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Autore Discussione: I Dem: «Successo netto, il resto chiacchiere...  (Letto 2369 volte)
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« inserito:: Giugno 10, 2014, 11:04:33 am »

Politica
09/06/2014

Ballottaggi, il Pd a quota 164 Comuni Renzi: “Oggi non si vive più di rendita”
Il M5S prende Livorno e Civitavecchia
Il centrosinistra vince a Bari, Bergamo, Pavia e Pescara. En plein in Piemonte.
Il partito del premier perde Padova, Perugia e Potenza.
Civitavecchia a Grillo: «Siamo un virus inarrestabile».
I dem: «Successo netto, il resto chiacchiere...»


Roma

A urne e seggi chiusi il dato è chiaro: il Pd conquista la tornata elettorale con battendo il centrodestra 164 a 41. Dopo la volata di due settimane fa il centrosinistra strappa altre importanti città al centrodestra: Bergamo, Biella, Cremona, Verbania, Pescara, Vercelli e Pavia. Quattro invece le storiche roccaforti di sinistra perse: Livorno (al M5S), Padova (Lega), Perugia (Forza Italia) e Potenza (Fratelli d’Italia), di cui le ultime due sono anche capoluoghi di regione. 

LE REAZIONI 
Tutti cantano vittoria. Dal Vietnam dove è impegnato per una missione in Oriente, il premier Matteo Renzi si dice soddisfatto per un «risultato straordinario» e sottolinea come i ballottaggi segnino «la fine delle posizioni di rendita elettorale, è finito il tempo in cui qualcuno sa che in quel posto si vince di sicuro». Grillo esulta per la vittoria di Livorno: «Siamo un virus inarrestabile», tuona il leader del Movimento. Mentre la Lega festeggia per la vittoria a Padova. Gli unici a non sorridere sono quelli di Forza Italia. Berlusconi non commenta, mentre gli esponenti più vicini a Fitto chiedono un cambio di passo, soprattutto al Nord. 

RISCOSSA GRILLINA 
A Livorno, la città che ha tenuto a battesimo il Pci e che dal dopoguerra aveva affidato le proprie sorti sempre alla guida della sinistra, Filippo Nogarin, candidato per il Movimento 5 Stelle, con una campagna elettorale non urlata, è riuscito a strappare la poltrona di sindaco a Marco Ruggeri, Pd, che per la prima volta nella storia della sinistra livornese è stato costretto ad andare al ballottaggio, perdendolo. La sconfitta a Livorno, per il Pd, è paragonabile a quando a Bologna, nel 1999, Giorgio Guazzaloca riuscì a strappare la città portando, per la prima volta dal dopoguerra, una coalizione di centro-destra alla guida del capoluogo emiliano. Il Movimento 5 Stelle ha vinto anche a Civitavecchia, nel Lazio. I Cinque Stelle conquistano anche Civitavecchia e Bagheria. 

 RIBALTONE A PADOVA 
A Padova l’altra clamorosa sconfitta del Pd che ha governato la città dal 1993, con un break tra il ’99 e il 2004: il candidato del centrosinistra Ivo Rossi, che ha guidato la città da quando l’ex sindaco Flavio Zanonato divenne ministro allo Sviluppo Economico, ha perso la sfida contro Massimo Bitonci (sostenuto da Ln e Fi). La vittoria del Carroccio a Padova farà pandant con il governo della Regione, guidata da Luca Zaia. Il centrodestra ha riconquistato anche Teramo, che già governava, con Maurizio Brucchi. A Potenza ha vinto Dario De Luca, esponente di Fratelli d’Italia nella coalizione di centrodestra: clamorosa la sconfitta del centrosinistra, il cui candidato, Luigi Petrone, del Pd, aveva sfiorato la vittoria al primo turno.

LE ALTRE 
Il Pd è riuscito a confermarsi a Modena, dove Giancarlo Muzzarelli (Pd), che aveva sfiorato la vittoria al primo turno, ha battuto l’avversario M5s Marco Bortolotti, che ha potuto contare sul sostegno della Lega nord, di Fratelli d’Italia e del Nuovo Centro Destra del modenese Carlo Giovanardi. Conferma del Pd anche a Terni e Bari, dove il nuovo sindaco è Antonio Decaro. Il partito del premier è riuscito poi a strappare Vercelli, Verbania, Cremona, Biella, Pescara, Foggia e Bergamo al centrodestra. In quest’ultima città l’ex spin doctor di Matteo Renzi, Giorgio Gori, ha battuto il sindaco uscente, Franco Tentorio. A Verbania e Vercelli a imporsi sono state due donne: Silvia Marchionini e Maura Forte. Altro scontro importante, quello di Pavia, dove Carlo Cattaneo, sindaco uscente di centrodestra, uno dei più giovani e più amati d’Italia, ha perso la sfida contro Massimo Depaoli (Pd). Nei 139 comuni al voto circa un terzo si lo è aggiudicato il centrodestra, due terzi il centrosinistra.

