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Autore Discussione: E' morto ANTONIO TABUCCHI  (Letto 3910 volte)
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« inserito:: Marzo 25, 2012, 09:52:42 pm »

L'esordio nel '75 con «Piazza D'Italia» e il successo di «SOSTIENE PEREIRA»

Dalla magia all'impegno etico-politico in una Lisbona fantastica e reale

Tabucchi è stato uno dei narratori italiani più originali degli ultimi decenni e tra i più noti all'estero

di PAOLO DI STEFANO

E' morto Antonio Tabucchi

Antonio Tabucchi è nato a Pisa nel 1943. Narratore tra i più originali degli ultimi decenni e tra i più noti all’estero, saggista, docente di letteratura portoghese all’Università di Siena, ha tradotto e contribuito a far conoscere in Italia l’opera di Fernando Pessoa e le poesie del brasiliano Caros Drummond de Andrade. Ha esordito nella narrativa nel 1975 con Piazza d’Italia, una sorta di saga familiare che racconta novant’anni di vita di un piccolo borgo toscano e che si ispira a Cent’anni di solitudine, trasferendone le atmosfere in tutt’altro ambiente storico e sociale. Nel ’78 esce Il piccolo naviglio. Ma è con i racconti de Il gioco del rovescio (1981) che la sua personalità di scrittore si afferma nella sua peculiarità, richiamando la lezione dell’amato Pessoa e tematizzando l’idea del rovescio come filo conduttore dell’esistenza, «unità contraddittoria» che inquieta, seduce e allarma ma conduce a una conoscenza più profonda del mondo, attraverso un gioco sottile tra finzione pirandelliana, memoria letteraria, cinematografica, figurativa. Vi compare per la prima volta una Lisbona fantastica e reale, in cui il fantasma di Pessoa e dei suoi eteronimi è il vero ispiratore dietro le quinte.
            
«PRESENZE SPETTRALI» - Tabucchi conferma la sua vena di narratore postmoderno e per nulla «italiano» con Donna di Porto Pim, Notturno indiano e Piccoli equivoci senza importanza (1985), dove l’inquietudine metafisica getta un velo uniforme su testi apparentemente molto diversi tra loro, ma accomunati anche da un senso di ambiguità e dall’ironia. Con Il filo dell’orizzonte Tabucchi si esercita in una sorta di giallo, pur non abbandonando i temi che gli sono cari. Alle «presenze allarmanti e spettrali» de L’angelo nero, dove emergono i segno oscuri del male, i sogni, i ricordi cupi, le memorie infantili, seguono il bellissimo Requiem (1992) ambientato in una Lisbona tra presente e passato e, nel 1994, Sostiene Pereira, che gli regala un ampio successo mondiale di pubblico (preceduto dalla vittoria del premio Viareggio e del Campiello): anche questo ambientato a Lisbona, ma in epoca salazariana.

VOCE CRITICA - Il clima di inquietudine delle precedenti prove viene sovrapposto a una dimensione di forte impronta etico-politica, con un protagonista straordinario, l’ex giornalista Pereira, testimone solitario del montante fascismo europeo. La sua collaborazione a un mediocre giornale del pomeriggio come necrologista lo porterà a una lenta presa di coscienza e a una maturazione politica inattesa. Al successo di Sostiene Pereira, seguono altri romanzi, libri di viaggio, pamphlet sulla politica italiana, in cui Tabucchi si distingueva come voce critica anche fuori dal coro della sinistra.

25 marzo 2012 | 17:34

da - http://www.corriere.it/cultura/12_marzo_25/addio-a-tabucchi-di-stefano_4c9adc04-7684-11e1-a3d3-9215de971286.shtml
« Ultima modifica: Marzo 25, 2012, 09:54:13 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Marzo 25, 2012, 09:53:25 pm »

19/3/2012 - PESSOA, IL POETA PIU' AMATO

Addio Tabucchi, passione e rabbia contro la dittatura dell'ignoranza

E' morto a Lisbona l'autore di "Sostiene Pereira"

Occhialini rotondi, sigarette, sguardo malinconico: Addio Antonio Tabucchi, addio a Lisbona, la tua seconda patria.

