LA-U dell'OLIVO
Maggio 14, 2024, 06:58:34 pm *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
  Home Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
  Visualizza messaggi
Pagine: 1 ... 194 195 [196] 197 198 ... 200
2926  Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / Questo lo scrive il nostro amico Marco che è stato dimesso da pochissimo ... inserito:: Aprile 02, 2020, 11:33:39 am
Questo lo scrive il nostro amico Marco che è stato dimesso da pochissimo dopo più di un mese di ospedale pesante qui a Bergamo.

Menomale. Almeno lui non lo abbiamo perso

"Cosa mi resterà di questi giorni vissuti lontano da casa, senza mia moglie e mia figlia, i due tesori della mia vita? Cosa mi resterà delle ore passate al pronto soccorso, spaventato e ansioso, con il fiato che non arrivava e la paura di quel terribile verdetto: positivo o negativo? Cosa mi resterà dell’arrivo in reparto dopo la sentenza che mi dichiarava affetto da questo terribile virus? Cosa mi resterà dei giorni isolato dal casco che mi aiutava a respirare, collegato alla mia famiglia solo con pochi messaggi su WhatsApp? So cosa mi resterà! Nel mio cuore porterò per sempre i vostri occhi care infermiere, infermieri, medici, dottoresse e volontari. I vostri occhi che mi sorridevano anche se vinti dalla stanchezza. I vostri occhi bagnati di lacrime quando qualcuno non ce la faceva. E sono in molti purtroppo! I vostri occhi che però, subito, si rivolgevano su di me per consolarmi. I vostri occhi e le vostre mani con i vostri guanti blu che mi stringevano per darmi forza! Questo mi resterà: i vostri occhi e le vostre mani blu! Gli occhi e le mani di Daniele, Daniela, Cris, Chica, Claudia, Marta, Silvia, Michela, Fiorenzo, Damiano, Angela, Laura, Aurora, Katy, Elena, Elisa, Mary, Nicoletta, Alice, Marina, Manuela, Neri, Federica, Gabriella, Ketty, Mighena, la caposala Cosetta, la dottoressa Debora, il dottor Marco, il dottor Roberto e il dottor Stefano.
A voi tutti, il mio, anzi il nostro immenso grazie!
MARCO "

Da -  Fb del 31 marzo 2020 da Francy Bonelli.
2927  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / E COSÌ MORIMMO DUE VOLTE: CRONACHE DALLA VAL SERIANA inserito:: Aprile 02, 2020, 11:28:25 am
E COSÌ MORIMMO DUE VOLTE: CRONACHE DALLA VAL SERIANA
   
ALESSANDRO BALDUZZI
31 marzo 2020
   
L’Alta Valle Seriana non è montagna da riviste patinate. La sua bellezza schiva si apprezza maggiormente dall’alto delle sue cime, dove si celano laghi alpini e fitti boschi; non abbacina mentre si percorre l’unica striscia d’asfalto che vi si inerpica. Non è destinazione di settimane bianche rutilanti, ma piuttosto meta affezionata di chi nei decenni passati vi ha comprato casa, i villeggianti – termine qui ancora in uso – in una replica più modesta del rito del buen retiro della classe media lombarda parodiata da Gadda ne “La cognizione del dolore”. Il turismo qui è ancora visto come ultimo degli effetti collaterali delle bellezze del paesaggio e talvolta mal tollerato, insieme al traffico proveniente dalle città padane. Come spesso accade- o ci si vuole illudere accada in accordo con una diffusa etnografia spiccia – il carattere della natura si riflette nello spirito degli abitanti. Tanto taciturni quanto intraprendenti, eredi di un sano buon senso contadino recante con sé sia i pregi di generazioni use al lavoro duro che il sospetto residuale verso il forestiero dato dalla marginalità geografica, gli uomini e le donne di questa valle sono abituati a rimboccarsi le maniche di fronte alle avversità.

Non ci si immagini, tuttavia, un quadretto pastorale, da bucolica orobica. L’albero degli zoccoli ha fatto il proprio tempo anche qui e fino a un decennio fa un’economia prospera poggiava solide fondamenta nell’edilizia e nell’industria tessile. Il muratore bergamasco non è una macchietta, un dodo estintosi in epoca immemore. Sopravvive ancora oggi, pur barcamenandosi tra stagnazione dell’immobiliare e pagatori latitanti, alzandosi alle cinque o giù di lì per scendere verso la pianura a tirar su (lombardismo dovuto) palazzi e palazzetti di città; certo, oggi non è più l’immigrato meridionale il compagno di cantiere, ma lo straniero spesso diversamente colorato. La diffidenza permane, certo, ma il lavoro nobilita l’uomo e il bergamasco lo sa bene. Nell’ingranaggio della crisi, il tassello successivo è quello delle fabbriche tessili, che avevano nella Valle Seriana uno dei maggiori poli produttivi nell’Italia settentrionale, grazie anche alla disponibilità d’acqua garantita dal fiume Serio che la attraversa. Qui come altrove, la concorrenza straniera ha portato alla chiusura degli stabilimenti o alla delocalizzazione là dove la manodopera è a miglior mercato.

Tassello successivo di questo domino è il calo demografico. Non sono pochi coloro che decidono di fare la valigia, spostandosi dove le possibilità di impiego sono maggiori, anche se a poche decine di chilometri di distanza, più vicini a Bergamo, resa più lontana di quel che non sia effettivamente sulla carta da un’unica arteria stradale inadatta a sostenere il flusso pendolare sempre più consistente. I venti comuni dell’Alta Valle Seriana – da Ponte Nossa fino a Valbondione, includendo la conca del monte Presolana e la collaterale Val del Riso, torrente affluente del Serio – sono passati dall’avere una popolazione residente di 39.138 abitanti nel 2014 ai 38.467 dello scorso anno, con una flessione negativa dell’1,7 per cento nel quinquennio. Dati che riflettono solo parzialmente un quadro di lento ma costante spopolamento. A non essere considerati, infatti, sono almeno due fattori: i giovani da una parte, i loro nonni dall’altra.

I primi sono protagonisti di un’emorragia che per molti inizia dalla fine delle scuole superiori, quando l’ingresso nel mondo universitario li chiama altrove e l’uscita da quest’ultimo li spinge a rimanere nelle città d’adozione, dove le possibilità d’impiego e in generale i servizi sono maggiori. I secondi, invece, sono – bontà loro – resi longevi da aria fina e decenni di sgambate, necessarie vista la morfologia del territorio. Non per tutti, però, l’età avanzata è sinonimo di salute e il binomio tra invecchiamento della popolazione e incremento della disoccupazione si è tradotto negli ultimi anni in un travaso dalle fabbriche alle case di riposo: diversi tra gli operai orfani di un’industria dismessa si sono reinventati come ausiliari socio-assistenziali (Asa) e operatori socio-sanitari (Oss) nelle quattro case di riposo del circondario, i cui 220 letti non sempre sono sufficienti a rispondere alle lunghe liste di attesa.

Spesso capita di sentire gli abitanti del posto che, tra il serio e il faceto, si lamentano di come l’Alta Valle Seriana sia morta: di lavoro, di servizi, di opportunità che vengono sempre più a mancare. Non ci si arrende al declino, ma la cecità di talune amministrazioni porta a pensare che un inutile supermercato in più curi l’astenia ormai cronica della valle più di quanto possa fare un ospedale. Quello di zona, nel comune di Piario, è stato recente oggetto di spoliazione; ultimo ad andarsene il reparto di maternità, condannato a soccombere all’utilitarismo sanitario che vede in un numero troppo basso di parti una ragione valida per privare un intero territorio della possibilità di farvi nascere i propri figli.

Finora si parlava di morte metaforica, tuttavia. Fino all’arrivo del contagio in questa valle prealpina, con il suo strascico di sofferenze, morti e lutti. Soprattutto tra le generazioni più vecchie, di quelle che hanno fatto in tempo a patire le privazioni della guerra. Ad andarsene tanti dei personaggi che rendono la provincia una fucina di storie, con il loro corredo di tic e mitologie da bar; tanti dei nonni che queste valli hanno visto sistemarsi, fare famiglia e poi ingobbirsi, tenendo per mano un nipote. Ma anche troppi che nonni – anche solo anagraficamente – non hanno fatto in tempo a diventare.

Uno dei miei libri preferiti da bambino è stato un romanzo di Gianni Rodari, “C’era due volte il Barone Lamberto”. Sull’isola di San Giulio, in mezzo al lago d’Orta, il ricchissimo barone ha assunto sei persone affinché ripetano in continuazione il suo nome, convinto che questo sia il segreto dell’immortalità confidatogli da un santone egiziano secondo il quale “colui il cui nome è sempre pronunciato resta in vita”. Nelle scorse settimane, quante volte si è sentito parlare della Valle Seriana in televisione. Ogni citazione, però, era il suggello di nuove morti, non di pretese di immortalità. Ci si auspica che la fine di questo lungo incubo non rimanga una vittoria di Pirro, ma sia opportunità di rinascita effettiva, seppur dolorosa.

(Foto di copertina di Luigi Bonetti)

Da - https://www.glistatigenerali.com/sanita/e-cosi-morimmo-due-volte-cronache-dalla-val-seriana/
2928  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / 1989-2019: la sinistra nel mondo a trent’anni dalla caduta del Muro. inserito:: Gennaio 24, 2020, 10:02:29 pm
[MicroMega 6/2019] 1989-2019: la sinistra nel mondo a trent’anni dalla caduta del Muro.

Presentazione e sommario
Dal 21 novembre il nuovo numero di MicroMega in edicola, libreria, e-book e iPad

PRESENTAZIONE

A trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino, MicroMega dedica un intero numero all’89, interrogandosi su questo evento così cruciale nella storia in generale e in quella della sinistra in particolare: cosa ha rappresentato e quali conseguenze ha prodotto in Europa e nel mondo? La caduta del Muro è stata per la sinistra un’occasione mancata? È ancora possibile sperare in un cambiamento o la crisi della socialdemocrazia è irreversibile e occorre pensare a qualcosa di radicalmente nuovo? Questioni che la rivista, in edicola dal 21 novembre, ha posto a una serie di personalità italiane e straniere.

Adriano Prosperi sottolinea che le date simboliche sono, sì, affascinanti ma rischiano di deformare la percezione della storia, che non procede quasi mai per cesure e radicali discontinuità, e suggerisce dunque di guardare al 1989 risalendo più indietro nel tempo e scendendo più nei dettagli di un passato del Novecento che in questi nostri tempi è diventato terra incognita. Ernesto Galli della Loggia mette l’accento sul fatto che il 1989 non mosse in alcun modo dal basso bensì dall’alto, essendo il risultato di un calcolo politico sbagliato da parte di Gorbačëv. Del dissenso antisovietico nell’Europa dell’Est si occupano Wlodek Goldkorn e Axel Honneth, mentre Irena Grudzińska Gross racconta di come la Polonia, in quel delicato frangente, scelse come legame comune il cattolicesimo, con le conseguenze che vediamo anche oggi. Massimo Cacciari sottolinea come i fatti dell’89 abbiano avuto effetti diversi a seconda dei contesti nazionali e come sia ovvio che, laddove la cultura nazionale presentava forti accenti identitari e antirussi, il nuovo corso virasse decisamente a destra. Lucio Caracciolo spiega come la caduta del Muro abbia sancito soprattutto la vittoria del capitalismo, mentre Dacia Maraini suggerisce di riflettere sulle imperscrutabili ragioni delle masse.

