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Autore Discussione: Elisabetta Rosaspina Liberi e irriverenti: La redazione che non c’è più  (Letto 1654 volte)
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« inserito:: Gennaio 12, 2015, 10:40:37 pm »

Sorpresi durante la riunione del mattino.
L’ex direttore Val: sangue ovunque
Liberi e irriverenti: La redazione che non c’è più
Con Oriana Il settimanale nel 2002 si era schierato con Oriana Fallaci, in occasione dell’uscita in Francia del suo libro, «La Rabbia e l’Orgoglio»

Di Elisabetta Rosaspina

DALLA NOSTRA INVIATA PARIGI Il Ground zero della libertà di espressione è al numero 10 della rue Nicolas-Appert, una strada stretta e corta nell’XI arrondissement di Parigi, a pochi passi dalla Bastiglia. Dal 2012 era la sede, piuttosto anonima e appartata, di Charlie Hebdo, «giornale irresponsabile» per autodefinizione, come onestamente riportato in rosso e bianco sotto la testata. Irresponsabile forse, ma certo non inconsapevole dei rischi cui si era esposto negli ultimi anni, con la sua pervicace crociata laica contro tutti i fanatismi religiosi. «È stato appena sterminato un modo di pensare» ha detto, in lacrime, l’ex direttore Philippe Val. Ma soprattutto un modo di proteggere, con il sorriso, la libertà di pensiero.

Eppure nulla e nessuno parevano in grado di fermare l’ondata settimanale di sarcasmo feroce, a volte magari un po’ triviale, ma indubbiamente sovrano: «Una macelleria - ha testimoniato Val dopo essere andato sul luogo della strage dei suoi colleghi -. Sono stato lì. C’è sangue ovunque, non avevano alcuna possibilità di scampo. Non hanno mai fatto male a nessuno, erano difensori della libertà. Ora non potranno parlare, mai più». Era proprio il silenzio, ieri, attonito e sotto choc, ad avvolgere l’ultimo domicilio di Charlie Hebdo.

Il settimanale, che nel 2002 si era schierato con Oriana Fallaci, in occasione dell’uscita in Francia del suo libro, «La Rabbia e l’Orgoglio», aveva ricevuto nel tempo l’accusa di essere islamofobo, ma anche antisemita. Accadde nel 2008. Il giornale, all’epoca diretto da Val, aveva dolorosamente divorziato da uno dei suoi più celebri collaboratori, il disegnatore Maurice Sinet, meglio noto con lo pseudonimo di Siné, accusato di antisemitismo dal Nouvel Observateur per qualche vagheggiamento su una conversione di Jean Sarkozy, figlio dell’allora presidente, intenzionato a sistemarsi con un’ereditiera ebrea. Il mondo giornalistico si era diviso pro e contro Siné, oggi 86enne. Che aveva finito per mettersi in proprio con Siné Hebdo.

Nel 2009 Charlie (nome scelto in onore di Charlie Brown, come Linus in Italia), dopo 17 anni, cambiò direttore. Arrivò il quarantenne Stéphane Charbonnier, anche lui titolare di un abbreviativo, Charb. Aggressivo, deciso, tempo due anni era finito sotto scorta dopo la pubblicazione di alcune vignette irriverenti su Maometto. La sua guardia del corpo è morta con lui ieri, mentre quelle assegnate ai più celebri disegnatori erano state ritirate di recente. Charlie Hebdo non sembrava più nella linea di mira degli intolleranti. Non c’erano auto della polizia a presidiare l’edificio.

Nei palazzi attigui non tutti sapevano, fino a ieri, di essere diventati i vicini dello storico foglio satirico francese.

La redazione aveva traslocato poco dopo l’attentato del novembre 2011, quando i suoi locali nel XX arrondissement erano stati incendiati e devastati. Soltanto una targa all’ingresso segnala i locali della redazione. Niente insegne: dietro alle finestre, nelle stanze dove la polizia scientifica cerca di raccapezzarsi in quel mattatoio, s’intravedono le scrivanie, le librerie, il mobilio essenziale del giornale fondato nel 1970 dallo scrittore e umorista italofrancese François Cavanna, primo di tutti i «ritals», per riprendere la sua celebre definizione degli italiani emigrati in Francia, e scomparso esattamente un anno fa, il 29 gennaio.

La riunione di redazione settimanale era iniziata in un clima rilassato ieri alle 10, al terzo piano del palazzo. Sul tavolo varie copie del numero fresco di stampa appena consegnato alle edicole (e ieri pomeriggio già introvabile), il numero 1177, con in copertina uno stralunato Michel Houellebecq vestito da mago, ultimo bersaglio dell’ironia del caricaturista Renald Luzier, detto Luz: «Nel 2015 perderò i denti. Nel 2022 farò il Ramadan», Luz fa predire all’autore di Soumission, «Sottomissione», il romanzo sul futuro islamico della repubblica francese, in uscita anche in Italia.

Fino alle 11 e 30 di ieri era un mercoledì come gli altri per Charb, Stéphane Charbonnier, 47 anni, direttore della pubblicazione da più di cinque anni, e per il suo staff di disegnatori ed editorialisti, riuniti a pensare il numero successivo. Il mercoledì è il giorno più affollato della settimana nella redazione. Negli altri giorni, ha testimoniato una redattrice, i locali sono quasi deserti. Ieri c’erano molte delle firme principali: l’ottantenne George Wolinski, Jean Cabut, in arte Cabu, Bernard Verlhac, che firmava i suoi disegni Tignous, un altro dei pilastri di Charlie Hebdo, e anche il reputato economista Bernard Maris, azionista del giornale.

Il suo ultimo editoriale, a pagina 3 dell’ultimo numero, era intitolato provocatoriamente «Domination», Dominazione, certamente in riferimento al libro di Houellebecq, al quale aveva anche dedicato una critica in un’altra sezione del giornale: «Quando si dice che c’è bisogno della religione per non commettere del male - scriveva - si pensa in realtà che c’è bisogno della polizia, il che non è la stessa cosa. Provate a eliminare la polizia un giorno e vedrete che la paura di Dio non impedirà granché».

Sotto un bollettino da ritagliare invitava i lettori: «Salvate Charlie». Un testo struggente, letto oggi: «Care lettrici, cari lettori, tutta la squadra vi dice grazie! Grazie a voi, Charlie Hebdo passerà l’inverno! I circa 200 mila euro che ci avete inviato in poco più di un mese ci danno una boccata di ossigeno... Abbiamo ancora un sacco di progetti da realizzare per migliorare ancora un giornale che è il vostro. Continuate a sostenerci con ogni mezzo. La lotta continua...». Erano in 35 mila in piazza a Parigi, e in centomila in tutta la Francia, ieri sera a confermarlo.

8 gennaio 2015 | 07:43
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