Come il "tuo" Pessoa.

Davvero non è più tempo di grandi incendi ma di petardi, che stupiscono il tempo di un istante. Ma anche se la letteratura, come molte altre arti oggi, genera soltanto la luce di un fiammifero (altro che un libro come "un'ascia per il mare ghiacciato che è dentro di noi", diceva Kafka) qualcosa bisognerà trasmettere: non fosse altro che qualche immagine e qualche sentimento, l'importanza dell'immaginazione, della fantasia, della misericodia e della voglia di guardare il mondo dal basso, senza snobismi.
La voglia di vivere dentro il proprio tempo, con passione e con rabbia, a dispetto di tutto.


    Todas las cartas de amor son
    ridículas.
    No serían cartas de amor si no fueran
    ridículas.
    En mis tiempos también escribí cartas de amor,
    como las demás,
    ridículas.
    Cuando hay amor, las cartas de amor
    tienen que ser
    ridículas.
    Y es que, en fin,
    sólo las criaturas que no han escrito jamás
    cartas de amor
    son las que son
    ridículas.
    La verdad es que hoy
    mis recuerdos de aquellas cartas de amor
    son los que son
    ridículos
    (todas las palabras esdrújulas,
    como los sentimientos esdrújulos,
    son naturalmente
    ridículas.)


Alvaro de Campos (Fernando Pessoa)

Tutte le lettere d’amore sono
ridicole.
Non sarebbero lettere d’amore se non fossero
ridicole.
Anch’io ho scritto ai miei tempi lettere d’amore,
come le altre,
ridicole.
Le lettere d’amore, se c’è l’amore,
devono essere
ridicole.
Ma dopotutto
solo coloro che non hanno mai scritto
lettere d’amore
sono ridicoli.
Magari fosse ancora il tempo in cui scrivevo
senza accorgermene lettere d’amore ridicole.
La verità è che oggi sono i miei ricordi
di quelle lettere
a essere ridicoli.
(Tutte le parole sdrucciole,
come tutti i sentimenti sdruccioli,
sono naturalmente
ridicole).


da - http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=248&ID_articolo=248
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« Risposta #2 inserito:: Marzo 25, 2012, 09:54:38 pm »

Cultura

25/03/2012 - LUTTO

Addio allo scrittore Tabucchi morto nella sua amata Lisbona

Antonio Tabucchi era nato a Pisa il 24 settembre del 1943

Tabucchi: "Il mio tempo che invecchia"

Grande conoscitore di Pessoa e del Portogallo, aveva 68 anni.

Nel 1984 uscì il suo capolavoro, il romanzo "Sostiene Pereira"

Roma

Lo scrittore italiano, Antonio Tabucchi, è morto a Lisbona. Si è spento nella capitale lusitana all’età di 68 anni. Lo scrittore è stato uno dei maggiori conoscitori e divulgatori dell’opera di Fernando Pessoa ed è divenuto noto al grande pubblico con "Sostiene Pereira". I funerali si terranno giovedì nella capitale portoghese.

Attratto fatalmente dai personaggi tormentati e pieni di contraddizioni, Tabucchi era il più europeo degli scrittori italiani. Collaboratore di numerosi quotidiani, tra i maggiori conoscitori dell’opera dello scrittore e poeta portoghese Fernando Pessoa, deve proprio a questa passione il suo più grande successo, "Sostiene Pereira". Un romanzo-capolavoro del ’94 con traduzioni in oltre 40 paesi nel mondo, vincitore dei premi Super Campiello, Scanno e Jean Monnet per la Letteratura Europea, cui Roberto Faenza si ispira per l’omonimo film del ’95 interpretato da Marcello Mastroianni.

