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4186  Forum Pubblico / AMBIENTE & NATURA / MARIO TOZZI. Negli abissi del Tirreno scoperti 15 vulcani sommersi inserito:: Novembre 16, 2017, 09:18:22 pm
Negli abissi del Tirreno scoperti 15 vulcani sommersi
Ricerca del Cnr e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
Alcuni vulcani finora noti nel Tirreno Meridionale sono emersi, come le Eolie altri sommersi, come il Marsili

Pubblicato il 14/11/2017
MARIO TOZZI

Forse fa impressione a dirlo, ma, ogni volta che facciamo il bagno nel Mar Tirreno, ci immergiamo nelle acque di un oceano in formazione. Più piccolo di altri, ma pur sempre un vero e proprio oceano, con il consueto corteo di vulcani e dorsali sottomarine da cui vengono emesse lave e gas. Del resto i nuovi oceani, agli inizi, si formano generalmente grazie a una serie di fratture e spaccature che disgregano un continente, come, per esempio, sta accadendo lungo la Grande Rift Valley dell’Africa orientale, tra Kenya e Tanzania. E come sta accadendo anche nel Mediterraneo da poco meno di una decina di milioni di anni: grandi fratture e lunghissime spaccature incidono il fondo del mare e creano un nuovo bacino oceanico (laddove per bacino non si intendono tanto le acque, quanto la costituzione geologica e morfologica). 
 
Dove oggi c’è il Mare Nostrum, milioni di anni fa esisteva un grande oceano mesogeo, la Tetide, poi costretto progressivamente a contrarsi dallo scontro fra il blocco di crosta dell’Africa e quello dell’Europa. Lo scontro che provoca, in ultima analisi, i terremoti del nostro Appennino. 
 
Colossali edifici 
Successivamente, in varie regioni del Mediterraneo centrale, si sono formati edifici vulcanici sottomarini che hanno eruttato milioni di metri cubi di lave e hanno costruito veri e propri colossali edifici. Come è il caso del Marsili e del Vavilov, di fronte alla Calabria, due veri giganti. In particolare il primo è il più grande vulcano sottomarino d’Europa, lungo oltre 70 km, alto 3 e largo quasi 30. Ed è attivo. Come attivi debbono considerarsi tutti quei vulcani la cui attività non sia cessata da un paio di centinaia di migliaia di anni.
 
La Catena del Palinuro, appena identificata dal Cnr e dall’Ingv, è stata certamente attiva fra 800 e 300 mila anni fa, ma non sappiamo se non sia stata attiva in tempi più recenti. Anche la sua formazione è legata a una serie di spaccature profonde che hanno messo in comunicazione i magmi profondi con il fondale marino. Si tratta di apparati di grandi dimensioni, pure se confrontati con quelle del Marsili. 
E’ una scoperta importante, forse cruciale per comprendere come sia possibile la formazione di micro bacini oceanici, dovuti a forze di estensione della crosta, in regioni dove, invece, regnano la compressione e la collisione. Come abbiamo ricordato a proposito dello scontro tra l’Africa e l’Europa. 
 
Attività sottomarine 
Ma tutto il Mar Tirreno è un brulicare di attività sottomarine superficiali legate ai vulcani, dalle isole Eolie a Ustica, di cui fanno parte anche quelle emissioni gassose spesso riscontrate in varie zone, dalla Sicilia alla Toscana. Erutteranno questi vulcani o possiamo stare tranquilli? La risposta è che dipende da molti fattori e che non tutti gli apparati del fondale tirrenico presentano caratteristiche di attività imminente. Il già ricordato Marsili, per esempio, è stato attivo da tempi più recenti e presenta coni e apparati satellitari lungo i fianchi. 
 
Una sua eruzione e un successivo collasso provocherebbero un vero disastro, tsunami di proporzioni gigantesche compreso. 
 
Controlli costanti 
Vale la pena di ricordare che si tratta di attività tenute sotto costante controllo scientifico, ma forse il dato più rilevante per gli italiani è scoprire che il fondo del mare non è piatto come si potrebbe immaginare, anzi: coni e crateri, edifici vulcanici, grandi trincee sottomarine, frane e resti di antiche attività sono la regola al fondo del Mar Tirreno, così come al fondo di tutti gli altri oceani del mondo. Le dorsali sottomarine della Terra costituiscono il più grande complesso vulcanico del nostro pianeta, lungo oltre 64 mila chilometri e costantemente attivo. Da quelle spaccature profonde nuove lave vengono emesse ogni giorno e lentamente allontanate verso i margini dei continenti sotto i quali sprofonderanno. Il Tirreno non è molto diverso da quegli oceani. Ma possiamo evitare di preoccuparcene quando facciamo il bagno. Per ora.

 Licenza Creative Commons
Alcuni diritti riservati.

Da - http://www.lastampa.it/2017/11/14/societa/negli-abissi-del-tirreno-scoperti-vulcani-sommersi-M0NPsNIgrLKofN8lMaDJVI/pagina.html
4187  Forum Pubblico / ARTE - Letteratura - Poesia - Teatro - Cinema e altre Muse. / Domenico Scarpa. Le molte vite di Primo Levi inserito:: Novembre 16, 2017, 09:17:15 pm
LETTERATURA

Le molte vite di Primo Levi

Di Domenico Scarpa
  08 novembre 2017

«E la tagliarono in dodici pessi - E il più lungo era lungo così». Pessi, con doppia esse: così bisognava cantare la tragedia di Ferrero Michele «che sua moglie, e da viva, masò». Era l’autunno del 1942, a Milano. I sette ragazzi e ragazze venuti ad abitare in un appartamento in via San Martino erano tutti ebrei (notare la dicitura «di razza ebraica» che sporge nel documento d’identità), e tutti venivano da Torino. Le canzoni che cantavano di sera le avevano imparate da amici valdesi; e il dottore in chimica pura Levi Primo, di anni ventitré, tecnico nelle industrie farmaceutiche Wander, aveva l’incarico di mimare il dettaglio più truce di quella storia.

Guardiamocelo un po’ per bene, nella caricatura disegnata da Eugenio Gentili Tedeschi. Magrissimo, la chioma frisée, il grugno e l’occhiolino da duro, le dita tese a forbice, un primolevi così non ce lo aspettavamo proprio. Ed è il Primo Levi che invece ci presenterà – per trecento e passa pagine, per quattrocento e rotti immagini a colori, per un numero non ben calcolato di testi suoi rari o inediti – l’Album Primo Levi che martedì 7 esce nella collana «Saggi» di Einaudi, a cura di Roberta Mori e di chi scrive. Ideato e realizzato dal Centro internazionale di studi Primo Levi di Torino (www.primolevi.it), l’Album è un prototipo editoriale, un volume di grande formato che non ha paragoni. Un libro che non somiglia a nessuna delle tante biografie per immagini disponibili sul mercato. Che non segue in maniera lineare la cronologia della vita di Levi, anche se sempre consentirà al lettore di orientarsi. Che non entra nelle vicende di Levi dal cancello di Auschwitz, benché al Lager dedichi la più folta delle sue sei sezioni. Che ha riservato un intero capitolo pittografico, realizzato da Yosuke Taki, al racconto «Carbonio». E che fin da questa anteprima ci presenta, con assonanze non solo fra le lettere iniziali, un Levi scalatore e scultore e scacchista.

L’Album, insomma, è un’opera informata e vivace che racconta la vita di Primo Levi dividendola in sei pessi: in sei sezioni tematiche, più un’appendice che ci presenta i suoi luoghi a Torino e nel Piemonte-Valle d’Aosta, più una essenziale cronologia illustrata. Il Levi sempre giovane e con chioma appena un po’ meno elettrica, seduto alla sua scrivania di direttore tecnico della fabbrica di vernici Siva di Settimo Torinese, poco prima della sua assunzione aveva scritto una lettera (che pubblichiamo qui a fianco) al direttore del mensile «La Chimica e l’Industria». Datata novembre 1947, inedita in volume, stesa poche settimane dopo la pubblicazione di Se questo è un uomo, essa descrive sotto il profilo tecnico la fabbrica di gomma sintetica impiantata in quel sottocampo di Auschwitz III-Monowitz dove Levi trascorse undici mesi. Questa lettera ci consente di osservare la Buna con occhi nuovi, come per una prima volta: e lo stesso avviene, nell’Album, con ciascuno dei reperti che scandiscono il suo itinerario molteplice, a cominciare dalle radici di Levi, dai suoi antenati ebrei piemontesi, dei quali si narra nel primo racconto del libro Il sistema periodico: spicca fra loro Nona Màlia, «che sopravvive in figura di agghindata minuscola ammaliatrice in alcune pose di studio eseguite verso il 1870, e come una vecchietta grinzosa, stizzosa, sciatta e favolosamente sorda nei miei ricordi d’infanzia più lontani». Qui la vediamo nella sua prima incarnazione.

Chi era Primo Levi? Che cosa è stato, prima e dopo e a prescindere da ciò che i nazisti gli hanno fatto? L’immagine della scacchiera appartenente alla famiglia Levi, con una partita già configurata, e lì accanto il classico manuale di Miliani sul giuoco degli scacchi, ci offre una chiave possibile. Leggiamo un brano verso la fine di La tregua, il libro del ritorno da Auschwitz. Siamo a Monaco, su suolo germanico, e il treno degli ex-deportati si ferma in quella stazione: «Ci sembrava di avere qualcosa da dire, enormi cose da dire, ad ogni singolo tedesco, e che ogni tedesco avesse da dirne a noi: sentivamo l’urgenza di tirare le somme, di domandare, spiegare e commentare, come i giocatori di scacchi al termine della partita».

Di generazione in generazione, racconta Levi, «ogni mio antenato ha insegnato le regole al figlio, lo ha vinto per qualche anno, poi ne ha tacitamente ammesso la superiorità». Sarà capitato lo stesso non troppi anni dopo che, nel 1959, venne scattata a Gressoney la foto inedita che ci mostra Levi con il suo secondogenito Renzo sopra le spalle. Il gioco, il laboratorio intellettuale del gioco, il «pensare con le mani», sono state le attività quotidiane e imprescindibili di uno scrittore che, di là dai temi gravi che tanto spesso affrontava, amò giocare con le parole – con i loro suoni, con le loro etimologie – e che curava il reciproco tenersi in esercizio fra gli organi di senso e il pensiero. Alla Siva, per trent’anni, Levi andò inventando e sperimentando vernici, soprattutto rivestimenti per cavi metallici. Anche gli scarti di produzione venivano buoni, per farci sculture di filo di rame intrecciato. Un altro sapere di famiglia si poteva tramandare: nel 1974, in Liguria, Levi sta insegnando a sua nipote Ada come s’intreccia il filo, e chissà se quell’«istrice spettinato» lo avranno fatto poi insieme.

