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Autore Discussione: MATTIA FELTRI.  (Letto 75270 volte)
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« Risposta #60 inserito:: Maggio 15, 2012, 11:44:11 am »

Politica

15/05/2012 -

Si tagliano i rimborsi ai partiti e l'Aula diventa sorda e vuota

L’Aula della Camera deserta ieri, nonostante si dibattesse di una legge da molti parlamentari definita «epocale»

A Montecitorio si inizia a discutere dell’«epocale riforma»: quindici presenti

MATTIA FELTRI
Roma

Il momento più suggestivo è arrivato intorno alle 18.30 quando il sole calante ha proiettato i suoi raggi, attraverso la preziose vetrate del soffitto, sui banchi del centrodestra colorandoli di luce crepuscolare. Quasi una predizione e offerta con un tratto poetico persino nobilitante. Non c’era nessuno, lì, a prendersi in volto il bacio del sole. L’unico deputato del Pdl a cui pareva interessare qualche cosa della revisione del rimborso elettorale (misura di nessun impatto macroeconomico, ma di semplice dimostrazione di buona volontà) era infatti Beatrice Lorenzin, ora raggiunta ora abbandonata dal collega Simone Baldelli, che forse per l’istinto umano del branco era andata ad accamparsi sugli scranni centrali e in basso, quelli occupati dai relatori della legge. Non è che gli altri gruppi parlamentari avessero riversato truppe e riservisti nell’emiciclo. Due o tre o massimo quattro della Lega (a rotazione), altrettanti del Pd, compreso il granitico Ugo Sposetti, uno che di soldi ai partiti ci capisce e vuole continuare a capirci, e poi Mario Tassone dell’Udc, Benedetto Della Vedova del Fli. Insomma, senza farla tanto lunga, il numero dei deputati accorsi alla discussione generale attorno alla storica e rivoluzionaria norma che ridimensionerà i foraggiamenti ai partiti, restituendo loro l’applauso e la fiducia dell’elettorato, diciamo così, variava da un minimo di dieci a un massimo di quindici, escluso il presidente di turno Maurizio Lupi. Cioè, nell’ora topica della contrizione, del ravvedimento e del riscatto, la percentuale degli onorevoli sul pezzo andava dall’1,5 al 2,3 degli eletti, che avanti di questo passo sarà anche la percentuale dei loro partiti alle prossime elezioni.

Insomma, un altro pomeriggio volenterosamente dedicato dalla politica al nutrimento dell’antipolitica. E sembrerebbe pure l’unico progetto a lungo termine dei protagonisti di questa legislatura, poiché l’aula viveva momenti dinamici (ridiciamo così) quando sulle tribune una scolaresca lasciava il posto a quell’altra. Se ne sono contate tre, totale degli alunni una settantina almeno, che se ne stavano lassù a guardare l’acquario vuoto. Ragazzini dai dieci ai tredici anni, e un gruppo era arrivato festoso e omaggiante in uniforme blu con la coccarda tricolore appuntata sul petto; tutti grillini di domani. Infatti ai commessi è toccato di spiegargli che non c’era stata un’epidemia, una sparatoria, una strage, ma semplicemente era lunedì, e il lunedì alla Camera non si lavora perché è un giorno dedicato ai trasferimenti, onorevoli in viaggio da Siracusa, Asti, Forlì e Chieti verso Roma. Lo si dice non per invidia sociale - non è che si godrebbe di più con l’emiciclo colmo di deputati con le occhiaie per la levataccia ma per dare una timida spiegazione visiva della diffusa impopolarità.

E’ che tutto congiura contro il Parlamento, tanto è vero che quando il presidente Lupi ha chiamato i due relatori della legge, Gianclaudio Bressa e Peppino Calderisi, in aula non c’era né l’uno né l’altro, e Bressa è infine arrivato di gran lena, seguito a una lunghezza da Calderisi. E’ succeduta una discussione di superlativi, la straordinarietà del provvedimento, la miracolosa intesa bipartisan, il giorno indimenticabile, la portata del testo, fino a un sublime «richiamo all’attenzione l’aula» dell’ottimista Bressa. Però agli osservatori le cose degne di nota sono parse tre. Prima, la Lega e l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro sono contrari alla legge perché prevede il dimezzamento dei rimborsi quando loro ne vogliono l’azzeramento (Idv ha depositato ieri duecentomila firme in scatoloni). Seconda, l’Udc si è vendicata sul medesimo Di Pietro proponendo un emendamento secondo cui «i partiti o i movimenti politici non potranno più acquistare e prendere in affitto, a titolo oneroso, immobili di proprietà di europarlamentari, parlamentari nazionali e consiglieri regionali ad essi iscritti», pratica molto in voga fra i leader dell’Idv. Terza, a un certo punto Tassone dell’Udc si è infuriato con il relatore Calderisi poiché telefonava mentre egli stava illustrando le sue deduzioni, e non ce n’erano molti altri che lo potessero ascoltare.

Ps. Alcuni deputati oggi cederanno alla tentazione di sostenere che la loro presenza in aula era del tutto superflua. In tal caso correranno il rischio che gli si dia ragione.

da - http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/454213/
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« Risposta #61 inserito:: Luglio 28, 2012, 03:29:57 pm »

28/7/2012

Il leghista che ha scoperto il volo perpetuo

MATTIA FELTRI

La Lega ha di nuovo spiccato il volo. Per la precisione lo ha fatto nella notte fra giovedì e ieri quando il senatore padano Giuseppe Leoni ha firmato un emendamento alla spending review con il quale si proroga per un anno il commissario dell’Aero Club d’Italia, che è Giuseppe Leoni. Il senatore Leoni, dunque, ha confermato di stimare molto il commissario Leoni, conoscendolo bene e stimandone il lavoro fatto, senza sosta, dal lontano 2002. Infatti sono dieci anni che il senatore esce da Palazzo Madama, si toglie il celebre papillon e indossa occhialoni e cuffia di cuoio con massimo godimento. E, sia detto subito, senza prendere il becco di un quattrino: tutto gratis, tutto volontariato, tutta gloria celeste. E però la cosa non è andata giù a un sacco di gente, specialmente al collega di Futuro e Libertà, Enzo Raisi, che ieri s’è inalberato per la millesima volta: «Scandaloso! Vergogna!».

Raisi oltretutto sostiene che, in quanto parlamentare, Leoni sarebbe incompatibile con la carica di numero uno di un ente controllato dal ministero dei Trasporti. Sono questioni da comma bis. Quello che appare oggi simpaticamente rimarchevole (anche a Raisi), è il colpo d’ala con cui Leoni si è prorogato da sé.

