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3316  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / MATTEO RENZI ha certamente aspetti e comportamenti da correggere, ma ... inserito:: Maggio 06, 2018, 06:31:04 pm
Renzi ha certamente aspetti e comportamenti da correggere, ma gli si deve riconoscere almeno tre meriti:

1) avere evitato al PD una scelta da mentecatti (avvicinarsi ai 5Stelle);

2) avere indicato un Progetto, da elaborare ma non abbandonare mai più (le Riforme Istituzionali);
 
3) aver fatto emergere, alla nostra conoscenza, la personalità contorta di alcuni protagonisti del vertice PD.

ciaooo
3317  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / MARCELLO SORGI. Il Presidente, un uomo solo al Quirinale inserito:: Maggio 06, 2018, 06:29:46 pm
Il Presidente, un uomo solo al Quirinale

Pubblicato il 04/05/2018 - Ultima modifica il 04/05/2018 alle ore 10:59

MARCELLO SORGI

Il laconico comunicato con cui il Quirinale ha annunciato per lunedì un terzo giro di consultazioni, «per verificare se i partiti abbiano altre prospettive di maggioranza di governo», ha dato il senso di una condizione che è emersa via via più evidente dai meandri della crisi irrisolta. Mattarella è solo: venuta meno la solidarietà dei 5 Stelle, il Movimento che, paradossalmente, per tutta la durata delle trattative si era mosso più di sponda con il Quirinale, accettando il ruolo pedagogico del Capo dello Stato e lasciandosi in sostanza condurre per mano, la solitudine del Presidente si allarga in uno spazio senza confini, dove i partiti restano lontani e immobili, fermi nei loro veti.

Mai come stavolta il costituzionalista siciliano, ex ministro ed ex giudice costituzionale, cresciuto in una stagione di forti conflitti ma anche di solidi e radicati rapporti tra le forze politiche, s’era trovato a fronteggiare una situazione di incomunicabilità: e non perché i protagonisti della crisi non si parlino, o non si scambino proposte e ambasciate informali, o non facciano quel gioco di sponda tra parti del tutto che sempre è stato l’anticamera di ogni intesa. Si parlano, ma non si capiscono. E non si intendono perché appartengono ancora all’epoca maggioritaria del «tutto o niente».

E non hanno né voglia, né capacità di adattarsi ai compromessi tipici della partitocrazia proporzionale. Nessuno dei predecessori di Mattarella ha dovuto scontare fino a tal punto questa difficoltà. Cossiga no: pur trasformatosi in «picconatore», nei giorni della rottura con la Dc trovò l’appoggio di Craxi; e neanche Scalfaro, che dovette fronteggiare l’ondata distruttiva di Tangentopoli e quella arrembante del berlusconismo; né Ciampi, chiamato a convivere con le più discutibili scelte dei governi guidati dal Cavaliere, ma al quale non mancò mai la solidarietà del centrosinistra; né Napolitano, chiamato a cimentarsi con il Parlamento dei «non vincitori».

Invece, sull’attuale inquilino del Colle, per primo è sceso il gelo del suo (ex) partito, con il pesante silenzio di Renzi, sia nell’ultima stagione della sua segreteria, quando il motivo della rottura è stato la riconferma del governatore di Bankitalia Visco, sia dopo la sconfitta che lo ha portato a rinunciare - solo formalmente, a quanto sembra - alla guida del Pd. Ma un Capo dello Stato che non possa contare neppure sul sostegno di chi lo ha voluto al Quirinale, che sente sprezzantemente definire «collisti» i vecchi amici della Margherita che lo cercano per recargli conforto, che addirittura si vede additato come stratega-ombra di un complotto che avrebbe dovuto portare al governo Di Maio-Pd, non può che essere amareggiato, e per forza di cose indebolito, dal comportamento dell’ex premier, oggi senatore di Firenze e Scandicci, che dovrebbe essere suo naturale interlocutore.

Quanto al rapporto con i 5 Stelle, e segnatamente con il capo politico e candidato premier del Movimento, il Presidente, alla luce del sole, è partito dall’idea che i «grillini», fin qui emblema del populismo e dell’antipolitica, dopo il risultato elettorale che li ha confermati prima forza politica per consensi, con il voto di un italiano su tre, dovessero essere ricondotti nell’alveo di un normale confronto politico e costituzionale. Questo sarebbe potuto avvenire solo riconoscendogli piena dignità nelle trattative per il governo, e chiedendogli altrettanto piena disponibilità a non impuntarsi sui veti. Tra Mattarella e Di Maio, insomma, non è mai esistito un patto per portare il capo politico pentastellato alla presidenza del consiglio. In un certo senso, il Presidente s’è comportato come Moro, che considera suo maestro, e non diceva mai né di sì né di no. Il risultato finale del negoziato su cui è piovuta la doccia fredda televisiva di Renzi si sarebbe visto alla fine di un lavoro che, necessariamente, non sarebbe stato né breve né facile, e alla fine avrebbe anche potuto concludersi con Di Maio al governo, in un ruolo di primo piano, ma magari non a Palazzo Chigi, insieme a una delegazione ministeriale rappresentativa del peso elettorale dei 5 Stelle.

Il Capo dello Stato si era comportato allo stesso modo nei giorni in cui sembrava che dovesse maturare l’accordo tra Di Maio e Salvini, poi tramontato, dopo l’esplorazione della Casellati, per la pregiudiziale antiberlusconiana dei 5 Stelle. E mentre con Berlusconi - al di là del teatrino inscenato nelle consultazioni, mentre parlava il leader leghista alla prima uscita pubblica del centrodestra unito -, se non altro, s’è ristabilito un rapporto di reciproca comprensione, dopo la fredda accoglienza accordata tre anni fa alla sua elezione, tra Mattarella e Salvini non è rimasto nulla, oltre all’indispensabile formalità che richiede di fingere di aver dimenticato i numerosi attacchi del Carroccio al Colle.