È così, è in questi modi sorprendenti, che l’Album Primo Levi vuole mostrare ai lettori le molte vite di uno scrittore dai molti talenti: un Levi inaspettato, un Levi che amava la montagna e per il quale lo scalare le Grigne o il Disgrazia era trasgressione, cioè scuola di pericolo e di resistenza. Lo possiamo guardare così nell'ultima immagine. Val di Cogne, aprile 1940: Levi a vent'anni, sul tetto del rifugio «Vittorio Stella», a cavalcioni del camino. È un Levi attento, allenato, con lo sguardo panoramico e che si sta divertendo. È un Levi più vivo che mai.

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Da - http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2017-11-08/le-molte-vite-primo-levi--114223.shtml?uuid=AE1DPn0C
4188  Forum Pubblico / ARTE - Letteratura - Poesia - Teatro - Cinema e altre Muse. / Armando TORNO Illuministi sì, ma non troppo inserito:: Novembre 16, 2017, 09:16:12 pm
LETTERATURA

Illuministi sì, ma non troppo

Di Armando Torno
08 novembre 2017

In un’epoca come la nostra, ossessionata dai talk show con cotture di vivande e omelie di cuochi, solo qualche anima isolata ricorda Grimod de la Reynière, passato tra i più la notte di Natale del 1837, a 79 anni. Nel 1803 diede alle stampe il primo Almanach des Gourmands; dal 1808 un’altra opera da lui firmata, il Manuel des amphitryons, occuperà le bibliografie gastronomiche. Autore di trovate dai ricordi indelebili, fu l’inventore delle «colazioni filosofiche», iniziate nel 1784, due anni dopo i «pranzi del mercoledì». Era amante di fastosi ricevimenti e di scherzi memorabili (in uno dei suoi déjuners philosophiques fece mettere una bara accanto alla poltrona di ogni invitato); si notava inoltre per i panciotti, su cui faceva ricamare ritratti di membri della Comédie Française. Provocatore, ribelle, maestro riconosciuto del gusto, fu avvocato (mai chiese un onorario, come allora usava la nobiltà), infine venne radiato dalla categoria per un libello contro la sua classe sociale.

Ci è sembrato naturale leggere il nome di Grimod in un’opera che intende rivelare la faccia nascosta del periodo illuminista, negli anni che vanno dal 1715 al 1815: si tratta del Dictionnaire des anti-Lumières et des antiphilosophes. Impresa realizzata con poco meno di 300 articoli (o piccoli saggi) da una sessantina di studiosi sotto la direzione di Didier Masseau, non è una ricerca per riabilitare i codini o gli spiriti ostili ai Lumi. Desidera, piuttosto, redigere un inventario di coloro che per ragioni diverse si opposero all’Illuminismo e ai suoi filosofi. Un lavoro che si rivela prezioso anche per conoscere meglio il vasto movimento che si rispecchia nell’Encyclopédie di Diderot et d’Alembert: per cogliere altri aspetti oltre quelli ripetuti da tutti, per scoprirne le polemiche interne (ed esterne), per tentare un bilancio culturale più vero.

Le reazioni non furono soltanto banali o bigotte; non tutti allora credettero alle «magnifiche sorti e progressive», su cui ironizzerà anche Giacomo Leopardi. La qualifica di «reazionario» è figlia della Rivoluzione Francese - il vocabolo réactionnaire è modellato su révolutionnaire – e le opposizioni ai Lumi si fecero sentire subito, non attesero il lavoro della ghigliottina. Il Dictionnaire des anti-Lumières et des antiphilosophes ricorda che non mancò quella della poesia (fece rumore il poema La Religion di Louis Racine, uscito nel 1742), che sviluppò anche un genere satirico. Per fare un esempio, basterà ricordare l’opera rimata anonimamente da Claude-Marie Giraud che sollevò polvere e consensi. Si trattava di una lettera scritta dal diavolo al Patriarca dei Lumi: Épître du diable à Monsieur de Voltaire, editata nel 1760 “agli Inferi, dalla stamperia di Belzebù”. Circolavano inoltre rime facili contro i nuovi filosofi: una di esse giunse tradotta in Italia. Fu utilizzata ancora nell’Ottocento nelle scuole tenute dai gesuiti: «Sono un illuminista/ del bene e del male/ conosco la pista». Eccetera.

La poesia non restò isolata. Nel Dictionnaire diretto da Masseau un articolo è dedicato al romanzo «antifilosofico», che a volte nasce in ambiti graditi agli illuministi: tra i casi, oltre la fortuna settecentesca del cristianeggiante Le avventure di Telemaco di Fénelon (uscito nel 1699), c’è Julie ou la Nouvelle Héloïse di Rousseau del 1761, «una bomba per il mondo culturale» dei Lumi. D’altra parte, Voltaire non risparmiò insulti allo stesso Rousseau: se ne leggono di grevi ai margini delle pagine de Il contratto sociale posseduto dal Patriarca, oggi conservato nella Biblioteca nazionale della Federazione Russa di San Pietroburgo (sino al ’92 portava il nome di Saltykov-Ščedrin).

Non manca il teatro. Spicca la figura di Charles Palissot de Montenoy che nella commedia Les philosophes (1760) sceglie la satira «più amara, sanguinosa e crudele che mai sia stata autorizzata» (una voce del Dictionnaire è dedicata al caso). Tuttavia, Palissot de Montenoy, che nel 1757 aveva scritto anche il libro Petites lettres sur les grands philosophes contro Rousseau e illuministi vari, stimava Voltaire; anzi nel 1778 ne pubblicò un Elogio e ne curerà anche le opere. Diderot non lo sopportava e lo satireggiò ne Il nipote di Rameau.

Buona parte della reazione all’Illuminismo giunse dagli ambienti ecclesiastici. Per citare due personaggi, le cui opere tradotte circoleranno anche nel secolo successivo, ricordiamo l’abate François André Adrien Pluquet e il teologo e sacerdote Nicolas-Sylvestre Bergier. Il primo sarà protagonista di dibattiti per il monumentale Traité philosophique et politique sur le luxe (1786), nel quale analizza – prendendo a prestito idee dei filosofi in voga - gli effetti negativi del lusso. Pluquet utilizza le loro argomentazioni per rintuzzare il dilagante materialismo, cercando di indicare la soluzione nella morale evangelica che ammonisce contro una concezione terrena della felicità: la quale, d’altra parte, ha bisogno del lusso per manifestarsi. Al nome di Pluquet è legato anche un Dizionario delle eresie, che Huysmans pone nella biblioteca del suo eroe Durtal, in Là-bas (1891). Conosce in gioventù il vivace Fontenelle, che muore qualche giorno prima di compiere cent’anni nel 1757, riuscendo tuttavia a sussurrare a un’avvenente signora, incontrata verso lo scoccare del secolo: «Ah, madame, se avessi ottant’anni…». Pluquet frequenta Helvétius, Montesquieu; i padri dell’Encyclopédie gli chiedono di collaborare con articoli, Voltaire ne sfrutta il sapere (è il caso della voce «Destino» del Dizionario filosofico). Egli resta però un «apologeta virulento». Alla voce «Abelardo», nell’opera sulle eresie, per esempio, colpisce i philosophes suoi contemporanei. Citiamo dal primo volume della traduzione italiana, uscita a Venezia in seconda edizione nel 1771: «…la Filosofia non è contraria alla Religione, se non in bocca di quei Sofisti, che sono posseduti dalla mania di rendersi celebri, e che sono incapaci di profondare in cos’alcuna, che vogliono parlar di tutto, e dire in tutto cose nuove…».

Di Bergier, che morì nel 1790, si può dire che fu apologeta del cristianesimo e polemista contro Voltaire, Rousseau e il Sistema della natura di d’Holbach, opera pubblicata anonima e considerata la «Bibbia del materialismo». Confutatore del deismo, reca la sua firma un fortunato Dizionario di teologia. Il lavoro diretto da Didier Masseau dedica una voce oltre che al personaggio a quest’ultima sua impresa.

Impossibile illustrare nei dettagli il Dictionnaire des anti-Lumières et des antiphilosophes: vi troverete i nemici ma anche incertezze e mende dei protagonisti di quella rivoluzione culturale. C’è Chateaubriand o la corrente dell’Intégrisme catholique, si nota l’articolo Voltaire contre Voltaire (numerose furono le contraddizioni del Patriarca); ecco Robespierre con il discorso del 18 floreale dell’anno II (7 maggio 1794), ricco di allusioni contro i soliti Voltaire e Diderot, amici dei “despoti”, ovvero di Federico II di Prussia e della zarina Caterina II. Ovviamente ritroverete Louis de Bonald e Joseph de Maistre. Quest’ultimo, considerato da Baudelaire un maestro, nei suoi Mélanges osserva che la ragione «non genera che dispute, mentre l’uomo per comportarsi nel mondo non ha bisogno di problemi, bensì di ferme credenze».

Ritorniamo a Grimod de la Reynière, la cui reazione ai Lumi - se così è lecito definirla – si basava sul gusto. Un giorno del 1815 decise di ritirarsi nel castello di campagna, dove allestì congegni meccanici per banchetti e per ideare burle. Voleva andarsene da questo mondo ridendo, con un tocco di lieve crudeltà, sempre viva in lui. Forse anche per tale motivo teneva un maialino domestico: lo faceva sedere nel posto d’onore della tavola, rispettando le alte regole raccomandate dal galateo per l’ospite di riguardo.

