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Autore Discussione: Salvatore Vassallo - Le riforme del 2010 (?)  (Letto 2684 volte)
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« inserito:: Gennaio 24, 2010, 06:46:51 pm »


Salvatore Vassallo
 a me
   

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   Le riforme del 2010 (?)

     23.01.10 | Qualche indizio dalle prime due settimane
   

Secondo il Presidente Giorgio Napolitano il 2010 dovrebbe essere l'anno delle riforme: quelle rese urgenti dalla crisi economica (ammortizzatori sociali, fisco) e quelle annunciate o attese da tempo, anche di rango costituzionale, relative alle istituzioni politiche e alla giustizia. All'ingrosso, sono state fatte affermazioni simili anche da parte del Presidente del Consiglio. Con un diverso stile e con altri obiettivi.

Napolitano, provando ad infondere un doveroso ottimismo, chiede che sulle regole istituzionali ci sia un vero e pacato confronto, che sulla giustizia non si facciano strappi. Berlusconi approfitta della benevolenza pubblica acquisita grazie al caso Tartaglia e rilancia ambizioni di riforme a tutto campo per aumentare il volume, far passare in secondo piano i suoi vizi privati (purtroppo già ampiamente aiutato dal caso Marrazzo), mentre gli avvocati di corte continuano a manipolare lo stato di diritto per sottrarlo al giudizio.

Il monito motivato e doveroso di Napolitano rischia insomma di essere preso a strumento per l'ennesima campagna pubblicitaria di Berlusconi, che nella materia è senza dubbio ferrato. Che poi il 2010 possa realmente essere l'anno delle riforme è, purtroppo, assai dubbio. Le prime due settimane di lavori parlamentari forniscono più che un indizio.

Tralascio ovviamente i dettagli, i provvedimenti dall'esito scontato o di interesse molto settoriale su cui chi vuole può consultare la sintesi fornita dagli uffici della camera.

Dopo un lungo esame presso la Commissione Affari Costituzionali, alla fine di dicembre, è stato calendarizzato per la discussione in Aula il progetto di revisione delle norme vigenti in tema di acquisizione della cittadinanza. Un intervento che sarebbe necessario per tener conto della presenza di un numero crescente di italiani a tutti gli effetti, che lavorano regolarmente da anni nel nostro paese, sono perfettamente integrati, pagano le tasse, mandano i figli nelle nostre scuole, ma vengono tenuti nel limbo di senza patria. A causa di una legislazione che in controtendenza rispetto agli altri paesi europei garantisce la cittadinanza a lontani discendenti di connazionali che l'Italia l'hanno forse solo vista in cartolina o ne hanno un ricordo sfocato, ma considera stranieri tanti compagni di scuola e di giochi dei nostri figli. Ebbene, nonostante anche nella maggioranza ci sia notoriamente una componente (finiana) portatrice di posizioni molto diverse, la relatrice, Isabella Bertolini, ha confezionato un "testo unificato" che è una fotocopia delle posizioni della Lega Nord. In pratica, tutte le novità del PdL (nei due sensi) renderebbero più tortuoso ed esigente il percorso verso l'acquisizione della cittadinanza. Ma, attenzione, che succede martedì 12?

In Commissione viene annunciata l'intenzione della maggioranza di chiedere che l'Aula deliberi un rinvio. Con la giustificazione, da parte del capogruppo PdL, Calderisi, di un approfondimento su problemi non risolti dal testo della relatrice, dando ad intendere, in maniera generica, che questi approfondimenti potrebbero portare ad un miglioramento testo, nel senso chiesto anche dall'opposizione. Era già evidente, in realtà, che in questo modo si voleva solo evitare di rendere palese, prima delle regionali, le divisioni interne al PdL con i finiani. Per questo ho posto in Commissione un semplice quesito: a Calderisi di spiegare nel dettaglio di quali possibili miglioramenti stava parlando e ai deputati della Lega di dire se erano d'accordo. Le risposte date in Commissione erano già abbastanza eloquenti. Ma è stata ancora più chiara la sequenza degli interventi in Aula dei due Capigruppo PdL (Cicchitto) e Lega (Cota). Secondo il primo, il ritorno in Commissione del progetto dovrebbe servire a "migliorarlo". Secondo Cota va benissimo com'è, ma è bene rimandarlo in Commissione in modo che l'Aula si occupi in questi mesi di altro.

