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Autore Discussione: Roberto Morassut Al Pd serve un salto nel futuro  (Letto 2032 volte)
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« inserito:: Marzo 10, 2017, 12:29:25 pm »

   Opinioni
Roberto Morassut - @RMorassut
· 9 marzo 2017

Al Pd serve un salto nel futuro

Perché il grande progetto del Lingotto si è arenato in un organismo chiuso in se stesso e compresso da un pluralismo di corrente e di potere più che di idee?

Sosterrò Matteo Renzi alle primarie. Ma è arrivato il momento di una rivoluzione del nostro movimento. Non basta rifondare. Occorre che il PD faccia un salto verso il futuro, si evolva in un Movimento inverando le radici di quella scelta che proprio al Lingotto fu compiuta 10 anni fa grazie al coraggio di Walter Veltroni che da sempre ne è stato alfiere anticipatore. Pensiamoci: oggi c’è più gente democratica fuori dal PD che iscritta al PD. C’è più gente che milita e si dà da fare concretamente in realtà associative e volontarie di varia natura e che condivide i nostri ideali di fondo, di quanta aderisce all’organizzazione di Partito in quanto tale.

Questa gente, questo popolo “democratico” non trova (il più delle volte) lo spazio adeguato per esprimersi e per portare le sue esperienze nel Partito e sceglie di coltivarle fuori. Questo comporta due problemi: l’inaridimento della vita interna del PD (sempre più chiuso in logiche interne che ne consumano le energie nei territori) ed una dispersione in mille esperienze civiche che non trovano l’alveo di una direzione di cambiamento generale, il letto del fiume che un grande partito dovrebbe offrire.

Perché è accaduto questo? Perché il grande progetto del Lingotto si è arenato in un organismo chiuso in se stesso e compresso da un pluralismo di corrente e di potere più che di idee? Ho questa idea, in proposito. Il PD è nato come tardo approdo del percorso dell’Ulivo con l’idea di dare uno sbocco compiutamente bipolare e maggioritario alla democrazia italiana e di favorire una sempre più ampia partecipazione dei cittadini- elettori anche se non iscritti formalmente ad un Partito.

Ma questo nuovo soggetto è stato costretto a nuotare in un’acqua inquinata: l’acqua del Porcellum; una legge elettorale (di cui non ci siamo ancora liberati formalmente) che con le liste bloccate restituiva di fatto la sovranità della selezione della classe dirigente nazionale alle elite vigenti dei partiti fondatori, favorendo la loro riproduzione ed ostacolando il loro discioglimento in nuove sintesi. Una contraddizione letale: mentre predicavamo un Partito aperto e popolare, agivamo con regole che favorivano chiusura e correntismo.

Anche il nostro Statuto ha ricalcato questo schema basti vedere come ancora oggi viene eletta l’Assemblea Nazionale. Questa contraddizione ha scavato molto negativamente soprattutto nei territori, nelle regioni, nelle province e nelle città.

E credo sia agevole riscontrarlo nella realtà dei fatti, dal momento che la nostra consistenza come forza organizzata si è molto ridotta, che la vitalità politica del partito si è esaurita a livello locale, che le lotte intestine dominano quasi ovunque la scena, che la creatività politica sembra spenta, che il rapporto con le forze intellettuali appare gravemente interrotto o conflittuale.

Cosa fare? Prima di tutto voglio segnalare un dato. In questi giorni pre congressuali il tesseramento al Partito ha registrato dati positivi diffusi. Ed io li leggo così. Nelle zone in cui c’è una forte presenza di opinione pubblica democratica molti cittadini hanno scelto di iscriversi per reazione alla scissione e per supportare un partito che è apparso in balia di un futuro incerto. E questo è un fatto positivo. Nelle zone dove prevale la crisi sociale e culturale (nelle periferie urbane) molti nuovi iscritti sono frutto prevalentemente di un attivismo di combriccole locali. E questo è negativo. Posso sbagliare ma a me pare che sia così. Io voterò Renzi ma credo che, se sarà segretario, egli debba aprire una fase Costituente tesa a trasformare il Partito in un Movimento.

Ho suggerito questo a Renzi dopo le sue dimissioni da Capo del Governo. Solo così potrà sbaraccare un pluralismo correntizio che è il nostro vero male e che è un ostacolo anche al progetto riformista e democratico che Renzi cerca di interpretare. Solo in questo modo si possono gettare le basi di un pluralismo di idee, di esperienze umane e civiche che vivono nella società reale, bussano alle nostre porte ma trovano chiuso. Milioni di italiani, di giovani si sentono idealmente democratici, si impegnano nel sociale, nella cultura, nello sport e in tanti altri settori ma non trovano l’alveo nel quale mescolarsi e scorrere allargando la forza di una grande forza democratica.

Una fase Costituente che duri un tempo congruo, un anno almeno e che si configuri in forme federate, con un codice etico e valoriale comune che impegni i singoli e le forme associative che decidono di aderire al Movimento. Quella P (alla quale da uomo di partito sono legato) oggi non è più lo straordinario strumento di partecipazione che è stato nel 900. Bisogna ammetterlo. Il nuovo Movimento deve ricollegare la politica e la cultura. Gramsci e Bobbio ce lo hanno insegnato. Ci sono decine di fondazioni politiche e culturali in giro per l’Italia ma non c’è una Fondazione Democratica che sia un luogo di raccolta di idee, di uomini e di donne, un luogo di pensiero, la nostra fonte per capire e vedere il mondo e ricostruire una capacità di visione internazionale.

Sostengo Matteo Renzi perché sono un “democratico”. Stimo molto Andrea Orlando e credo andrà bene alle primarie ma penso che il nostro futuro ce lo dobbiamo giocare andando oltre l’idea della “sinistra”. E questo vale anche per la mozione che sosterrà Renzi e che sarebbe meno forte se apparisse come una sapiente somma di pezzi “ex bianchi “ed “ex rossi o rosa”. Essere democratici significa essere in relazione ed in sintonia con chi paga le nuove diseguaglianze sociali che nascono dalla restrizione dei luoghi decisionali della società globale che in pochi giorni può ridurre una persona in povertà, strapparle casa, violarne la privacy, schiacciarne la dignità per le scelte politiche o sessuali, comprometterne i risparmi, cancellarne le capacità professionali se non ha la formazione adeguata per inserirsi nel macchinismo della rivoluzione tecnologica in atto.

Infine. Penso che non dobbiamo rinunciare ad un principio maggioritario sia nell’idea di Partito (tanto più nella prospettiva di un Movimento) sia nella proposta di legge elettorale. Certo. Il clima va da un’altra parte. Ma davvero pensiamo siano in contrasto l’idea di una coalizione con quella di un partito a vocazione maggioritaria? Non credo. Davvero abbiamo rinunciato a costruire un campo aperto (mutuo l’idea da Goffredo Bettini) che ambisca ad avere il voto di un terzo almeno degli Italiani? A certe condizioni (quelle che sommariamente ho descritto) e con un anno di tempo possiamo provare a battere ancora questa strada senza rassegnarci al ritorno del proporzionale, magari un po’corretto con un po’di “sambuca “premiale.

Per tutto questo serve un Movimento Democratico con una forte attitudine internazionale ed europea e con una capacità di elaborazione culturale eccezionale ed una suggestione egemonica e maggioritaria. Serve una rivoluzione. Non una rifondazione. Mi aspetto che Renzi possa interpretarla ed avviarla.

Da - http://www.unita.tv/opinioni/al-pd-serve-un-salto-nel-futuro-2/
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