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Autore Discussione: Lettera aperta di un senzatetto sugli autori del progresso  (Letto 2684 volte)
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« inserito:: Novembre 30, 2008, 11:00:16 pm »

Lettera aperta di un senzatetto sugli autori del progresso
 
 
 
Cari Signori, qualcuno di Voi, o quanto meno qualcuno degli operatori delle strutture cui siete a capo, forse sa chi sono ma, poiché questa è una lettera aperta, ci presentiamo anche a coloro che non ci conoscono: siamo Gaetano Meli, sposato con Agnese Dus e i miei figli Sofia di 6 anni e Luca di 2anni e Sebastiano Meli sposato con Paola Molino e suo figlio Sebastian di 4 anni.

Mio fratello Sebastiano ed io abitiamo, in effetti abitavamo, a Rastignano di Pianoro (Bologna), in una villetta di proprietà acquistata e ristrutturata nel 2004, con tanto impegno e tanti sacrifici, compresa l’accensione di un oneroso mutuo, garantito proprio dalla villetta in questione.

Di lì a poco è iniziata, per noi, una vera e propria odissea nella quale, peraltro, la Sorte ha avuto un ruolo davvero marginale, ben più incisivo ruolo essendo stato giocato dalle persone: gli Autori del Progresso.

La mia casa si trova in una zona collinare direttamente sovrastante i cantieri per la realizzazione di una galleria della linea ferroviaria Alta Velocità, aperti dal Consorzio CAVET che vi ha svolto i relativi lavori nel periodo dal settembre 2005 al giugno 2006.

L’opera in questione, sulla cui utilità per l’Italia intera non intendo certo discutere, viene giustamente salutata da tutti, ed in particolare dai mezzi di comunicazione, come un evento di notevole innovazione e, appunto, progresso: dispiace però che, all’ampia diffusione di lusinghiere notizie sull’avanzamento dei lavori e sui vantaggi che ne conseguiranno per la circolazione delle persone sul territorio nazionale, non corrisponda un analogo risalto in relazione a quelli che, per la generalità dell’opinione pubblica e, evidentemente, anche per gli autori dell’opera, ad ogni effetto Autori del Progresso come in oggetto indicato, possono apparire come meri danni collaterali ma che, per chi – come me – li ha subiti e li sta tuttora subendo, assumono tutt’altra dimensione e rilevanza.

La persona dalla quale ho acquistato la mia casa, consapevole delle caratteristiche geomorfologiche della zona, la aveva dotata di un sistema di fondazione a pali che, nelle condizioni di allora (mi riferisco agli anni ’70 del secolo scorso), rappresentavano l’esatto adempimento dello stato dell’arte edificatoria, e che nel corso del tempo avevano necessitato unicamente di normali interventi di ordinaria manutenzione.

Ma ecco che arriva il Consorzio CAVET, alla fine dell’anno 1999 e, evidentemente già ben consapevole di quanto sarebbe poi accaduto, si premura di accertare, in contraddittorio con l’allora proprietario, lo stato dei luoghi, con apposito verbale corredato da documentazione planimetrica e fotografica: nulla vi risulta di particolarmente problematico, ed altrettanto avviene alla fine dell’anno 2002 in occasione di un aggiornamento del precedente verbale; più o meno lo stesso avviene anche con quelli che fino a poco fa erano i miei vicini di casa.

Come dicevo, abbiamo acquistato la casa nell’aprile 2004, sottoponendola a consistenti opere di ristrutturazione che, peraltro, non hanno interessato la struttura dell’immobile, che non necessitava di nessun intervento: di queste cose un poco me ne intendo.

Nel settembre 2005 iniziano i lavori di costruzione della galleria sottostante, ed iniziano, ovviamente, i problemi: la casa comincia letteralmente a disgregarsi; mio fratello ed io li denunciamo immediatamente al Consorzio CAVET, e ne seguono le prevedibili perizie, dell’una e dell’altra parte, del Comune, ecc. ecc..

Nel frattempo, le cose continuano a peggiorare, aggravandosi il dissesto statico dell’immobile, con produzione di crepe e fessurazioni nella muratura esterna, nei solai, con distacco di intonaco e parti di pignatte, e nelle partizioni interne, tanto da compromettere la staticità dell’intero immobile e costituire quindi un grave pericolo per chi vi abitava.

Ed infatti, è purtroppo accaduto più volte che, per effetto di queste lesioni strutturali, gli occupanti della casa abbiano rischiato danni fisici; addirittura mi sono ferito per la caduta improvvisa di un grosso calcinaccio, e questo proprio mentre avevo in braccio mio figlio in tenera età, che solo per un miracolo è rimasto illeso.