Insomma, i temi critici per la maggioranza vanno in sonno. Ma certo non per occuparsi di "molto" altro, perché in realtà sono mesi che l'attività dell'Aula langue: la prima settimana di attività parlamentare dopo le vacanze, chiuso rapidamente il discorso sulla Cittadinanza, è finita mercoledì!

In questo quadro, meritano d'essere segnalate le due discussioni svolte intorno alle mozioni riguardanti lo stato delle carceri e alle comunicazioni del Ministro Alfano sull'amministrazione del sistema giudiziario. Entrambe hanno affrontato, anche se da punti di vista diversi, la crisi della giustizia nel nostro paese. Dei suoi problemi veri: del sovraffollamento disumano degli istituti di pena e della lentezza del processo civile. A fronte dei quali il governo mette in gioco sempre meno risorse, accanto a promesse esorbitanti al punto da apparire anche all'orecchio più ingenuo pre-elettorali.

Come è noto, oggi le priorità del governo non sono queste. Sempre di giustizia si tratta ma per risolvere i problemi di uno solo. Dopo la dichiarazione di illegittimità costituzionale del Lodo Alfano che avrebbe sospeso automaticamente e in forma generalizzata i procedimenti in cui è coinvolto il Presidente del Consiglio, sono in campo nuove "soluzioni". In attesa di poter varare lo stesso Lodo con legge costituzionale (addirittura ampliandone il campo di applicazione) si lavora a spron battuto sul "processo breve", ovvero sulla anticipata estinzione dei processi (al Senato) e sul "legittimo impedimento", ovvero sulla prerogativa posta in capo al Primo Ministro di disertare le aule giudiziarie a piacimento (alla Camera). In Commissione Affari costituzionali abbiamo dovuto esprimere un parere sul secondo provvedimento. Rinvio chi fosse interessato alla discussione ed al mio contributo.

Nella stessa giornata, sempre in Commissione, si è avuto un clamoroso esempio di sfrontata lottizzazione politica. Il ministro Brunetta, grande propugnatore del merito e della trasparenza, ha proposto la nomina di Davide Giacalone (coinvolto in numerosi procedimenti giudiziari per delitti contro la pubblica amministrazione e poi assolto, ora collaboratore del Ministro) a presidente di DigtPA, ente pubblico non economico che sostituisce l'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione. Il curriculum del nominando era tratto dal blog personale dell'interessato. Non compare nessuna indicazione dei titoli di studio e nessun elemento che possa testimoniare la "alta qualificazione tecnica e manageriale", la "profonda conoscenza in materia di innovazione tecnologica comprovata da competenze in ambito scientifico e da esperienze di gestione in enti o strutture complesse" richiesta dalla legge istitutiva e dalla funzione. Ho domandato al Ministro quali, tra quelli indicati, fossero esattamente i titoli che testimoniano le competenze scientifiche e le esperienze manageriali del Sig. Giacalone pertinenti rispetto all'incarico, ma Brunetta non ha risposto. Nel CV compaiono però una sfilza di libri presentati a proprio nome ma in realtà scritti a molte mani, tipo: "Né rosse, né cooperative", "Malagiustizia" o "Fannulloni d'Italia", pubblicati nella collana "Manuali di Politica Tascabile” edita da Il Giornale e diretta da Renato Brunetta. La lettura dei resoconti sommari sulla discussione e in particolare degli imbarazzanti interventi a sostegno della nomina è istruttiva. Ma posso assicurare che la registrazione video sarebbe stata molto più eloquente.

Può darsi che a un certo punto, dopo le regionali, si affronteranno anche riforme che, se ben fatte, servirebbero al Paese: ammortizzatori sociali, fisco, Università, bicameralismo, sistema elettorale, ... Vedremo. Abbiamo idee al riguardo e le porteremo nel dibattito parlamentare, se ce ne sarà l'opportunità. Per il momento è lecito dubitare, purtroppo, che il 2010 sia l'anno giusto.

PS - Della riforma dell'Università mi sto occupando con particolare interesse, in vista della discussione che ci sarà alla Camera, verosimilmente dopo le regionali. Ho promosso di recente un incontro con colleghi dell'Ateneo di Bologna insieme ai quali continuerò a riflettere sull'argomento. Per chi fosse interessato, nel mio sito c'è un dossier con i documenti più rilevanti e resoconti periodici sugli sviluppi dell'attività governativa e parlamentare al riguardo. Ci tornerò sopra prossimamente.