L’Aero Club d’Italia riunisce sotto l’alta egida del senatore le associazioni che promuovono il volo in ogni sua applicazione, anche da diporto: il turistico, l’ultraleggero, il paracadutismo. Lui, il vecchio Leoni, è con Umberto Bossi il più antico parlamentare della Lega: entrò alla Camera nel 1987, venticinque anni e sei legislature fa. Una performance da capocorrente democristiano, eppure è fondatore della Lega, e ne è così affezionato che quando l’Aero Club prese diciotto nuovi apparecchi, vennero battezzati secondo criteri, diciamo così, intimistici: l’I-Cald era l’aereo dedicato a Calderoli, l’I-Rmar era l’aereo dedicato a Maroni, l’I-GiTr era l’aereo dedicato a Tremonti e l’I-Noel era l’aereo che il nostro comandante dedicò a sé (leggete I-Noel al contrario). È soltanto un episodio - dicono i nemici di Leoni - per intuire la portata della gestione affettiva del comandante. Nel tempo vari parlamentari hanno scritto interrogazioni fra il sacrosanto e il tignoso: perché mai il regolamento di contabilità e bilancio è stato redatto da consulenti esterni scelti a discrezione del commissario (Antonio Borghesi, Italia dei Valori)? Perché mai l’Aero Club Italia spende denari pubblici in fragorose feste di gala (Marco Perduca, Radicali)? Come mai i dirigenti del club vengono assunti senza concorso (Maria Antonietta Coscioni, Radicali)? Come mai l’Aero Club ha un contenzioso con l’Agenzia delle entrate (Alessio Butti, Pdl)? Come mai, nonostante la scadenza dei termini, il nuovo statuto non è stato ancora approvato (Ettore Rosato, Pd)?

Insomma, con mezzo palazzo addosso (e pure qualche federazione sportiva aeronautica), sembrava che per Leoni fosse giunto il momento di ritirarsi in hangar. Anche perché l’implacabile e ringhioso Raisi aveva dettagliato il suo parere sulle competenze d’aria del rivale: «L’unico merito è stato quello di far parte del cosiddetto Cerchio Magico del leader della Lega Nord, Umberto Bossi. Ora che non c’è più (il cerchio magico, ndr) vengono a mancare anche le motivazioni clientelari che hanno portato alla nomina». E invece Leoni è uscito vivo anche da questa purga, forse perché ha sessantacinque anni e conosce Maroni da quando portava bei mustacchi da messicano, forse perché l’alto incarico è tale soltanto dopo il decollo. Di certo l’abile mossa di nominare se stesso dovrebbe consegnare a Leoni almeno il titolo di Barone Verde.

da - http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=10383
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« Risposta #62 inserito:: Agosto 16, 2012, 06:44:14 pm »

15/8/2012

La sinistra italiana

MATTIA FELTRI

Riflessione di Ferragosto per la sinistra italiana. C’è stato un tempo nel quale la sinistra italiana non voleva morire democristiana.

Poi la Dc è morta. Quindi c’è stato un tempo nel quale la sinistra italiana non voleva morire berlusconiana.
Poi Berlusconi è morto. Politicamente parlando.

Forse. Adesso è il tempo nel quale la sinistra italiana non vuole morire tecnocratica.

Visto che intanto sono passati più di sessant’anni, la sinistra italiana si accontenti di non essere ancora morta.

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/grubrica.asp?ID_blog=293&ID_articolo=497&ID_sezione=666
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« Risposta #63 inserito:: Agosto 19, 2012, 07:41:04 pm »

Politica

19/08/2012 - intervista: il messaggio del papa

"Il bipolarismo ha fallito, ora serve un centro per poter governare"

Riccardi: un luogo in cui la cultura cattolica incontra i laici

MATTIA FELTRI
Roma

Ministro Andrea Riccardi, lei oggi partecipa alle commemorazioni per i 58 anni dalla morte di Alcide De Gasperi, e lo fa con rappresentanti della politica, del sindacalismo e dell’associazionismo cattolici. Un passo in più verso la Cosa Bianca?

«L’idea è di Lorenzo Dellai (presidente della provincia di Trento e ideatore della Margherita, ndr) e ho aderito perché sono convinto che la politica debba ripartire dalla cultura, da cui per troppo tempo ha divorziato: oggi nella politica c’è un problema di linguaggio e di stile troppo marcati dai fuochi d’artificio mediatici. I problemi sono complessi e per essere spiegati hanno bisogno di un linguaggio e di uno stile nuovo, concreto».

E per tracciare questo percorso serve un partito dei cattolici?

«La cultura dei cattolici deve avere un ruolo. È che oggi non possiamo dire come sarà la politica domani, non c’è nemmeno la legge elettorale. Di sicuro possiamo dire che c’è bisogno di un soggetto terzo: il centro. Ma non sto pensando a un partito confessionale, bensì a un centro che governi una coalizione. De Gasperi, coi suoi esecutivi, ha sempre preferito governare con altri partiti, anche quando aveva quasi la maggioranza assoluta».

Sta dichiarando concluso il bipolarismo?

«Il bipolarismo mi appare in buona parte inadeguato tanto è vero che il Pdl ha rinunciato al governo per una particolare grande coalizione, e per le stesse ragioni il Pd ha rinunciato a elezioni in cui i sondaggi lo davano in vantaggio. Noi siamo diversi dalla Spagna, dove Mariano Rajoy governa nelle contestazioni; qui il paese è più coinvolto, più convinto dell’attuale esperienza di governo che fa riferimento a tre partiti. Capisco la ragioni per cui è nata la Seconda repubblica, ma quel tempo ora è passato».

Però, ministro, perdoni. Questo centro sarà o non sarà il partito dei cattolici?

«Anzitutto ci tengo a precisare che sto ragionando come cittadino e come studioso, anche perché non ho la veste per costruire nuovi partiti o nuove liste. Come dicevo prima, il bipolarismo è inadeguato ai tempi. A me sembra, per quella che è la fisiologia della politica in Italia, che una articolazione oltre i due poli sia implicita e necessaria. Quanto alle mie aspettative, ripeto di non attendermi un partito confessionale: i cattolici sono in tutti i partiti ed è bene così. Mi attendo un luogo in cui la cultura cattolica si incontra con i laici per trovare una sintesi».

Ma questo centro che cosa sarà?