Con questo non certo ingente, nel complesso, patrimonio di rapporti, il Presidente si avvia a sedersi di nuovo lunedì davanti alle delegazioni dei partiti. Cercherà di fare della solitudine la sua forza, mettendoli di fronte alle loro responsabilità e prospettandogli il bivio finale a cui è giunta la crisi: o accettano un governo d’emergenza, che metta mano ai problemi economici insorgenti e rassicuri i partners europei, o dovrà necessariamente por fine alla farsa e alla tragedia di questa legislatura nata morta.

 Licenza Creative Commons
Alcuni diritti riservati.

Da - http://www.lastampa.it/2018/05/04/cultura/il-presidente-un-uomo-solo-al-quirinale-cE5ydleTIDuiiztiMd5p0N/pagina.html
3318  Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / L'Ulivastro (l'Ulivo Selvatico). inserito:: Maggio 06, 2018, 01:57:29 pm

Abbiamo (ho) deciso che il termine CentroSinistra sia accantonato dai nostri post.

Continuare ad usarlo ci sembra un accanimento stupido (il termine non l'Idea) visto come i politici dei partiti interessati (di Centro e di Sinistra Democratica) se lo stanno trastullando da decenni senza successo e con molte ipocrisie, dimostrando nessun rispetto per i Cittadini che sostengono quell'Idea.

Quanto scrivemmo qui sotto è quindi superato, oggi abbiamo varato in FB un "Gruppo Il Nostro Modo di Ragionare" che porta avanti l'Idea Di CentroSinistra con un nuovo diverso modo di pensare la politica.

8 agosto 2018
ggiannig 
 


Abbiamo richiesto a Fb che la pagina “iCittadini di CentroSinistra” (attiva da oltre un anno) si modifichi in POLO DEMOCRATICO di CentroSinistra, ringraziando per l’attenzione restiamo nell'attesa di quanto decideranno i Responsabili Facebook.

P.S.1: resterà invariato, nel nome attuale, il collegato Gruppo di Cittadini di CentroSinistra

P.S.2: Fb nulla ha fatto per aderire alla mia richiesta e nulla ci ha comunicato ad oggi 1 maggio 2018.

Grazie Gianni Gavioli  - Amministratore (nickname - ggiannig  - Arlecchino)
Italia - 22 aprile 2018 - (aggiornamento di oggi 1 maggio 2018)
3319  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / IL PD - Partito Democratico Frasi di Kenneth Boulding inserito:: Maggio 06, 2018, 12:21:16 pm
Domenica 06 maggio 2018

 Frasi di
Kenneth Boulding   

“Prendere decisioni sull'onda dell'incertezza è già abbastanza dannoso, ma farlo in base a delle convinzioni è catastrofico.”

KENNETH BOULDING
Da - frasicelebri.it
3320  Forum Pubblico / ECONOMIA e POLITICA, ma con PROGETTI da Realizzare. / FRANCESCO NANI Italia in Comune, Pizzarotti parte da Parma: ... inserito:: Maggio 06, 2018, 12:19:03 pm
Italia in Comune, Pizzarotti parte da Parma: "Populisti provino a governare se ci riescono"
Al via il tour del nuovo partito dei sindaci: "Fino al 2021 il mio impegno è amministrare Parma"

Di FRANCESCO NANI
05 maggio 2018

Italia in Comune, il partito civico dei sindaci, inizia il suo percorso da Parma, la città amministrata dall'ex grillino Federico Pizzarotti.

Un viaggio che toccherà varie regioni e che dovrà portare all'assemblea nazionale degli iscritti fissata a ottobre. Un modo per far conoscere la carta dei valori e la struttura, promuovere una campagna di adesione.

Il primo banco di prova elettorale saranno le elezioni Regionali del 2019 in Emilia Romagna; esclusa invece una partecipazione a eventuali nuove elezioni Politiche: "Credo sia presto, almeno questo è un mio parere, pensare di presentare una propria lista. Poi sarà l'assemblea direttiva a decidere i passi da fare, anche in base a quanto succederà. Sono contrario ad accelerazioni. Compiere passi anticipati sarebbe come cercare un trampolino che potrebbe essere pericoloso. Occorre prudenza" afferma Pizzarotti prima dell'avvio dell'incontro che richiamato a Parma più di 300 amministratori da tutta Italia compresa la Giunta cittadina quasi al completo e diversi consiglieri comunali di Effetto Parma.
Italia in Comune, Pizzarotti: "Non si può galleggiare, meglio tornare alle urne"

Elezioni nazionali che tuttavia il primo cittadino auspica: "Non possiamo galleggiare per molti mesi e non si deve aver paura di tornare alle urne. Auspico sarà così per avere un governo stabile. In questo caso, credo che in particolare la Lega potrebbe aumentare il consenso e avere i numeri per governare con il M5s. Salvini è oggettivamente quello che si sta muovendo meglio in questa fase e il Carroccio l'unico che sta crescendo".

"Una ipotesi di governo Lega - M5s ? Sarebbe interessante vedere - ragiona l'ex grillino - come un governo populista, in un momento di crisi come questa, riuscirebbe a trovare le risorse per attuare flat tax e reddito di cittadinanza. Il Movimento 5 Stelle è il primo partito nel Paese. Mi auguro abbia la possibilità di governare. Il populismo si sgonfia mettendolo alla prova dei fatti".

Italia in Comune punta a essere differente: "La situazione attuale potrebbe anche servire a tanti cittadini per rendersi conto che le proposte fatte in campagna elettorale da alcuni partiti sono assolutamente irrealizzabili, mentre noi stiamo costruendo un programma serio, concreto e non basato su sogni. Non facciamo promesse mirabolanti e mettiamo al centro l'esperienza diretta dei sindaci e temi come ambiente e cultura che sono usciti dai radar della politica nazionale. Abbiamo - spiega - dei valori chiari: laicità, europeismo, ambiente, cultura, lavoro, anti totalitarismo. I cittadini cercano risposte concrete e non guardano se chi si candida è un ex di destra o ex di sinistra. Pensiamo ai tanti del Pd che sono andati a votare Lega o 5 stelle".

