'opposizione», ha continuato Gentiloni ricordando le presidenze di Nilde Iotti, Pietro Ingrao e Giorgio Napolitano: «Una tradizione interrotta nel 1994 da Berlusconi e poi - il che rappresenta un errore - anche dai governi successivi: mi sembrerebbe sano ritornarvi».

Quanto al Presidente della Repubblica, «va tenuto fuori da certi schemi» istituzionali, ha concluso Gentiloni; posizione appoggiata anche da Rocco Buttiglione, che ha ribadito come una volta eletto Napolitano «rappresenti tutti gli italiani, e non una sola parte».

E il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si congratula, oltre che con il ministro dell'Interno Giuliano Amato per la correttezza delle operazioni di voto e di scrutinio, anche con il vincitore delle elezioni Silvio Berlusconi. «Esprimo le mie congratulazioni alla coalizione guidata dall'onorevole Berlusconi per la netta vittoria conseguita, e il mio apprezzamento per tutte le formazioni politiche e i candidati che hanno animato un libero e ordinato confronto elettorale», si legge in una dichiarazione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, diffusa dal Quirinale.


Pubblicato il: 15.04.08
Modificato il: 15.04.08 alle ore 15.21

© l'Unità.


Titolo: Stampa estera, dalla Francia agli Usa: «Aiuto, torna Berlusconi!»
Inserito da: Admin - Aprile 15, 2008, 04:01:30 pm
Stampa estera, dalla Francia agli Usa: «Aiuto, torna Berlusconi!»


La stampa estera non vede di buon occhio il ritorno del Cavaliere. E non solo la stampa progressista o di sinistra (ma per Berlusconi «i corrispondenti esteri sono tutti della sinistra italiana» mentre lui è «amico di quasi tutti i leaders europei» e quando va all'estero viene «sempre riconosciuto e applaudito»).

Scrive il New York Times: Silvio Berlusconi, «il singolare miliardario che già domina la scena pubblica italiana, si è aggiudicato ieri una convincente vittoria alle elezioni parlamentari italiane». Ma con l'economia a pezzi e l'Europa sempre più lontana - argomenta il quotidiano della Grande Mela - «è difficile stabilire se gli italiani abbiano votato realmente per lui o per esprimere dissenso rispetto al precedente governo».

Quello del Wall Street Journal è forse il commento più positivo: «Il leader conservatore italiano Silvio Berlusconi è riuscito in un'altra delle sue imprese, vincendo le elezioni appena due anni dopo essere stato sconfitto. Ora bisognerà vedere se manterrà la promessa fatta 14 anni fa quando andò al governo per la prima volta: portare il paese fuori dalla prolungata crisi politica che ha succhiato vitalità all'economia e fiducia ai cittadini». Positivo, ma guardingo. E l'editoriale sulle cose italiane affidato a Matthew Kaminski pur parlando di «convincente vittoria», sostiene che rispetto al vecchio Berlusconi «nonostante le apparenze, qualcosa è cambiato: il suo programma è meno ambizioso che in passato. Il successo della sua coalizione dice molto sulla disillusione degli italiani dopo venti mesi di governo del centrosinistra»

Per il Washington Post nelle elezioni italiane Silvio Berlusconi ha vinto «cavalcando l'onda di incertezza sul futuro economico» e ha inflitto una sconfitta «inaspettatamente dura» al Partito democratico. Nella corrispondenza si cita il commento di John Harper, professore di scienze politiche alla John Hopkins University, sede italiana, sulle reazioni di imbarazzo che il ritorno di Berlusconi provocherebbe nelle altre capitali europee: «Il resto d'Europa spalancherà gli occhi, sospirerà e dirà: "Ci risiamo", ma non ci può fare nulla». 

Il francese Le Figaro ironizza sull «inossidabile cavaliere». Scrive il commentatore: «Silvio Berlusconi rimane una personalità fuori dalla norma, eccessiva e stravagante». La sconfitta alle legislative dell'aprile 2006 avrebbe potuto suonare l'ora del suo ritiro dalla politica. Invece gli ha dato il gusto della rivincita. Poi insiste nel descrivere «I geronti italiani aggrappati al potere» E l'Italia come una nazione «con classe politica più vecchia del mondo».


«L'infernale equazione italiana» è il titolo dell'editoriale di Françoise Crouïgneau su Le Echos. Tutti s'interrogano sul margine di manovra di cui disporrà il prossimo governo italiano -scrive- sul piano economico e sociale, in tempi di crisi planetaria e crescita in panne, ma pure politico. Ancora prima di trovare i mezzi finanziari per riprendere la via delle altre riforme, Silvio Berlusconi dovrà dedicarsi a quella elettorale: è la tesi del giornale economico.

Lo spagnolo El Pais ci ribattezza: "Berlusconia". È questo il titolo dell'editoriale che giudica «inspiegabile» l'ennesima vittoria elettorale «di un uomo che ha sempre confuso i suoi interessi privati e le proprie responsabilità politiche, senza pagare per nessuno degli errori commessi in passato». L'interpretazione è che la vittoria del Cavaliere sia da considerare «frutto di una grande intelligenza politica: Berlusconi ha saputo infatti confrontarsi con il rivale Walter Veltroni prima ancora che il Partito Democratico potesse crescere sufficientemente e prima ancora che il governo di Romano Prodi avesse l'opportunità di consolidare un bilancio, soprattutto economico, più facile da spiegare ai cittadini».

«Aiuto, torna Berlusconi!»: è questo il titolo d’apertura del quotidiano della gauche francese Liberation, che dedica al vincitore delle elezioni anticipate una foto che copre quasi interamente la prima pagina. «Vittorioso nelle elezioni italiane con i suoi alleati estremisti, il Cavaliere riprende le redini di un Paese in pieno marasma», si legge nel sottotitolo. Nel riportare i risultati della consultazione elettorale italiana, i corrispondenti sottolineano lo spostamento a destra della coalizione vincitrice. «Una vittoria grazie alla destra dura», s'intitola l'articolo a pagina 3 dedicato ai risultati elettorali, in cui si afferma che Silvio Berlusconi «è ostaggio» della Lega Nord, definita «un movimento xenofobo, secessionista ed “eurofobo”». Secondo il giornale francese, inoltre, «questa deriva di Berlusconi verso una destra dura rischia di accentuarsi ancora, dal momento che è stato abbandonato dalla piccola formazione cristiano-centrista dell'Udc di Pier Ferdinando Casini».

Per il britannico The Financial Times è però un quotidan economico tutt'altro che di parte. L'analisi è: «Berlusconi ha vinto con un buon margine, ma la stabilità politica in Italia resta in dubbio. Il Pdl ha perso l'appoggio del centro cattolico, e che deve la sua vittoria agli alleati di destra». «La scorsa notte Silvio Berlusconi ha ottenuto un significativo ritorno al potere con un margine relativamente decisivo», si legge sul giornale economico, che a suo tempo ebbe a definire il leader del Pdl “unfit”, cioè “non adatto” a governare, «ma se l'Italia assisterà a una nuova era di stabilità politica resta in dubbio». Berlusconi «guida una coalizione di centrodestra che ha perso la voce moderata dei cattolici centristi, i quali alle elezioni hanno corso da soli»; e dunque deve il risultato «agli alleati di destra che hanno reso possibile la sua vittoria». Ora, spiega il quotidiano londinese, al suo ritorno al potere il capo del Pdl «dovrà affrontare la crisi economica globale, che è ancora più accentuata in Italia». Inoltre, nota il corrispondente da Roma, «le dichiarazioni protezionistiche» degli alleati di Berlusconi, «sottolineate dalla loro opposizione all'acquisizione della compagnia di bandiera Alitalia da parte di Air France-Klm, indicano che la sua politica di mercato neo-liberale potrebbe lasciare il posto a un più diretto intervento del governo».

Durissimo l'inglese The Guardian: «Con la vittoria elettorale della coalizione guidata da Silvio Berlusconi, che incorpora anche il partito neo-fascista e quello separatista del Nord, l'Italia non risolve nessuno dei suoi problemi». E ancora: «Il Bel Paese rimane ostaggio infatti di un sistema politico immobile e chiuso che alimenta profonde disuguaglianze, con una maggioranza di cittadini che vota la destra fino a quando questa non fallisce, per poi dare un tiepido sostegno ad alternative di sinistra troppo deboli per agire».

«Berlusconi torna al potere grazie all'alleato “post-fascista”», titola l'edizione online di The Independent, che parla di «spiacevole ritorno». «Berlusconi ha festeggiato una trionfale rielezione, tornando alla guida del governo della settima economia mondiale», scrive il giornale britannico. Per l'Independent il centrosinistra di Walter Veltroni «ha fallito nel tentativo di unirsi per fermarlo.

Dal canto suo, la stampa tedesca riferisce con grande evidenza del successo elettorale di Silvio Berlusconi, con alcuni giornali che parlando di autentico trionfo del leader conservatore. «Berlusconi vince, Veltroni ammette la sconfitta», titola in prima pagina l'edizione online della Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ). «Berlusconi - aggiunge il giornale conservatore - vuol restare alla guida del governo per cinque anni». «Venti mesi dopo la sua sconfitta elettorale, Berlusconi torna al potere in Italia assicurandosi una chiara maggioranza sia alla Camera che al Senato».

«Vittoria trionfale per Berlusconi» è il titolo in prima della Sueddeutsche Zeitung, che sottolinea come l'avversario del Cavaliere - il liberale Valter Weltroni - «ha ammesso la sconfitta». Il quotidiano tedesco pubblica un commento dal titolo «Pista del circo libera per il mago della politica». La Sueddeutsche mostra in prima una foto di Berlusconi mentre vota. Il quotidiano Die Welt da parte sua titola nell'edizione online «Silvio Berlusconi, il grande trionfatore». Per il giornale, «in Italia il blocco di centrodestra ha ottenuto una inattesa, chiara maggioranza». «Lo schieramento di centrosinistra ha ammesso la sconfitta», aggiunge la Welt che pubblica in prima una foto di Berlusconi sorridente. Per il settimanale Der Spiegel, «la vittoria di Berlusconi rivoluziona il panorama parlamentare italiano». «Non è solo una vittoria, è un trionfo», aggiunge il settimanale tedesco.

Anche l’Estremo Oriente si occupa delle elezioni italiane, sottolineando la preoccupazione del ritorno di Berlusconi. Nella sua edizione pomeridiana, l'Asahi Shimbun, il secondo quotidiano più diffuso del Giappone e che è tradizionalmente considerato di area di centrosinistra, dà ampio conto del voto che ha portato Berlusconi, appena «dopo due anni, ad avere una netta maggioranza nei due rami del Parlamento». «Ci sarà un sensibile cambiamento della linea di politica estera», continua l'Asahi, «perché Berlusconi è filo-Bush». La sua vittoria ha trovato sponda «su una delusione della classe media verso il centrosinistra di Prodi, che è rimasto in affanno».

 


Pubblicato il: 15.04.08
Modificato il: 15.04.08 alle ore 12.25

© l'Unità.


Titolo: Berlusconi, ENTRO L'ANNO PDL DA ALLEANZA A PARTITO
Inserito da: Admin - Aprile 15, 2008, 04:07:06 pm
Berlusconi: «Domani vertice, in settimana la lista dei ministri».

Letta vicepresidente
 
 
«Ho già in testa chiaramente la lista dei ministri, ma devo convocare una riunione per domani e non farò i nomi per rispetto di tutti. Entro la settimana sarà nota». Sono le parole di Silvio Berlusconi, all'indomani della vittoria elettorale. Il leader del Pdl sciglie la riserva da subito solo per il fedele Gianni Letta, che sarà vicepresidente del Consiglio: «È indispensabile nel Governo, una persona rara e stimata da tutti», dice alla trasmissione Rai Radio Anch'io. Berlusconi ha anche aggiunto che il suo Governo sarà più snello dei precedenti, «tra ministri con portafoglio, senza e sottosegretari non supereremo le 60 unità, la metà dell'esecutivo attualmente in carica».

La squadra di Governo di Berlusconi, per la verità, è stata già ipotizzata, in base alle ultime indicazioni, rilanciate dall'agenzia Ansa: Roberto Maroni agli Interni, Paolo Bonaiuti ai Beni Culturali, Stefania Prestigiacomo (Sanità), Giulia Bongiorno (Giustizia), Roberto Formigoni (Industria), Giulio Tremonti (Economia), dalla leghista Rosi Mauro (Lavoro). A Mara Carfagna potrebbero andare le Pari Opportunità. Mentre ministro degli Esteri sarà Franco Frattini. «Una persona che ha già una «grande esperienza all'estero» ha detto Berlusconi in collegamento telefonico con La7. «Mi auguro che Fini possa fare il presidente della Camera e che Gianni Letta sia uno dei vicepresidenti del Consiglio». Ha poi aggiunto che i ministri della Lega «saranno due».

Vinte le elezioni, Silvio Berlusconi conferma anche il suo impegno per Napoli, assicurando che quella nella città partenopea «non sarà una trasferta - dice A Studio Aperto, il tg di Italia Uno - terremo il primo Consiglio dei ministri per un fatto simbolico a dimostrare come il governo ritenga l'emergenza rifiuti un fatto nazionale da risolvere, ma poi stabilirò una sede operativa a Napoli per tre giorni alla settimana e ne verrò via quando avrò la certezza di avere avviato concretamente la soluzione di questo problema che tanti danni fa al nostro turismo e alle esportazioni». «Napoli - sottolinea - più che una trasferta è un impegno preciso e di medio termine per il mio lavoro».

Su Alitalia è stato invece Gianfranco fini a parlare :«Non abbiamo nessun pregiudizio nei confronti di Air France. Tuttavia, se loro vanno avanti così a noi non sta bene». ha affermato il leader di An Gianfranco Fini, commentando, in collegamento con Matrix, l'andamento delle trattative su lla nostra compagnia di bandiera e contestualmente scherzando sulla grande presenza di giornalisti oltralpe all'Auditorium della scienza e della tecnica.

«Siamo sempre stati pronti a lavorare con l'opposizione per gli interessi del Paese». Silvio Berlusconi in diretta a Porta a Porta ha promesso un «atteggiamento dialogante» con il Partito Democratico. «Sono commosso per il risultato elettorale e ringrazio i cittadini» ha continuato il leader del Pdl, dichiarando di sentire «una grande responsabilità» nei confronti degli elettori e del Paese: «Saranno anni difficili, ha continuato, cinque anni decisivi per l'ammodernamento del Paese». Alla domanda se collaborerà con Pierferdinando Casini risponde: «Andremo d'accordo con chi lavorerà con noi per il bene del Paese». Durante il collegamento a Skytg24 propone di riesumare la bicamerale per le riforme, così come era stata impostata nel 1994.

Se in cima all'agenda di Governo ci sono Alitalia e il problema rifiuti in Campania, il Cavaliere promette anche di attuare la riforma della scuola e della sanità, iniziate con l'ultimo governo Berlusconi. Priorità anche alla «riforma della giustizia e alla ripresa delle grandi opere». Berlusconi ha poi promesso la riduzione della pressione fiscale: «Mai approveremo, ha dichiarato, un solo provvedimento che limiti la libertà dei cittadini e li renda vittime dell'oppressione fiscale». Durante la trasmissione Matrix su Canale 5, Berlusconi continua a commentare il voto. Dice che la legge elettorale «non era poi così cattiva», e osserva che con pochissimi partiti in Parlamento «sarà possibile fare le leggi più velocemente». Non manca una considerazione sulle passate elezioni: «C'è stata un'interruzione negativa del nostro lavoro. Io dico quello che penso: le elezioni 2006 non sono state regolari e ciò è dimostrato dalle dimensioni del voto di oggi».

Il Cavaliere annuncia poi che la prima visita da premier sarà in Israele. «Olmert mi ha invitato, sarò lietissimo di andare in Israele e dare il mio supporto all'unica democrazia mediorientale». Conclude: «Ho ricevuto telefonate da diversi Capi di Stato e di governo che che mi hanno fatto le loro congratulazioni. Con alcuni di loro ho fissato anche appuntamenti importanti per riprendere i contatti che si erano interrotti con la sinistra al governo».

 
da ilsole24ore.com


Titolo: Giornali e tv straniere ora le prime crisi da risolvere sono alitalia e rifiuti
Inserito da: Admin - Aprile 15, 2008, 04:19:05 pm
Ma per giornali e tv straniere ora le prime crisi da risolvere sono alitalia e rifiuti

Berlusconi, la vittoria fa il giro del mondo

I siti dei media del pianeta enfatizzano la figura del leader del Pdl come vero motore del successo elettorale



MILANO - La vittoria di Berlusconi alle elezioni fa il giro del mondo. Ed entra nelle prime pagine e nei servizi di apertura delle principali tv e siti internet del pianeta.

USA - «L'economia è in sofferenza un'Italia frustrata sceglie Berlusconi» titola il sito del New York Times, il più importante quotidiano del mondo.
 
Il sito di «Le Monde» dedica ampio spazio alla vittoria di Berlusconi
«Berlusconi torna al potere in Italia» gli fa eco il sito della principale tv di news satellitare, l'americana Cnn. E anche il sito del Los Angeles Times caratterizza un titolo tutto sommato didascalico «Berlusconi si aggiudica un terzo mandato in Italia»con una foto di Francesco Totti al seggio, memore dell'ultima polemica politica della campagna elettorale, con i manifesti del capitano della Roma che invitava a votare per il candidato sindaco del Pd a Roma, Francesco Rutelli.

Secco il sito del Wall Street Journal: «In Italia Berlusconi è di nuovo in vetta». Per il principale quotidiano economico del mondo però, ora la questione sul tavolo è sapere se il leader del Pdl riuscirà a mantenere la sua promessa di risollevare l'Italia.

EUROPA - Dall'altro capo dell'oceano il sito del principale quotidiano economico britannico, il «Financial Times» titola «Berlusconi avanza fino alla vittoria» e sottolinea come il successo di Pdl e Lega sia stato decisamente più ampio del previsto.
Per il britannico «The Indipendent» «Berlusconi ritorna al potere grazie ad un'alleanza post-fascista» ed enfatizza il fatto che una volta prese le redini del governo dovrà subito risolvere due gravi crisi: quella di Alitalia e quella dei rifiuti a Napoli. 
Il sito del «Los Angeles Times» sulle elezioni in Italia

Anche il sito del «Times» di Londra che titola «Silvio Berlusconi si aggiudica un terzo mandato come primo ministro italiano» specifica l'impegno del leader del Pdl a risolvere in tempi brevi le due principali macchie sull'immagine internazionale del nostro Paese.
«Italia: Silvio Berlusconi ottiene una larga vittoria alle legislative» chiosa il sito del quotidiano francese «Le Monde». Per il giornale d'oltralpe il centro della discorso post-vittoria di Berlusconi è nell'annuncio che per l'Italia ci sono davanti «mesi difficili».
Per il sito del quotidiano spagnolo «El mundo» che titola «L'Italia concede a Berlusconi il suo terzo mandato per uscire dalla crisi» gli immediati compiti che l'esecutivo di centrodestra dovrà affrontare sono quelli di risollevare l'Italia dalla crisi economica e di scrivere una nuova legge elettorale.

Marco Letizia
15 aprile 2008

da corriere.it


Titolo: Veltroni: «Berlusconi ha cominciato male, faremo un "governo dell'opposizione"»
Inserito da: Admin - Aprile 15, 2008, 10:55:46 pm
«Sbagliato volere la presidenza di entrambe le camere»

Veltroni: «Berlusconi ha cominciato male, faremo un "governo dell'opposizione"»

Il leader Pd: «Vittoria inequivocabile del Pdl, massiccio spostamento verso la Lega. Avvieremo dialogo con Udc»


 
ROMA - «Faremo un governo "ombra", un governo dell'opposizione». Dal quartier generale del Pd Walter Veltroni fa il punto sul risultato elettorale, dopo una riunione di confronto con i vertici del partito. E annuncia che il Pd aprirà in Parlamento un dialogo politico con l'Udc di Casini. Non solo: «Speriamo di poter avviare un confronto di opposizione anche con le forze non entrate in Parlamento e questo non solo è importante per noi, anche per la democrazia», anche se «non ci sarà assolutamente alcuna confluenza con la Sinistra Arcobaleno, sarebbe irrispettoso e sbagliato». Inoltre, è intenzione del Pd «vigilare e verificare» l'applicazione e la realizzazione delle proposte e delle promesse fatte da Silvio Berlusconi nel corso della campagna elettorale con un "governo dell'opposizione", ispirato ai 'governi ombra' in uso in altre democrazie occidentali e con un numero di ministri coincidente con quelli che andrà formando il Pdl. Con la Sinistra ci sarà un «rapporto, non patto formale di consultazione. Lo "shadow cabinet" sarà fatto esclusivamente dal Pd». Un partito «coeso, unitario» - spiega Veltroni - bollando come «balle» le voci di divisioni all'interno tra ex Ds ed ex Margherita.

SINISTRA - In ogni caso «è un errore e un limite» dovuti all'attuale legge elettorale il fatto che la Sinistra Arcobaleno non abbia «garantito il diritto di tribuna in Parlamento». L'assenza della Sinistra sarà, ha aggiunto Veltroni, «un danno alla democrazia italiana». Resta però il giudizio negativo sul comportamento dell'ala radicale della sinistra nel governo appena trascorso: «Ha pagato un prezzo elevato per sua responsabilità perché ha minato la compattezza del governo Prodi. Una cosa che l'elettorato ha assolutamente dichiarato di non gradire». Veltroni dice di non senitrsi il «killer della sinistra radicale» e ancora una volta difende la scelta di aver corso da soli.

LA LEGA - Veltroni ammette ancora una volta la netta vittoria della coalizione avversaria, ma sottolinea il forte spostamento del baricentro a favore della Lega. D'altra parte per il Pd - spiega Veltroni - era una sfida difficile e il risultato ottenuto è comunque importante. Un risultato in cui ha pesato il guidizio non positivo nei confronti del governo Prodi. «Le altre forze che sostenevano il governo hanno perso 2,6 milioni di voti. Solo noi e Italia dei Valori abbiamo guadagnato voti. Questo dimostra che c'è stata una obiettiva e registrata difficoltà nel rapporto tra la maggioranza di governo e il Paese». «Il dato elettorale è inequivocabile, con una forte affermazione del Pdl» dice il leader del Pd, parlando di un «massiccio spostamento» di voti verso la Lega, con il Pdl che ha perso 804 mila voti rispetto al 2006. Una situazione che - secondo Veltroni - minerà la tenuta del governo: «Non so quanto durerà. La mia è una valutazione. Penso che sia difficile che arrivi a fine legislatura, a causa del forte peso della Lega».

BERLUSCONI - Poi l'attacco al diretto avversario: «Sono rimasto negativamente colpito dalle dichiarazioni del vincitore delle elezioni, Silvio Berlusconi. L'annuncio di non dare all'opposizione la presidenza di una Camera, un certo tono nei confronti delle altre forze politiche, non solo il Pd, una certa idea di autosufficienza, non fanno vedere un buon inizio». E sulle prospettive future: «Penso che il fatto che non ci sia più un Parlamento con decine di gruppi parlamentari sia un fatto positivo» dice il segretario del Pd: un cambiamento «frutto dell'iniziativa che abbiamo assunto e che ha cambiato completamente la geografia politica del paese». Dal canto suo il Pd «parte da qui per una nuova stagione di espansione elettorale, per andare più avanti e più nel profondo della società italiana. Abbiamo preso da +6 a +10% nella grandi città, dobbiamo penetrare in profondità nella società italiana». Un solo rimpianto: «Quello che non abbiamo avuto è stato il tempo, se ne avessimo avuto di più avremmo fatto di più».


15 aprile 2008

da corriere.it


Titolo: Berlusconi, ENTRO L'ANNO PDL DA ALLEANZA A PARTITO
Inserito da: Admin - Aprile 16, 2008, 11:46:46 am
2008-04-16 09:45

BERLUSCONI, ENTRO L'ANNO PDL DA ALLEANZA A PARTITO
 
di Milena Di Mauro


ROMA- Silvio Berlusconi mettera' a punto gia' ''in settimana'' un governo nuovo ed ''entro l'anno'' dara' vita a un nuovo partito, il Pdl.
Con sole quattro ore di sonno sulle spalle, nel giorno successivo alla vittoria, il Cavaliere assicura di aver gia' messo in piedi ''senza problemi'' e con ''decisione veloce'' la squadra per palazzo Chigi: ''Snella, con 4 donne e 60 persone di consolidata esperienza nella cosa
pubblica ed immediatamente operative''.

   Un vertice di maggioranza  potrebbe portare alla formazione definitiva, che Berlusconi ha ridiscusso
con Umberto Bossi al telefono e con Gianfranco Fini in un vertice di un paio d'ore a Palazzo Grazioli, durante il quale si
e' deciso anche di andare ''a tappe accelerate ed entro l'anno'' al congresso di nascita del Popolo della Liberta'. A Palazzo
Grazioli  arrivera' anche la 'new entry' Raffaele Lombardo, fermamente intenzionato a chiedere un posto da
ministro.   

   Altre decisioni: Gianfranco Fini sara' presidente della Camera (e gia' avrebbe confidato ai suoi quale sara' il
suo primo atto istituzionale, anche se il leader di An ieri non avrebbe troppo gradito l'annuncio fatto dal Cavaliere e non
concordato preventivamente). Renato Schifani dovrebbe essere invece presidente del Senato (ma per lo scranno piu' alto di
Palazzo Madama ancora gira il nome di Roberto Formigoni, ed in subordine quello del leghista Roberto Castelli).

  Claudio Scajola sara' a capo degli oltre 272 deputati del Pdl a Montecitorio, mentre Maurizio Gasparri guidera' i senatori.
Inoltre, sembra deciso che - fino ai congressi che in autunno porteranno allo scioglimento di Fi e An e quindi alla Assemblea Costituente del
Popolo della Liberta' - le sorti del nuovo partito saranno in mano ad un 'direttorio', composto dai capigruppo, per arrivare
piu' gradualmente ad una guida politica 'forte', al momento non matura. Oggi Berlusconi e Fini hanno comunque concordato di
accelerare sul partito unico, con il congresso fondativo entro fine 2008.

  Quanto alla squadra di governo, il Cavaliere vuole che la lista di ministri sia nero su bianco entro mercoledi' sera, per
potersi poi dedicare ai doveri di ospitalita' verso Vladimir Putin, ospite da giovedi' a Villa Certosa in Sardegna. La
formazione e' ormai quasi chiusa: i due vicepremier saranno Gianni Letta e Umberto Bossi (con delega alle Riforme che
potrebbe pero' anche passare di mano ed andare a Roberto Calderoli). Agli Esteri andra' Franco Frattini e all'Interno
Roberto Maroni.

  Alleanza Nazionale - che oggi ha riunito l'ufficio politico per una soddisfatta analisi del voto - avra' la Difesa con
Ignazio La Russa e le Infrastrutture con Altero Matteoli, mentre a Gianni Alemanno (se dovesse uscire sconfitto dalla corsa al
Campidoglio) andrebbe il Lavoro. Al partito di Fini andra' certamente anche un quarto ministro senza portafoglio, in 'quota
rosa'. Si fanno i nomi di Giulia Bongiorno, Giorgia Meloni e Adriana Poli Bortone. Al riguardo, da registrare le forti
resistenze espresse dai colonnelli di via della Scrofa quando Gianni Letta ha provato a caldeggiare la carica di Guardasigilli
per la Bongiorno.

  ''Non e' matura politicamente - si e' detto - potrebbe sollevare tecnicismi e andare in urto con Berlusconi in un settore troppo delicato''. Al ministero della Giustizia vorrebbe andare l'ex presidente del Senato Marcello Pera, ma e' assai probabile che via Arenula andra' un altro esponente di Fi. Alla Lega dovrebbe toccare uno degli altri posti riservati da Berlusconi nel suo quarto governo alle donne. Rosi Mauro
potrebbe avere le Attivita' Produttive, mentre l'azzurra Stefania Prestigiacomo e' in predicato per l'Istruzione e Mara Carfagna per Pari Opportunita' o Famiglia. La casella dell'Economia e' riservata a Giulio Tremonti, mentre ai Beni Culturali il testa e testa e' tra Paolo Bonaiuti e Sandro Bondi. L'ex portavoce di Berlusconi potrebbe in alternativa andare ai Rapporti con il Parlamento, che altrimenti andrebbero ad Elio Vito.


SEPARAZIONE CARRIERE IMPRESCINDIBILE'

 ''La separazione delle carriere e' un obiettivo imprescindibile: essendo stato inquisito tantissime volte e sempre assolto non posso che dare un giudizio positivo dei giudici, non la stessa cosa dei Pm''. Lo afferma Silvio Berlusconi nella conferenza stampa all'Auditorium.

LEGA NON HA MAI COMANDATO IN 5 ANNI GOVERNO'
 ''Ho sentito dire qualcuno che la Lega comandera', la Lega non ha mai comandato in 5 anni di
governo''. Lo ha detto Silvio Berlusconi nel corso di una conferenza stampa.
   Il leader del Pdl ha aggiunto che il Carroccio ''e' sempre stato molto ragionevole al tavolo delle decisioni'' ed ha
parlato di ''aspetto fraterno'' fra lui e Bossi.

NOMINE: BERLUSCONI, RICONFERMATA GRAN PARTE MANAGER
 ''Credo che al momento del nostro insediamento il governo si esprimera' per riconfermare in massima parte i dirigenti''. Cosi' Silvio Berlusconi, leader del Pdl, nel corso di una conferenza stampa a proposito delle cariche in scadenza dei vertici di Eni, Enel, Finmeccanica e Terna.   E Berlusconi ha tra l'altro ricordato che ''c'e' qualcuno di questi manager che vuole lasciare''.


BERLUSCONI, IN SETTIMANA LA LISTA DEI MINISTRI

"In settimana" ci sarà la lista dei ministri del nuovo governo: lo assicura Silvio Berlusconi a 'Radio Anch'io' spiegando che "non ci sono problemi" e che "domani ci sarà una riunione con gli alleati".

"Entro questa settimana sceglierò la squadra di governo con gli alleati della coalizione", ha ribadito poi Silvio Berlusconi in diretta telefonica a Unomattina. Si tratterà, ha spiegato, "di un totale di 60 unità tra ministri, viceministri e sottosegretari: la squadra sarà numericamente la metà del governo in carica". Il leader del Pdl ha spiegato che punterà "su persone immediatamente operative che hanno già lavorato per il governo di centrodestra per 5 anni". "Questo criterio garantirà - ha proseguito Berlusconi - una pronta formazione della squadra ed elevate capacità delle persone chiamate ad incarichi di responsabilita".

Gianni Letta "è indispensabile nel governo": afferma Berlusconi rispondendo a chi gli chiede se Letta sarà vicepremier nel suo governo. "Si tratta - spiega - di una persona eccezionale, stimata da tutti perché rispetta tutti. E' una fortuna per tutti averlo con noi".

Berlusconi conferma che sarà a Napoli "tre giorni a settimana" e che nel capoluogo campano terrà il primo Consiglio dei ministri del suo governo. "Ho già trovato una sede operativa - dice a 'Radio Anch'io' - ci resterò per tre giorni alla settimana e verrò via solo quando avrò la certezza di avere avviato il problema dei rifiuti verso la soluzione definitiva".


INFLAZIONE: BERLUSCONI, VEDREMO COME INTERVENIRE
"Vedremo quali saranno le possibilità di intervento" rispetto all'aumento dei prezzi. Lo afferma Silvio Berlusconi a 'Radio Anch'iò commentando a caldo i dati sull'inflazione. "Rispetto all'aumento dei prezzi - sostiene - scontiamo sua l'operato del precedente governo sia la crisi internazionale con l'aumento delle materie prime e dei prodotti alimentari. Abbiamo già in mente qualcosa, anzi un progetto preciso che metteremo in atto subito per contenere i prezzi, a partire dalle catene alimentari, con la collaborazione della rete dei consorzi di commercio". Berlusconi conferma inoltre che al primo Consiglio dei Ministri sarà abolità l'Ici sulla prima casa.


SERVE NUOVA ARCHITETTURA ISTITUZIONALE
"Dobbiamo modificare la nostra architettura istituzionale". Ha ribadito Silvio Berlusconi. Il leader del Pdl ha ricordato in sintesi i punti sui quali bisogna agire: più poteri al premier, una sola camera legislativa, dimezzamento dei parlamentari e anche dei consiglieri regionali e comunali; eliminazione delle province. Silvio Berlusconi si è detto pronto ad impegnarsi in questa opera: "Sono diverso dal Berlusconi 2001. Ora conosco bene la macchina dello stato".


VELTRONI, COSTITUIREMO UN GOVERNO DELL'OPPOSIZIONE

ROMA - ''Costituiremo un governo dell'opposizione, un governo ombra che avra' un numero di ministri coincidente con quelli che andra' formando il Pdl''. Lo annuncia in conferenza stampa Walter Veltroni sostenendo che questo ''fa parte dello sforzo di europeizzazione della dialettica fra maggioranza e opposizione''.


''Partiamo da qui per una nuova stagione di espansione elettorale per andare piu' avanti e piu' nel profondo della societa' italiana'', ha aggiunto analizzando il voto alle elezioni politiche. ''Vedendo i dati del Senato - ha affermato Veltroni- abbiamo preso da +6 a +10% nella grandi citta', dobbiamo penetrare in profondita' nella societa' italiana''.

Secondo Veltroni, nella sconfitta di tutte le forze dell'ex Centrosinistra ''ha pesato il giudizio verso il Governo''. In ogni caso, ha sottolineato, ''il dato elettorale e' inequivocabile, con una forte affermazione del Pdl'', sottolineando il ''massiccio spostamento'' di voti della coalizione vincente verso la Lega con il Pdl che ha perso 804 mila voti rispetto al 2006. Infine ha definito un ''errore e un limite'' dovuti alla legge elettorale il fatto che la Sinistra Arcobaleno non abbia ''garantito il diritto di tribuna in Parlamento''.


VELTRONI, DA BERLUSCONI NON UN BUON INIZIO

ROMA- ''Sono rimasto molto negativamente colpito dalle dichiarazioni di Silvio Berlusconi, affermazioni che non fanno vedere un buon
inizio''. Lo afferma il leader del Pd Walter Veltroni che critica ''un certo tono verso le altre forze politiche e annunci che rivelano una certa idea di autosufficienza''. ''C'e' anche all'orizzonte - afferma Veltroni- la nomina di un commissario europeo e vorrei sapere se vale la logica dello spoil system che non valse quando tocco' a noi nominare il commissario europeo''. Veltroni vede ''un avvio non ispirato allo spirito che ieri sera abbiamo rilanciato cioe' di dialogo e che anche oggi ribadiamo perche' e' necessario affrontare da subito in parlamento il tema delle riforme per la riduzione del numero dei parlamentari, il superamento del bicameralismo, e la riforma della legge elettorale''.


BUSH A BERLUSCONI, PRONTI A LAVORARE INSIEME
WASHINGTON - Il presidente americano George W.Bush ha chiamato Silvio Berlusconi per congrutalarsi per la vittoria alle elezioni, e gli ha fatto sapere di essere ''pronto a lavorare di nuovo con lui''. Lo ha detto la portavoce della Casa Bianca, Dana Perino.

La portavoce presidenziale Dana Perino ha detto oggi, nel briefing del mattino per i giornalisti della Casa Bianca, che il presidente
Bush'si e' congratulato con Silvio Berlusconi per la sua vittoria nelle elezioni italiane''. ''Il presidente Bushe' pronto a lavorare di nuovo con lui'', ha aggiunto la portavoce, marcando la parola 'again' (di nuovo). E' questa la prima dichiarazione della Casa Bianca sul risultato elettorale italiano. Il Dipartimento di Stato si era invece gia' espresso ieri sottolineando il rapporto di ''grande amicizia'' tra Italia e Stati Uniti.


 VINCONO PDL E LEGA, CROLLA SINISTRA ARCOBALENO

 Berlusconi ha vinto, anche grazie al grande successo della Lega al Nord. Alla Camera, Pdl, Lega e Mpa ottengono insieme il 46,7% (con la Lega oltre l'8%) contro il 37,6% di Pd e Italia dei valori. Al Senato, dove si temeva il pareggio, Berlusconi dovrebbe avere circa 30 seggi di maggioranza (mancano poche sezioni, ma i definitivi non ci sono ancora).

   Tra i 'piccoli' entra in Parlamento solo l'Udc di Casini, con il 5,6%. Tutti gli altri restano lontanissimi dal quorum (4% alla Camera, 8 al Senato). La Sinistra arcobaleno di Bertinotti supera di poco il 3%, la Destra di Santanchè e Storace è sotto il 2,5, i socialisti di Boselli sotto l'1. Bertinotti e Boselli hanno annunciato la loro uscita di scena. Il Pd fallisce anche il 'premio di consolazione' di partito di maggioranza relativa, sperato dopo i primi exit-poll (ancora una volta lontanissimi dal risultato finale). Il partito di Veltroni si ferma infatti al 33,2 mentre il Pdl è al 37,3. Buono il risultato dell'Italia dei valori di Di Pietro (4,4%). L'impressione è che il Pd sia riuscito a pescare voti più nel serbatoio della sinistra radicale che in quello del centro. Quando i risultati sono apparsi netti, Veltroni ha chiamato Berlusconi per dargli atto della sua vittoria. Oltre alla sinistra e alla destra radicale dei vari Bertinotti, Pecoraro Scanio e Storace, resta fuori dal Parlamento anche Ciriaco De Mita, candidato al Senato per l'Udc in Campania.

 ''Sono commosso per il risultato elettorale'', ha detto Berlusconi, che ha annunciato di voler governare per cinque anni e parlato di bicamerale per le riforme. Per la formazione del governo, il leader del Pdl ha detto che nella squadra di dodici ministri ci saranno ''almeno quattro donne''. Due dei ministri, ha precisato, saranno della Lega; Gianni Letta dovrebbe essere uno dei due vicepresidenti del consiglio. Per Fini, Berlusconi pensa alla presidenza della Camera, mentre il ministro degli Esteri sarà Franco Frattini. Il primo Consiglio dei ministri - ha dichiarato Berlusconi - sarà a Napoli per dimostrare come il governo ritenga l'emergenza rifiuti un fatto nazionale. Umberto Bossi rilancia subito il federalismo fiscale. In Sicilia si profila la netta vittoria di Raffaele Lombardo. Per gli altri risultati delle amministrative (il più atteso è quello del Comune di Roma) bisogna aspettare le 15, quando riprenderanno gli scrutini.

 
da ansa.it


Titolo: Ora il berlusconismo entra nella terza fase
Inserito da: Admin - Aprile 16, 2008, 06:11:25 pm
Votato in tutta Italia e in tutte le classi sociali

Il Pdl come la Dc: forte in tutt’Italia

Ora il berlusconismo entra nella terza fase


Se al seggio numero 803 di Quarto Oggiaro, periferia storica di Milano, il Popolo della Libertà sfiora il 37 per cento, che è più o meno quanto si registra in via Spiga o a Brera, se tra il centro storico e le altre zone del capoluogo lombardo non si avvertono differenze sostanziali e gli stessi numeri si ripetono qua e là in Emilia come in Puglia, allora significa che non è tanto questione di singoli exploit tipo Campania. Quella cosa in apparenza sfuggente che si chiama «berlusconismo» si consolida e si fa omogenea in tutto il Paese, dalla madrepatria meneghina al Sud, fino a evocare ciò che sembrava inevocabile: «La riflessione vera è che qui c’è un partito davvero nazionale che in tutti gli strati sociali prende gli stessi voti della Dc», considera soddisfatto Maurizio Lupi, responsabile del coordinamento territoriale di Forza Italia. «A Milano città siamo sul 38 per cento, nella rossa Emilia arriviamo al 40 in provincia di Parma, un punto meno del Pd, e in una realtà innovativa come la Puglia raggiungiamo, senza la Lega, punte del 47. Là ho incontrato imprenditori, agricoltori... ».