Ci siamo recati di persona alla locale sede del Consorzio CAVET, dove siamo stati accolti dalla più completa indifferenza: ricordo una frase del Dott. Meneghelli – Funzionario del Consorzio stesso – “Mi dispiace …” accompagnata da un sorriso di circostanza che mi è piuttosto parso significare “Ma cosa vuole che me ne importi…”! Certo, la cosa ha sortito il suo effetto: il Consorzio ci ha inviato una bella raccomandata (siamo nel gennaio 2006) il cui tenore si può così sintetizzare: “Signori, qui noi dobbiamo lavorare; per favore, andateVene che buttiamo giù la casa e qualcuno potrebbe farsi male per davvero; i conti li faremo dopo”.

Ho cercato in tutti i modi di trovare una soluzione al rimedio di questa odissea, ho cercato di prendere un appuntamento con il Direttore Generale CAVET, ma dopo tanti tentativi di poter parlare con il Ing. Marcheselli, niente da fare, un giorno mi sono recato negli uff. Cavet ed ho atteso, mi a ricevuto (solo in presenza del suo Avv. Fasciano), ed ho raccontato come stiamo vivendo. Le parole del Grande Ing. Marcheselli sono state: “Mi dispiace!, i nostri tecnici valuteranno di chi è la colpa”, e cosi sono stato liquidato

È iniziata allora una lunga e difficile trattativa tra la nostra famiglia ed il Consorzio, i suoi periti, i periti della sua Assicurazione; il programma che ci era proposto era in sostanza di definire nell’immediato l’indennità che ci sarebbe spettata per l’abbandono della casa, che ci sarebbe stata liquidata al momento della nostra uscita, mentre la liquidazione dei danni materiali sarebbe seguita di lì a poco; l’accordo sulla prima voce è stato infine raggiunto, ed anche per la seconda, pur parendoci le proposte ricevute insufficienti a coprire tutti i costi che avremmo dovuto sostenere per ricostruire la nostra casa, si cominciava a trattare su cifre (alla fine, attorno agli € 800.000,00) che, anche per stanchezza, avremmo potuto accettare.

Alla fine dell’anno 2007, il Comune di Pianoro ha disposto l’inagibilità del fabbricato, intimando a me ed ai miei familiari l’immediato sgombero e la messa in sicurezza, fino all’esecuzione delle opere di ripristino.

Abbiamo quindi firmato l’accordo sull’indennità per l’allontanamento, confidando sia sulle rassicurazioni circa la definizione dei danni materiali, sia sugli esiti di una perizia giudiziale che nel frattempo avevamo richiesto, nella speranza di smuovere, finalmente, i nostri interlocutori a definire l’intero contenzioso.

Ma, una volta che siamo usciti di casa, l’atteggiamento del Consorzio CAVET è completamente cambiato: ci siamo trovati davanti un vero e proprio muro di gomma, e nessuno ci ha più dato ascolto; anche i periti dell’assicurazione sono improvvisamente usciti di campo.

Proprio qui sta il nocciolo di questa mia: i miei familiari ed io avevamo infatti ritenuto che una gestione della problematica insorta, che pure e per quanto ci riguardava presentava elementi di vera e propria drammaticità, in termini di fiducia nell’amichevole composizione dei contrapposti interessi avrebbe conseguito un risultato utile, soddisfacente per le nostre e per le altrui ragioni; per questo motivo abbiamo sempre espresso la massima disponibilità ai vari esponenti del Consorzio CAVET coi quali siamo venuti in contatto, per definire bonariamente l’entità del risarcimento del danno a noi dovuto, senza assumere iniziative di rottura, ma soltanto premurandoci che l’evoluzione del dissesto subito dalla nostra casa fosse sempre adeguatamente documentata.

Mai abbiamo minacciato denunce penali o ricorsi d’urgenza al Tribunale Civile, nonostante vivessimo ogni giorno, ed in prima persona, la progressiva disgregazione della nostra casa; abbiamo anche accettato il modestissimo contributo per il disagio (tutt’altro che modesto) di dover lasciare la nostra casa: col senno di poi, questa scelta si è rivelata perdente.

Il Consorzio CAVET, infatti, evidentemente preoccupato solo di portare a termine i lavori nel rispetto delle tempistiche contrattuali, si è sempre mostrato più che sollecito a tacitare le pretese di coloro i quali – giustamente, debbo dire, sempre col senno di poi – facevano la voce grossa e minacciavano di chiedere il blocco del cantiere; per quanto riguarda me ed i miei familiari, invece, ecco che, non appena ci siamo … tolti di scena, con l’uscita dalla casa che ci stava crollando addosso, il Consorzio ha ritenuto che non vi fosse più il pericolo di subire sospensioni coattive della sua attività, ed è divenuto sordo ad ogni richiesta; tanto che, alla fine, anche noi abbiamo dovuto cambiare il registro della controversia, che è puntualmente sfociata in un’azione giudiziale.