"La sicurezza? Deve essere scissa dall'immigrazione. Per la prima servono più investimenti, più forze dell'ordine, pene certe e norme efficaci. Per la seconda serve una sola parola: inclusione".

Contrario ad anticipare l'appuntamento con le urne anche il coordinatore di Italia in Comune: "Saremo coerenti con la scelta già fatta in questa tornata elettorale di non candidarci - dice Alessio Pascucci, sindaco di Cerveteri - Noi siamo diversi dagli altri partiti: non cerchiamo poltrone, incarichi bensì costruire un nuovo modo di fare politica. Per fare questo serve tempo".

Quanto alle prossime regionali, Pizzarotti esclude una sua "presenza diretta. La escludo a priori. Italia in Comune non deve essere un partito personalistico come gli altri ma pluralista. Ci sono tanti amministratori capaci e saremo in grado di fare selezione, stando a fianco di chi si candiderà. A Parma il solo obiettivo di Parma Capitale italiana della cultura 2020 è qualcosa che non possiamo mancare"; quindi, è il paletto temporale di Pizzarotti, fino almeno al 2021 la priorità sarà portare avanti il mandato elettorale ottenuto nel 2017.

"Sono ampiamente soddisfatto così, fare il sindaco è il mestiere più bello del mondo e non cerco altri trampolini. Se successivamente scenari nazionali o di altro tipo cambieranno vedremo".

Italia in Comune - conclude -  vuole essere un "partito aperto e plurale, e perciò tutti i cittadini possono aderire. Cittadini e sindaci insieme oltre la destra e la sinistra. Mentre gli altri partiti non riescono a dialogare, noi iniziamo un percorso nuovo, fatto di confronto e obiettivi chiari. Siamo una forza giovane, ma ricca di esperienza perché dalla sua ha tanti sindaci. Sindaci e cittadini insieme"

© Riproduzione riservata 05 maggio 2018

Da - http://parma.repubblica.it/cronaca/2018/05/05/news/italia_in_comune_pizzarotti_parte_da_parma_populisti_provino_a_governare_se_ci_riescono_-195568546/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P3-S4.3-T1
3321  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / M. FAVALE. Zingaretti rilancia il modello Lazio: Noi unici a vincere in Italia.. inserito:: Maggio 06, 2018, 12:17:35 pm
Roma, Zingaretti rilancia il "modello Lazio": "Noi unici a vincere in Italia"
Alla convention organizzata dopo il successo alle Regionali, il governatore invita il Pd ad aprire "un cantiere per una nuova alleanza. Ma stop agli schemi del passato"

Di MAURO FAVALE
05 maggio 2018

"Noi abbiamo vinto". Nicola Zingaretti lo ripete a gran voce davanti alle 2000 persone stipate sotto il capannone industriale dell'Ex Dogana, a due passi dalla stazione Termini, il luogo scelto per festeggiare, a due mesi dalle elezioni, il successo alle Regionali del Lazio. "Siamo gli unici in Italia ad essere stati riconfermati. Anzi, in tutta Europa, chi governa perde, nel Lazio no", spiega il governatore che vuole fare della sua esperienza un modello per il centrosinistra nazionale a cominciare dal primo appuntamento elettorale, le Amministrative del 10 giugno.

"Chi è solo perde, chi è isolato perde, chi è debole perde - scandisce Zingaretti - e noi dobbiamo aiutare chi sta combattendo e chi combatterà in questi comuni con una alleanza forte". Nessuno spiraglio ad accordi con l'M5S che pure, in Consiglio regionale (dove Zingaretti, seppur vittorioso, non gode della maggioranza per un solo voto), è un interlocutore privilegiato. "Noi costruiamo l'alleanza del fare esattamente per essere autonomi, liberi, indipendenti da altre proposte politiche. L'unica garanzia della nostra autonomia politica è avere una nostra alleanza competitiva per vincere".
Elezioni, Zingaretti (Pd): "Costruiamo un'alleanza del 'fare' dove contano le persone"

Un concetto che ripete spesso rilanciando un'alleanza larga proprio sul modello Lazio, dove la vittoria è arrivata "sì, per le divisioni della destra. Però potevamo andare divisi anche noi e invece abbiamo avuto l'intelligenza di stare uniti". In quasi un'ora di discorso, il presidente della Regione Lazio ribadisce per 4-5 volte il concetto che "noi non smobilitiamo". Un avvertimento a chi teme (o auspica) un suo impegno per la "scalata" del Pd: "Non siamo qui per presentare una candidatura e questo non è un trampolino di lancio.
Quando qualcuno si candiderà se ne accorgeranno tutti". Infine, c'è spazio anche per un'analisi della sconfitta alle Politiche del 4 marzo, "la peggiore del dopoguerra": "Governiamo per liberare le persone dalle difficoltà della loro condizione, è l'unica motivazione, altrimenti la politica rimane gestione del potere per il potere e la gente giustamente ci caccia".

© Riproduzione riservata 05 maggio 2018

Da - http://roma.repubblica.it/cronaca/2018/05/05/news/roma_zingaretti_rilancia_il_modello_lazio_noi_unici_a_vincere_in_italia_-195584119/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P3-S3.3-T1
3322  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / Alessandro DE ANGELIS Renzi al Nazareno con la carica dei 120 inserito:: Maggio 03, 2018, 09:04:01 pm

Direzione Pd: l'ex segretario sicuro di avere la maggioranza.

Se Martina chiede la fiducia fino al congresso, sarà rottura

By Alessandro De Angelis

L'hanno ribattezzata "linea Fazio", nella war room renziana. Dove la Direzione è preparata come una battaglia campale per il controllo del Pd: "Vogliono il confronto con i Cinque Stelle? – è il ragionamento che trapela dai piani alti del Nazareno – Bene, ma in streaming. Il punto fermo è mai Di Maio a Palazzo Chigi. E no a Salvini. Noi siamo per un Governo delle regole".