Il radicamento
Domenico Mennitti, oggi sindaco di Brindisi, fu il primo coordinatore di Forza Italia nel 1994. «All’epoca nel partito c’era inevitabilmente un po’ di improvvisazione. La classe dirigente ce la dovevamo inventare di giorno in giorno, contattando avvocati o altri liberi professionisti che fino ad allora di politica non si erano mai occupati». Adesso non è più così: «No, la classe politica non viene più inventata ma reperita sul territorio, contattando chi ha già una certa esperienza ». Torna lo stesso riferimento: «È un radicamento che ricorda un po’ la vecchia Dc e dà i suoi risultati, specie fuori dai grandi centri». Vedi Mesagne, paesone di 30 mila abitanti proprio in provincia di Brindisi. Forse Mennitti esagera un po’ quando la paragona alla Bologna di Guazzaloca o a Terni strappata alla sinistra con Ciaurro: «Ma lì Pdl e Pd sono alla pari. Una volta i comunisti sfioravano il 70 per cento. Senza questo radicamento non sarebbe stato possibile».

Il leader
Ma c’è ben di più. C’è, ancora una volta, l’effetto Berlusconi: «Il radicamento riguarda più la Lega, che lavora per così dire sotto la linea, nei mercati, le fabbriche», considera Stefano Draghi, docente di metodologia delle Scienze Sociali e «mago dei numeri» del Pd. «Il Pdl lavora sopra la linea, nei media, nelle tv, in quel tipo di "cultura" popolare che non è Emilio Fede ma sono i rotocalchi, le trasmissioni». Le classi sociali saltano: «I Falck e i Pirelli non ci sono più e in una popolazione culturalmente fragile, con forte sproporzione tra benessere economico e livello di istruzione, vent’anni di quel messaggio non potevano non lasciare traccia dappertutto». Il professorMarzio Barbagli, della facoltà di Statistica a Bologna, considera che «le classi, nella politica italiana, contavano poco anche negli anni Sessanta. Semmai Berlusconi è riuscito ad interpretare la situazione meglio degli altri e ha saputo rischiare liberandosi dell’Udc ». Resta l’analisi di Giuseppe De Rita, presidente del Censis: «Viviamo in una società molto individuale e l’individualismo si riconosce in una persona. Berlusconi è l’unico personaggio capace di unificare milioni di individualisti, schegge e ritagli di uomini. Ha un vantaggio: è durato. Ha avuto processi, articoli, l’Economist che lo sfotte un giorno sì e l’altro no, è risorto un paio di volte dalle ceneri. E questa è una cosa che in Italia farebbe votare pu re i santi e i morti: siamo un Paese che ha paura della sconfitta e per questo non può che ammirarlo». Quanto al ruolo decisivo del leader, «Berlusconi — osserva Emilio Fede—sapeva che c’era un grande numero di indecisi e ha preferito evitare gli spot con George Clooney a favore della politica del predellino: una campagna fatta nelle piazze, come nel giorno in cui ha annunciato la nascita del nuovo partito, a parlare di Malpensa e di tasse. Le cose che stanno a cuore agli italiani». Nelle Regioni che venivano date in bilico, in effetti, il Pdl ha guadagnato punti: così è successo nel Lazio, in Sardegna, in Abruzzo, e anche in Liguria dove pure il Pd resta il primo partito.

Le Regioni rosse
La campagna elettorale di Berlusconi è stata meno scoppiettante che in passato, non solo perché sapeva di essere in vantaggio. «Ha volutamente smesso i panni dell’anticomunista — sostiene Gianni Baget Bozzo — anche per puntare a quegli elettori di centro tentati dal Partito democratico. E questo atteggiamento ha funzionato anche nelle Regioni in cui la sinistra è storicamente più forte». Il Popolo della libertà, in effetti, avanza in tutte le Regioni rosse: considerando il Senato guadagna terreno in Emilia Romagna, in Umbria, nelle Marche, in Liguria. Fino al risultato storico della Toscana: su 56 seggi a disposizione tra Camera e Senato ne conquista 23, quasi la metà. Un record.

L’efficienza
Denis Verdini, uomo dei numeri per Forza Italia, un quadro già se l’è fatto. Il confronto è tra le percentuali raggiunte dal Pdl e la somma di quanto avevano ottenuto Forza Italia ed An nel 2006, quando a vincere per un soffio fu Romano Prodi. Nelle grandi Regioni del Nord, in realtà, il Pdl è in leggera flessione rispetto al patrimonio elettorale dei due partiti d’origine: scende in Piemonte, Veneto, Lombardia e Friuli Venezia Giulia. Ma i voti persi restano in famiglia, queste sono le Regioni del boom della Lega. Invece dalla Liguria in giù, dove il potere locale è tutto in mano al centrosinistra, il Pdl conquista voti rispetto a due anni fa. Anzi, più si scende a Sud, più marcato è l’aumento: «È il segnale—spiega Verdini— che Berlusconi non è più visto come il nemico dei comunisti ma come il nemico delle amministrazioni locali inefficienti. Ed è proprio su questo che ha giocato la sua campagna elettorale. Basta vedere quello che è successo in Campania ». In Campania, in effetti, il Pdl fa un salto enorme rispetto a due anni fa: al Senato passa dal 40 al 48,7 per cento, circa 200 mila voti in più. Ma è in Calabria — altra Regione dove la giunta ha passato più di un guaio — che il salto in avanti fa davvero impressione: dal 31,7 al 42,1, più di 10 punti.

Lorenzo Salvia Gian Guido Vecchi
16 aprile 2008

da corriere.it


Titolo: L'incontro ad Arcore sulla formazione della squadra di governo
Inserito da: Admin - Aprile 21, 2008, 01:58:06 am
POLITICA

L'incontro ad Arcore sulla formazione della squadra di governo

Calderoli: "Esecutivo che nasce dal programma, non con la spartizione di poltrone"

Governo, accordo Berlusconi-Lega

"Riforme a Bossi, Interni a Maroni"

Si vanno definendo anche le altre attribuzioni di ministeri

Frattini agli Esteri, alla Giustizia Giulia Bongiorno o Alfredo Mantovano

 
ROMA - "E' andata come doveva andare. Io alle Riforme, Maroni all'Interno e Calderoli vicepremier". Umberto Bossi in segno di vittoria leva al cielo lo stesso pugno che alzò all'arrivo dei risultati del voto. Non nasconde la soddisfazione mentre sintetizza l'esito dell'incontro ad Arcore con Silvio Berlusconi, Giulio Tremonti e Sandro Bondi, Roberto Maroni e Roberto Calderoli. Lui bissa con le Riforme, Calderoli porta a casa la vicepresidenza del Consiglio. Luca Zaia, già vicepresidente leghista del Veneto, va alle Politiche agricole.

Il clima è cambiato ("sereno", dice Calderoli ai cronisti) e stavolta il Senatur non torna "in Insubria", come disse indignato al termine del vertice di maggioranza della scorsa settimana. "E' una squadra di governo - precisa Calderoli - che nasce sulla base di un programma, non sulla spartizione di poltrone. Le persone giuste al posto giusto indipendentemente dalla provenienza". Intanto da Arcore escono anche, a grandi linee, le attribuzioni degli altri incarichi.

Bossi soddisfatto. "Se le cose sono così, sono soddisfatto. Io vado alle Riforme". Proprio il possibile bis di Bossi al dicastero era stato motivo di tensione fra il leader del Carroccio e Berlusconi una settimana prima delle elezioni. All'epoca, il Cavaliere aveva smentito l'ipotesi di un'eventuale riconferma dell'alleato perché "le sue condizioni di salute sono quelle che sono". Il Senatur aveva replicato "sto benissimo, e fare il ministro è il mio ultimo pensiero", smussando quanto affermato il giorno prima, quando aveva detto di avere, a proposito di riforme, "molte buone idee che sarebbe bene realizzare". "Riforme, sicurezza, difesa dell'agricoltura - spiega adesso, al termine del vertice - sono i punti su cui la gente ci ha detto i voti e noi dobbiamo dare risposte".

Calderoli e il "peso" della Lega. La Lega "pesa rispetto a quello che ha chiesto, ovvero federalismo, riforme e sicurezza, una priorità sentita da tutti i cittadini". Così Calderoli risponde a chi gli chiede quanta parte avrà il Carroccio nel nuovo esecutivo. Berlusconi, aggiunge, è disponibile a dare risposte a tutti questi temi prioritari". Quanto ai tempi per la formazione del nuovo governo, "sono quelli dettati dal passato governo, cioè il 29 aprile per l'insediamento delle Camere".

Il resto della squadra. Da Arcore esce anche, a grandi linee, il quadro degli altri incarichi istituzionali. E se all'indomani del voto Raffaele Lombardo aveva assicurato che "ci sarà un ministro siciliano", almeno per ora nessun esponente del Mpa compare fra i papabili. Agli Esteri, come più volte anticipato da Berlusconi, andrebbe Franco Frattini, mentre l'altro vicepremier oltre a Calderoli sarebbe Gianni Letta. Alla Giustizia la partita si gioca fra Alfredo Mantovano e Giulia Bongiorno, mentre a Ignazio La Russa andrebbe la Difesa. Giulio Tremonti all'Economia ("è obbligato", aveva detto il Cavaliere), Claudio Scajola alle Attività produttive. Gianni Alemanno, in attesa del risultato del ballottaggio per il Campidoglio, è in lizza per il Welfare-Salute. A Michela Vittoria Brambilla spetterebbe l'Ambiente, ad Altero Matteoli le Infrastrutture e i trasporti. Sandro Bondi diventerebbe ministro dell'Istruzione, università e ricerca, e Paolo Bonaiuti dei Beni Culturali.

Ministri senza portafoglio. Quanto ai ministeri senza portafoglio, oltre a Bossi alle Riforme, si fanno i nomi di Stefania Prestigiacomo alle Pari opportunità, di Elio Vito ai Rapporti con il Parlamento, di Lucio Stanca all'Innovazione tecnologica, di Adriana Poli Bortone alle Politiche comunitarie e di Mariastella Gelmini agli Affari regionali.

Il nodo Pirellone. Il vertice di Arcore non è quello decisivo ma solo la vigilia di un altro incontro, lunedì, che vedrà al centro la questione della Regione Lombardia. Con la Lega che sponsorizza con forza l'approdo a Roma dell'attuale presidente, Roberto Formigoni, magari alla presidenza del Senato. In questo modo, potrebbe conquistare il Pirellone nelle elezioni che, nel caso in cui Formigoni dovesse lasciare la Regione, si terrebbero ad ottobre. La Lega ha già indicato nell'ex ministro Roberto Castelli il proprio candidato alla successione.

(20 aprile 2008)

da repubblica.it


Titolo: Lo strafatto...straparla. Ma vattene al mare!
Inserito da: Admin - Giugno 29, 2008, 11:53:59 am
Sotto pressione- «L'unico senza tempo libero, non ne posso più»

Berlusconi: vorrei tanto godermi barche e case come fa la mia famiglia

Ma a Gheddafi: qual è il segreto per restare leader a lungo?

Con il leader libico scherza sui figli legittimi e illegittimi: «In questo campo non posso batterti...»


ROMA — «Voglio vedere Tokyo, non sono mai stato in Giappone, si parte prima per il G8!». Mentre i giudici e le intercettazioni lo restituiscono al suo passato Berlusconi si concede pensieri esotici. Servono a esorcizzare il presente, smaltire rabbia e delusione: «E pensare che ho barche sulle quali non ha quasi mai messo piede, case che ho visto una volta sola, una famiglia che si gode la vita. Sono l'unico costretto a non avere tempo libero». Forse non fin in fondo, ma il Cavaliere ci aveva creduto. Era felice di un rapporto inedito con il Colle, costruttivo. Aveva la speranza che il dialogo con il Pd fosse l'inizio di una stagione nuova. Persino nelle piccole abitudini: «Non parlo più con i giornalisti, almeno per strada». Poi, più velocemente di quanto credesse, nel suo specchio è tornato l'imputato. Quell'immagine che risveglia dal sogno di un percorso in discesa, dalla speranza di poter agevolmente compiere una transizione, anche personale. Sentirsi amato, per il premier come per ogni politico, è un bisogno. Sotto la tenda di Gheddafi, due giorni fa, ne ha tradito la voglia. Semplificando.

Dimenticando deficit di democrazia, come anche dinanzi a Mubarak. Eppure cercando qualcosa che ancora gli sfugge: «Ma come si fa a restare leader per tanto tempo, avete un segreto?». Ovvio che una risposta sincera non sarebbe esportabile, ma è la domanda che descrive lo stato d'animo. Così come la gara immaginaria, ancora con il Colonnello libico, sulla prolificità. L'autore del libretto Verde ha qualche decina di figli legittimi; non meno, sembra, illegittimi. Berlusconi ha sorriso e riconosciuto la superiorità: «In questo campo non posso batterti... ». Come se invece volesse, perché l'esempio è metafora di un potere che si dispiega senza ostacoli, che non ha impedimenti. Il Cavaliere credeva di non dover fare più gare: con gli alleati, come con i giudici. Anche perché chi si sacrifica per il Paese, cosa di cui è convinto, «dovrebbe essere ringraziato, non ancora perseguitato».

E invece nessuna riconoscenza: «Dal Pd nessuna solidarietà per la pubblicazione delle intercettazioni ». E la delusione ingenera sentimenti altalenanti, pensieri ricorrenti e non inediti, come quello, tutto ideale, della fuga. Lo ha detto ai commercianti, durante lo sfogo dell'altro giorno: «Potrei godermi i soldi che ho meritatamente guadagnato...». Lo dice agli amici: «Non ne posso più». Le cronache di questi giorni hanno offerto un'immagine non molto distante da quella privata. A Bruxelles come a Roma il capo del governo ha parlato senza rete, sfogandosi. Nella capitale belga concludendo con un «lo avete voluto voi...», diretto ai cronisti. A Roma, alla Confesercenti, replicando ai fischi con un «mi avete invitato voi...». In entrambi i casi parla chi si sente scomodato, che avrebbe «molto di meglio da fare» che governare in queste condizioni, dovendo preparare udienze, difendersi dalle nuove accuse, preoccuparsi delle conseguenze di una possibile condanna. E nel «meglio da fare», oltre al governare rispondendo solo al mandato degli elettori, c'è anche un'alternativa: per esempio tornare a sognare i Tropici, le vele del Perini di 50 metri che ha acquistato da Murdoch e che finora non si è goduto come avrebbe potuto. Nel frattempo, proprio in questi giorni, la figlia Marina è alle Bermuda, la moglie Veronica è anch'essa in vacanza, il figlio Piersilvio è a Portofino.

A chi lo andava a trovare, ad Antigua, a gennaio, il Cavaliere offriva un incubo personale: «Ma si rende conto che devo tornare a Roma, a Palazzo Grazioli, dove non c'è mai luce ». Quattro giorni fa, nel suo studio di Palazzo Grazioli, Berlusconi, letteralmente, urlava. Così forte che chi stava dall'altra parte della linea, a Palazzo Chigi, si è spaventato. E anche preoccupato: «Mai sentito prima così». Motivo? Una dichiarazione di Veltroni rimasta senza replica, per troppo tempo. Forse come il tempo che al Cavaliere sembra sfuggire: sia per godersi la vita come potrebbe, sia per governare un Paese «che purtroppo non ha, non ancora, alternative al sottoscritto ». Anche, sembra, per i più piccoli dettagli: ieri pomeriggio, mini-tour alla Maddalena, si prepara il prossimo G8: «Mi raccomando, a terra mettete granito, pietra sarda, non parquet».

Marco Galluzzo
29 giugno 2008

da corriere.it


Titolo: Berlusconi, via alle tre riforme ... (il pericoloso bugiardo...ndr).
Inserito da: Admin - Luglio 25, 2008, 11:17:33 pm
Berlusconi, via alle tre riforme

«Facciamo una politica di sinistra»

Il premier: «In autunno federalismo fiscale, giustizia e legge elettorale per le Europee».

Il Pd: «Solite bugie»

 
 
ROMA - Il dialogo con il Pd? «Era solo cortina fumogena» dell'opposizione, che ha invece dimostrato «sudditanza» nei confronti delle procure. Silvio Berlusconi, durante la conferenza stampa a Palazzo Chigi al termine del Consiglio dei ministri, non risparmia una stoccata al Partito democratico. Ma quello che gli preme, sottolinea più volte, è il fatto che il governo a suo avviso «sta mantenendo tutte le promesse fatte con gli elettori». «E lo stiamo facendo - aggiunge il premier - senza alcun supporto da parte dell'opposizione. Anzi, quel dialogo che era stato annunciato con tanta retorica, si è dimostrato per quello che è: una cortina fumogena. L'opposizione ha dimostrato sudditanza nei confronti delle procure».

RIFORME - «Noi stiamo cercando di dare soluzioni corrette alle molte questioni irrisolte che abbiamo ereditato - prosegue Berlusconi - e sono felice che ci stiamo riuscendo. Dall'8 maggio al 18 luglio abbiamo varato 41 provvedimenti: 16 ddl, 10 dl, 15 decreti legislativi. E il Parlamento ne ha approvati 15. E dei provvedimenti vorrei sottolineare più la qualità che il numero». Il presidente del Consiglio delina anche l'agenda dei lavori dopo l'estate: «In autunno le tre grandi riforme, federalismo fiscale, giustizia e legge elettorale per le Europee, andranno avanti in parallelo».

POLITICA DI SINISTRA- «Noi vogliamo una economia sociale di mercato - dice Berlusconi - Una democrazia non può permettersi cittadini in condizioni di miseria. Con il libro sul welfare approfondiamo i bisogni delle famiglie più deboli. È una politica decisamente di sinistra. Questo Governo che è di centro, liberale, con cattolici e riformisti, intende procedere con una politica che la sinistra promette solo a parole».

TAGLIA-LEGGI - Berlusconi annuncia, tra le altre cose, gli obiettivi del governo sulla semplificazione normativa: «Diminuiranno le spese per lo Stato. Contiamo di tagliare da qui al 2012 circa 75 miliardi di euro». «Entro la fine dell'anno - spiega - dovrebbe essere abrogato il 37% delle leggi, su un totale di circa 21.700, ritenute inattuali o obsolete».

ALITALIAE RIFIUTI - Capitolo Alitalia. Il premier assicura che ci sta lavorando. «Oggi pomeriggio ho una riunione con Tremonti ed altri. Abbiamo i capitali necessari». E c'è anche lo slogan: «Amo l'Italia, volo Alitalia». Sull'emergenza rifiuti: «In Campania siamo usciti dalla fase acuta dell'immondizia nelle strade - sottolinea Berlusconi - Lancerò una campagna per rendere Napoli la città più ordinata e pulita d'Italia. A Singapore chi buttava la carta per terra veniva fustigato con sette frustate, mi dispiace ma non posso arrivare a tanto... Qualcosa però faremo».

PD - Tra le prime reazioni alle parole di Berlusconi c'è quella di Anna Finocchiaro. «Ma quale politica di sinistra e dialogo! - esclama il presidente dei senatori del Pd - Il lodo Alfano e l'aumento delle tasse, ecco la politica di Berlusconi. Non so più se sia stupefacente o stucchevole ascoltare le conferenze stampa del Presidente del Consiglio. Anche oggi - dice la Finocchiaro - ha inanellato una serie di bugie, di frasi di propaganda e di attacchi che davvero non sono più sopportabili per gli italiani». «Siamo ormai al catalogo di mozartiana memoria dei luoghi comuni berlusconiani: le procure politicizzate, la sinistra suddita dei giudici, le promesse mantenute, i risparmi megagalattici del governo, le favole su Alitalia. L' ennesimo elenco delle solite bugie».

IDV - Per il capogruppo dell'Idv alla Camera, Massimo Donadi, «Berlusconi continua a mistificare la realtà. Di quali obiettivi raggiunti parla? A calare non sono le tasse, ma i soldi per la sanità, la scuola, la sicurezza dei cittadini. Il tutto mentre si tagliano gli stipendi della pubblica amministrazione». «Berlusconi - prosegue Donadi - sta continuando a perseguire i suoi interessi in fatto di giustizia mentre la crisi economica e sociale del Paese è sempre più preoccupante. Servirebbe maggiore responsabilità da parte del governo: meno slogan e proclami, tra l'altro falsi, e più fatti».


25 luglio 2008

da corriere.it


Titolo: Silvio-Nicolas, è l'era dello Stato impresa
Inserito da: Admin - Settembre 24, 2008, 12:32:44 pm
Il saggio di Pierre Musso: «Non sono solo macchiette, ma fenomeni sociali»

Silvio-Nicolas, è l'era dello Stato impresa

Una nuova visione della società dietro al successo di Berlusconi e Sarkozy.

Due leader ossesionati dal nuovo



ROMA - Hanno la stessa idea dello Stato-impresa che ha cambiato il modo di fare politica. Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy sono alla guida dei rispettivi governi, ma sono accomunati soprattutto da quesll'aspetto che Pierre Musso, nel suo nuovo saggio in uscita in Italia il 25 settembre per Ponte alle Grazie, chiama «Sarkoberlusconismo».

LO STATO LIBERALE - Il neologismo che dà il titolo al libro di Musso, docente di Scienza dell'informazione e della comunicazione all'Università Rennes II e alla Sorbona di Parigi, non è un gioco di parole ma segna il passaggio dallo Stato provvidenza allo Stato liberale. Insomma per Musso «un nuovo spettro si aggira per l'Europa» e non va considerato con superficialità perchè è nato un nuovo modo di conquistare il potere e di guidare un Paese che ha visto l'avvento di Sarkozy in Francia e Berlusconi tornare di nuovo presidenza del Consiglio in Italia.


VISIONE COMUNE - Il premier italiano e quello francese, come spiega l'autore, sono entrambi nel Partito popolare europeo, sono atlantisti, liberisti e con il mito dell'«American way of life». Ma c'è di più. Hanno la stessa visione della riforma dello Stato: per entrambi il valore dell'impresa e del lavoro sono diventati la chiave di volta dell'intero edificio politico, con riferimenti frequenti all'etica e alla religione cattolica, al sacrificio e alla sofferenza al servizio del paese. Inoltre, fanno una critica della politica all'interno della politica e dello Stato all'interno dello Stato. Certo, Musso non nega che siano diverse le personalità, le istituzioni e le realtà dei Paesi ma, una cosa è certa, i due esponenti «esaltano il culto del lavoro» e si considerano entrambi uomini della «rottura». Il berlusconismo non è quindi quella macchietta a cui spesso è stato ridotto ma un fenomeno ampio e complesso, che si sta diffondendo in Europa e che va analizzato con maggior profondità.

OSSESSIONE PER IL NUOVO - Uscito in Francia lo scorso aprile il saggio di Musso, che con lucidità spiega anche le ragioni che hanno portato alla vittoria di Berlusconi e del suo gemello d'Oltralpe, ha fatto molto discutere. In quell'occasione Musso aveva proprio spiegato all'Ansa che la vittoria dei due premier era il successo di un «nuovo modello politico» che si vuole «neo» ad ogni costo. Da qui «l'ossessione di cancellare le tracce della vecchiaia in Berlusconi e quelle di immobilismo in Sarkozy»


23 settembre 2008

da corriere.it


Titolo: Berlusconi "promuove" Casini: vai a fare il Sindaco di Bologna...
Inserito da: Admin - Ottobre 27, 2008, 06:47:24 pm
Mpa: prove d'intesa col Pd. Bondi: Casini si candidi sindaco di Bologna per il Pdl


ROMA (26 ottobre) - Se, da un lato, c'è un sottosegretario meridionale che non si fida del federalismo targato Lega Nord, dall'altro il presidente della Regione Sicilia con i lumbard ha costruito un'alleanza ben più durevole di un'intesa elettorale. A Messina, dove si è conclusa la Festa del Movimento per l'autonomia, il suo leader Raffaele Lombardo, che è anche governatore della Sicilia, stringe un patto con Roberto Calderoli, spianando la strada alla riforma federalista, con la benedizione esplicita del presidente del Senato, Renato Schifani, siciliano anche lui. Il tutto con buona pace del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianfranco Miccichè, che ieri aveva provato a rompere l'idillio tra le due formazioni autonomiste e che oggi si è sentito rispondere dal ministro per la Semplificazione normativa con due stizzite parole: «Miccichè chi?». Un botta e risposta a distanza, a cui ha fatto da spettatore, oltre agli uomini dell'Mpa, anche l'ex presidente della Camera Luciano Violante, invitato a Messina con altri esponenti del Pd. Il rapporto tra Lombardo e il Partito democratico, infatti, è l'altra novità di questa convention del Mpa, dove il partito di Lombardo, nato solo tre anni fa, ha da portare avanti il progetto dei progetti, e cioè il ponte sullo Stretto.

Oggi l'abbraccio tra Calderoli e Lombardo non è sembrato di quelli spontanei, ma nei contenuti i due mostrano una sostanziale intesa, se si esclude la contrapposizione sulla legge elettorale per le europee e il non lusinghiero giudizio che il governatore siciliano dedica al sindaco di Milano, Letizia Moratti: «Stia zitta - dice nella sua relazione finale, quando l'ospite del Nord era già andato via - la sua famiglia ha portato a Siracusa una raffineria, utilizzando, forse, i soldi della Casmez, e ora parla male dei catanesi». La vicenda è quella legata ai 140 milioni che il Cipe ha concesso a Catania, mal digerita da Roberto Formigoni e dalla Moratti, «che ha avuto 1,4 miliardi - aggiunge Lombardo - per l'Expo 2015, soldi tolti al Sud».

Sulla legge elettorale per le europee, poi, la «solitudine» del leader meridionale è totale nel centrodestra, visto che Calderoli gli toglie subito ogni illusione: «Quando si fa parte di una coalizione bisogna accettare debiti e crediti». Ma Lombardo è convinto che la legge non si farà, basta che l'Udc non cambi idea e che il Pd sostenga «le nostre posizioni». Chiamato in causa sull'argomento, Violante non ha esitazioni: «Il voto di preferenza è indispensabile per dare rappresentatività alla democrazia». La platea lo applaude, quanto basta a far dire a qualcuno che con il Pd si può fare strada insieme, soprattutto dopo il gran rifiuto di Forza Italia, che ieri si è manifestato con la pesante assenza del Guardasigilli Angelino Alfano, irritato, secondo i bene informati, dall'adesione di un ex, Francesco Musotto, all'Mpa. Un passaggio inaugurato con un attacco frontale alla giunta comunale di Palermo, guidata da Diego Cammarata (Fi). «Palermo - aveva detto Musotto - ha sette volte i debiti di Catania, ma nessuno ne parla». Dichiarazioni «eccessive - dice Lombardo, che riporta alle parole del sanguigno Musotto la nascita della frattura - ed eccessive le reazioni da parte degli alleati». E a proposito di eccessi, anche l'ultimo (in ordine di programma) degli invitati di Forza Italia, il senatore Carlo Vizzini, oggi ha dato forfait. Come ieri aveva già fatto Angelino Alfano, ex coordinatore siciliano degli azzurri, ora Guardasigilli.

Bondi: Casini si candidi a Bologna come sindaco del centrodestra. Pier Ferdinando Casini candidato sindaco di Bologna per «tutto il centrodestra». La proposta viene dal ministro della Cultura, Sandro Bondi, il quale sostiene che per vincere a Bologna dopo Sergio Cofferati «il cosiddetto centrodestra» debba schierare «un leader nazionale», come accade per i sindaci di Milano, Venezia, Roma, Torino, Napoli. «Bologna non può fare eccezione, soprattutto dopo Cofferati - osserva Bondi - Se fossi nei panni del mio amico Pier Ferdinando Casini sceglierei di candidarmi a sindaco di Bologna, la sua città. Così Casini diventerebbe il candidato di tutto il centrodestra, ottenendo il risultato di superare la frattura consumata con il Pdl prime delle elezioni politiche di aprile. Sono convinto che una scelta di questo genere potrebbe rafforzare la leadership di Casini, con un successo ottenuto sul campo, restituendogli un ruolo politico reale, non quello derivante dalle capriole dialettiche che il leader dell'Udc è costretto a recitare sul palcoscenico romano fra la sponda di una sinistra in crisi e la difficoltà di riallacciare un rapporto con il Pdl. Non pretendo che Casini segua i miei consigli. Spero solo che ci pensi».

da ilmessaggero.it


Titolo: Legge truffa: i nuvoloni del Cavaliere
Inserito da: Admin - Ottobre 29, 2008, 11:00:33 pm
Legge truffa: i nuvoloni del Cavaliere

Pietro Spataro


Suffragio universale e diretto. Sono quattro paroline, chiare come l'acqua, che compaiono nella Costituzione, articolo 56. Vogliono dire: votano tutti i cittadini e scelgono chi eleggere. L’esercizio di questo diritto non è stato consentito, come si sa, alle ultime elezioni causa sbarramenti incrociati e preferenze negate. Ma quella che ad aprile sembrava un'eccezione si sta profilando come una regola. La legge elettorale per le europee preparata da Berlusconi e approdata in Parlamento in questi giorni ricalca infatti quello schema: pesante sbarramento al 5% e niente voto di preferenza. L'effetto è evidente: sancire l'esclusione dalla rappresentanza parlamentare di una fetta notevole della società italiana. Idee, passioni, uomini e donne: via, tagliati. A sinistra come a destra. Per di più in un voto, come quello europeo, che per sua natura dovrebbe garantire il pluralismo visto che non si tratta di scegliere né un governo né un premier. Ma non basta. Quella legge infatti impedisce al cittadino di indicare sulla scheda il suo deputato riconsegnando ai partiti il potere di decidere gli eletti e quindi di difendere la casta. E' sopportabile questo nuovo strappo democratico? Si può consentire a una destra arrembante di negare il libero esercizio di un diritto dopo aver ridotto il Parlamento a un votificio e aver quasi annullato le prerogative dell'opposizione?

Il Presidente Napolitano ieri ha usato poche frasi inequivocabili: cercare un ampio consenso in Parlamento quando si modificano le regole, garantire l'effettivo intervento del cittadino-elettore nella scelta dei rappresentanti, evitare di comprimere il pluralismo politico. Più chiaro di così. Ma la destra da un orecchio non ci sente bene. E le reazioni sono state piccate se non sprezzanti, com'è nello stile degli uomini di "casa Arcore".

Che cosa fare per impedire quello che D'Alema definisce un "atteggiamento antidemocratico"? C'è un solo modo: una dura e intransigente battaglia di opposizione in Parlamento e nelle piazze. Di tutte le opposizioni: di quelle rappresentate nelle Camere ma anche di quelle alle quali è stata sbattuta in faccia la porta delle istituzioni.

Walter Veltroni, dopo il successo popolare raccolto al Circo Massimo, ha la forza per poter lanciare e guidare una "alleanza per la democrazia" che rimetta insieme i pezzi sparsi dell'opposizione e risparmi all'Italia la ferita di una nuova legge truffa. Chissà che qualcuno nella maggioranza non si senta (i primi segnali già ci sono) di disubbidire agli ordini del capo. E che magari non ricominci un accenno di bella stagione per il centrosinistra e finalmente appaia qualche nuvolone sulla testa dell'inquilino di Palazzo Chigi.

Pubblicato il: 29.10.08
Modificato il: 29.10.08 alle ore 18.51   
© l'Unità.


Titolo: «Berlusconi? Non parla a mio nome»
Inserito da: Admin - Novembre 11, 2008, 04:35:36 pm
IN RETE

«Berlusconi? Non parla a mio nome»

Un sito raccoglie le foto degli italiani «indignati» per la battuta del premier su Obama: «Chiediamo scusa»

 
MILANO - Massimo da Verona e Francesco da New York hanno deciso di metterci la faccia. Così come Gerardo da Milano e Samuele da San Sebastian, Alessandro da Como e Marina da Roma. Sono solo alcuni degli italiani che hanno scelto di «chiedere scusa» agli americani, e non solo a loro, per la recente battuta di Berlusconi su Obama («è bello, giovane e abbronzato...»). Una frase che ha provocato polemiche politiche e che è rimbalzata anche oltreoceano (causando pure un battibecco tra il nostro premier e un reporter Usa).

NON IN MIO NOME - E così, tra le molte risposte spuntate qua e là in Rete negli ultimi giorni, è nato notspeakinginmyname.com, un sito che raccoglie le foto degli italiani «indignati» contro il presidente del Consiglio. Ciascuno si è fatto fotografare reggendo tra le mani un semplice foglio di carta con la scritta «I'm italian and prime minister Silvio Berlusconi is not speaking in my name» e poi ha spedito l'immagine in Rete, con tanto di firma.

Un'immaginee del sito "Sorry everybody"
SCUSE - «Questo sito - si legge sulla pagina che raccoglie le prime foto arrivate - è un raduno spontaneo di italiani che provano imbarazzo e indignazione per il fatto di essere rappresentati da Berlusconi e dal suo governo. Se non sei italiano e ti senti insultato dal nostro premier, ti preghiamo di accettare le nostre scuse». L'idea ricorda parecchio quella lanciata, quattro anni fa, da alcuni elettori americani: il sito si chiamava "Sorry Everybody" e, in quel caso, ci si scusava per la rielezione di George W. Bush.

SU FACEBOOK - Notspeakinginmyname.com non è, ovviamente, l'unica iniziativa del genere nata in Rete dopo la battuta di Berlusconi. Manco a dirlo, su Facebook è stato fondato quasi in tempo reale il gruppo "Siamo tutti... abbronzati! Contro le diversità e nella speranza che prima o poi ci sia un Obama anche in Italia". Gli iscritti, per adesso, sono quasi 800.


G. Ant.
10 novembre 2008

da corriere.it


Titolo: ALITALIA: BERLUSCONI, DA CAI PATRIOTTISMO MA REDDITIZIO
Inserito da: Admin - Dicembre 07, 2008, 12:31:24 am
2008-12-06 09:30

ALITALIA: BERLUSCONI, DA CAI PATRIOTTISMO MA REDDITIZIO


ROMA - Un atto di "patriottismo", ma anche un buon investimento, che avrà ricadute positive sull'occupazione. Silvio Berlusconi non lesina complimenti e ottimismo davanti ai soci della Compagnia aerea italiana (Cai), la società guidata da Roberto Colaninno nata per rilanciare Alitalia.

Nel corso della cena organizzata a villa Madama dal governo (presenti anche i ministri Claudio Scajola e Altero Matteoli) per ringraziare i partner della cordata, il premier ha pubblicamente ringraziato i presenti: "Siete dei patrioti", ha esordito il Cavaliere. Berlusconi è quindi tornato a perorare la causa del mantenimento del tricolore sulla coda degli aerei: "E' necessario avere una compagnia di bandiera perché un settore vitale per il nostro Paese è il turismo".

Ecco perché, ha aggiunto, "ho posto il problema del salvataggio di Alitalia ai miei colleghi imprenditori convinto di chiamarli a un gesto coraggioso e di amore verso l'Italia, ma anche di consentirgli l'ingresso in un settore in crescita".

Al di là della necessià di difendere gli interessi italiani,il premier ha insistito anche sulla bontà dell'investimento fatto dagli imprenditori. Un dato riconosciuto sia dal presidente di Cai, Roberto Colaninno, che dall'ad di Intesa SanPaolo, Corrado Passera. Proprio quest'ultimo ha parlato infatti, secondo quanto riferito di alcuni partecipanti alla cena, di una "forte determinazione per una operazione complessa ma anche profittevole, un buon business".

Per Berlusconi sarà proprio il settore del turismo, insieme a quello della sanità, l'unico a poter crescere in un periodo così difficile come quello attuale: "Alitalia andava assolutamente salvaguardata. Il turismo e la sanità- ha ancora sottolineato davanti ai suoi ospiti- sono dei settori che cresceranno in questa fase di crisi e non si potevano lasciare ai francesi le rotte del turismo".

Ecco perché "sono convinto che alla fine si tratterà di un buon investimento", ha quindi detto il premier ai vertici di Cai (presenti Colaninno e l'amministratore delegato Rocco Sabelli) e ai soci (fra i quali: Marco Tronchetti Provera, gli imprenditori-editori Angelucci, Corrado Passera e Enrico Salza per Intesa SanPaolo, Carlo Toto per Air One, e Salvatore Ligresti).

Anche per questa ragione, è opinione del Cavaliere che nel tempo l'investimento potrebbe addirittura aumentare (fino ad arrivare, nel corso dei cinque anni del piano industriale, a una cifra intorno ai 6 miliardi). Con effetti anche sul mercato occupazionale: "Il numero dei dipendenti assunto sono sicuro che in futuro salirà, così come l'indotto", ha tra l'altro detto. 

da ansa.it


Titolo: Berlusconi: "Nel Pd c'è questione morale" Franceschini: Non se lo può permettere
Inserito da: Admin - Dicembre 07, 2008, 12:33:30 am
Democratici sotto i riflettori per le inchieste giudiziarie, anche il presidente del Consiglio interviene sull'argomento.

Bobo Craxi: "Dovrebbero chiedere scusa a mio padre"

Berlusconi: "Nel Pd c'è questione morale"

Franceschini: "Non se lo può permettere"

 
ROMA - Prima lo scandalo in Abruzzo con l'arresto di Ottaviano Del Turco, ora le inchieste napoletane e fiorentine sui legami spericolati tra amministratori locali e affaristi. Nel partito democratico si accende la questione morale, che dilania il partito e lo fa finire sotto attacco dell'opposizione. E infatti, nel giorno in cui il sindaco del capoluogo toscano Leonardo Domenici si incatena per protesta davanti alla sede del gruppo l'Espresso, sul tema interviene anche Sivio Berlusconi: "La questione morale? E' innegabile che ci sia, c'è assolutamente nel Pd", manda a dire il premier in trasferta a Pescara, per sostenere il candidato Pdl alla presidenza della regione Gianni Chiodi.

E poi, sull'eventualità di una nuova Tangentopoli: "Non amo questo nome, non lo amo proprio e spero non sarà così. Certamente la sinistra italiana sbagliava quando pretendeva di avere l'esclusiva dell'etica. Non ce l'ha e non l'ha mai avuta". Infine, un commento sulla protesta di Domenici: "Cosa volete che vi dica, allora io chissà per quanto tempo mi sarei dovuto incatenare. Avrei dovuto farlo tutti i giorni".

A Berlusconi replica a stretto giro il numero due dei democratici, Dario Franceschini: ''Berlusconi che parla di questione morale al Pd? E' l'ultimo uomo al mondo che può permettersi di farlo. Provi a ripetere la stessa frase davanti allo specchio e vedrà che non ci riuscirà neppure lui per la vergogna''.

Ma non è solo il presidente del Consiglio ad affrontare l'argomento. A parlare, ad esempio, è anche il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini: "La questione morale esiste - afferma - ma la crisi della politica è spesso legata agli errori della politica. Non dobbiamo ripercorrere le strade del passato, evitando gli sbagli già fatti. Il riferimento, è ovviamente, a Tangentopoli. Di cui parla pure Bobo Craxi: "La questione morale che sta emergendo nel Pd attacca - sul piano politico è assai più grave di quella che colpì a suo tempo il Psi - dovrebbero chiedere scusa a mio padre".

Ma è dal centrodestra che arrivano le critiche più dure. Secondo il capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, in quello che sta accadendo tra i democratici "c'è una oggettiva 'vendetta della storia' rispetto a ciò che il Pds fece nei confronti del Psi e della Dc, nel biennio '92-'94, e, successivamente, i Ds nei confronti di Berlusconi. Ci auguriamo che nel Pd prenda corpo una consapevolezza garantista, per una convergenza su un'organica riforma delle giustizia". Ancora più duro il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri: "Quella del Pd è una catastrofe politica e morale. Cacciano il senatore Villari dal partito ma poi si tengono gli indagati e non vogliono accettare l'evidenza della questione morale al loro interno".