Sugli errori della sinistra riflettono Pancho Pardi, che si interroga sulle conseguenze che il post-’89 ha avuto sul concetto di uguaglianza, e Miguel Benasayag, che individua nel messianismo la malattia mortale della sinistra. E se dalla Spagna arrivano le riflessioni dei politologi Pere Vilanova e Josep Ramoneda, non poteva mancare la testimonianza di chi, in Italia, quegli eventi li ha vissuti in prima persona: Achille Occhetto, che ricorda e rivendica la sua Bolognina, Luciana Castellina, per la quale il 1989 è la data di una sconfitta e non un anniversario festoso, e infine Aldo Tortorella, che definisce il crollo sovietico una tragedia di tutta la sinistra di ispirazione socialista e attacca le varie “terze vie”. Cinzia Arruzza e Felice Mometti ci ricordano poi che quella data segnò anche l’inizio della fine dei movimenti operai novecenteschi, senza però che per questo siano venute meno anche la classe e le ragioni della sua lotta.

IL SOMMARIO DEL NUMERO
ICEBERG - un’occasione mancata?
Adriano Prosperi - L’89 nella lunga durata della storia   
Le date simboliche sono affascinanti ma rischiano di deformare la percezione della storia, che non procede quasi mai per cesure e radicali discontinuità. Se per esempio si guarda al 1989 senza spezzare il continuum della storia, si vedrà come non fosse possibile che dal crollo di un regime come quello russo-sovietico prendessero avvio processi politici orientati alla democrazia liberale e alla giustizia sociale, quasi come se si trattasse di un’uscita dalle tenebre dell’errore verso la luce della ragione.

Włodek Goldkorn - Il dissenso travolto dal passato
I movimenti che a partire dal 1956 hanno contestato i regimi comunisti nell’Europa dell’Est erano complessi e contraddittori, con istanze di ogni tipo (nostalgie clericali e monarchiche comprese). Era dunque un’illusione pensare che la stagione dei Mazowiecki, dei Kuron, degli Havel, dei Kiš – per citare i più famosi fra i dissidenti – sarebbe durata un minuto più dello spazio temporale della transizione. Instaurata la democrazia, nei paesi ex comunisti sono riemerse le dinamiche ‘di lunga durata’ delle rispettive società, dinamiche potenziate dall’avvento del neoliberismo.

Lucio Caracciolo - Una vittoria del capitalismo   
Chi si illudeva, alla fine degli anni Ottanta e nei primi anni Novanta, che dal comunismo reale di marca sovietica si sarebbe potuti passare a regimi democratici, aperti, ma con una forte connotazione social-laburista, ha dovuto presto rassegnarsi all’impraticabilità di una tale transizione. A distanza di anni, possiamo dire che ebbero ragione coloro che sin da subito affermarono che l’89 non fu tanto una vittoria della democrazia sul totalitarismo, quanto del capitalismo sull’economia di piano sovietica.

Axel Honneth - L’indifferenza occidentale per il dissenso a Est: un errore cruciale   
Nessuno può dire se la storia sarebbe andata diversamente nel caso in cui i movimenti dissidenti nei paesi dell’Europa dell’Est avessero trovato maggiore sostegno all’Ovest. Sta di fatto che questo sostegno mancò quasi completamente, e questo può certamente aver contribuito all’indebolimento dello slancio progressista nel post-’89. Dopo la fine dell’Urss, infatti, nei paesi ex sovietici sono riemersi sentimenti nazionalistici a lungo tenuti a bada, che oggi si manifestano in tutta la loro pericolosità. Alla sinistra il compito di ritrovare una strada, partendo per esempio dai beni comuni.

Dacia Maraini - Le imperscrutabili ragioni delle masse   
Indagare le ragioni per cui dopo la caduta del Muro le cose a sinistra non sono andate come forse ci si poteva aspettare è operazione ardua, che avrebbe bisogno della sinergia di storici, politologi, psicologi delle masse. Non sempre infatti i popoli scelgono secondo i propri interessi e la tendenza della sinistra ad autoflagellarsi le impedisce di guardare con fiducia al futuro. Per esempio cercando di pensare un’Europa unita e solidale contro il ritorno degli egoismi nazionali.

Ernesto Galli della Loggia - Prima e dopo la caduta   
Il 1989 non fu una presa della Bastiglia, non mosse in alcun modo dal basso bensì dall’alto: fu il risultato di un errore, di un calcolo politico sbagliato. Gorbacëv provò infatti a riformare ciò che riformabile non era: il sistema politico della dittatura del partito unico con la sua necessaria struttura repressiva. Non averlo compreso significò la fine sua e dell’Unione Sovietica. Un regime che a Mosca come dappertutto si era sempre retto sulla paura, allo scemare di questa non poteva che andare in mille pezzi.

Miguel Benasayag - La sinistra muore nel messianismo   
Vista con gli occhi di un guevarista latinoamericano, la deriva della sinistra europea dopo la caduta del Muro si spiega con il messianismo che l’ha caratterizzata: vale a dire l’ingenua idea che, sconfiggendo il male, si realizzi automaticamente il bene. Se poi questo non accade, allora ci si convince che la giustizia sociale sia impossibile e ci si rassegna a comode terze vie, purché garantiscano il potere.

Francesco ‘Pancho’ Pardi - La fine dell’Urss e il destino dell’uguaglianza   
Tra le più gravi conseguenze dell’esperienza sovietica sono da mettere in conto i danni (irreversibili?) che essa ha prodotto al concetto di uguaglianza. Una parola non solo divenuta desueta ma guardata spesso con sospetto. Il crollo del socialismo reale ha trascinato con sé la sinistra proprio perché ha reso opaco se non addirittura temibile il significato dell’uguaglianza. Da dove ripartire dunque? Ibernato (temporaneamente, si spera) Keynes, si può ancora fare leva su Kelsen, sostenendo con fermezza le garanzie costituzionali e la difesa dei beni comuni.

Massimo Cacciari - L’89 non è uguale per tutti
Pensare che con l’89 le cose sarebbero dovute andare in una certa direzione è un atteggiamento naïf e, soprattutto, antistorico. Le vicende di quell’anno, e di quegli anni, hanno avuto effetti notevolmente diversi a seconda dei contesti nazionali ed è ovvio che, laddove la cultura nazionale presentava forti accenti identitari e antirussi, il nuovo corso virasse decisamente a destra.

Aldo Tortorella - Come la sinistra mancò l’occasione e scelse la ‘terza via’
Nel disincanto operaio e popolare che, dopo la caduta del Muro di Berlino, si rivolse verso i dirigenti del dissenso anti-sovietico giunti al governo, un ruolo importante lo giocò l’impopolarità delle politiche economiche. Ma ancor più contò, nella deriva che
è andata poi a rigonfiare il consenso verso le formazioni politiche di una destra di tipo autoritario detta ‘populista’, l’esasperazione del sentimento nazionale spinto sino allo sciovinismo. Che assume le vesti sia di una replica al vecchio internazionalismo comunista sia quelle di un’ostilità al globalismo predicato tra la fine del secolo e l’inizio di quello nuovo.

Cinzia Arruzza e Felice Mometti - La classe è morta. Lunga vita alla classe
Il 1989 segnò tra le altre cose anche l’inizio della fine dei movimenti operai novecenteschi. Ciò non significa però che con la caduta del Muro siano venute meno anche la classe e le ragioni della sua lotta. E questa considerazione dovrebbe essere alla base di ogni riflessione su come uscire dal periodo di transizione apertosi allora. Da dove ripartire se non da una considerazione dei processi storici, contingenti e irripetibili di soggettivazione della classe? Il compito è individuare quei conflitti contemporanei all’interno dei quali si apre la possibilità di una nuova formazione di classe, anziché provare a riprodurre pedissequamente modelli appartenenti al passato.

Irena Grudzinska Gross - Come rovinare il tuo 1989   
Se c’è un paese dove il 1989 si annunciò per quello che sarebbe stato è la Polonia. È qui che all’inizio di quell’anno furono assestati i primi colpi al Muro di Berlino che sarebbe poi caduto in novembre. Ed è già in quei concitati momenti che furono fatte scelte decisive per il futuro del paese. Il nuovo establishment postdissidente optò infatti per un decisivo ritorno al passato, ma non un passato qualunque: come legame comune fu individuato il cattolicesimo. Con le conseguenze che vediamo anche oggi.

Pere Vilanova - Memoria e amnesia della guerra fredda   
Dopo la fine della guerra fredda si fu un po’ troppo frettolosi a parlare di ‘fine della Storia’. Naturalmente la storia non finì affatto, la democrazia liberale non trionfò, e anzi si diffuse il caos. E a distanza di trent’anni il fascismo, sconfitto come forma di governo, è vivo e vegeto come ideologia e fenomeno sociale (razzismo, antisemitismo, xenofobia), né si può dare per scontato che non sia in grado di causare ulteriori danni, anche su scala globale nelle sue svariate accezioni. La storia dunque, lungi dall’essere finita, è ancora tutta da scrivere.

Achille Occhetto - L’89 visto dalla Bolognina
Eravamo diversi, è vero, ma non innocenti. Per questo la svolta della Bolognina era necessaria. Così almeno la pensa chi di quella svolta fu il padre. Che rivendica: c’è chi volle ridurla a una mera questione di nome ma in gioco c’era la necessità di una costituente per la formazione di un nuovo soggetto politico, che mettesse al centro temi come la democratizzazione della globalizzazione, una new governance del mondo, la centralità dell’integrazione europea.

Josep Ramoneda - Dalle macerie dell’89 una speranza per il futuro
Dopo la caduta del Muro e la fine dell’Urss, il capitalismo ha incontestabilmente vinto. Ma capitalismo e democrazia non vanno necessariamente di pari passo, e anzi il primo ha mostrato una notevole capacità di adattarsi ai sistemi politici più diversi. Possiamo dunque immaginare che il mondo a venire sarà dominato dal conflitto tra diversi capitalismi e che la lotta globale si concentrerà sempre di più tra autoritarismo e democrazia.

