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Autore Discussione: Aravind Adiga. Il re di latta.  (Letto 2576 volte)
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« inserito:: Dicembre 31, 2008, 12:08:08 am »

Il re di latta

di Aravind Adiga

Miseria e nobiltà.

In un racconto dell'autore de 'La tigre bianca'.

Dedicato ai bambini indiani di strada.

E alla loro disperata lotta quotidiana per sopravvivere 

Rahul era il re dei riciclatori di rifiuti e dei raccoglitori di vuoti di bottiglia. Tutte le mattine si aggirava per il mercato con la mano sempre poggiata sulla spalla di qualche nuovo ragazzo - scappato di casa e pronto a intraprendere quell'attività - al quale diceva di guardarlo da lontano. Subito dopo andava dai negozianti e sorrideva.

"Le lattine zio, ti prego dacci le tue lattine! Anche le tue vecchie bottiglie sono benvenute. Magari un pezzo di stoffa che non usi più?".
E i negozianti rispondevano: "E perché dovrei darli a te quando le donne ci danno cinque paise a bottiglia?".

Era vero: le donne che riciclavano rifiuti pagavano qualcosa.
E allora Rahul raccontava ai negozianti qualche storiella sporca, un pettegolezzo piccante su quello che una donna del quartiere aveva fatto la notte prima con il fidanzato.
I negozianti si sbellicavano dalle risate nell'ascoltare quel ragazzino di dieci o undici anni che usava parole come 'vecchia troia' o ' fica' e alla fine cedevano.

Una bottiglia di Cola atterrava sul pavimento rimbalzando di colpo e Rahul si chinava per raccoglierla.
Se per qualche ragione le storielle sporche non funzionavano, Rahul aveva allora un altro trucco, si metteva la mano sul cuore e con fare grave e triste cantava una vecchia canzone hindi: "Non abbiamo diritto di chiedere molto in amore, basta poco e lasciamo tutto...".
Di colpo i negozianti smettevano di guardarlo in cagnesco e iniziavano a cantare con lui, assumendo un'aria grave. A volte versavano una lacrima per qualche amore perduto.

Dopo un po' il nuovo ragazzo, trascinando una borsa di plastica beige vecchia e sfilacciata grande quasi quanto lui e mezza piena di lattine e bottiglie, iniziava a seguire il Re nel suo setacciare gli angoli delle strade, mendicare a ogni passante che beveva acqua da una bottiglia di plastica, rovesciare i secchi dell'immondizia e scendere nei canali di scolo dove con un calcio svegliava i cani addormentati cercando le lattine. Entro le quattro le lattine andavano consegnate in un negozio all'interno del mercato dove erano schiacciate e compattate. Il negozio con le lattine e le bottiglie stipate all'interno delle pareti ricordava lo stomaco di una balena.

Rahul tornava poi alla stazione dove si riunivano tutti i ragazzi che riciclavano rifiuti e chiedeva loro quanto avessero fatto quel giorno, raccogliendo la sua 'quota' da ognuno. La notte i ragazzi dormivano in gruppo all'esterno della stazione.
Spesso gli altri ragazzi avevano i genitori che venivano a cercarli. A volte arrivavano gli assistenti sociali per qualche ragazzino scappato dall'orfanotrofio. Nessuno veniva per Rahul.

"Chi dovrebbe arrivare?", chiedeva. "Io sono caduto dal cielo. Dio mi ha cagato".

Aveva imparato a masticare paan e a sputare come un uomo. Facendosi largo tra i muratori riuniti durante la loro pausa gettava la sua rupia sul banco e gridava "dammene uno!". Poi, strizzando l'occhio ai muratori irritati, diceva: "Sono solo un lavoratore come voi. Anch'io ho bisogno del mio te".
Rahul aveva una cicatrice che gli scendeva dalla tempia destra. Un anno durante il Diwali si era chinato su un fuoco d'artificio spento che poi gli era esploso in faccia. Lo portarono da un medico che prima lo guardò negli occhi e poi si rivolse all'infermiera dicendo: "Se ci fossero più fuochi artificiali a esplodere sulle loro facce, avremmo risolto il problema della popolazione!".