E c'è anche chi critica da sinistra. Come Fabio Mussi: "C'è una catena di episodi in mezza Italia - dichiara - che fanno sì che il Pd risulti investito dalla questione morale. Chi avesse avuto occhi per vedere l'avrebbe visto già da tempo, senza aspettare la magistratura. Sono felice di non aver aderito a quel partito".

Infine, Antonio Di Pietro: "Che ci sia una questione morale è indubbio. E soltanto chi finora si è ostinato a metterla sotto il tappeto ne ha la responsabilità".

(6 dicembre 2008)
da repubblica.it


Titolo: ... Berlusconi si comporta come Caligola.
Inserito da: Admin - Febbraio 05, 2009, 10:26:59 am
POLITICA

Soru risponde all'offensiva del presidente del Consiglio

"Ma non siamo alla pari perché lui può dire le cose più terribili"

"Alla sua età si dovrebbe essere più saggi invece Berlusconi si comporta come Caligola"

di SEBASTIANO MESSINA

 
ROMA - Berlusconi contro Soru, Soru contro Berlusconi. E' un duello, certo, ma non è ad armi pari. Se il premier pesca a piene mani nell'audience delle sue tv per accusare l'avversario di essere "un fallito", il governatore della Sardegna gli risponde davanti a uno sparuto drappello di giornalisti. Ma anche lui ci va giù duro: "Mi fa una pena infinita, quest'uomo alle soglie della vecchiaia. Ormai mi ricorda Caligola, l'imperatore che nominò senatore il suo cavallo".

Ha sentito, presidente? Berlusconi dice che lui, al suo posto, non si sarebbe mai ripresentato...
"Ma cosa si può rispondere a un presidente del Consiglio che si è ricandidato alle elezioni dopo essere stato amnistiato, dopo aver cancellato con una legge il reato di cui era accusato, dopo essere uscito da un processo solo grazie alla prescrizione?".

Però lui l'ha bollata in tv come "un fallito": Soru, ha detto, come imprenditore ha accumulato 3,3 miliardi di perdite, ha licenziato 250 persone e ha fatto crollare il valore delle azioni della sua azienda, Tiscali. A queste accuse vorrà rispondere, o no?
"Non sono accuse, sono falsità allo stato puro. Non so da dove li abbia presi, quei dati. Premesso che io non gestisco la società da cinque anni, da quando sono stato eletto, dico solo che Tiscali non li ha mai visti, 3,3 miliardi: come potrebbe averli perduti?".

Ma i 250 licenziamenti?
"Questa storia se l'è inventata Il Giornale: abbiamo chiesto inutilmente una rettifica, domani ci rivolgeremo al Tribunale per ottenerla. Ci sono stati 70 esodi volontari incentivati, punto. Non un solo licenziamento. E senza neanche un'ora di cassa integrazione. Ma la cosa che più mi indigna è un'altra".

E cioè?
"Che per denigrare me, proprietario oggi solo del 20 per cento di Tiscali, Berlusconi sta danneggiando una società che produce ricchezza e lavoro, sta danneggiando l'80 per cento dei suoi azionisti che non c'entrano nulla e soprattutto sta danneggiando i suoi lavoratori. In un momento di crisi che riguarda tutti, compresa Mediaset che in due anni ha perso più del 60 per cento del valore, il presidente del Consiglio crea panico e fa delle affermazioni su una società quotata in borsa che sono al limite dell'aggiotaggio. Ma tanto lui è un impunito".

Nel senso che ha l'impunità?
"Guardi, l'altro giorno sono andato in Procura a denunciarlo, e ho potuto toccare con mano in che repubblica stiamo vivendo. Il presidente del Consiglio può dire di ciascuno di noi le cose più terribili, ma noi siamo assolutamente nudi e indifesi perché lui è protetto dal lodo Alfano".

Ma perché ce l'ha tanto con lei? C'è stato uno scontro, un diverbio, una lite?
"No, le nostre vite non si sono mai incrociate. Io l'ho incontrato a Palazzo Chigi, per ragioni istituzionali, nei pochi minuti che mi ha dedicato. Non c'è nulla di personale, credo. Solo bulimia di potere: vuole conquistare la Sardegna. Ora sa che sta per perdere e dunque è disposto a fare qualunque cosa per evitarlo".

Che effetto le fa, accendere la tv e vedere il presidente del Consiglio che parla male di lei?
"Guardi, all'inizio mi sono un po' arrabbiato. Adesso ho un senso di pena per quest'uomo di 73 anni, ormai alle soglie della vecchiaia. Ci si aspetta che una persona a quell'età migliori, che diventi più matura e più saggia. E magari si spera nella "grazia di Stato", che la renda più adeguata al ruolo che ricopre. Purtroppo con Berlusconi tutto questo non è successo. Nemmeno in vecchiaia, nemmeno come presidente del Consiglio, quest'uomo riesce a essere serio. Lui vuole prevaricare su tutto e su tutti. Perciò mi ricorda Caligola".

Vuol dire che Cappellacci, il suo sfidante, è il cavallo che Berlusconi vuol fare senatore?
"Non voglio dire questo. Però è evidente che la campagna elettorale la sta facendo Berlusconi. Persino sulla scheda elettorale ci sarà il simbolo "Berlusconi presidente". Il suo messaggio è chiaro: l'unico che conta sono io, gli altri non contano nulla. E' una volontà di imperio che va al di là del bene e del male. Per fortuna la storia ha risolto questioni ben più difficili di questa. Alla fine il tempo di Caligola finisce. Dopo Caligola viene Traiano, e poi Adriano. I tempi migliori di Roma sono venuti dopo i tempi peggiori. La stessa cosa capiterà all'Italia, ne sono certo. E Berlusconi, certo, passerà alla storia: ma come Caligola".

La partita della Sardegna si chiude tra dieci giorni. Il 15 febbraio sapremo chi l'avrà vinta. Se vince Cappellacci, vince anche Berlusconi. Ma se lei riesce a farsi rieleggere, c'è chi dice che Veltroni dovrà cominciare a preoccuparsi, perché lei diventerebbe un vincitore un po' troppo ingombrante. E' così?
"Se Soru vince, Veltroni sarà felice. Perché sarà una vittoria mia, del centrosinistra e del Partito democratico. E infatti Veltroni sta lavorando, insieme a tutti gli altri, perché vinca io".

(5 febbraio 2009)
da repubblica.it


Titolo: Di Pietro, nuovo appello a Napolitano "Il premier sulle orme del nazismo"
Inserito da: Admin - Febbraio 05, 2009, 04:47:32 pm
L'attacco del leader Idv sul suo blog: umiliati Parlamento e Costituzione

"Berlusconi sta varando un poker di porcherie alla sudamericana"

Di Pietro, nuovo appello a Napolitano

"Il premier sulle orme del nazismo"


 ROMA - Continua il pressing sul Quirinale: Antonio Di Pietro scrive una lettera aperta sul suo blog al presidente della Repubblica e denunci che il governo starebbe per realizzare, dopo la serie di 'leggi ad personam', "un nuovo poker di porcherie alla sudamericana" con "mortificazione del Parlamento", a partire da "una vera e propria occupazione della Rai" da parte di un presidente del consiglio che già domina il sistema privato.

"Signor presidente - si legge - ci sia permesso segnalarle, nella sua qualità di garante della carta costituzionale, che, a nostro avviso, il governo Berlusconi sta per porre in essere un altro strappo alla Costituzione. Con un colpo solo si accinge ad un 'poker di porcherie' degno del peggior modello argentino: la nomina dei componenti del consiglio di amministrazione della Rai, la modifica dell'organo di autogoverno della Corte dei conti, la limitazione delle intercettazioni telefoniche, la modifica dei regolamenti parlamentari".

"Occupando la Rai - denuncia Di Pietro- i cittadini non potranno più sapere quel che accade nelle segrete stanze del potere e non potranno più esercitare alcun controllo democratico. Modificando i componenti della Corte dei conti che ha il compito specifico previsto dalla costituzione di controllare i conti della pubblica amministrazione - si mette anche tale organismo sotto il controllo dell'esecutivo che, quindi, potr falsificare a proprio piacimento i bilanci dello stato senza che nessuno possa impedirglielo. Limitando indiscriminatamente le intercettazioni telefoniche si impedisce alla magistratura di fare il proprio dovere e di contrastare efficacemente la criminalità organizzata. Stravolgendo i regolamenti parlamentari si impedisce all'opposizione di esercitare i suoi diritti costituzionali e si riduce il Parlamento ad un semplice zerbino dell'esecutivo".

"Quello che sta avvenendo nel nostro paese, ad opera dell'attuale governo - denuncia di pietro- sembra ricalcare più le orme del partito nazionalsocialista tedesco degli anni '30 che quelle di una democrazia fondata sul diritto".

(5 febbraio 2009)
da repubblica.it


Titolo: Nel decreto sicurezza approvati anche schedatura dei clochard e ronde padane
Inserito da: Admin - Febbraio 05, 2009, 04:49:00 pm
Con 154 sì, 135 no e un astenuto approvato l'emendamento della Lega

Il testo fissa da 80 a 200 euro la tassa per il permesso di soggiorno

Clandestini denunciati dai medici

Sì del Senato alla norma contestata

Nel decreto sicurezza approvati anche schedatura dei clochard e ronde padane

Il provvedimento passa ora all'esame della Camera


 ROMA - I medici potranno denunciare all'autorità giudiziarie gli immigrati clandestini. Le persone senza fissa dimora saranno schedate. La tassa per il permesso di soggiorno è fissata da 80 a 200 euro. Autorizzate inoltre le "ronde padane" ma non armate. Dopo che il governo ieri è stato battuto tre volte sulla stretta sui centri di permanenza e sui ricongiungimenti familiari, oggi il Senato è andato avanti rapidamente nelle votazioni degli ultimi dei 55 articoli e ha approvato il disegno di legge sulla sicurezza pubblica con 154 voti favorevoli, 114 contrari e nessun astenuto. Il provvedimento passa ora all'esame della Camera.

Carcere e tassa permesso di soggiorno. Il Senato ha cominciato con l'emendamento della Lega che cancella la norma per cui il medico non deve denunciare lo straniero che si rivolge a strutture sanitarie pubbliche. L'emendamento, passato con 156 sì, 132 no, un astenuto, oltre a dare la possibilità ai medici di denunciare i clandestini che si rivolgono per cure alle strutture sanitarie pubbliche, prevede il carcere fino a quattro anni per i clandestini che rimangono sul territorio nazionale nonostante l'espulsione e fissa da 80 a 200 euro la tassa per il permesso di soggiorno.

L'appello dell'opposizione. Prima che il Senato desse il via libera alla possibilità del medico di denunciare i clandestini, l'opposizione si è appellata al "buonsenso" per non introdurre una norma che "riduce il medico a fare il delatore", costringendo i clandestini a "non farsi curare per paura". Venendo così contro ai più elementari diritti umani che vengono prima di quelli della cittadinanza. In particolare, il senatore Daniele Bosone, ha detto che questa norma "straccia il codice deontologico dei medici" e si corre "il concreto rischio di incentivare una medicina parallela che gli illegali utilizzeranno per non essere denunciati se vanno in ospedale o da un medico". Secondo Bosone, peraltro, il rischio che "clandestini con malattie che portano dal loro paese non si faranno curare" con conseguenze per la stessa sanità pubblica.

Nasce il registro dei clochard. I clochard che vivono in Italia dovranno essere iscritti in un registro nazionale che verrà istituito presso il ministero dell'Interno. L'Aula di palazzo Madama ha approvato l'articolo 44 del ddl sicurezza che prevede la schedatura dei senza fissa dimora da avviare entro 180 giorni dall'entrata in vigore della legge.

Sì alle "ronde padane". Il Senato ha approvato l'articolo 46 del ddl sicurezza che istituzionalizza le cosiddette "ronde padane". Nella norma si prevede, infatti, che gli enti locali saranno "legittimati ad avvalersi della collaborazione di associazioni tra cittadini al fine di segnalare agli organi di polizia locale eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio ambientale". Ma, grazie a un emendamento del Pd, primo firmatario Felice Casson, le ronde non potranno girare armate e non potranno "cooperare nello svolgimento dell'attività di presidio del territorio" così come era stato previsto invece nel testo licenziato dalla commissione Giustizia del Senato.

Ok a norma contro apologia mafia sul web. Il Senato ha approvato nel ddl sicurezza l'emendamento proposto dal capogruppo Udc Gianpiero D'Alia, riformulato e quindi accolto dal governo, che vieta l'apologia o l'incitamento via Internet o telematica in genere dell'attività della criminalità organizzata, delle associazioni eversive, nonché di incitamento alla violenza sessuale, all'odio etnico, razziale e religioso. Fenomeni come quelli dei gruppi pro-Riina apparsi su Facebook, quindi, non saranno più ammessi.

Non più carcere per i writers. Alla fine la Lega la spunta e per i writers non si prevede più il carcere. Mentre le multe si riducono a meno della metà. L'Aula del Senato ha infatti approvato alcuni emendamenti del Carroccio che eliminano dal ddl del governo la previsione del carcere per chi imbratta i muri delle città. Si stabilisce anche che chiunque venda bombolette spray a minorenni con vernici non biodegradabili venga punito con una sanzione amministrativa fino a 1.000 euro. La nuova formulazione dell'articolo 7 del ddl, dunque, prevede che sia necessaria la querela di parte solo nel caso in cui vengano imbrattati "beni mobili"; per tutti i beni immobili e per i mezzi di trasporto pubblici o privati, si procederà d'ufficio. La multa per i writers va da 300 a mille euro; ma se il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico, la multa sale da 1.000 a 1.500 euro (nel testo licenziato dalla commissione era fino a 3.000).

Niente tasse arretrate su beni mafia sequestrati. Nel caso in cui lo Stato confischi beni, aziende o società alla criminalità organizzata si estingueranno i crediti erariali, cioè non si dovranno più pagare le tasse arretrate. L'Aula di palazzo Madama ha infatti approvato un emendamento al ddl sicurezza presentato dai relatori Carlo Vizzini e Filippo Bertelli.

(5 febbraio 2009)
da repubblica.it


Titolo: Il no del governatore a Berlusconi "Io l'ho vista, Englaro ha ragione"
Inserito da: Admin - Febbraio 09, 2009, 05:12:37 pm
IL RETROSCENA.

C'è stata una riunione ristretta con Matteoli, Brunetta, Sacconi e il premier

Gli è stato chiesto l'intervento della Regione per sospendere le procedure

Il no del governatore a Berlusconi "Io l'ho vista, Englaro ha ragione"

di PIERO COLAPRICO


UDINE - Silvio Berlusconi sa che sta camminando su un terreno minato e chi può l'avvisa.

Ieri, anche se sembra paradossale, è stato Renzo Tondo a provarci, a Mestre. C'è stata una riunione ristretta, con Altero Matteoli, uno dei colonnelli di An pronto a tradire Gianfranco Fini considerato ormai "troppo laico", i ministri ex socialisti Renato Brunetta e Maurizio Sacconi e, appunto, il premier e il governatore friulano. Erano tutti insieme all'inaugurazione del "Passante", opera quasi biblica, molto importante per il Nord Est, ma a margine hanno parlato di Eluana Englaro. A Tondo è stato chiesto di bloccare la clinica che ospita Eluana, ma, a sorpresa, Tondo ha spiegato: "Presidente, io l'ho vista dopo Natale, guarda che è messa molto male. Non sono vere le notizie che girano, ti fanno dire cose sbagliate. Al posto del padre, avrei fatto esattamente lo stesso".

Non è l'unico che, in questi giorni, ha fatto piovere su Silvio Berlusconi una versione corretta della situazione di Eluana, in stato vegetativo da diciassette anni e tre settimane, arrivata ormai al terzo giorno di zero nutrizione, sotto sedativi, ricoverata alla casa di cura "La quiete". Non sempre Berlusconi ci vuole credere: "Ma mi hanno detto che sta bene...". Eppure, avrebbe dovuto ascoltare quante volte è stato citato ieri dai fedeli davanti alla chiesa della Madonna delle Grazie: "Era qua a due passi, ma perché non è venuto a vedere? Il papà l'ha invitato e lui non viene...", protestava a voce alta una signora.

Lo schema "noi stiamo con la vita, gli altri con la morte" non regge sino in fondo e per questo sul premier c'è un doppio pressing. Da un lato chi gli ricorda le ragioni degli Englaro e la realtà di Eluana, dall'altra chi spinge perché si faccia "tutto il possibile". E ieri a Tondo è stato detto da Maurizio Sacconi di tentare l'intervento della Regione per sospendere il protocollo. Stesso suggerimento da parte di Brunetta, che teme la sconfitta, che si tramuterebbe nelle limitazioni del potere di un governo sempre più deciso a sconfinare, ad allargarsi, ad esautorare sempre un po' di più il parlamento "troppo lento".

Questa esigenza è arrivata sia al presidente del Senato Renato Schifani, sia al presidente della Camera Fini. Entrambi hanno assicurato che "si potrebbe arrivare alla legge anche martedì sera". Un uno-due di potenza impressionante.

Bisogna serrare i tempi e i ranghi, quindi "Inventatevi una cosa qualsiasi per sospendere la nutrizione. Dobbiamo agire o attraverso la Procura o attraverso la Regione" è stata la mission affidata soprattutto da Maurizio Sacconi a chi poteva. Per la Procura è dunque partito il rapporto dei Nas, per la Regione ci si è affidati a Wladimir Kosic, l'assessore Regionale alla Sanità. A proposito del suo attivismo in questi giorni, circola a Udine una battuta cinematografica: "Ho visto Kosic che voi umani non potete nemmeno immaginare". Ma Kosic, anche se aveva tutte le intenzioni e anche l'intima convinzione di "non far applicare il protocollo a Eluana", è rimasto impelagato nella stessa burocrazia sanitaria, mentre i rapporti tra lui e Tondo (che l'aveva voluto, sconsigliato dal resto del pdl) si sono guastati, forse per sempre.

Alla politica romana, soprattutto a quella parte che s'è impegnata in una lotta contro il tempo, importa poco degli strascichi locali: "Dobbiamo sbrigarci a fare qualche cosa. Quando si supera una certa soglia - ha spiegato Sacconi - ridare l'alimentazione accelera la morte", si ottiene cioè l'effetto contrario riattaccando il sacco della nutrizione al sondino. Berlusconi ormai s'è impegnato in questa battaglia, ma i suoi fedelissimi sanno che gli ronza in un angolo del cervello anche un altro nome: Ferruccio Fazio.

Ai più forse dirà poco, ma è un sottosegretario, un medico oncologo di prestigio internazionale, l'uomo che ha suggerito all'ospedale San Raffaele di Milano di acquistare una macchina costosissima per la radioterapia che riduce i tempi del "bombardamento" e aumenta le possibilità di "centrare" le cellule guaste. E, sotto Natale, in una cena di medici era arrivato a sorpresa il premier, dicendo: "Ecco il mio amico Fazio, il nuovo ministro della Salute". Perché erano queste le intenzioni di Berlusconi. Da un lato s'è accorto che mettere insieme Welfare, Salute e Lavoro e affidare tutto questo a Sacconi e all'attivismo di Eugenia Roccella è stato un po' eccessivo. Dall'altro, voleva spendere le competenze del medico dal brillante curriculum nel suo governo. Invece oggi si trova senza Fazio e con Eluana e con due rami del parlamento da far correre ventre a terra.

(9 febbraio 2009)
da repubblica.it


Titolo: A casa di Silvio e di Umberto... i nodi vengono al pettine!
Inserito da: Admin - Marzo 02, 2009, 06:45:00 pm
ECONOMIA     

La manifestazione degli allevatori davanti alla residenza di Silvio Berlusconi

Un altro gruppo in marcia a Gemonio sotto la casa di Umberto Bossi

Trattori in corteo ad Arcore la protesta per le quote latte

Il ministro Zaia: "Sul decreto diffuse informazioni sbagliate"

 
ARCORE (Milano) - Allevatori in marcia ad Arcore e Gemonio per protestare contro le quote latte. Dopo aver parcheggiato i loro trattori in un piazzale di fronte a un centro commerciale, circa tremila allevatori hanno organizzato un corteo per raggiungere a piedi villa San Martino, la residenza del presidente del consiglio Silvio Berlusconi. Un altro gruppo a bordo di una sessantina di trattori si è ritrovato nell'azienda agricola La Bergamina a Lozza e da lì si è mosso per Gemonio, sotto la casa del ministro delle Riforme, Umberto Bossi.

La manifestazione è stata organizzata per contestare il decreto del ministro delle Politiche agricole Luca Zaia e per chiedere di rivedere le scelte del governo in tema quote latte.

"Ho il massimo rispetto per chi sta protestando, quello che mi dispiace è che si diffondano informazioni sbagliate e bugie sul decreto" ha detto Zaia ai microfoni di Radio Padania libera, emittente vicina al Carroccio, precisando che nel provvedimento, domani in discussione al Sanato, non è prevista "alcuna sanatoria" e che "non si tratta di un decreto per pochi".

Il ministro delle Politiche agricole ha respinto quindi le accuse di quanti hanno sostenuto che il decreto costituisca "un favore ai furbi" e una discriminazione per chi, invece, ha sempre rispettato le regole. "Non è cosi - ha spiegato Zaia - avevamo due possibilità: o far fallire le aziende o dare la possibilità di pagare a rate la multa. Sbaglia chi vede in questo una sanatoria perché chi non paga una sola rata perde una quota".

E ancora, continua il ministro: "E' stato detto che questo decreto è per pochi amici: è un'altra bugia riprovevole. La ricaduta ufficiale sarà su 17.200 aziende". In ultimo, ha ribadito l'indipendenza del prezzo del latte: "Non mi si venga a dire che un decreto ne condiziona il prezzo".

Ad Arcore il corteo è stato aperto da un trattore degli anni Cinquanta. Gli allevatori hanno sfilato con le bandiere di Confagricoltura e della Cia, la Confederazione italiana agricoltori. Su un carro, anche un asino con la scritta Luca, ovvero il nome del ministro Zaia. Secondo la Cia, al concentramento di Villasanta si sono ritrovati circa 2000 trattori provenienti dalle province di Milano, Cremona, Mantova, Brescia, Bergamo, oltre a una trentina di autobus per un totale di circa 3000 persone in corteo verso la residenza del premier.

Tre le principali richieste di modifica al decreto, promosse dai manifestanti: la rinuncia preliminare al contenzioso da parte degli allevatori beneficiati dal decreto Zaia, la distribuzione delle nuove quote latte non solo ai cosiddetti "grandi splafonatori" e la creazione di un fondo di solidarietà per gli allevatori che in questi anni si sono indebitati per l'acquisto di nuove quote dal valore di almeno 500 milioni di euro.

(2 marzo 2009)
da repubblica.it


Titolo: Napolitano: "La crisi si aggrava" (SILVIO è UN BUGIARDO ndr)
Inserito da: Admin - Marzo 07, 2009, 10:06:51 pm
ECONOMIA     

Il presidente della Repubblica: "Non vedo segni di allentamento"

Il ministro delle Riforme: "Se non danno soldi alle aziende è inutile dar loro risorse"

Napolitano: "La crisi si aggrava"

Da Bossi attacco alle banche

Tremonti: "Non possiamo salvare i banchieri che hanno rubato.."

Franceschini: "Stop ai licenziamenti dei precari della Pa"
 


ROMA - "Allentamento? Direi aggravamento". Giorgio Napolitano definisce così l'attuale momento di crisi economica che sta attraversando il nostro Paese. Toni diversi da quelli usati da Silvio Berlusconi che, da tempo, continua a minimizzare gli effetti della crisi.

E sul tema fa sentire la sua voce anche Umberto Bossi. Che avverte: "Gli aiuti che il governo darà alle banche dovranno servire per sostenere le imprese. Abbiamo dato i soldi alle banche non per loro ma perchè li diano alle imprese, se non li danno allora è inutile aiutarle". Bossi aggiunge di concordare con il ministro dell'Economia Giulio Tremonti su un meccanismo di monitoraggio del credito affidato alle prefetture: "Serve un sistema di controllo legato al governo" spiega.

Sulla nazionalizzazione delle banche, Bossi si dice "daccordo, se nazionalizzazione vuol dire dare o ridare quello che è stato preso prima. Avevamo le Casse di risparmio che erano grandi banche e poi sono state svuotate dalla caduta della Dc e dei socialisti, che hanno creato le Fondazioni. Il sistema produttivo era sostenuto dalle grandi Casse di risparmio ed è saltato tutto".

Nell'affondo contro il sistema bancario, Bossi si trova al fianco anche Tremonti ammonisce: "Non possiamo salvare i banchieri che hanno rubato, noi dobbiamo salvare le famiglie, il lavoro, le imprese. Troppe volte nelle banche si è pensato di più al bonus che al pater familias, e pensare che c'è stata una fase in cui si era detto che i bonus dovevano essere detassati ...". Parole che il ministro accompagna al richiamo dell'articolo 47 della Costituzione: "Dobbiamo tutelare il risparmio, ma anche controllare l'esercizio del credito". Poi tocca agli ammortizzatori sociali. Il ministro dell'Economia rivendica di aver erogato la giusta quantità di finanziamenti. E se non bastano? "Troveremo altri soldi".

Le parole del governo, però, non convincono l'opposizione. Con il segretario del Pd Dario Franceschini che ribadisce la necessita' di prevedere un assegno per i lavoratori precari che se licenziati non hanno accesso alla cassa integrazione e chiede al governo una moratoria dei 100 mila licenziamenti di lavoratori precari nella pubblica amministrazione. "Proponiamo al governo una moratoria di un anno - dice Franceschini-, quindi per la durata della crisi, bloccando i provvedimenti che porteranno, se non corretti, al licenziamento di 60 mila lavoratori del pubblico impiego e circa 40 mila della scuola". Una richiesta a cui si associano il segretario della Cgil Guglielmo Epifani e quello della Cisl, Raffaele Bonanni. Mentre il ministro della Difesa Ignazio La Russa taglia corto: "L'assegno? Se ci fossero i soldi li darei a tutti. Ma non ci sono".

(7 marzo 2009)
da repubblica.it


Titolo: I precari e l'errore di Sacconi
Inserito da: Admin - Marzo 07, 2009, 10:07:51 pm
I precari e l'errore di Sacconi

di Salvo Barrano


Ore 12,00: pausa pranzo. Devo finire di scrivere questo pezzo prima che Valentin, Iulian, Costantin e Anton finiscano il panino. È la squadra di operai, tutti rumeni, che coordino sul cantiere dove lavoro. Grandi lavoratori, tutti assunti a tempo indeterminato. Buon per loro! Io no. Sono un libero professionista, come mi sono sentito ammonire ieri in tv dal ministro Sacconi. E se possiedi una partita Iva, ipso facto, lo Stato non può occuparsi di te come non lo fa con commercialisti, avvocati, medici.

Eh no, signor ministro: io questa condizione non l’ho scelta: l’ho subita. E non ho ordini o albi professionali a tutelarmi. Come me centinaia di migliaia di professionisti non riconosciuti che operano ogni giorno come parasubordinati o con partita Iva in mono committenza o semi-dipendenza. Per quelli che ogni giorno si occupano del patrimonio culturale italiano (archeologi, restauratori, storici dell’arte, archivisti, bibliotecari), ad esempio, non ci sono diritti, figuriamoci gli ammortizzatori. Versano nel fondo gestione separata, uno dei più ricchi dell’Inps, i cui proventi però servono per le pensioni dei dirigenti o per finanziare gli «scalini dei dipendenti. A sostenere la previdenza di quelli più tutelati, insomma. Alla faccia nostra. Di quegli atipici che cedono, tutti a proprio carico, un quarto del reddito e un contributo aggiuntivo per la maternità/ paternità. Ma a noi invisibili l’Inps non riconosce neanche i congedi parentali. Lo chiamano “patto generazionale”, ma devono detto “pacco”.

La verità è che la politica e il sindacato, sul tema del mercato del lavoro, hanno accumulato un ritardo culturale, tant’è che si oppongono alla riforma delle pensioni. Mantengono un approccio rigido, cristallizzato al mercato del lavoro che fu. A cominciare dalla terminologia: salario, negoziazione, precariato. Quanta gente può essere assorbita nella pubblica amministrazione e nelle imprese, per di più in tempi di crisi? Sparo: un milione di persone. E per chi rimane fuori? Parliamo di più di tre milioni di lavoratori tra i trenta e i cinquant’anni. Il precariato è nella crisi economica, nelle coscienze, nei comportamenti sociali. È il frutto di un modello di sviluppo sbagliato, costruito in decenni e franato in pochi mesi.

Non basta dire: “No al precariato”. Bisogna dire “Sì alla flessibilità” a condizione che sia sicura, regolata e soprattutto rappresentata. Dei buoni segnali si vedono. Le proposte del Pd hanno certamente il merito di porre il tema al centro del dibattito politico. Ma scontano anch’esse un retaggio, non solo terminologico. Dare un assegno di disoccupazione a chi perde il posto di lavoro comporta, una volta di più, l’esclusione di centinaia di migliaia di lavoratori che, tecnicamente, un posto di lavoro non ce l’hanno. E sono ancora più deboli.

07 marzo 2009
da unita.it


Titolo: ANDREA CARUGATI «La proposta di Berlusconi ammala la democrazia»
Inserito da: Admin - Marzo 12, 2009, 05:10:03 pm
«La proposta di Berlusconi ammala la democrazia»

di Andrea Carugati


«In questo momento di crisi economica ci accorgiamo, non solo in Italia, che la democrazia è una forma di convivenza sempre a rischio. Ci siamo illusi, dopo la caduta dei totalitarismi, che fosse un regime naturale. Eppure non è così, ci sono dei momenti in cui si pensa che sia meglio affidare la soluzione dei problemi a qualcuno che dice “ci penso io”. È un rischio che riguarda da vicino l’Italia di oggi». Gustavo Zagrebelsky ha un tono di voce pacato, lontano da ogni allarmismo o invettiva. Ma la sua analisi sulla democrazia italiana è preoccupata. Anche per questo ha accettato di presiedere il comitato che ha organizzato a Torino, dal 22 al 26 aprile, la «Biennale democrazia»: 4 giorni di lezioni pubbliche a Torino su questo tema, con grandi intellettuali che si ritrovano nel nome di Norberto Bobbio.
Qual è lo scopo di questa manifestazione?
«Si è pensato a lungo che non ci fosse bisogno di una educazione alla democrazia, che avrebbe funzionato spontaneamente. Eppure l’esperienza storica dimostra che non è così. C’è un capitolo nei “Fratelli Karamazov” in cui il Grande Inquisitore espone il suo progetto di governo con una premessa: ciò che gli uomini odiano di più è la libertà, è un peso di cui spesso si vuole fare a meno per evitare le responsabilità. Le fasi di crisi economica e sociale sono sempre state favorevoli all’instaurazione di regimi autoritari. Per questo bisogna suonare un campanello di allarme».

L’Italia le appare più fragile di altre democrazie occidentali?
«Da noi manca un elemento decisivo, e cioè l’idea che la sfera pubblica sia qualcosa che tutti devono curare. In Italia ciò che è pubblico appare a disposizione di chi è più capace di saccheggiarlo. C’è una mentalità diffusa non favorevole al radicamento della democrazia. Bobbio diceva che gli italiani sono democratici più per assuefazione che per convinzione».

Questi ingredienti possono essere esplosivi?
«È difficile fare previsioni: c’è sicuramente un malessere della democrazia che è profondamente radicato e trova alimento in una società sempre più squilibrata, dal punto di vista economico ma anche delle risorse culturali. C’è una società sempre più oligarchica. E la legge elettorale, che consente ai vertici dei partiti di cooptare i parlamentari dall’alto, ha un ruolo molto negativo».

Berlusconi ha addirittura proposto che in Parlamento votino solo i capigruppo...
«È il logico compimento di un processo distorto: se i parlamentari sono solo fiduciari e “yesman” dei leader, allora a cosa serve il loro voto? Il confronto tra le opinioni di tanti ha senso solo se ognuno rappresenta qualcosa. Vedo una serie di piccoli spostamenti come questo, spesso inavvertiti, che fanno massa e contribuiscono a far ammalare la democrazia».

Può citarne qualcun’altro?
«La condizione e la qualità dei media è un altro sintomo della fatica della democrazia italiana. Quando si parla di pluralismo la gente sbuffa, come se non fosse importante. Ecco i rischi della crisi: fa passare naturalmente in secondo piano temi essenziali della democrazia perché ci sono bisogni più impellenti».

Una diversa legge elettorale potrebbe essere una buona cura per la democrazia italiana?
«È necessario ripristinare un meccanismo di selezione che consenta ai cittadini di scegliere i parlamentari, con le preferenze o con le primarie, altrimenti passa l’idea di Berlusconi del Parlamento come una massa senza valore. Anche il Pd ha le sue responsabilità: avere sostanzialmente accettato il meccanismo di nomina dei parlamentari. Questo fenomeno, insieme alla corruzione, ha fatto raggiungere alla classe politica un livello di discredito allarmante per la tenuta della democrazia. È un sentimento così diffuso che non può essere liquidato come qualunquismo».

acarugati@unita.it

12 marzo 2009
da unita.it


Titolo: Berlusconi alla Marcegaglia: «Abbiamo dato soldi verissimi» (sic).
Inserito da: Admin - Marzo 15, 2009, 10:34:09 pm
Crisi, Berlusconi alla Marcegaglia: «Abbiamo dato soldi verissimi»

Il premier: «Da Cisl e Uil forte sostegno a governo»

Piano Casa: venerdì in Cdm, ne parlerò con Napolitano

 
RIVA DEL GARDA (15 marzo) - «Leggo che la signora Marcegaglia chiede dei soldi veri. Voglio dire che al mondo dell'economia abbiamo dato soldi verissimi». Così il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha risposto alla presidente di Confidustria Emma Marcegaglia che chiede soldi veri per affrontare la crisi. 

Sostegno alle imprese. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, in collegamento telefonico con il convegno di “Rete Italia” a Riva del Garda ha poi aggiunto che «siamo intervenuti a sostegno di numerosi settori industriali come l'automobile, gli elettrodomestici e i mobili e sono state misure efficaci. Abbiamo stanziato 9 miliardi per gli ammortizzatori sociali perché il nostro obbiettivo è di non lasciare solo nessuno, aiuteremo tutti coloro che perdono il lavoro. Abbiamo aiutato anche le banche ma tutto ciò necessita che non diminuisca la domanda e non calino i consumi. Questo è molto importante».

«Non è stata una strigliata» spiega il premier che aggiunge: «C'è stata una forzatura sull'interpretazione della sua frase, non c'è stata alcuna critica nei confronti del governo ho sentito io il presidente di Confindustria, ha voluto farmelo sapere».

Sul piano casa Berlusconi ha detto che «il provvedimento è ormai pronto, ne parlerò con il capo dello Stato martedì o mercoledì e venerdì pensiamo di portarlo in Consiglio dei Ministri».

Banche, prefetti coordineranno osservatori. «Non sono i Prefetti che vigileranno sul credito - ha detto il premier - ma faranno i coordinatori del comitato di osservazione di cui faranno parte tutti i protagonisti del mondo del lavoro, ad iniziare da Confcommercio».

«Da Cisl e Uil forte sostegno a governo». «I sindacati - spiega il premier - stanno dando veramente un forte sostegno, responsabile e razionale all'azione del governo». E specifica: «I due principali, a parte la Cgil, stanno avendo davvero un atteggiamento di grandissima responsabilità, di cui sono molto grato».

La crisi vista da Epifani. «Vedo con piacere che Marcegaglia dice le cose che noi, inascoltati, avevamo già detto mesi fa, cioè che il picco della crisi stava per arrivare e che, visto il ritardo con cui il governo si muoveva sarebbe stato peggio del previsto». Lo dice il leader della Cgil Guglielmo Epifani in un'intervista al Corriere della Sera. «Berlusconi è un imprenditore - aggiunge - quindi è molto sensibile alle richieste di Confindustria. Solo che come capo del governo farebbe bene ad ascoltare anche il sindacato. Ci sono realtà produttive che reagiscono meglio - conclude -, ma mi preoccupa il ritardo col quale si muove il governo».

E la crisi vista dalla Uil.  Il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti si dice «favorevole» alla proposta del numero uno della Cisl Raffaele Bonanni di un patto anti-evasione con i commercianti.  Angeletti inoltre, giudica realistiche le previsioni di segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani e del presidente degli industriali Emma Marcegaglia che il peggio della crisi economico-finanziaria debba ancora avvenire.

Casini: allarme Marcegaglia non va lasciato cadere.  «L'allarme lanciato dal presidente di Confindustria Emma Marcegaglia non va lasciato cadere» ha detto il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini. «È il momento - aggiunge - di passare dagli spot e dalla propaganda ai fatti concreti recuperando maggiore incisività nell'affrontare la crisi. Da tempo diciamo che il governo deve cambiare passo e che gli annunci immaginifici non servono a rilanciare l'economia italiana».

La ricetta del leader dell'Udc. Casini suggerisce di «rafforzare il fondo di garanzia per le piccole imprese; sbloccare i crediti delle imprese nei confronti della pubblica amministrazione debitrice; rafforzare gli ammortizzatori sociali in modo più significativo; detassare gli utili reinvestiti nelle imprese, mettere in condizione i comuni di appaltare immediatamente piccole e grandi opere che rimettono in moto l'economia locale dando ossigeno a tantissime piccole e medie imprese». «Questi - conclude Casini - sono impegni non più rinviabili. Mi auguro che questo costruttivo monito di Confindustria non provochi ulteriori divisioni tra partiti di maggioranza e di opposizione. È il momento di agire assieme, perché in tempo di crisi c'è bisogno di maggiore coesione sociale e politica».
 
da ilmessaggero.it


Titolo: Franceschini: «Ha ragione Confindustria, il premier nasconde la crisi»
Inserito da: Admin - Marzo 15, 2009, 10:34:55 pm
Franceschini: «Ha ragione Confindustria, il premier nasconde la crisi»

Europee, il leader del Pd: «Berlusconi? Troppo umile

E' già al 92%...». E gli manda una cartolina

 
  ROMA (15 marzo) - Il leader del Pd dà ragione a Confindustria, servono soldi, ma il governo li ha buttati via con l'Ici e l'accordo sfumato con Air France. Dario Franceschini, oggi all'assemblea dei giovani del Pd a Rho-Pero torna sulle parole di ieri di Emma Marcegaglia. Inoltre ironizza sulle dichiarazioni del premier secondo il quale il PdL sarebbe al 43% dei consensi: «Non so perché Berlusconi sia così umile, io ho un sondaggio qua in tasca secondo il quale il suo partito è già al 51 per cento e alle Europee può arrivare al 92 per cento». E gli invia una cartolina chiedendogli di unificare il voto delle europee e del referendum.

Sulla crisi Franceschini ribatte: Emma Marcegaglia ha ragione, Franceschini si è detto d'accordo con l'appello lanciato ieri al governo dalla presidente di Confindustria. Il leader del Pd ha affermato che per varare misure adeguate di sostegno, tra cui quelle proposte nei giorni scorsi dal Pd, «erano sufficienti circa 5-6 miliardi di euro» ma il denaro «è stato buttato via dalla finestra con l'accordo sfumato con Air France e con l'Ici».

«Berlusconi nasconde la crisi». «L'Italia - ha detto Franceschini - è l'unico Paese al mondo in cui il premier si preoccupa solo di nascondere la crisi o di negarla».  «Come può reagire una persona che non ha i soldi per fare la spesa - si è chiesto Franceschini rivolgendosi ai circa 1.000 delegati under 30 eletti con le primarie dello scorso novembre - e che si sente dire consumate?».