Luciana Castellina - L’anniversario di una sconfitta
L’89 non è un anniversario festoso, ma la data di una sconfitta. E quanto ha trionfato in seguito dovrebbe indurre ancor meno a festeggiare. Di per sé, e da sola, infatti, l’introduzione di un sistema di democrazia parlamentare non è sufficiente a garantire la democrazia. Quanto accaduto nella Russia postsovietica dovrebbe dimostrarlo; ma purtroppo ne sono testimonianza anche tanti paesi occidentali, compreso il nostro, dove quella sostanza è stata a tal punto logorata da farci tremare.

NOSTRA PATRIA È IL MONDO INTERO
Fabio Bartoli e Giovanni Savino - Da Brežnev a Putin
Il crollo dell’Unione Sovietica e del blocco orientale ha avuto sulla Russia ripercussioni peculiari, diverse da quelle degli altri paesi al di là della cortina. La prospettiva non è stata infatti quella di un ritorno all’unità nazionale o alla democrazia ma la perdita di centralità nell’equilibrio mondiale, prospettiva per di più risucchiata nelle sabbie mobili di una crisi di identità sociale e culturale. Una situazione che l’attuale presidente della Federazione russa, Vladimir Putin, ha saputo sfruttare a suo vantaggio, costruendovi il suo successo.

Albrecht von Lucke - Non solo il Muro: la Germania in tre date
‘Noi siamo il popolo’ (‘Wir sind das Volk’) era lo slogan della rivoluzione dell’89. Oggi è diventato il motto dell’Afd, la formazione di estrema destra nata in Germania pochi anni fa che aumenta ogni giorno di più i suoi consensi. Come è stato possibile? Perché la questione nazionale, che nell’89 era un’istanza democratica e progressista, è stata lasciata alla destra? Perché solo alle manifestazioni dell’Afd si vede la bandiera tedesca, simbolo che risale alla Germania democratica del 1848? Se la sinistra non ritrova il suo patriottismo illuminato sarà destinata a sparire.
   
Simone Pieranni - Il lungo 1989 di Pechino   
I fatti di piazza Tiananmen sono ancora al centro di analisi e, talvolta, di nuove rivelazioni. In mezzo al marasma di interpretazioni rimane quanto avvenuto: il massacro perpetrato ai danni di studenti, operai e semplici cittadini pechinesi e la drammatica decisione del Partito comunista di procedere alla repressione della ‘Primavera cinese’, frutto di un periodo di intensa vivacità politica e culturale, al termine di uno scontro interno che segnerà per sempre la vita del Pcc.

Fabrizio Tonello - Gli Stati Uniti a trent’anni dal 1989   
Nel 1991, con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, gli Stati Uniti si ritrovano nella posizione di unica superpotenza del pianeta. Ma quella di un futuro mondo unipolare non è che un’illusione. Per gli Usa inizia infatti una fase di declino determinata non solo – o non tanto – dalla parallela ascesa economica della Cina quanto dal fatto che le élite americane non hanno più la coesione sociale, il senso dello Stato e la visione comune del mondo che possedevano durante il XX secolo. Il risultato è un mondo più multipolare, confuso e caotico che mai.

IL SOL DELL’AVVENIRE
Nancy Fraser in conversazione con Giorgio Fazio - Un socialismo per il XXI secolo
A distanza di trent’anni da quell’occasione mancata che fu il 1989, il socialismo è ‘tornato’ dove meno ce lo si poteva aspettare, ossia negli Stati Uniti. Dal successo di politici come Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez al diffondersi di una rivista come Jacobin, esso vive infatti un periodo d’oro negli Usa. Ma l’entusiasmo che circonda questa parola non si sta traducendo automaticamente in serie riflessioni sul suo significato. Un compito, quello di chiarire cosa può significare socialismo nel XXI secolo, che la profondissima crisi in cui versa il capitalismo rende più urgente che mai.

INEDITO
Gajo Petrovic in conversazione con Jasna Tkalec - Jugoslavia: il nazionalismo che prelude alla guerra civile (con una presentazione di Luka Bogdanic)
Gennaio 1991, mancano pochi mesi all’inizio della guerra in Jugoslavia. E mentre il conflitto si avvicina, il sogno di un paese democratico e unito si fa sempre più lontano. In questo contesto esce l’intervista a Gajo Petrovic, qui per la prima volta in italiano, nella quale il fondatore del gruppo marxista dissidente Praxis esprime le proprie critiche al socialismo sovietico e le proprie preoccupazioni per le correnti nazionaliste che stavano prendendo il sopravvento sui processi di democratizzazione.

MEMORIA
Roberto Carocci - Quello straordinario ’89. Una cronologia (1988-1991)   

Da - http://temi.repubblica.it/micromega-online/micromega-62019-1989-2019-la-sinistra-nel-mondo-a-trent%e2%80%99anni-dalla-caduta-del-muro-presentazione-e-sommario/
2929  Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / Il mio concetto di appartenenza alla Popolazione e alla Cittadinanza ... inserito:: Gennaio 24, 2020, 09:59:09 pm
Da tempo nei miei post, differenzio il concetto di appartenenza alla Popolazione e alla Cittadinanza, dove delle due parole solo Cittadinanza esprime il singolare Cittadino.

Popolo e Popolazione sono talmente diverse al loro interno che oltre che come espressione di "insieme tra diversi" che al singolare si prestano a letture anche spregiative (popolano, ecc. ecc.).

A me viene più semplice individuare una cittadinanza e la sua élite (i Cittadini impegnati nel sociale), che popolo e popolani?

Popolo e i suoi capipopolo, … ma di quale popolo? 

ciaooo
2930  Forum Pubblico / ECONOMIA e POLITICA, ma con PROGETTI da Realizzare. / CRIMI lancia la nuova fase del Movimento 5 stelle inserito:: Gennaio 24, 2020, 09:56:15 pm
Crimi lancia la nuova fase del Movimento 5 stelle

07:25, 23 gennaio 2020

Il viceministro dell'interno nel Governo Conte II, dopo le dimissioni di Di Maio, ha voluto precisare il suo ruolo di "traghettatore", inviando un lungo messaggio ai militanti

VITO CRIMI LUIGI DI MAIO MOVIMENTO 5 STELLE

"Luigi Di Maio ha deciso di rimettere il suo mandato di capo politico del MoVimento 5 Stelle. In virtù del nostro statuto, spetta ora al membro più anziano del Comitato di Garanzia svolgere questo ruolo. Ovvero a me". Vito Crimi, viceministro dell'interno nel Governo Conte II e capo politico facente funzioni del MoVimento 5 Stelle a seguito delle dimissioni di Luigi Di Maio, in serata ha voluto precisare il suo ruolo di "traghettatore" inviando un lungo messaggio ai militanti.

"Assumo questo incarico - ha detto - con l'umiltà e la riconoscenza che si deve alle migliaia di cittadini che da anni contribuiscono alle nostre attività con idee, proposte, azioni concrete. Lo assumo con la consapevolezza di dover sostenere una grande responsabilità: quella di un Movimento che in dieci anni ha avuto una crescita inimmaginabile e che adesso deve essere accompagnato verso una nuova fase, e verso nuovi obiettivi che guardano al futuro".

"Questo passaggio di consegne - ha spiegato il viceministro pubblicando l'intervento anche sui social - non avrà alcun impatto sul Governo e sui percorsi già avviati. Continueremo a lavorare per il bene dei cittadini, con mani libere, buone idee e soluzioni concrete, come abbiamo sempre fatto. Andiamo avanti per la strada che abbiamo intrapreso già dal 2009, anno in cui il Movimento è stato fondato".

Di più. Crimi va oltre e pensa al futuro: "Il Movimento adesso si sta ridisegnando, si sta evolvendo, e potrà contare sul prezioso lavoro di tantissime persone, chiamate a portare avanti progetti e iniziative, a migliorare le relazioni interne, a valorizzare la formazione e le competenze, ad avere un contatto sempre più diretto con le esigenze dei cittadini da nord a sud. A tale proposito, intendo continuare ad avvalermi del supporto del Team del Futuro, che gli iscritti al Movimento hanno contribuito a determinare partecipando alle ultime consultazioni pubbliche sulla piattaforma Rousseau. I componenti del team, compresi i facilitatori regionali eletti oggi, sono tutti riconfermati e verranno presto convocati per avviare i lavori".

A Di Maio il primo ringraziamento. "In questo giorno il mio grazie non può che essere rivolto a Luigi - ha sottolineato Crimi -. Una persona perbene, onesta, leale, come se ne vedono poche, in politica e nei palazzi. Un lavoratore instancabile e sempre disponibile, che si è assunto la responsabilità di scelte importanti. è diventato presto il bersaglio naturale di chi voleva demolirci, eppure non si è mai tirato indietro. Anzi, ha fatto da scudo umano per proteggere l'intero Movimento del quale è parte fin dalle origini, e ci ha condotti fino a divenire la prima realtà politica del Paese e forza di Governo".

Non solo. "Ci attendono giorni intensi - ha chiuso il nuovo capo politico ad interim -. Ora è il momento di essere più uniti, umili, disponibili e decisi che mai. Con il percorso di rinnovamento che abbiamo intrapreso vogliamo offrire all'Italia un Movimento che sia strumento utile per quanti vogliono costruire un futuro a misura di tutti, di famiglie, imprese, lavoratori, studenti, cittadini. Coraggio. A riveder le stelle!".
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

Da - https://www.agi.it/politica/crimi_m5s-6930722/news/2020-01-23/
2931  Forum Pubblico / MONDO DEL LAVORO, CAPITALISMO, SOCIALISMO, LIBERISMO. / 3 suggerimenti per un piano Industria 4.0 che faccia bene al Sud inserito:: Gennaio 24, 2020, 09:54:38 pm
3 suggerimenti per un piano Industria 4.0 che faccia bene al Sud

   18:51, 23 gennaio 2020

Alex Giordano

Le misure adottate nella Legge di Bilancio vanno a rivedere alcuni meccanismi proposti precedentemente, con l’intenzione di ampliare la platea dei beneficiari. Ma servono alcuni elementi di attenzione forte che sono molto chiari nel nostro modello mediterraneo di sviluppo ecologico e sostenibile

Qualche settimana fa, pochi giorni prima di Natale, il Ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, in una lettera inviata al Sole 24ORE ha spiegato la nuova politica industriale 4.0 “più inclusiva e attenta alla sostenibilità”.

Il Ministro stesso ha sottolineato, facendo riferimento al numero di imprese che hanno beneficiato del Piano Impresa 4.0, che “la platea di potenziali beneficiari delle misure è ancora ampia”: i 2/3 degli incentivi sono andati a imprese medio grandi; gli investimenti hanno riguardato principalmente componenti macchinari. Solo 95 imprese hanno effettuato investimenti in beni di valore superiori ai 10 milioni di euro e 233 sono state interessate da progetti di ricerca e sviluppo di valore superiore ai 3 milioni di euro.