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Da - http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2017-11-08/illuministi-si-ma-non-troppo-113908.shtml?uuid=AE4oKf0C
4189  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / CARMELO LOPAPA L'eterna maledizione dei presidenti "contro". inserito:: Novembre 16, 2017, 09:14:29 pm
L'eterna maledizione dei presidenti "contro".
Da Pivetti a Bertinotti, da Casini a Fini. Ma il tandem Camera-Senato è senza precedenti
La rottura della seconda e terza carica dello Stato, Grasso e Boldrini, è solo l'ultima di una serie.
Crisi di governo e leadership ombra delle spine nel fianco dei premier nell'ultimo quarto di secolo

Di CARMELO LOPAPA
15 novembre 2017

ROMA - L'hanno battezzata - e non da ora - la "maledizione" dei presidenti della Camera. La saga ormai piuttosto prolungata del capocondomino di Montecitorio che si trasforma mese dopo mese, anno dopo anno, nella spina nel fianco ora del presidente del Consiglio ora del capo della maggioranza che li ha eletti allo scranno più alto di quel ramo del Parlamento. Laura Boldrini e la sua presa di distanza (per usare un eufemismo) da Matteo Renzi segretario Pd e dalle politiche del governo Gentiloni in questo caso non farebbe eccezione. A farla, in questa legislatura, è il collega dell'altro ramo, Piero Grasso, con lo strappo e l'uscita dal Pd: nell'ultimo quarto di secolo non si era mai visto il tandem dei vertici di Camera e Senato procedere compatto in direzione contraria. Quasi sempre, il partito del quale il presidente è espressione si rende artefice della crisi del governo in carica. Se in questo caso non accadrà è solo perché della diciassettesima legislatura si contano ormai solo i giorni. Se c'è stata una eccezione vera, nel tempo, è stata quella di Luciano Violante.

I DILEMMI DELLA PIVETTI
L'eterna maledizione dei presidenti "contro". Da Pivetti a Bertinotti, da Casini a Fini. Ma il tandem Camera-Senato è senza precedenti
Autunno 1994, una giovanissima e allora sconosciuta Irene Pivetti si ritrova alla presidenza di Montecitorio nei giorni in cui la sua Lega Nord decide di staccare la spina al primo governo di Silvio Berlusconi, sei mesi dopo la sua nascita. L'avviso di garanzia al premier durante il vertice internazionale di Napoli, la scelta di Umberto Bossi di rompere. Il Senatur chiede proprio a lei una "copertura politica" della frattura. Cosa "che io non avrei potuto garantirgli, proprio per il mio ruolo", rivelerà Pivetti anni dopo. L'esecutivo cade, lei resta alla presidenza per i restanti due anni della legislatura, che si chiuderà nel 1996.

I FIORETTI DI CASINI
L'eterna maledizione dei presidenti "contro". Da Pivetti a Bertinotti, da Casini a Fini. Ma il tandem Camera-Senato è senza precedenti
Devono trascorrere tuttavia parecchi anni prima che i presidenti delle Camere assurgano al ruolo di protagonisti e soggetti attivi della vita politica. Legislatura 2001-2006, l'Udc di Pier Ferdinando Casini e Marco Follini diventa sempre più il grillo parlante detestato da Silvio Berlusconi e dal suo governo, che sembra non avere e non temere avversari in quegli anni. Missione in Afghanistan, indulto, le scintille si sprecano e diventano quotidiane. "L'Udc sta facendo molti errori. Casini? Non sa dove andare, si trova in mezzo al guado", attacca l'inquilino di Palazzo Chigi. E il presidente della Camera: "Ho fatto un fioretto, fino alle elezioni non polemizzo più con Berlusconi". Ma è un bluff. "Seguo la mia strada, se lo incontro bene, altrimenti è lo stesso", rincara poco dopo. La richiesta di discontinuità dei centristi si fa sempre più pressante, finché Berlusconi non è costretto a dar vita all'edizione bis del suo governo. Resta celebre la citazione evangelica di Casini: "Mi hanno chiesto un consiglio, ma può un cieco guidare un altro cieco senza che finiscano tutti e due nel burrone?"

BERTINOTTI E IL BRODINO
L'eterna maledizione dei presidenti "contro". Da Pivetti a Bertinotti, da Casini a Fini. Ma il tandem Camera-Senato è senza precedenti
Durerà solo 24 mesi, ma la legislatura 2006-2008 farà scuola, quanto a "frontali" tra il presidente della Camera (allora Fausto Bertinotti di Rifondazione comunista) e il premier (Romano Prodi). Spettatore silente e affranto il collega al Senato, Franco Marini. Bertinotti non lesina affondi quotidiani al Professore, paragonato a Vincenzo Cardarelli, "il più grande poeta morente". Quando a fine 2007 il destino appare ormai segnato e il governo supera di poco la soglia di maggioranza al Senato nell'ennesima votazione al cardiopalma, il bacchettatore Bertinotti non fa salti di gioia: "Il malato ha preso un brodino". E' l'annuncio della crisi, che il leader rifondarolo può sancire il 4 dicembre di quell'anno: "Il progetto di governo è fallito". Anche se poi sarà cura del Guardasigilli Clemente Mastella, dopo l'inchiesta che tocca la sua famiglia, a sancire la fine dei giochi e aprire la strada al ritorno di Berlusconi.

FINI E IL "CHE FAI MI CACCI"
L'eterna maledizione dei presidenti "contro". Da Pivetti a Bertinotti, da Casini a Fini. Ma il tandem Camera-Senato è senza precedenti
Legislatura 2008-2013, Gianfranco Fini è il presidente della Camera eletto dalla maggioranza del Pdl guidata dal Cavaliere tornato per la terza volta a Palazzo Chigi. L'ex fondatore di An diventa il leader della minoranza interna della coalizione, in un'escalation di contestazioni e prese di distanza che lievita con la crisi economica che attanaglia il Paese. Il punto di rottura si consuma nella celebre direzione del partito del 22 aprile 2010. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi non ne può più e sbotta contro la terza carica dello Stato: "Se vuole fare delle dichiarazioni politiche, prima si dimetta dalla presidenza della Camera", lo sfida dalla tribuna dell'Auditorium della Conciliazione a Roma. Gianfranco Fini siede in prima fila e fa un salto sulla poltrona: "Altrimenti che fai, mi cacci?" Da allora lo scontro si spinge fino alla scissione, alla nascita di Fli e alla crisi di governo del novembre 2012.

BOLDRINI, GRASSO E "L'UOMO SOLO AL COMANDO"
Ancora una volta, quando si intravede la linea del traguardo della legislatura i solchi tra Montecitorio e Palazzo Chigi (e Nazareno) si fanno voragini. Ma già il 21 febbraio 2015 ad Ancona la presidente della Camera Laura Boldrini attacca l'allora premier Matteo Renzi nel pieno dei suoi poteri, pur senza mai citarlo: "L'idea di avere un uomo solo al potere, contro tutti e in barba a tutto, a me non piace". Su Jobs Act e Rai maturano via via le differenze, fino alla riforma costituzionale cancellata dal referendum. "Difendere l'aula è il mio primo dovere" controbatte Boldrini a Renzi che nel frattempo la accusa di "uscire dal perimetro istituzionale". Ma poche settimane fa è stata l'uscita del presidente del Senato Piero Grasso dal Pd, partito nel quale la seconda carica dello Stato militava, a fare più rumore. E' il "passaggio all'opposizione senza precedenti" dei due presidenti, contestano i dem, votati a future leadership. Ma questa, è storia di questi giorni. 
 
© Riproduzione riservata 15 novembre 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/11/15/news/l_eterna_maledizione_dei_presidenti_contro_da_pivetti_a_bertinotti_da_casini_a_fini_ma_il_tandem_camera-senato_senza_pr-181150772/?ref=RHPPLF-BL-I0-C8-P1-S2.5-T1
4190  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / Giulia Santerini ONU, 'disumana' collaborazione Ue-Libia, Bonino: "Meno arrivi, inserito:: Novembre 16, 2017, 09:13:05 pm
14 NOVEMBRE 2017

Onu, 'disumana' collaborazione Ue-Libia, Bonino: "Meno arrivi, più morti nei lager libici e in mare"
"Stupri, botte, cibo immangiabile. Gli osservatori dell'Onu registrano condizioni di vita disumane nei cosiddetti centri di detenzione, una vergogna". Emma Bonino parla dei rapporti dai 4 centri visitabili di Tripoli, più altre informazioni che arrivano dal sud della Libia. "Non avevo le traveggole quando denunciavo due mesi fa". La leader storica dei Radicali, già ministra degli Esteri e commissaria Ue non ha dubbi: "Se ne sbarcano meno, molti di più sono tenuti in queste condizioni nei lager in Libia e possono perdere la vita in 'incidenti' in mare". Che fare? "Bisogna aprire dei canali legali per migranti e rifugiati. Molti invece hanno applaudito la politica dei respingimenti per anni". E a molti è piaciuto l'accordo "tappo" - così l'ha definito Bonino - con il presidente libico Serraj del ministro dell'Interno Minniti questa estate. "Non vedo il desiderio del governo di cambiare l'accordo. La Direzione Pd di ieri conferma la linea disumana tenuta finora". I Radicali sostengono "Ero Straniero. L'umanità fa bene", la legge di iniziativa popolare per il superamento della Bossi-Fini.

Intervista di Giulia Santerini

Da - https://video.repubblica.it/cronaca/onu-disumana-collaborazione-ue-libia-bonino-meno-arrivi-piu-morti-nei-lager-libici-e-in-mare/289659/290278?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P5-S2.4-T1

4191  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / JACOPO IACOBONI. - Dal web spariscono post della propaganda grillina a favore... inserito:: Novembre 16, 2017, 09:10:50 pm
Dal web spariscono post della propaganda grillina a favore di Putin e anti-vax

Così la rete pro M5S sta mischiando le carte. Svaniscono pagine di siti o di gruppi Facebook, o sono spostati in siti più defilati i testi più imbarazzanti o apertamente falsi

Pubblicato il 14/11/2017

JACOPO IACOBONI

Con regolarità inquietante stanno sparendo, dai siti della rete pro M5S (a volte siti ufficiali della Casaleggio, altre volte siti non ufficiali simpatizzanti) pagine, post, video che hanno rappresentato contenuti fondamentali della propaganda pro Putin, o no vax, apparsa nel mondo grillino nel biennio cruciale 2015-2017. Perché questi testi o video adesso scompaiono, risultando assai spesso non accessibili? 
 