Piano casa demagogico. «Dobbiamo contrastare senza ambiguità l'idea di devastare il paesaggio con una norma demagogica» ha detto Franceschini.  «Siamo d'accordo sulla semplificazione delle procedure - ha proseguito - ed è vero che nelle città ci sono tanti edifici brutti che potrebbero essere demoliti e ricostruiti più belli e con criteri ecosostenibili, ma non possiamo accettare una norma demagogica che consente automaticamente a tutti gli edifici un ampliamento del 20%».

Cartolina al premier. Franceschini prima di recarsi all'assemblea dei giovani del Pd ha imbucato una cartolina postale a Berlusconi. «Presidente, questa è un'emergenza! Aiuta gli italiani davvero, unifica la data del voto!» si legge. Votare in due giorni diversi per elezioni e referendum, si legge ancora nella cartolina «comporterà un costo in più di oltre 460 milioni di euro, perché buttare questi soldi dello Stato e dei cittadini?». «Il Pd - prosegue il testo - propone di utilizzarli per potenziare con uomini e mezzi le forze dell'ordine, acquistare il carburante alle volanti, riparare quelle ferme, perchè rotte, e pagare gli straordinari al personale». «Sono circa mille miliardi di vecchie lire buttate via - ha aggiunto il leader del Pd, circondato da un piccolo gruppo di sostenitori -: soldi sprecati che potrebbero essere usati per la sicurezza e per la crisi».
 
da ilmessaggero.it


Titolo: Berlusconi: «Fini? Ho offerto un ruolo lui però rifiuta»
Inserito da: Admin - Marzo 19, 2009, 11:12:34 pm
IL CAVALIERE E IL PDL

«Fini? Ho offerto un ruolo lui però rifiuta»

Berlusconi: «I rapporti con Gianfranco sono splendidi, ma lui preferisce ricoprire solo il ruolo istituzionale»


ROMA — I rapporti con Fini «sono splendidi, interpreta il suo ruolo in modo impeccabile, con grande rigore e senso delle istituzioni». Davanti agli europarlamentari, riuniti a Palazzo Grazioli, Berlusconi mette a tacere le voci che lo vogliono in perenne contrasto con l'alleato. È pur vero che parla per la prima davanti a un gruppo che comprende anche i rappresentanti di An a Bruxelles, ma la scelta delle parole è significativa.

Il capo del governo prosegue dicendo che «non è vero quello che scrivono i giornali, Gianfranco è portato a interpretare il suo ruolo con grande onestà, e abbiamo sempre preso le decisioni significative insieme, sin dal 2 dicembre scorso, quando ebbi un'accoglienza migliore dagli amici di An solo perché sino a quel momento non erano stati abituati a un rapporto diretto con me». Poi aggiunge di aver anche offerto, nel nuovo partito, «un ruolo politico di maggior peso» al presidente della Camera, ma «è stato lui a rifiutare dicendo che preferisce ricoprire solo il ruolo istituzionale».

L'incontro con il gruppo europeo del futuro partito delle Libertà serve anche a fare il punto sui rapporti di forza fra i partiti italiani. Il Cavaliere snocciola con soddisfazione i risultati del suo sondaggio, che vede il Pdl al 42,1%, la Lega poco sopra il 9 per cento e il Pd al 22,5%. Numero quest'ultimo che il premier definisce «imbarazzante» per la sinistra, anche se compensato dal risultato della formazione di Di Pietro, che «ahimè è al 7,5%...». Oggi Berlusconi sarà a Bruxelles, per partecipare al Consiglio europeo. Prima del vertice il consueto pranzo con i capi di Stato e di governo che appartengono al Ppe: «Da parte di tutti c'è molto interesse per il nostro progetto». E ai vertici del Partito popolare europeo, aggiunge il premier, «presenterò una richiesta di adesione lampo».

Si parla ovviamente anche delle prossime Europee: il premier annuncia che sarà capolista in tutte le circoscrizioni, mentre per la collocazione dei ministri attuali si vedrà dopo il congresso di fondazione del partito, il prossimo 27 marzo. Tutti gli uscenti, prosegue il Cavaliere, verranno riconfermati nelle liste.

Una barzelletta chiude l'incontro: «Sarkozy — racconta Berlusconi in francese, secondo quanto riferito da alcuni partecipanti all'incontro — esce dalla doccia, scivola e cade a terra. Sua moglie Carla esclama: "Mio Dio!". Il presidente francese — continua il leader del Pdl — replica: Carla, quando siamo nell'intimità basta che mi chiami mio presidente».

Marco Galluzzo

19 marzo 2009
da corriere.it


Titolo: Silvio, ben tornato fra noi umani...
Inserito da: Admin - Marzo 20, 2009, 11:37:06 am
Silvio, ben tornato fra noi umani
 
di Mario Ajello


Silvio, ben tornato fra noi umani. Perché è come se le pene dei semplici si siano estese, di colpo e quasi con immeritata brutalità, anche all’Unto del Signore. E devi subire i dolori e i timori della carica dei 101 (tutti tuoi sodali in Parlamento) che ti giudicano troppo spietato con gli immigrati clandestini bisognosi di cure ospedaliere (e proprio a te, Silvio: che notoriamente, sia detto senza ironia, sei un buono!).

O almeno, questi 101 che ti vogliono bene, ti vedono troppo docile con l’Umberto (Bossi) il quale sinceramente ti considera un «amico» ma ti sottopone a continue pressioni, ti lancia quotidiani ricatti, ti chiede ogni volta di più (e tu non vuoi mai deluderlo), ti fa oggetto di imposizioni che non ti meriti, perchè sei sempre stato carino - pure troppo - con lui. E allora ti lamenti, e ti sfoghi, ma senza urlare troppo perché nessuno deve offendersi sennò i problemi si moltiplicano: «La Lega non può volere tutto».

E l’Umberto s’offende («Silvio è succube di Fini») e Fini non vuole ubbidirti ma non puoi rompere con lui («Andiamo d’accordo», sei costretto a dire), forse ti fa la fronda ma speriamo di no e comunque chissà, e i bronci che ti propone un giorno si è l’altro pure non ti lasciano tranquillo, come spetterebbe a un infaticabile tessitore come te che ora lo accoglie pure nel suo nuovo partito unitario e quello invece di dire «grazie» o «sì, buana» pretende di contare qualche cosa. E Tremonti, poi. Vi volete bene ma ha un «caratteraccio» (parole tue, di ammirazione) che ti mette in difficoltà e crea permalosità e antipatie presso gli altri ministri e sei tu che devi rabbonirli: «Ora glielo dico io, a Giulio, di essere più paziente e più generoso.

Dovete capirlo, ha un cervello geniale ma ruvido e spinoso come i cactus della mia villa in Sardegna». E a proposito di case, «ne ho una appena comprata sul Lago Maggiore, ma non ci posso andare mai perchè non ho tempo». E «sono otto settimane che lavoro, senza un giorno di pausa». Ed «è una fatica tremenda la mia esistenza». Addirittura: «Il mio lavoro mi fa schifo».
Ah, quanto si stava meglio nella vita da Superman. 

da ilmessaggero.it


Titolo: IMMIGRAZIONE: BERLUSCONI FRENA LA LEGA, FINI APPREZZA
Inserito da: Admin - Marzo 20, 2009, 02:47:10 pm
2009-03-20 08:33

IMMIGRAZIONE: BERLUSCONI FRENA LA LEGA, FINI APPREZZA


 di Anna Laura Bussa

ROMA - Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi sposa in toto la battaglia dei 'suoi' 101 deputati contro la norma sui 'medici-spie' contenuta nel ddl Sicurezza e spara a zero contro le ronde: "Non ne sentivamo davvero l'esigenza". Quindi rincara la dose: "La Lega non può volere sempre tutto". Da Bruxelles, dove si trova per il vertice del Ppe, il premier prende le distanze dal Carroccio e impone una brusca frenata alla sua politica della sicurezza sempre più mal digerita dal Pdl. Qualche volta ai nostri alleati "possiamo dire di sì - spiega Berlusconi - qualche altra volta diciamo di sì con difficoltà, mentre alcune volte diciamo di no".

Ecco, questa, fa capire il Cavaliere, è proprio una di quelle volte in cui il 'no' potrebbe arrivare. E già, perché anche in Europa la norma che impone ai medici l'obbligo di denunciare gli stranieri irregolari con il rischio di non avere più un controllo sulla situazione sanitaria del paese, piace poco. "La verità - commenta il vicepresidente del gruppo del Pd alla Camera Gianclaudio Bressa - è che in Europa Berlusconi si vergogna dei propri alleati e delle norme xenofobe che presentano".

E per questo prende "le distanze da Maroni". Soddisfatto per la presa di posizione del premier è il presidente della Camera Gianfranco Fini che nei giorni scorsi aveva già espresso la sua contrarietà sui 'medici-spia' a 'Porta a Porta': "Certo che ho apprezzato" dice ai giornalisti dopo aver letto le dichiarazioni di Berlusconi da Bruxelles. E il suo volto sorridente conferma il giudizio appena dato.

 "Così nasce il Pdl, non si può inseguire la Lega", esulta un articolo sul sito della Fondazione Farefuturo, presieduta da Fini. Ma la più contenta di tutti per l'altolà del Cavaliere è Alessandra Mussolini: l'ideatrice della lettera al governo per chiedere di non mettere la fiducia al ddl sicurezza. Una lettera che era stata firmata da ben 101 deputati del Pdl, più di un terzo del gruppo: un numero troppo consistente di 'dissidenti' per non essere preso in considerazione dal Cavaliere alla vigilia del congresso costituente. Umberto Bossi, visibilmente amareggiato, prova a minimizzare anche se poi si lascia scappare un "Berlusconi? Non sono così ansioso di sentirlo...".

 "Tutti i segretari - tenta di giustificare - hanno dietro il partito che spinge e anche Berlusconi si deve difendere". "Poi - aggiunge - non ha mica detto cose strane, ha detto cose equilibrate". Anche la Lega, insomma, sembra pronta alla marcia indietro visto che interrogato dai cronisti sulla possibilità che la norma dei "medici-spia" venga cambiata, Bossi risponde: "Maroni non è mica scemo, ci ragionerà su...".

E poco dopo Roberto Calderoli parla di un emendamento al quale sta lavorando, di cui parlerà con Maroni e poi lunedì alla segreteria politica della Lega. "Una soluzione c'é", dice dichiarandosi "tranquillissimo". Ma prima che Bossi intervenisse, il commento degli altri vertici del Carroccio non era stato così soft. I 101 deputati del Pdl, aveva osservato, invece, il capogruppo alla Camera Roberto Cota "sono stati strumentalizzati". Per non parlare del ministro dell'Interno Roberto Maroni che si era detto "stupito" per la lettera dei 'dissidenti' e aveva ricordato che il ddl al Senato era stato approvato "all'unanimità". "Ogni volta che si avvicina un congresso - aveva aggiunto - ci sono fermenti.

E non vorrei che ci fosse dietro una cosa del genere". Il centrosinistra intanto saluta con favore la presa di posizione di Berlusconi e l'iniziativa dei 'dissidenti' del Pdl. "E' un sussulto, anche se tardivo, di voci libere", commenta il capogruppo alla Camera del Pd Antonello Soro. "Berlusconi ha capito finalmente che il prezzo pagato alla Lega è troppo alto", taglia corto il presidente dei senatori Anna Finocchiaro. E ora non gli resta altro che "fare marcia indietro su tutto". 

da ansa.it


Titolo: Ma la sfida vera è un Pdl che sopravviva a chi lo crea.
Inserito da: Admin - Marzo 20, 2009, 02:51:05 pm
Ma la sfida vera è un Pdl che sopravviva a chi lo crea.

di Carlo Fusi
 
«Nel Pdl, ma con la nostra storia»


ROMA (20 marzo) - All’ultimo congresso di An non si vive il pathos di Fiuggi. Per una ragione: lì c’era da affrontare un presente pieno di incognite; qui c’è da proiettarsi in un domani in parte già scritto. Ma, appunto, in parte. Quella che manca non riguarda nè il consunto tema della leadership, né quello della sommatoria di due apparati. Sono nodi già risolti dagli elettori, visto che di fatto sono da tempo sovrapponibili.

Nel senso che marciano appaiati in piazza e nelle urne; la vera potenza del progetto del Pdl sta qui, il ”predellino” è fuoco d’artificio mediatico che non intacca la forza - verrebbe da dire: la necessità per il bipolarismo - dell’operazione. L’insuperabile capacità di Silvio Berlusconi di saper intercettare gli umori profondi del Paese deve coniugarsi con la cultura politica e istituzionale di Fini: sintesi complicata ma che, almeno nelle intenzioni dei due leader, non appare impossibile.

Se è così, il problema vero - diciamolo subito: tutt’altro che di facile soluzione - è quello di creare un contenitore in grado di vivere e sedimentarsi adesso, ma soprattutto di sopravvivere a chi l’ha pensato, voluto, inseguito. Che forma deve avere, chi deve rappresentare, a quale pezzo d’Italia deve parlare, su quale blocco sociale deve poggiare. E’ una sfida per il futuro che vale per tutti: per FI come per An, e anche per i ”piccoli”.

Il berlusconismo, collante formidabile, è tuttavia polizza necessaria ma non sufficiente; i valori della destra sono forti però non dispiegati fino a diventare egemonici.
Insomma è una scommessa. Il bello è che è anche l’unica 

da ilmessaggero.it


Titolo: «I fascisti stanno con Berlusconi...» se lo dice il Ciarra...
Inserito da: Admin - Marzo 21, 2009, 06:01:26 pm
«I fascisti stanno con Berlusconi. Fini non è niente da un pezzo»

di Susanna Turco


Oggi in gran solennità si scioglie Alleanza Nazionale, ma Giuseppe Ciarrapico detto il Ciarra («mi chiamano così da quando avevo quattro anni») non si sente alla vigilia di niente. «Gnente», dice lui. Il suo giudizio preferito. Gianfranco Fini? «È gnente». Francesco Storace? «Gnente». Il futuro della destra è con Berlusconi, naturalmente, e anche il presente, se è per questo.

Editore, imprenditore dell’acqua e poi della sanità, ex proprietario della Roma, 90 giorni a Regina Coeli, oggi senatore del Pdl, il Ciarra a 75 anni continua a chiamare Mussolini «il Principale», a rivendicare il saluto romano (tutti i giorni, al picchetto del Senato) ed è in quell’età nella quale tutti i ricordi si trovano alla stessa distanza.

Il nonno che fece i soldi con lo «strozzinaggio buono» ai mercati generali e l’altro «integerrimo industriale, però noiosissimo», ma pure, per dire, quello di Dario Franceschini («lo conobbi a Ferrara, accompagnando Almirante a incontrare vecchi fascisti»).

Claretta Petacci che da Salò mandava a prendere i film americani in Svizzera per non annoiarsi, la scollatura di Sofia Loren sbirciata di nascosto per una serata intera. I 2,8 metri della scrivania che aveva il Duce a Palazzo Venezia: «L’ho comprata su e-bay per 37 milioni di lire, non so dove metterla».

Le sue lezioni di storia contemporanea all’Università di Latina. L’Italia «dei nani» di oggi e quella di ieri: «Che poi il fascismo fece anche cose orribili, come il rastrellamento del Ghetto. O le leggi razziali, il Principale fece un’autentica cretinata».

Non andrà alla fiera di Roma, a veder morire An?
«Figuriamoci. Coi necrofori?».

Ma faranno anche l’esaltazione di Almirante...
«Dettaglio che trovo strano, perché Fini si esercita sempre più nell’antifascismo non richiesto: è una delle sue quaranta svolte. Lui, che non è mai stato fascista».

Dice così perché avete litigato.
«Non ci parliamo da anni. Quando disse: “Ciarrapico io non l’avrei mai candidato”, chiusi con lui per sempre. È evidente che presentargli Almirante fu da parte mia uno sbaglio madornale».

Dica, lei che si iscrisse all’Msi nel ‘47. Da oggi dove se ne andrà il popolo della destra?
«Guardi che oggi non succede proprio niente. Questo congresso è un vòtapiatto».

Prego?
«Un vòtapiatto. Nell’800, i poveri della costa laziale inventarono questo piatto, che è fatto friggendo in padella gli scarti dei calamari. Cuocere gli avanzi, nella speranza che abbiano conservato il gusto, ma il gusto non c’è più».

E così, An...
«An è il secondo vòtapiatto. Il primo fu a Fiuggi, nel 1994».

E dunque, il popolo di An dove va da oggi?
«Ma è evidente: nel Pdl. Berlusconi è entrato nel cuore dei fascisti da tempo. Non è mai andato a festeggiare il 25 aprile, sul fascismo non ha mai detto una parola contro».

Fini, invece...
«Chiariamoci, anche io sono andato in Israele, molte volte. Però non sono andato in giro per le strade con la kippah, capisce?».

Mussolini si rivolta nella tomba, lei dice.
«Io mi rivolto anche fuori dalla tomba».

Dovesse indicare il più mussoliniano di oggi? Berlusconi?
«Non esageriamo. Ce può sta’ se parliamo di terza generazione».

Intende Berlusconi, erede di Craxi, erede di Mussolini?
«Ecco, Craxi, semmai. Una volta dovette fare un discorso sull’inaugurazione di un monumento ad Anita Garibaldi, mi chiese di ritrovargli quello che su di lei fece il Principale. Se lo guardò beato, faceva riavvolgere la pellicola per studiarsi le mosse».

E Fini non può essere l’erede di Berlusconi?
«Fini non può fare gnente.

Lui dice adesso: delfino no. Squalo, semmai.
«Macché squalo. Lo squalo te se magna. Quello non ti dà manco un mozzico».

E dunque?
«Dopo Berlusconi c’è solo Berlusconi. Io lo chiamo il Padreterno. Dice che 120 anni sono una conquista ormai acquisita dell’uomo occidentale e che, coi suoi mezzi, ce ne può aggiungere altri 20. A me, ne regala 10».

Siete coetanei, no?
«Tre anni di differenza, a lui piace dire due. È fatto così. Come per l’altezza. Ai tempi del Lodo Mondadori passai ad Arcore tre mesi, mi chiese quanto sei alto? Un metro e 71. Ma puoi guadagnare 4-5 centimetri, esclamò. E mi regalò un paio di scarpe col tacco».

Che altro, per quella mediazione?
«Un paio di quadri. Uno lo misi in barca, si inumidì: restaurarlo costò più del valore della tela».

Nient’altro?
«Nient’altro».

Non ci crederà nessuno.
«Eppure è così».

Quando vi siete conosciuti?
«Al meeting di Rimini, 35 anni fa».

I vosti rapporti?
«Buoni perché ci vediamo poco. Tanto lui ha la sua corte dei miracoli. I Cicchitto, i Bondi. L’unico che ha le palle, lì dentro, è Scajola. Però è troppo impulsivo. Berlusconi lo sa, e lo provoca».

E Tremonti?
«Mi è cordialmente antipatico, ma è molto intelligente. Berlusconi non lo teme, però. Sa, la sua voce...».

La Meloni?
«Una che dà le interviste a Chi per dire che va in vacanza in Sardegna perché abbronzata sta meglio...».

La Gelmini?
«L’ho detto anche a lei: nun te toje mai l’occhiali, che ci perdi».

Calderoli?
«Al concerto di Natale si è presentato in smoking, la mattina, al Senato. Era l’unico».

Ci saranno le correnti nel Pdl?
«Ci sono già».

Perché Berlusconi vince?
«È finita l’era dei partiti. Basta partiti, dico nei comizi: applausi sempre. Berlusconi non ha un partito. È lui, e basta».

sturco@unita.it

21 marzo 2009
da unita.it


Titolo: Pdl, Berlusconi eletto presidente: «Sinistra faziosa. Più poteri al premier»
Inserito da: Admin - Marzo 28, 2009, 12:17:25 pm
Rispetto al passato il discorso è sembrato più efficace in tv che in platea

L'applauso più forte per Tatarella e Pionati viene dimenticato

Ma nella Popolandia del Cavaliere non si scalda il cuore del delegato

Il premier qualche volta si impappina e sbaglia anche i nomi di Giovanardi e di Nucara

Scenografia imponente, ma anche la regia e i video sono apparsi timidi


di FILIPPO CECCARELLI

 E insomma: tanto tuonò che Berlusconi. Può succedere: una delusione, almeno dal vivo. In tv magari ha funzionato. Ma qui sotto i capannoni della città provvisoria del Cavaliere, Berlusconia o Popolandia che sia, il discorso del presidentissimo, che doveva trascinare il pomeriggio della Libertà al culmine delle emozioni, è suonato onestamente moscio.

In politica, come in economia, ma in fondo nella vita, le aspettative giocano brutti scherzi. E i media di solito ci danno anche dentro. Ma pur con tutta la possibile autocritica per aver alimentato attese e speranze, tanto per cominciare il sistema dei parcheggi è collassato e ai giornalisti di sinistra - anche se non "adoratori di Pol Pot" - non è parso vero di poter notare che alcuni Suv con le loro possenti ruote artigliate violavano il parcheggio dei disabili.

Per quanto riguarda la politica, e quindi lo spettacolo che sempre più al giorno d'oggi gli rende il senso: l'impianto affastellato della lunga relazione del Cavaliere è inesorabilmente apparso come un compendio di berlusconismo retorico, un usato abbastanza sicuro, ma con troppi piatti ritorni e senza alcuna punta di novità, magari per mancata consultazione di Giulianone Ferrara o altri ghost-writer un po' in bambola. Recitazione: stanca. Qualche impappinamento, dimenticato o giustiziato il povero Pionati, e Pino Pizza, dopo che lo scudo se l'è preso Rotondi, nomi di battesimo sbagliati per il repubblicano Nucara e per Giovanardi, in quest'ultimo caso però l'errore è stato recuperato con formidabile scatto d'improvvisazione: "Con lui ci uniscono otto anni dai salesiani!", momento altissimo nella psico-oratoria del Cavaliere, a parte quel fantastico "Ignazio La Russia".

Come da programma, la scenografia è imponente, da kolossal: ma nella pratica bisogna anche un po' immaginarsela perché non ci si può muovere, e non solo per la calca, ma perché dentro e fuori la sala una quantità di transenne e di vigilantes della Libertà hanno insediato un complesso sistema castale e ai giornalisti è stato riservato una specie di confino politico molto distante dal palco. Così, da quel poco che era dato di capire, l'atmosfera complessiva virava decisamente verso il tiepido. Applausi tanti, ma quasi più di assenso che di consenso, il più sorprendente dedicato alla memoria di Pinuccio Tatarella.

Video e regia: timide. Paura di sbagliare, probabile raccomandazione di super-inquadrare Fini, sennò si offende. Applausi anche per lui, e per Bossi. Troppi faccioni, comunque, poche situazioni, niente movimento. Sui due maxi schermi le solite scene delle solite città italiane prese dall'alto, mari e montagne un po' sbiadite, castelli, farfalle, illustri rovine, giostra del Saracino, il Colosseo tutto illuminato, Alemanno singolarmente arrivato sul palco davanti a una caverna. A un certo punto si sono visti pure dei cibi, irriconoscibili, che cuocevano dentro una padella e un collo di bottiglia da cui fuoriusciva del vino rosso. Era troppo: anche perché poi arrivavano delle porcellane, e le vele, e i tramonti, e le scogliere e il video ripartiva.

La madrina-fatina, l'onorevole Annagrazia Calabria, è stata brava, ma anche a confessare alle moltitudini la sua emozione. A due giovani su quattro il discorso sembrava scritto da altri. Anche per questo i contenuti erano a loro modo rimarchevoli di un messaggio ripartito secondo target. Un ragazzo ha ripetutamente qualificato "eroe" Berlusconi; l'altro ha concluso citando in incognito i versi di una vecchia canzone in voga nel rautismo giovanile degli anni ottanta: "Il domani appartiene a noi". Considerazione che può anche essere realistica, ma certo comporta un qualche prezzo.

Pure la musica: così così. E di nuovo vale mettere le mani avanti: magari in tv tutto è filato a puntino. Eppure, sotto le volte della Nuova Fiera di Roma, non si è capita tanto bene la scaletta. Ottimo il coro, Beethoven, ci mancherebbe. Ma poi il salto con Meno male che Silvio c'è era bello ardito, né Fratelli d'Italia l'ha ricomposto, e nemmeno gli stacchetti, un po' kitsch, Azzurro, Nel blu dipinto di blu. Forse l'incertezza musicale dipendeva dal vuoto creatosi per la mancata esecuzione del nuovo inno, Gente della libertà, scritto di suo pugno dal Cavaliere e rifiutato all'ultimo momento da quelli di An. Per cancellare l'affronto si sono beccati Meno male che Silvio c'è, sia pure senza parole.

Per il resto, che non è poco. Beato chi crede ancora ai discorsi che si pronunciano alla tribuna dei congressi. Berlusconi ha spiegato il suo populismo e anche il suo popolarismo. Il primo era attenuato, il secondo un pochino noioso. Poi ha spiegato la libertà, che è un concetto abbastanza generico. In questo senso ha anche annunciato di aver fatto una rivoluzione liberale e "borghese", ha voluto aggiungere. E' una delle prime volte che usa questa parola ormai desueta. Egli in realtà è al tempo stesso popolano, per non dire a volte plebeo, e fa di tutto per presentarsi come parte di una novissima aristocrazia. Quanto di meno borghese si possa al giorno d'oggi immaginare.

(28 marzo 2009)
da repubblica.it


Titolo: Pdl, Berlusconi eletto presidente: «Sinistra faziosa. Più poteri al premier»
Inserito da: Admin - Marzo 28, 2009, 12:23:03 pm
Politica

Via allo show Pdl, ma Berlusconi sa solo attaccare i «comunisti»


Il presidente Berlusconi alle 18 arriva alla Fiera di Roma, dove comincia il congresso fondativo del Popolo delle Libertà. Insieme agli uomini di Forza Italia e Alleanza Nazionale, al congresso c'è anche il leader della Lega, Umberto Bossi. La platea lo applaude, lui risponde con il pugno chiuso. Poi, è lo stesso Berlusconi ha ringraziarlo in apertura del suo intervento.

Al congresso è arrivato anche un messaggio del presidente Napolitano, in cui ringrazia «per il messaggio che mi è stato indirizzato nel giorno della nascita del nuovo partito del Popolo della libertà». «Ho colto nel messaggio – scrive il Capo dello Stato – insieme con accenti di cordiale riconoscimento ed omaggio, riferimenti puntuali agli indirizzi che ho perseguito e perseguo nell'esercizio delle funzioni che la Costituzione assegna al presidente della Repubblica, come imparziale garante di valori, principi ed equilibri sanciti nella Carta. Confido - conclude il presidente della Repubblica - che il Popolo della libertà vorrà assecondare ogni sforzo rivolto ad affermare una leale collaborazione tra le istituzioni e a favorire un clima politico di maggiore corresponsabilità nel superiore interesse della nazione e della sua unità».

Il discorso di Berlusconi è zeppo dei suoi cavalli di battaglia: «Siamo il partito degli italiani che amano la libertà – dice – e che vogliono restare liberi». «Il Pdl è forte, il più grande partito per consensi, e vincente perchè si è già affermato nelle urne», aggiunge. Poi è la volta die suoi amati sondaggi, quelli «veri – dice – non quelli fasulli di chi ci gioca con i sondaggi: ci danno al 43,2%. è inutile nascondere che puntiamo al 51% e sappiamo come arrivarci. Sono sicuro – prosegue – che ci arriveremo». Poi cita De Gasperi e Don Sturzo. E la sfilza di alleati che sono confluiti nel Pdl: da Baccini a Della Vedova, da Rotondi a Nucara, fino a Giovanardi.

Poi parte l'affondo alla sinistra e alla sua concezione dello Stato che «ci allontana dalla libertà e dalla civiltà». Il premier accusa la sinistra di considerare lo Stato «quasi un moloch, divinità, ma ha solo le sembianze della divinità perchè in realtà» quello che gli interessa «è solo l'esercizio del potere per una oligarchia». Al contrario, sostiene Berlusconi, per il Pdl esiste «la religione della libertà».

L'ossessione per i «comunisti» non gli è passata: Berlusconi ricorda la sua discesa in campo contro «la sinistra uscita quasi indenne dalla tempesta politico-giudiziaria, risparmiata in modo chirurgico dalle inchieste della magistratura militante, che entrò nelle macerie della prima Repubblica come l'Armata rossa a Varsavia e Berlino, dopo aver opportunisticamente atteso alla frontiera». Poi ricordando il cambio di nome del Pds, dice: «Non si diventa democratici soltanto sostituendo una parola». E ancora: «La sinistra non ha mai avuto il coraggio e la forza di rinnegare il comunismo e chiedere scusa agli italiani. La destra italiana si è rinnovata, loro hanno solo fatto finta». Per il premier gli ultimi 15 anni sono «un carosello di trasformismi e di autentici trasformisti: trasformisti botanici: dalla Quercia all'Ulivo, dall'Ulivo alla Margherita». Per non parlare, aggiunge il premier, dei «tradimenti, delle risse e degli psicodrammi parlamentari. Per esempio- conclude- stendiamo un velo pietoso sull'ultima esperienza governativa» di Romano Prodi.

E ancora: «Questa sinistra è incapace di governare, è sempre divisa e sa solo insultare. Anche per questo continua a perdere ogni consultazione elettorale». Ne ha anche per Veltroni, che per lui è stato «un bluff, l'ennesima finzione o almeno un improbabile azzardo», e per Franceschini, che «ha subito rinnegato quello che era stato il suo segretario per cercare di salvare il salvabile». Infine, si appella a «una sinistra riformista e un'opposizione moderna» perché «non possiamo caricarci i loro problemi sulle spalle» ma «abbiamo promesso solennemente di governare anche per quegli italiani che non ci hanno votato».

27 marzo 2009
da unita.it


Titolo: «Immortale e deludente. Ma resta un fenomeno»
Inserito da: Admin - Marzo 28, 2009, 03:54:09 pm
«Immortale e deludente. Ma resta un fenomeno»


di Marco Bucciantini


Ghezzi, Berlusconi punta al 51%, vuole chiudere la partita.
«Lo scenario è la cosa più interessante di un’oratoria deludente, ormai politica: nei riferimenti al palazzo, agli alleati, al pericolo dell’antipolitica. Lo scemare di retorica si risolleva però nei continui accenni all’immortalità».

Intanto nel 2013 c’è il Quirinale...
«Basta con questi calcoli elezione dopo elezione. Dileggiate e quindi sottovalutate l’impressionante insistenza su quel senso angoscioso del suo lavorare e del volere avere tutto il tempo per fare tutto. Punta ai 150 anni e non mi sembra frivolo: di puerile c’è solo il rincorrere scadenze prossime».

Sa, ogni tanto sviene...lavorare stanca, logora....
«Mi piacerebbe sentirlo parlare del 2050, o del 2771. Cosa intende fare fin là: questa è ambizione, che spero nutra con la retorica e non con le immagini di lui sul treno, fermo in un falso dinamismo: sembrava sovrapposto, appiccicato, e un fotoritocco apponeva il cappello da capotreno».

L’allestimento era in effetti immanente, infinito...e i giornalisti in gabbia, altrove, fermi a guardarlo in tv.
«Non mi fa paura questa sua esibizione. Temo il modo di appuntare le critiche su di lui. Lui sempre. Lui comunque. Trangugiamo Berlusconi a dosi enormi e si accetta il berlusconizzarsi di tutto. L’altro giorno sono stato piacevolmente colpito dagli ascolti per l’intervento di Saviano da Fazio. Ma la valutazione è a partire dal fenomeno mediatico, sennò non si conta nulla. Sembra un dibattere sulla pura forma: ma è la materia stessa».

Ma la stampa in gabbia suona strano. Non ha più bisogno di corteggiarla? La ingabbia come i tifosi in trasferta...
«Curioso: i giornalisti chiusi dentro e davanti all’immagine stessa. Possono essere distanti dieci metri e mille chilometri. Credono di partecipare (Berlusconi è lì) e in realtà vedono. C’è un fondo di onestà in questo comportamento, come quando inizia a dire: diminuiamo i parlamentari a 200. Anzi, meglio 55, e perché no? Uno per regione. È il pensiero di molti che ci siano troppi giornalisti e poca informazione, e troppi politici e pochi risultati. Lui ci mette la faccia, l’improntitudine a dirlo. Questa è la sua onestà e qui crea il feeling con la gente».

Ha visto: leggeva. Manco fosse un oratore al comitato centrale.
«Anche Cicchito in tv lesse la sua laudatio al capo. Preferisco questa verità spudorata rispetto a quei congressi dove si vantano rapporti umani nella relatà inesistenti. Quando si mostra un’assemblea “genuina”: un quadro fasullo che qui ci viene evitato».

E l’amico di Bush è già diventato l’amico di Obama: quanti riferimenti...
«Il vero limite della democrazia è di essere inevitabilmente livellante. Lasciate perdere i messaggi che promuovono le differenze. Il sistema cerca e si basa sulle similarità delle persone. Obama è un genio mediatico, che comunica via etere con l’Iran: in questo si avvicina a Berlusconi, che se potesse spiegherebbe ogni giorno a reti unificate le sorti magnifiche e progressive della sua Italia. E se la ricerca è verso persone che tendono a somigliarsi l’un l’altre, Berlusconi è bravo, allenato dalla sua lettura pubblicitaria del mondo, dagli adorati sondaggi».

E basta con i sondaggi!
«Ma la vita è un sondaggio, è un metodo continuo, ogni nostro spostamento è sondato».

mbucciantini@unita.it

28 marzo 2009
da unita.it


Titolo: Berlusconi: Fini è stato strepitoso. (B. ipocrita sotto schiaffo ndr).
Inserito da: Admin - Marzo 29, 2009, 11:37:00 am
E il premier elogia l'alleato «D'accordo sul biotestamento»

Berlusconi: Fini è stato strepitoso. E su Elisabetta: che stile

ROMA — Segue il discorso di Fini accanto alla compagna del suo alleato, Elisabetta Tulliani. Lo commenta con lei. Passo dopo passo. «Questo è una passaggio bellissimo, bravo Gianfranco, bravissimo». I due parlottano sottovoce. Elisabetta e il Cavaliere è una foto inedita, per un'ora diventa un simbolo del nuovo partito.

Quando il presidente della Camera conclude Berlusconi sale sul palco, lo abbraccia, poi dietro le quinte dimostra di aver apprezzato la compagnia: «Hai scelto una donna che è un modello di stile e di compostezza, devo farti i complimenti». I complimenti che il premier fa al suo alleato sono meno galanti, ma politicamente più significativi, quasi esagerati: «Hai fatto un discorso strepitoso, lo ripeto e ascoltate tutti, stre-pi-to-so, perché si sappia. E' il discorso migliore che io abbia mai ascoltato, strategico, di progetto». Troppi complimenti? Non sono finiti. Appartati con Fini e Berlusconi ci sono Tremonti, Ronchi, Bondi, Bonaiuti, La Russa, alcuni parlamentari. Berlusconi chiede che sia portato da bere, vuole brindare: arriva un prosecco. E i complimenti proseguono. Lasciando la Fiera di Roma il Cavaliere, con un sorriso, si dirà dispiaciuto: «Fini ha toccato tutti i punti del mio discorso di domani, tutti tranne l'ambiente, mi toccherà riscriverlo». E di ogni punto Berlusconi dice di condividerne i contenuti, «anche sul testamento biologico».

Anche questa è una frase che spende in pubblico, davanti a testimoni. Omette un commento sul referendum elettorale, sull'enfasi che Fini vi ha posto, ma sul testamento appare sincero: ha quantomeno apprezzato i toni del suo alleato, quel suo riconoscere una «posizione minoritaria» dentro il partito, depotenziandone gli effetti politici. E non dimentica, il premier, che su questi temi il suo imperativo è sempre stato la libertà di coscienza. «E' chiaro che in un partito che aspira ad avere il 51% dei consensi posizioni diverse possono essere una ricchezza, aumentare la capacità di rappresentanza», dirà poi ai suoi, limando il discorso di oggi, che chiuderà il congresso. Se la Lega non ha mandato giù le parole di Fini sul referendum, un referendum che se passasse vedrebbe Bossi in difficoltà, Berlusconi non si preoccupa: sa che il passaggio dal bipolarismo al bipartitismo non è per l'oggi, «è una meta di lungo periodo, che ho sostenuto anche nel mio discorso, ci possono essere differenza sulla tempistica, tutto qua».

Insomma la soddisfazione per un discorso «stre-pi-to-so» dell'alleato resta solida, nonostante i due distinguo. O forse proprio per quelli. Perché nessuno si aspettava che Fini pronunciasse un discorso berlusconiano, da pensiero unico. Nessuno, a cominciare dal Cavaliere, che però ha ascoltato felice le cose che più gli interessano: la necessità di riformare i regolamenti parlamentari, rendere più veloce ed efficace l'azione del governo, superare il bicameralismo perfetto. Temi che oggi riprenderà nel suo intervento. In quegli istanti, mentre Fini parlava dal palco, il Cavaliere guardava Elisabetta, seduta accanto a lui, e sottovoce, ripreso dai megaschermi della fiera di Roma, diceva: «Bravissimo».

Marco Galluzzo
29 marzo 2009
da corriere.it


Titolo: Pdl, Berlusconi eletto presidente: «Sinistra faziosa. Più poteri al premier»
Inserito da: Admin - Marzo 29, 2009, 03:56:14 pm
Pdl, Berlusconi eletto presidente: «Sinistra faziosa. Più poteri al premier»

Sfida a Franceschini: «Si candidi anche lui alle Europee Basta parentopoli nelle univeristà. Case alle giovani coppie»

 
 
 ROMA (29 marzo) - Il congresso del Pdl ha eletto Silvio Berlusconi presidente del partito, che, come annunciato da Giorgia Meloni, era l'unico candidato. Contemporaneamente il Cavaliere ha fatto ingresso nel padiglione dove si svolgono le assise, sulle note del motivo “Meno male che Silvio c'è”. E' stata Giorgia Meloni a far votare il congresso e a proclamare l'elezione di Silvio Berlusconi come presidente del Pdl. Prima di invitare i delegati ad alzare il cartellino, la Meloni ha comunicato che la commissione di garanzia ha «accertato la regolarità dell'unica candidatura pervenuta, quella dell'onorevole Silvio Berlusconi». E, quasi per giustificarsi, ha detto: «Sono le regole». Poi ha chiesto ai delegati di pronunciarsi: «Può anche essere eletto per acclamazione» ha detto Giorgia Meloni per evitare lungaggini. Quindi la proclamazione ufficiale di Berlusconi.

Il grande assente. Berlusconi votato dai delegati ma non da Fini che non parteciperà all'ultima giornata del congresso. A chi nota l'assenza viene subito spoiegato che non c'è nessun giallo:  il Cavaliere sapeva che oggi il leader di An non sarebbe venuto e Fini ha promesso di seguire il discorso in tv.

Berlusconi: sinistra arretrata e faziosa fa opposizione al Paese. «Grazie per la vostra fiducia e amicizia, per l'affetto. Mi avete affidato una entusiasmante responsabilità, quella di guidare il Pdl. Mi auguro di essere all'altezza, cercherò di non deluvervi mai» ha detto Berlusconi aprendo il suo intervento dal palco del Pdl. «Non esagerate, perché l'emozione e la commozione a una certa età può far male...» ha detto il premier mentre, salendo sul palco, veniva accolto da una standing ovation e da cori da stadio «Silvio Silvio». Poi, in un passaggio del discorso ha attaccato la sinistra. «Questa sinistra è arretrata e faziosa - ha detto - Ha ragione Tremonti: questa sinistra fa opposizione al Paese».