«Devo dire due cose che mi stanno a cuore. Prima: mi preoccupa il distacco dei giovani dalla politica che da un certo punto in poi non li ha più coinvolti o li ha coinvolti poco».

E invece Grillo li coinvolge e li conquista.

«E’ vero. Bisogna trovare un linguaggio meno gridato, ma che faccia riferimento a una cultura. Un po’ più colto, un po’ più concreto. Seconda cosa, non

Nella vita di ogni giorno «anche quando si rifiuta o si nega Dio, non scompare la sete di infinito che abita l’uomo. Inizia invece una ricerca affannosa e sterile, di “falsi infiniti” che possano soddisfare almeno per un momento». E così, «l’uomo, senza saperlo, si protende alla ricerca dell’Infinito, ma in direzioni sbagliate: nella droga, in una sessualità vissuta in modo disordinato, nelle tecnologie totalizzanti, nel successo ad ogni costo, persino in forme ingannatrici di religiosità». È quanto scrive papa Benedetto XVI, in un passaggio del suo messaggio al vescovo di Rimini, monsignor Francesco Lambiasi, in occasione dell’apertura del Meeting per l’Amicizia fra i Popoli. «Anche le cose buone, che Dio ha creato come strade che conducono a Lui - scrive ancora - non di rado corrono il rischio di essere assolutizzate e divenire così idoli che si sostituiscono al Creatore».

possiamo più ragionare parlando soltanto di Italia, ma dobbiamo farlo parlando di Europa. Anche questa fu una lezione di De Gasperi. Per continuare a essere italiani abbiamo bisogno di essere europei, i nostri valori e la nostra cultura non sono salvabili sul lungo periodo se non in un quadro europeo».

Molti italiani sentono la loro sovranità usurpata dall’Europa.

«Ma non è così. Quando c’erano i paesi comunisti eravamo vincolati alla Nato ed era impossibile immaginare il Pci al governo. Era usurpazione di sovranità? Oggi si è creata una comunità di destino, l’Europa, senza la quale siamo troppo piccoli di fronte al mondo: non bisogna accettare che il proprio governo sia in qualche modo condiviso dagli altri membri della comunità e raccordato a loro?».

Però queste sono cose che non sono mai state dette chiaramente.

«E’ vero. La politica europea ci è sempre apparsa distante e non è mai stata spiegata, e invece è protagonista di un percorso politico lungo che ha ricadute nella vita concreta. Uno dei meriti di Mario Monti è quello di aver spiegato l’Europa all’Italia e l’Italia all’Europa».

Gli italiani continuano a far fatica a capire...

«Dobbiamo metterci in testa che è necessario chiedersi che cosa sarà l’Italia domani, intanto che infuriano i travolgenti cicloni della globalizzazione. Sarà la costa dorata per le vacanze dei cinesi o degli arabi? Oppure sarà il soggetto di grande e imprescindibile mediazione che fu per esempio la Repubblica di Venezia? Se non cominciamo a parlare di queste cose rimarremo sempre ripiegati su noi stessi. Faccio un esempio: per la mia storia e il mio ruolo (fondatore della comunità di Sant’Egidio e ministro per la Cooperazione, ndr) giro e conosco l’Africa, e lì ci sono mercati dalle prospettive formidabili in cui noi siamo troppo assenti. Invece, non a caso, i cinesi e gli americani li battono da tempo».

Ministro, un’ultima domanda: che deve fare Monti dopo questa legislatura?

«Monti è un valore per la politica e converrà continuare a utilizzarlo. All’estero si sono accorti che non è l’avvocato degli italiani, ma uno che ha qualcosa da dire sull’Europa e sul mondo».

da - http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/465920/
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« Risposta #64 inserito:: Agosto 22, 2012, 10:07:31 pm »

22/8/2012

Politici scomparsi, la fiera dei fuori dal mondo

MATTIA FELTRI

Pare, quasi di colpo, che il mostro abbia perso gli artigli. Si ricacci fuori la testa, hanno detto uno dopo l’altro Mario Monti e Corrado Passera, appena anticipati da Elsa Fornero in un’intervista alla Stampa. Non è la prima volta: il premier aveva intuito un’aria nuova già ad aprile e a giugno, nonostante qualche successiva precisazione più prudente. Però stavolta le stramaledette società di rating soffiano nella direzione sperata. Con Moody’s che prevede l’uscita dalla crisi più nera già l’anno prossimo e Fitch che sentenzia sulla «tantissima credibilità» dell’esecutivo, autorizzato - bontà loro - ad abbandonare il postulato del rigore.

Oh che meraviglia: in coda all’estate arriva una cartolina rosa e profumata, altro che autunno caldo e altre ovvietà di stagione. Naturalmente non è il caso di ordinare casse di champagne, col rischio evidente di ricascare a terra da un giorno all’altro. Però, chi sa di diavolerie finanziarie, dietro alle delizie di Moody’s e Fitch, intuisce l’indebolirsi degli speculatori, forse meno convinti di vincere la partita contro l’euro. Tutto quest’improvviso ottimismo sfuma però alla svelta se si va col pensiero alla prossima campagna elettorale e ai protagonisti che la animeranno.

Stiamo parlando di una classe dirigente, e tocca generalizzare, che nove mesi fa ha rinunciato a governare e a fare opposizione devolvendo ai tecnici il compito di rimettere in piedi la baracca; se sospensione della democrazia ci fu, la benedizione venne proprio dai santuari della democrazia, quali sarebbero i partiti. E il disimpegno acquistò qualche tratto particolarmente imbarazzante quando destra e sinistra declinarono l’offerta di mettere dentro uno o due dei loro nella squadra di Monti (che si pigliasse dunque tutte le grane). Noi, dissero, avremo il tempo necessario per combinare qualcosa di buono. Per esempio, rifaremo la legge elettorale. Nove mesi, un periodo sufficiente a produrre un essere umano, non sono bastati a produrre un’intesa, peraltro annunciata ogni quindici giorni.

Il povero Roberto Giachetti, segretario d’aula del Pd, ha intrapreso uno sciopero della fame per spingere i leader a darsi una mossa, ma qualche giorno fa ha sospeso la competizione per assenza di avversario, rifugiato al mare. Silvio Berlusconi valuta le doti d’area di Giampaolo Pazzini e l’opportunità di replicare l’alleanza con la Lega. Pier Luigi Bersani, come ogni estate, ripara in villeggiatura e stacca tutti i telefoni. Bobo Maroni progetta referendum sull’uscita dall’euro. Gianfranco Fini santifica Alcide De Gasperi e quotidianamente appare in foto mentre fa le formine in spiaggia o il bagno al largo, e intanto si discute di scorte pletoriche e macchine del fango.