Le misure adottate nella Legge di Bilancio vanno a rivedere alcuni meccanismi proposti precedentemente, con l’intenzione di ampliare la platea dei beneficiari a supporto anche del Made in Italy. In particolare:

la revisione è stata programmata in ottica pluriennale per dare alle imprese la possibilità di programmare in un periodo medio-lungo;
il super e l’iper ammortamento sono stati trasformati nel nuovo credito d’imposta per beni strumentali. Questa misura dovrebbe essere fruibile anche dai soggetti senza utili e in regime forfetario come le imprese agricole;
è stato introdotto un incentivo per l’acquisto di software.
Inoltre il Piano Transizione 4.0 (questo il nuovo nome attribuito al Piano Impresa 4.0) si è concentrato sugli investimenti green e per le attività di design e ideazione estetica a vantaggio di settori come il tessile e la moda, il calzaturiero, l’orafo, i mobili, l’occhialeria, le ceramiche.

Totale: 7 miliardi di euro.
Il Ministro, sempre nella lettera, sottolinea che le risorse economiche sono una delle leve necessarie alla crescita tecnologica che è però un processo che “necessita di un sostegno per la formazione e l’informazione”. Per questo è stata lanciata la misura dei manager dell’innovazione (esperti che sappiano contribuire all’accelerazione tecnologica di un’azienda e guidarne il cambiamento) e si sta lavorando alla creazione di una “solida e stabile connessione tra il mondo produttivo e quello della ricerca”. Su questo il Ministro ha annunciato il Progetto Atlante 4.0, realizzato in collaborazione con Unioncamere “per far conoscere le strutture che operano a supporto dei processi di trasferimento tecnologico e trasformazione digitale delle imprese”. In parallelo si sta lavorando (anche con Enea) per far crescere gli investimenti in innovazione nel nostro Paese attraverso il Fondo Nazionale Innovazione.

Il Ministro ha chiuso la sua lettera con queste parole “la Transizione è una grande sfida, ma il nostro tessuto imprenditoriale saprà coglierla…”

Riflessioni dalla ricerca sul campo (di battaglia)
Ecco il punto chiave: il nostro tessuto imprenditoriale saprà cogliere la sfida? Al di là dell’auspicio, la risposta non è per niente scontata.

L’abbiamo sperimentato con il progetto PIDMed (Punto Impresa Digitale Mediterraneo) nei territori delle Province di Caserta e Salerno. PIDMed, come tutti gli altri Punti Impresa Digitale, è una struttura di supporto al Piano Impresa 4.0, che Uninocamere attraverso le due Camere di Commercio di Salerno e di Caserta hanno creato in partnership con il programma Societing 4.0 dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e con il supporto di COINOR e dell’incubatore Campania New Steel. Come gli altri PID, ha sostenuto operativamente le MPMI nel percorso di alfabetizzazione delle imprese del territorio, nella creazione di progetti e nella adozione dei Voucher Digitali I4.0 solo che si è sforzato di creare un prototipo di Punto d’Impresa Digitale che fosse rispettoso del genius loci meridionale, del tutto diverso dal contesto socio-economico tedesco nel quale è stato concepito il piano Industry4.0.

L’operazione non è stata semplice. A partire dalla presenza di imprese culturalmente molto distanti dai processi di trasformazione immaginati dal modello Industry 4.0. Le imprese di questi territori, infatti, sono principalmente piccolissime imprese artigiane che basano i loro successi sull’estro e sull’operatività degli imprenditori. In Campania 96 imprese su 100 hanno meno di dieci addetti, inoltre molte si trovano distanti dai “distretti della conoscenza” essendo ubicate in aree interne. La dimensione e la collocazione territoriale hanno almeno 3 effetti critici su quelle condizioni abilitanti che possono favorire l’introduzione di tecnologie 4.0:
la dimensione delle imprese non favorisce la definizione di processi produttivi codificati e, di conseguenza, rende particolarmente complessa la digitalizzazione perché digitalizzare un’impresa non significa solamente acquistare nuovi macchinari o tecnologie bensì ripensare alle modalità operative che supportano le strategie per la creazione di nuovi prodotti, la trasformazione dei prodotti tradizionali e anche la creazione di nuovi business;
 
la dimensione e la collocazione delle imprese non favorisce la spinta propulsiva al cambiamento perché distanzia queste imprese dalle filiere complesse che facilitano un approccio integrato all’innovazione. I player industriali più grandi, infatti, diventano forza motrice dei processi innovativi richiedendo alla catena dei fornitori e agli altri attori della filiera di ripensare i processi aziendali, l’organizzazione del lavoro e la relazione con i clienti. La dispersione e la frammentazione delle imprese di tanti contesti produttivi (tipo quello in cui ha operato PIDMed) allontana queste realtà dai processi di innovazione;
 
la collocazione fisica delle imprese, distante dai servizi informativi che abitualmente hanno una concentrazione urbana, fa sì che il sistema degli incentivi e dei servizi -erogati a sportello- non arrivi, per assurdo, ai beneficiari potenziali. E’ esperienza diffusa sul territorio nazionale quella della disponibilità di risorse pubbliche che sono troppo distanti da chi potrebbe (o dovrebbe) fruirne e, di conseguenza, sono risorse che non vengono distribuite e non consentono di ottenere quegli output e outcome descritti, spesso, molto bene nei documenti di progetto delle varie istituzioni (molti esempio potremmo portare su ambiti di policy differenti dal nord al sud passando per il centro Italia).
C’è un altro aspetto non secondario: il problema per gli imprenditori non è già l’attuazione di un Piano Nazionale bensì la possibilità di comprendere quali siano i vantaggi dei cambiamenti proposti per la propria impresa e quali siano i servizi e le risorse disponibili. Detto così sembra banale ma ha tanto a che fare con la dimensione culturale quindi con l’attitudine ai cambiamenti degli imprenditori (che essendo singoli decidono in autonomia e su criteri di convenienza molto immediata) e con la fiducia verso gli attori che lo propongono. Quindi anche quando Comuni, Camere di Commercio, Università o chi per loro, arrivano a rappresentare le novità di politiche nazionale come quella di Impresa 4.0, non è detto che l’interlocuzione vada a buon fine: bisogna parlare la stessa lingua per capirsi bene e per creare una relazione proficua.

Questi processi di cambiamento non passano solamente dall’informazione ma necessitano di un differente sistema di relazione tra diversi attori. Dove un’azienda anche medio-piccola appartiene ad un sistema imprenditoriale complesso sono le imprese più grandi e strutturate a guidare i processi, nelle realtà come quelle affrontate da PIDMed è stato necessario trovare chiavi di interazione diverse. La proposta di introdurre tecnologie 4.0 è passata dalla mediazione di uno staff di facilitatori, adeguatamente formati dal Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università Federico II° di Napoli, che hanno incontrato gli imprenditori presso le loro aziende, hanno ascoltato le storie delle imprese e hanno fatto da ponte tra le soluzioni mappate presso i Centri di ricerca coinvolti e le criticità evidenziate, in modo autonomo, dagli imprenditori: “noi qui spendiamo molti soldi per l’irrigazione di questi campi e il consumo d’acqua è molto alto”; “sulla mia barca faccio fare tour soprattutto a italiani: ci sono pochissimi stranieri; “nel mio agriturismo ho tanti clienti solo in certi momenti dell’anno”…

In contesti come questi non si può pensare che lo sviluppo tecnologico passi, come in altre realtà più strutturate, da processi multi-settore e cross industriali.

Di certo servono piattaforme territoriali che creino sistemi vantaggiosi per le imprese e i territori. La nostra esperienza ci dice che ci sono alcune vie possibili alla trasformazione:
proporre soluzioni “accettabili”: le tecnologie open source, ad esempio, e sistemi (meno costosi) di retrofitting (misure adottate per consentire l'installazione di parti nuove o aggiornate su macchinari vecchi o obsoleti) sono state accolte anche da piccolissimi imprenditori e sono un possibile primo momento di alfabetizzazione con il 4.0;
il discorso su I4.0 va tradotto:
dal punto di vista delle imprese (non si può chiedere ad un artigiano di sostituire la sua produzione con dei robot ma si può immaginare di lavorare sulla realtà aumentata per presentare in modo innovativo il grande valore aggiunto del lavoro svolto in quella bottega o di agire sull’efficentamento della logistica e/o dell’amministrazione);
per l’applicazione concreta all’interno delle imprese (per vendere i tuoi tour agli stranieri puoi usare un sistema che parla - lui non tu- in tante lingue diverse, come ad esempio un chatbot);
con linguaggi accettabili per gli imprenditori (i costi che sono aumentati per le irrigazioni possono essere ridotti controllando l’umidità del terreno e facendo in modo che l’acqua venga data dove e se ce n’è bisogno. Si può fare con dei sensori);
supportare le reti territoriali componendo la frammentazione dove altri dispositivi non sono in grado di intervenire: dopo un periodo di studio e formazione su Big Data, e su come gli strumenti di Intelligenza Artificiale possano essere di supporto alla destagionalizzazione del turismo e alla promozione delle esperienze autentiche del territorio, 8 imprese del Cilento hanno realizzato una piattaforma di destinazione che, attraverso big data, attrae potenziali visitatori. Questo progetto, per altro, è stato selezionato da una short list di 200 progetti (su oltre 10.000 progetti realizzati in tutta Italia utilizzando i voucher per la digitalizzazione 4.0) e premiato, come unico progetto del sud Italia, insieme ad altri 5 nel contest Top of The Pid organizzato da Unioncamere.
Vedremo se e come le novità proposte dal Piano Transizione 4.0 potranno ulteriormente ampliare la platea delle imprese destinatarie delle misure previste. Di certo ci immaginiamo che i Competence Center possano avere una funzione importante così come i manager dell’innovazione è che le Università debbano aprirsi sempre di più alle comunità ed ai suoi contesti socioeconomici di riferimento.