Lucida follia. Nel lungo intervento Berlusconi ha toccato un po' tutti gli aspetti della politica nazionale e internazionale ma ha anche voluto dare una spiegazione sulla nascita del Pdl. «Ieri Gianfranco mi ha fatto un complimento che mi ha fatto molto piacere: mi ha riconosciuto una lucida follia senza la quale non sarebbe nato il Pdl. Lo ringrazio per questo attestato anche perchè ha colto nel segno. Un pò matto lo sono stato davvero».

Il miracolo italiano. «La crisi che si è diffusa nel mondo è opera di un virus venuto dagli Stati Uniti. Nessuno al mondo può avere una ricetta sicura per debellare questo virus». ha aggiunto Berlusconi, parlando dal palco del congresso del Pdl. «Abbiamo agito tempestivamente e con saggezza facendo in modo che non venisse modificata la certezza del consumo e anche per il welfare a sostegno della parte povera della società per la quale i governi di sinistra non avevano fatto nulla. Dobbiamo continuare su questa strada». «La crisi non ci impedirà però di andare avanti e dobbiamo costruire insieme per noi e per i nostri figli un nuovo miracolo italiano come avvenne nel '94. Quello che ho detto il 26 gannio di quell'anno è ancora valido».  Prima la ripresa dopo la guerra, poi il boom economico degli anni '60. Ora Silvio Berlusconi dice che il Pdl «guiderà la terza ricostruzione dell'Italia. Usciremo dalla crisi più forti di prima ma anche dall'incertezza politica».

Il federalismo per pagare meno tasse. «Il federalismo, quando sarà a regime, porterà a una riduzione delle spese inutili. Tutto ciò che sarà risparmiato verrà utilizzato per diminuire le tasse. Abbiamo profondamente creduto nel federalismo e attuarlo non significa affatto pagare un tributo alla Lega».

Il partito degli italiani. «Oggi nasce il grande partito degli italiani. Siamo il Popolo della libertà. Alla libertà, alla dignità dell'uomo, ai pari diritti tra uomo e donna, alla sacralità della vita e alla difesa della famiglia naturale, noi non rinunciamo. Gli latri chiamo tutto questo “berlusconismo” ma i nostri riferimenti sono gli stessi del Partito dei popoli europei».

Casa e famiglia. «Mettere insieme una famiglia è una decisione diventata una scelta diciamolo pure coraggiosa. Per questo una parte importante del piano casa che realizzeremo tra breve sarà dedicata proprio alle giovani coppie per cui la ricerca di un'abitazione non dovrà rappresentare più un freno all'uscita dal guscio rappresentato dalla famiglia

Università e parentopoli. «L'università deve cambiare. No alla moltiplicazione dei corsi di laurea a vantaggio di parenti e amici per dare gli incarichi da docenti e ricercatori. Sì, invece, a premiare solo le università con l'offerta formativa migliore: 135mila studenti meritevoli di fasce sociali più deboli avranno vere borse di studio per andare avanti».

Costituzione da rinnovare. «La Costituzione va rivitalizzata e arricchita. Una delle missioni della nostra maggioranza è ammodernare l'architettura istituzionale dello Stato. Ha ragione Fini quando usa la metafora del calabrone e della farfalla. Ora è il tempo di passare dal calabrone alla crisalide ed è tempo che la crisalide diventi finalmente farfalla. Noi faremo di tutto perchè la farfalla, che rappresenta la nuova Italia, spicchi il suo volo».

Un premier senza poteri. Il Sunday Times ha scritto che Berlusocni vuole dare un potere reale alla carica di presidente della Repubblica ma Berlusocni ha preferito parlare dei poteri che non ha come premier. «Si è molto ironizzato su di me e sul ruolo di presidente del Consiglio, ma la verità è che io posso solo redigere l'ordine del giorno del Consiglio dei ministri ed esercitare la mia moral suasion. I poteri che la Costituzione assegna al presidente del Consiglio sono praticamente inesistenti. Vanno quindi rafforzati perchè la governabilità è ciò di cui il Paese ha bisogno».

Nuove regole senza mortificare il Parlamento. «La riforma dei regolamenti parlamentari, che sono immutati dai tempi della prima repubblica, non è più rinviabile e non mortificherà il Parlamento ma gli restituirà il giusto ruolo e la piena dignità. Una riforma necessaria per evitare che i regolamenti siano lo strumento e il pretesto per l'ostruzionismo da parte dell'opposizione. Il Parlamento potrà così valutare i provvedimenti secondo tempi che non sono posti dal governo ma dall'urgenza delle circostanze».

Le europee e la sfida a Franceschini. «Io non ho esitazioni ad impegnarmi concretamente alle prossime europee. Un leader deve avere il coraggio di farlo. Dicono che è una candidatura di bandiera? Ma è una bandiera dietro la quale ogni vero leader chiama a raccolta il proprio popolo. Sarebbe bene che anche un leader dell'opposizione, se esistesse un leader, facesse altrettanto. Le prossime elezioni europee sono molto importanti. Puntiamo a diventera il primo gruppo nel Ppe. In Italia ora siamo al 44 per cento ma un grande partito non si accontenta e si candida a ottenere il 51 per cento dei consensi».

Dopo un'ora, l'Inno alla gioia. È durato un'ora il discorso conclusivo del premier Silvio Berlusconi al congresso del Pd. Il premier attorniato da tutti i dirigenti del Popolo delle libertà chiude sulle note dell'Inno alla gioia e quindi dell'Inno italiano. Prima di scendere dal palco l'ultima investitura: «Vi nomino tutti missionari di libertà. La missione è quella di far crescere i consensi del nuovo partito, di vincere europee e amministrative, di radicare le nostre idee tra i vostri conoscenti, nei luoghi di lavoro. Siamo un partito aperto a tutti coloro che vogliono impegnarsi per il bene comune».

Lo Statuto del Pdl è stato approvato in precedenza dal congresso con 4 voti contrari e 5 astenuti sui 5.820 delegati presenti alla Fiera di Roma. Per effettuare la votazione, avvenuta per "alzata di cartellino giallo", come ha chiesto il presidente di turno dell'assemblea, Antonio Leone, è stato fatto salire sul palco un notaio, Antonio Patella, che ha verificato la correttezza delle procedure e l'assenza di ricorsi. Con tre voti contrari e 2 astenuti, è stato poi eletto il collegio dei probiviri, composto da nove membri.

I coordinatori. Il congresso del Pdl ha nominato i tre nuovi coordinatori: Ignazio La Russa, Denis Verdini, e Sandro Bondi. Nasce così il cosiddetto triumvirato che guiderà il nuovo soggetto unitario del centrodestra.

La Russa: non è una colpa avere tanti leader. «Non è colpa nostra se abbiamo abbondanza di leader. Tra Fini e Berlusconi e Franceschini e Veltroni passa la stessa differenza che c'è tra il giorno e la notte»: lo ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, nel suo intervento al congresso del Pdl, lamentando l'insistenza con cui Dario Franceschini continua a chiedere che il presidente del Consiglio non si candidi alle europee. La Russa era arrivato sul palco esordendo con un saluto ai militari italiani impegnati nelle missioni di pace, «dov'è il confine della libertà», e ai soldati che pattugliano le strade italiane e lancia il video organizzato in occasione della Festa delle Forze armate, che viene seguito dalla platea che al termine applaude in piedi. Non è mancata una frecciatina verso la Lega: «La Lega cerchi elettori fuori dal recenti comune latrimenti sarà competizione ad armi pari. Non è nemmeno possibile che sia sempre la coalizione della libertà a farsi da parte». Insomma, la Lega è stata avvisata così come l'Udc: «L'amico Casini non accetta il bipolarismo ma noi non torniamo indietro».

Bondi: sarò coordinatore con tenerezza. «Nel ruolo che il presidente Berlusconi e voi mi vorrete assegnare, continuerò a lavorare con spirito appassionato nel difendere il Pdl, con lealtà, rispetto e persino tenerezza nei rapporti personali» ha detto Sandro Bondi prima di essere eletto coordinatore. Bondi ha anche letto una lettera di Don Baget Bozzo, impossibilitato a partecipare di persona per problemi di salute, in cui viene definita la nascita del Pdl «un evento storico. E' l'unica possibilità - scrive il religioso-politologo - di dare un governo all'Italia. Il brutto anatroccolo è diventato un'aquila reale, e il governo Berlusconi è chiamato a creare una possibilità nella tempesta della crisi».

 
da ilmessaggero.it


Titolo: Casini: «Il premier sembra Alice»
Inserito da: Admin - Marzo 29, 2009, 04:00:11 pm
Casini: «Il premier sembra Alice»

Di Pietro: vuole azzerare la Costituzione


Bersani: «Da Berlusconi retorica e parole lontane dalla realtà»

 
 
 ROMA (29 marzo) - «Da Berlusconi un tipico discorso da vero e proprio ducetto: vuole azzerare la Costituzione e diventare il padre padrone della sua nuova azienda "Italia"». Così il leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro, commenta il discorso con il quale il premier, Silvio Berlusconi, ha chiuso il congresso fondativo del Popolo della libertà. «Berlusconi - sostiene Di Pietro - propone la riforma dei regolamenti parlamentari al solo fine di eliminare definitivamente quel che lui considera un inutile ingombro, ossia l'opposizione. Pretende che vengano dati maggiori poteri al premier, cioè a lui, così avrà mano libera su quello che lui percepisce come una zavorra: la democrazia. Insomma, dopo il controllo dell'informazione, l'attacco all'indipendenza della magistratura, l'indebolimento del sindacato, ecco il potere assoluto, ultimo tassello per il compimento del piano di rinascita democratica della P2, di cui Berlusconi è un noto affiliato».

Casini: il premier ripete sempre le stesse cose. «Il congresso del Pdl - dice il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini - splendido dal punto di vista scenico, ha ricalcato anche nel discorso quello di 15 anni fa. Nel frattempo Berlusconi è stato 7 anni, la metà del tempo, a palazzo Chigi. E oggi ripropone le stesse cose come se fosse Alice nel paese delle meraviglie. Le cose di cui Berlusconi ha parlato è chiamato a farle lui, e se finora non le ha fatte, non è certo perchè qualcuno non glielo ha consentito.
Quanto alle riforme istituzionali, se ne parla da lungo tempo. Non mi pare un elemento di grande novità».

Bersani: da Berlusconi parole lontane dalla realtà. «Molta retorica - commenta Pier Luigi Bersani - molta autocelebrazione, un'ennesima auto apoteosi di Berlusconi, niente di concreto per questo Paese, le parole sulla crisi sono state di una distanza stellare dalla realtà».

Fassino: il premier ha eluso i nodi di Fini, lo incalzeremo. «Ieri Fini ha posto la questione delle riforme istituzionali da fare insieme all'opposizione - haa sottolineato Piero Fassino - e ha detto che la laicità non può essere sacrificata. Oggi Berlusconi ha eluso questi nodi che sono rilevanti e sui quali noi incalzeremo il centrodestra, come lo incalzeremo soprattutto sulla crisi e sulle risposte ad essa perchè finora le risposte del governo sono state inadeguate». 
 
da ilmessaggero.it


Titolo: Casini: «Nessuno ha mai avuto il potere che ha lui»
Inserito da: Admin - Marzo 29, 2009, 04:01:13 pm
Congresso pdl, LE REAZIONI

Di Pietro: «Così realizza il piano P2» Bersani: «Premier distante dalla realtà»

L'attacco delle opposizioni dopo il discorso di Berlusconi.

Casini: «Nessuno ha mai avuto il potere che ha lui»
 

ROMA - Le repliche al discorso di Berlusconi in chiusura del congresso del Pdl non si fanno attendere. Il leader dell'Italia dei Valori Antonio di Pietro attacca a testa bassa: «Da Berlusconi un tipico discorso da vero e proprio ducetto: vuole azzerare la Costituzione e diventare il padre padrone della sua nuova azienda 'Italia'. Propone la riforma dei regolamenti parlamentari al solo fine di eliminare definitivamente quel che lui considera un inutile ingombro, ossia l'opposizione; pretende che vengano dati maggiori poteri al premier, cioè a lui, così avrà mano libera su quello che lui percepisce come una zavorra: la democrazia». Insomma, chiude Di Pietro, «dopo il controllo dell'informazione, l'attacco all'indipendenza della magistratura, l'indebolimento del sindacato, ecco il potere assoluto, ultimo tassello per il compimento del piano di rinascita democratica della P2, di cui Berlusconi è un noto affiliato».

CASINI - Il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini parla alla trasmissione «In 1/2 ora» su Raitre: «Berlusconi ripropone quella che ha proposto quindici anni fa, come se fosse Alice nel Paese delle meraviglie. Nessuno, in Italia, ha mai avuto tutto il potere che ha lui. Non credo che neanche De Gasperi lo abbia mai avuto. Anche lui come me ha preso impegni, come ad esempio l’abolizione delle province. Invece di questo non si parla neanche più, visto che è la Lega ad avere la golden share sulla materia». Insomma, per Casini «Berlusconi non ha fatto tutto quello che ha promesso, pur avendo un potere immenso». E sull'invito rivolto all'Udc: «Cerca di arrivare al 51% e sa che senza di noi non ci arriverà mai. Oggi nel Pdl ci sta chi sta sotto il mantello berlusconiano e non idee diverse».

BERSANI - Per Pierluigi Bersani, intervistato dal Tg1, l'ntervento di Berlusconi ha espresso sono «molta retorica, molta auto celebrazione, un'ennesima auto apoteosi, niente di concreto per questo Paese: le parole sulla crisi sono state di una distanza stellare dalla realtà».


29 marzo 2009
da corriere.it


Titolo: Denis Verdini "Che fatica metterli insieme"
Inserito da: Admin - Marzo 29, 2009, 10:37:43 pm
L'INTERVISTA/Denis Verdini

"Che fatica metterli insieme"

Il coordinatore di FI: "Io e La Russa abbiamo lavorato come due mediani: c'è voluto anche qualche calcio nel sedere"

di FRANCESCO BEI

 
Coordinatore di Forza Italia dalle elezioni del 2008, Denis Verdini (da Fivizzano, lo stesso paesino di cui è stato sindaco Sandro Bondi), è stato il "deus ex machina" del congresso del Pdl. Per mesi ha trattato a muso duro con il reggente di An, Ignazio La Russa, difendendo centimetro per centimetro gli spazi dei forzisti dagli assalti degli ex missini. E pure dentro Forza Italia ha fama di "cattivo" e non si è mai fatto mancare i nemici. Mentre gli operai smontano il palco della Fiera di Roma, il triumviro risponde a qualche domanda sul dietro le quinte del congresso.

Una vita sempre a spingere nell'ombra?
"La Russa ed io siamo stati mesi a giocare come due mediani, notte e giorno, fra mille difficoltà. E abbiamo anche dovuto dare qualche pedata nel sedere. Berlusconi e Fini hanno messo insieme gli elettori di Forza Italia e An alle elezioni di aprile. A noi è toccato invece il compito di mettere insieme le classi dirigenti, un compito per niente facile".

Così ha aggiunto altri nemici ai già numerosi che si è fatto compilando le liste elettorali. Nel Pdl dovrà camminare con i guardaspalle?
"Nemici? No, anzi spero di essermi fatto qualche amico in più visto che ho lavorato per il bene di tutti".

Dicono che lei non ascolti nessuno, è così?
"No, ma è vero che in certi momenti occorre assumere delle decisioni, perché il tempo incombe".

Decisioni in solitudine?
"La solitudine a volte è stata un obbligo: se stai ad ascoltare sempre tutti fai solo la somma di piccole cose e non costruisci nulla di più grande".

Si è fatto la fama del cattivo.
"Spero di no. Ma c'era da costruire questa grande cosa...".

Come sarà la convivenza al vertice di tre coordinatori con uguali poteri? Dicono che con La Russa e Bondi non vi sopportiate molto, è vero?
"Assolutamente falso, non c'è alcun problema tra noi. Con La Russa abbiamo lavorato insieme per mesi: è chiaro che in qualche momemnto abbiamo dovuto discutere, ma non c'è mai stata una rottura. Con Bondi poi... abbiamo lavorato insieme per anni".

Si dice che abbiate già trovato la nuova sede unitaria del Pdl, vicino al Parlamento. Lascerete via dell'Umiltà?
"Dal punto di vista operativo le due sedi di via dell'Umiltà e di via della Scrofa resteranno ancora per un po'. E' vero che abbiamo individuato una sede per l'ufficio di presidenza del Pdl, ma bisogna ancora firmare i contratti e pensare agli arredamenti".

Nel Pdl c'è ancora questo problema dei circoli. Chi l'ha avuta vinta?
"I circoli sono dentro il partito, saranno il punto dell'organizzazione più vicino ai cittadini".

E dipenderanno dal Pdl?
"Quando faranno le loro attività saranno indipendenti, quando faranno politica dovranno rispondere al responsabile Pdl sul territorio".

Verdini, uno dei motivi per cui non è amato in Forza Italia è che non risponde mai al telefono. Nel Pdl accenderà il cellulare?
"Adesso sì, adesso sarà tutto più facile. Il mio cellulare è già riacceso".

(29 marzo 2009)
da repubblica.it


Titolo: Presidenza e direzione: la struttura del nuovo partito
Inserito da: Admin - Marzo 29, 2009, 10:38:33 pm
Presidenza e direzione: la struttura del nuovo partito

di Riccardo Ferrazza
 


ROMA - Finisce con il palco affollato dai «big» del nuovo partito. A chiamarli accanto a lui, per l'ultimo atto del congresso fondativo del Pdl, è lo stesso Silvio Berlusconi, dopo un'ora di discorso preceduta dalla proclamazione a presidente nazionale. La sua, aveva annunciato poco prima il ministro Giorgia Meloni, è l'unica candidatura pervenuta (aggiungendo che la commissione di garanzia ne aveva «accertato la regolarità», un passaggio formale accompagnato da qualche sorriso in platea). Per ratificarla si è prima provata la strada dell'alzata di mano (che è poi in realtà del cartellino giallo consegnato a ogni delegato); poi per abbreviare le procedure si è deciso la semplice acclamazione.

Così, terminato il suo secondo e conclusivo intervento (il primo era stato pronunciato venerdì) Berlusconi ha voluto smorzare quell'impressione che ha accompagnato le tre giornate di assise di un solo uomo al comando. Ecco comparire, quindi, al suo fianco la nutrita schiera dei dirigenti del Popolo della libertà.

Lo Statuto - approvato stamattina dai 5.820 delegati con appena quattro voti contrari e cinque astenuti - prevede che ad affiancare il presidente del partito e a coadiuvarlo nelle scelte (tra cui nomine e cadidature) sia un ufficio di presidenza. Il primo organismo del Pdl è composto da 34 dirigenti: sono i ministri, i presidenti di regione, i sindaci (tutti ieri a fianco del premier) e anche il triumvirato dei coordinatori. Da tempo era noto che quest'ultimo sarebbe stato formato dal Ignazio La Russa (da oggi ex reggente di An), Denis Verdini (già coordinatore di Forza Italia) e Sandro Bondi (ministro della Cultura ma con una lunga militanza al vertice del partito azzurro). La nomima ufficiale spettava, però, a Berlusconi che tuttavia se ne è "dimentcato" una volta raggiunto da tutto il "gruppone". Si può dire, quindi, che la nomina dei coordinaitori sia avvenuta per chiamata sul palco.

La struttura di vertice del partito sarà completa solo con la Direzione nazionale, presieduta dal presidente e composta da 120 membri eletti dal Congresso «eventualmente anche con lista prevalentemente bloccata». Integrazione o completamento del plenum spetta al presidente e all'ufficio di presidenza.

Alla base c'è la distinzione tra aderenti e associati. I primi potranno votare ma non essere eletti, i secondi solo gli unici a potere esercitare entrambi i diritti (elettorato attivo e passivo). Infine, come indicato nello Statuto, per «allargare al massimo la partecipazione dei cittadini», il Pdl si avvarrà «delle opportunità offerte da internet». Una carta che potà risultare molto utile vista la forte presenza giovanile nei tre giorni alla Fiera di Roma.

29 marzo 2009
 
da ilsole24ore.com


Titolo: Berlusconi-Fini insieme, ognuno per la sua strada
Inserito da: Admin - Marzo 29, 2009, 10:39:40 pm
2009-03-29 17:46

Berlusconi-Fini insieme, ognuno per la sua strada


di Alessio Panizzi


ROMA - Un partito, due leader. Con ruoli e progetti diversi per il futuro. Finisce con questa immagine il primo congresso del Pdl. Silvio Berlusconi punta tutto sul suo governo e sul "popolo" che, da 15 anni, seppure tra alti e bassi, sostiene la sua leadership carismatica. La missione è la stessa del 1994: "cambiare l'Italia", vincere la scommessa sulla crisi economica mondiale, ammodernare le istituzioni dando "più potere" al capo del governo.

La sua forza è una maggioranza parlamentare strabordante, ma dovuta anche all'asse con la Lega. Per ottenere i suoi obiettivi, il Cavaliere è pronto anche a "fare da solo". Gianfranco Fini guarda oltre l'orizzonte della legislatura, si candida a guidare un centrodestra europeo, moderno, capace di affrontare le nuove sfide globali: l'inclusione sociale, l'integrazione, la bioetica, le grandi riforme costituzionali.

L'attitudine verso l'opposizione, politica e sociale, è opposta a quella del premier, forse anche grazie al suo ruolo di presidente della Camera. Il suo invito al dialogo, al confronto, alla coesione sociale è analogo a quello che più volte viene dal Quirinale. Un partito, due leader. Solo i prossimi mesi (e forse anni) diranno se le diversità di toni, di approccio, di progetti si potranno comporre in un solo disegno strategico. Per il momento, il Popolo della Libertà che nasce oggi si appoggia ora alla capacità istrionica e mediatica dell'uno, ora alla abilità e al progetto dell'altro.

 Nei fatti, però, il confronto tra i tre discorsi (quelli di venerdì e di oggi di Berlusconi, quello di ieri di Fini), mette in luce molte questioni irrisolte, richiede risposte che non sono venute. Oggi il presidente della Camera non era alla Fiera di Roma per ascoltare il Cavaliere - non c'era nemmeno il suo collega del Senato e le fonti ufficiali parlano di assenze 'istituzionali' concordate in anticipo - ma, se ci fosse stato, non avrebbe ascoltato risposte al suo intervento di ieri, se non nel rimpallo alla sinistra della responsabilità della "stagione costituente" che manca dall'esordio dell'era berlusconiana.

Per il resto, niente sul referendum, sul ddl da "Stato etico", sul testamento biologico, niente sulle leggi per la cittadinanza degli immigrati regolari, niente sui tre "patti" (generazionale, tra capitale e lavoro, tra Nord e Sud) che il presidente della Camera invitava a stringere con opposizione e forze sociali. Se il dialogo tra i due co-fondatori del Pdl non è stato pubblico, potrebbe essere stato privato. Ma la sfida del nuovo partito, se davvero dovrà durare "decenni", è anche quella di mostrare se funziona la comunicazione tra i suoi leader.
 
da ansa.it


Titolo: Silvio e Gianfranco divisi su ruolo del Parlamento e legge elettorale
Inserito da: Admin - Marzo 29, 2009, 10:40:39 pm
Silvio e Gianfranco divisi su ruolo del Parlamento e legge elettorale

di Barbara Fiammeri
 
 
 
L'attesa per l'intervento di chiusura di Silvio Berlusconi, dopo le "sfide" lanciategli ieri da Gianfranco Fini, è stata in parte delusa. E non solo perchè Berlusconi nulla ha detto a proposito del testamento biologico e del referendum, dopo le sollecitazioni giunte dal presidente della Camera. Ma soprattutto perchè quel che il premier oggi ha affermato era in gran parte già noto.

La strategia di Berlusconi non cambia. Lo conferma anche la scelta di richiamare e rileggere un capitolo del suo discorso di 15 anni fa. Berlusconi ha ribadito che sulle grandi riforme, a partire da quella costituzionale, la maggioranza è pronta ad andare da sola. Il dialogo con l'opposizione è difficilmente percorribile per il presidente del Consiglio, che nel descrivere i capisaldi che dovranno sorreggere la nuova architettura costituzionale si è soffermato molto sul rafforzamento dei poteri del premier («che oggi sono finti») e mai su quelli del Parlamento.

Il presidenzialismo più volte descritto dal presidente della Camera poggia invece su un modello in cui all'ampliamento dei poteri dell'esecutivo e in particolare del capo del Governo, corrisponde un rafforzamento di quelli di controllo e indirizzo del Parlamento. Due visioni che al di là delle «interpretazioni maliziose» sulle polemiche intercorse tra i due, confermano una distanza tra il Cavaliere e l'ex leader di An.

Fini disegna un Pdl che deve guardare oltre il suo recinto, che deve proporre una sua visione strategica per mettere oggi le fondamenta dell'Italia del futuro, sfidando la sinistra al confronto. Berlusconi invece è molto più legato al presente. Il premier non ritiene che ci siano le condizioni di dialogare con l'opposizione e dunque - sostiene - intanto facciamo la riforma dei regolamenti parlamentari, che comunque ci consentono di accelerare i tempi per i provvedimenti ritenuti urgenti dal Governo.

È una strategia che persegue da tempo, già emersa in occasione dei contrasti con il capo dello Stato (e con lo stesso Fini), che aveva richiamato il Governo sull'uso eccessivo dei decreti legge e del voto d fiducia, e che è poi deflagrata apertamente sul Dl Englaro. Berlusconi non vuole mettersi attorno a un tavolo, per decidere assieme quali siano le regole del gioco. Il premier si rivolge direttamente al al popolo. E in questa strategia si inserisce anche la scelta di confermare l'attuale legge elettorale. Fini aveva chiesto esplicitamente una parola chiara sul referendum, spiegando che un eventuale successo avrebbe accelerato il processo verso il bipartitismo. Berlusconi oggi quella parola non l'ha pronunciata.

Certo, ha pesato sicuramente il timore che Bossi potesse insorgere (per il Carroccio se passasse il referendum sarebbe la fine). Ma c'è anche qualcosa di più. E proprio Berlusconi lo ha spiegato nel suo primo discorso al congresso, quello di venerdì: quella legge infatti comunque consente di indicare il premier e la coalizione che lo sostiene, introducendo così surrettiziamente un'elezione diretta del capo del Governo che invece la nostra attuale Costituzione affida all'autonomia del presidente della Repubblica. Una prassi che, «grazie alla volontà del popolo», è ora iventata regola.

Due strategie diverse frutto anche, ovviamente, di ruoli diversi. Fini è il presidente della Camera e dunque riveste di per sé una posizione super partes. Ma l'ex leader di An, liberatosi dal confine del suo vecchio partito, sembra anche sentirsi più libero di affermare posizioni che oggi sono minoritarie ma attorno alle quali conta di costruire un consenso (Fini ha ricevuto molti più applausi ieri di quanti ne avesse presi una settimana prima al congresso di An). Berlusconi invece quel consenso ce l'ha già e non deve conquistare nulla, almeno fino a quando i numeri saranno dalla sua parte. È per qesto che non manca occasione di far conoscere i risultati da lui stesso commissionati (lo ha fatto anche ieri annunciando che il Pdl ha superat il 44% nelle intenzioni di voto) e che da sempre lo guidano nella sua azione politica.

Il Cavaliere finora ha confezionato un successo dietro l'altro e come dice - credendoci davvero - punta alla maggioranza assoluta.Certo c'è l'incognita della crisi. E non è poco. Soprattutto per un premier, a capo di un partito che viaggia attorno al 40% dei consensi e che gode di una solidissima maggioranza parlamentare.

29 marzo 2009
da ilsole24ore.com


Titolo: Di Pietro: "Ha parlato da ducetto"
Inserito da: Admin - Marzo 30, 2009, 09:18:53 am
Apprezzamenti da deputati e ministri della maggioranza

Ironico Menia (ex An): "Magari risponderà a Fini domani..."

Berlusconi, dal congresso solo applausi

Di Pietro: "Ha parlato da ducetto"

Duro anche Casini: "Nessuno gli ha impedito di fare ciò che chiede. Parlando così sembra Alice nel paese delle meraviglie"

di ALESSIO SGHERZA


 Berlusconi è sceso da poco dal palco mentre le reazioni al suo discorso di insediamento come presidente del nuovo Popolo della Libertà iniziano ad arrivare.
L'unico commento critico dall'interno è di Roberto Menia (ex An) che sottolinea l'assenza di risposte, nell'intervento del premier, alle questioni sollevate ieri da Gianfranco Fini: "E' stato - ironizza Menia - un discorso didascalico. Ho apprezzato ieri Fini che ci ha dato delle sollecitazioni alle quali immaginavo il premier avrebbe risposto oggi. Forse lo farà domani...".

A parte questa voce dissonante, dai rappresentati del nuovo partito è un coro unanime di apprezzamenti. In cui ognuno sottolinea elementi diversi. "Penso che il passaggio fondamentale - commenta Roberto Formigoni - sia quando Berlusconi dice che devono essere fatte le riforme. Le abbiamo fatte in passato e le hanno cancellate. Auspichiamo che l'opposizione non sia sul no pregiudiziale". Sulla stessa linea il capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto: "Sulle riforme istituzionali non riusciamo a capire qual è il punto di equilibrio del Partito democratico e Berlusconi è stato chiarissimo: ci auguriamo di farlo in due ma non ci faremo arrestare dai veti".

Berlusconi non ha parlato del referendum? Giusto così, secondo Italo Bocchino, vicecapogruppo Pdl alla Camera: "Ha eluso la questione perché credo che come presidente del consiglio abbia il dovere di farlo. Il governo deve decidere la data e dunque è parte in causa". E sul testamento biologico, altra questione evitata dal premier?
Bene anche quello: "E' una legge di iniziativa parlamentare - continua Bocchino - quando Berlusconi parla lo si accusa di invadere il campo del parlamento, quando tace per rispettare il parlamento lo si accusa di non aver parlato, dobbiamo metterci d'accordo".

Matteoli, sulla questione testamento biologico, preferisce commentare: "Berlusconi si era già espresso
precedentemente per la libertà di coscienza, una presa di posizione molto chiara che condivido completamente". La Boniver spiega che "la tenace capacità dimostrata in 15 anni da Berlusconi fa ben sperare che le tante agognate riforme, di cui l'Italia ha un disperato bisogno, potranno realizzarsi". Si allinea la Gelmini: "Quello di Berlusconi è stato un messaggio di speranza e di fiducia che guarda soprattutto alle nuove generazioni".

Da Udc e opposizione arrivano le critiche. "L'intervento di Berlusconi - sostiene Pier Ferdinando Casini - ha ricalcato il discorso della discesa in campo del '94. Solo che Berlusconi da allora la metà del tempo l'ha passata a Palazzo Chigi e dice oggi le stesse cose di allora come se fosse Alice nel paese delle meraviglie. Ma tutte le cose che chiede avrebbe dovuto farle lui, non mi pare che nessuno glielo abbia impedito".

La senatrice Anna Finocchiaro (Pd) ragiona sulle ripercussioni del discorso di Fini ieri sul Berlusconi di oggi: "E' evidente che le parole di Fini hanno messo in difficoltà il premier, costringendolo a reticenze e incertezze su tante cose, a partire ad esempio dal testamento biologico e dal referendum". Pier Luigi Bersani (Pd): "Molta retorica, molta autocelebrazione, un'ennesima auto apoteosi di Berlusconi, le parole sulla crisi sono state di una distanza stellare dalla realtà".

Il carico da novanta lo mette, come sempre, Antonio Di Pietro. "Da Berlusconi - dice il leader dell'Italia dei Valori - un tipico discorso da vero e proprio ducetto: vuole azzerare la Costituzione e diventare il padre padrone della sua nuova 'azienda Italia'. Propone la riforma dei regolamenti parlamentari al solo fine di eliminare definitivamente quel che lui considera un inutile ingombro, ossia l'opposizione; pretende che vengano dati maggiori poteri al Premier, cioè a lui, così avrà mano libera su quello che lui percepisce come una zavorra: la democrazia. Insomma - chiude Di Pietro - dopo il controllo dell'informazione, l'attacco all'indipendenza della magistratura, l'indebolimento del sindacato, ecco il potere assoluto".

(29 marzo 2009)
da repubblica.it


Titolo: Federico Garimberti - Berlusconi: saro' a Washington da Obama
Inserito da: Admin - Aprile 05, 2009, 11:59:30 pm
2009-04-05 20:14

Berlusconi: saro' a Washington da Obama


dell'inviato Federico Garimberti

PRAGA - Alla fine la bilaterale fra Silvio Berlusconi e Barack Obama ci sarà. A Washington, probabilmente prima del summit della Maddalena. Un invito, quello del presidente degli Stati Uniti, che arriva al termine del vertice Ue-Usa di Praga, ultimo di una serie di incontri internazionali a margine dei quali Obama ha parlato con tutti i leader del G8 che non aveva ancora avuto modo di conoscere. Ed anche qualcuno che non fa parte del circuito degli 8 grandi, come il greco Costas Karamanlis o lo spagnolo José Luis Zapatero. Una lunga lista (che comprende i leader di Polonia, Repubblica Ceca, India, Cina) nella quale non figura fino ad ora l'Italia.

In conferenza stampa, il presidente del Consiglio non sembra essere molto ansioso di dare la notizia dell'imminente incontro. Della visita parla solo alla fine e solo per rispondere all'ennesima domanda sul tema. "Il presidente Obama - dice - mi ha invitato a Washington". Poi, su insistenza dei cronisti che gli chiedono la data, aggiunge: "Ma ci siamo parlati un mare di volte in questi giorni... Credo comunque, anche se dobbiamo scegliere la data, che sarà prossimamente". D'altronde, precisa, "c'é una consonanza tale di vedute che sarà solo una visita di cortesia, come presidente del G8 in preparazione del summit".

E' lo stesso Cavaliere ad aggiungere una battuta, proprio per ironizzare sull'attenzione che la stampa dedica al tema: "Ridendo ho detto a Obama che i giornalisti italiani attribuiscono molta importanza al fatto che non c'é stata questa bilaterale; gli ho detto: se me lo chiedi, io te la concedo...". Una battuta, sottolinea, su cui "abbiamo riso" insieme. Berlusconi fa precedere l'annuncio dai consueti complimenti che, dall'inizio del tour europeo, riserva al presidente Usa: "Ha confermato tutte le aspettative; ha fatto veramente un'ottima impressione a tutti noi per la sua visione, la sua saggezza, la sua chiarezza e anche per la sua umiltà". Insomma, "ci ha colpito tutti profondamente".

Una "consonanza" che Berlusconi riscontra non solo sul piano umano, ma anche su quello politico. In questo è aiutato dalla doppia presa di posizione che lo stesso Obama annuncia in materia di crisi e di allargamento dell'Ue: prima sottolineando la necessità che in questo momento di difficoltà sia data precedenza a chi perde il posto di lavoro; poi sostenendo l'ingresso della Turchia in Europa. Politiche che Berlusconi sostiene da tempo e che ora trovano un'autorevole sponda oltreoceano. Tanto più che sull'ingresso di Ankara Francia e Germania si trovano in rotta di collisione con Washington.

L'Italia vede così uno spiraglio per recuperare quel ruolo di mediazione che, negli anni dell'amministrazione Bush, aveva fra le due sponde dell'Atlantico. "Penso si possa trovare un compromesso - osserva infatti Berlusconi - rimandando le regole sulla libera circolazione dei cittadini turchi". Convergenza che si ritrova sui temi economici: "Io e il presidente Obama diciamo esattamente la stessa cosa: non dobbiamo lasciare indietro nessuno", sottolinea il Cavaliere. Sintonia che, da quì all'incontro Washington, potrà estendersi ulteriormente. 


da ansa.it


Titolo: Berlusconi e... alcune delle sue patologie
Inserito da: Admin - Maggio 10, 2009, 11:40:12 am
2009-05-09 18:46


Berlusconi, credo di rendere un buon servizio a mio paese


 ROMA - "Credo di rendere un buon servizio al mio paese ed è per questo che credo sia giusto che il presidente del Consiglio spenda più del 50% del suo tempo in politica estera". Lo afferma il premier Silvio Berlusconi nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Chigi. "Lavoro bene - prosegue - nell'interesse dell'Italia e per la pace globale. Ho una militanza che dura da 15 anni e nelle riunioni, visto che sono il leader più anziano, prendo la parola per primo e questo mi consente di impostare in un certo modo le argomentazioni e poi intervengo per ultimo per trarre le conclusioni".

GOVERNO: IN UN ANNO 120 INCONTRI INTERNAZIONALI
Un anno di lavoro "intenso" anche per la politica estera, attraverso una serie di crisi mondiali e passando per quella finanziaria: lo ha ricordato il premier Silvio Berlusconi, in una conferenza stampa a palazzo Chigi nella quale ha fatto "il punto" del lavoro svolto in politica estera. "In questi pochi mesi ho avuto ben 120 incontri internazionali, dei quali la metà in Italia e l'altra metà all'estero", ha ricordato il presidente del Consiglio.

DOPO G20 A L'AQUILA RISPOSTE STRUTTURALI
Al G8 si farà il punto sulle misure decise a Londra dal G20 e "adotteremo le misure necessarie per uscire dalla crisi economica". Inoltre, al G8 di Luglio "ci concentreremo sulle misure strutturali per evitare distorsioni e rilanciare la crescita su basi solide e sostenibili". Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi in una conferenza stampa a Palazzo Chigi con il ministro degli Esteri, Franco Frattini.

G8: SI PARLERA' ANCHE DI PIRATERIA
Tra i vari temi che saranno affrontati al G8 ci sarà anche quello della pirateria. Lo dice il premier Silvio Berlusconi nella sua conferenza stampa a Palazzo Chigi. "E' un fenomeno che si sta rivelando con forme inusitate rispetto al passato", sottolinea Berlusconi.

G8: ENTRO MAGGIO TERMINATI LAVORI MADDALENA
"Voglio rassicurare la Sardegna perché entro maggio saranno conclusi tutti i lavori della Maddalena e da giugno ci sarà il collaudo". Lo afferma il premier Silvio Berlusconi, nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Chigi con il ministro degli Esteri Frattini.

G8: SCELTA L'AQUILA PER SOBRIETA' VISTA CRISI
"Abbiamo deciso di spostare il G8 a L'Aquila, sia per la solidarietà nei confronti della popolazione colpita ma anche per una questione di sobrietà per il momento di crisi internazionale". Lo afferma il premier Silvio Berlusconi, nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Chigi

VERSO NORMALIZZAZIONE RAPPORTI RUSSIA-OCCIDENTE
 "Siamo arrivati a un buon punto: nonostante la Nato non abbia cancellato le sue manovre, che erano previste da tempo, si sta andando verso una normalizzazione dei rapporti, un fatto assolutamente importante". Lo dice il premier Silvio Berlusconi parlando dei rapporti della Russia con l'Europa e gli stati Uniti e degli sforzi fatti dal governo italiano per evitare la crisi.


da ansa.it


Titolo: Silvio risolve: La monnezza? E' finita nella discarica di Ferrandelle
Inserito da: Admin - Maggio 13, 2009, 10:25:44 am
La monnezza scomparsa della Campania?

E' finita nella discarica di Ferrandelle


Una squadra di attivisti di Legambiente è riuscita a compiere un sopralluogo a Ferrandelle, una località che si trova tra i comuni di Casal di Principe, Santa Maria La Fossa e Grazzanise. Ecco le immagini e il servizio che documentano come i rifiuti scomparsi dalle città della Campania siano tenuti 'sotto sorveglianza' in una grande discarica a cielo aperto, in un'area completamente recintata. L'area, dichiarata sito di interesse strategico nazionale e strettamente vigilata, era stata confiscata al boss Francesco Schiavone, detto Sandokan. Doveva diventare una fattoria, invece è stata requisita dal Commissario straordinario per i rifiuti. E ora ospita, secondo le stime di Legambiente, almeno un milione di metri cubi di rifiuti indifferenziati

di Raffaele Sardo


Sono finiti a Ferrandelle i rifiuti scomparsi dalle città della Campania. Una località che si trova tra i comuni di Casal di Principe, Santa Maria La Fossa e Grazzanise.
Sono tenuti sotto stretta sorveglianza in un'area completamente recintata. Nessuno si può avvicinare più di tanto perché tutto il perimetro è stata dichiarato sito di interesse strategico nazionale e c'è una vigilanza molto attenta che allontana tutti quelli che cercano di guardare più da vicino.