Si studiano sistemi grilleschi di comunicazione, nomi accattivanti, simboli fascinosi: una fiera di paese completamente fuori dal mondo e fuori dal tempo, nella quale la strategia si limita al colore della cravatta e a chi prendere sotto braccio. E non c’è un’idea che sia una – e che non sia di propaganda - su quale Italia verrà, su quale architettura istituzionale poggerà, su quali riforme seguiranno, su che cosa convenga fare del lavoro, della giustizia, del fisco. E nemmeno il sospetto su chi davvero nutre l’antipolitica. Pagine...

da - http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=10447
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« Risposta #65 inserito:: Settembre 01, 2012, 11:17:27 am »

Cronache

30/08/2012 - INTERVISTA

Di Pietro: "Mai violato il segreto I partiti erano corrotti"

L’ex magistrato: «Certe ricostruzioni sono senza senso: prima ero burattino Usa, ora mi accusano del contrario»

MattiA FELTRI
Roma

Onorevole Di Pietro, i rilievi a Mani Pulite dell’ex ambasciatore Reginald Bartholomew sono pesanti, sebbene non inediti da noi.
«E sono curiosi, perché mi hanno accusato del contrario, cioè di essere stato, insieme col pool, un burattino degli Stati Uniti che volevano far fuori i filoarabi Giulio Andreotti e Bettino Craxi. Accuse senza senso, naturalmente. Adesso me ne rivolgono di nuove, che contraddicono le precedenti, e altrettanto insensate. Vorrei entrare nel merito».

Prima accusa: avete violato sistematicamente i diritti di difesa degli imputati.
«Ci sono decine di sentenze che dicono il contrario. C’è una relazione della commissione parlamentare del ’96 secondo cui noi non fummo aguzzini ma semmai vittime di una serie di diffamazioni per le quali siamo stati risarciti. Sono stato sotto inchiesta per queste accuse e prosciolto ogni volta».

Non abbiamo mai avuto la percezione che lei sarebbe stato condannato.
«Perché avevate torto».

Perché ci sembrava non ci fossero i presupposti, diciamo, politici.
«No, perché avevate torto. Sono stato prosciolto tutte le volte per insussistenza del reato».

È vero ma qualche volta, prosciogliendola, i giudici hanno criticato i suoi comportamenti.
«Bisognerebbe vivere due volte per rimediare nella seconda vita agli errori commessi nella prima. Ma non ho mai commesso reati, non ho mai volontariamente violato la legge».

La carcerazione preventiva per estorcere confessioni aveva aspetti da tortura.
«La carcerazione preventiva non serviva per estorcere confessioni, ma seguiva la legge e le regole, come dimostrato da decine di sentenze e mi dispiace che il povero Bartholomew, pace all’anima sua, ci rivolga accuse tanto gravi delle quali, fosse in vita, dovrebbe rispondere in tribunale».

Non lo pensava soltanto Bartholomew. Come dice nell’intervista, riunì sette importanti giudici italiani che concordarono con lui.
«Peccato che Bartholomew non possa più farne i nomi. Mi piacerebbe se saltassero fuori, magari con l’aiuto della “Stampa”. E mi piacerebbe che questi sette giudici ripetessero in pubblico delle valutazioni che fin qui hanno fatto in privato e nell’anonimato. Semmai il caso dimostra che l’ambasciatore basava le sue opinioni su notizie inquinate, e glielo dimostro. Si tratta della seconda accusa, secondo cui avremmo offeso il presidente Bill Clinton recapitando a Napoli un avviso di garanzia a Berlusconi. Primo errore: era un invito a comparire. Secondo errore: non lo abbiamo recapitato a Napoli ma a Roma...».

Onorevole, sono dettagli.
«No, per niente. Infatti noi abbiamo recapitato un invito a comparire a Roma e dopo la chiusura del vertice. Fu il “Corriere della Sera” ad anticiparlo con Goffredo Buccini che si è sempre rifiutato - e io ne rispetto le ragioni - di svelare la fonte. Le inchieste hanno dimostrato che le fonti erano potenzialmente numerose e noi del pool siamo stati assolti».

Bartholomew è noto per una leggenda che gira da tempo. Partecipò, nel giugno ’92, all’incontro sul panfilo Britannia nel quale sarebbero state pianificate le privatizzazioni. Forse voi eravate andati troppo oltre...
«Adesso non esageriamo. E poi io di questo Britannia non so nulla».

Non ci credo neanche se me lo giura su sua madre.
«E che vuole che le dica? Quella nave mi è sfuggita».

Domani (oggi per chi legge, ndr) pubblichiamo un’intervista in cui il console generale Peter Semler la ricorda con più simpatia. Dice che vi incontravate spesso.
(Legge l’intervista, ndr) «Il nome mi torna in mente adesso, non lo ricordavo più. Ma quello che racconta è sostanzialmente vero con alcune imprecisioni».

Compreso il fatto che lei gli anticipò nel novembre del ’91 il coinvolgimento della Dc e del Psi ai massimi livelli?
«Be’, lì temo che faccia confusione, che sovrapponga - sono passati più di vent’anni - conversazioni avvenute in momenti diversi. Non potevo anticipargli il coinvolgimento dei vertici di Dc e Psi perché, in quel novembre, già indagavo su Mario Chiesa ma non avevo idea di dove saremmo andati a parare».

E allora perché Semler lo dice?
«Perché, ripeto, confonde conversazioni avute in tempi e con persone diverse. (Mostra un report inviato da Semler a Secchia, il predecessore di Bartholomew, in cui un esponente della Rete, forse Nando Dalla Chiesa, gli parla dell’imminente fine del pentapartito. L’archivio di Di Pietro è ancora portentoso, ndr). È del 25 febbraio, otto giorni dopo l’arresto di Mario Chiesa. Vede che si confonde?».

Questo non dimostra nulla.
«Sto facendo un’ipotesi. Per dire che Semler incontrava e parlava con molta gente. Ma nel novembre del 1991 non potevo anticipargli ciò che non sapevo. C’è però un punto. Mani Pulite non è cominciata nel ’92. È cominciata a metà degli Anni Ottanta con una serie di inchieste che non portarono a nulla, per ragioni politiche e perché la corruzione è un reato che si compie in due, e quindi ci si protegge a vicenda. Era un eterno coitus interruptus. Noi invertimmo il percorso, partendo dai fondi neri creati per pagare la politica e spezzando così il patto omertoso. Di questo posso aver parlato con Semler. Ma che Dc e Psi e anche il Pci fossero partiti corrotti, in Italia lo sapevano tutti. In fondo Mani pulite fu la scoperta dell’acqua calda».