Ne abbiamo scoperti e testati numerosi, con aiuto diffuso anche da utenti sui social network, per giorni e giorni: e questi sono i risultati al momento in cui scriviamo (tutto è sempre possibile, dopo: anche che riappaiano). Proviamo a indicarne alcuni. Su La Fucina - sito registrato dalla Casaleggio il 25 luglio 2013, che ha come admin Davide Casaleggio - compariva fino all’inizio di quest’estate un post più video antivaccinista che fu viralissimo, dal titolo: «Vaccini, è scesa la censura». Nel video il medico Giuseppe Di Bella attacca: «Si sono lamentati perché in Italia fanno pochi vaccini, però non hanno considerato la quantità documentatissima di danni gravissimi, di bambini autistici, di cui non bisogna parlare. Se c’è lo choc immunitario dei vaccini polivalenti, addirittura sei in una volta, per bambini piccoli, piccolissimi, ecco, non se ne deve parlare».
 
LEGGI ANCHE - Di Maio vola a Washington: “Fedeli agli Usa, non a Mosca” (I. Lombardo) 
 
Beppe Grillo a maggio polemizzò ferocemente col New York Times che aveva criticato il Movimento per la propaganda antivaccinista in un articOlo dal titolo “Populismo, politica e morbillo”. Grillo gridò che a sostegno dell’accusa «non c’è nulla, neppure un link, un riferimento, una dichiarazione. Nulla». In realtà i link furono prodotti. Anche La Stampa ne offrì numerosi. Il fatto è che alcuni poi spariscono: per esempio la pagina citata della Fucina, che correla vaccini e autismo (indirizzo originario: http://www.lafucina.it/2015/03/16/medico-e-paziente/). La possiamo tuttavia mostrare grazie a webarchive.org, a una serie di screenshoot, e avevamo scaricato il video.
 
Altro esempio, utile a capire anche alcune dinamiche: una pagina facebook seguitissima (piace a 494 mila persone), Silenzi e falsità dei media italiani, legata all’omonimo sito di cui risulta admin Marcello Dettori (Pietro Dettori, ex social media manager alla Casaleggio, è oggi responsabile editoriale dell’Associazione Rousseau), embedda un video con il logo della Cosa, canale “goviral”. Si tratta di un canale virale della tv del blog di Grillo, con un piccolissimo disclaimer che ne indica la natura teoricamente satirica. Tuttavia quei video, caricati su altri siti, divengono virali in una rete su Facebook dove il disclaimer non c’è più. E girano contenuti di questo tenore: «Putin salva migliaia di operai tirando fuori gli attributi». Il video si riferisce a Putin che ordina in malo modo ai dirigenti di una fabbrica di pagare gli stipendi arretrati ai poveri operai ridotti alla fame. La fabbrica chiuderà di lì a poco, ma questo non viene detto. Il video, reso virale tramite il canale facebook di Silenzi e falsità, non è più accessibile al momento in cui scriviamo (e da vari giorni) da quel canale, dopo che La Stampa ne ha scritto (compare ancora invece dalla pagina Facebook di Tze Tze).
 
Risulta inaccessibile, da La Fucina, un link storico (http://www.lafucina.it/2014/07/29/pilota sparato-aereo malese/) della propaganda pro Putin in Italia, la cui sparizione ci viene segnalata dal debunker David Puente. Il volo MH17 della Malaysia airline si schiantò in Ucraina il 17 luglio 2014. La information war russa impiantò notizie fabbricate in vari luoghi, accusando gli ucraini. Uscì un’intervista, poi smontata, a un pilota ucraino che diceva di aver sparato, e era ripresa da un sito alternativo di destra tedesco, spesso all’origine di contenuti falsi. Divenne un titolo della Fucina: «Il pilota ucraino che confessa di aver sparato sull’aereo malese». Oggi la pagina è sparita.
 
Sul blog di Grillo, a dicembre 2014 apparvero un testo di Manlio Di Stefano e un video apologetico di Putin che dice «vogliono incatenare l’orso russo». Il video reca da settimane il messaggio «Error loading player: No playable sources found» (sia da Chrome, sia da Explorer, sia da Mo zilla/Firefox). Sappiamo però che era un video de La Cosa (la tv ufficiale del blog di Grillo) perché resta embeddato (continua dunque il caricamento pubblicitario) in un altro sito della galassia grillina, defilato, rispetto al blog di Grillo. Pagine vanno, pagine vengono, video appaiono, video spariscono, poi magari ricompaiono, più periferici. Putin, come la militante grillina dissidente Stefania Batzella, viene sbianchettato dalla foto di famiglia in un interno.

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Da - http://www.lastampa.it/2017/11/14/italia/cronache/dal-web-spariscono-post-della-propaganda-grillina-a-favore-di-putin-e-antivax-KjTwXA1HdeszeQsgFdLlHN/pagina.html

4192  Forum Pubblico / NOI CITTADINI, per Civismo, Conoscenza e Consapevolezza. / ggiannig - CAOS aumentato, in questa campagna elettorale! inserito:: Novembre 16, 2017, 09:09:21 pm
CAOS aumentato, in questa campagna elettorale!

La fauna politica (vecchia e nuova) si propone con vecchi canovacci appena abbozzati e controfirmati da una miriade di nullità, che ambiscono al posto a tavola.

La Politica non ha ancora capito (meglio fa finta di non capire) che i partitini, le coalizion-cine-malsane rette da leader-ini da condominio, e le interviste taroccate diffuse in TV, da tempo stanno sui "testicoli" del 50% degli Italiani normali (compreso metaforicamente le Signore).

Il “CentroSinistra” (da tempo citato a sproposito) deve proporci semplicemente un Progetto Quinquennale per il Governo del Paese. E deve indicarci semplicemente con “chi” si prende la RESPONSABILITÀ' DI REALIZZARLO.

Alle prossime politiche lo deve proporre per la nostra approvazione (se ce la fa)!
Stop.

ggiannig
http://forum.laudellulivo.org/
4193  Forum Pubblico / ECONOMIA e POLITICA, ma con PROGETTI da Realizzare. / Antonio Nasso. Bertinotti, tra comunismo, papa Francesco e lavori di casa: ... inserito:: Novembre 16, 2017, 09:05:51 pm
14 NOVEMBRE 2017

Bertinotti, tra comunismo, papa Francesco e lavori di casa: ''La proprietà privata? Va superata''

Con l'intervista a Fausto Bertinotti prosegue "Seconda repubblica", rubrica video in cui i protagonisti della politica anni '90 si raccontano.
Fausto Bertinotti è stato uno degli esponenti più importanti della sinistra italiana della Seconda Repubblica. Leader di Rifondazione Comunista dal 1994 al 2006 e presidente della Camera dal 2006 al 2008, è stato per anni l'alleato scomodo del centrosinistra ed è ancora oggi il principale sospettato per la caduta del primo governo Prodi nel 1998 e il politico che vanta il record di presenze in TV a "Porta a porta". "Mi considero ancora comunista e credo che la proprietà privata vada superata. Oggi papa Francesco è più di sinistra dei leader politici europei", racconta Bertinotti per spiegare il suo recente avvicinamento alle idee di Bergoglio. E a chi gli rimprovera la fallimentare campagna elettorale del 2008 con la Sinistra Arcobaleno, risponde: "Era purtroppo un accrocchio inevitabile, ma abbiamo sbagliato a farci vedere in un luogo simbolo del consumismo americano come l'"Hard Rock Café": è stato un errore di comunicazione"

Seconda repubblica
Di Antonio Nasso

Da - https://video.repubblica.it/rubriche/seconda-repubblica/bertinotti-tra-comunismo-papa-francesco-e-lavori-di-casa--la-proprieta-privata-va-superata/289521/290133?ref=RHPPBT-BS-I0-C4-P6-S1.4-T1

4194  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / Angela Mauro Matteo Renzi si riprende ancora il Pd: rilancia la coalizione ... inserito:: Novembre 16, 2017, 09:02:22 pm
POLITICA

Matteo Renzi si riprende ancora il Pd: rilancia la coalizione (contro Berlusconi) e incassa il sì di Emiliano, l'astensione di Orlando
A Fassino il mandato per trattare ma il vero obiettivo del leader Dem è ottenere una lista di Pisapia alleata del Pd e spaccare così Mdp

13/11/2017 20:54 CET | Aggiornato 15 ore fa

Angela Mauro
Special correspondent for European affairs and political editor - Huffpost Italy

Le divisioni della vigilia si sciolgono in nemmeno quattro ore di direzione nazionale al Nazareno: Matteo Renzi si riprende ancora una volta il Pd. Quando la sua relazione che rilancia la coalizione di centrosinistra viene messa ai voti, Michele Emiliano dice sì, Andrea Orlando e i suoi si astengono, chiedono passi concreti, ma rinunciano a mettere ai voti il loro documento. Persino Enrico Letta apprezza. Miracolo.

L'ex premier, che Renzi nel 2014 accompagnò all'uscita di Palazzo Chigi, fa questo ragionamento: "Gli appelli all'unità e anche le aperture di oggi di Renzi sono sicuramente positivi, ma auspico che il Pd faccia anche proposte concrete per andare davvero in questa direzione. Ritengo che si debba dare sostanza a questa apertura con proposte concrete con le quali confrontarsi e anche io mi unisco agli appelli di Veltroni e Prodi per scongiurare il rischio che si verifichi anche a livello nazionale ciò che è accaduto in Sicilia".

Sembra una specie di 'punto e a capo' nel dibattito sulle alleanze di centrosinistra per il voto di primavera. Lo è: le regionali in Sicilia le ha vinte la coalizione di centrodestra. Quanto basta per far sparire dal discorso di Renzi i riferimenti al M5s. L'avversario diventa Silvio Berlusconi, ancora oggi leader di quello schieramento di moderati che Renzi in origine pensava di conquistare.

"La sfida del futuro è una pagina bianca: o la scrive il Pd o il centrodestra", sono le parole del segretario del Pd. Perché il rischio, dice, è che sia proprio "Berlusconi a ritornare lì da dove è uscito 6 anni fa", "dobbiamo tenere il fronte aperto con l'ala moderata e centrista: non devono essere risucchiati da Berlusconi".