GRILLO RINGALLUZZITO 
Molto bassa l’affluenza alle urne, pari al 49,5%, mentre al primo turno aveva toccato il 70,6%. Dunque il calo è stato di oltre venti punti. «I nostri sindaci 5 Stelle sempre di più virus inarrestabile», scrive Beppe Grillo sulla sua pagina facebook, rimandando ad un post di auguri ai nuovi sindaci di Livorno e Civitavecchia eletti nelle liste del M5S. E gli attivisti di Livorno continuano a festeggiare nella sede di Piazza XX Settembre la vittoria al ballottaggio del loro sindaco Filippo Nogarin: «Dalla città di Livorno è partito il messaggio di cambiamento forte. Abbiamo dato uno scossone alla nostra città e presto lo daremo anche all’Italia», dicono. Al comitato elettorale per tutta la mattinata sono arrivati tanti cittadini per congratularsi con i militanti che più attivamente si sono impegnati in vista del voto. Dal blog di Grillo arrivano gli auguri ai nuovi primi cittadini pentastellati: «Filippo Nogarin e Antonio Cozzolino del MoVimento 5 Stelle sono i nuovi sindaci di Livorno e Civitavecchia! Auguro buon lavoro a loro, vi aspetta una bella avventura, difficile ed impegnativa, ma so che la affronterete con la massima serietà ed il massimo impegno», Giancarlo Cancelleri, deputato M5S dell’Ars siciliana. 

GUERINI: I NUMERI NON MENTONO 
Anche il Pd canta vittoria: «La netta vittoria alle amministrative è merito di tutto il Partito Democratico - commenta il vicesegretario Dem Lorenzo Guerini - I numeri non mentono: abbiamo conquistato 160 comuni sopra i 15mila abitanti, 32 in più rispetto a prima e siamo passati da 15 a 19 capoluogo di provincia. In particolare abbiamo preso tutto il Nord. Il resto sono chiacchiere». Esulta anche Serracchiani: «Ci sono delle situazioni in cui siamo molto amareggiati e dispiaciuti», ma «abbiamo stravinto le europee e abbiamo stravinto anche le amministrative». «Il 60% dei Comuni oltre i 15 mila abitanti - spiega la vice di Renzi - sono nelle mani del centrosinistra, 20 dei 28 capoluoghi che andavano al voto sono passati al centrosinistra. Per noi è un risultato straordinario che ci conferma del nostro lavoro. Certo, ci sono delle situazioni in cui siamo molto amareggiati e dispiaciuti, penso a Livorno, a Perugia e a Padova. Se guardo a grandi regioni come Lombardia e Veneto, c’è uno spostamento nel campo del centrosinistra molto importante. Naturalmente c’è motivo per riflettere rispetto a queste sconfitte». 

 FORZA ITALIA NEL CAOS 
Tutt’altro clima nel centrodestra. Forza Italia fa i conti con l’ennesimo risultato deludente. L’avanzata del centrosinistra soprattutto in Piemonte e Lombardia innesca la resa dei conti nel partito di Berlusconi. Mara Carfagna, fedelissima di Raffaele Fitto, chiede una rifondazione, mentre Giovanni Toti fa mea culpa parlando di «questione settentrionale». In casa Lega, Roberto Maroni esulta per il ribaltone a Padova: “Sono favorevolmente sorpreso dal risultato di Padova e sfavorevolmente sorpreso da quello di Pavia - ha detto Maroni -. Dove abbiamo perso siamo stati penalizzati dalla bassa affluenza». Prima di decidere della leadership del centrodestra futuro, ha aggiunto il dirigente leghista, «bisogna far capire che serve rinnovare: in Lega lo abbiamo fatto con Salvini e ha funzionato». «Spero che i colloqui con Forza Italia portino anche a questo», ha concluso il presidente della Lombardia.