Ma servono, secondo noi, tre elementi di attenzione forte che sono molto chiari nel nostro modello mediterraneo di sviluppo ecologico e sostenibile:
è importante che le attività di ricerca e azione passino da processi di conoscenza delle realtà alle quali si rivolgono, per definire idee e soluzioni che verifichino la loro utilità ed efficacia alla prova dei fatti;
è molto utile creare ponti tra discipline, attori, significati, metodi, territori, tradizione e innovazione generando idee, esperienze e soluzioni che possono produrre valore collettivo. Il lavoro non è solo sulle imprese, quindi, ma su quell’intelligenza collettiva che mette insieme persone, tecnologie, singoli e comunità verso la generazione di bene comune;
serve un tempo da dedicare alla formazione e alla crescita ecosistemica dei processi di innovazione tecnologica e sociale. Per questo è decisivo sostenere una diffusa alfabetizzazione a vantaggio di una distribuzione condivisa dei poteri e delle responsabilità delle/nelle comunità. Ciò crea gli anticorpi e i dispositivi che possono favorire il cambiamento ed evitare che intelligenze artificiali -cioè intelligenze che agiscono in autonomia, attraverso le macchine o attraverso dispositivi sociali-economici-tecnici-politici-militari-religiosi… - condizionino in modo negativo la vita delle persone.
Se volete approfondire il nostro punto di vista potete scaricare il nostro ultimo il report Industry 4.0 - La sperimentazione di un modello mediterraneo.
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

Da - https://www.agi.it/blog-italia/digitale/industria_4_0-6936162/post/2020-01-23/
2932  Forum Pubblico / DOMANESIMO: l'IERI, l'OGGI e il DOMANI per i GIOVANI. / Diamo valore alla sostenibilità per promuovere un’economia inclusiva inserito:: Gennaio 24, 2020, 09:53:17 pm
CONTENUTO SPONSORIZZATO
MF Focus


Diamo valore alla sostenibilità per promuovere un’economia inclusiva

Carlo Messina, CEO Intesa Sanpaolo

Essere una Banca leader in Europa non basta. Almeno non se sei Intesa Sanpaolo. Mentre i consuntivi dei primi nove mesi del 2019 portano in dote cifre record, in primis l’utile netto di 3,31 miliardi di euro (il miglior risultato dal 2008), e una solidità patrimoniale ai vertici del settore, l’istituto espande i propri obiettivi più ambiziosi oltre il perimetro del bilancio. «Per Intesa Sanpaolo essere riferimento per le comunità dove opera in chiave di crescita solidale è un elemento fondativo dalla nascita, cinquecento anni fa, delle fondazioni caritative origine del nostro Gruppo», ricorda il Ceo Carlo Messina. «Per questo oggi pensiamo che il concetto di creazione di valore debba essere interpretato in una chiave più ampia: significa essere il motore dell’economia sociale del nostro Paese e promuovere un grande progetto per l’inclusione economica e per la lotta alla povertà, lavorando dunque sul concreto, non facendo dei piani teorici».
A gennaio Intesa Sanpaolo organizza una giornata con personalità nazionali e internazionali per presentare i risultati e gli obiettivi per il sociale, la cultura, l’ambiente e l’innovazione.

UN IMPEGNO SCRITTO NEL PIANO D’IMPRESA
La vocazione del Gruppo a concorrere alla crescita culturale, sociale e civile del Paese è dunque stata posta al centro del Piano d’Impresa 2018-2021 di Intesa Sanpaolo e si è articolata in numerose iniziative a sostegno delle aziende, delle famiglie, della scuola, dei giovani, delle istituzioni culturali, dei bisognosi. «Per questi ultimi abbiamo avviato rilevanti programmi e partnership per la distribuzione di pasti, posti letto, farmaci e indumenti, effettuando quasi sei milioni di interventi nei confronti di chi si trova in difficoltà», elenca Messina. «Ma voglio ricordare anche l’impegno a favore della Circular Economy, svolto con un plafond di 5 miliardi di euro di credito, che ha trovato manifestazione concreta con crediti approvati per un valore di 750 milioni a sostegno delle prime 50 iniziative». Solo nel 2018 sono stati erogati inoltre circa 4,5 miliardi di euro di finanziamenti ad alto impatto sociale, indirizzati alle fasce vulnerabili di clientela, alle famiglie colpite da eventi calamitosi (come per esempio i plafond per la remissione dei mutui e per la ricostruzione stabiliti a beneficio dei genovesi colpiti dal crollo del ponte Morandi), al microcredito e al terzo settore. A questi si aggiungono circa 60 miliardi di euro di nuovo credito concessi a medio-lungo termine (50 dei quali in Italia e 42 a beneficio di famiglie e piccole e medie imprese) e numerose altre iniziative. Il Fund for Impact è un Fondo d’impatto che affonda le sue radici nella lunga e proficua esperienza di Banca Prossima, oggi incorporata nel Gruppo in modo che i suoi elementi caratteristici (modello di valutazione, personale selezionato tra chi ha esperienza diretta nel volontariato, Fondo di garanzia) siano parte del Dna di tutto l’istituto. Il Fund for Impact ne è un chiaro esempio perché rende accessibile il credito ad alcune categorie di esclusi: persone, famiglie e imprese che potranno così realizzare i propri progetti e creare valore per sé e per il Paese.

NON C’È ECONOMIA SENZA EDUCAZIONE
In modo significativo, Intesa Sanpaolo ha voluto che la prima iniziativa del Fund for Impact fosse un prestito destinato agli studenti universitari (vedi box) «Siamo convinti che lo sviluppo di un’economia è intimamente legato ai livelli di educazione, in particolare delle generazioni più giovani», conferma l’a.d. del gruppo. «Creare le condizioni per generare nuova occupazione è una priorità per il rilancio del nostro Paese, che non investe in formazione e dove il fenomeno dei NEET è sempre più drammatico. Specialmente in un contesto socio-economico come quello attuale nel quale la formazione delle nuove generazioni diventa sempre più strategica per impieghi che richiedono specializzazioni e competenze tecniche, Intesa Sanpaolo vuole lasciare un segno profondo nella società civile favorendo l’occupazione giovanile e ovviando allo squilibrio tra domanda e offerta di lavoro». Ma l’impegno in questo senso non si limita ai giovani, basti pensare alle iniziative culturali diffuse sul territorio nazionale di cui Intesa Sanpaolo è promotrice. Nei primi nove mesi dell’anno le Gallerie d’Italia, i tre musei di Intesa Sanpaolo, hanno ospitato circa 350.000 visitatori e, nello stesso periodo, abbiamo dato in prestito oltre 200 opere d’arte della nostra collezione ad altri musei italiani e internazionali».

SEMPRE PIÙ LEADER NELLA CSR
La scelta di puntare su ambiente, sociale e cultura è anche premiata dai mercati finanziari. «Gli investitori non ti scelgono per gli utili e i dividendi, ma anche per quanto sei in grado di dare alla società», commenta Messina. In linea con le richieste che pervengono dagli stakeholder, il Gruppo ha dunque ulteriormente consolidato la propria leadership anche nella Corporate Social Responsibility meritandosi l’inclusione in numerosi indici di sostenibilità, tra cui – unica Banca italiana – i Dow Jones Sustainability Indices, la Climate Change A List 2018 del CDP e l’indice delle 100 società più sostenibili al mondo, curato da Corporate Knights. «Questi risultati ci incoraggiano a guardare con fiducia al futuro e alle attese dei nostri stakeholder», conclude Messina, «con i quali continuiamo un dialogo aperto e attento. Il nostro impegno nei confronti di ciascuno di essi continua a essere il riferimento principale del nostro agire».

Le iniziative di Intesa Sanpaolo per aiutare persone e imprese colpite da calamità naturali o coinvolte da crisi aziendali

Così nelle emergenze diamo una mano a chi ha bisogno
Gros-Pietro, Presidente di Intesa Sanpaolo all'iniziativa "NOI INSIEME"
Che sia un’inondazione, un terremoto o la chiusura improvvisa di uno stabilimento industriale, dove c’è un’emergenza sociale c’è un’esigenza di fornire risposte rapide a necessità molto concrete, in primis di sostegno economico alla popolazione colpita. Per questo capita che una banca debba agire come un’unità di pronto intervento, fornendo una soluzione rapida dove si crea un problema improvviso. Nell’ultimo anno queste circostanze purtroppo si sono verificate diverse volte in Italia, in alcune di queste il gruppo Intesa Sanpaolo ha attivato rapidamente iniziative a sostegno dei lavoratori, delle famiglie e delle imprese. Ecco alcune delle principali:

Stop ai mutui per i lavoratori di Mercatone Uno
Per supportare i dipendenti della società Mercatone Uno, Intesa Sanpaolo ha deciso di dare la possibilità a coloro che tra i 1.800 lavoratori del gruppo imolese sono suoi clienti di sospendere le rate di mutui e prestiti personali per un periodo fino a 12 mesi, presentando domanda di sospensione presso la propria filiale di riferimento.


Deroga ai prestiti per chi subisce la crisi dell’ex ILVA
Anche ai dipendenti e ai fornitori della società ex ILVA, Intesa Sanpaolo ha offerto di sospendere le rate di mutui e prestiti personali per un periodo fino a 12 mesi. La domanda di sospensione andrà presentata dai dipendenti interessati presso la propria filiale Intesa Sanpaolo, che provvederà a finalizzarla.
100 milioni per risollevare l’agricoltura del Sud Italia
Un plafond di 100 milioni di euro è stato stanziato a sostegno delle imprese agricole del Sud danneggiate dall’eccezionale maltempo di inizio novembre, al fine di rispondere nel più breve tempo possibile alla situazione di emergenza. In particolare, il plafond è destinato alle aziende che hanno subito danni a colture e strutture produttive, dando loro un sostegno finanziario dedicato.
Un plafond milionario per Venezia e la sua laguna
Di fronte alle drammatiche immagini giunte da Venezia, il gruppo ha stabilito un plafond di 100 milioni di euro a sostegno delle famiglie e delle imprese della città, ma anche della sua provincia e del litorale, che hanno subito danni a seguito dell’eccezionale maltempo.
Pronto intervento per il Friuli e il Delta del Po
La situazione di emergenza venutasi a creare nel litorale del Friuli Venezia Giulia e nelle zone del Delta del Po a seguito della mareggiata di metà novembre, ha indotto il Gruppo ha stanziare due plafond rispettivamente di 20 e di 5 milioni di euro a sostegno delle famiglie e delle imprese che hanno subito danni considerevoli. Il plafond - che si aggiunge a quello annunciato pochi giorni prima per Venezia e la sua provincia - è destinato alle famiglie, alle imprese e ai pescatori più colpiti dagli eventi.
Congelati mutui e rate anche a Nord Ovest
Per risollevare i territori di Piemonte, Liguria e Lombardia colpiti dall’ondata di maltempo questa volta Intesa Sanpaolo ha definito un plafond di 150 milioni di euro, comprendendo anche la possibilità, per le persone e le aziende coinvolte, di richiedere la sospensione per 12 mesi delle rate dei finanziamenti in essere. Gli speciali finanziamenti prevedono inoltre che vi si possa accedere tramite un iter semplificato, basato sulla base della sola autocertificazione, e potendo contare su una gestione della richiesta in via prioritaria.
Una mano al Triveneto nella lotta alla cimice asiatica
Nel Triveneto la superficie coltivata a frutta si estende su più di 50 mila ettari, pari al 13% della superficie coltivata a frutta nazionale, con una produzione che nel 2018 ha raggiunto circa 21 milioni di quintali (il 35% della produzione italiana). In questa zona dunque i danni della cimice asiatica, una specie infestante che si nutre di frutta e ortaggi, sono stati molto estesi e hanno colpito in particolare alcune coltivazioni tra le quali quelle di uva. Intesa Sanpaolo ha stanziato un plafond di 50 milioni di euro per finanziamenti destinati alle aziende agricole del Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige che vorranno dotarsi di misure di difesa dalla cimice asiatica. Le imprese del settore avranno inoltre la possibilità di richiedere la sospensione della quota capitale delle rate dei finanziamenti fino ad un massimo di 12 mesi.