L'appello all'unità parte da qui. Il mandato per trattare con gli alleati Renzi lo assegna a Piero Fassino, sconfitto dal M5s alle ultime amministrative a Torino, certo, ma pur sempre leader della vecchia guardia del Pd, ex compagno della 'Ditta' di Bersani. Quanto meno li metterà in difficoltà, è il ragionamento che fanno al quartier generale del segretario Dem. E l'ex sindaco di Torino Fassino si sta già organizzando un calendario di incontri. Vuole aprire un confronto anche sul Jobs Act, legge tanto contestata a sinistra quanto rivendicata da Renzi. Ma anche su questo Fassino ha il mandato di trattare per individuare misure che favoriscano la stabilizzazione dei contratti a tempo determinato creati con il Jobs Act. E anche: misure sociali che ricuciano ferite aperte dalla crisi, un piano straordinario per i giovani con investimenti sulla scuola, formazione, lavoro. In ogni caso, sarà lo stesso confronto a determinare le priorità, confida Fassino.

"Nei primi anni, con incentivi in atto, il Jobs act ha creato più posti di lavoro a tempo indeterminato. Ora siamo più disponibili ad una lotta ulteriore al precariato", dice Renzi parlando ad una direzione Dem che sembra quella delle grandi occasioni. In effetti è una delle ultime di questa legislatura. La sala del Nazareno è affollatissima. Presenze massicce anche dal governo: Gentiloni, Minniti, Lotti, Boschi, Finocchiaro, Franceschini.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2017/11/13/matteo-renzi-si-riprende-ancora-il-pd-rilancia-la-coalizione-contro-berlusconi-e-incassa-il-si-di-emiliano-lastensione-di-orlando_a_23275749/?utm_hp_ref=it-homepage
4195  Forum Pubblico / ESTERO fino al 18 agosto 2022. / GIORDANO STABILE. Il Kurdistan verso la rinuncia all'indipendenza inserito:: Novembre 16, 2017, 09:00:20 pm
Il Kurdistan verso la rinuncia all'indipendenza
Il governo di Erbil accetta la sentenza della Corte suprema: referendum illegale

Pubblicato il 14/11/2017 - Ultima modifica il 15/11/2017 alle ore 07:38

Giordano Stabile

Il governo regionale del Kurdistan iracheno fa un passo decisivo verso la rinuncia all’indipendenza. In un comunicato ufficiale le autorità di Erbil riconoscono la sentenza dell’Alta corte suprema che aveva giudicato il referendum illegale sulle base dell’Articolo 1 della Costituzione.

Secessione vietata 
I curdi avevano in un primo momento contestato l’interpretazione dato dalla Corte all’Articolo 1, che garantisce “l’unità dell’Iraq”. Ora invece accettano il fatto che la Carta fondamentale impedisce “la secessione di ogni parte dell’Iraq”, compresa la Regione autonoma del Kurdistan.

 La battaglia per Kiruk 
La rinuncia all’indipendenza è il primo punto delle richieste del premier iracheno Haider al-Abadi nelle trattative per risolvere la crisi cominciata dopo il voto del 25 settembre, e che hanno portato allo scontro fra le forze armate curde, i Peshmerga, e l’esercito federale, appoggiato dalle milizie sciite.

Blocco totale 
Lo scorso 18 ottobre Baghdad ha riconquistato Kirkuk e gran parte dei “territori contesi” fra la Regione autonoma e il governo federale, compresa la Piana di Ninive, abitata in maggioranza da cristiani, a Nord di Mosul. Ma il governo di Al-Abadi chiede anche il controllo di tutti i posti di frontiera, degli aeroporti (sottoposti a un blocco) e delle esportazioni di petrolio verso la Turchia.

Il premier Al-Abadi 
Al-Abadi ha accolto “positivamente” la decisione di Erbil di accettare la sentenza dell’Alta corte. Il premier ha già incassato le dimissioni del presidente curdo Massoud Barzani, artefice della marcia verso l’indipendenza culminata con il referendum del 25 settembre. Ora può trattare da una posizione di forza la resa totale del Kurdistan alle sue condizioni.

Usa e Ue 
Barzani aveva deciso di indire il referendum nonostante il parere contrario dei suoi principali alleati internazionali, Usa e Ue. Sia Washington che Bruxelles ha tenuto una posizione “neutrale” durante lo scontro con Baghdad. Senza appoggi internazionali il Kurdistan ora si è reso conto che la scommessa di Barzani non era destinata al successo e ha cominciato la ritirata.

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Da - http://www.lastampa.it/2017/11/14/esteri/il-kurdistan-verso-la-rinuncia-allindipendenza-IwYm5b7V8kA1Wf3sPhzfZK/pagina.html
4196  Forum Pubblico / ITALIA VALORI e DISVALORI / ETTORE LIVINI. Berlusconi torna alle origini: nel verde di Milano 4 il nuovo... inserito:: Novembre 16, 2017, 08:58:27 pm
Berlusconi torna alle origini: nel verde di Milano 4 il nuovo sogno del mattone
Il Cavaliere ridiventa costruttore e lancia nel comune di Basiglio un progetto gemello a quelli che lo hanno fatto diventare famoso.
Un investimento da 200 milioni per un quartiere modello, ricco di parchi e aree sportive

Di ETTORE LIVINI
13 Novembre 2017

Il primo amore non si scorda mai. E Silvio Berlusconi - orfano del Milan, incandidabile alle elezioni, con le tv assediate dai francesi - prova a ripartire da dove era iniziato tutto: il mattone. L'offensiva immobiliarista dell'ex-Cav viaggia per ora un po' sottotraccia, ma la direzione è chiara: il cartello "Vendesi" è stata tolto dal portone di buona parte di case e ville di famiglia. Non solo. Il patrimonio di appartamenti e uffici di Arcore è stato arricchito con qualche nuova acquisizione mirata. E ruspe e gru con l'inconfondibile marchio del Biscione sono pronte a rimettersi in marcia per costruire il nuovo sogno di Milano 4 - una speculazione da 200 milioni a Basiglio "benedetta" dalla Regione Lombardia di Roberto Maroni - e per tornare a edificare villette, un altro dejà vu, in terra di Brianza.

Il ritorno alle origini del Berlusconi "palazzinaro" ha due spiegazioni: la prima e che nel settore, salvo qualche piccolo passaggio a vuoto, il leader di Forza Italia ha sempre dimostrato un certo fiuto. La prima pietra del suo impero imprenditoriale l'ha posata con l'Edilnord negli anni '70 a Segrate, costruendo dal nulla Milano 2. La tv via cavo nata tra quei condomini (allora si chiamava Tele Milano 58) è stata l'incubatore da cui è nato Canale 5 e da cui è partita la rivoluzione dell'etere che ha cambiato l'industria - e la politica - italiana. Facendo di Silvio il 199esimo uomo più ricco del pianeta con un patrimonio di 4 miliardi.

La seconda ragione del revival immobiliare è l'austerity imposta da Marina a Fininvest. La primogenita del premier - stanca di usare i pochi utili spremuti da Mediaset, Mediolanum e Mondadori per finanziare il Milan, gli aerei privati, i golf, le sale cinematografiche e gli altri sfizi di papà - ha messo a dieta il Biscione.

Imponendo la cessione dei rossoneri, dello yacht da 48 metri Morning Glory e di un paio di jet e traghettando il business del mattone dall'era sfarzosa (e in profondo rosso) delle ville principesche da mille e una notte al "vecchio amore" dei condomini e dei quartieri residenziali, il core-business su cui Arcore ha costruito le sue fortune. Il patrimonio di partenza, ovviamente, è di tutto rispetto. Quantificare il valore delle proprietà immobiliari dell'ex-premier non è facile, anche perché appartamenti, box, stalle, boschi e palazzi sono seminati in ordine sparso in varie società a tutti i livelli della catena societaria del Biscione. Solo la sfarzosa Villa Certosa in Sardegna però - custodita in portafoglio direttamente da Silvio tramite l'Immobiliare Idra - vale circa 450 milioni, vulcano e parco dei cactus compresi. O perlomeno a questo prezzo è stata messa sul mercato (e poi tolta). Fininvest gestione servizi, la cassaforte immobiliare di via Paleocapa, valuta i suoi beni 134 milioni.

Ma si tratta di una stima di molto sottovalutata visto che nel lungo elenco di proprietà della società ci sono Villa Gernetto a Lesmo -35 ettari di bosco e 20mila metri quadrati di saloni e camere di lusso arredati con statue del Canova destinati a diventare sede della mai nata Università del pensiero liberale -90 vani in pieno centro a Milano tra Via Santa Radegonda e via Agnello, campi e fattorie nel livornese e diversi appartamenti a Roma. Un portafoglio a cinque stelle al quale nel tempo si sono aggiunte le proprietà sui laghi lombardi, Villa San Martino, 134 vani in Costa Smeralda e altre residenze in Costa Turchese, case qua e là per la Brianza e in area "Olgettine", Villa Giambelli a Rogoredo - indirizzo ufficiale della "first lady" Francesca Pascale - e diversi cinema tra Milano e Roma. Valore totale, dicono gli immobiliaristi, non troppo lontano da un miliardo di euro. Questo tesoretto - visto con gli occhi della spending review di Marina - ha un difetto di fondo: è una fonte di costo e non di profitto. Gli affitti non rendono abbastanza. Villa Gernetto, dopo un tentativo di vendita, è stata messa a reddito affittandola per eventi, ultimo in ordine di tempo la festa di Swarosky con Andrea Boccelli, Naomi Campbell e Boy George. Ma per ora viaggia ancora in rosso.

Da qualche tempo è scattata così la fase numero tre dell'epopea immobiliare di Arcore con una parola d'ordine chiara: il ritorno all'antico. Ovvero alla costruzione da zero di edifici residenziali. Valorizzando i terreni (magari con un aiutino della politica, come successo a Basiglio), edificando i palazzi e poi vendendoli senza tenersi in tasca proprietà e rischio. Le compravendite su beni esistenti, a giudicare dalle ultime effettuate, valgono solo per buone cause. Un esempio? La casa ad Albano Laziale comprata per Mariano Apicella, il musicista delle "cene eleganti" ad Arcore, testimone del processo Ruby ter. Oppure l'acquisto di un appartamento in via delle Zoccolette a Roma, due passi da Campo dei Fiori. Il venditore in questo caso è Carlo Maria Berruti, ex-uomo Edilnord e consulente Fininvest, deputato di Forza Italia coinvolto (e uscito) da alcune delle traversie giudiziarie del suo datori di lavoro.