Ben diversa è stata la sorte di chi si è fatto valere da subito e con le spicce; alcuni nostri vicini di casa hanno già ricevuto somme sufficienti a demolire le loro case ed a ricostruirle di sana pianta, e probabilmente anche molto di più; addirittura, abbiamo dovuto sentirci dire, sempre dal Dott. Meneghelli, che il Consorzio aveva preferito tacitare persone “più importanti” di noi, il Direttore tal dei tali, il Professore tal dei tali, e che per le “persone normali”, o per meglio dire per i poveri cristi che siamo, non c’era che accettare le due lire che graziosamente ci sarebbero state offerte, oppure continuare a litigare.

Non so se quanto riferitomi sia vero, ma che mi sia stato detto giuro di sì.

Certo è che, a parte tutto, i denari non dovrebbero mancare alla nostra controparte: la convenzione per la realizzazione dell’intera tratta è stata firmata dal Consorzio CAVET il 15 ottobre 1991 per un importo di oltre un miliardo di euro; secondo una recente risoluzione dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, alla data del 31 luglio 2007, l’importo riconosciuto al Consorzio è diventato pari a quasi quattro miliardi e duecento milioni (avete capito bene, più di quattromila milioni) di euro; ancora, sempre secondo quanto accertato dall’Autorità, vi sono in corso di definizione varianti e riserve per ulteriori ottocento milioni di euro.

Ricordo, non certo al Consorzio, che lo sa benissimo, ma a quanti leggeranno questa lettera, che gli oltre cinque miliardi di euro sono solo ed esclusivamente soldi pubblici, pagati da tutti i cittadini italiani.

Ma non è tutto: questi importi, proprio in forza della citata convenzione, comprendono anche somme predeterminate a copertura di tutti i costi che si rendono necessari, come sempre avviene per opere di tale impatto, per risarcire od indennizzare i singoli privati che subiscono danni od espropri; quindi anche noi!

Capito il meccanismo? Meno soldi il Consorzio spende per questo capitolo di spesa, maggiore è il guadagno che realizzerà a fine lavori: il che, se farà comprendere il perché di un atteggiamento come quello che noi abbiamo subito, lo rende assai poco giustificabile, per non dire di peggio.

Non importa che mi soffermi sulla lunghezza dei tempi che abbiamo sinora atteso e – soprattutto – di quelli che ancora dovremo attendere; basterà precisare che, ad oggi, disponiamo di una relazione tecnica redatta da Perito nominato dal Tribunale che individua danni per circa € 500.000,00; valutazione che, purtroppo, pare assolutamente deficitaria e ben lontana dal vero: si pensi che il Perito ha ritenuto di decurtare l’entità del danno obiettivamente individuata di una certa percentuale, osservando che, con l’esecuzione dei lavori previsti, i miei familiari ed io ci ritroveremo una casa … nuova di zecca; non fosse mai, quindi, che dovessimo guadagnarci qualcosa, per questi lavori che, se la galleria fosse passata un po’ più in là, nessuno avrebbe avuto l’esigenza di fare.

La nostra casa, poi, non era così vecchia: l’avevamo completamente ristrutturata da pochissimi anni! Ma questa è materia del contendere.

Ora, resta il fatto che da tempo il Consorzio Cavet sa, al di là di ogni ragionevole dubbio, ed indipendentemente da qualunque sentenza che lo accerti, che sua è l’esclusiva o comunque la preponderante responsabilità per i danni che abbiamo subito e che pertanto sua è la responsabilità per il relativo risarcimento
I lavori della galleria sono terminati ed il dissesto si è stabilizzato, ma i miei familiari ed io siamo ancora … senza tetto, per il semplice fatto che non disponiamo della somma (che sarebbe comunque ben maggiore di quella in questione), da anticipare per la ricostruzione in attesa del rimborso da parte del Consorzio Cavet, il quale a sua volta, e dopo aver giocato, in causa, tutte le sue carte per ridurre l’importo dovutoci, si è messo comodo ed attende, ovviamente senza fretta, la pronuncia della sentenza.

Cose, queste, che solo un’impresa di quelle dimensioni può permettersi ma che certo non si possono permettere quelle che, come i miei familiari e me, sono ad ogni effetto “persone normali”, proprio come il Dott. Meneghelli ci ha qualificato.

Normali come la maggior parte dei lettori ai quali questa lettera è aperta; persone che devono pagare l’affitto di casa (ma noi già ne abbiamo – o meglio ne avremmo – una di proprietà); persone che devono anche pagare il mutuo (ma il nostro – più di € 3.000,00 al mese, e sarà così fino al 2019 – lo abbiamo acceso per acquistare una casa che ora vale solo il terreno su cui sorge)!

Posso sperare che quanto ho scritto sensibilizzi maggiormente chi di dovere sugli aspetti, non solo materiali, ma anche umani, di questa vicenda? In realtà lo voglio sperare, ed è per questo che ho scritto. A tutti grato per l’attenzione, cordialmente


Gaetano e Sebastiano Meli
Pianoro
 
(29 novembre 2008) 
da ilmessaggero.it
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