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   Due domande sul PD
     23.01.10 | Chi guida e qual è la rotta?
   

Pierluigi Bersani - rimbrottando bruscamente chi come me prendeva sul serio le sue dichiarazioni passate e dubitava della sua conversione precongressuale - aveva giurato di non essere contrario alle primarie e aveva promesso che con lui alla segreteria si sarebbero fatte, eccome. Aveva anche promesso un partito solido, strutturato, ordinato, federale, radicato nel territorio, più combattivo nei confronti del governo di centrodestra, dotato di un chiaro profilo identitario e di una nitida linea politica. Si era anche detto che la sua leadership non sarebbe stata esercitata all'ombra di un'altra personalità nota e ingombrante. Per quanta buona volontà ci si possa mettere, quanto si è visto dal 25 ottobre ad oggi non attenua ma anzi accresce i dubbi.

Qui mi limito a fare qualche riflessione sul modo in cui sono stati gestiti la selezione delle candidature e i negoziati per la formazione delle alleanze. Sulla scelta di fare o non fare le primarie rinvio a quanto ho scritto in un articolo pubblicato dalla Gazzetta del Mezzogiorno con riferimento non esclusivo alla competizione Boccia/Vendola e riportato di seguito. Sui medesimi argomenti segnalo anche un'intervista al Corriere. Qui aggiungo solo poche considerazioni. Mi pare poco elegante che a due giorni dal voto il presunto candidato ufficiale del PD in Puglia, Francesco Boccia, decida di rilasciare una intervista a Libero nella quale ripropone una accusa piuttosto pesante (ma anche poco credibile) contro il suo concorrente secondo la quale quest'ultimo lo avrebbe battuto per mezzo di brogli alle primarie del 2005 (quando lo stesso Boccia aveva il sostegno delle organizzazioni Ds e Margherita, certamente in grado di monitorare quanto accadeva nei seggi, e Vendola non poteva di certo contare sull'appoggio di prepotenti macchine clientelari). Su L'Unità di sabato D'Alema se la prende invece con i giornalisti che danno Vendola in vantaggio accusandoli di non capire cosa succede nella società pugliese. Mai fosse sfiorato dal dubbio che sia lui a non avere capito.

Per stare al vero problema posto all'ordine del giorno dalle regionali, non credo ci si debba chiedere in astratto se provare o no a includere l'Udc nella coalizione di centrosinistra, ma a quali condizioni. La risposta non può essere che "No", se le condizioni sono: 1) abbandonare le primarie e subire veti sulle candidature; 2) rinnegare il bipolarismo e stare pronti a varare il sistema elettorale tedesco; 3) concedere la leadership politica di fatto e poi forse anche quella formale, sulla base di negoziati di vertice, al segretario di un partito del sei per cento. Autorevoli esponenti del PD danno a vedere di considerare queste condizioni ragionevoli, se non di lavorare attivamente perché possano realizzarsi. A me pare assurdo, sotto ogni punto di vista. Come svendere in cambio di niente l'impegno di una generazione per riformare il sistema politico e costruire il PD. Esponendosi al rischio di far apparire nel breve termine il PD un partito senza rotta, in balia di ciascun alleato (Casini, Bonino), con candidati scelti sulla base di ricatti o intuizioni estemporanee, e la coalizione di centrosinistra un porto di mare.

Sia chiaro. L'Udc, soprattutto su temi come le liberalizzazioni, la riforma del welfare, l'istruzione, l'immigrazione, la sicurezza, esprime spesso posizioni più condivisibili per un democratico di quelle espresse dall'Italia dei Valori o dalla sinistra radicale. Quindi non ci sono ragioni per escludere a priori dal novero delle cose auspicabili una collaborazione. Fino a che l'Udc non sarà pronta a diventare un partner stabile del centrosinistra si possono utilmente sperimentare alleanze elettorali a geometria variabile, purché siano salve la dinamica bipolare e le regole della casa comune. Anche da questo punto di vista la regione Puglia potrebbe essere un laboratorio. Se accettassero il verdetto delle primarie, quale che sia il vincitore.

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