A muovere per prima gru e ruspe con obiettivi ambiziosi è in questo momento proprio la Fininvest: la cassaforte di Silvio Berlusconi ha rilevato nel 2016 per 14,5 milioni il 49% della Immobiliare Leonardo dal fratello Paolo. Dentro questa scatola societaria ci sono 200mila metri quadrati di terreni ai margini di Basiglio (che grazie a Milano 3 - altro piccolo orgoglio di famiglia - è oggi il Comune più ricco d'Italia) e le autorizzazioni alla costruzione di una decina di palazzi destinati a ospitare 1.200 persone. La giunta "verde" di Basiglio ha provato a mettersi di traverso. Ma le leggi regionali - e l'ok della precedente amministrazione di centrodestra - hanno spianato la strada al Biscione. Maroni, di fronte alle resistenze del municipio, ha nominato un commissario ad acta per dirimere le questioni. E in due mesi, con una celerità inattesa, è stata firmata la convenzione che darà a breve il via ai lavori. Le proteste dei cittadini e degli esponenti del Parco sud, una delle poche aree verdi attorno a Milano, sono servite a poco. Anzi, in queste settimane l'Immobiliare Leonardo starebbe spingendo per ottenere l'ok a un collegamento stradale con la statale dei Giovi, tagliando in mezzo ad altre aree verdi.

L'altro blitz del nuovo Berlusconi in versione palazzinaro è iniziato a Merate in Brianza dove l'archistar Mario Botta ha operato un intervento su Cascina Vedu che ha colpito l'ex-Cav. A fargli da spalla imprenditoriale però è in questo caso Ivo Maria Redaelli, immobiliarista, vecchio sodale di Silvio cui ha dato una mano a trovare un tetto alle "Olgettine" e che ha disinnescato molte delle loro potenziali accuse in occasione del processo Ruby-ter a Milano, dove ha deposto come testimone. I due hanno avviato assieme Brianzadue, partecipata al 40% da una holding personale dell'ex-premier. Sotto il cappello di questa nuova realtà sono già stati sistemati terreni per un valore di circa 3 milioni proprio a Cascina Vedu. Ma sarebbe solo l'inizio in vista di operazioni edilizie più importanti da sviluppare in zona. "Sto meditando di tornare al mio primo amore, cioè al settore immobiliare, alle costruzioni e alle ristrutturazioni - ha detto Berlusconi durante una visita nei cantieri, confermando l'ennesima svolta imprenditoriale - . Mi ha contagiato il mio amico Redaelli che sta realizzando alcuni palazzi in zona". E cui erano rimaste sul groppone - dicono le malelingue in zona - alcune proprietà invendute.

© Riproduzione riservata13 Novembre 2017

Da - http://www.repubblica.it/economia/affari-e-finanza/2017/11/13/news/berlusconi_torna_alle_origini_nel_verde_di_milano_4_il_nuovo_sogno_del_mattone-180952038/?ref=RHPPBT-VE-I0-C6-P10-S1.6-T1
4197  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / EUGENIO SCALFARI. Gli uomini democratici debbono ricostruire la sinistra. inserito:: Novembre 16, 2017, 08:56:50 pm
I democratici e la sinistra

Gli uomini democratici debbono ricostruire la sinistra.
Stiamo andando incontro all’ingovernabilità.
Le alleanze saranno indispensabili dalla sinistra al centro

Di EUGENIO SCALFARI
14 novembre 2017

Se dobbiamo dare un giudizio su quanto è avvenuto nella direzione del Pd convocata dal segretario di quel partito, mi avvarrò per cominciare di un sintetico scritto di de Maistre che nel suo libro Mélanges, considerato un capolavoro da Baudelaire, dice: «La ragione non genera che dispute, mentre l’uomo per comportarsi bene nel mondo non ha bisogno di problemi bensì di ferme credenze».

Applico questa massima a quanto è accaduto nella direzione del Pd: il discorso di Renzi l’ha seguita e le sue «ferme credenze» sono state queste.
1. Nella situazione attuale occorre che tutta la sinistra sia unita e chi è uscito dal partito rientri.
2. Non parliamo di quanto è accaduto negli anni precedenti.

Allora il partito era unito e ciascuno democraticamente esponeva le sue opinioni e i suoi dissensi; la maggioranza sosteneva il presidente del Consiglio e capo del partito e la minoranza esercitava un compito importante e utile, del quale ho sempre tenuto conto nei limiti del possibile.

3. Se in un momento difficile i dirigenti ritornano, compiranno un atto molto utile non solo per il partito ma per l’Italia e anche perfino per l’Europa.
4. Dal loro rientro in poi discuteremo insieme la linea futura, la campagna elettorale che condurremo nei prossimi mesi, quello che nel frattempo faremo e diremo.
5. Non ci chiedano però l’abiura rispetto a quello che abbiamo fatto finora. Avremo pur compiuto qualche errore perché la perfezione non esiste nel mondo, ma sono stati errori marginali. Comunque d’ora in avanti discuteremo la linea e l’attueremo insieme.

La notizia che fuori discorso Renzi ha dato è una sua dimostrazione di buona fede e di forte desiderio che il rientro dei dissidenti avvenga: è stato incaricato Piero Fassino di trattare con loro le modalità del rientro e il merito dei temi che saranno discussi e sui quali i rientrati avranno il loro peso indipendentemente dal loro numero. Fassino è una personalità primaria: a suo tempo fu segretario del partito che allora si chiamava Ds, democratici di sinistra; poi fu un ottimo sindaco di Torino e ora è una delle personalità più attive del Pd. Affidare a lui la trattativa coi dissidenti è il segnale più evidente della serietà del tentativo e delle garanzie che sono previste.

Accetteranno? Capiscono l’importanza d’un partito che a quel punto andrebbe da Bersani a Franceschini, da Pisapia a Minniti, da D’Alema a Orlando? E tengono conto dell’appello di Veltroni alla riunificazione? Walter è il padre del Pd e ancora nelle ultime ore ha fatto un pubblico appello all’unità. Se c’è una voce che merita d’essere ascoltata è la sua. È pessimista che il suo appello sia accolto ed è anche critico verso certi comportamenti renziani, ma conviene sul fatto che il partito debba essere di nuovo unito e riscrivere tutta la carta di rifondazione d’una sinistra moderna e antipopulista (perché è il populismo il vero nemico in Italia e in Europa).

Voglio ora discutere un punto sul quale l’errore della dissidenza di sinistra si manifestò pubblicamente: il referendum costituzionale che mirava a costruire un assetto sostanzialmente monocamerale. L’affluenza fu altissima e la votazione dei No fu del 60 per cento di fronte al 40 dei Sì. I dissidenti democratici, che ancora non erano usciti dal partito, votarono No o si astennero dando pubblica notizia della loro astensione.

Ho ricordato varie volte questo aspetto della questione: il grosso dei No fu votato dal populismo ispirato dai grillini, dalla Lega di Salvini e dai Fratelli d’Italia. Mi chiedo: come è possibile che la sinistra-sinistra non sapesse che tutti i Paesi europei sono monocamerali? E perché l’Italia ha rifiutato quel sistema, tanto più che l’intero mondo occidentale sta attraversando un’immensa crisi economica e sociale e anche politica che rende il monocameralismo assolutamente necessario in una situazione dove le decisioni da parte del governo e del Parlamento debbono essere realizzate con la massima velocità?

Gli uomini democratici debbono ricostruire la sinistra. Stiamo andando incontro all’ingovernabilità. Le alleanze saranno indispensabili dalla sinistra al centro. E voi, dissidenti, volete che il Pd non potendo avere il vostro appoggio concentri con scarso successo la sua ricerca di sostegno al centro, oppure capite che una sinistra forte e compatta può ottenere dal centro ulteriori appoggi opportuni ma non indispensabili?

Mi sembra assolutamente elementare quel poco che qui ho scritto, come sono altrettanto consapevole dei difetti caratteriali di Renzi, che in questo caso sembra però averli superati. L’appello di Veltroni e l’incarico a Fassino vi sembrano poca cosa? Riflettete e poi decidete. Guardate a Cuperlo: rappresenta esattamente quello che dovete fare nella storia della democrazia italiana.
Debbo ora fare un’ultima osservazione critica. Mi dispiace molto, anzi moltissimo perché riguarda due persone con le quali ho da tempo rapporti di grande amicizia.

Si tratta del presidente del Senato, Grasso, e della presidente della Camera, Boldrini. Grasso si sta proponendo come il nuovo leader della sinistra-sinistra; Laura Boldrini è sulla medesima posizione: non capisco bene come risolveranno il problema di presiedere in due un partito per ora fatto di schegge che unite insieme arrivano a stento a superare la soglia prevista per l’ingresso nelle Camere. Ma la mia osservazione riguarda un altro punto della questione: i due presidenti delle Camere sono ora impegnati in una delicatissima azione politica e si oppongono entrambi alla riunificazione che si può fare soltanto a condizione dell’abiura da parte dell’attuale segretario del Pd.

La questione che li riguarda è però che essi resteranno per altri sei mesi se non anche di più presidenti delle Camere. Non sentono che un presidente del Parlamento non può e non deve spendere gran parte del suo tempo diventando leader d’un partito, grande o piccolo che sia? E si preoccupano di sapere quale sia il giudizio che di questa loro situazione dà l’opinione pubblica?

Personalmente entrai in Parlamento quarant’anni fa e naturalmente mi dimisi dal giornale che dirigevo ma ho sempre dichiarato, quando si votava su una qualunque questione, che io non mi sarei conformato al vincolo di mandato e avrei votato solo secondo coscienza come il mio partito o diversamente da esso. Se fossi parlamentare in questa situazione mi alzerei all’inizio di ogni seduta dichiarando di uscire dall’aula per non rientrarvi fino al giorno dopo perché la presidenza potrebbe essere indotta a comportamenti dettati dalla sua leadership di un partito.

La verità è che se vogliono far politica in prima persona debbono lasciare le cariche che ora stanno ricoprendo: chi presiede un’assemblea parlamentare deve essere assolutamente neutrale. Loro pensano di esserlo ed è una buona intenzione ma se ci fosse un contrasto politico non resisterebbero. Perciò prima si dimettono e meglio è.