Tabucchi viveva a Lisbona sei mesi l’anno, insieme alla moglie, che vi è nata, e alla famiglia. Passava il resto dell’anno in Toscana, ha insegnato Letteratura all’Università di Siena. Recatosi da giovane nella capitale portoghese, sviluppa per la città del fado una vera passione. Si laurea nel ’69 con una tesi sul Surrealismo in Portogallo. Negli anni ’70 si perfeziona alla Scuola Normale Superiore di Pisa e nel ’73 insegna Lingua e Letteratura Portoghese a Bologna. Con Maria Josè de Lancastre traduce in italiano molte delle opere di Pessoa, sul quale scrive un libro di saggi e una commedia teatrale. Il suo primo romanzo è del ’73, "Piazza d’Italia", mentre il 1984 è l’anno di "Notturno indiano", da cui nel 1989 viene tratto un film di Alain Corneau e per il quale riceve in Francia il Prix Medicis, per il miglior romanzo straniero. Nel 1986 esce "Il filo dell’orizzonte": anche da questo romanzo viene tratto un film (1993) con Claude Brasseur e la regia del portoghese Fernando Lopez.

Nel 1989 il presidente della Repubblica portoghese gli conferisce l’Ordine Do Infante Dom Herique ed è nominato Chevalier des Arts et des Lettres dal Governo francese. Ma l’anno più importante è il 1994, quando esce "Sostiene Pereira", il cui protagonista diventa il simbolo della difesa della libertà d’informazione per gli oppositori di tutti i regimi antidemocratici. In Italia, durante la campagna elettorale, intorno al libro si aggrega l’opposizione contro Silvio Berlusconi. Nel 1997 Tabucchi scrive "La testa perduta di Domasceno Monteiro", basato sulla storia vera di un uomo, il cui corpo fu trovato in un parco di Lisbona. Un romanzo che si rivela profetico quando il sergente Josè dos Santos, l’assassino, finalmente confessa il delitto, per il quale viene condannato a 17 anni di reclusione. Grande viaggiatore, in "Viaggi e altri viaggi" (Feltrinelli, 2010) lo scrittore, che è stato anche candidato dal Pen Club italiano al Nobel per la letteratura, mostra l’unicità che ogni posto conserva anche nell’era della globalizzazione. Tra le sue ultime opere "Racconti con figure", uscito un anno fa per Sellerio.

da - http://www3.lastampa.it/cultura/sezioni/articolo/lstp/447752/
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« Risposta #3 inserito:: Marzo 25, 2012, 09:55:46 pm »

 
Sfogliando il made in Italy

di ANTONIO TABUCCHI


"Nei confronti dell'Italia è insorta in Europa, e non solo in Europa, una grave crisi di sfiducia. Dobbiamo esserne consapevoli e sentircene, più che feriti, spronati nel nostro orgoglio e nella nostra volontà di recupero". Queste parole di Giorgio Napolitano pronunciate poco tempo prima della caduta del governo Berlusconi, mi invitano a una riflessione, non so se all'insegna del paradosso o del contrappasso. Perché nonostante tutto, cioè nonostante che in Italia la cultura sia stata sistematicamente demolita, è anche vero che in alcuni paesi esteri, laddove ha operato una diplomazia culturale di alta qualità, è stata fatta emergere con un insolito rilievo.

Per esempio l'Istituto Italiano di cultura di Parigi, diretto negli ultimi anni da Rossana Rummo, ha proposto ai francesi una cultura italiana talmente effervescente e vivace (cinema, teatro, presentazioni di libri italiani, mostre fotografiche) da renderlo uno dei luoghi obbligatori di Parigi. Oppure, se vi capita di entrare in una grande libreria di Stoccolma, potete trovare in bella mostra delle copertine con un mosaico di volti dei più giovani scrittori e poeti italiani, di attori e drammaturghi del migliore teatro italiano contemporaneo, dei più importanti cineasti attuali. E accanto a loro un'elegantissima collana bilingue di narrativa e poesia.