Perché si incontrava con Semler?
«Perché lo desiderava. Faceva il suo lavoro. Voleva capire e infatti capì perfettamente, a differenza di altri suoi connazionali. E incontrò un sacco di altre persone».

Non è irrituale?
«No. Non ho mai violato il segreto istruttorio».

Vede che il suo rapporto con gli Usa era saldo? Fu invitata anche dal Dipartimento di Stato.
«In America ci ero stato anche prima per atti di indagine. Poi fui invitato come succede a molti. Ma voi che pensate: aveva ragione Bartholomew che diffidava di me, o Semler che mi ricorda volentieri? (Sorride, ndr)».

da - http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/466850/
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« Risposta #66 inserito:: Settembre 03, 2012, 11:48:20 am »

Politica

01/09/2012 - MANI PULITE I RAPPORTI ITALIA-USA

"La Seconda Repubblica figlia di diplomatici e Fbi"

De Michelis: «La Cia sapeva dei soldi al Psi ma poi ci mollò»

MATTIA FELTRI
Roma

Gianni De Michelis, lei nel 2003 scrisse un libro (La lunga ombra di Yalta, 2003) in cui delinea la sua teoria sui metodi del pool Mani pulite e sul ruolo non secondario degli Usa.
«E infatti per me non è stato sorprendente leggere le interviste a Reginald Bartholomew e Peter Semler: mi è sempre stato chiarissimo che l’inchiesta si è basata in gran parte sulla carcerazione preventiva come mezzo per ottenere confessioni, e ho sempre attribuito all’operazione Mani pulite una valenza essenzialmente politica».

Cioè?
«Non tutti i partiti hanno avuto lo stesso trattamento. La storia più famosa è quella di Primo Greganti alla cui vicenda il procuratore aggiunto Gerardo D’Ambrosio diede una lettura particolarmente favorevole».

Perdoni ma non è così. Nonostante abbia subito una lunga carcerazione, Greganti ha sostenuto di aver intascato i soldi per sé. I giudici non gli hanno creduto, come dicono le sentenze, ma non hanno potuto dimostrare il coinvolgimento del Pci.
«Pensa che se Greganti fosse stato socialista sarebbe finita così?».

Questo è soltanto un sospetto.
«E il miliardo di Raul Gardini? Antonio Di Pietro ha raccontato di aver seguito i soldi fin sul portone di Botteghe Oscure, ma di non aver mai scoperto chi lo intascò. Ma come? Ma stiamo scherzando?».

Che il Pci c’entrasse in Mani pulite come gli altri è appurato.
«Benissimo, allora quello che voglio dire è che Bartholomew, e naturalmente mi spiace sia morto, quando si lamenta di certi sistemi degli inquirenti si lava la coscienza: lui e il suo paese avevano preso atto che la vecchia classe politica non c’era o non serviva più, e cominciò a dialogare con altri. Il gruppo dell’ex Pci doveva servire per vent’anni».

Un po’ poco per sostenere che gli Stati Uniti indirizzarono...
«La vostra intervista a Semler è illuminante. Il console dice che Di Pietro lo avvertì nel ’91 che presto il Psi e la Dc sarebbero stati spazzati via».

Per Di Pietro, Semler si è confuso.
«Ma siamo seri. Semler è un console, mica si confonde. I casi sono due: o dice la verità o mente. E io penso dica la verità».

Quindi?
«La Cia coprì l’apertura del Conto Protezione per il finanziamento illecito al Psi. Sapeva tutto. Il giorno dopo il disfacimento dell’impero comunista, la Cia ha preso e se n’è andata lasciandoci con il cerino in mano. Se ne andò perché l’Italia non aveva più un ruolo geopolitico e non c’era più da garantire l’equilibrio di Yalta. Da noi prevalse l’Fbi, interessata ad evitare che la mafia prendesse troppa forza».

Così paradossalmente voi e la Dc, che avevate garantito Yalta, venite lasciati nelle mani della magistratura.
«E nel ’92 Luciano Violante, del Pds, diventa presidente della Commissione antimafia. In quel ruolo ha un rapporto stretto con Louis Freeh, dell’Fbi. Niente di oscuro, s’intenda. Non parlo di complotti. Ma tutto si lega: l’ex Pci - con l’ambasciatore, con l’Fbi - diventa interlocutore dell’America. E al Pci non si applica il “non poteva non sapere”. Curioso no?».

C’è qualcosa che non torna. Sta dicendo che l’Fbi si occupa di mafia con lo Stato italiano e col Pds. Ma sono gli anni della trattativa, se trattativa ci fu. Furono gli americani a volerla?
«Non sono in grado di dirlo. Dovreste chiederlo a Di Pietro».

A Di Pietro?
«Sì, a Di Pietro. Dovreste chiedergli la natura dei suoi viaggi in America. Dovreste chiedergli di che cosa si parlò, che cosa avevano in testa gli americani in quegli anni, perché fu invitato dal Dipartimento di Stato».

Perché era l’uomo più importante d’Italia.
«No, era l’uomo politico più importante d’Italia. Altrimenti lo avrebbe invitato il Dipartimento della Giustizia, non il Dipartimento di Stato. Di Pietro aveva rapporti particolari e privilegiati con Washington, e sa molte cose su cui tace. E mi domando per quale ragione oggi torni fuori la trattativa: perché - è la mia sensazione - il disegno americano di impostare la Seconda repubblica è sostanzialmente fallito, e perché la magistratura è oggi frazionata su varie posizioni. È un altro equilibrio che si rompe».

Una teoria complicata ma chiara. Se è così, Bartholomew e Samler giocano la stessa partita: uno fa il poliziotto buono e uno il poliziotto cattivo.
«Esatto. A parte che Bartholomew racconta un fatto fondamentale: chiamò un grande giurista come Antonin Scalia e riunì sette alti magistrati italiani per parlare degli abusi del pool di Milano. A parte questo, Semler anticipava l’entrata dell’Fbi e Bartholomew compensava l’uscita della Cia. E’ lui, e lo racconta, che sceglie i nuovi interlocutori».