Parole accompagnate dai numeri squadernati sul tavolo, dopo un ultimo giro di telefonate notturne e mattutine. Ci sono 119 parlamentari su 160 che hanno detto "mai a un governo con Di Maio". E c'è il pallottoliere della Direzione. L'ultimo aggiornamento dice che 120 sono blindati: "Ma se vogliono la conta, presentiamo il nostro documento e finisce 130 a 70".

Numeri. Calcoli. Strategie e spifferi, nell'ora della grande conta nel Pd. Pare che ogni punto di mediazione, al momento, sia saltato. Da un lato c'è l'ex segretario, in questo suo ritorno in campo per non perdere il controllo del partito, dall'altro tutti i big storici del Partito Democratico. A poche ore dall'inizio della Direzione la loro richiesta, a quel che si capisce, è di accordare la fiducia a Martina fino al congresso. Se così fosse, si andrebbe incontro a una clamorosa rottura. Col presidente del partito, Matteo Orfini, pronto ad alzarsi e a leggere lo statuto secondo cui il reggente può riceverla fino all'assemblea, ma non fino al congresso. Perché solo un nuovo segretario, non un reggente, può condurre il partito al congresso. E a quel punto ci si conta, per poi contarsi nuovamente in assemblea. Se invece Martina chiederà "fiducia" solo fino all'assemblea, allora via libera anche dagli uomini dell'ex segretario, che eviterebbero volentieri la conta perché comunque attesta che i numeri di Renzi in Direzione non sono più quelli di una volta.

Voi capite che quando un partito arriva a lacerarsi su queste questioni, siamo a un passo dalle sedie che volano, come accadeva in indimenticabili direzioni dei partiti della prima Repubblica. Normalmente accadeva prima delle scissioni. Parlando un po' di politica, tutto questo cosa significa, oltre la fotografia di un partito che ha perso il contatto con la realtà? Significa che, tra l'intervista a Fazio e il documento sottoscritto dalla maggioranza di parlamentari, Renzi ha fatto saltare la linea dell'accordo con i Cinque stelle. In tre giorni, ha picconato un accordo che equivaleva a un renzicidio sul terreno del governo, e ha messo nero su bianco i numeri i numeri della sua maggioranza tra i gruppi parlamentari e in direzione, di ciò che resta del Pd.

Si può condividere o no, può piacere o no. Può essere vista come una "linea" o come una "cieca vendetta", ma il comunicato in cui il Quirinale convoca le consultazioni senza neanche attendere la direzione del Pd (perché non c'è nulla da attendere) certifica un suo successo tattico: Di Maio Palazzo Chigi non lo vedrà mai, neanche col binocolo. Prospettiva che invece domenica mattina era ancora in vista finché il dialogo con i Cinque Stelle era nelle mani di Martina. In fondo era prevedibile perché il Pd è diventato (e non da oggi) il Pdr, nel senso di partito di Renzi.

Né andrà a Palazzo Chigi Salvini, perché non ha i numeri per chiedere un incarico. All'ordine del giorno c'è il governo del Presidente, che nasce come governo di tutti e magari si realizza come governo di chi ci sta. Non è un terreno distante dal governo delle regole proposto dall'ex segretario. Dipende dal nome che sceglierà Mattarella, dal profilo dei ministri, dalla mission complessiva, ma è un terreno su cui il Pd può scendere dall'Aventino e giocare a fare politica. E a meno di clamorose novità sui numeri il dominus della nuova fase è lo stesso della precedente e di quella prima ancora. Accade così nei partiti, come viene spiegato nei manuali. Il ricambio è possibile finché i partiti non mutano geneticamente. Poi diventa impossibile, perché i critici diventano ospiti in casa altrui.

Da - https://www.huffingtonpost.it/2018/05/03/renzi-al-nazareno-con-la-carica-dei-120_a_23426127/?utm_hp_ref=it-homepage
3323  Forum Pubblico / CENTRO PROGRESSISTA e SINISTRA RIFORMISTA, ESSENZIALI ALL'ITALIA DEL FUTURO. / "Comunisti da una parte e Cattolici (democristiani) dall'altra" ... ecc. ecc. inserito:: Maggio 03, 2018, 09:02:04 pm
Adesso ci sarebbe da capire: ognuno a casa propria nello stesso condominio, oppure in due villette "a schiera", separate e distanti.

Prima di cambiare casa, è possibile stendere un Progetto Riformista che, fatto nascere per il benessere degli Italiani (tutti), possa evitare di allontanarsi troppo?

ciaooo 
3324  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / Re: MASSIMO CACCIARI inserito:: Maggio 03, 2018, 09:00:51 pm
Massimo Cacciari: "I 5 Stelle hanno fatto una figura di m...."

Il filosofo critica la posizione dei pentastellati sul governo e la premiership di Luigi Di Maio

By Huffington Post

"Se si tornasse al voto potrebbe cambiare qualcosa: i Cinquestelle hanno fatto una figura di merda, la loro posizione di poter fare il governo con uno o con l'altro purché con la premiership di Di Maio non gli ha fatto fare un figurone.

Basta vedere i risultati, anche in Friuli".

Ospite di Giorgio Lauro e Geppi Cucciari a Un Giorno da pecora, il filosofo Massimo Cacciari fotografa così la situazione politica dopo il niet di Renzi ai 5 Stelle e il successo della Lega in Friuli.

Da - https://www.huffingtonpost.it/2018/04/30/massimo-cacciari-i-5-stelle-hanno-fatto-una-figura-di-m_a_23423688/
3325  Forum Pubblico / MOVIMENTO 5STELLE: Valori e Disvalori / Il veleno di Di Maio sulla libertà di stampa inserito:: Maggio 03, 2018, 08:59:43 pm

Il capo politico del Movimento a Porta a Porta: "Negli ultimi 50 giorni i telegiornali Rai ci hanno trattato con i guanti bianchi perché avevano paura che andassimo al governo e sostituissimo i direttori.