Ieri notte una squadra di attivisti di Legambiente, guidati dal direttore dell'associazione ambientalista, Raffaele Del Giudice, sono arrivati sul posto per fare "un sopralluogo". "Ci sono montagne di rifiuti ammassate senza alcun controllo sui possibili danni sanitari e ambientali – spiega Del Giudice – mentre continua ad arrivare quotidianamente la monnezza da ogni parte della Campania". L'area dove sono depositati i rifiuti fu sequestrata al boss Francesco Schiavone, Sandokan, ed affidata al Consorzio Agrorinasce per farne una fattoria di prodotti tipici. Ma, nonostante l'avvio dei primi lavori per dare vita all'iniziativa, il terreno fu requisito in piena emergenza rifiuti.

I sindaci di Santa Maria La Fossa e Grazzanise, poco più di un anno fa, guidarono una clamorosa protesta alla testa delle popolazioni locali. Dopo un braccio di ferro con il Commissario per l'emergenza rifiuti, diedero il via libera alla costruzione di due piazzole che dovevano "ospitare" all'incirca 90 mila metri cubi di rifiuti. Ma in via temporanea e con l'impegno a bonificare il sito entro breve tempo. "Qui ce ne sono almeno un milione di metri cubi di rifiuti – spiega il professor Stefano Tonziello, di Legambiente - e continuano a crescere giorno dopo giorno, perché l'emergenza non è finita, ma è stata solo spostata dalle città. 

Qui arrivano rifiuti "tal quale", cioè senza essere selezionati a monte. E dunque non potranno mai essere bruciati nell'inceneritore di Acerra. Inceneritore che, peraltro, ora è in pieno collaudo e per vederlo operativo se ne parlerà almeno tra sei mesi." Nell'area tutt'intorno vi sono caseifici, allevamenti di bufale, campi coltivati a foraggio, pescheti, ortaggi, fragole, irrigati con le falde acquifere inquinate. Poco più in là, vi sono almeno altre sei discariche. Qualcuna dismessa, ma non morta definitivamente. "Forse il vero miracolo di Berlusconi – aggiunge Tonziello – è quello di aver messo a tacere tutto e tutti. Qui, lasciatemi usare il paradosso, è tutto fuorilegge per legge. Se queste cose le avessero fatte i privati, si sarebbero aperte sicuramente le porte del carcere.

Tenere in questo modo i rifiuti è da criminali. Senza considerare che tra poco con l'arrivo della stagione calda, tutt'intorno l'aria sarà irrespirabile, ma ci sarà anche un pericolo sanitario immediato per la salute delle persone". Non lontano da qui, a Santa Maria La Fossa, dovrebbe sorgere anche l'altro inceneritore previsto in Campania.
Nei campi intorno a Ferrandelle, intanto, la vita scorre come sempre: I contadini sui trattori, gli immigrati nei campi a lavorare, il foraggio che cresce rigoglioso, il percolato che continua a scorrere nella falda acquifera e le montagne di rifiuti che continuano a crescere.

(12 maggio 2009)
da repubblica.it


Titolo: Il direttore di CHI Signorini, il Cavaliere e Noemi (Ma che bell'Italia!).
Inserito da: Admin - Maggio 13, 2009, 11:13:51 am
Il direttore di Chi Signorini, il Cavaliere e Noemi

«Il Capo mi ha regalato uno scoop»

«Lui è unico, dopo un vertice ad Arcore va a Sharm e in discoteca. Berlusconi sta con il Paese reale»
 

Bum! La macchina (mediatica) del capo ha un buco nella gomma. E chi ci mette il chewing-gum? Il portavoce del premier? L’addetto stampa della presidenza del Consiglio?
No. Ci pensa un laureato in filologia medioevale con tesi su Lorenzo Valla, diplomato al Conservatorio, autore di libri colti come quello dedicato alla Callas e il recentissimo Chanel (Mondadori).

Un signore che sulla scrivania ha un volumone: «La pittura pompeiana» e alle spalle la copertina di Chi: «Silvio e Veronica, la favola spezzata».

Alfonso Signorini è un giovanotto di 45 anni conosciuto come «il re del gossip». Direttore, appunto, di Chi, direttore di Tv Sorrisi e Canzoni, primadonna sparpagliata su tutte le tv a «disquisire» con intelligente e provocatoria malizia. Nega, fingendo, di avere alcun ruolo nella definizione attuale dell’immagine berlusconiana, stretta tra dimensione pubblica e divagazioni private. «Mi piace raccontare le storie private degli uomini pubblici, piacciono a me e piacciono al pubblico. Dar loro voce non significa raccontare bugie. Per fortuna (per altri è una sfortuna) abbiamo un presidente del Consiglio anomalo. Che ama stare in mezzo alla gente. Che dopo una riunione ad Arcore va a Sharm e fa pure un salto in discoteca, in mezzo agli italiani». Demagogia politica? «Ma no. Voglia di stare con il Paese reale, non quello delle istituzioni lontane dalla gente». L’involontario uomo-immagine di Berlusconi non si lascia nemmeno sfuggire Pericle e Aspasia per una coraggiosa similitudine: lui Pericle-Silvio è il più affascinante, il più potente, padrone di (quasi) tutta Atene. Le donne gli cadono ai piedi, gli uomini lo amano per la sua indubbia capacità di leader.

Ma quando vede Aspasia-Veronica abbandona la moglie per andare a vivere con lei e alla fine la sposa. Pazienza se poi le cose cambiano. È comunque una bella favola.
Miriam-Cenerentola entra da principessa nella reggia di Macherio e Silvio l’accoglie vestito da principe azzurro. E le favole sono una fissa di Signorini: ai suoi lettori suggerisce che quella tra Silvio e Veronica è una «favola» spezzata, che se cerchi un posto da «favola» devi sfogliare la sua rivista (ci sono anche le «favole» della Seredova quella di Buffon e della Ilary quella di Totti), che se vuoi leggere una vita da «favola» devi comprare il suo libro su Chanel. Ammette che la sua è una captatio benevolentiae. Ah ho capito... «No, non ha capito, non nei confronti del Capo, nei confronti dei Lettori. Poi al capo sono riconoscente: mi ha dato la possibilità di fare uno scoop, un gran colpo giornalistico con le foto in esclusiva e il racconto della famosa festa a Casoria»: papà e papi, mami e fratelli, cugini e amici, camerieri e cuochi. «Foto e storia, tutto vero». La verità di Berlusconi... «Che in questo caso coincide con quella oggettiva». Magari qualche foto un po’ taroccata ci può anche scappare... «Scommettiamo? Le metto a disposizione gli originali, vada da un perito e torni con la sentenza. Poi vediamo chi ha vinto». Sono due menti geniali: Berlusconi e Signorini: per combattere i pettegolezzi sul premier scende in campo il re del gossip: «Fermo! Gossip e pettegolezzo sono due cose diverse: il pettegolezzo distrugge, il gossip costruisce».

E Signorini segue la sua «forma mentis»: «Vedo le foto di Noemi e ho un corto circuito: è come una madonna luminosa, una vergine delle rocce, un sublime erotico proustiano mischiato a un realistico choc pasoliniano». Ciò detto, sempre negando che lei sia l’uomo-immagine di Berlusconi, che consiglio gli darebbe in questo momento? Non sarebbe meglio lanciare lo slogan «Dimenticare Noemi» anziché continuare, come state facendo, il tormentone? Non era preoccupato, il Capo, per una possibile discesa del suo indice di popolarità? «Intanto l’indice è fermo lassù, al 74,8 per cento. E il mio consiglio è di non cambiare: continui ad andare in mezzo alla gente e nelle famiglie. Soltanto così si ha il senso del Paese reale. Sapete che cosa interessa adesso alla gente? Sapere se Berlusconi e Veronica si separeranno davvero o no. Interessa il feuilleton a prescindere dalle implicazioni morali dei personaggi e degli interpreti. Per fortuna siamo italiani e c’è sempre un Vesuvio a fare da sfondo alle nostre favole». E adesso speriamo: ricordate il costume da berbero sotto il quale si nascose Berlusconi per fare la sorpresona a Veronica (colpo di scena e regalo di compleanno) in un momento che sembrava un po’ difficile? Quelle foto noi comuni mortali non le abbiamo mai viste.

Signorini sì. Magari lo convince a sdoganare anche quelle. Tanto sono divertenti e innocue. E noi siamo italiani. Ci interesseranno sicuramente.

Francesco Cevasco
13 maggio 2009

da corriere.it


Titolo: MARCO BELPOLITI Politica a colpi di foto
Inserito da: Admin - Maggio 14, 2009, 04:54:30 pm
14/5/2009
 
Politica a colpi di foto
 

 
MARCO BELPOLITI
 
La battaglia si combatte a colpi di fotografie. Come nel marzo del 2001 Silvio Berlusconi e il suo entourage d’addetti all’immagine - la mitica Miti Simonetto in primis - s’affidano alle fotografie. Libero ha confezionato una nuova «Storia italiana», intitolata «Berlusconi tale e quale», ovvero conforme all’originale - prender su e portar via - in 16 fascicoli con tanto di raccoglitore cartonato in vendita a parte. Un nuovo fotoromanzo a puntate con le istantanee ricavate direttamente dall’archivio del Cavaliere e diligentemente orchestrate da attenti cultori del rotocalco illustrato. Grand Hotel o Bolero in versione aggiornata, come se non fossero trascorsi quasi 60 anni dall’epoca in cui le italiane e gli italiani si abbeveravano a quella fonte iconografica per alimentare i loro sogni alla stregua della sposina dello Sceicco bianco di Fellini.

L’Italia torna indietro agli Anni 50? A guardare Chi, il Who’s who della nuova casa reale di Arcore, sembrerebbe di sì. Nel numero della settimana scorsa campeggiava in copertina una meravigliosa immagine del líder máximo con la moglie. Il titolo eloquente: «Veronica, la favola spezzata».

Una foto in cui i due, marito e moglie, dimostrano molto meno della loro età: al massimo 50 anni lui e 40 lei. Dentro la didascalia: foto scattata la scorsa estate nella villa in Sardegna. Il viso del presidente del Consiglio appare disteso e rilassato, privo di rughe, con due piccole zampe di gallina intorno agli occhi, e un leggero sorriso stampato sul volto. Lei, più radiosa che mai, è a dir poco perfetta. Miracoli di Photoshop. Come alla fine degli Anni 80 e inizio Anni 90, quando la mitica Miti arrivava in gran segreto allo studio Imagik di Milano e si chiudeva nella stanza con le foto del Capo per farle correggere a colpi d’aerografo: calvizie, bozzo sulla fronte, naso. E dire che la discesa in campo era ancora lontana, eppure la cura dell’immagine già attentissima. Nella Bibbia dei poveri sparata da Vittorio Feltri nell’allegato c’è persino un’immagine degli Anni 70 distribuita dal costruttore di Milano 2 ai giornali, già ritoccata nella capigliatura e nel profilo. Un procedimento antico, che è l’analogo della restaurazione attuata oggi direttamente sul corpo del Capo mediante le tecniche del trapianto, del lifting e del cerone quotidiano - compreso un discreto, ma efficace, ritocco con la matita intorno agli occhi dato prima di scendere dall’automobile, come hanno notato i cameramen accorsi a ritrarlo in Abruzzo.

Questa settimana Chi torna alla carica e dedica la copertina a lui: «Il mio album di ricordi», con un Silvio-Maigret, con tanto di pipa, foulard di seta al collo e l’immancabile pollice in su, alla Fonzie, ovvero l’ennesima incarnazione del trasformista di Arcore. Nel medesimo numero continua la favola del compleanno napoletano con Noemi che si confessa: «Sono ancora illibata». La foto di lei con il fidanzato appena scoperto - o riscoperto - e i genitori sullo sfondo che si baciano, e dietro il profilo del Vesuvio, è un esempio perfetto della comunicazione attuata dal Grande Ufficio Stampa del Cavaliere, ovvero da Alfonso Signorini, direttore di Chi, la vera rivista politica del presidente del Consiglio. Dal glamour tutto zucchero e miele di «Una storia italiana», fondata sulla famiglia e sul successo imprenditoriale, siamo passati invece al gossip vero e proprio, edificatorio, se si vuole, ma pur sempre gossip quale chiave di autopromozione. La vicenda del divorzio da Veronica diventa così un pezzo della sua storia patinata, un ulteriore esempio di una carriera inarrestabile, e non, come capita a tutti i mortali, di una sconfitta personale.

L’immagine dell’attore consumato, hollywoodiano, prevale su tutto, almeno nei rotocalchi di sua proprietà, e l’intera storia si trasforma in chiacchiera, cicaleccio, rumore di fondo intorno a una vita inimitabile. Una favola per adulti in un mondo massmediatizzato, in cui tutto scompare dietro alle figurine dell’album personale che da privato si trasforma in pubblico: l’album di tutti gli italiani. Si torna agli Anni 50, eppure nel contempo ci si lancia in avanti in una realtà postmoderna, in cui anche l’intimità viene usata a scopo pubblicitario. Persino la chiacchiera più negativa sulla vita sessuale del Capo diventa materia di visione pubblica, incanalata con stupefacente bravura sui giornali patinati del proprio gruppo editoriale. Così, mentre in Abruzzo, vestendo l’abito e il maglioncino nero, il leader politico si trasforma in un santo taumaturgo - un Padre Pio senza stigmate, almeno per il momento -, per farsi toccare dalle folle, alternando questo alla sua naturale propensione a fare il Dj, l’animatore turistico, alla Fiorello prima maniera, negli album sfoderati da Feltri e Signorini si presenta direttamente come «un uomo unico al mondo» («non posso evitare di essere me stesso», ha risposto a Ferruccio de Bortoli a «Porta a porta»).

In quello di Feltri, nella prima puntata appare in copertina come padre amoroso (dei figli di Veronica) e nella seconda è l’interlocutore di Gheddafi (il Colonnello ride, ma chiude gli occhi, Silvio ride e guarda dritto in macchina). Nella «rivista politica» di Signorini, Berlusconi-Re Sole è colui-che-va-verso-il-popolo e sfoglia compiaciuto il proprio album: dai 4-5 anni ai 17, la medesima età di Noemi, anzi più giovane di lei, che nell’articolo seguente parla della propria verginità. E la ragazza appare degna seguace del suo Papi, poiché è ricorsa, come dice il fidanzato su un altro periodico in edicola, Novella 2000, a Photoshop, per accomodare il proprio sedere. Il narcisismo traboccante del presidente del Consiglio non è un segreto per nessuno, così come la sua volontà di presentarsi come uno specchio degli italiani. Gli riesce, sui giornali di famiglia, dove la concorrenza non esiste. Ma sembra capace anche del contrario: fare degli italiani il proprio personale specchio, la superficie riflettente in cui si guarda. Un miracolo che, per durare, ha bisogno di massicce dosi d’incantamento. L’archivio fotografico accumulato nei decenni, e ora sapientemente usato, lo aiuta. Gli anni passano, ma come nel racconto di Wilde, che ha per protagonista Dorian Gray, lui è sempre bello e giovane. Nei romanzi, e ora anche nei fotoromanzi. Fin che lo specchio non si rompe.
 
da lastampa.it


Titolo: Il Times attacca Berlusconi
Inserito da: Admin - Giugno 01, 2009, 11:27:02 pm
Il premier: «Non servono più chiarimenti, sU NOEMI HO GIà detto TUTTO»

Il Times attacca Berlusconi

La replica: falsità insufflate da sinistra

Il giornale: «Il peggio non sono le ragazze candidate a Europarlamento, ma il disprezzo verso gli italiani»
 


LONDRA - Durissimo attacco del Times nei confronti di Silvio Berlusconi. «L'aspetto peggiore del comportamento di Berlusconi non è il fatto che sia un buffone sciovinista. E nemmeno che si accompagni con donne di 50 anni più giovani, abusando della sua posizione per offrire loro lavoro come modelle, assistenti personali e anche, suona assurdo, candidate al Parlamento europeo. La cosa più scioccante è l'assoluto disprezzo con il quale tratta gli italiani». Inizia così l'editoriale del quotidiano londinese, di proprietà del magnate Rupert Murdoch, padrone anche di Sky, dedicato al presidente del Consiglio italiano.

«ANZIANO LIBERTINO» - Continua poi l'articolo: «L'anziano libertino (Lothario sul Times, ndr) può trovare divertente, o anche temerario, fare il playboy, vantandosi delle sue conquiste, umiliando sua moglie, o facendo commenti che per molte donne sono grottescamente inappropriati. Non è il primo o il solo il cui comportamento privo di dignità sia inappropriato per la sua carica. Ma quando vengono poste domande legittime su rapporti che toccano lo scandaloso e i quotidiani lo invitano a spiegare associazioni che, nella migliore delle ipotesi, lasciano perplessi, la maschera del clown cade». Berlusconi «invoca la legge per proteggere la sua "privacy", rilascia dichiarazioni elusive e contraddittorie e poi promette melodrammaticamente di dimettersi se verrà scoperto a mentire». L'editoria prosegue ricordando le domande alle quali Berlusconi non ha mai risposto, le foto di Villa Certosa fatte sequestrare e il ministro degli Esteri Frattini che ha puntualizzato che in Italia i rapporti sessuali non consenzienti riguardano solo i minori di 14 anni. Infine il Times ricorda che tutto ciò non è solo una questione interna italiana, ma l'Italia ha la presidenza di turno del G8, è un importante membro della Nato e Berlusconi si è dichiarato amico personale di Putin.

REPLICA DI BERLUSCONI - Silvio Berlusconi ha liquidato l'articolo del Times in poche parole durante l'intervista a 28 Minuti di Barbara Palombelli su Radio 2: «I giornali stranieri sono in collegamento diretto con quelli della sinistra italiana: sono cose ispirate e insufflate dalla sinistra italiana che spinge per ottenere attenzione alle nostre vicende viste dalla loro parte. La carta dei valori della sinistra è diventata Novella 2000». Il Cavaliere però ammette che il suo consenso, che era «al 75,1%», è sceso «al 73%». Per quanto riguarda eventuali chiarimenti, a differenza di quanto aveva affermato il 25 maggio in un'intervista alla Cnn, ha dichiarato che non ce n'è più bisogno: «Ho già chiarito tutto: le veline non vero, minorenni assolutamente non vero, Mills assolutamente non vero. Calunnie che si ritorceranno contro chi le ha agitate». Berlusconi ha poi proseguito affermando di «non avere molto tempo per guardare la tv, e non ne sento la mancanza». Sulla polemica tra Enrico Mentana e Mediaset: «Faccio tanti auguri a Mentana, con il quale non ho mai avuto contrasti e c'è stima reciproca: che possa ritornare a fare al più presto il giornalista televisivo, mestiere in cui è molto bravo». Sulla crisi alla giunta regionale siciliana, ha detto che si tratta di «una questione locale e frutto di contrasti personali, ma sono certo che si risolverà. Me ne occuperò dopo le elezioni». Sull'incontro con Obama alla viglia del G8: «Parleremo di tutto, ci sarà anche il codice delle nuove norme che dovranno regolare la vita finanziaria ed economica del futuro».


01 giugno 2009
da corriere.it


Titolo: Times: «Cade la maschera del clown»
Inserito da: Admin - Giugno 01, 2009, 11:28:00 pm
Times: «Cade la maschera del clown»

Berlusconi: giornale insufflato da sinistra

Il premier: veline e Mills? Già chiarito tutto.

Polemiche sui voli di Stato, interrogazione del Pd.

Di Pietro: offesa a famiglie

 
 
ROMA (1 giugno) - «Cade la maschera del clown» titola il Times. «Berlusconi, lo scandalo alle calcagna» scrive in prima pagina il quotidiano parigino della gauche, Libération. Ma il premier non resta a guardare e ribatte in particolare al Times definendolo un giornale ispirato e insufflato dalla sinistra italiana.

Times: tratta gli italiani con disprezzo. «Berlusconi deve rispondere alle accuse di essere un donnaiolo e a quelle su comportamenti inappropriati. La qualità di governo non è un fatto privato» scrive il giornale di Londra. «L'aspetto più di cattivo gusto del comportamento non è che egli sia un buffone sciovinista - scrive il quotidiano - Né che egli si accompagni con donne che hanno 50 anni meno di lui, abusando della sua posizione per offrire loro lavori come modelle, assistenti personali o persino, assurdamente, candidate per l'Europarlamento. La cosa più scioccante è l'assoluto disprezzo con cui tratta gli italiani».

Berlusconi viene definito «l'anziano libertino» che «può trovare divertente, o anche temerario, fare la parte del playboy, vantandosi delle sue conquiste, umiliando sua moglie, o facendo commenti che per molte donne sono inappropriati in maniera grottesca». Ma alle «domande legittime su rapporti che toccano lo scandaloso (..) la maschera del clown cade. Minaccia quei quotidiani, e televisioni che egli controlla, invoca la legge affinchè protegga la sua privacy, rilascia dichiarazioni elusive e contraddittorie e poi promette melodrammaticamente di dimettersi se verrà scoperto a mentire».

L'associazione con lo scandalo Clinton. «La vita privata di Berlusconi è, ovviamente, privata - prosegue l'editoriale - Ma come ha scoperto il presidente Clinton, lo scandalo non va d'accordo con un'alta carica». Molti possono anche dire «che l'Italia non è l'America, ma questa è una sciocchezza detta con senso di superiorità».

Vicenda riguarda anche altri paesi. Per il Times quello che sta succedendo in Italia è importante e riguarda anche altri paesi. Si ricorda che l'Italia ospita il vertice del G8, e che «Berlusconi si vede come un amico di Vladimir Putin, il suo paese è un importante membro della Nato, è anche parte dell'Eurozona». Quindi non sono solo gli elettori italiani a chiedersi cosa stia succedendo, ma anche gli alleati.

Liberation: Berlusconi lo scandalo alle calcagna. «Per soffocare il caso Noemi - scrive Liberation in prima pagina - ha fatto vietare la pubblicazione di foto degli invitati nella sua villa in Sardegna, fra le quali quelle della sua giovane amica, allora minorenne». «Una santa moralità privata - scrive Francois Sergent, uno dei tre vicedirettori - non garantisce una buona politica. Monica non ha impedito a Clinton di essere un grande presidente. Il buon costume di Khomeini non gli ha vietato di essere un sanguinoso dittatore».

«I modi di papà indulgente e rimbambito (gioco di parole in francese fra “papa gateaù” e “gateux”, ndr) del Cavaliere dovrebbero riguardare soltanto i suoi figli e sua moglie, oltre ai genitori della ninfetta». Ma il Cavaliere «ostenta la sua vita privata ed espone la sua famiglia, ha messo i figli in tutte le sue imprese». Berlusconi «mantiene la confusione fra la sua pratica politica e la sua vita privata e di uomo d'affari» definita una «pericolosa miscela».

Berlusconi risponde sul Times. «I giornali stranieri - dice il premier ai microfoni di 28 Minuti, su Radio Due- sono in collegamento diretto con i giornali della sinistra italiana: sono cose ispirate e insufflate dalla sinistra italiana».

Il premier: «Da giornali sinistra gossip e calunnia». «Sono stati i giornali della sinistra che hanno riempito il vuoto del programma della sinistra con il gossip e una calunnia». Ma la «campagna di invidia e odio sarà un boomerang» per il centrosinistra.

«La carta dei valori della sinistra è diventata Novella 2000» ha spiegato il premier.

Veline e Mills. «Io già chiarito tutto» dice Berlusconi. Veline? «Non vero»; minorenni? «Si immagini»; Mills? «Non vero». Sono tutte «calunnie pure e semplici, che si ritorceranno contro chi le ha agitate».

«Governerò per altri 4 anni». Commentando le parole di Maroni di ieri sulla volontà di alcuni «ambienti» di volerlo vedere «morto» Berlusconi ha spiegato che quello «era modo di dire colorito per dire quello che è vero: io ho ancora quattro anni di governo davanti, una grande maggioranza una alleanza fortissima con la Lega e quindi c'è qualcuno che si dispera». Alcuni suoi amici, ha però ribattuto la conduttrice, la dipingono come un uomo solo. «Veramente io sono immerso nei miei collaboratori, nei miei colleghi del Pdl, è difficilissimo che io mi trovi a essere solo: se è stata detta con affetto è una cosa che accetto, ma garantisco che non è così».

Casini: politica si occupa solo della vita premier. Critico il leader dell'Udc che parla di «inquinamento morale che ammorba la politica». Il governo «si preoccupa di contrastare, o guidare, non ho ben capito, le finte rivelazioni sulla vita privata di Berlusconi» invece di problemi reali come i rifiuti, la situazione in Abruzzo «siamo sulla luna, non è questo che gli italiani vogliono» dice. «Che in questa campagna elettorale si parli, non della gente, che non riesce a pagare la luce e il gas o che deve rateizzare le tasse scolastiche e degli asili nido per i propri figli, ma che si costruiscano o si contrastino versioni di comodo sulla vita privata di Berlusconi, è il segno del degrado della politica, e della distanza che c'è tra chi ci governa e ci guida e i problemi del Paese».

La polemica sui voli di Stato. «Quali sono i criteri e le regole che la Presidenza del Consiglio ha adottato per determinare le modalità e i limiti nell'uso dei suddetti voli?» chiede il Pd, con un'interrogazione firmata dai vicepresidenti Marina Sereni e Gianclaudio Bressa e dai deputati Ettore Rosato, Emanuele Fiano, Federica Mogherini, Roberto Zaccaria e Sesa Amici, chiede anche alla Camera, come al Senato, chiarimenti sull'utilizzo dei voli di Stato.

Il leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro conferma la presentazione di un'interrogazione parlamentare «contro i privilegi della casta» e sull'utilizzo dei voli di Stato «per portare veline e cantastorie nelle ville private, a rallegrare le serate di questo o quel satrapo di turno». Di Pietro parla di «offesa a tante famiglie che non arrivano a fine mese e a tanti operai a casa in cassa integrazione o che purtroppo non hanno proprio più il lavoro».

Il Condacons ha presentato una denuncia alla procura di Roma per 'uso «improprio» dei voli di Stato.

da ilmessaggero.it



Titolo: Bersani: è un miliardario irresponsabile
Inserito da: Admin - Giugno 01, 2009, 11:30:46 pm
Berlusconi: di crisi non è morto nessuno

Bersani: è un miliardario irresponsabile

Festa 2 giugno, al Quirinale fischi e applausi per il premier che poi si sfoga con gli invitati: «Sono vicino a scoppiare»

 
ROMA (1° giugno) - «Tutti dobbiamo darci una mano sapendo che di questa crisi non è morto e non morirà nessuno, e che c'è un governo vicino a chi ha bisogno, che ci sono banche che sono lì per fare il loro mestiere. Dobbiamo guardare al futuro con volontà ed ottimismo»: lo ha detto oggi il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in un'intervista a Rete Oro. «Senza ottimismo - ribadisce - non si va da nessuna parte. Il fattore psicologico è fondamentale». E cita i dipendenti pubblici, che «sono persone che non hanno alcun motivo per cambiare abitudini di acquisto e esigenze di vita in questa crisi, che non ha niente di strutturale. Siamo un Paese di famiglie risparmiatrici, con sistema bancario solido, con la seconda impresa manifatturiera d'Europa dopo la Germania. Abbiamo le conduzioni per poter uscire meglio degli altri dalla crisi. Crediamoci e cerchiamo di essere ottimisti impegnandoci magari a essere disponibili a lavorare di più».

Bersani: il premier è un miliardario irresponsabile. «Solo un miliardario irresponsabile come Berlusconi può dire una cosa del genere»: così il responsabile economico del Partito democratico, Pierluigi Bersani, ha commentato le parole del premier secondo il quale «di questa crisi non è morto e non morirà nessuno».

Applausi e fischi per il premier davanti al Quirinale. In occasione del ricevimento al Quirinale per la festa della Repubblica, il presidente del Consiglio è stato accolto da applausi e fischi da parte di un piccolo gruppo di persone riunitesi nella piazza davanti al palazzo presidenziale. Il premier è sceso dalla vettura blindata alcuni metri fuori dal portone d'ingresso del Quirinale. Dall'altro lato della strada, davanti all'ingresso della Corte costituzionale, erano assiepate un centinaio di persone. Alcune hanno iniziato ad applaudire, mentre altre lo hanno fischiato e un piccolo gruppo faceva dei gesti con il pollice verso. Consensi e contestazioni che, ad un primo colpo d'occhio, erano equamente distribuite. Impassibile, il presidente del Consiglio ha salutato e sorriso entrando dal portone principale.

Il ricevimento al Quirinale. Il presidente Napolitano ha accolto nella Sala degli Arazzi, anticamera dello studio presidenziale alla Vetrata, il premier Silvio Berlusconi e il presidente del Senato, Renato Schifani, prima del ricevimento nei saloni del palazzo del Quirinale. Assente, fra le cariche istituzionali, il presidente della Camera Gianfranco Fini. Fra il capo dello Stato, il premier e il presidente dell'aula di palazzo Madama un saluto e un breve colloquio, prima del loro ingresso nel Salone dello Zodiaco, per salutare gli invitati. Napolitano, seguito da Berlusconi, da Schifani e dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, ha attraversato prima la Sala dei Parati, quindi il Salone degli Specchi e il Salone delle Feste, stringendo le mani agli invitati che già dalle 5 del pomeriggio erano stati dirottati dai giardini presidenziali all'interno del palazzo del Quirinale, a causa del maltempo che ha interessato Roma.

Il premier: sono vicino a scoppiare. «Una cosa indegna, vergognosa... Sono vicino a scoppiare»: così, al Quirinale, il presidente del Consiglio si è rivolto ad uno degli invitati alla festa per il 2 giugno, descrivendo il suo stato d'animo dopo la pubblicazione delle motivazioni di condanna dell'avvocato David Mills. Tra strette di mano e saluti, infatti, il premier si è sfogato per le polemiche delle ultime settimane. «Sono tutte calunnie» ha detto ad uno degli invitati che lo spronava a non mollare. «Oggi - ha aggiunto parlando con una coppia siciliana - mi hanno tirato in ballo anche per il problemuccio a Palermo. Non ne sapevo nulla, ma ho inviato subito Bertolaso per risolvere». A più partecipanti alla festa, Berlusconi ha spiegato di essere «assediato dal mal di collo», ma non si è sottratto alle battute. «Da quanto ci conosciamo? - ha detto rivolto ad Antonio Verro, consigliere di amministrazione della Rai in quota Pdl - Da 35 anni? Beh, allora non sei minorenne...».

«Su Noemi ho già risposto, non andro più in Aula». «Alla domanda che era giusto mi venisse posta, ho riposto e non credo che ci sia più bisogno di riferire in Parlamento»: così il premier risponde a chi, durantre il ricevimento, gli chiede se è ancora intenzionato a riferire in Aula sul "caso Noemi". Dopo aver osservato di non «voler più tornare» su questo argomento, aggiunge «ne hanno parlato tanto gli altri».

«Le foto? Tutte calunnie. Ho male al collo: a sinistra non riesco a guardare». «Le foto? Sono tutte calunnie e le calunnie hanno le gambe corte, sarà un boomerang che si rivolgerà contro di loro» dice il Cavaliere a una signora che gli chiede se sia un momento difficile. «Sono sempre sereno» dice Berlusconi stringendo un'altra mano. «Non sono preoccupato - spiega poi in un'altra breve conversazione con uno degli ospiti - ho solo male al collo». Un dolore che, riferisce Berlusconi al presidente della Repubblica e alla moglie Clio, lo tormenta un po': «A destra non posso guardare e a sinistra mi è sempre risultato difficile», dice scherzando.

«L'incontro con Mentana». Nel corso di una lunga passeggiata fra i saloni del Quirinale il premier incontra tante persone. C'è anche Enrico Mentana con il quale all'inizio il saluto è un po' freddo: «Presidente la devo ringraziare», dice l'ex conduttore di Matrix, probabilmente con riferimento alle parole di stima pronunciate oggi dal Cavaliere nei suoi confronti. «Forza, forza, se vuoi passare a trovarmi sono sempre a disposizione» è la risposta.

«L'intervista alla Palombelli è un'eccezione: le interviste le faccio solo con le minorenni». Accanto a Mentana c'è Barbara Palombelli, conduttrice di "28 Minuti" dove Berlusconi è stato ospite proprio questa mattina: «Ho fatto una eccezione perché faccio interviste solo con le minorenni», le dice scherzando. Nel salone successivo Berlusconi incontra il marito della giornalista, Francesco Rutelli: «Stamattina ho avuto un rapporto con la famiglia» gli dice ridendo. «Passa all'argomento successivo che in questo periodo non è il caso» replica l'esponente del Pd. Infine, il premier, rivolto a un giornalista del Corriere della Sera, chiede con un tono un pò polemico: «Perchè date tutto questo risalto a queste calunnie?». 
 

da ilmessaggero.it


Titolo: Festa Repubblica, premier in ritardo causa «telefonate istituzionali»
Inserito da: Admin - Giugno 02, 2009, 11:53:58 am
Festa Repubblica, premier in ritardo causa «telefonate istituzionali»


Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è arrivato con circa un quarto d'ora di ritardo alla tribuna d'onore per assistere alla tradizionale parata militare ai Fori Imperiali in occasione della "Festa della Repubblica". Quando il premier è arrivato a sedersi aulla sua sedia, la parata era già iniziata da 12 minuti, preceduta dall'arrivo del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a bordo della Flamina decappottabile, scortato dai corazzieri a cavallo.

Fonti del governo hanno spiegato il ritardo con una serie di telefonate istituzionali ricevute dal premier proprio in occasione della ricorrenza del 2 giugno.

Berlusconi ha raggiunto le alte cariche istituzionali dal retro della tribuna d'onore, accomodandosi tra il presidente del Senato Renato Schifani e il ministro della difesa La Russa. Solo dopo circa un minuto, la stretta di mano con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, accompagnata dal gesto dell'allargamento delle braccia, come a volersi scusare.

Napolitano, ha raggiunto via dei Fori Imperiali a bordo della Flaminia presidenziale, scortato dai corazzieri a cavallo, e ha preso posto sul palco: la banda dell'Arma dei carabinieri ha dato il via alla «Rivista militare» per la festa della Repubblica.

Una parata quest'anno più sobria, che ha tagliato tempi (80 minuti invece dei tradizionali 90) e partecipanti (circa 6 mila 400 contro i 7 mila 200 della passata edizione) e anche ridimensionato i tradizionali allestimenti lungo il percorso.  Con i risparmi così ottenuti, il ministero della Difesa ha potuto devolvere un milione di euro a favore delle zone terremotate dell'Abruzzo.  La sfilata lungo via dei Fori Imperiali - il cui tema è «La Repubblica e le sue forze armate» - è articolata in 7 settori e prevede la partecipazione di 264 bandiere e medaglieri, 5 mila 890 militari, 500 civili, 209 tra cani e cavalli, 284 mezzi e 9 velivoli, le Frecce Tricolori.

«Il 2 giugno si celebra la proclamazione della Repubblica, passaggio decisivo nel lungo e travagliato cammino storico che l'Italia ha dovuto percorrere per poter fare definitivamente propri i principi di democrazia, libertà, eguaglianza e giustizia sui quali si fonda la nostra Carta Costituzionale. In questa giornata, il nostro deferente omaggio e la nostra riconoscenza vanno a tutti gli italiani che persero la vita in spirito di fedeltà alla Patria nella guerra voluta dal fascismo ed a coloro che, animati da un nuovo senso dell'interesse nazionale, caddero successivamente per far sì che l'Italia riconquistasse libertà, indipendenza
e unità». Lo ha scritto il Presidente della Repubblica nel messaggio inviato al Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Vincenzo Camporini.

«Sono trascorsi sessantatre anni da quel 2 giugno 1946. Ma quei valori - scrive il Capo dello Stato - divenuti principi della Costituzione repubblicana, sono oggi ancora e più che mai condizione e guida per la costruzione di un'Italia coesa, prospera, solidale; per un'Italia che sia sempre più elemento propulsivo di un'Europa finalmente unita, ancora una volta protagonista dello sviluppo economico e del progresso sociale, civile e culturale della comunità internazionale.

Nel grande scenario di un mondo sempre più interconnesso, nel quale i paesi democratici sono ormai affratellati da comuni principi ed obiettivi di sviluppo, le Forze Armate non sono più concepite al servizio di pretese nazionalistiche e disegni di aggressione, ma come strumento di cooperazione per la costruzione ed il mantenimento della pace e della sicurezza collettiva. Le Forze Armate italiane sono da anni in prima linea nei tanti teatri di crisi ove viene minacciato il progresso civile ed economico dell'umanità e sono offesi i più elementari diritti dell'uomo. Oggi, custodi e garanti della Costituzione e della sicurezza del Paese, in prima linea anche al fianco delle genti d'Abruzzo colpite da un disastroso sisma, raccolgono, in questa giornata di festa, l'affetto e la riconoscenza dei cittadini e delle istituzioni democratiche. Ad esse - conclude il capo dello Stato - a nome di tutti gli italiani, esprimo la mia gratitudine e formulo il più fervido augurio. Viva le Forze Armate, viva l'Italia!»


02 giugno 2009
da unita.it


Titolo: Berlusconi deluso: calo colpa astensione
Inserito da: Admin - Giugno 08, 2009, 10:58:39 am
Berlusconi deluso: calo colpa astensione

Pd: gli italiani hanno capito e reagito

Di Pietro: Idv non sarà più opposizione, ma alternativa al premier.

Casini: siamo stati premiati. La Lega esulta

 
 
ROMA (7 giugno) - Lontano dal 40-45% nel quale aveva sperato, il premier ad Arcore ha seguito il voto sorpreso e deluso. Per il Pd invece «gli italiani hanno capito e reagito» e Di Pietro fa sapere che l'Idv non sarà più l'opposizione, ma l'alternativa a Berlusconi. La Lega esulta e Casini si dice soddisfatto: siamo stati premiati.

Quando lo scrutinio ha superato ormai i due terzi la nuova geografia dei partiti in corsa prende forma: il Pdl frena e sfiora il 35%, il Pd arretra al 26,5% sulle politiche (dove aveva il 33%) ma non crolla. Soprattutto crescono la Lega che sfonda e supera quota 10%, arrivando a quasi l'11% e diventando così una forza a due cifre percentuali, e l'Idv di Antonio Di Pietro che vola a oltre il 7,5%. Premiata anche l'Udc che si attesta quasi al 6,5%.

Il Pdl manca l'obiettivo del 40%. Il Pd perde sei punti. Il Pdl cala di due punti e mezzo rispetto alle politiche di un anno fa, mentre sono circa sei i punti persi dal Pd rispetto alle politiche. Sempre nel campo del centrosinistra, l'Italia dei Valori per poco non raddoppia il 4,4% conquistato un anno fa.

Berlusconi sorpreso e deluso. A quel 35% ha contribuito la forsennata campagna contro di me che ha portato i suoi effetti, è stato il primo commento del premier con i più vicini. Deluso e sorpreso, ma confortato dalla considerazione che tra i partiti al governo in Europa, il centrodestra italiano è stato tra quelli che hanno tenuto meglio.

L'astensionismo è stata la vera sorpresa per il premier che si è detto certo che una affluenza alle urne vicina all'80%, come quella del 2008, gli avrebbe fatto superare il tetto del 40% in queste europee.