Aveva tutto questo peso, Bartholomew?
«Ma Bartholomew non era mica uno qualsiasi. Era un ambasciatore di rango. Era uno tosto, ascoltatissimo alla Casa Bianca. A un certo punto - non ricordo che incarico avesse all’epoca - si era persuaso nonostante le nostre rassicurazioni che Carlo De Benedetti se la facesse con l’Unione Sovietica. Nell’89 io e Francesco Cossiga andammo in vista dal presidente George Bush senior e anche lui ci parlò di De Benedetti. Voleva che prendessimo contromisure e non fu facile convincerlo che non era il caso».

Per dire quanto contasse Bartholomew?
«E per dire che la cortesia non ci fu restituita».

da - http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/467069/
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« Risposta #67 inserito:: Ottobre 14, 2012, 04:02:16 pm »

Politica
14/10/2012 - il caso

La corsa a ostacoli per votare alle primarie

Obbligatorio iscriversi all’albo, ma non si potrà farlo al seggio

Mattia Feltri
Roma

Votare alle Primarie del centrosinistra: ecco un esercizio che è l’anello di congiunzione fra la caccia al tesoro e la burocrazia cinese.
E che promette di evolvere a gioco di società/rompicapo con cui vincere il tedio autunnale. Di certo c’è che si voterà al primo turno domenica 25 novembre. Il resto brancola nelle nebbie della perfidia umana. Perché al simpatico punto due del decalogo varato ieri dal Pd, della vendoliana Sel e dal Psi c’è scritto che per partecipare bisogna sottoscrivere una carta d’intenti (anche quella presentata ieri: si chiama “Italia Bene Comune” ed è una dettagliata enciclopedia del filantropismo moderno) con la quale ci si impegna a sostenere il centrosinistra alle Politiche del 2013. Cioè, praticamente, se uno va alla Primarie per appoggiare la leadership di Matteo Renzi, garantisce di votare centrosinistra anche se la spuntasse Nichi Vendola. E viceversa (praticamente l’ambizione novecentesca di trasformare i potenziali elettori in affiliati).

Ma non è tutto. Questo punto due è un lascito per i posteri. Infatti disciplina l’afflusso alle urne. E sostiene che i desideranti al voto debbono iscriversi all’Albo delle elettrici e degli elettori e «tale registrazione dovrà avvenire con procedure distinte dalle operazioni e dall’esercizio di voto». Traduzione: boh. O meglio, come e dove ci si possa iscrivere all’Albo delle elettrici e degli elettori è ancora da stabilire, ma di sicuro non lo si farà al banchetto delle primarie. Sarà un banchetto a fianco? Un banchetto lontano cinque metri?
Sarà a tre isolati di distanza? Dall’altra parte della città? In una zona a caso dell’emisfero boreale? Altro boh. Lo si preciserà più avanti.
In ogni caso, recuperata l’imprescindibile iscrizione, si otterrà diritto di voto che prevede il versamento di almeno due euro: e questo è giusto, visto che le primarie costano anche se qualcuno ha protestato ricordando, per esempio, gli emolumenti girati al gruppo del Pd in Regione Lazio: circa due milioni di euro l’anno.

Tuttavia non è per niente escluso che nessuno dei candidati raggiunga il cinquanta per cento più uno dei favori.
Nel caso si andrà al ballottaggio, già fissato per la domenica successiva, quella del 2 ottobre. E qui c’era un punto di discussione fra
l’aristocrazia del partito e i renziani. Questi ultimi erano dell’opinione di aprire il ballottaggio anche a chi non aveva votato al primo turno. Il partitone tendeva invece più all’ipotesi opposta: chi c’era, ci sarà; chi non c’era pazienza. Questo per evitare che sabotatori del centrodestra assaltino i banchetti ed inquinino il voto. Bene, come è stata risolta la questione? Non è stata risolta. Anche qui ogni interpretazione è buona perché il decalogo dice semplicemente che chi ha (faticosamente) ottenuto l’autorizzazione a votare al primo turno ce
l’ha automaticamente al ballottaggio. Per il resto buio fitto. 

Sarà pure questa una decisione a carico dei garanti, che sono quattro e costituiscono il Collegio Nazionale (Il più noto è Luigi Berlinguer, ottant’anni, cugino di Enrico e già ministro con Romano Prodi e Massimo D’Alema. Qualche fama ce l’ha anche il vendoliano Francesco Forgione, che fu presidente della Commissione antimafia dal 2006 al 2008. Gli altri due sono tecnici meno famosi, la filosofa Francesca Brezzi per il Pd e il docente di diritto amministrativo Mario Chiti per i socialisti). Insomma, il tentativo di tenere la gente lontano dalle Primarie è articolato.
Se il tentativo riuscirà, è meno chiaro.

da - http://lastampa.it/2012/10/14/italia/politica/la-corsa-a-ostacoli-per-votare-alle-primarie-AfSHOyzO3SkLfDYLa0mJoJ/pagina.html
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« Risposta #68 inserito:: Ottobre 26, 2012, 09:33:30 am »

Paesi & buoi
25/10/2012

Giachetti

Mattia Feltri

Roberto Giachetti (deputato del Pd di provenienza radicale) è al 52° giorno di sciopero della fame. 

Andrà avanti sin quando non sarà approvata una nuova legge elettorale: un balletto stucchevole che prosegue da quasi un anno e di cui non si vede la fine. 

Preso atto delle drammatiche condizioni di Giachetti, e del discredito che getta su di loro, deputati e senatori hanno deciso di abbreviare drasticamente i tempi: entro fine mese Giachetti sarà abbattuto.

da - http://www.lastampa.it/2012/10/25/cultura/opinioni/paesi-e-buoi/giachetti-0vZuUkpYlHbkgIqt2qKqOO/pagina.html
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« Risposta #69 inserito:: Ottobre 27, 2012, 11:57:50 am »

Paesi & buoi
27/10/2012

Primarie Pdl

Mattia Feltri



Sono già piuttosto numerosi i candidati

- o candidati in pectore - 

alle primarie del Pdl. 


Sono tanti perché ognuno rappresenta un’anima 

della composita aerea. 

Angelino Alfano 

rappresenta l’anima 

berlusconian-democristiana. 

Giancarlo Galan rappresenta l’anima berlusconian-liberale.

Stefania Craxi rappresenta l’anima socialista. 

Roberto Formigoni rappresenta l’anima ciellina. 

Giorgia Meloni rappresenta l’anima di destra. 