Tutti i dati e le informazioni contenuti nel presente focus sono stati forniti da Intesa Sanpaolo, che ne garantisce la correttezza e veridicità, a soli fini informativi
Da - https://www.milanofinanza.it/speciali/intesa-sanpaolo
2933  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / NADIA URBINATI. IL POTERE GENTILE DELLE SARDINE, COSTITUENTE ED ETICO inserito:: Gennaio 24, 2020, 09:50:47 pm
IL POTERE GENTILE DELLE SARDINE, COSTITUENTE ED ETICO

PRIMO PIANO | 27 DICEMBRE 2019

DI NADIA URBINATI

La fisicità, la piazza, la politica riportata ai cittadini, l’innocenza, la pre-politica, il buon senso, la moderazione: sono alcune delle qualità messe in circolo per spiegare il fenomeno delle Sardine. Alle quali segue la diagnosi: si tratta di una sveglia data alla politica, ma non ancora di politica.

E una volta svegliato il sovrano dormiente, le Sardine avranno compiuto la loro funzione. Davanti a loro due alternative: o si faranno partito o confluiranno in un partito esistente.

La loro funzione è comunque a termine, come ogni mobilitazione fisica, come il pesce fresco da cui hanno preso il nome. Se sulle chat si può stare ininterrottamente a costo di inventare casi e problemi per non annoiarsi, in piazza ci si va per giorni, forse settimane, ma non per mesi o anni.

Soprattutto se non sono piazze di rivendicazione, come nel caso dei gilet gialli, o di indignazione, come nei Girotondi, gli antesignani di tutte le contestazioni che si sono succedute in questo primo ventennio di secolo.

Le Sardine sono espressione di un potere costituente etico. Non vogliono scrivere costituzioni. Si riconoscono con esplicita e ammirevole normalità nella Costituzione esistente, nei suoi valori politici antifascisti e nelle regole che sancisce. Non si indignano ma affermano un’esistenza, quella della cittadinanza. Ci ricordano che il corpo politico democratico ha due poteri: quello delle norme scritte e quello dell’opinione.

Come scriveva Rousseau (il ginevrino Jean-Jacques) la sovranità parla due lingue: quella della legge e quella dell’opinione. La prima è vera e propria volontà sovrana, scritta nero su bianco, con il compito di dare legittimità formale a tutte le decisioni politiche. La seconda è sovranità informale, “scritta nei cuori” dei cittadini; è come un tonico che rende facile l’ordinaria condizione di chi vive libero sotto la legge.

Se questa sovranità di “sentimento” si indebolisce, si fa difficile respirare mentre obbedire alle leggi diventa un lavoro pesante. L’Italia che ha prodotto le Sardine si trova in questa condizione. Anni di furto della rappresentanza politica, ridotta a una delega in bianco concessa controvoglia a vogliosi/e di potere; anni di logorroico populismo di piazza e di governo; anni di leader plebiscitari di ogni colore e foggia hanno avuto un effetto doppio, scandito cronologicamente.

Prima, hanno eroso e cancellato le coscienze di cittadini abituati alle identificazioni partitiche, e hanno reso l’elettorato “volatile”, come dicono i politologi. Poi, sulle ceneri di quella vecchia rappresentanza ha cominciato a prendere vita il bisogno di una nuova rappresentanza.

Questo è il momento in cui le Sardine hanno cominciato a popolare il mare profondo del potere costituente che è “scritto nei cuori”. Un potere che è restato imbambolato e dormiente, sotto sedativo della politica populista che tutto semplifica e di tutto si impossessa, consumando l’ossigeno della cittadinanza attiva.

Il florilegio delle qualità coniate per descrivere le Sardine è il segno della radicalità di questo potere costituente, gentile e ingenuo come quello pennellato da Rousseau nel capitolo dodicesimo del secondo libro del Contratto sociale. Più che pre-politico, si tratta di un fenomeno fondativo della politica: la radice della politica democratica discussa, ragionata, contestata, combattuta, rappresentante.

Come ogni forza costituente, la mobilitazione delle Sardine non può sostituire la politica costituita. Né del resto lo vuole perché è consapevole della sua forza e della sua funzione.

Ingenua all’apparenza, ma in effetti molto ragionata e deliberativa, consapevole del perimetro della sua estensione.

Segno di una cittadinanza democratica matura, che conosce la propria funzione; che accetta le regole del gioco e pretende che chi parla in suo nome le rispetti a sua volta e cambi le forme e lo stile dell’agire pubblico. I fiumi di rozze e roboanti parole hanno solo stordito il pugile democratico. Che ha una forza originaria straordinariamente resiliente e imprevedibile.
La Repubblica, 23 dicembre 2019

Da - http://www.libertaegiustizia.it/2019/12/27/il-potere-gentile-delle-sardine-costituente-ed-etico/
2934  Forum Pubblico / DOMANESIMO: l'IERI, l'OGGI e il DOMANI per i GIOVANI. / In affari sul web, quanto conta la formazione per i nostri imprenditori inserito:: Gennaio 24, 2020, 09:49:19 pm
CATEGORIA: VENDERE E COMPRARE

In affari sul web, quanto conta la formazione per i nostri imprenditori

 Scritto da Econopoly il 23 Gennaio 2020

L’autrice di questo post è Mariachiara Marsella, co-founder e web marketing manager di BEM Research –

Il modo di acquistare prodotti e servizi è nel tempo notevolmente cambiato e ciò ha comportato la necessità per le imprese di adattarsi alle nuove esigenze dei consumatori, per altro, questi ultimi, sempre più esigenti in fatto di disponibilità di prodotti, velocità di consegna e assistenza clienti.

Il dato di fatto è che prima (nemmeno tanto tempo fa) l’acquisto online si faceva esclusivamente dal proprio computer, poi è divenuto e sarà sempre di più attraverso smartphone, tablet e/o applicazioni mobile dedicate.

Ma a cambiare è stato ed è anche l’acquisto in store, presso un punto fisico. Si pensi solo a quando si cerca su Google la sede di un negozio, si clicca su Google Maps e si seguono le indicazioni per arrivare e nel frattempo, Google, ci fornisce anche informazioni sui parcheggi nelle vicinanze. E, se il proprietario del negozio è stato abbastanza scaltro, la nostra entrata nel punto vendita potrebbe essere addirittura segnalata come una visita dal sistema di tracciamento utilizzato per il sito web (visita cosiddetta off-line).

E non finisce qui.
È infatti molto probabile che chi ha acquistato commenterà l’acquisto, il livello di assistenza e la (si spera) cordialità della commessa o commesso. E non lo farà tra le quattro mura della propria abitazione: lo farà sui social, oppure su un blog e/o sul sito dell’azienda o sulla scheda Google My Business, divenendo una cassa di risonanza della sua stessa esperienza di acquisto e condizionando online, inevitabilmente, amici, colleghi e semplici conoscenti.

Tutto questo detto in pochissime parole e solo per sottolineare come l’acquisto online e offline non termini assolutamente con il mero pagamento del prodotto o servizio.

Appare pertanto chiaro come per le imprese, soprattutto quelle di piccola e media dimensione operanti in Italia, sia piuttosto complicato riuscire a stare al passo, nel modo corretto, a questo relativamente nuovo modo di fare acquisti che però, sta diventando la norma.

Se le vendite online registrano un aumento anche in Italia, il nostro paese è comunque ben lontano dalla media europea. In altri termini, le imprese italiane non sfruttano le opportunità del web come potrebbero.

Secondo i dati Eurostat, infatti, nel 2017 solo l’8% delle imprese italiane non finanziarie con almeno 10 dipendenti ha ricevuto un ordine online. La media dell’Area euro è del 18%.

Concentrandosi poi sul fatturato prodotto su Internet da parte delle imprese di piccola e media dimensione, questo è stato pari a 6% nel 2017, uguale a quello del 2016 e addirittura inferiore al 2015. Mentre per le PMI europee la media è aumentata ed è del 10% (Grafico 1).

Grafico 1. UE28: percentuale del fatturato delle piccole e medie imprese ottenuto tramite l’e-commerce
Dati relativi al 2017- Imprese non finanziarie con 10-250 dipendenti

… - schermata-2020-01-23-alle-09-31-13
Fonte: elaborazioni BEM Research su dati Eurostat

La differenza che si rintraccia a livello europeo è presente anche a livello nazionale. Infatti nel commercio online appare ugualmente un divario, territoriale: al nord i consumatori acquistano maggiormente online rispetto che al sud (Grafico 2).

… - Grafico 2. Italia: individui che hanno utilizzato Internet per acquistare beni e servizi negli ultimi 3 mesi–classificazione per macroarea geografica

… - schermata-2020-01-23-alle-09-32-41
Fonte: elaborazioni BEM Research su dati Eurostat

Perché ciò accade? È probabile si tratti di una serie di concause che proprio per la loro vastità andrebbero affrontate in un articolo a parte. Di sicuro una di queste concause è una maggiore diffusione della “cultura del web” al nord che invade di sé utenti e aziende.

Di fatto sarebbe opportuno intervenire maggiormente a livello locale al fine di sensibilizzare le piccole e medie imprese su argomenti legati al web marketing e digitalizzazione.

Per promuovere la conoscenza di questo settore è quindi necessario promuovere eventi formativi gratuito ed espressamente dedicati agli imprenditori che puntino in modo pratico, semplice e diretto a fornire le conoscenze necessarie per capire se e come trasformare un’impresa in un brand, ma anche se vale davvero la pena sviluppare online il proprio business.

È obbligatorio avere un sito web, popolare i social media, fare campagne pubblicitarie online e/o email marketing? No, non è obbligatorio e anzi fortemente sconsigliato nel caso in cui non si investa il budget adeguato e soprattutto le risorse umane adeguate, in base alla competitività del settore.

Proprio con questa finalità nasce la prima edizione di Colos-SEO, evento totalmente gratuito patrocinato da Confcommercio e dedicato alle imprese, che operano in particolare nel centro-sud d’Italia, che si terrà il 19 febbraio a Roma.

Il taglio assolutamente pratico e non tecnico che è stato dato all’evento è il risultato dell’analisi, nel tempo, delle necessità degli imprenditori che si trovano a dover investire in attività per loro nuove o poco conosciute. Il programma dell’evento è stato infatti strutturato per offrire esempi pratici su molteplici argomenti, per citarne solo alcuni: visibilità su Google, campagne pubblicitarie, organizzazione di un team interno dedicato al web marketing e strumenti per capire se la strategia di web marketing adottata sta realmente funzionando.
Twitter @uale75

Da - https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2020/01/23/web-marketing-formazione/?uuid=96_SOp4nTM7
2935  Forum Pubblico / LA COSTITUZIONE, la DEMOCRAZIA, la REPUBBLICA, vanno Difese! Anche da Noi Stessi. / Con la Repubblica degli Italiani: cesserà l’inganno del “Potere al popolo”, inserito:: Gennaio 24, 2020, 09:47:32 pm
Gianni Gavioli ha aggiornato la descrizione del gruppo Democrazia Completa? Un Obiettivo da Raggiungere.
 