Lo faremo molto presto"

Di SEBASTIANO MESSINA
03 maggio 2018

Chi si domanda perché l'Onu abbia sentito il bisogno di celebrare - oggi, 3 maggio - la giornata mondiale della libertà di stampa forse s'è perso il comizietto di Luigi Di Maio ieri sera a Porta a porta, su quella tv dove una volta i grillini avevano il divieto di mettere piede (e che oggi occupano una sera sì e l'altra pure, avendo ottenuto il singolare privilegio di essere sistematicamente i soli politici in studio). Cos'ha detto Di Maio? Ha spiegato che "negli ultimi 50 giorni i telegiornali Rai ci hanno trattato con i guanti bianchi perché avevano paura che andassimo al governo e sostituissimo i direttori". Un timore infondato? No, ha rivelato Di Maio: "Lo faremo molto presto".

Dunque la "rivoluzione" grillina, se mai ci sarà, comincerà con un'epurazione dei media, assai simile a quella che Berlusconi decretò con l'ormai celebre editto bulgaro contro Biagi, Santoro e Luttazzi. E confermerà che anche loro, come la stragrande maggioranza dei partiti che hanno occupato la stanza dei bottoni, vorranno subito mettere le mani sull'informazione del servizio pubblico. Un bell'inizio. Del resto, il Movimento 5 Stelle ha sempre considerato la libera stampa come un nemico da annientare, diffondendo la bufala che i grandi giornali oggi siano finanziati dallo Stato, una bufala che lo stesso Di Maio continua a diffondere annunciando - l'ultima volta l'11 gennaio di quest'anno - che appena andranno al potere loro aboliranno "i finanziamenti ai quotidiani e all'editoria" (guardandosi bene dal rivelare che nessun grande giornale riceve da molti anni un solo euro di finanziamento pubblico).

Del resto, se l'ultimo rapporto di Reporter Sans Frontières colloca l'Italia al 46mo posto anche e soprattutto a causa "della rivendicata ostilità nei confronti dei media, incoraggiata da alcuni responsabili politici". E se sono tanti i Paesi dove "l'odio del giornalismo minaccia la democrazia", per l'Italia il rapporto fa un solo nome, e cita espressamente il Movimento 5 Stelle, "che ha spesso condannato la stampa per il suo lavoro".

Sia chiaro: non è l'unica minaccia, per i giornalisti, e neanche la più pericolosa. Sono certo più inquietanti le intimidazioni che i cronisti subiscono, lo ricorda lo stesso rapporto, "dalla mafia, da gruppi anarchici o fondamentalisti". Perché le minacce di morte, le pallottole spedite come "ultimo avviso", i piani per sbarazzarsi dei giornalisti scomodi carpiti ai boss grazie alle intercettazioni, hanno un peso notevole in questo imbarazzante piazzamento nella classifica della stampa libera che in Europa vede dietro di noi solo Serbia, Polonia, Grecia e Albania. E le storie di Paolo Borrometi, il cronista siciliano al quale il fratello di un capomafia ha scritto "ti vengo a cercare e ti massacro", o quella della nostra Federica Angeli a cui un boss del clan Spada urlò "te sparo in testa se scrivi" sono solo due tra le decine di chi oggi è costretto a una vita sotto scorta solo per aver fatto il suo dovere di giornalista. Solo nel 2017, il rapporto che "Ossigeno per l'informazione" ha consegnato al presidente Mattarella ha elencato 423 intimidazioni, minacce, abusi e ritorsioni ai danni di cronisti, blogger, fotoreporter e videomaker.

Il fatto è che le intimidazioni di mafia, camorra e 'ndrangheta non sono nuove, e la scia di sangue che parte da Mauro De Mauro e arriva a Mauro Rostagno - passando per Giuseppe Fava, Giancarlo Siani, Peppino Impastato, Mario Francese, Giuseppe Alfano, Cosimo Cristina e Giovanni Spampinato - non consente a nessuno di abbassare la guardia.

La vera novità di questi ultimi anni è che in tutto il Paese, e non solo nelle regioni ad alto tasso di criminalità, tira un'aria sempre più brutta per la libera stampa. Un'aria avvelenata dai politici, a cominciare da quelli che due anni fa strillavano contro le minacce alla libertà di stampa. Impossibile dimenticare le parole di Grillo sui direttori dei telegiornali, "gentaglia che pagherà", o quelle che pronunciò nella piazza di Mascalucia: "Non ce l'ho con i giornalisti, ma io non dimentico niente, e un giorno gli faremo un c... così". Fu lui, del resto, a inventarsi la gogna mediatica per i cronisti, battezzando sul suo blog il premio (di insulti) al "Giornalista del giorno", poi quello al "Giornalista dell'anno" ("Quello che più si è distinto per il suo livore prezzolato") e infine "Lo sciacallo del giorno".

Oggi c'è Di Maio, certo, al posto di Grillo. Ma un anno fa è stato proprio l'attuale candidato premier a spedire all'Ordine dei giornalisti una lista di cronisti che - secondo lui - danneggiavano il Movimento 5 Stelle con le loro inchieste e i loro articoli sullo scandalo Romeo al Campidoglio. E dunque è proprio a lui che si riferisce Reporter Sans Frontières quando denuncia chi "non esita a comunicare pubblicamente l'identità dei giornalisti che lo disturbano". Ma evidentemente l'unica stampa che Di Maio considera libera è quella che lo difende (sparando letame sui suoi avversari), e l'unica tv che gli piace è quella che gli concede la libertà di parlare da solo.
 