Daniela Santanché rappresenta l’anima de li mejo...


da - http://www.lastampa.it/2012/10/27/cultura/opinioni/paesi-e-buoi/primarie-pdl-ApPMXZoqkB4A8gHyuCz28N/pagina.html
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« Risposta #70 inserito:: Ottobre 29, 2012, 10:41:45 pm »

Politica
29/10/2012 - intervista

“Dopo i pasticci di Formigoni, la Sicilia ci ha dato fiducia”

Azzurra Cancelleri, sorella di Giancarlo: ora i nostri consiglieri dimostreranno che sappiamo anche fare oltre che parlare

Mattia Feltri


Azzurra Cancelleri, lei è la coordinatrice della campagna elettorale di Giancarlo Cancelleri che è suo fratello. Come mai? 

«Io sono nel Movimento 5 Stelle già da qualche anno e in precedenza avevo curato la campagna elettorale di Sonia Alfano per il Parlamento europeo, quindi conosco la materia».

Sarà difficile ripetere un successo simile in futuro? 

«Credo proprio di no. Faremo ancora meglio in futuro perché adesso i nostri consiglieri regionali dimostreranno che sappiano anche fare oltre che parlare».

Quando vi siete accorti che avreste potuto sfondare? 

«Quando abbiamo assistito a tutti i pasticci di Formigoni: quando i siciliani hanno capito che la cattiva politica è anche al Nord hanno avuto uno scatto di orgoglio e ci hanno dato fiducia». 


da - http://lastampa.it/2012/10/29/italia/politica/dopo-i-pasticci-di-formigoni-la-sicilia-ci-ha-dato-fiducia-RQvSYpNPeYsPbx6P337rlM/pagina.html
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« Risposta #71 inserito:: Novembre 23, 2012, 09:35:00 pm »

Politica
23/11/2012 - il caso

L’ ultima cavalcata delle Amazzoni si copre di rancore per il Cavaliere

Abbandonate dal leader hanno ceduto alla rabbia

Mattia Feltri

Roma


«Come Schettino», cioè incapace e traditore. Era difficile che trovasse un insulto più sanguinoso una donna, Isabella Bertolini, che per tanto tempo ambì alla parte di Domnica Cermontan, la moldava fiera di svettare in plancia. E la Bertolini se la contendeva, quella parte, con la moltitudine esuberante che predicava berlusconismo a ogni scollatura e a ogni colpo d’anca e soprattutto a ogni ghirigoro di lingua. «E’ proprio vero, signori si nasce. A questo punto è chiaro a tutti gli italiani dove sono la nobiltà d’animo e la bontà». Era il 2005, e Silvio Berlusconi era un «grande italiano» nel giudizio irrimediabile della Bertolini, che ora saluta il Pdl non accordandogli più che la dimensione di «fronda grillina». Non lo si scrive per impiccare la signora a una vecchia frase, ma per individuare quel filo ormai fosforescente che congiunge Nicole Minetti («è solo un culo flaccido», parere secondo competenza) a Michaela Biancofiore («ha ceduto alla nomenclatura») passando per tutte le altre. L’ultima, appunto, è stata la Biancofiore, soltanto poche settimane fa insignita del titolo di comandante delle Amazzoni, cioè le succinte, ardenti e furiose incaricate di organizzare l’ultima e irriducibile difesa del berlusconismo. Me ne vado, ha detto ieri la ex guerriera, a fondare un altro soggetto. Il miliardesimo.

 

Ma non è per forza diserzione, forse soltanto sfinimento, sebbene i modi e i tempi lascino di sale. Infatti pure una signora dal percorso non sempre rettilineo come Daniela Santanché - e però l’indiscussa depositaria del verbo arcoriano - nelle conversazioni private si lascia sfuggire qualche sospiro di abbattimento per l’instabilità cronica del Capo. L’unica rimasta a cantare senza un tentennamento le rime dell’epica del Cavaliere è Stefania Prestigiacomo, che il 24 ottobre definì «generoso e lungimirante» il Berlusconi che annunciava il ritiro e indiceva le primarie, e tre giorni dopo (pronunciata la condanna dal tribunale di Milano, con la conseguente invettiva da villa Gernetto) esultava: «Abbiamo ancora un grande leader. Il suo impegno diretto è obbligato da una sentenza politica». Ma in questo caso il romanzo di Montecitorio vuole che tanto slancio non venga corrisposto proprio dall’ex premier, che ormai si è fatto un’idea precisa di quanto sappia dare una ragazza della prima ora come la Stefania. Un po’ quanto è successo a Mara Carfagna, oggi vibrante sostenitrice delle primarie e della premiership di Angelino Alfano, e le cui difese di Berlusconi hanno il suono legnoso della recita a copione. L’interpretazione è accusabile di malizia, ma è difficile negare che l’amore sia infiacchito e che i due si lascino da buoni amici, o almeno con quell’aria lì.

 

Era un bell’esercito di rabbiose e gelosissime soldatesse, tenute assieme dallo sguardo sul Sole. L’eclissi ha coinvolto già qualche mese fa Mariastella Gelmini, subito sospettosa dell’andazzo del partito e sicura su dove sarebbero andati a finire i sondaggi. E ha oscurato più di recente le retrovie, dove si agitano febbrili e smarrite quelle che non sanno rassegnarsi. Gabriella Giammanco, Laura Ravetto, Fiorella Ceccacci, tutte queste deputatesse di così bell’aspetto non possono credere che il Grande Leader non gli risponda più al telefono. Né agli squilli né ai messaggini. Allora chiamano Maria Rosaria Rossi, soprannominata “la badante” (con sprezzo ma centrando il bersaglio), e niente, non risponde nemmeno lei, che fino all’altro giorno era il crocevia di ogni dolce pettegolezzo, di ogni spartizione di affettuosi incarichi. Ieri la Rossi è arrivata inattesa a Montecitorio, suscitando tutto un frullar d’ali, e vano, poiché la signora se ne è rimasta in disparte a parlare al telefono, e a concedere udienza a pochi. Ecco, questa è la sala da ballo. Annagrazia Calabria (responsabile dei giovani pidiellini) stando ai resoconti dell’Ansa non pronuncia la parola “Berlusconi” dal 10 di ottobre, quarantadue giorni. Maria Vittoria Brambilla è scomparsa nel nulla, vittima di qualche sospetto e qualche rancore. La festa è finita, e anche le briciole son quelle che sono.

da - http://lastampa.it/2012/11/23/italia/politica/l-ultima-cavalcata-delle-amazzoni-si-copre-di-rancore-per-il-cavaliere-ZUfiRltmEnj2eJEbo0Q0jN/pagina.html
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« Risposta #72 inserito:: Dicembre 13, 2012, 06:40:53 pm »

