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Autore Discussione: Cancro alla prostata, stop al testosterone  (Letto 2262 volte)
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« inserito:: Giugno 27, 2008, 11:45:50 am »

23/6/2008 (5:15) - ATTUALITA'

Cancro alla prostata, stop al testosterone
 
La chiave terapeutica sta nella deprivazione androgenica. In arrivo una nuova classe di farmaci

MARIA RITA MONTEBELLI


E' in una ghiandola grande come una noce che può annidarsi uno dei principali nemici della salute dell’uomo: il tumore della prostata.
In netta crescita negli ultimi 20 anni nei Paesi industrializzati, questa malattia è molto frequente soprattutto nel nord Europa, forse a causa di una dieta troppo ricca di grassi animali. Come per tutte le malattie, la miglior difesa è la prevenzione, che consiste nel sottoporsi annualmente alla visita urologica e al dosaggio del PSA, una volta superati i 50 anni.

La malattia scoperta in fase iniziale, infatti, può essere trattata con successo dal chirurgo o con mezzi fisici (es. radioterapia, Hi-fu), mentre al momento non esistono terapie per il cancro della prostata metastatizzato. La malattia può, però, essere controllata attraverso la cosiddetta «terapia di deprivazione androgenica». Il testosterone è infatti il «carburante» delle cellule tumorali: bloccarne l’azione di stimolo aiuta a controllarne la progressione. Il trattamento ideale è rappresentato dall’orchiectomia (castrazione chirurgica), che tuttavia può risultare inaccettabile per molti uomini, anche perché irreversibile. Un’alternativa è stata rappresentata per molti anni dalla terapia medica a base di GN-RH agonisti.

Questi farmaci, somministrati per iniezione intra-muscolare una volta al mese, all’inizio del trattamento provocano tuttavia un effetto paradossale: l’aumento dei livelli di testosterone, che possono permanere elevati anche per un mese. Questo può provocare un peggioramento dei sintomi urinari, la comparsa di insufficienza renale acuta e anche l’aumento dei dolori ossei o dei segni di compressione midollare legati alle metastasi ossee. Per scongiurare questi pericoli, la terapia con GN-RH agonisti viene normalmente associata a un anti-androgeno per 4-6 mesi; ma anche questi farmaci non sono privi di effetti collaterali. Tutto questo fa dei GN-RH agonisti un’alternativa imperfetta alla castrazione chirurgica, per la quale negli ultimi 20 anni non ci sono state grandi alternative. Per questo motivo, è stato accolto con grande interesse al recente congresso europeo di urologia di Milano l’annuncio del prossimo arrivo di una nuova categoria di farmaci in questo settore.

Si tratta dei cosiddetti GN-RH antagonisti, il cui capostipite è il degarelix. Uno studio presentato al congresso ha dimostrato che il degarelix determina il crollo dei livelli di testosterone dopo appena tre giorni di terapia (a differenza dei GNRH agonisti, che, dopo tre giorni di terapia, fanno registrare un aumento del 75% dei livelli dell’ormone) e un rapido abbassamento dei livelli di PSA. L’effetto collaterale più frequente con questo farmaco è il fastidio nel punto dove viene praticata l’iniezione, che tende tuttavia a scomparire con le successive somministrazioni. Il farmaco è attualmente in via di approvazione presso gli organi competenti in Europa (Emea) e negli Usa (Fda).

da lastampa.it
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