© Riproduzione riservata 03 maggio 2018

Da - http://www.repubblica.it/politica/2018/05/03/news/5stelle_stampa-195410816/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S2.4-T1
3326  Forum Pubblico / LA CULTURA, I GIOVANI, La SOCIETA', L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA, IL MONDO del LAVORO. / Liu Xiaobo. – Scrittore, docente universitario e dissidente cinese inserito:: Maggio 03, 2018, 08:58:08 pm
Liu Xiaobo
Lessico del XXI Secolo (2013)

Liu Xiaobo. – Scrittore, docente universitario e dissidente cinese (n. Changchun 1955), impegnato nella battaglia per la libertà d’espressione, la democrazia e la difesa dei diritti umani nel suo Paese.

Nell'aprile 1989, scoppiata la protesta degli studenti cinesi a piazza Tien An Men, decise di lasciare la Columbia University di New York dove si trovava per un periodo di studio e tornò in patria per partecipare al movimento e cercare di scongiurare l’intervento dell’esercito contro i ragazzi disarmati.  Dopo l’invio dei carri armati a piazza Tien An Men e la repressione violenta della protesta (giugno 1989), fu arrestato con l’accusa di propaganda antirivoluzionaria e poi rilasciato nel gennaio 1991.

Nel 1996, nuovamente arrestato, è stato condannato a tre anni in un campo di rieducazione per le sue critiche all'operato del partito comunista. Nel 2008 ha promosso la raccolta di firme per il documento Charta 08, un appello per la democrazia e la libertà che chiedeva la fine del regime a partito unico in Cina.  Arrestato nel dicembre 2008, un anno più tardi è stato condannato per sovversione a undici anni di prigione. 

Nel 2010 è stato insignito del premio Nobel per la pace per la sua lotta instancabile e non violenta per i diritti umani nel suo Paese, ma le autorità cinesi hanno impedito alla moglie, a colleghi o amici di L. X. di ritirare il premio.

Da - http://www.treccani.it/enciclopedia/liu-xiaobo_%28Lessico-del-XXI-Secolo%29/
3327  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / Da Franceschini a Gentiloni, da Calenda a Zingaretti, ecco chi sono gli uomini.. inserito:: Maggio 03, 2018, 08:56:07 pm
VERSO LA DIREZIONE DEM

Da Franceschini a Gentiloni, da Calenda a Zingaretti, ecco chi sono gli uomini forti del Pd

Di A. Gagliardi e A. Marini

03 maggio 2018

Nessuna conta sanguinosa nel partito. Tregua armata sul documento che conferma la fiducia al reggente Martina e no ad ogni ipotesi di governo del Pd con Di Maio o Salvini. È così che potrebbe concludersi la direzione dem prevista nel pomeriggio. Restano fortissime però le tensioni tra i dem: a confrontarsi sono gli uomini forti del Pd. Dall’ex segretario Matteo Renzi, al ministro dei beni Culturali Dario Franceschini, dagli emergenti Carlo Calenda (ministro dello Sviluppo) e Nicola Zingaretti (governatore del Lazio) al premier Paolo Gentiloni, che, dato il ruolo che ancora ricopre, ha mantenuto finora un comportamento defilato.

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Il ritorno in campo dell’ex segretario
Dimessosi da premier dopo la batosta al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, Matteo Renzi è rimasto in secondo piano dopo l’addio anche alla segreteria a seguito della debacle elettorale del 4 marzo. Tuttavia l’ex sindaco di Firenze ha dimostrato tutto il suo peso e il suo seguito domenica scorsa, con l’irruzione sulla scena e l’intervista a “Che Tempo che fa” nella quale ha stroncato ufficialmente ogni ipotesi di fiducia a un governo Di Maio o Salvini. L’ex segretario ha ancora la maggioranza in direzione e nei gruppi parlamentari del Pd.

Franceschini e lo scontro con l’ex rottamatore
Il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini è considerato l’unico che, a livello di macchina, può spostare davvero gli equilibri nel Pd. Già nella scorsa legislatura furono i parlamentari a lui vicini che permisero il passaggio dall’era bersaniana a quella renziana dopo le primarie che incoronarono l’ex rottamatore. Iscritto nel partito dei “governisti” o “aperturisti” a un esecutivo con il M5s, ha visto deteriorarsi i rapporti con Renzi. Dalla sua Franceschini - che paga lo scotto di aver perso malamente la sua battaglia elettorale a Ferrara - ha 20 delegati in direzione.

Delrio renziano critico
In direzione c’è Graziano Delrio, che nel suo ruolo chiave di ministro delle Infrastrutture è emerso come figura di primo piano nel partito. Vicino a Renzi, ha acquisito piano piano una certa autonomia. Eletto capogruppo alla Camera, si può considerare un renziano critico. Annoverato tra i “mediatori” insieme al coordinatore dem Lorenzo Guerini, non è considerato da Renzi certo un nemico, tanto che fu lo stesso ex premier a cercare di convincerlo a fare il segretario in vista dell’assemblea (proposta declinata, sembra, per motivi personali) poi rimandata. Ma la sua scelta come capogruppo fu lodata anche da Dario Franceschini e Andrea Orlando, contrari alla scelta dell’Aventino dem. E Delrio si è pronunciato a favore di un congresso ravvicinato, a differenza di Renzi.
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La difficile mediazione di Martina
Il reggente Maurizio Martina aveva vinto il Congresso in ticket con Renzi, facendo il suo vice. Ex ministro dell’Agricoltura, dopo la sconfitta del Pd il 4 marzo e le dimissioni di Renzi, è stato trovato nel partito un accordo sul suo nome per la reggenza. Un ruolo che gioco forza lo ha messo in primo piano. Pur cercando di tessere la tela della mediazione, invocando «unità» e offrendo «collegialità», Martina ha incontrato sempre maggiori difficoltà: critiche e attacchi alla sua linea considerata troppo “governista” sono arrivate sempre più dai renziani.

