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Autore Discussione: Almodovar critica Benedetto XVI "Esca, e vada tra le famiglie vere"  (Letto 3139 volte)
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« inserito:: Agosto 06, 2009, 03:33:14 pm »

Il regista spagnolo polemico con il Pontefice in un'intervista al tedesco Die Zeit

"Riconosce solo la variante tradizionale, ma la vita vera è un'altra"

Almodovar critica Benedetto XVI "Esca, e vada tra le famiglie vere"

 
ROMA - Il Papa dovrebbe abbandonare la visione tradizionale della famiglia, uscire dal Vaticano e mescolarsi fra la gente per rendersi conto di come funzionano le famiglie moderne. L'invito polemico arriva da uno dei registi più celebri e ammirati della scena internazionale, Pedro Almodovar. Che in un'intervista sull'edizione di domani del tedesco Die Zeit (in occasione dell'uscita in Germania, del suo nuovo film Los abrazos rotos), spiega che nel suo universo cinematografico "non ha alcun significato il fatto che il Papa riconosca solo la variante cattolica della famiglia".

"Da oltre vent'anni - dice il regista - faccio film in cui la famiglia è composta da un gruppo di persone, al centro delle quali c'è un piccolo essere, di cui tutti si occupano, un essere che amano e del quale soddisfano i bisogni, a prescindere dal fatto che il gruppo sia formato da genitori separati, travestiti, transessuali o monache malate di Aids".

Questa la premessa. Seguìta dall'invito, rivolto a Benedetto XVI, a uscire dalle sue stanze per andare a vedere la realtà delle famiglie moderne. "Perché il Papa non esce per una volta dal Vaticano per andare a vedere com'è fatta la famiglia di oggi?", si interroga Almodovar, che rincara la dose affermando che "è assolutamente pazzesco non voler riconoscere il modo in cui vivono milioni di persone. Le mie famiglie sono più reali di quelle del Papa perché non vivono secondo qualche dogma ma fanno i conti con i compromessi dell'esistenza".

05/08/2009
da repubblica.it
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« Risposta #1 inserito:: Novembre 08, 2009, 10:15:45 am »

8/11/2009 (8:5)  - PERSONAGGI

"Il crocifisso? Un'icona pop"

Almodovar entra nella polemica sulla sentenza della Corte di Strasburgo

FULVIA CAPRARA
ROMA


Pedro e Penelope posano stretti davanti alla Fontana di Trevi, luogo simbolo del cinema di tutti i tempi. I turisti vanno in visibilio, loro, in nome di Fellini, di Anita e di Marcello, celebrano la passione speciale che li lega. Abbracci spezzati (dal 13 nelle sale) è il quarto film che girano insieme: «La nostra amicizia - dice l’autore - è basata sull’amore per il cinema, sull’assenza di sesso, e sulla verità. Penelope ha una specie di fissazione paranoica per la verità, le ho promesso che gliela dirò sempre, anche se questa sua mania dovesse diventare una malattia psicotica». Lei sorride: «La nostra relazione è cresciuta nel tempo, quando ci siamo conosciuti io avevo solo 13 anni, è naturale che il nostro rapporto sia mutato.

Il cambiamento fondamentale è avvenuto dopo Tutto su mia madre, adesso, quando ci vediamo la mattina sul set, non abbiamo bisogno di parlarci per sapere se abbiamo dormito bene, di che umore siamo. Ci unisce un’amicizia profonda, in cui però non abbiamo mai perso il senso del limite, io sono l’attrice, Pedro è il regista». Film e set, aggiunge Almodóvar, «rendono il legame più solido, più gustoso, più soddisfacente». E poi c’è il rispetto «enorme, ma non al punto da rendere troppo noiosa la nostra relazione».

«Abbracci spezzati»
Pedro e Penelope parlano di Abbracci spezzati, e l’armonia tra musa e maestro è palpabile. Stavolta lui l’ha plasmata pensando a Audrey Hepburn, ma anche alle eroine del noir americano come Gene Tierney e Linda Darnell. Il risultato è entusiasmante: «Penelope è un’attrice molto viscerale, tutto quello che fa sullo schermo risulta assolutamente vero. E’ dotata di una forza interiore incredibile, perfetta per interpretare personaggi di donne che lottano e sopravvivono alle tragedie della vita, ma, nello stesso tempo, esprime una vulnerabilità quasi infantile ed ha anche un gran senso dell’umorismo».

Recitare con Pedro è un regalo, ogni volta diverso: «Il personaggio che interpreto in Abbracci spezzati è meraviglioso, faccio tre donne in una. Ci sono voluti due mesi di riunioni e spiegazioni per trovare la giusta chiave di interpretazione, poi, sul set, la cosa più difficile è stata dimenticare tutte le informazioni e vivere gli eventi momento per momento». In una delle scene clou Cruz è un’attrice che si doppia, un triplo salto mortale che «solo Pedro poteva fare». Ma il doppiaggio non piace all’autore: «Non è un caso se i Paesi dove si doppiano i film sono Italia, Spagna, Germania. Tutti e tre hanno vissuto lunghi periodi di dittatura, il doppiaggio è anche una forma di controllo sul lavoro cinematografico».

La politica
Non gli piace neanche esser tirato in ballo a proposito di scandali politici, attraverso paralleli tra l’atmosfera delle sue pellicole e certi teatrini nostrani a base di trans dal cuore d’oro e uomini sull’orlo di una crisi di nervi: «Mi piacerebbe non avere nessun rapporto con queste vicende che riguardano l’Italia e altre parti del mondo.
La mia vita è fare film, vorrei essere trattato come un regista e basta».

Non ci riesce, perchè nonostante l’appello, gli chiedono di esprimersi sulla questione dell’abolizione del crocifisso, oggetto che appare spesso nelle sue opere: «Nei miei film i crocifissi hanno un valore decorativo, sono elementi d’artigianato. Quando vado in giro e ne trovo uno che mi piace lo compro, per me, o pensando a una scenografia. Anzi, in genere ne compro sempre due, non credo nella coppia, ma nella simmetria si».

Per Almodovar «il crocifisso appartiene all’iconografia pop, come il cuore e la stella, Andy Warhol ne ha fatti tanti». La sentenza di Strasburgo è un’altra cosa: «Il crocifisso rappresenta una sola confessione, in Spagna le classi sono multietniche e quindi si è pensato fosse meglio levarlo altrimenti si sarebbero dovuti mettere anche molti altri simboli».

da lastampa.it
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