I big del partito la pensano tutti allo stesso modo: ce la maggioranza (compresa la Lega) è cresciuta rispetto alle ultime europee e ha registrato solo una lieve flessione rispetto alle politiche. È vero che si sale rispetto al 32,5% dato alle europee del 2004 dalla somma dei voti di Fi e An e che si cala di poco rispetto al 37,5% delle ultime politiche, ma nessuno riesce a dissimulare più di tanto la delusione per quello che doveva essere il primo banco di prova elettorale del nuovo partito del centrodestra.

«È evidente che su di noi pesa l'astensionismo, soprattutto al Sud - afferma il capogruppo dei deputati del Pdl Fabrizio Cicchitto - ma si dimostra che l'area di governo si consolida, con l'avanzamento dell'alleato della Lega, mentre è il Pd a crollare, perdendo 6-7 punti percentuali e venendo cannibalizzato dall'IdV. L'offensiva delle sinistre si è rivelata un boomerang».

«La somma dei voti di Pdl e Lega dimostra che la coalizione di governo è ampliamente maggioritaria - vede il bicchiere mezzo pieno Maurizio Lupi - Il dato preoccupante è invece che il Pd recupera consensi solo attaccando il presidente del Consiglio e cavalcando l'antiberlusconismo».

«Emerge un complessivo e deciso voto di fiducia degli elettori rispetto al governo. È invece a dir poco surreale che il Pd festeggi per aver perso il 6% rispetto a un anno fa...» commenta Daniele Capezzone, portavoce del Pdl.

Sulla «catastrofe totale del centrosinistra» punta l'indice il presidente dei senatori Maurizio Gasparri, che si spinge a chiedere, di fronte a dati definitivi «che qualcuno lasci il suo incarico questa sera». Gasparri a una giornalista dell'Unità che gli chiedeva se si aspettasse di più ha risposto: «Ma stai zitta, vai a fare il funerale a Franceschini».

Per il ministro della Difesa, Ignazio La Russa il risultato attuale «rafforza il governo, perché aumenta la distanza con il Pd». E aggiunge: «Sono scontento rispetto alle previsioni, molto contento rispetto ai dati reali». «Il calo dell'affluenza - ha detto - costa al Pdl due punti percentuali».

Malan: anche se Pdl fosse solo al 39%, mai nessuno come noi. «Anche prendendo per buona l'improbabile parte bassa della forchetta degli instant poll - aveva detto dopo le prime proiezioni Lucio Malan, senatore del Pdl e segretario di presidenza di Palazzo Madama - il risultato del Pdl è il migliore degli ultimi 50 anni per qualsiasi partito. Solo la Dc degli anni 40 e 50 superò il 40%. Dopo il 1958 nessuno ci è più riuscito. Un risultato comunque storico, dunque, per il partito di Silvio Berlusconi».

Il Pd riprende fiato: gli italiani hanno capito e reagito. Timori per l'astensionismo, tanto che Franceschini prima ancora della fine delle votazioni aveva invitato i big del partito a restare compatti fino al ballottaggio. Poi sorpresa non tanto per il proprio risultato, giudicato di tenuta, ma perché «gli italiani hanno capito e punito lo spettacolo sconcertante offerto da Berlusconi». Per il Pd le europee erano un test dopo le sconfitte in Abruzzo e in Sardegna, ele dimissioni di Walter Veltroni. La meta attesa era il 27%.

Il congresso. Si fa strada l'ipotesi di un rinvio del congresso dopo le elezioni regionali del 2010 visto che la «cura» Franceschini, fatta di opposizione più dura, sembra piacere agli elettori.

Fassino. «Si dava per certa - è l'analisi dell'ex segretario Ds - una rotta del Pd che non c'è stata così come non c'è stato lo sfondamento di Berlusconi che ai quattro venti indicava la cifra del 45 per cento».

«Siamo interessati ad una convergenza con Udc e Idv per una solida opposizione - ha aggiunto Fassino - e man mano vogliamo lavorare per trasformarla in un'alleanza per il governo del paese».

Bindi: «Il consenso dell'area di governo arretra», mentre il Pd tiene. Rosy Bindi ricorda che «il Pdl doveva essere sopra il 40% ed è invece al 35%, e arretra».

Di Pietro: saremo alternativa a Berlusconi. «Da domani non saremo più parte dell'opposizione ma della alternativa al governo Berlusconi che per noi resta fascista, piduista e razzista». L'ex pm si dice sicuro «che ci sono le condizioni per costruire l'alternativa: vedremo con quale partito e con quali uomini. Sentiamo -conclude- la responsabilità di non perdere tempo per essere i cofondatori di una nuova coalizione».

«Il confronto ora è tra Idv e Udc» ha detto Di Pietro. «Il Pd dovrà decidere con chi allearsi. Abbiamo ascoltato con molta attenzione Pier Ferdinando Casini in questi giorni e ci siamo resi conto che lui ha posto un aut-aut al Pd: o con me o con l'Idv. E quindi ora il confronto sarà tra Idv e Udc». L'Idv, comunque, ricorda Di Pietro, «è l'unico partito del centrosinistra che ha migliorato la sua performance del 2008...». Di Pietro, spera però che l'alleanza con il Pd si mantenga inalterata, anzi, addirittura si rafforzi: «Pd e Idv possono costruire una vera alternativa». Per quanto riguarda, invece, l'Udc, Di Pietro esprime qualche perplessità: «Prima di tutto - spiega ai cronisti - bisogna vedere di quale Udc si parla, perché se parla Tabacci, io lo ascolto volentieri. Se parla Cuffaro, invece, io mi giro dall'altra parte».

Di Pietro al Majestic con una bella ragazza: «Guardate che io sono un papi vero, questa è mia figlia». Terrazza illuminata, ricco buffet, numerosi ospiti: l'Italia dei valori ha deciso di attendere l'esito delle elezioni europee all'hotel Majestic di via Veneto, a Roma. Antonio Di Pietro è arrivato accompagnato da una giovane bella ragazza: «Guardate - scherza con i cronisti - che questa è mia figlia e io sono un papi vero...».

Casini: siamo stati premiati. «L'Udc è stato premiato e siamo soddisfatti mentre il bipartitismo ha avuto una dura lezione» dice Pier Ferdinando Casini. Il leader dell'Udc commenta i dati ottenuti anche dagli altri partiti: «La politica dell'Idv demagogica ha portato i suoi frutti mentre la Lega si è trovata nella condizione ideale di alleato privilegiato. Noi siamo sereni e intendiamo onorare questi voti in Parlamento parlando dei problemi degli italiani che fanno fatica a superare la crisi economica».

«I primi exit poll hanno messo a dura prova le nostre coronarie - ha aggiunto Casini - ma tutto è bene quel che finisce bene».

«Il bipartitismo è stato bocciato da queste elezioni - ha commentato il leader dell'Udc - il 15 % dei votanti non è rappresentato. Lo abbiamo liquidato in una campagna elettorale in cui abbiamo parlato agli italiani senza cercare scandali. Non parlare di gossip è stata una scelta rischiosa ma è stata premiata».

Riguardo a un possibile riavvicinamento a Berlusconi Casini ha risposto: «Per correttezza devo dire che Berlusconi non ci ha mai dato nessun segnale di nessun tipo. Noi sediamo come il Pdl nel Partito popolare europeo, di cui siamo fondatori ma siamo all'opposizione nel Parlamento italiano e con molta serenità seguiamo il governo quando fa la cosa giusta. È importante - ha concluso - essere seri nelle intenzioni».

La Lega esulta. Un ottimismo «sempre meno cauto» alla sede della Lega a Via Bellerio con le proiezioni che collocano il partito appena sotto il tetto del 10% contro il 5% delle europee del 2004 e l'8,3% delle politiche dell'anno scorso. Da Roberto Cota a Mario Borghezio, da Roberto Castelli a Giancarlo Giorgetti: «Il risultato è un premio per l'azione di governo della Lega - dicono - È stata premiata la nostra serietà e questo voto è anche una spinta per portare in Europa le battaglie che la Lega ha condotto fino ad oggi in Italia». A cominciare da quella contro l'immigrazione clandestina.

Parisi: se il premier non prende 4,5 milioni di voti ha perso. Se Berlusconi non prenderà almeno 4,5 milioni di preferenze avrà perso la sua sfida per la leadership "morale" dell'intero Pdl e del Paese: è quanto sostiene l'ulivista Arturo Parisi. Berlusconi avrebbe cercato «un successo personale e il riconoscimento della sua pretesa di sottrarsi alla legge imposta col lodo Alfano» e se non riuscirà a raccogliere «sul suo nome almeno 4 milioni e 500 mila voti di preferenza, cioè l'equivalente del 34,4% di preferenze raccolto tra i voti di Forza Italia, avrà sbagliato il suo calcolo, perso la sua scommessa».

 
da ilmessaggero.it


Titolo: Berlusconi puntava al "voto tombale", ma i risultati non gli hanno dato ragione
Inserito da: Admin - Giugno 08, 2009, 10:59:28 am
Berlusconi puntava al "voto tombale", ma i risultati non gli hanno dato ragione

Adesso teme un regolamento di conti con gli ex di An e la Lega

Il Cavaliere deluso nel bunker di Arcore

"Ma i poteri forti non mi scalzeranno"

"Con tutto quello che è successo, la crisi, il terremoto, la gente ha voluto premiarci"

 

ROMA - Silvio Berlusconi avrebbe voluto una "vittoria tombale". "Ma la gente", ha cercato di spiegare ai fedelissimi ieri notte, "è comunque con me".

Il Cavaliere, al telefono con i "big" del Pdl, nella notte non nasconde la delusione. Si aspettava "una vittoria assoluta" e invece deve fare i conti con percentuali che addirittura mettono a rischio il precedente di un anno fa. Quello delle politiche. Con il passare delle ore, poi, la "delusione" si trasforma in rabbia. Le proiezioni peggiori, in realtà, sono qualcosa di più di un campanello d'allarme. Il capo del governo è infuriato.

E ai "fedelissimi" non lo nasconde. Anche perché le dichiarazioni di alcuni colonnelli di An lo hanno a dir poco disturbato. Parole che costituiscono la premessa di un probabile regolamento dei conti dentro la maggioranza.

"Se manteniamo il 36-37% - è la difesa del Cavaliere - nessuno può dire che siamo sconfitti. Il Pd sta crollando di sei punti...". Il presidente del consiglio punta l'indice contro le vicende dell'ultimo mese. Sul conflitto coniugale con Veronica Lario, sulla festa di Casoria con Noemi Letizia e sul "complotto" che avrebbe coinvolto anche soggetti stranieri, come i giornali europei e soprattutto il tycoon australiano Rupert Murdoch. "Elementi che hanno pesato - si lamenta il premier con i suoi - soprattutto nel favorire l'astensionismo dei nostri elettori. Avete visto cosa è successo nelle regioni meridionali?". A suo giudizio, però, "la manovra non riuscirà scalzarmi". Adesso, dunque, più che chiudere lo "scontro" sulle foto di Villa Certosa, si ritrova a fare i conti con le dinamiche interne. Con la Lega recalcitrante e i colonnelli di Alleanza nazionale pronti a sottolineare la sconfitta.

Eppure, ieri pomeriggio quando è andato a votare, il Cavaliere aveva in tasca le ultime previsioni di Alessandra Ghisleri, la sua sondaggista di fiducia. "I dati sono buonissimi - aveva rassicurato -, non c'è bisogno di agitarsi né di essere impazienti". Nessuno, però, aveva previsto l'astensionismo di centrodestra. Dati che il Cavaliere ha letto nella sua Villa di Arcore. "Il nostro obiettivo - provava a ripetere per l'intera giornata - è attestarci intorno al 40 per cento".

I numeri che gli recapitava la Ghisleri con il passare del tempo cancellavano quella prospettiva. A quel punto Berlusconi ha cambiato registro. Nei contatti con il suo staff riunito a Roma nella de del Pdl, ha iniziato a cambiare registro. "Qualcuno pensava di mettermi in difficoltà con la storia di Noemi - ha messo le mani avanti - , poi ci hanno provato i giornali stranieri. Qualche potere forte è tornato a remare contro. Ma non riusciranno a scalzarmi". E sebbene in campagna elettorale avesse previsto per il Pdl un dato vicino al 45%, adesso preferisce rimarcare la "tenuta" e il differenziale con il Pd. "Con tutto quello che è successo, con la crisi economica, il terremoto in Abruzzo e la manovra dei giornali di sinistra, forse non potevamo aspettarci di più". L'inquilino di Palazzo Chigi, quindi, inizia ad alzare la diga per proteggere l'esecutivo dalle critiche interne: "Dal dopoguerra nessun partito è mai stato tanto forte. Solo la Dc di De Gasperi ha raggiunto questi livelli".

Eppure, la delusione ha investito anche i maggiorenti del Popolo delle libertà. Un anno fa avevano preso il 37,4%. Il voto europeo rischia di aprire un vertenza all'interno del centrodestra. E già, perché l'avanzata della Lega è già finita sotto la lente di ingrandimento dei "tecnici" berlusconiani. La lotta per l'egemonia del nord, per la guida del Veneto e della Lombardia, rischia di provocare un attrito tra il Cavaliere e Umberto Bossi. Gli uomini di Gianfranco Fini, a cominciare da Ignazio La Russa, hanno iniziato a marcare gli errore del premier. L'annuncio della presidenza lumbard per il Veneto, l'annuncio della cessione del milanista Kakà e poi l'insufficiente investimento economico nella campagna elettorale. In più Berlusconi ora teme che anche il Carroccio alzi la voce. "Dovremo controllare i leghisti - ha infatti avvertito - dovremo impedire colpi di testa. Dobbiamo stare molto attenti". Non è un caso che negli ultimi ragionamenti del premier, sia tornato ad affacciarsi l'ipotesi di un riavvicinamento con l'Udc di Casini.

(8 giugno 2009)
da repubblica.it


Titolo: Così il "leader predestinato" inciampa nei numeri della tv
Inserito da: Admin - Giugno 08, 2009, 11:01:31 am
Così il "leader predestinato" inciampa nei numeri della tv

Non c'è l'annunciatissimo sfondamento, ma non tramonta l'"epoca berlusconiana"

Il Cavaliere santo ma non subito l'agiografia frenata dalle proiezioni


di FILIPPO CECCARELLI


"SANTO sì, subito no" scherzava nel marzo scorso il presidente Berlusconi, invocatissimo all'inaugurazione del treno Frecciarossa. "Subito no": detto con il solito sorriso e la stessa scaramantica funzione del buffo gesto di diniego con cui da qualche tempo il Cavaliere accompagna quel pezzo di Fratelli d'Italia che dice "siam pronti alla morte". Che poi il potere, in estrema e drammatica sintesi, altro non è che un modo per ingannare la morte.

La vittoria rende innocenti, diceva don Gianni Baget Bozzo molti anni prima di incontrare Berlusconi.
Ecco: le proiezioni dicono che non c'è l'annunciatissimo sfondamento. Anzi, interrompono il processo di canonizzazione che negli ultimi mesi ha portato quel burlone del presidente del Consiglio a porgere la mano a Bruno Vespa, in tv, e poi anche al candidato del Pdl a Firenze, Galli, perché l'annusassero: "Ecco, è odore di santità". E sono scene pure indecorose, ma a loro modo di rilievo simbolico - e ancora di più oggi che il sogno berlusconiano si rivela irreale.

Il presidentissimo s'era prenotato il 40, il 43, il 45 per cento, boom!: quasi mezza Italia, tutta sua. La questione semmai è anche un'altra: che cosa significano le elezioni per un tipo di sovrano quale è Silvio Berlusconi? Vero che la potenza risolutiva dei numeri, per una settimana o due, è destinata ad accorciare la distanza tra consuetudini e novità, rappresentanza e circuito spettacolare, democrazia e post-democrazia. Ma certo il risultato di questo 7 giugno finisce per proiettare un'ombra su quella che il senatore Quagliariello ha designato "epoca berlusconiana".

Di che si tratti è ancora più complesso stabilire. Ci saranno ancora elezioni tipo finto o falsato giudizio di Dio, e congressi per lo più salmodianti e a porte chiuse, e G8 da spostare qui o lì senza nemmeno avvisare i ministri, e problemi concreti, concretissimi, come quelli legati all'economia e alla sorte dei precari da impapocchiare impunemente a Porta a porta. Ci saranno occupazioni e spartizioni da mettere in atto alla Rai e purtroppo anche disgrazie cui porre riparo, e casi di cronaca come quello di Eluana (che secondo il premier poteva generare) e scandali alla Noemi, di sicuro.

Ma intanto l'arte di governo seguiterà ad esercitarsi nelle forme inaudite che paradossalmente si conoscono bene e soprattutto con le risorse narrative cui Berlusconi, tradito dai sondaggi, ha ormai abituato gli italiani. Ville da mostrare e da comprare in continuazione, lazzi e frizzi in patria e all'estero, elicotteri che trascinano sagome di Superman con il volto del Cavaliere, targhe per mamma Rosa, tinture di capelli suggerite a Mubarak, Apicella a Sanremo, statue romane a Palazzo Chigi, trasferte del Bagaglino "di tasca mia", cammelli in dono da parte di Gheddafi, chissà dove saranno.

E non è questa una lagna pregiudiziale, né una divertita constatazione: ma il cosiddetto berlusconismo continuerà probabilmente a ottenere successi ed ammiratori nell'Oriente post-sovietico così come in Sudamerica, dove già esiste, di recente conio, un "Pueblo de la Libertad". Non per caso di tratta di luoghi del mondo dove la democrazia, quale la si è conosciuta in Italia, negli ultimi cinquant'anni, si svolge secondo moduli assai particolari.

Anche per questo i risultati elettorali di ieri - "santo sì, ma non subito" e chissà quando - valgono quello che valgono, e non solo per la loro precarietà. Chi si sia concentrato su certi dettagli minimi, su alcuni frammenti di contorno, su parecchi aspetti laterali del berlusconismo arriva all'impervia conclusione che il vuoto politico stava davvero per essere colmato con un pieno di religiosità profana, cioè quotidiana, adorante, personalizzata. Un culto dal basso, un materialismo mistico che con un pezzo del paese innescava identificazioni profonde e oscure.

Forse si è sottovalutata l'agiografia del ministro Bondi sul "sole in tasca" del Leader predestinato, trascendente, privo di qualsiasi malvagità, quindi senza peccato. Forse non si sono colte le implicazioni dell'errore del giornalista inglese che nella vicenda Noemi ha scambiato il Signore, cioè Dio, con il Cavaliere. "In delirio per Silvio" titolava l'altro giorno il Tempo sopra la classica foto del bagno di folla. "Villa Certosa è il paradiso terrestre" sosteneva Fede; e "ogni minuto con lui è un dono divino" venerava la velina Alloro. Perché l'idolatria ha esteso il suo tempo e la sua soglia infuocata, ma pure i voti hanno un loro valore, specie se e quando servono a spegnere le fiamme.

(8 giugno 2009)
da repubblica.it


Titolo: Il politologo «finiano» Alessandro Campi...
Inserito da: Admin - Giugno 08, 2009, 11:05:53 am
Il politologo «finiano» Alessandro Campi

«Non eclatante ma è sconfitta Fuga di voti sul caso Noemi»

«Berlusconi non è in discussione. Però quando non ci sarà più rischiamo il deserto»


 
ROMA — Non è una «sconfitta eclatante», non viene «penalizzata l’azione di governo» e Berlusconi da domani non sarà «messo in di­scussione ». Ma non nega la realtà Alessandro Campi, politologo, direttore scientifico di Fa­re Futuro di fatto spin doctor di Gianfranco Fini: «Sulla vicenda Noemi il Pdl ha scontato qualcosa, una fuga di voti c’è stata. Il 35% è un dato deludente non tanto in sè, ma rispet­to alle attese che il premier aveva suscitato». «Berlusconi? Ne esce assieme bene e male - continua Campi - . Bene perché, alla luce del crescendo di scandali veri o presunti dell’ulti­mo mese cavalcati anche dalla stampa inter­nazionale, che potevano costargli il voto cat­tolico e il voto femminile, beh ha tenuto ab­bastanza bene. E’ andato male invece il tenta­tivo, sul quale Berlusconi aveva puntato mol­to, di riaccreditarsi sulla scena internazionale grazie a un risultato eclatante, a un plebiscito che gli avrebbe dato un riscatto pubblico ri­spetto agli occhi dei partner e dell’opinione pubblica straniera».

Non solo: un risultato di arretramento ri­spetto alle ultime politiche ha effetti anche nell’europarlamento: «Sì, perché potrebbe mettere a rischio la candidatura di un espo­nente italiano a presidente del Parlamento eu­ropeo, ed è vero che il Pdl non è riuscito a diventare primo partito del Ppe». Sul piano interno però, sconquassi non se ne prevedo­no: «Non credo proprio. E’ vero però che il dato della Lega, che cresce, può cambiare i rapporti interni: il partito di Bossi potrebbe alzare un po’ il prezzo della propria collabora­zione, tanto più se dovesse registrare un otti­mo risultato alle amministrative. Insomma, non si aprirà un contenzioso, ma un proble­ma politico sì».

Bisogna dunque cominciare a pensare al dopo Berlusconi? «Sicuramente, ma lo si de­ve fare indipendentemente dal dato elettora­le. Il limite del centrodestra - come peraltro del centrosinistra che sembra vivere solo di riflesso rispetto a lui - è che tutto si risolve nella figura di Berlusconi, nel bene e nel ma­le. Se non ci fosse più il premier, sarebbe il deserto. Per questo bisogna lavorare - alla lu­ce del sole, lealmente e guardando al medio e lungo periodo - a una nuova idea di leader­ship e di partito. Tenendo conto anche dei se­gnali che arrivano: perché uno stop può esse­re salutare se impone qualche ripensamento nei comportamenti. E perché i malumori van­no intercettati subito, prima che divengano dissensi».

Paola Di Caro
08 giugno 2009

da corriere.it


Titolo: Anche a Washington il Cavaliere si porta dietro le preoccupazioni domestiche
Inserito da: Admin - Giugno 16, 2009, 04:12:26 pm
Anche a Washington il Cavaliere si porta dietro le preoccupazioni domestiche

Nel Pdl si pensa che il leader Pd si riferisse a un'inchiesta pugliese

I timori del premier blindato in hotel "Ma cosa voleva dire D'Alema?"

Ghedini: "Il premier parla di eversione in maniera atecnica e non pensa alle elezioni anticipate"

di FRANCESCO BEI

 
ROMA - Chiuso per un giorno intero nella suite dell'hotel St. Regis di Washington, a preparare l'incontro chiave con Obama, Silvio Berlusconi non ha smesso di tenere gli occhi puntati sull'Italia. Specie dopo l'uscita di Massimo D'Alema, che è stata analizzata al microscopio dagli uomini del Cavaliere. E così, ancora ieri, nelle sue telefonate con Roma e nei discorsi con lo staff, il presidente del Consiglio ha continuato ad arrovellarsi su quella frase sibillina di D'Alema su una possibile "scossa" che colpirà Palazzo Chigi: "Ma che voleva dire? Avrà in mente qualcosa?".

Il timore di un riflesso delle vicende italiane sull'incontro alla Casa Bianca ha tenuto banco fino all'ultimo. Anche se Nicolò Ghedini - nonostante dal Pdl sia ripartito il coro di accuse contro "l'offensiva del superpartito di Repubblica" - ha provato a smorzare quell'allarme golpista lanciato dal Cavaliere davanti agli industriali: "Credo che il presidente del Consiglio - ha spiegato l'avvocato di Berlusconi - abbia individuato in uno schema giornalistico-mediatico quantomeno la fase terminale di questa vicenda, ovvero ritiene che l'amplificazione di eventi, che di per sé sarebbero neutri, facendoli diventare oggetto di campagna politica sia qualcosa che vada al di fuori della normalità. Ed è per questo che parla in maniera atecnica di eversione". Una precisazione forse dovuta, visto che l'allarme "eversione", lanciato da un presidente del Consiglio, dovrebbe far scattare adeguate contromisure da parte degli apparati dello Stato contro la presunta "centrale" golpista.

E tuttavia gli uomini del Cavaliere si sono messi al lavoro, nella convinzione che la "profezia" dell'ex presidente della Quercia non fosse affatto campata per aria. Così, tra mille congetture, è tornato ad affacciarsi il timore di un'imminente, devastante, azione giudiziaria. Un colpo forte, proveniente da una di quelle procure meridionali impegnate contro la criminalità organizzata. Il sospetto dei berlusconiani è che possa essere la procura di Bari l'epicentro della "scossa" che farà tremare il governo. "C'è un brutto clima", conferma uno della cerchia stretta.

Illuminante, in questo senso, la dichiarazione che un ministro solitamente poco incline alle sparate come Raffaele Fitto (che in passato, anzi, non ha mancato di manifestare la sua stima politica per D'Alema) ha rilasciato sul punto: "A quali informazioni inaccessibili ai comuni mortali ha avuto accesso D'Alema? Come mai queste doti di preveggenza si manifestano in lui proprio durante il suo soggiorno in Puglia e i suoi passaggi baresi?". E ancora: "Avrà forse ricominciato a frequentare quegli ambienti baresi in cui, a partire dai primi anni '90, D'Alema ha improvvisamente (ma provvidenzialmente anche per lui) garantito più di una carriera politica a chi faceva tutt'altro mestiere? E, quindi, parliamo di imprevedibili scosse o di prevedibili trame?". Nel Pdl le affermazioni un po' criptiche di Fitto vengono brutalmente tradotte così: D'Alema avrà forse saputo qualcosa dai suoi amici magistrati.

Qualcuno arriva a sospettare di più, una "regia politica" del futuro, probabile, "assalto giudiziario". Altri ancora nel Pdl ricordano il legame tra l'ex premier e due ex magistrati pugliesi, la cui fortuna politica è legata al sostegno di D'Alema: il senatore Alberto Maritati e il sindaco di Bari Michele Emiliano.

Suggestioni? Fabrizio Cicchitto è convinto che i sospetti di Fitto non vadano lasciati cadere, visto che le affermazioni del ministro sono "molto significative e inquietanti". Anche Denis Verdini, coordinatore del Pdl, teme che quello evocato da D'Alema non sia soltanto uno scenario "ma si tratti di qualcosa di più serio e preoccupante, magari studiato con cura".

Insomma, la temperatura a Palazzo Chigi resta alta. Il precedente del '94, con quell'avviso di garanzia arrivato nel bel mezzo di un consesso internazionale (allora l'Onu, domani il G8 all'Aquila) non fa dormire sonni tranquilli, oltretutto con quelle 5000 foto del Cavaliere in Sardegna ormai in giro per mezzo mondo.

(16 giugno 2009)
da repubblica.it


Titolo: Silvio il leader più ricattabile della storia italiana...
Inserito da: Admin - Luglio 31, 2009, 02:48:32 pm
 Francesco Scommi ,   30 luglio 2009, 17:44



     Berlusconi risolve la fronda siciliana guidata da Micciché promettendo, in anticipo sul piano per il Sud, investimenti per quattro miliardi di euro a favore dell'isola. Un equilibrismo per sedare una rivolta rischiosa, visto l'incombente voto del Senato sul decreto anticrisi. Ma, in contemporanea, l'Istat ufficializza i dati sulla povertà relativi al 2008: uno spaventoso quadro che evidenzia lo squilibrio economico tra il Meridione e il resto del Paese. Da qui, evidentemente, dovrebbe partire un vero piano di rilancio del Sud

Il piano per il Sud non è pronto. Al Consiglio dei ministri di domani (venerdì) il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi si limiterà ad annunciarlo. Lo ha fatto anche con altri provvedimenti governativi.
Si sa quanto ha detto ai dirigenti (parlamentari e presidenti di Provincia) del Popolo della libertà siciliano che fanno capo al correntone di Alfano e Schifani, ribattezzati "lealisti" in contrapposizione a quelli che animano la fronda guidata da Gianfranco Micciché. Proprio il sottosegretario ex Forza Italia, assieme al governatore dell'Isola Raffaele Lombardo, ha costretto il premier a un delicato equilibrismo. Ha annunciato i fondi da destinare alla Sicilia prima dell'annuncio del piano per il Mezzogiorno tutto. Un gioco di parole, ma è quanto accaduto. Non si poteva fare altrimenti: prima della pausa d'agosto incombe il voto rischioso, al Senato, del decreto anticrisi. E un combinato disposto ferie anticipate più fronda siciliana avrebbe rischiato di mandare sotto l'esecutivo.

Perciò, intanto, si è premurato di dire il premier nel corso del pranzo con i lealisti, alla Sicilia vanno quattro miliardi di euro. Mai più finanziamenti a pioggia, ha assicurato Berlusconi ai presenti, ma soltanto finanziamenti in conto capitale per recuperare i ritardi infrastrutturali accumulati dalla Sicilia e dal Mezzogiorno in questi anni.

La riunione di Berlusconi con i lealisti si è svolta praticamente in contemporanea con l'ufficializzazione, da parte dell'Istat, dei dati sulla povertà relativi al 2008. Un quadro scientifico che evidenzia, più di tutto, lo spaventoso squilibrio economico che divide il Sud dal Centro e dal Nord del Paese.

Colpiscono, in particolare, i dati sulla distribuzione geografica della "povertà relativa". L'Istat la calcola a partire da una soglia di spesa mensile: se la famiglia, e dunque gli individui che ne fanno parte, non la oltrepassa, questi sono statisticamente considerati poveri. La soglia di riferimento altro non è che la spesa media mensile su base nazionale.

In base, dunque, a questo procedimento, l'Istat stima che il 13,6 per cento della popolazione sia sotto la soglia della povertà. Ma il dato, si è accennato, acquista maggiore valore se disaggregato geograficamente: infatti, così si scopre che al Nord è povero il 4,9 per cento della popolazione, al Centro il 6,7. Al Sud il 23,8 per cento, cinque volte di più che nel resto del Paese.

Sulla stessa falsariga le statistiche relative sulle famiglie "sicuramente non povere", ovvero che dispongono di un reddito abbastanza superiore alla soglia di povertà da non far temere ricadute. Sono il quasi il novanta per cento sia al Centro che al Nord, il 64 al Sud. Nel Meridione, insomma, un individuo su tre o è povero o rischia di diventarlo.

Un vero piano per il Sud, forse, dovrebbe partire da questi dati. Non dalle bizze di Micciché.

da aprileonline.info


Titolo: Berlusconi-Fini, le ragioni dello scontro
Inserito da: Admin - Settembre 10, 2009, 11:01:14 am
Berlusconi-Fini, le ragioni dello scontro
                     
di Claudio Sardo


ROMA (9 settembre) - Forse Gianfranco Fini pensava di avere più tempo per tessere la sua tela. Di costruire passo dopo passo, al riparo del ruolo istituzionale di presidente della Camera, la «sua» immagine di leader di un centrodestra europeo, laico e anche un po’ libertario, attento ai diritti, moderno, moderato, ostile al populismo e all’antipolitica. Non che al primo congresso del Pdl, quando indicò apertamente i punti di dissenso con Silvio Berlusconi e con l’asse Pdl-Lega, dichiarando la sua posizione «minoritaria», non avesse messo in conto le tensioni con il premier. Ma non era prevedibile una collisione così ravvicinata. Invece la reazione del Berlusconi, finito sulla graticola e minacciato nella solidità della leadership, non ha risparmiato nessuno. Né i nemici, né gli alleati fuori linea.

Il cannoneggiamento di Vittorio Feltri ha esposto Fini di colpo in uno scontro politico che non aveva preparato. Ma un leader politico, se aggredito, deve saper rispondere. È una regola di sopravvivenza. Per questo ieri Fini ha deciso di lanciare il suo segnale. Tanto aspro quanto quello che Berlusconi gli aveva riservato. Ai suoi Fini ha anche detto che a Gubbio, alla scuola di formazione del Pdl, dirà chiaramente la sua. Ribadirà le sue proposte sulla cittadinanza («che offrono un’idea più forte e moderna di Nazione»). Le sue obiezioni alla legge sul biotestamento. La sua idea di unità nazionale. La sua concezione di partito strutturato, aperto e capace di autonomia rispetto al governo. Non è chiaro fin dove scaverà Fini sui punti di dissenso. In ogni caso i suoi si aspettano che parlerà e guarderà al Pdl di domani. Al dopo-Berlusconi, per usare l’espressione che in assoluto piace meno al capo.

La rete che il presidente della Camera ha costruito attorno a sè non è una vera e propria corrente organizzata: comprende una Fondazione (Farefuturo), un tink-tank (il Forum delle idee, coordinato da Fabio Granata), il giornale il Secolo, un gruppetto di parlamentari fedelissimi. Lo scontro potrebbe anche dare il via alla corrente (e Granata già annuncia: «Chiederemo l’incompatibilità tra gli incarichi di coordinatore del partito e quelli di ministro»).

«Ma dove va Fini?» ripetavano gli uomini di Berlusconi, attribuendo al capo la domanda. Di certo, il solo evocare il dopo-Berlusconi scatena nell’interessato la massima reattività. Il fuoco sparato in questi giorni in ogni direzione vuole dimostrare, appunto, che il primato è talmente saldo nelle mani del premier da rendere ancora plausibile anche la minaccia di elezioni anticipate a primavera, insieme alle Regionali. Ed è questo un punto cruciale dello scontro con Fini. Il presidente della Camera, come dice Alessandro Campi, uno degli intellettuali a lui più vicini, immagina un Pdl che sia l’esatto contrario della «destra populista, rabbiosa e urlante che si è praticata in questo Paese». Ma il presidente della Camera è anche l’alleato istituzionale di quel Capo dello Stato che è pronto a fare il possibile per evitare elezioni anticipate motivate da Berlusconi solo come un rilancio.

Fini non parla più con Berlusconi da fine luglio. Invece ha ricominciato a dialogare con Pier Ferdinando Casini. Non che lo strappo della nascita del Pdl (con l’estromissione dell’Udc) possa considerarsi ricucito. Ma nel dopo Berlusconi le strade potrebbero incrociarsi di nuovo. Fini occupa oggi il posto che dal 2001 al 2006 fu di Casini. E, nei rapporti personali con Berlusconi, sembra di rivedere immagini del passato. Subito dopo il «predellino» si parlò di una possibile Kadima italiana, un partito «della nazione», di centro, non ideologico: un contenitore nuovo per tenere insieme An, Udc e magari qualche scontento dell’Ulivo. Non se ne fece nulla. Anzi Fini portà An in direzione contraria. Ora l’Udc sta provando da sola a fare qualcosa di simile. E Fini non ha più An con sè. O meglio ha un partito più grande, del 35%, sul quale ripone le sue ambizioni future. Berlusconi però ha già usato il pugno duro con Casini. E nessuno garantisce che non si ripeta.

da ilmessaggero.it
 


Titolo: Lo strappo piace ai giovani: Gianfranco guarda al futuro (da miope)
Inserito da: Admin - Settembre 10, 2009, 05:40:03 pm
Lo strappo piace ai giovani: Gianfranco guarda al futuro


di Susanna Turco


Sorpresa. Alla festa nazionale della “Giovane Italia” del Pdl, già festa dei giovani di An, quelle percentuali del 70-30 ufficializzate dal notaio al momento della fusione tra Forza Italia e An, qui sono esattamente rovesciate. Su dieci giovani del neonato Popolo della Libertà, almeno sette, per non dire nove, provengono da An. E di quel loro ex partito, pur essendo per lo più felicemente transitati nel nuovo, i giovani venticinque-trentenni conservano la traccia, l’impronta. Le idiosincrasie, al limite. Non è un caso che i più comprendano, e spesso condividano, le posizioni portate avanti da Gianfranco Fini. Molti fanno dei distinguo tra un tema e l’altro. Ma nessuno di loro, per dire, ritiene che sia giusta la sventagliata di accuse piovutagli addosso.

Così, se si vogliono provare a fare due conti in pratica, per capire quanto consenso abbia tra i giovani il lungo autotraghettamento dell’ex leader di An, basta per esempio stare ad ascoltare Federico Taverna da Voghera, 30 e laurea in Scienze politiche: «Quel che dice Fini serve a stimolare il dibattito, perché lui guarda al futuro. È un dato di fatto che, per esempio, gli immigrati sono il futuro dell’Italia, quindi è giusto che abbiano diritto a votare alle amministrative. Sui temi etici ho qualche dubbio in più, però apprezzo le sue posizioni non ideologizzate». E le critiche? «Vanno bene se non sono usate strumentalmente, come ora si tende a fare». Infine, un dubbio: «Sembra strano che uno di destra come me dica cose così, come quelle che ho detto sugli immigrati?». Sembra, un po’. Effetti del Fini-mondo.

Un gradino meno plaudente Ulderico De Laurentis da Napoli, 28 anni, impegnato nel marketing e nella comunicazione, ex Fronte della Gioventù, oltre che ex aennino: «Sono convinto che quello di Fini sia un percorso, non un tatticismo: e in un partito plurale è legittimo. Dopodiché non tutte le sue posizioni mi convincono. Sull’immigrazione, per esempio: va bene che ci sia, non dico di no, bene il multiculturalismo. Però l’idea di Nazione deve restare, e chi ci viene deve integrarsi. Per questo sono favorevole al voto amministrativo: è un paradosso che si facciano votare – mettiamo - gli italiani all’estero e non chi lavora e paga le tasse qui da noi». Più critica Laura Polisena da Frosinone, 20anni, studi in fisioterapia: «Preferisco le sue posizioni sul biotestamento a quelle sugli immigrati. In generale trovo che le sue critiche siano legittime, ma si sta discostando troppo dai temi della destra», dice. Gianluca Gasparro, imprenditore di 32 anni, concorda: «Fini sta portando avanti idee troppo moderate, perché punta al Quirinale», dice, «preferisco il Pdl, anche se con le accuse hanno esagerato ». Fini? Mi piace», dice Antonio, 20 anni. E gli basta così.

10 September 2009
da unita.it


Titolo: «Meno male che Gianfranco c’è... In molti siamo sulla linea di Fini»
Inserito da: Admin - Settembre 11, 2009, 11:12:30 am
«Meno male che Gianfranco c’è... In molti siamo sulla linea di Fini»

di Natalia Lombardo


«Meno male che Gianfranco c’è! Si dovrebbero fare delle magliette così. Ho una perversione politica: mi piace Fini». Alessandra Mussolini ha superato quel «periodo storico conflittuale» che la portò ad uscire da An. Ma da quando è entrata nel Pdl si sente «molto vicina alle posizioni di Fini, e siamo in tanti a pensarla come lui».

Cosa ne pensa degli attacchi che sta subendo Gianfranco Fini?
«Si sta sfogando a Gubbio. Deve dire ciò che pensa, può essere criticato, ma non attaccato in questo modo sbracato. Non solo è il presidente della Camera, ma come si permette Bossi di dire che è matto? O Feltri?».

Berlusconi dice che il Pdl non è una caserma, ci crede?
«Berlusconi cerca di placare, fa l’ottimista, sottovaluta. È il suo ruolo. Fini incide in modo politico forte, è un alter ego che dice le cose in modo netto, ecco le conseguenze».

Però nel Pdl è considerato una minoranza.
«Chi l’ha detto? Può accadere che su certi temi non si venga capiti subito: quando abbiamo fatto la battaglia sui “medici spia” e i presidi, spiegate le conseguenze di un piccolo emendamento della Lega, da minoranza siamo diventati maggioranza».

Potrebbe succedere sul biotestamento o sulla cittadinanza?
«Certo, io voglio che sia il buon senso a far sì che i minori extracomunitari che arrivano senza genitori abbiano uno status giuridico immediato, sennò spariscono. Voglio vedere nel Pdl chi dice di no. Fini, il 20 novembre 2008 alla Giornata dell’infanzia, parlò di cittadinanza, poi arrivò Berlusconi e distolse l’attenzione. Le posizioni di Fini rafforzano chi vuole un dialogo nel Pdl».