La variabile Calenda
Iscrittosi al Pd all’indomani della sconfitta alle elezioni del 4 marzo, Carlo Calenda è considerato un astro nascente nel partito. Arrivato al vertice del ministero della Sviluppo economico quasi come figura tecnica, da quella posizione ha visto crescere il suo attivismo politico, tanto che si sono scomodati paragoni con Emmanuel Macron. E proprio Matteo Renzi chiese al suo portavoce di far sapere alla stampa che «è stato lui il primo a sentirsi con Calenda e ad apprezzare la sua decisione» di iscriversi al Pd. Netta la posizione contraria di Calenda ad un governo Pd-M5s, che certo un suo peso lo avrà, pur non essendo il ministro presente in direzione. «In caso di alleanza mi dimetterei da nuovo iscritto», ha dichiarato.

Il premier Gentiloni defilato
Il premier Paolo Gentiloni figura ancora tra i componenti della direzione Pd. Tuttavia, dato il suo ruolo di premier (anche se dimissionario), ha preferito non entrare nelle polemiche che hanno investito il partito dopo il 4 marzo. Considerato vicino a Renzi, e proprio per questo scelto come suo successore a Palazzo Chigi dopo la sconfitta al referendum costituzionale, Gentiloni è ora uno dei leader del Pd. Forte anche sella sua vittoria nel collegio uninominale Roma 1 alla Camera (42,1% dei consensi). Non sono mancati momenti di tensione con lo stesso Renzi, come per esempio durante la riconferma del governatore Ignazio Visco.

La minoranza di Orlando
Il Guardasigilli Andrea Orlando è l’uomo della minoranza che ha sfidato Renzi alle primarie. Partendo da una piattaforma più di “sinistra” e aperta al dialogo con gli scissionisti di Mdp. Orlando ha criticato la scelta (presa da Martina su pressing dei renziani) di rinviare l’Assemblea Nazionale di aprile. E accusa Renzi, con le sue “incursioni”, di costringere il partito a non avere una linea. Soprattutto sostiene che nessuna seria discussione sia stata avviata sulle cause della sconfitta del 4 marzo.

Il pasdaran Emiliano
Favorevole sin dalla campagna elettorale ad un governo M5s con appoggio esterno Pd, il governatore della Puglia Michele Emiliano (già sfidante di Renzi alle ultime primarie), ha chiesto con inisistenza di «aprire una discussione franca col M5S». Ponendosi come punto di riferimento dell’ala del partito che guarda a sinistra, è convinto che «salvaguardare i nostri punti di vista politici e le nostre conquiste, sia pure negoziandoli col partito di maggioranza relativa partendo dai programmi di quest’ultimo, serve al Pd ed è utile all’Italia».

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Zingaretti, il governatore vincente
Di fronte alla debacle politica del Pd il 4 marzo, il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, con la sua riconferma alla guida della Regione, è emerso come figura di primo piano nel partito. Tanto da fare un passo avanti di fronte all’ipotesi di primarie del Pd per la scelta del nuovo segretario post-Renzi. Durante la precedente consiliatura in Regione il governatore si è tenuto lontano dalle lotte di partito, anche se non ha fatto mancare il proprio consenso a tutti gli sfidanti di Matteo Renzi, alla premiership prima e alla segretaria nazionale poi: Pier Luigi Bersani, Gianni Cuperlo e Andrea Orlando. Uomo “di governo” ma che ha sempre tenuto aperti i canali con la sinistra fuori dal Pd, in questa fase, si è messo sulla linea dialogante con il M5S «a partire dai temi».

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Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-05-02/da-franceschini-gentiloni-calenda-zingaretti-ecco-chi-sono-uomini-forti-pd-184704.shtml?uuid=AESG8rhE
3328  Forum Pubblico / MOVIMENTO 5STELLE: Valori e Disvalori / Di Maio si è messo, da solo, nell'angolo ... inserito:: Maggio 03, 2018, 08:54:37 pm
e chiede aiuto per uscirne, Salvini ingoia il boccone Di Maio per paura di restare solo.

Tutti e due hanno scolpito il loro autoritratto nel marmo ma hanno i piedi di argilla.

ggiannig

Da Fb del 3 maggio 2018
3329  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / UGO MAGRI Mattarella lavora a un governo di tregua probabili nuove consultazioni inserito:: Maggio 03, 2018, 08:52:52 pm
Mattarella lavora a un governo di tregua, probabili nuove consultazioni
Le ipotesi del Colle: esecutivo a un presidente delle Camere o Gentiloni fino a ottobre
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha scelto la giornata di venerdì per un importante annuncio sullo stallo politico.
Forse non è stata una scelta casuale: il 4 maggio saranno passati due mesi dal voto dello scorso 4 marzo

Pubblicato il 03/05/2018 - Ultima modifica il 03/05/2018 alle ore 08:07

UGO MAGRI
ROMA
Nel cimitero dei governi mai nati, accanto alla lapide del patto grillo-leghista, stasera ne verrà posata un’altra: quella dell’accordo tra Cinque Stelle e Pd. È defunto domenica sera, quando Matteo Renzi l’ha stroncato a «Che tempo che fa», ma pietosamente provvederà la Direzione Pd a celebrare le esequie. Chi si cimenterà adesso nell’impresa impossibile? Sul Colle sono ore di riflessione che preludono a una difficile scelta. Di sicuro, sotto i cipressi, non si aggiungerà il cippo del governo Salvini. Pare escluso, infatti, che Sergio Mattarella voglia conferirgli un incarico nonostante il centrodestra lo rivendichi a gran voce. Il «no» presidenziale ha una chiara spiegazione: dei 60 giorni trascorsi dal voto, quasi la metà sono stati sperperati proprio nel tira-e-molla tra M5S e Lega su Berlusconi dentro o fuori, e su chi dovrebbe guidare il triciclo. Per tornarci su servirebbe qualche fatto nuovo che però non si vede. Salvini fa di tutto per dissuadere Mattarella: rifiuta di mettersi a capo di una maggioranza raccogliticcia, nello stesso tempo però rifiuta di avere rapporti con il Pd, e con l’unico alleato possibile (Di Maio) se le cantano allegramente. Dunque non si capisce quale maggioranza Salvini potrebbe mettere in piedi (tra l’altro si scatenerebbe l’ira degli Usa e delle cancellerie europee).