© Riproduzione riservata 14 novembre 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/11/14/news/i_democratici_e_la_sinistra-181045373/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T2
4198  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / CLAUDIO TITO. Dialogo a sinistra in 5 mosse. Dallo Ius soli ai ticket, ... inserito:: Novembre 16, 2017, 08:55:35 pm
Dialogo a sinistra in 5 mosse. Dallo Ius soli ai ticket, gli assi del governo
D’intesa con Gentiloni, Renzi apre a Mdp anche su lavoro, pensioni e biotestamento. Sull’articolo 18 l’ipotesi di un emendamento alla manovra che aumenti l’indennità dei licenziati

Di CLAUDIO TITO
16 novembre 2017

Il dado è tratto. Lo Ius soli sarà legge prima che finisca l’anno. Pd e governo hanno deciso: il provvedimento sarà all’ordine del giorno del Senato subito dopo l’approvazione della legge di Bilancio. Ossia nella prima settimana di dicembre. E Palazzo Chigi porrà la fiducia per superare l’enorme mole di emendamenti (quasi tutti della Lega).

Confortati dalla disponibilità di Mdp, dalle dichiarazioni dei verdiniani e dalla non belligeranza degli uomini di Alfano alla ricerca di un porto sicuro in vista delle prossime elezioni, Renzi e Gentiloni hanno dato il via libera ai dem di Palazzo Madama.

Lo Ius soli viene considerato il primo elemento di un pacchetto di iniziative che dovrebbe consentire al governo, come ripete spesso il premier, di chiudere «ordinatamente» la legislatura. E soprattutto permettere al leader Pd di avviare la trattativa con Mdp su un altro piano. Non più quello della leadership-premiership ma quello della piattaforma programmatica.

Si tratta di un tavolo a cinque gambe che nelle intenzioni dei “mediatori” dei due partiti aprirebbe uno spazio di confronto su aspetti più concreti. Il primo di questi è, appunto, lo Ius soli. Gli altri quattro corrono sul filo sottile delle compatibilità economiche tracciate nel decreto fiscale e nella legge di Bilancio: Pensioni, Superticket sanitari, Jobs act e Biotestamento. «Il percorso è difficile, molto difficile - ripete Roberto Speranza -. Serve una svolta vera, sui contenuti. Non basta il passo indietro di Renzi».

Il segretario dem lo ha capito. E ha deciso di provare a costruire questo tavolo programmatico a “cinque gambe” per compiere l’ultimo tentativo. Sapendo che anche dentro Mdp esiste un fronte meno contrario ad un’intesa. «Perchè - come dice Gianni Cuperlo, uno dei capi della minoranza Pd - Bersani è diverso da D’Alema. Ma serve uno sforzo. Dobbiamo tutti ricordarci quello che siamo. Noi e Mdp stavamo nello stesso partito fino a poco fa. Non è pensabile che non si trovi una convergenza sui contenuti».

Certo, un ruolo lo sta svolgendo indirettamente anche la legge elettorale appena approvata. Un sistema che favorisce le coalizioni e scoraggia la corsa solitaria. Che sta mettendo in pole position il centrodestra e sta sbattendo contro il muro dell’insuccesso tutte le forze del centrosinistra. Proprio come è accaduto due settimane fa in Sicilia.

Le simulazioni stanno terrorizzando i parlamentari dem e Mdp. Una in particolare: quella che mostra gli effetti di una mancata convergenza tra i partiti progressisti. Senza un patto, le urne rischiano di trasformarsi per loro in un incubo. Basti pensare che quella simulazione prevede le macerie anche nelle regioni rosse. La concorrenza a sinistra farebbe perdere buona parte dei collegi uninominali perfino nelle roccaforti considerate più sicure. Il tutto a favore della Lega e in parte minore del Movimento 5Stelle. Uno spauracchio che sta avendo un qualche effetto.
Non è un caso che il tavolo del dialogo, sebbene molto precario, sia stato rimesso in piedi.

E se la “gamba” più importante è quella dello Ius soli, ce n’è un’altra che rappresenta una sorta di precondizione per non fare morire in culla il neonato negoziato. Si tratta del Jobs Act.
Martedì prossimo approda nell’aula della Camera, la proposta dei bersaniani di modificare la riforma del lavoro tanto voluta da Renzi. Una sconfitta formale di uno dei due fronti pregiudicherebbe definitivamente il dialogo.

Tutti ne sono consapevoli. In commissione, infatti, è stato compiuto un primo passo per evitare il naufragio. La totalità degli emendamenti abrogativi della proposta - sebbene la maggioranza aveva i numeri per farlo - sono stati ritirati. Non solo. Martedì prossimo il relatore proporrà il ritorno in commissione per un approfondimento. Un modo, normalmente, per mettere le iniziative legislative nell’armadio del dimenticatoio.

Nello stesso tempo, però, gli “ambasciatori” Pd hanno fatto sapere - con il via libera della presidenza del gruppo - ai loro interlocutori: «Torniamo a discutere e a dicembre presentiamo un emendamento alla Legge di Bilancio che tocca almeno un punto: l’indennità che viene assegnata al lavoratore licenziato». Ora varia da 4 a 24 mesi di stipendio, salirebbe a 8-36. «Ho difeso per 45 anni l’articolo 18 - dice il democratico Cesare Damiano, uno dei “pontieri” - ma quando è diventato una tutela solo per il 20 per cento dei lavoratori, ho capito che bisognava cambiare».
La “terza gamba” è correlata alla seconda. Il tema è la previdenza. In particolare l’aumento dell’età pensionabile che scatta dal prossimo anno. La Cgil contesta la proposta dell’esecutivo ed è pronta a una mobilitazione nazionale. Che non potrebbe che avere il sostegno di Mdp.

Renzi su questo ha già esposto la sua idea nell’ultima direzione di partito: più vicina ad accogliere le istanze dei pensionandi. E il mandato affidato ai suoi uomini a Montecitorio - nonostante la contrarietà di Palazzo Chigi - è abbastanza chiaro: si può presentare un emendamento - sempre alla legge di Stabilità - che rinvii lo scalino. «Ma solo se non si arriva ad un accordo, ma ad una rottura, tra Gentiloni e Camusso».

La “quarta gamba” è quella della Sanità. Sia dentro il Partito democratico sia alcuni esponenti dell’esecutivo hanno iniziato a ragionare su un provvedimento che venga incontro ad una delle richieste storiche di Bersani: l’abolizione dei Superticket.


Il Tesoro ricorda che in questa manovra esiste un margine per le iniziative “fuori sacco” che ammonta a circa 400 milioni di euro. Il governo, allora, «senza stravolgere i saldi», è pronto a valutare un intervento di questo tipo: rispettando la progressività e la gradualità di una eventuale misura. Nella sostanza senza cancellare i ticket per i redditi più alti.

La “quinta gamba” è probabilmente la più agevole dal punto di vista dei contenuti ma la più complicata sotto il profilo procedurale. È la legge sul biotestamento. Il Pd è pronto ad uno sprint anche su questa materia. Ma gli spazi per inserirla nel calendario del Senato sono piuttosto stretti. L’unica possibilità sarebbe sciogliere le Camere a febbraio e quindi concedere anche il mese di gennaio per gli ultimi voti in Parlamento. Una soluzione che, al momento, appare improbabile.

Sul calendario del Quirinale per ora la data cerchiata è quella del 18 marzo: la prima domenica utile perchè le elezioni si possano definire tecnicamente non anticipate e quindi permettano al governo Gentiloni di gestire l’ordinaria amministrazione senza le dimissioni e nella pienezza dei suoi poteri.

Resta comunque la difficoltà di una trattativa segnata in primo luogo dai dissidi personali. Anche sul tavolo delle proposte concrete, il rischio che ogni mediazione sia bruciata dai reciproci pregiudizi costituisce l’ombra più pesante sul futuro del centrosinistra.

© Riproduzione riservata 16 novembre 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/11/16/news/dialogo_a_sinistra_in_5_mosse_dallo_ius_soli_ai_ticket_gli_assi_del_governo-181213370/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T2
4199  Forum Pubblico / L'ITALIA DEMOCRATICA e INDIPENDENTE è in PERICOLO. / ANTONELLO GUERRERA. "Così la Russia infiltra i suoi cavalli di Troia anche in... inserito:: Novembre 16, 2017, 08:52:50 pm
"Così la Russia infiltra i suoi cavalli di Troia anche in Italia"
Uno studio dell'Atlantic Council analizza il "soft power" di Mosca per influenzare le politiche europee e per destabilizzare sempre di più il Vecchio Continente, da Madrid ad Atene. E in Italia, con le elezioni vicine, la propaganda del Cremlino può appoggiarsi a partiti come Lega Nord e Movimento 5 Stelle, scrive il report

Di ANTONELLO GUERRERA
15 novembre 2017

"Attenti ai Cavalli di Troia russi". Mosca vuole "destabilizzare sempre di più l'Occidente" e a rischio è anche l'Italia. E' l'allarme che lancia uno studio, "I cavalli di Troia del Cremlino 2.0", appena pubblicato dal think tank americano Atlantic Council (qui l'integrale), che ha analizzato l'offensiva russa negli ultimi anni: un "soft power" molto pericoloso, secondo gli autori del paper, che è cominciato negli anni della crisi economica dell'Europa e che, in generale, si è intensificato notevolmente con la leadership di Putin.  Come confermò pubblicamente qualche anno fa lo stesso capo dello Staff russo, il generale Valerij Gerasimov, la Russia ha da tempo un "nuovo approccio" per raggiungere i suoi obiettivi politici e militari attraverso "metodi indiretti e asimmetrici", o meglio "misure attive", come venivano chiamate in Unione Sovietica le azioni atte a manipolare i media, la società e la politica straniere. Secondo l'Atlantic Council, la strategia del Cremlino è oramai esplicita e fittissima, non solo nei paesi dell'Est Europa storicamente influenzati dalla Russia ma anche in tutto l'Occidente, dagli Stati Uniti all'Europa.

FAKE NEWS, MAKS CZUPERSKI: "LA RUSSIA E' UNA MINACCIA ANCHE PER LE ELEZIONI ITALIANE
Mosca sfrutta le debolezze e le fratture interne europee e americane infiltrandosi nelle istituzioni, nella politica, nei pilastri democratici dell'Occidente per promuovere la sua visione del mondo e perseguire i suoi obiettivi economici. Non investe all'estero come la Cina, ma "semina caos a buon mercato". Al di là degli sfuggenti attacchi hacker (di cui è sempre difficile individuare responsabili e mandanti), lo studio si concentra soprattutto sulla propaganda dei media vicini al Cremlino e della tessitura di nuove alleanze di quest'ultimo con leader populisti locali degli altri paesi "sotto attacco". La strategia di influenza e destabilizzazione della Russia si adegua anche ai contesti. Il report la analizza in tre paesi europei, Italia, Spagna e Grecia.