La Repubblica degli Italiani è una Democrazia Completa?
Lo sarà quando la Cittadinanza e la Popolazione non delegheranno, ma sceglieranno!

Con la Repubblica degli Italiani: cesserà l’inganno del “Potere al popolo”, il popolo non ha mai avuto nessun potere ha sempre subìto, è sempre stato condotto, usato, manipolato. Con la fine della delega alla politica e la possibilità di “scegliere il Governo” termina la falsità storica che è l’anima del populismo.

Il Popolo non è una unità compatta di Umanità, ma un insieme di individui differenti che decidono di riconoscersi in una terra (Patria/Matria) comune ... chiamandola Nazione.
Il modo simile, ma non uguale, d’essere Protagonisti distingue la Cittadinanza dalla Popolazione.


La Democrazia Autorevole: riconosce alla Cittadinanza attiva i meriti a chi si dedica, con modi propri e indipendenti, al bene comune (P.e.: il volontariato sociale). Questo avverrà senza discriminare la parte di Popolazione non impegnata attivamente ma non inerte, che intende limitarsi ad esercitare il diritto al voto.

Il rispetto delle leggi e un giusto modo di agire con civismo, consentirà di mantenere ad ognuno il diritto al voto e al godimento dei servizi che lo Stato deve riconoscere al Paese Reale e al Paese Legale anche se non sono identici tra le due realtà.

Il Progetto: è un documento programmatico di Governo che i Partiti e le diverse Realtà sociali accettano di sottoscrivere e si impegnano a realizzare, nei 5 anni di legislatura dopo la sua approvazione da parte dei Cittadini Elettori, in regolari e democratiche elezioni politiche.

Segue

27 giugno 2019
ggiannig

Da Fb democrazia ecc.

2936  Forum Pubblico / LA COSTITUZIONE, la DEMOCRAZIA, la REPUBBLICA, vanno Difese! Anche da Noi Stessi. / In Italia possono votare 51.402.963 persone. inserito:: Gennaio 24, 2020, 09:41:37 pm

In Italia possono votare 51.402.963 persone

 Posted 6 Dicembre 2019 In Politici

Gli elettori a Roma sono il doppio rispetto a Milano. Le donne sono 1,5 milioni più degli uomini

Gli elettori italiani sono in calo. Per le elezioni europee del 26 maggio 2019 sono stati chiamati al voto oltre 51 milioni di cittadini. Ma, per la prima volta dal 2011, il loro numero è diminuito di quasi 3mila unità e, in attesa dell’aggiornamento delle liste elettorali, c’è da immaginare che questa sia la cifra degli aventi diritto nel caso ci fossero nuove elezioni in Italia nel 2020. Le prossime votazioni in programma sono le elezioni regionali, previste il 26 gennaio in Emilia Romagna e Calabria e, tra maggio e giugno, in altre 6 regioni.

Gli elettori italiani del 2019

Come si vede dal grafico sopra, nel 2018 c’è stata una leggera battuta d’arresto dopo il record di potenziali elettori del 2017, ma se si guarda ai primi anni Duemila, la crescita è stata di circa 2 milioni di persone, il 4% in più rispetto a coloro che potevano esercitare il loro diritto nel 2000.

Secondo i dati del ministero dell’Interno al 30 giugno 2018 le persone aventi diritto al voto in Italia sono esattamente 51.402.963, compresi quelli delle circoscrizioni estere.
Elettori italiani, Roma doppia Milano
Il comune con più iscritti alle liste elettorali è Roma. Nella Capitale le persone che possono votare sono 2.383.637 persone. Seconda città con più elettori è Milano con 1.026.316 cittadini titolari di diritto di voto. In nessun altro comune si supera la soglia del milione di potenziali votanti: Napoli ne conta 793.885 e Torino 695.780.

Poi ci sono i comuni più piccoli, quelli che hanno il minor numero di elettori: sono 49 quelli che possono contare su un corpo elettorale inferiore a 100 persone; praticamente piccoli paesi grandi quanto un grande condominio di Roma o Milano.

A Moncenisio 28 con diritto di voto
Il podio lo condividono tre paesini del Nord Italia. A Moncenisio, nella piemontese Val di Susa, gli iscritti alle liste elettorali sono appena 28; a Morterone, in provincia di Lecco, sono 32; chiude il podio dei più piccoli Torresina, nel Cuneese: a fronte di 65 abitanti, sono 43 gli italiani con il diritto di voto.
Elettori italiani, più donne che uomini

Ma per raccogliere consensi, i politici a chi si devono rivolgere? Le donne rappresentano un vero tesoretto: guardando la composizione del corpo elettorale emerge che le italiane con diritto di voto staccano gli elettori italiani per oltre 1,5 milioni di unità.

Come mostra il grafico qui sopra, le donne sono 26,4 milioni e gli uomini 24,9. Siamo nell’ordine del 51%-49%. Chi fa politica, del resto, lo sa: tradizionalmente, le donne sono la maggioranza dei residenti, ed è sempre stato così: anche nel 2008 e nel 1998 le italiane erano maggioranza, anzi la differenza con gli uomini era addirittura maggiore: 1,8 milioni in più rispetto ai maschi.

I dati si riferiscono al 1990-2018
Fonte: Ministero dell’Interno

Da - https://www.truenumbers.it/elettori-italiani/

2937  Forum Pubblico / ECONOMIA e POLITICA, ma con PROGETTI da Realizzare. / Serenella Ronda. Dal Vaffa day ai governi Conte, 10 anni di M5s inserito:: Gennaio 24, 2020, 09:38:29 pm
Dal Vaffa day ai governi Conte, 10 anni di M5s

07:32, 23 gennaio 2020

Di Serenella Ronda

Con il passo indietro del capo politico e la convocazione degli stati generali inizia una nuova fase per il Movimento che, pochi mesi fa, aveva festeggiato il suo primo decennale di vita

È costellata di 'svolte' la storia politica del Movimento 5 stelle. Mercoledì si è compiuta quella più traumatica: il passo indietro di Luigi Di Maio dalla leadership. Dopo 28 mesi alla guida del Movimento, Di Maio lascia il timone a pochi mesi dall'anniversario storico della nascita della 'creatura' di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, 10 anni esatti, festeggiati il 4 ottobre del 2019.

Tutto ha inizio a Milano, al Teatro Smeraldo. In realtà i primi 'sintomi' di quello che diventerà il primo partito in Italia sono già evidenti: due anni prima, esattamente l'8 settembre del 2007, Grillo si affaccia dal palco di piazza Maggiore a Bologna ed è subito ovazione. È il primo 'Vaffa-Day', dove vengono raccolte 336.144 firme per il progetto 'Parlamento Pulito'. Si susseguono iniziative, nascono i primi meet-up sul territorio.

"Questo non è uno spettacolo"
Ma è a Milano, nel 2009, il battesimo ufficiale. Sempre Grillo sale di nuovo su un palco e da showman consumato avverte subito il pubblico: "Questo non è uno spettacolo". Nasce ufficialmente il Movimento 5 stelle, numero che deriva dalle prime liste civiche presentate in cinque regioni, primo vero passo nell'agone politico.

Seguono altri 'Vaffa day', ma la prima vera svolta si consuma nel maggio del 2012, quando il Movimento elegge i primi quattro sindaci, tra cui Federico Pizzarotti a Parma. Cresce il consenso, le piazze si riempiono, ma il Movimento resta ancora fortemente caratterizzato da un'anima barricadera, e arrivano i primi slogan contro la 'casta', i partiti, i corrotti, le lotte e le proteste contro la Tav e le Trivelle. È la fase 'pura e dura' del Movimento, con Grillo che lancia i suoi strali dal suo personale blog.

Nell'ottobre del 2012 il Movimento conquista nuovi consensi e, soprattutto, diventano prima forza in Sicilia, incassando il 14,90% dei voti, successo segnato dalla memorabile traversata a nuoto di Grillo dello stretto di Messina. Ma con il crescere dei consensi, e dell'attenzione mediatica, spuntano anche i primi dissensi, subito bloccati sul nascere. Si assiste così alle prime espulsioni: eclatanti quelle di Federica Salsi, consigliera di Bologna, 'rea' di aver partecipato a una trasmissione televisiva, e di Giovanni Favia, che nel 2009 era stato definito dallo stesso Grillo 'il futuro del Movimento', colpevole di un fuori onda in cui lamenta l'egemonia di Casaleggio sul Movimento.

L'anno successivo, nel 2013, una nuova svolta: il Movimento decide di entrare nei palazzi. La struttura, però, non cambia: vige la regola 'uno vale uno', nessuno è il capo nessuno è il leader. Nessuna organizzazione piramidale, nessuna governance né, tantomeno, l'organizzazione simile a quelle dei partiti tradizionali.

La democrazia diretta, è il motto, vince su tutto. La rete ha sempre l'ultima parola. I 5 stelle si candidano alle elezioni politiche e, a sorpresa, incassano in Italia più voti del Pd, il 25,5% dei consensi, con i dem che strappano la prima posizione grazie ai voti degli italiani all'estero.

L'ingresso a Montecitorio e a palazzo Madama, però, non cambia la struttura del Movimento: i capigruppo ruotano ogni tot mesi, nessun leader riconosciuto e incoronato. E, soprattutto, nessuna alleanza, il Movimento 5 stelle, è il motto, andrà al governo da solo. Anche le modalità di azione restano le stesse delle origini: dirette streaming - famose quelle con Pierluigi Bersani che tentò un'alleanza per dar vita a un governo, poi bissato nel 2014 con Matteo Renzi - e votazioni on line.

Poi protesta, protesta, protesta dentro e fuori i palazzi. Sono gli anni all'opposizione, con i 5 stelle - tra i volti più noti Alessandro Di Battista, spesso alla guida delle occupazioni alla Camera - che non accettano alcun compromesso. In verità uno sì: i pentastellati accettano il primo ruolo istituzionale, quello di vicepresidente della Camera. Il designato è Luigi Di Maio. Intanto si riaffaccia il malessere interno, nuovo round di espulsioni, lotta dura contro i media (famosa la sorta di lista di proscrizione dei “giornalisti del giorno” che veniva pubblicata a scadenza fissa sul blog).

Nel 2014 i malumori crescenti per la pesante blindatura del Movimento contro ogni dissenso spingono il cofondatore Grillo a fare un passo di lato: nasce il Direttorio, composto da Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio, Roberto Fico, Carla Ruocco e Carlo Sibilia. Esperienza, però, che non avrà molto successo e, anzi, favorirà le prime lotte intestine.