Il Colle in campo 
Scartata pure l’ipotesi Giorgetti. Il numero due della Lega è persona ragionevole, con molti amici in tutti i partiti, perfino tra i renziani. I quali forse potrebbero astenersi, se fosse lui a guidare un governo. Ma nei contatti informali, i fan di Giorgetti si sono sentiti rispondere dal Colle con un mix di scetticismo e ironia: «Ah sì? Ottima idea, a patto però che il Pd si sbilanci ufficialmente». Cosa finora non avvenuta, e che forse non accadrà mai. Dunque, se nessuno cambia posizione, restando inchiodato alle proprie fisime, il Presidente non potrà far altro che mettere in gioco se stesso. Risulta che stia lavorando all’ipotesi tenuta in serbo per ultima, nella speranza di non doverla mai tirare fuori dal cassetto: il governo di tregua.

Orizzonte limitato 
Mattarella ne vorrà ragionare con i vari protagonisti. Si preannuncia un terzo giro di consultazioni, finalizzato a sondare l’accoglienza che riceverebbe in Parlamento un esecutivo guidato dal presidente del Senato, o della Camera, o da qualche altra figura semi-istituzionale (ne circolano una quantità, tutte improbabili), con un orizzonte temporale molto limitato: il governo di tregua durerebbe al massimo fino a dicembre, per poi tornare alle urne nella primavera 2019. Un tempo comunque sufficiente per non lasciare la sedia vuota al Consiglio europeo di fine giugno, dove l’ultima tegola per l’Italia è che si parla di tagliare del 5 per cento i nostri fondi agricoli e del 7 quelli «di coesione» per il Mezzogiorno. Un governo di qui a fine anno permetterebbe inoltre di varare la legge finanziaria, scongiurando l’aumento stratosferico dell’Iva al 25 per cento conseguente all’eventuale esercizio provvisorio 2019. Non è da escludere che possa essere affrontato il tema della nuova legge elettorale.

Riecco Gentiloni 
Se Mattarella troverà ascolto nei partiti, allora il governo di tregua verrà mandato in Parlamento a riscuotere la fiducia. Qualora invece Salvini e Di Maio alzassero le barricate, allora sul Colle verrebbe issata bandiera bianca e lo scioglimento delle Camere sarebbe ineluttabile. Per votare a luglio sembra ormai tardi, si riparla di ottobre. In quel caso, fino ad allora, Paolo Gentiloni resterebbe a Palazzo Chigi per gli affari correnti, cioè per disbrigare il nulla o quasi che si può fare, nel bene e nel male.

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Da - http://www.lastampa.it/2018/05/03/italia/si-lavora-a-un-governo-di-tregua-probabili-nuove-consultazioni-MeYDUGULQ9aw4UFTlmiXwM/pagina.html
3330  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / Direzione Pd, passa la linea Renzi. Martina: "Con M5S capitolo chiuso". inserito:: Maggio 03, 2018, 08:50:51 pm
POLITICA

03/05/2018 15:41 CEST | Aggiornato 1 ora fa

Direzione Pd, passa la linea Renzi. Martina: "Con M5S capitolo chiuso".
E chiede la fiducia fino all'assemblea (e non al Congresso)
Resa incondizionata del segretario reggente

By Huffington Post

Con M5s "capitolo chiuso". "Parlavamo molto di loro ma il tema vero eravamo noi, il nostro ruolo e la nostra funzione anche quando si è minoranza. Per me era non condannarci all'irrilevanza e accettare una sfida. Era un'ipotesi più rischiosa ma l'ho immaginata per come potevo fino a qui con questa ambizione". Lo dice, a quanto si apprende il reggente Maurizio Martina in direzione Pd. "Ora il dato di fatto è il rischio di un voto anticipato", ha aggiunto. "Chiedo a questa direzione di rinnovare la fiducia fino alla assemblea nazionale".

"Serve un immediato cambio di passo, pena l'irrilevanza, la marginalizzazione", ha detto Martina chiedendo la "fiducia" alla direzione Pd. "Serve una direzione salda e univoca, non solitaria ma collegiale. Non dobbiamo consentire che dicano che ci sono diversi partiti nel partito. Non chiedo sostegni di facciata ma un passo consapevole. Non false unanimità che si sciolgono al primo minuto".

In altre parole, l'ex segretario Renzi ha vinto su tutta la linea ottenendo sia la chiusura a ogni confronto con il M5S dopo l'avvio delle consultazioni con il presidente della Camera Roberto Fico; sia la richiesta di fiducia solo fino all'assemblea e non, come volevano le minoranze, fino al Congresso. Non stupisce che i renziani approvino la relazione di Martina: secondo fonti renziane presenti in direzione, le parole di Martina possono portare ad un via libera al reggente da parte dell'area che fa capo all'ex segretario.

Il presidente Orfini ha annunciato in apertura che la direzione si chiuderà con un voto.

A pochi minuti dall'inizio della Direzione del Pd, davanti alla sede di Largo del Nazareno si è formata l'ormai consueta ressa che fa da cornice agli appuntamenti più delicati in casa Dem. Accanto ai numerosi cronisti, infatti, l'area antistante alla sede del partito è "presidiata" da una parte dai militanti che si oppongono, con tanto di adesivi, all'ipotesi di un accordo con M5s, e dall'altra da altrettanti militanti che, con un cartello in mano, criticano energicamente l'ipotesi di un accordo con Berlusconi. Tra i più bersagliati, l'esponente della sinistra interna Gianni Cuperlo, protagonista di un incandescente botta e risposta con un contestatore.

Da - https://www.huffingtonpost.it/2018/05/03/al-via-la-direzione-pd-e-ressa-tra-militanti-fuori-la-sede-del-nazareno_a_23426214/?utm_hp_ref=it-homepage
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