A cosa si deve questo miracolo? Semplice, al fatto che mentre in Italia la nostra cultura veniva "essiccata", in altri paesi essa veniva coltivata come una pianta rara da "missionari" che ben sanno quanto la cultura possa costituire l'immagine di un paese. Nel caso di Stoccolma, il principale artefice di una "missione" riuscita è Paolo Grossi, direttore dell'Istituto Italiano di cultura. Conosco Paolo Grossi da molti anni, allorché era Attaché culturel all'Ambasciata italiana di Parigi, dove dirigeva (e ancora dirige) quella preziosa collana che sono i "Quaderni dell'Hôtel de Galliffet". Per evitare di scendere sul piano personale dell'amicizia e della stima che nutro per lui, mi limiterò a riferire un brano della motivazione della giuria del Premio Dessì che quest' anno lo ha premiato per il suo lavoro: "L'attenzione e la passione con cui si è impegnato su una cultura di grandissima tradizione come quella italiana, troppo spesso dimenticata perfino dai suoi ufficiali rappresentanti, costituisce un luminoso esempio di quanto si possa fare, anche con esiguità di mezzi, per il riconoscimento di valori culturali sicuri e per la diffusione e la difesa del nostro patrimonio culturale all'estero. Arrivato a Stoccolma nel 2008, Paolo Grossi, che parla anche lo svedese (ha cominciato la sua carriera insegnando all'Università di Uppsala e sua moglie è svedese), ha ideato una rivista semestrale bilingue che offra al pubblico locale quanto di meglio produce la cultura italiana delle ultime generazioni, cioè quella che in questi anni ha dovuto esprimersi nell'ambiente dichiaratamente ostile del sistema di governo che ha dominato l'Italia. La rivista si chiama Cartaditalia ed è giunta al sesto numero. Premetto che faccio parte (peraltro immeritatamente) del comitato scientifico, assieme con intellettualie scrittori italiani e stranieri che stimo quali, per citarne solo alcuni, Maurizio Ferraris, Claudio Magris, Martin Rueff o Carlo Ossola. Ma credo che questo non mi vieti di essere obiettivo. Passo a una sintetica descrizione di Cartaditalia. Il primo numero (2009), curato da Domenico Scarpa, è dedicato alla nuova narrativa italiana. Presenta dieci scrittori con esaurienti schede critico-biografiche e alcune pagine di un loro romanzo o racconto in italiano e in svedese. Regola di scelta ferrea per tutti gli scrittori presentati: che nessuno di loro sia tradotto in svedese. Tre nomi a caso fra i dieci prescelti: Andrea Bajani, Valeria Parrella, Vitaliano Trevisan. Il numero è andato a ruba nelle librerie di Stoccolma, perché per la prima volta il lettore svedese ha potuto avere una panoramica della giovane narrativa italiana che forse avrebbe avuto solo in maniera sporadica e casuale. Il secondo numero, Undici poeti italiani contemporanei (qualche nome a caso: Giampiero Neri, Jolanda Insana, Patrizia Cavalli, Eugenio de Signoribus) è stato curato con eccellenti schede critiche da un noto studioso di letteratura italiana come Martin Rueff, mentre la traduzione in svedese è stata affidata ai migliori traduttori. Il terzo numero, Dieci anni di cinema italiano, curato da Jean A. Gili, presenta, fra i ventitré cineasti prescelti, artisti conosciuti ovviamente anche in Svezia (per esempio Bellocchio, Amelio, Moretti, Soldini, Benigni o Tornatore); ma visto il disinteresse in cui il cinema italiano è caduto in Europa, Cartaditalia ha sicuramente contribuito a risvegliare la curiosità dei neghittosi distributori svedesi. Il quarto numero, Il nuovo teatro italiano, curato da Guido Davico Bonino, insieme a un paio di autori già rappresentati in Svezia come Edoardo Erba e Giuseppe Manfridi, presenta le nuove tendenze del nostro teatro fino agli autori più giovani come Ascanio Celestinio Fausto Paravidino. Il quinto numero, curato da Gilles Pécout, ha per titolo L'unità d' Italia, tema quasi obbligatorio dato l'anniversario di quest' anno. Ma Paolo Grossi ha evitato il luogo comune dedicando il numero ad alcune città d' Italia fondamentali nel processo unitario. L'ultimo numero (novembre 2011), bellissimo anche graficamente, si chiama La nuova fotografia italiana, è curato da Elio Grazioli e ospita i nostri giovani fotografi di diverse tendenze. Il prossimo numero sarà dedicato ai nuovi compositori italiani. Ma Cartaditalia non è un'iniziativa isolata. Paolo Grossi le ha affiancato una piccola ed elegantissima collana letteraria (è stampata in Italia da "Nuvole", ad Alessandria) di autori già tradotti in svedese con libri che però l'editoria tende a trascurare. Perché se il grande editore pubblica volentieri Le città invisibili di Calvino o Petrolio di Pasolini, è meno invogliato a pubblicare Perché leggere i classici o Amado Mio. E dunque, insieme a un Calvino e a un Pasolini considerati "minori", troviamo Alfabeti di Magris, San Silvano di Dessì, I volatili del Beato Angelico del sottoscritto, La ronda dei conversi di Eugenio de Signoribus, le raccolte più raffinate di Zanzotto e Tutte le poesie di Primo Levi. Credo che Paolo Grossi stia finendo il suo mandato in Svezia.