Per quanto riguarda la penisola iberica, per ora risparmiata dalla propaganda del Cremlino, il report scrive come Madrid potrebbe presto finire nel mirino, come dimostra l'apertura della versione russa del canale tv legato a Mosca, Russia Today. Inoltre, c'è l'incognita Podemos, un partito antisistema che potrebbe essere sfruttato dalla propaganda russa per "disseminare tensioni" anche in Spagna.

La Grecia è invece un caso particolare: il paese è molto più coinvolto della Spagna, per ovvie ragioni storiche, non ultimo il legame religioso della Chiesa Ortodossa. Tsipras, inoltre, il leader di Syriza (partito di sinistra radicale) ha strizzato più volte l'occhio alla Russia nello scontro con le autorità europee per allentare le misure di austerità e questo, secondo l'Atlantic Council, ha reso il Paese molto più vulnerabile alle spinte di Mosca.

ITALIA
Secondo il report, in questa parte curato da Luigi Sergio Germani (Direttore del Centro Studi “Gino Germani”) e Jacopo Iacoboni (giornalista de La Stampa), l'Italia è a forte rischio. L'influenza russa è cresciuta di pari passo con la crisi economica e le spinte anti-establishment all'interno della società, e Putin è diventato un simbolo molto potente del nuovo "sovranismo" e della lotta contro le èlite. La Russia ha molti potenziali alleati politici nel nostro Paese, una vasta area che include Lega Nord, Movimento 5 Stelle, Fratelli d'Italia, il partito di estrema destra Forza Nuova e alcune piccole formazioni di estrema sinistra. Tutti condividono in gran parte la linea di politica estera di Putin e sostengono - volontariamente o no - gli interessi geopolitici di Mosca.

La complicità del Cremlino con queste forze anti-establishment italiane si sarebbe intensificata, secondo il report, tra 2012 e 2013, subito dopo la crisi ucraina, quando Mosca ha cercato di aumentare propaganda, influenza e peso politico all'estero. Sforzi ricambiati dal sostegno più o meno velato degli stessi partiti italiani. La Lega Nord e il M5S sono i protagonisti di questa attrazione fatale, secondo lo studio.

La Lega Nord è diventata molto putiniana da quando è diventato leader Matteo Salvini, che prima ha cercato di coinvolgere intellettuali, think e rappresentanti di estrema destra in nome di un nuovo sovranismo e poi con la Russia attraverso Alexander Dugin, un politilogo e filosofo ultranazionalista russo. Di qui un legame sempre più stretto tra Salvini e il Cremlino, culminato con le sue varie visite a Mosca e un esplicito accordo di cooperazione con la Russia.

Il Movimento 5 Stelle, invece, all'inizio non era su posizioni filorusse - che tuttora non ammette pubblicamente come invece fa, con un certo orgoglio, Salvini. Secondo gli autori del paper, la svolta è nata con l'arrivo di Davide Casaleggio, figlio del fondatore Gianroberto, al vertice della Casaleggio associati che gestisce il blog e le altre strutture informatiche del partito. Poi, nell'aprile 2015, il leader Beppe Grillo rilascia un'insolita intervista a Russia Today, il canale tv legato al Cremlino. Subito dopo, il M5S lancia una campagna contro le sanzioni europee nei confronti della Russia. E i media e gli account in Internet legati al Movimento ufficiali e non ufficiali incominciano a diffondere sempre più spesso notizie molto favorevoli alla propaganda di stampo russo (in parte bufale). Nel 2016, poi, iniziano i viaggi dei principali politici "grillini" verso Mosca e le accuse a piattaforme e alleanze atlantiche come la Nato. Il paper si conclude poi con uno scenario politico italiano alla luce delle prossime elezioni e al rischio di instabilità che potrebbe incorrere il Paese nel caso in cui le forze anti-sistema e pro Russia dovessero ottenere un grande risultato al voto.

L'Atlantic Council, in un altro studio recente, aveva analizzato anche la situazione di Francia e Germania, che qui riportiamo in ottica europea.

FRANCIA
Qui la Russia ha il sostegno esplicito del Front National, il partito di estrema destra di Marine Le Pen, dove quasi tutti i principali esponenti hanno legami diretti o indiretti con importanti organizzazioni russe. L'Fn, tra l'altro, ha chiesto e spesso ottenuto milioni di euro in prestito da banche russe. Ma l'apparato russo è stato molto abile da costruirsi connessioni anche con una parte del partito repubblicano neogollista (centrodestra), alcuni socialisti e anche con l'estrema sinistra sovranista. Non solo: ha legami con diverse organizzazioni e think tank da tempo installati in Francia, come l'Institute for Democracy and Cooperation (IDC) e anche storicamente ha terreno molto fertile, sin dalla linea bilaterale di De Gaulle e dalla diaspora russa in Francia nel secolo scorso.

GERMANIA
Scrive l'Atlantic Council che in Germania la Russia di Putin ha cercato negli anni di alterare a suo piacimento i rapporti bilaterali, influenzare la politica estera tedesca e anche le decisioni in sede europea tramite le sue reti sul territorio tedesco. Mosca e Berlino hanno avuto rapporti spesso cordiali negli ultimi tempi, che affondano le radici nella "Ostpolitik" tedesca, ma i rapporti si sono raffreddati molto con l'annessione della Crimea.

Una delle strategie più efficaci degli emissari del Cremlino è quella coinvolgere politici tedeschi nei propri progetti energetici. L'esempio più lampante è l'ex cancelliere socialdemocratico Gerhard Schroeder, figura di altissimo livello a Gazprom, ma il sottobosco di intrecci tra politica ed economia tra i due paesi è fittissimo: dal Forum russo-tedesco a imprenditori tedeschi con interessi in Russia come Bernhard Reutersbeger (Eon), Hans Ulrich Engel (BASF), Hans-Joachim Gornig (Gazprom Germania).

Tutto questo è stato molto utile alla Russia: i politici tedeschi socialdemocratici, sempre in nome degli ideali di vicinanza alla Russia e negli ultimi anni al governo con Merkel nei governi di grande coalizione, hanno spesso chiesto una linea morbida nei confronti di Mosca (come l'allentamento delle sanzioni europee) aprendo serie fratture nell'Ue. Il partito di estrema destra Afd, invece, in Germania gioca un po' il ruolo del Fn in Francia: toni ultranazionalisti, incontri più o meno frequenti dei suoi esponenti con quelli russi, lodi a Putin e alla Russia. In tutto questo, i media legati al Cremlino come Sputnik o Rt (di cui in Germania c'è anche una versione in lingua tedesca) aumentano sempre di più la loro pervasività.

© Riproduzione riservata 15 novembre 2017

Da - http://www.repubblica.it/esteri/2017/11/15/news/russia_fake_news_italia_spagna_grecia_influenza_occidente-181205025/?ref=fbpr
4200  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / MARIA LUISA PRETE. Cina, la tomba dell'Illuminato. "Trovati i resti cremati ... inserito:: Novembre 16, 2017, 08:51:03 pm
Cina, la tomba dell'Illuminato. "Trovati i resti cremati di Buddha"
Circa 2.000 sharira appartenenti a Siddhartha Gautama, raccolti e sepolti mille anni fa da due monaci del monastero di Longxing

Di MARIA LUISA PRETE
15 novembre 2017

QUEI resti umani cremati rinvenuti in un cassone di ceramica nella contea di Jingchuan, in Cina, sembrano essere appartenuti a Buddha. Almeno così si legge nell'iscrizione trovata accanto: "I monaci Yunjiang e Zhiming della scuola Lotus, che appartenevano al tempio Mañjusri del monastero di Longxing nella prefettura di Jingzhou, hanno raccolto più di 2.000 pezzi di sharira, così come denti e ossa del Buddha, e li hanno seppelliti nella sala Mañjusri di questo tempio ".

Il termine sharira ha un’accezione ampia e indica qualsiasi tipo di reliquia legata all''Illuminato', originario del Nepal. E' quanto risulta dalle relazioni degli archeologi, tradotte in inglese nella rivista Chinese Cultural Relics. Gli scavi nella zona erano iniziati cinque anni fa per riparare le strade del villaggio di Gongchi. Poi, la scoperta di un tesoro: non solo quella che sembra la tomba del famoso asceta, ma anche 260 statue buddiste a corredo.

Secondo la tradizione, Gautama Siddharta morì a Kusinagara, in India nel 486 a.C. e il suo corpo, avvolto in centinaia di pezze di cotone, venne cremato nel corso di una cerimonia imponente. La disputa per impossessarsi dei resti portò alla loro suddivisione tra i maggiori contendenti e alla relativa dispersione dell’immenso patrimonio della sharira.

Circa 1000 anni fa, Yunjiang e Zhiming avrebbero trascorso vent'anni della loro vita a rimettere insieme i resti di Buddha, seppellendo, infine, il loro tesoro il 22 giugno del 1013. Adesso, la loro sacra collezione è stata riportata alla luce.
 
Gli archeologi non danno certezze: non c’è modo di sapere se effettivamente questi resti appartengano al fondatore di una delle religioni più antiche del mondo. Rimarrà un mistero. Ma la scoperta ha comunque un grande valore storico perché fornisce un approfondimento inedito sulla cultura che ha plasmato e segnato il buddismo. Le statue, alte circa 2 metri - rinvenute nei pressi del cassone ma forse sepolte in tempi differenti - raffiguranti il Buddha, devoti illuminati, dei o semplici oggetti legati alla spiritualità buddista, erano parte di un complesso luogo di culto.

Questo è solo l’ennesimo capitolo delle vicende legate alle ceneri dell’Illuminato. Tra le precedenti scoperte archeologiche in Cina, quella di un osso del cranio, apparentemente al Buddha, trovato all'interno di uno scrigno d'oro a Nanjing.

© Riproduzione riservata 15 novembre 2017

Da - http://www.repubblica.it/scienze/2017/11/15/news/cina_la_tomba_dell_illuminato_sono_i_resti_cremati_di_buddha_-181191695/?ref=RHPPRT-BS-I0-C4-P1-S1.4-T1
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