È realistica la nascita attorno a Fini di un nuovo partito, una destra davvero liberale più europea?
«Lo vedo complicatissimo con queste leggi. No, invece credo che nel Pdl, anche con questo scontro, ci siano le condizioni perché venga fuori qualcosa di buono. Almeno se lo dicono in faccia».

Berlusconi e Fini?
«Loro sì, non altri. A Bossi il Pdl sta concedendo moltissimo; sta fuori ma è un raccomandato di ferro per la difesa della sua identità, è il Di Pietro della situazione. Basta con le cravatte verdi, facciano i ministri di tutti con la giacca, Una divisa governativa, via..».

I «colonnelli» di An difendono Fini debolmente. È isolato?
«No. nella sua “fase tre” Fini si è emancipato, è libero di dire e fare quello che vuole, non ci sono colonnelli che tengano, non è ingabbiato né dal suo ruolo, né dal partito che aveva».

Però gestiva An in modo anche autoritario, governava le correnti. Ora i «colonnelli» lo prendono sottogamba perché berlusconiani?
Il partito lo reggeva. Ora non ci sono più solo le posizioni di An. Ma se Gasparri, capogruppo Pdl, può permettersi una linea non conforme con quella di Fini, Fini tanto più può parlare il doppio».

Quale sviluppo vede in questo quadro di scontro interno?
«Credo che ci sarà sulla cittadinanza. E mi auguro anche una ripresa sul presidenzialismo, Su questo e sui temi civili Fini indicò la sua linea già al congresso del Pdl a marzo alla Fiera di Roma, e in Parlamento è possibile appoggiarla».

Quanti parlamentari possono seguirla. Non c’è una sorta di paura?
«Paura? No. È un gruppo enorme, spesso schiacciato dalle posizioni della Lega. Ma non siamo pochi. l’importante è che Fini mantenga la rotta sulle tematiche sociali».

Potrebbe ricostruirsi un asse Fini-Casini, dentro o fuori dal Pdl?
«Fini ora non ha bisogno di Casini, nel Pdl può costruire un futuro da solo. Fuori? Ci mettiamo un altro raccomandato di ferro? La gavetta l’avete fatta, se volete entrate».

Si candiderà a sindaco di Napoli?
«Se si candidasse Bassolino non potrei dire di no».

11 settembre 2009
da unita.it


Titolo: MATTIA FELTRI Bondi: "Fini sbaglia dalla A alla Z"
Inserito da: Admin - Settembre 11, 2009, 11:14:37 am
11/9/2009 (6:43)  - L'INTERVISTA

Bondi: "Fini sbaglia dalla A alla Z"
   
Il ministro: non condivido le critiche

MATTIA FELTRI
INVIATO A GUBBIO


Ministro Bondi, la critica di Fini è stata ampia, pesante e articolata.
«Credo che Fini abbia capito che sono un uomo onesto e con onestà e franchezza voglio rispondergli. E credo che rispetterà quello che gli dico dopo averlo ascoltato: il suo è un intervento privo di risposte solide, vere. Sembra sempre alla ricerca di motivi di distinzione, come se facesse una sorta di controcanto».

Dicevamo che la critica è stata articolata...
«E infatti alcune critiche sono fondate, per esempio quelle sul partito, anche se erano imprecise. Per esempio l’ufficio di direzione si è riunito più volte, ma non è questo il punto. Il punto è che Fini unisce nella sua offensiva l’azione del partito, l’azione del governo e l’azione del premier. Il che non è condivisibile».

Cominciamo dal partito.
«Ecco, sul partito Fini non ha tutti i torti: si poteva fare di più. Ma se non è stato fatto abbastanza, la colpa è mia e degli altri coordinatori, non di Berlusconi. E, oltretutto, una critica onesta e seria avrebbe dovuto tenere conto che il partito è nato sei mesi fa, che abbiamo nominato i coordinatori regionali e provinciali, che stiamo nominando i coordinatori di ottomila comuni. Che abbiamo affrontato le Amministrative e le Europee».

Fini dice che c’è poco dibattito.
«Non c’è poco dibattito: c’è unanimità».

Ma lui chiede ancora più dibattito, voti interni, sintesi.
«Trovo, sempre nel segno della franchezza, e oggi l’ho detto, che Fini sia un arricchimento. Ma mi domando da che cosa nascano le sue critiche. Quelle al governo non le condivido, dalla A alla Z. Dice che abbiamo deluso le aspettative degli elettori e dice una cosa infondata: il governo sta facendo cose eccezionali, come affronta la crisi, le riforme della Gelmini e di Brunetta, ma potrei andare avanti all’infinito. Non posso, però, non citare L’Aquila».

Non vorremo mica dire che Fini è fuori dal mondo?
«Sembra quasi che Fini sia appena tornato da un viaggio, che sia stato all’estero sei mesi».

Più che altro, sembra che Fini chieda a Berlusconi di coinvolgere nelle decisioni il partito e il Parlamento, che è anche una richiesta condivisibile. Ma a Berlusconi viene l’orticaria.
«Spetterà a noi del partito dare delle risposte a Fini. Perché, ripeto, non tutti i suoi rilievi sono campati in aria. Il partito deve fare di più: avanzare proposte, coinvolgere tutti. Ma mi pare che Fini sia alla ricerca di ragioni di distinzione che si rivelano difficoltose. Anche questo continuo rispondere tramite comunicati, contestando le virgole... Non capisco».

Si sarà dato una spiegazione...
«Fini è un politico a tutto tondo. La sua vita è la politica e, forse, il ruolo in cui è costretto è per lui motivo di insoddisfazione. Vorrebbe essere più nel cuore delle decisioni e non può. E poi è vittima della sindrome che ha colpito il novantotto per cento dei politici italiani, me compreso, anche se, diciamo, soltanto al cinquanta per cento».

E cioè?
«Non ha capito che Berlusconi è l’uomo del fare, non della chiacchiera. Noi, in fondo, oggi siamo qui a fare chiacchiera. In senso buono, eh... Ma Berlusconi non ama parlare. Ama fare. E Fini dovrebbe capirlo».

Beh, forse anche Fini vorrebbe partecipare al fare.
«L’importante è non mettere in contrapposizione due aspetti di uno stesso problema. Come, per esempio, sugli immigrati. Fini deve partecipare attraverso il partito, e noi faremo di più, per trovare i punti di equilibrio. Ma non possiamo negare, per tornare agli immigrati, che per troppi anni è stata assente una politica rigorosa dell’immigrazione clandestina, soprattutto a causa del lassismo della sinistra».

Ma Fini dice che sul rigore è tutto chiaro, e in parte discutibile. Sull’accoglimento non ha capito che cosa si sta facendo.
«La condizione fondamentale, e lo dico da cattolico, per realizzare una politica dell’integrazione è quella di garantire un controllo rigoroso dell’immigrazione clandestina e di tutti i fenomeni di criminalità legati a una disordinata politica dell’immigrazione. E’ questo il lavoro di mediazione a cui anche Fini è chiamato».

Ma sull’immigrazione Fini non è da solo: dalla sua ha la Chiesa.
«La Chiesa non ha solo il diritto, ma il dovere di affermare i principi fondamentali del proprio magistero. E noi, e vale almeno per chi crede, abbiamo il dovere di ascoltarla sempre, non soltanto quando ci fa comodo».

E quindi?
«La politica ha il compito di tradurre in leggi i propri convincimenti, anche religiosi. Ma, poi, la politica deve trovare soluzioni concrete, che sono figlie anche della mediazione. Questa è la laicità dello Stato».

Ultima domanda: Fini ha quasi sbeffeggiato la Lega. Lei ha detto che Galan sarà il prossimo candidato in Veneto. Un’offensiva?
«Nessuna offensiva. Per conto mio, dico solo alla Lega che non può avanzare pretese che umilierebbero le ragioni del nostro partito».

da lastampa.it


Titolo: Fini-Berlusconi, oltre scontro sul Pdl il duello è sul destino della legislatura
Inserito da: Admin - Settembre 12, 2009, 11:25:29 am
Fini-Berlusconi, oltre lo scontro sul Pdl: il duello è sul destino della legislatura
 
                 
di Claudio Sardo

ROMA (11 settembre) - «Ora è chiaro che il Pdl ha due leader: Berlusconi e Fini» commenta soddisfatto Fabio Granata, fedelissimo del presidente della Camera. Per l’intero pomeriggio a Gubbio la scuola di formazione è diventata una tribuna congressuale, persino più animata dell’assise alla Fiera di Roma. A Fini hanno replicato, anche con toni risentiti, Verdini e La Russa. Frattini ha detto che «lo stillicidio vergognoso è quello contro il premier». E Cicchitto ha aggiunto che «stanno tornando i tempi del ’94, con il partito dei giudici di nuovo all’assalto»: come dire che non è l’ora di marcare il dissenso, semmai di stringersi a Berlusconi. Sono stati probabilmente gli interventi più vicini agli umori del Cavaliere. Ma Fini voleva esattamente rompere la blindatura. «Anche al congresso fondativo - ricorda Alessandro Campi - Fini disse che il Pdl deve essere un partito vero, aperto, democratico e non una copia di Forza Italia. In fondo si è soltanto ripetuto».

Nel marcare il proprio dissenso ha denunciato l’appiattimento e il conformismo di questi mesi. Con un uomo solo al comando, ha spiegato, anche i dirigenti perdono legittimazione. E la pattuglia dei finiani è già pronta a chiedere l’«incompatibilità» tra la carica di ministro e l’ufficio di coordinamento del partito. Ma Fini è andato anche oltre, segnando differenze sul terreno culturale e su temi epocali come la cittadinanza, la laicità, l’immigrazione, la bioetica. Aveva lanciato la sfida a Berlusconi, rifiutandosi di chiudere con una pacca sulle spalle il capitolo aperto dall’attacco del Giornale di Feltri, e ha voluto rispondere alle aspettative da lui stesso create giocando la propria leadership su questi due piani: nell’immediato la democrazia del partito, nel futuro un centrodestra diverso, più vicino all’Europa, più lontano dal populismo e dalla Lega.

Eppure è sul medio periodo che si concentra la diffidenze e il sospetto di Berlusconi verso Fini. È il timore che «stia tornando il ’94» a scatenare oggi la contraerea berlusconiana. Il ministro Sacconi lo ripete da giorni: «C’è un elite borghese che sta cercando di far saltare il banco». E quando Berlusconi si sente aggredito, risponde anticipando l’attacco. Anche a Gubbio, ieri, qualcuno tra i dirigenti del Pdl sussurrava: «Se non si fermano, siamo pronti a votare a marzo anche per le politiche». Una minaccia, a dire il vero, a cui più di qualcuno non crede. Lo stesso Calderoli ieri ha messo in chiaro che la Lega sarebbe contraria.

Comunque Berlusconi vuole avere mano libera, vuole essere il dominus della legislatura: «È stato eletto dal popolo - spiega Gaetano Quagliariello - ed è lui il garante della volontà popolare». È pronto ad usare tutta la sua forza, anche quella istituzionale, se qualcuno proverà a sbarrargli la strada. Dietro l’angolo c’è l’incognita del giudizio della Corte sul lodo Alfano. Ci sono le Procure, agli occhi di Berlusconi sempre in agguato. E c’è pure lo spettro (come nel ’94) di un altro governo della legislatura. Il premier sa che Napolitano farà di tutto per evitare lo scioglimento anticipato delle Camere. Ma ora anche l’autonomia di Fini può diventare una minaccia nello scenario di un conflitto istituzionale. Il Fini che ieri ha ribadito come il «grande equilibrio» di Napolitano sia «una delle poche garanzie» in questa fase di crisi. E che ha apertamente rimproverato Berlusconi per quella frase sui magistrati impegnati nella lotta alla mafia.

da ilmessaggero.it


Titolo: Bossi sbaglia sulla mafia e confonde chi si sta suicidando...
Inserito da: Admin - Settembre 12, 2009, 11:27:12 am
Bossi: «C'è la mafia dietro le escort Gli immigrati? Fini si suicidi come vuole»
 
                       
ROMA (11 settembre) - «Tutto è stato messo in piedi dalla mafia, lo ho detto anche a Berlusconi». Così Umberto Bossi ha commentato la vicenda delle escort. «È la mafia che controlla le prostitute, in questa vicenda c'entra la mafia che ha voluto fare una ritorsione contro il governo che ha messo leggi pesantissime contro di lei, con l'esproprio di tutti i beni».

«Fini? Ognuno è libero di suicidarsi come vuole», ha poi attaccato il segretario della Lega. «Ognuno è libero di fare quello che vuole - ha detto Bossi, rispondendo alla domanda di una militante una leghista in piazza - ma dare il voto agli immigrati è una scelta sbagliata, non è quello che vuole la gente. Noi della Lega preferiamo stare con la gente».

Le tensioni nel Pdl «sono cose che si risolvono, non sono preoccupato», ha poi sottolineato Bossi, oggi alle pendici del Monviso per la "Festa dei popoli padani". «Non sono partiti forti come la Lega, che ha molti voti - ha detto Bossi - quindi alla fine la ragionevolezza si impone. Penso che Fini e Berlusconi si parleranno, quando vado a Roma andrò a trovare Fini e quando sarò là sentirò quello che dice».

«Elezioni anticipate? Dobbiamo fare le riforme, non le elezioni anticipate», ha poi osservato Bossi ai cronisti che gli chiedevano un suo giudizio sull'ipotesi circolata di andare alle urne. «Elezioni anticipate? E per che cosa? - ha aggiunto Bossi - per far vincere la Lega ancora di più?». Niente elezioni anticipate?, hanno insistito alcuni cronisti: «No - ha risposto Bossi - a meno che non siano così scemi perché la Lega vincerebbe ancora di più»

da ilmessaggero.it
 


Titolo: Stretta di mano a cena ma il premier è gelido: spieghi l’uscita sulla mafia
Inserito da: Admin - Settembre 13, 2009, 12:13:44 pm
DIETRO LE QUINTE

Stretta di mano a cena ma il premier è gelido: spieghi l’uscita sulla mafia

Negli ambienti ex Fi è piaciuta la frase sul "bipolarismo"



ROMA — L’incontro, con stretta di mano, c’è stato, anche cordiale come è logico che avvenga in una occasione ufficiale quale era la cena tra i presidenti delle Camere dei Paesi del G8, a Villa Madama. Ma tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini resta il gelo. E l’ipotesi che era montata in giornata su un faccia a faccia tra i due che si potesse tenere già ieri notte è sfumata con il passare delle ore. Ieri in realtà qualche segnale di tregua c’è comunque stato. Berlusconi — che peraltro ha segnato un punto ricevendo la telefonata del premier spagnolo Zapatero che gli ha assicurato come i rapporti tra Italia e Spagna e quelli personali tra loro restino di «amicizia» — ha deciso di annullare le sue previste uscite pubbliche, la prima a Bari e la seconda al convegno di Gubbio.

Alla Fiera del Levante, l’assenza è stata motivata dalla concomitanza con i funerali di Mike Bongiorno (anche se gli organizzatori avevano proposto di spostare l’orario al primo pomeriggio pur di avere il premier), mentre per Gubbio non è stata fornita scusa ufficiale. Quella ufficiosa comunque è semplice: il Cavaliere, spiegano i suoi, non vuole partecipare al botta e risposta con Fini, non vuole prestare il fianco alle «strumentalizzazioni», non ha intenzione di alimentare il «teatrino» della politica che fa solo del male alla maggioranza. Meglio parlarsi faccia a faccia e chiarirsi di persona, perché i temi sollevati dal presidente della Camera (verso il quale l’irritazione è ancora ai massimi livelli) sono delicati e complessi. «E comunque — avrebbe detto il premier ai suoi — aspetto ancora che Fini mi spieghi il motivo di quella sua uscita sulla necessità di riaprire le inchieste sulle stragi di mafia...».

In ogni caso, la scelta del silenzio è considerata come volontà di evitare la rissa, tanto più che ieri Fini — anche a detta di tutti i luogotenenti azzurri — ha provveduto a sua volta ad abbassare i toni e a spazzare il campo, per dirla con il ministro Ronchi, «dalle polemiche e le invenzioni», ribadendo davanti alla platea dell’Udc, che lo ha accolto con un’ovazione, che «dal bipolarismo non si torna indietro».

Anche se ne serve uno «europeo» e certamente non condizionato da una Lega che ha attaccato ancora una volta a testa bassa. Una conferma che Fini la partita intende giocarsela in casa, in un Pdl nel quale «non è possibile che se si fanno critiche o si dice la propria — è il suo pensiero— si viene considerati traditori o cospiratori».

Tutte cose di cui dovranno a lungo parlare Berlusconi e Fini, la prossima settimana. Se non ci saranno ulteriori temporali, si intende.

Paola Di Caro
13 settembre 2009© RIPRODUZIONE RISERVATA
da corriere.it


Titolo: Fini-Berlusconi, oltre lo scontro sul Pdl: il duello è sul destino della ...
Inserito da: Admin - Settembre 14, 2009, 05:39:44 pm
Fini-Berlusconi, oltre lo scontro sul Pdl: il duello è sul destino della legislatura
 
                   
di Claudio Sardo

ROMA (11 settembre) - «Ora è chiaro che il Pdl ha due leader: Berlusconi e Fini» commenta soddisfatto Fabio Granata, fedelissimo del presidente della Camera. Per l’intero pomeriggio a Gubbio la scuola di formazione è diventata una tribuna congressuale, persino più animata dell’assise alla Fiera di Roma. A Fini hanno replicato, anche con toni risentiti, Verdini e La Russa. Frattini ha detto che «lo stillicidio vergognoso è quello contro il premier». E Cicchitto ha aggiunto che «stanno tornando i tempi del ’94, con il partito dei giudici di nuovo all’assalto»: come dire che non è l’ora di marcare il dissenso, semmai di stringersi a Berlusconi. Sono stati probabilmente gli interventi più vicini agli umori del Cavaliere. Ma Fini voleva esattamente rompere la blindatura. «Anche al congresso fondativo - ricorda Alessandro Campi - Fini disse che il Pdl deve essere un partito vero, aperto, democratico e non una copia di Forza Italia. In fondo si è soltanto ripetuto».

Nel marcare il proprio dissenso ha denunciato l’appiattimento e il conformismo di questi mesi. Con un uomo solo al comando, ha spiegato, anche i dirigenti perdono legittimazione. E la pattuglia dei finiani è già pronta a chiedere l’«incompatibilità» tra la carica di ministro e l’ufficio di coordinamento del partito. Ma Fini è andato anche oltre, segnando differenze sul terreno culturale e su temi epocali come la cittadinanza, la laicità, l’immigrazione, la bioetica. Aveva lanciato la sfida a Berlusconi, rifiutandosi di chiudere con una pacca sulle spalle il capitolo aperto dall’attacco del Giornale di Feltri, e ha voluto rispondere alle aspettative da lui stesso create giocando la propria leadership su questi due piani: nell’immediato la democrazia del partito, nel futuro un centrodestra diverso, più vicino all’Europa, più lontano dal populismo e dalla Lega.

Eppure è sul medio periodo che si concentra la diffidenze e il sospetto di Berlusconi verso Fini. È il timore che «stia tornando il ’94» a scatenare oggi la contraerea berlusconiana. Il ministro Sacconi lo ripete da giorni: «C’è un elite borghese che sta cercando di far saltare il banco». E quando Berlusconi si sente aggredito, risponde anticipando l’attacco. Anche a Gubbio, ieri, qualcuno tra i dirigenti del Pdl sussurrava: «Se non si fermano, siamo pronti a votare a marzo anche per le politiche». Una minaccia, a dire il vero, a cui più di qualcuno non crede. Lo stesso Calderoli ieri ha messo in chiaro che la Lega sarebbe contraria.

Comunque Berlusconi vuole avere mano libera, vuole essere il dominus della legislatura: «È stato eletto dal popolo - spiega Gaetano Quagliariello - ed è lui il garante della volontà popolare». È pronto ad usare tutta la sua forza, anche quella istituzionale, se qualcuno proverà a sbarrargli la strada. Dietro l’angolo c’è l’incognita del giudizio della Corte sul lodo Alfano. Ci sono le Procure, agli occhi di Berlusconi sempre in agguato. E c’è pure lo spettro (come nel ’94) di un altro governo della legislatura. Il premier sa che Napolitano farà di tutto per evitare lo scioglimento anticipato delle Camere. Ma ora anche l’autonomia di Fini può diventare una minaccia nello scenario di un conflitto istituzionale. Il Fini che ieri ha ribadito come il «grande equilibrio» di Napolitano sia «una delle poche garanzie» in questa fase di crisi. E che ha apertamente rimproverato Berlusconi per quella frase sui magistrati impegnati nella lotta alla mafia.
 
da ilmessaggero.it


Titolo: Marco Conti Berlusconi bypassa Fini e torna sul “predellino”
Inserito da: Admin - Marzo 11, 2010, 12:24:37 pm
Berlusconi bypassa Fini e torna sul “predellino”
 
               
di Marco Conti

ROMA (10 marzo) - Il nuovo videomessaggio ai Promotori della libertà diffuso ieri sera da Silvio Berlusconi non è solo il modo più efficace per arrivare direttamente nei telegiornali con la sua faccia, ma anche il segnale che il Cavaliere è salito nuovamente sul predellino e che ha già archiviato il Pdl. Almeno nella sua attuale conformazione. C’è nella scelta la dimostrazione di quanto sia grande l’insoddisfazione del presidente del Consiglio per il suo partito che non solo ha un coordinatore nazionale ”citato” più volte nell’inchiesta sugli appalti per il G8, ma che a Roma ha combinato un vero e proprio pasticcio gettando più di un’ombra sull’efficienza del centrodestra.

Per Berlusconi non è questo il momento di dividersi e quindi rinvia a dopo il 29 quel commissariamento del partito di Roma e Lazio che viene chiesto a gran voce specie dall’ala nordista del partito. Ieri pomeriggio, convocando i tre coordinatori del partito, il sindaco di Roma e Renata Polverini ha voluto dare un segnale di unità, ma a palazzo Grazioli i muri ancora riecheggiano degli strali contro tutto il quadro dirigente del partito fatto di «incompetenti», di «burocrati» e di «aspiranti candidati». La valanga di voti persi per il ”pasticcio” compiuto a Roma e la necessità di scuotere l’elettore moderato pronto a recarsi al mare - sole permettendo - piuttosto che in un seggio, spingono il premier sulle barricate costringendolo ad alzare i toni dopo giorni di forzoso silenzio.

Parlando ancora al movimento della Brambilla, Berlusconi prova a prendere le distanze da un partito che con le inchieste giudiziarie e la
”rissa” nelle liste avvenuta sia a Roma che a Milano avrebbe inquinato non poco quella gioiosa macchina da guerra fatta da popolo e militanti che è stata, per Berlusconi, Forza Italia e che doveva essere il Pdl. In discussione torna quindi anche il rapporto con quella nomenclatura che gli ex An hanno traghettato a piene mani nel Pdl favorendo la nascita di correnti e fondazioni.

Evidente anche la crisi con il cofondatore del Pdl. Gianfranco Fini, che pur aveva avallato la scelta del decreto, non è stato mai direttamente coinvolto nei summit che si sono susseguiti a palazzo Grazioli e a palazzo Chigi. Anche il presidente della Camera ha più di un motivo per criticare l’attuale gestione del Pdl, ma non è detto che dopo il 29 marzo i due fondatori si ritrovino d’accordo sulla terapia. Specie se per Berlusconi dovesse risolversi con la nomina di un coordinatore unico di strettissima fedeltà berlusconiana e con l’azzeramento di tutti, o quasi, i coordinatori regionali, provinciali e comunali.

 
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da ilmessaggero.it


Titolo: NODI AL PETTINE: Berlusconi teme un’altra inchiesta
Inserito da: Admin - Dicembre 29, 2013, 11:35:43 am
politica
29/12/2013

Napoli, compravendita deputati
Berlusconi teme un’altra inchiesta
Nel mirino i voti di Futuro e libertà. Non sarebbe a rischio prescrizione


Uno che c’era ricorda perfettamente che circolavano «offerte di ogni tipo», pur di non far votare la mozione di sfiducia. Ai pm napoletani Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock, che gli avevano chiesto della compravendita del senatore Sergio De Gregorio, l’allora presidente della Camera, Gianfranco Fini, rispose di non saperne nulla ma alla domanda seguente Fini mette a verbale: «Con riferimento alla successiva vicenda, riferita alla mozione di sfiducia presentata nell’autunno del 2010, posso dire che è certamente vero che alcuni deputati di Futuro e libertà sottoscrittori della mozione di sfiducia non la votarono. Ma non conosco ragioni diverse da quelle pubblicamente addotte dagli interessati».

Si annuncia una pessima befana per Silvio Berlusconi. Fu l’ex senatore Sergio De Gregorio, in uno dei suoi interrogatori, a svelare ai pm napoletani questo nuovo scenario. Lui che aveva confermato a Woodcock e a Piscitelli di essere stato comprato da Silvio Berlusconi per tre milioni di euro, ha messo a verbale una «confidenza» fattagli da Denis Verdini, uno dei tre triunviri del Pdl: «Verdini mi raccontò di aver convinto Luca Barbareschi a passare il guado in cambio di una fiction con Mediaset». 

Una dichiarazione che non è stata lasciata cadere nel vuoto. E che, evidentemente, in questi mesi è stata al centro di un’attività di verifica per trovare conferme che alcuni deputati di Futuro e libertà furono al centro di una campagna acquisti. 

Di sicuro, alcuni di loro tornati nel Pdl sono stati poi determinanti per non far dimettere il governo Berlusconi, avendo la Camera respinto la mozione di sfiducia presentata dai finiani e votata il 14 dicembre del 2010. Fa mettere a verbale Gianfranco Fini: «Il ripensamento di alcuni sottoscrittori di quella mozione fu poi determinante per il respingimento della stessa».

Fabio Granata, oggi tra i promotori di “Green Italia”, deputato di stretta osservanza finiana, ricorda perfettamente la vigilia di quella votazione che avrebbe dovuto far cadere il governo Berlusconi. «Fino alla sera prima non ci sentivamo sicuri. Avevamo sentore che qualcuno stesse per lasciarci. In quei giorni avemmo tutti la percezione diretta di offerte di ogni tipo. Aldo di Biagio, che rimase con noi, disse pubblicamente che gli fu fatta una offerta di mezzo milione di euro per una Fondazione...».

Consultando l’archivio storico dell’Ansa, effettivamente il non voto di Silvano Moffa e il voto contrario di Catia Polidori e Maria Grazia Siliquini, tutti e tre provenienti da Futuro e libertà, furono determinanti per la tenuta della maggioranza: la mozione fu bocciata con 314 contrari e 311 a favore.

Di certo, ricordano oggi gli ex finiani, Catia Polidori divenne sottosegretaria, Silvano Moffa, presidente della commissione Lavoro della Camera. Maria Grazia Siliquini fu nominata nel cda delle Poste italiane. «Poi ci fu un’altra tornata di passaggi da Futuro e libertà al Pdl - ricorda Fabio Granata - Luca Barbareschi, Andrea Ronchi, Adolfo Urso, Pippo Scalia e Luca Bellotti».

Da - http://lastampa.it/2013/12/29/italia/politica/napoli-compravendita-deputati-berlusconi-teme-unaltra-inchiesta-cuZncaCrbTOzlBw0f6ZKZO/pagina.html


Titolo: Berlusconi, 20 anni fa la discesa in campo. Con la regia di Craxi e Dell’Utri
Inserito da: Admin - Gennaio 26, 2014, 11:22:17 pm
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Berlusconi, 20 anni fa la discesa in campo. Con la regia di Craxi e Dell’Utri

Lacrime sotto la doccia, debiti, inchieste: così nacque il videomessaggio del 26 gennaio 1994 ("L'Italia è il paese che amo"). A spingere per la formazione di Forza Italia fu l'ex leader Psi che aveva fiutato la fine del Pentapartito. Al Cavaliere "esausto" e impaurito dalle inchieste Bettino diceva: "Serve un simbolo e un contenitore. Con le televisioni hai la potenza di fuoco per convincere tutti". Con l'avanzare di Mani Pulite, l'improvvisa accelerazione da parte del consigliere siciliano sul progetto politico

di Gianni Barbacetto | 26 gennaio 2014

Il sorriso davanti alla telecamera addolcita da una calza da donna (“L’Italia è il Paese che amo”) nasce da un pianto sotto la doccia. Domenica 4 aprile 1993, pomeriggio. Ad Arcore c’è una riunione cruciale. Presenti Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri e Bettino Craxi, ormai raggiunto da dieci avvisi di garanzia e non più segretario del Psi. La racconta Ezio Cartotto, il democristiano milanese assunto già un anno prima come consulente da Dell’Utri, con l’incarico segreto di studiare nuove forme d’intervento in politica. “Bisogna trovare un’etichetta, un nome nuovo, un simbolo, un qualcosa che possa unire gli elettori moderati che un tempo votavano per il pentapartito”, dice Craxi quel pomeriggio di primavera. “Con l’arma che tu hai in mano delle televisioni, attraverso le quali puoi fare una propaganda martellante, ti basterà organizzare un’etichetta, un contenitore. Hai uomini sul territorio in tutta Italia, puoi riuscire a recuperare quella parte di elettorato che è sconvolto, confuso, ma anche deciso a non farsi governare dai comunisti, e salvare il salvabile”.

Secondo il racconto di Cartotto, Craxi ha già capito che il Psi e l’intero pentapartito sono finiti, inservibili. Il leader ferito da Mani pulite spinge l’amico a creare una nuova sigla, un nuovo “contenitore” da imporre con la potente “arma” delle tv. Berlusconi invece, almeno secondo il racconto di Cartotto, è ancora disorientato: “Sono esausto. Mi avete fatto venire il mal di testa. Confalonieri e Letta mi dicono che è una pazzia entrare in politica e che mi distruggeranno, che faranno di tutto, andranno a frugare tutte le carte. E diranno che sono un mafioso. Che cosa devo fare? A volte mi capita perfino di mettermi a piangere sotto la doccia…”. Nei mesi successivi, avviene l’accelerazione che porterà a Forza Italia. Dell’Utri liquida i più blandi piani di Cartotto e impone il suo “Progetto Botticelli”: un partito fatto in casa. Convince l’amico Silvio che non c’è alternativa. E l’amico Silvio smette di piangere sotto la doccia e accetta di “bere l’amaro calice”. Così, il 26 gennaio 1994, pronuncia le parole fatidiche: “L’Italia è il Paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti. Qui ho imparato, da mio padre e dalla vita, il mio mestiere di imprenditore. Qui ho appreso la passione per la libertà. Ho scelto di scendere in campo e di occuparmi della cosa pubblica perché non voglio vivere in un Paese illiberale, governato da forze immature e da uomini legati a doppio filo a un passato politicamente ed economicamente fallimentare”.

Con una videocassetta autoprodotta e poi distribuita alle tv annuncia la sua “discesa in campo”. Il biennio 1992-93 è, oltre che il più drammatico per la storia politica recente della Repubblica, anche il più duro nella storia imprenditoriale di Berlusconi. Finita la fase espansiva degli anni Ottanta, il mercato della pubblicità televisiva entra per la prima volta in affanno. Più in generale, per la prima volta si manifesta all’esterno la gravissima situazione debitoria in cui versano le aziende del gruppo Fininvest. Cominciano a circolare indiscrezioni giornalistiche. Un commentatore autorevole come Giuseppe Turani scrive che la Fininvest è addirittura in situazione prefallimentare. Dopo tante voci, nel 1993 la pubblicazione del tradizionale rapporto di Mediobanca sulle principali società italiane offre per la prima volta sull’argomento qualche cifra considerata attendibile. I debiti del gruppo Berlusconi, secondo Mediobanca, raggiungono nel 1992 quota 7.140 miliardi: 2.947 a medio e lungo termine, altri 1.528 di debiti finanziari a breve e 2.665 di debiti commerciali.

Cifre pesanti, e certamente peggiorate nel corso del 1993, anche per gli alti tassi d’interesse e la fine dell’aumento degli introiti pubblicitari (gli investimenti nel settore fanno registrare, nel primo semestre 1993, la prima “crescita zero” dopo lunghi anni di boom ininterrotto e di incrementi annui a due cifre). Ma anche fermandosi ai 4.475 miliardi di indebitamento finanziario calcolato da Mediobanca e mettendoli in rapporto con i 1.053 miliardi di capitale netto, si arriva facilmente alla conclusione che la Fininvest, nel 1993, ha 4,5 lire di debiti per ogni lira di capitale. La situazione d’allarme è immediatamente avvertita dalle banche più esposte con il gruppo Fininvest – Comit, Cariplo, Bnl, Banca di Roma, Credit – che intervengono su Berlusconi chiedendo il risanamento del gruppo. La prima risposta (di fatto imposta dalle banche) è la nomina di un manager con la fama di “duro”, Franco Tatò, ad amministratore delegato della Fininvest, con pieni poteri per andare a “mettere ordine” (testuali parole di Tatò) nella gestione e nelle finanze del Biscione. Di fatto, è un commissariamento. Dal punto di vista del contesto politico è anche peggio. Nel 1992-93, l’inchiesta milanese di Mani pulite avvia quel processo che finisce con il mettere fuori gioco tutti i protettori e sostenitori di Berlusconi: innanzitutto Bettino Craxi, ma anche una parte della Dc e i “miglioristi” del Pci.

Salta tutto il sistema di relazioni dentro cui Berlusconi ha potuto costruire e mantenere la sua posizione dominante sul mercato della tv e della pubblicità. Il rischio immediato è che venga messa in discussione la sua possibilità di detenere tre reti televisive. C’è poi un terzo ordine di problemi. Il pool di Antonio Di Pietro, Piercamillo Davigo e Gherardo Colombo sta scoperchiando i rapporti di corruzione che legano politica e affari e Berlusconi sa che prima o poi arriveranno anche a lui. Anzi: le indagini di Mani pulite hanno già cominciato a lambire le sue aziende e i suoi uomini. Già nel 1992 il pool di Mani pulite indaga sugli appalti della Coge di Parma, un’impresa partecipata dalla famiglia Berlusconi. Nello stesso periodo, Paolo Berlusconi ammette di aver pagato una mazzetta di 150 milioni di lire a un dirigente della Dc per la gestione delle discariche lombarde. Il nome Fininvest viene fatto per la prima volta nelle indagini di Mani pulite dal senatore Dc Augusto Rezzonico, a proposito di una possibile tangente pagata nella capitale. Poi si aprono a Milano e a Roma inchieste sui palazzi venduti dalla famiglia Berlusconi al fondo pensioni Cariplo e ad altri enti pubblici.

A Torino s’indaga sull’apertura di un centro commerciale alla periferia della città. Altri procedimenti giudiziari vengono aperti sul budget per la campagna pubblicitaria tv anti-Aids del ministero della Sanità; sul piano delle frequenze televisive assegnate alle reti di Berlusconi; sui finanziamenti irregolari concessi dalla Fininvest ai festival e ai congressi di partito; sulle false fatture e i fondi neri di Publitalia, la concessionaria di pubblicità guidata da Dell’Utri… Insomma: Berlusconi sente il fiato delle procure sul collo. I suoi uomini e le sue aziende sono già oggetto di inchieste giudiziarie da parte di tre procure: Milano, Roma e Torino. Sa che prima o poi toccherà anche a lui. Ecco allora lo scatto. È in questo clima terribile – fine dell’espansione pubblicitaria, debiti galoppanti, caduta dei protettori politici, inchieste giudiziarie incombenti – che Berlusconi matura le decisioni più clamorose della sua vita. Come un giocatore di poker sull’orlo del tracollo, rilancia, rischia tutto, osa pensare l’impensabile. Invece di farsi prendere dal panico o di tentare qualche piccola reazione, punta tutta la posta, progetta le mosse che possono farlo tornare a vincere: “L’Italia è il Paese che amo…”.

Da Il Fatto Quotidiano del lunedì del 20 gennaio 2014

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/01/26/berlusconi-20-anni-fa-la-discesa-in-campo-con-la-regia-di-craxi-e-dellutri/857831/


Titolo: Berlusconi: "Non siamo favorevoli alla candidatura del Professore".
Inserito da: Admin - Dicembre 17, 2014, 05:56:18 pm
Quirinale e riforme, l'ipotesi Prodi irrita Forza Italia.
Salvini: "Non esiste".
Renzi ai 5 Stelle: "Entrate in partita"
Dal partito di Berlusconi: "Non siamo favorevoli alla candidatura del Professore".
E il premier al M5S: "Ci sono sfide importanti da affrontare: abbiamo bisogno di voi"

16 dicembre 2014

ROMA - La versione ufficiale parla di analisi sulle questioni in Libia e Ucraina, del punto sulla situazione internazionali. Ma l'incontro tra Matteo Renzi e Romano Prodi ha un solo effetto sul quadro politico: viene letto solo come un passo essenziale del processo che porterà alla scelta del nuovo presidente della Repubblica. Dell'ennesimo capitolo del "Romanzo Quirinale" parla Maurizio Gasparri di Forza Italia. "Sarei felice di votare Prodi al Quirinale", il commento di Enrico Rossi, governatore della Toscana. Dichiarazioni che segnalano come l'ex presidente del Consiglio dei Ministri sia, a oggi, uno dei volti su cui l'attenzione dei partiti è molto alta. Sullo sfondo, il tema del "metodo": un nome scelto all'interno del Pd da proporre poi alle altre forze politiche. E oggi Renzi ai Cinque Stelle: "Abbiamo davanti tante sfide. E abbiamo bisogno di voi".

Tra Nazareno e Quirinale. L'incontro tuttavia rischia di creare una crepa ulteriore tra i contraenti del Patto del Nazareno. Il perchè è noto: per gran parte del partito di Silvio Berlusconi non vede Romano Prodi come un candidato in grado di far raggiungere alle forze politiche un grado sufficiente di unità. "Come tutti i nomi di ritorno, ci sarebbe qualche problema a riproporre Prodi, e Forza Italia certamente non è favorevole a questa candidatura. Da parte sua, Renzi fa bene ad incontrare quante più persone possibili, non solo per proporre candidature ma anche per escluderne alcune". Così, a Radio Città Futura, il deputato di Forza Italia e presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera Francesco Paolo Sisto.

Alla ricerca di un metodo. E proprio il "metodo Renzi" è sotto la lente di ingrandimento di analisti ed esponenti dei partiti. Sintetizzando: una rosa di nomi da scegliere all'interno del campo democratico e da proporre poi al resto delle forze politiche. Ed è proprio la natura della proposta a essere importante: perchè il premier prima e il ministro Boschi poi hanno sempre distinto tra successione a Napolitano e Patto del Nazareno. Ovvero: per la scelta dell'inquilino del Colle la strada maestra non passa esclusivamente attraverso un'alleanza con Forza Italia. Visione che sembra confermata anche dall'apertura che Renzi ha fatto nei confronti del M5S sul tema della riforme. "Abbiamo bisogno di voi", dice il premier.

Il niet di Salvini. L'ipotesi di Romano Prodi al Quirinale "è come quella delle Olimpiadi a Roma: un delirio. Assolutamente no". Così Matteo Salvini ha risposto a chi gli chiedeva un commento all'ipotesi che Romano Prodi possa succedere a Giorgio Napolitano alla presidenza della Repubblica. Il motivo? "I responsabili di questa situazione in Italia e soprattutto in Europa non possono diventare presidenti della Repubblica. E' assolutamente la condizione che noi poniamo: il nuovo presidente non deve essere stato complice del furto che l'Europa ha fatto ai danni dell'Italia: quindi Prodi, Amato e Padoan sono tutti uguali, per quanto mi riguarda".

© Riproduzione riservata 16 dicembre 2014

Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/12/16/news/prodi_reazioni-103011148/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_16-12-2014