I consensi elettorali, al contrario, continuano a crescere e a conquistare sempre una maggiore fetta del territorio, fino al 2016, quando il Movimento viene colpito da un gravissimo lutto: malato da tempo, muore l'altro fondatore, il guru Gianroberto Casaleggio. Il Movimento subisce il colpo, fatica a ritrovare la rotta anche per colpa, è la convinzione dei critici, della presenza sempre meno costante di Grillo. Ad affiancarlo arriva il figlio di Gianroberto, Davide Casaleggio, e nasce e prende subito piede Rousseau. Una nuova svolta attende il Movimento: nella tarda primavera del 2016 i 5 stelle conquistano la Capitale e strappano Torino al Pd.

Le star sono Virginia Raggi e Chiara Appendino. La parabola ascendente del Movimento sembra non avere fine. Nonostante il malessere interno continua ad insinuarsi tra i pentastellati, il Movimento è atteso a un'altra svolta: la vittoria alle elezioni politiche del 2018. Prima, però, c'è la trasformazione: da Movimento di piazza dove uno vale uno a Movimento con un leader unico.

Le elezioni del 2018 e l'intesa con la Lega
Nel settembre del 2017 i voti on line incoronano Luigi Di Maio primo capo politico del Movimento 5 stelle. Quasi un anno dopo, il 4 marzo del 2018 i 5 stelle diventano primo partito in Italia, con il 33% dei consensi. Ma non hanno i numeri da soli per poter governare. E così si consuma un'altra importante svolta, anzi una vera e propria trasformazione: il Movimento è costretto a scendere a patti e, dopo una lunga e difficile trattativa, siglano un accordo - suggellato da un contratto scritto - con la Lega di Matteo Salvini.

Per i detrattori è il primo passo verso l'abisso: dal 'mai alleati di nessuno' a un accordo con i leghisti pur di andare a palazzo Chigi. Non solo. Di Maio deve rinunciare alla premiership, pur ottenendo un ruolo di peso - vicepremier in coabitazione con Salvini e ministro del Lavoro e al Mise - mentre i 5 stelle conquistano anche lo scranno più alto di Montecitorio, con l'elezione a presidente della Camera di Roberto Fico.

Insomma, come si diceva, è la vera svolta del Movimento, che cambia pelle, faccia e natura: entra nelle stanze dei bottoni, veste i panni istituzionali, riveste ruoli incarichi delicati. Ma mentre le 5 stelle del Movimento sembrano risplendere come non mai, è anche il momento delle prime forti divisioni interne, dei primi addii, delle espulsioni pesanti.

È il momento dei compromessi - i 5 stelle accettano i due decreti Sicurezza, la legittima difesa, per fare alcuni esempi - ma anche delle vittorie: incassano alcune delle battaglie storiche, come il taglio dei vitalizi, il reddito di cittadinanza, lo Spazzacorrotti, e pongono le prime basi del taglio dei parlamentari. Poi la situazione precipita, i rapporti personali e politici tra Di Maio e Salvini sono ormai ai minimi termini. Il 'capitano' leghista mette la parola fine al governo - anche a causa del tener duro dei 5 stelle sul no alla Tav - ed è crisi di governo.

Dopo un'estate al cardiopalma, con una fetta dei 5 stelle - 'capitanata' dallo stesso Di Maio - contraria a un'alleanza con il nemico storico, i pentastellati vanno al governo con il Pd. E la leadership di Di Maio - che secondo i detrattori avrebbe accettato la poltrona di premier per tornare a palazzo Chigi con Salvini - inizia a traballare.

Il dissenso interno cresce, così come aumentano gli addii. Scoppia il 'caso rimborsi', con il rischio di una raffica di espulsioni. Di Maio sceglie la linea dura, ma tenta anche la carta della collegialità, richiesta a gran voce dai gruppi parlamentari, e dà vita ai facilitatori. Infine, l'ultima svolta fin qui: le dimissioni da capo politico del Movimento, con la garanzia che la storia di M5s "non è finita". 
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

Da - AGI
2938  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / ... il pensiero critico in Italia esiste e circola robustamente. inserito:: Gennaio 24, 2020, 09:36:43 pm
Giuseppe Pappalardo

Certamente chi legge la Stampa non saprà che un mondo accademico e militante che si rifà al pensiero di Marx esiste ancora, anch'esso molto frammentato. Tra gli studiosi italiani vorrei ricordare Marta Fana, Riccardo Bellofiore, Emiliano Brancaccio, sul lato economico.

Sul lato filosofico, Roberto Finelli, Alberto Burgio, Giorgio Cesarale, il fu Domenico Losurdo. Le riviste tra le altre, sono Jacobin Italia, Critica marxista. Su internet infiniti sono i siti, uno su tutti: www.sinistrainrete.it, che fa da collettore di molti siti che a quella tradizione si richiamano.

Esiste e resiste, tra i quotidiani, il Manifesto, giornale comunista.

Esistono poi numerosi studiosi che si rifanno esplicitamente al pensiero di Toni Negri e all'operaismo italiano. Tra le case editrici, Derive e approdi, Odradek, Red Star, etc. Certo, non c'è più egemonia ma il pensiero critico in Italia esiste e circola robustamente.

Da Fb del 15 gennaio 2020
2939  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / NADIA URBINATI. LE DUE DEMOCRAZIE inserito:: Gennaio 24, 2020, 09:34:07 pm
LE DUE DEMOCRAZIE

POLITICA | 19 GENNAIO 2020

DI NADIA URBINATI
La decisione della Corte Costituzionale di giudicare inammissibile il referendum sulla legge elettorale proposto dal centro-destra ha messo in luce l’esistenza di due concezioni di democrazia: una costituzionale e una populista.

La Consulta ha dichiarato il testo della proposta referendaria inammissibile perché “eccessivamente manipolativo”. La reazione di Matteo Salvini non si è fatta attendere: «Vergogna, è difesa del vecchio sistema». Non vi è di che stupirsi, ha commentato Massimo Luciani in un’intervista rilasciata a Repubblica, dei giudizi negativi dei proponenti sconfitti: «È un costume politico diffuso farsi piacere la Consulta quando ti dà ragione e considerarla eversiva quando ti dà torto».

Ma, in questo caso, Salvini e con lui altri esponenti del suo partito e Giorgia Meloni, è andato oltre il giudizio di disappunto. Nel commentare criticamente il verdetto, Salvini ha gettato discredito non tanto su questa specifica Corte o decisione, ma sul ruolo stesso della Corte. La quale, ha dichiarato il capo della Lega, «allontana la democrazia, allontana i cittadini dai palazzi»; è «una delle ultime sacche di resistenza del vecchio sistema».

Non una legge elettorale o un sistema elettorale semplicemente, ha scatenato la reazione salviania. Ma un modo di procedere, quello che è a tutti noto come un modello democratico-costituzionale. Quella della Consulta, ha detto Salvini, è «una scelta contro la democrazia». Contro la democrazia perché limita e blocca il ruolo degli attori politici, ai quali, sembra di capire, appartiene la democrazia.

Che non è dunque solo come un sistema di regole del gioco che non appartengono a nessuno dei giocatori, ma invece un meccanismo di potere che appartiene a chi compete politicamente per la maggioranza e il governare. Qui secondo Salvini sta la democrazia. Magistrati, istituzioni di controllo e di limitazione del potere sono non parte ma ostacoli della democrazia.

Questo è il nocciolo della democrazia populista, che ha dato prova di sé in numerose esperienze passate e recenti, in America Latina e ora anche nel continente europeo. In un discorso che tenne nel 1946, Juan Domingo Peròn si presentò come un vero democratico, in opposizione ai “demoliberali”, che, diceva, «difendono un’apparenza di democrazia», un gioco formale nel quale le regole contano più delle maggioranze, le corti più del governo.

Il populismo non è solo contestazione e opposizione. Ha l’ambizione di governo e pensa di essere non una maggioranza tra le altre, bensì la “vera” maggioranza, quella che le precedenti maggioranze non hanno espresso, ma occultato e manipolato. Una maggioranza sostanziale – quella degli italiani “veri” – che l’audience e il gradimento del pubblico rendono molto meglio della conta dei voti. È questo dualismo tra democrazia “del vecchio sistema” formalistico e democrazia “vera” e sostanziale che fa capolino dietro l’attacco di Salvini alla Suprema Corte.

Una democrazia populista tollera a fatica o non tollera affatto quelli che sono i caratteri della democrazia costituzionale: la divisione dei poteri, l’indipendenza del potere giudiziario, lo statuto dei diritti fondamentali (che non sono quasi mai soltanto dei cittadini). Essa declassa queste condizioni normative di legittimità a ostacoli del decisionismo politico; li rubrica come ossificazioni del “vecchio sistema”, dell’establishment. Se potessero, i populisti scriverebbero le loro costituzioni per incardinare la loro maggioranza, stracciando i principi della generalità e dell’imparzialità della legge nel nome della volontà del loro popolo.

La Repubblica, 18 gennaio 2020

Da - http://www.libertaegiustizia.it/2020/01/19/le-due-democrazie/
2940  Forum Pubblico / ECONOMIA e POLITICA, ma con PROGETTI da Realizzare. / "L'addio Di Maio ha scosso tutti ma siamo a una svolta", dice Crippa inserito:: Gennaio 24, 2020, 09:32:22 pm
"L'addio Di Maio ha scosso tutti ma siamo a una svolta", dice Crippa

10:04, 24 gennaio 2020

Davide Crippa

Il capogruppo M5s alla Camera intervistato da La Stampa: "Concentriamoci sul cosa, non sul chi"
 “L’addio di Luigi Di Maio ha scosso tutti, ma siamo a un punto di svolta. È nato un percorso molto partecipativo e questa fase culminerà negli Stati generali”. Lo dice Davide Crippa, capogruppo dei 5 Stelle alla Camera, in un’intervista a La Stampa nella quale si augura che Di Maio “darà il suo contributo con l’esperienza e le capacità che ha maturato, ma non dobbiamo più legare un nome a un percorso politico” per concentrarsi invece “sul ‘cosa’ cambiare” per poi pensare “al ‘chi’, come ha detto Luigi”, spiega il capogruppo a Montecitorio.

Se l’era del capo politico solo al comando sia finita Crippa non lo sa con certezza. Risponde solo: “Valuteremo tutti insieme i pro e i contro” anche se è cosciente che “quando ci sono più persone a decidere, si rischia di ingessare problemi che vanno risolti rapidamente” e lui, per questo, si dice favorevole alla “collegialità”, anche se in passato “ai tempi del Direttorio, riconosco ci abbia portato alcuni problemi” ammette.

Quanto a Di Battista, Crippa si augura che “anche lui dia un contributo agli Stati generali”, poi però gli sembra quasi ovvio che “oggi la nuova forza di maggioranza cambi alcuni equilibri”. Verso dove è forse ancora presto per poterlo dire.
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

Da - https://www.agi.it/politica/davide_crippa_di_maio_lascia_m5s-6938783/news/2020-01-24/
Pagine: 1 ... 194 195 [196] 197 198 ... 200
Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!