Politica

12/12/2012 - il reportage

“Non mi candido. Forse. Anzi sì”

La gimkana verbale del Cavaliere

Berlusconi e la “conferenza stampa” senza soluzione. Vince la vaghezza

Mattia Feltri
Roma

E’ stata una delle conferenze stampa (travestita da presentazione di un libro) più complicate della plurisecolare storia dell’informazione. Tanto è vero che, a un certo punto, uno sfiancato Bruno Vespa ha interrotto il monologante: «Presidente, lei aveva una qualità, che diceva pane al pane e vino al vino…». E tanto è vero che, dopo forse quaranta minuti di risposta a gimkana alla semplice domanda se fosse candidato a premier a no, Silvio Berlusconi è stato interrotto da Massimo Franco, editorialista del Corriere della Sera, che ci ha coraggiosamente riprovato: «Mi ha scritto una collega: non ha ancora capito se lei se ricandida o meno». Non l’aveva capito nessuno. Se questa infatti fosse una partita alla roulette, l’ex premier era il giocatore che aveva piazzato una fiche per ogni casella, sperando di raccattare qualcosa. 

Riassumendo (verbo assolutamente pretenzioso), il Cavaliere è attualmente candidato a premier del suo partito, tranne alcuni che se ne stanno andando a destra (ex An) o al centro (verso Luca Cordero di Montezemolo e Pierferdinando Casini), e senza Lega con cui sta trattando, la quale Lega non lo vuole candidato premier, e però vorrebbe Bobo Maroni candidato alla Lombardia, e se Maroni se ne va per conto suo cadono le giunte pidiellin-leghiste di Piemonte e Veneto, ma se Mario Monti accettasse di fare il candidato premier, Berlusconi sarebbe disposto a fare un passo indietro, purché il suddetto Monti sia in grado di riunire i moderati da Casini fino a Ignazio La Russa e passando per la Lega che però è sempre stata all’opposizione di Monti, quindi boh, e se non fosse Monti almeno qualcun altro, per esempio in pole position c’è anche Angelino Alfano… 

Insomma, la vaghezza più assoluta così strabiliante nell’uomo del fare, e che in assenza del fare è sempre stato almeno l’uomo del dire. Alla fine, l’unica cosa chiara è che non ricandiderà il sodale di una vita, Marcello Dell’Utri, lasciato in pasto alla procura di Palermo.

da - http://lastampa.it/2012/12/12/italia/politica/non-mi-candido-forse-anzi-si-la-gimkana-verbale-del-cavaliere-GKQ5LN4Rk9vpHemFjkoSZK/pagina.html
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« Risposta #73 inserito:: Gennaio 11, 2013, 05:24:00 pm »

politica
11/01/2013 - in fila davanti al viminale per la presentazione del simbolo

Grillo: “Sistema al collasso, è marcio”

“Cambiano regole ogni momento per impedirci di depositare le liste” Una volta eletti “Noi apriremo le Camere come scatole di sardine”

Mattia Feltri

Fa ancora questo effetto, Beppe Grillo. Tutti attorno a lui, che è arrivato al Viminale nella notte per sorvegliare sulla correttezza delle procedure per la presentazione del simbolo. Ormai non fa più nemmeno impressione, ma si tratta di un comico che non si fida della legalità del ministero dell’Interno. E’ l’Italia di oggi. Giornalisti, telecamere, tanti grillini (“imparate a fare il vostro mestiere”, dicono preventivamente e sprezzanti ai cronisti), e il traffico è bloccato. «I miei sono qui in piazza, transennati, circondati dalla polizia, mentre loro dentro a inventarsi tutto per impedirci di presentare le nostre liste. Cambiano regole e procedure ogni momento. La carta che non va bene, le firme che sono storte. Ma a me non la fanno, sono qui con avvocati, notai, comitati…». Apriremo le Camere come una scatola di sardine, dice ridacchiante e bellicoso. «Lo Stato è al collasso, è marcio, qui sta crollando tutto». Insomma, lo show che ha varianti minime.

Nel frattempo la fila di chi vuole depositare il simbolo si assottiglia. Una bella fila, ma gli anni scorsi sembrava anche più lungo.
E’ che, in caso di simboli simili, è il primo a essere depositato che ha diritto a correre. Il primo derby di stamane è fra due Partito Pirata, uno dei quali sostiene di avere Johnny Depp come presidente onorario. Si segnala poi il ritorno del Movimento sociale, una lista Recupero Maltolto e vari movimenti di ritorno alla Lira.

da - http://lastampa.it/2013/01/11/italia/politica/grillo-sistema-al-collasso-e-marcio-WvYZnuTlqyj7WqvXYkymwO/pagina.html
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« Risposta #74 inserito:: Gennaio 13, 2013, 10:35:06 am »

Politica
11/01/2013

Effetto Santoro: Silvio sale nei consensi

Qualche giorno fa Berlusconi veniva dato – altro che morto! – prossimo al venti per cento dei voti, adesso lo si accredita già oltre

Mattia Feltri
Roma


“Un kilo di audience contro un kilo di voti”. Silvio Berlusconi che se ne viene di qua con lo scatolone pieno, Michele Santoro che se ne va di là col televisore scintillante: bastano i quattro centimetri quadrati della vignetta di Vincino sul Foglio a stabilire i termini della questione. 

L’eroe della resistenza moderna, l’ex epurato, lui e il suo Guevera di cancelleria (Marco Travaglio) stabiliscono i record dei record, trentatré per cento; e dall’altra parte c’è Ercolino Sempreimpiedi, la riproposizione vivente del pupazzo Galbani che a ogni schiaffo andava giù, e regolarmente tornava su, più dritto di prima, che compulsa sondaggi di goduria fremente. 

Qualche giorno fa Silvio Berlusconi veniva dato – altro che morto! – prossimo al venti, ora lo si accredita già oltre. Infatti Servizio Pubblico non era una trasmissione, era il Klondike di Disney, c’era oro da raccattare per tutti, anche se a raccattarlo si finisce con l’esibire più il sedere che la faccia. Se trattativa ci fu, la trattativa era questa: volete il peggio? E il peggio vi diamo.

da - http://lastampa.it/2013/01/11/italia/politica/effetto-santoro-silvio-sale-nei-consensi-eJtGNxY3wBMyuR0jZni3CJ/pagina.html
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