Non so che sorte toccherà alla sua rivista e alla collana che l'accompagna. Come sarebbe civile e intelligente, "per una nostra volontà di recupero", come auspica il capo dello Stato, aprire sul mondo, e in lingue più accessibili, questa finestra di cultura italiana che Grossi ha aperto in Svezia, magari trasformandola in una rivista online che porti dappertutto la buona novella che in Italia esiste una cultura di grande vitalità e originalità che avremmo tutto l'orgoglio di far conoscere. Ma nonostante le lodevoli iniziative di alcuni nostri diplomatici di carriera (ne conosco molti, così come so di altri mediocri personaggi di nomina esclusivamente politica "piazzati" in grandi capitali più per danneggiare la cultura che per favorirla), ciò che fornisce l'immagine del nostro paese è soprattutto quello che accade nel nostro paese. Perché gli inviati della stampa estera in Italia hanno giustamente diffuso nei loro paesi soprattutto le idiozie che una televisione di Stato umiliatae umiliante trasmette; hanno comunicato le volgarità con cui un impero mediatico assolutamente anomalo in Europa ha aggredito i migliori intellettuali e artisti italiani perché "dissidenti" da una stampa di famiglia. Che lo si voglia o no, oggi l'Italia è, per il mondo civile, il paese in cui si è sparato ai neri e si sono bruciati i campi rom. È il paese in cui ministri secessionisti che lavoravano come talpe all'interno dello Stato hanno liberamente diffuso la peste del razzismo. È il paese in cui un ex ministro dell'Interno dichiaratamente anti-italiano ha violato i diritti umani, attirandoci perfino le critiche dell'Onu. Insomma, il mondo ci guarda come un paese imbarbarito. Finché i responsabili di questa deriva antropologica e culturale non saranno messi davvero in condizione di non nuocere ed espulsi dal corpo politico e sociale, la crisi di sfiducia insorta nei confronti dell'Italia non cesserà, anzi, si aggraverà, perché non dipende soltanto da una crisi economica ma da una cultura di qualità sopraffatta da una sub-cultura diventata egemone. L'Italia è un paese che non ha mai smesso di dare al mondo il suo genio, il Bello, l'arte che ci è quasi naturale. Ma quando l'empietà e l'ignoranza prevalgono, è arduo sentirsi spronati nell'orgoglio di una volontà di recupero. Siano lodati quelli che nutrono ancora questa volontà.

(25 marzo 2012) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2012/03/25/news/sfogliando_il_made_in_italy-32177713/?ref=HRER1-1
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