Da - http://lastampa.it/2014/06/09/italia/politica/ballottaggi-il-ms-strappa-livorno-grillo-siamo-un-virus-inarrestabile-il-pd-frena-ma-vince-in-comuni-aXWfH8pifxRNjqJDIVyKeK/pagina.html
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« Risposta #1 inserito:: Luglio 03, 2014, 06:37:15 pm »

Riforme, Berlusconi dà il via libera a Renzi.
E dentro Forza Italia crescono i sospetti: "Ci ha venduti per tutelare Mediaset"

Pubblicato: 03/07/2014 16:04 CEST Aggiornato: 1 ora fa

Alessandro De Angelis

Riforme, Berlusconi dà il via
È “resa” la parola che rimbalza nei capannelli della Camera, al termine dell’incontro tra Berlusconi e Renzi. Quando si capisce che l’ex premier è andato a palazzo Chigi per dare il via libera a un accordo che non contiene neanche una bandierina per Forza Italia. Non solo non c’è il presidenzialismo, o il semi, ma al posto dell’elezione diretta c’è una specie di “elezione di terzo grado”, come la chiamano i deputati azzurri che hanno dimestichezza con la materia: i cittadini scelgono i consiglieri regionali e i sindaci, i quali a loro volta indicano i senatori, che poi eleggono il capo dello Stato. E poi l’intero impianto del nuovo Senato risulta un rospo indigeribile per un partito come Forza Italia, considerata l’attuale geografia elettorale.

Ecco perché in parecchi accompagnano al sostantivo “resa” altre due paroline che rendono l’idea: “senza condizioni”. Ed è magra la consolazione che, di fronte a un caffè negli appartamenti presidenziali (nel senso di Renzi) il Cavaliere, accompagnato da Gianni Letta e Verdini sia riuscito a ottenere quale tecnicalità sulla cosiddetta proporzionalità del Senato. Ovvero, detta in modo grezzo, riuscendo a strappare qualche senatore in più in Lombardia e nel Nord (dove Forza Italia ancora non sparisce) e meno in Valle D’Aosta. O che sia riuscito a ottenere la rassicurazione che si farà la legge entro l’estate, già sapendo che il calendario del Senato è ingolfato.

Sempre di “resa” si tratta. Su cui è già nata una fronda. Oltre al direttorissimo Minzolini, al Senato è nell’ombra che cova l’insofferenza. I pugliesi promettono battaglia e lo stesso i cosentini ani. Un terzo del gruppo cioè è fuori controllo in vista del voto d’Aula. Un frondista, a microfoni spenti la mette così: “Se Forza Italia diventa una corrente di Renzi, come sta accadendo, allora liberi tutti”. Perché è questo il sospetto sul perché della resa che allarma il corpaccione di Forza Italia. Che Berlusconi abbia negoziato più in termini personali che politici. “Ci ha venduto a Renzi per tutelare se stesso e le aziende”: è questa la frase ripetuta a microfoni spenti da truppe mai tanto sconfortate.

Una vendita che ha certo a che fare con i guai giudiziari del Capo, convinto che l’Appello su Ruby confermerà il primo grado e che il regalo di Natale della Cassazione sia la perdita della libertà. Ma che ha a che fare soprattutto col quel partito Mediaset, diventato un grande supporter di Renzi. I telegiornali, per chi ricorda come venivano usati su Prodi, D’Alema, Fini, trattano il premier come se fosse un alleato. I talk non mordono. Gli house organ come il Giornale esaltano le virtù del Renzi anti-tedesco. Ma soprattutto sono i dirigenti dell’azienda ad essersi esposti con dichiarazioni pesantissime verso il governo “amico”. Piersilvio è stato solo l’ultimo. Poche settimane fa Ennio Doris, presentando il suo libro aveva già detto “io voto per Silvio ma tifo per Renzi”. Così come erano arrivate lodi da Confalonieri e da Dell’Utri (finché non è finito al gabbio). In fondo, dice chi sa davvero le cose, l’unico settore dove Renzi non ha asfaltato un bel niente è quello delle concessioni tv. E anche sulla Rai ha annunciato tagli più che riforme che possano stimolare Mediaset in un’ottica di concorrenza. Un business che vale un Senato, un po’ come una messa per Parigi.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2014/07/03/berlusconi-renzi-riforme_n_5554853.html?1404396957&utm_hp_ref=italy
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