A volte Rahul sedeva vicino alla stazione e non si muoveva per ore. Gli altri ragazzi dovevano dargli da mangiare e obbligarlo a bere perché era apatico.
Mai nessuno lo aveva sfidato prima dell'arrivo di Gautam.
Gautam non era un ragazzo ambizioso, per un anno lui e Rahul erano andati d'accordo. I due si trovavano bene insieme. Rahul gli aveva concesso la zona migliore per i rifiuti, Rose Lane, dove abitavano i ricchi. I problemi cominciarono una mattina quando Rahul, durante uno dei suoi giri, alzò lo sguardo e vide due uomini che saldavano un tetto senza troppa attenzione. Spesse scintille bianche cadevano sulla veranda dov'era posato un telone di plastica blu. A un tratto, per via delle scintille che continuavano a zampillare dalle saldatrici, la veranda prese fuoco.

Gautam cominciò a bussare alla porta: "Voi di casa aprite! Aprite!".

Un'ora più tardi, quando il fuoco era ormai spento, Gautam sorridendo domandò: "Chi ha salvato la vostra casa?". I ricchi di Rose Lane, rendendosi conto che il ragazzo aveva ragione, gli diedero un biglietto da 50 rupie.

Quella sera, tornato alla stazione, Gautam mostrò la sua banconota da 50 rupie ai ragazzi mettendola davanti al neon di modo che tutti potessero vedere il timbro ad acqua. "È vera", diceva. Rahul si sedette nel suo angolo e si voltò dall'altra parte.

"Adesso è Gautam che dovrebbe essere il Re", sostennero alcuni dei ragazzi.

Quella notte Rahul si mise in un angolo e non mangiò. Nessuno gli parlò e nessuno cercò di dargli da mangiare.
La mattina dopo Rahul chiese a Gautam di seguirlo in uno dei suoi giri. "Ha paura", si cominciò a mormorare. "Non dovrebbe essere Re ancora per molto".
Gli altri li osservavano. A volte era Rahul a trascinare la busta di plastica, a volte era Gautam. Era difficile giudicare chi fosse il Re e chi la spalla.

Il giorno seguente era domenica. I negozi erano chiusi e i ragazzi giocavano a cricket nel retro della stazione con una mazza che Rahul aveva trovato nella spazzatura. Anche se aveva sempre battuto lui per primo, quel giorno Rahul aveva alzato le spalle quando i ragazzi gli avevano dato la mazza.

"Perché non lo chiedete a lui, visto che piace così tanto a tutti?". Gridò.

"Non fare così", disse Gautam - ma accettò la mazza quando gli fu offerta e si mise in posizione.

Quando finalmente toccò a Rahul, il ragazzo colpì la palla con forza, una forza tale che nessuno aveva visto mai. La palla superò i giocatori, le mura esterne della stazione e finì nel traffico. Gautam che era il più veloce dei ragazzi le corse dietro.
I ragazzi aspettarono il suo ritorno. Ci fu un grido e qualcuno corse fuori dalla stazione per vedere.
Il conducente non era uscito dalla macchina, era ancora al volante che urlava: "Questi figli di puttana! Non guardano dove vanno?". Una folla si era riunita intorno alla macchina. C'era sangue scuro sull'asfalto.
I ragazzi tornarono indietro, ma Rahul disse: "Merda, non possiamo lasciarlo così. Ha con sé una banconota da 50 rupie".

Alcuni di loro tornarono in strada.
"Di sicuro è spacciato", Rahul disse quella sera. I ragazzi erano riuniti tutti alla fermata dell'autobus per mangiare la cena. "La macchina l'ha preso in pieno. E abbiamo visto il sangue".

"Si muoveva ancora sull'asfalto", diceva il ragazzo che era tornato la seconda volta a vedere. "Dovremmo andare a vedere se è vivo".

"No", diceva Rahul. "La polizia ci prenderebbe sicuro. E dovremmo tornare a casa".

Tutta la notte qualcuno diceva "dovremmo andare" e Rahul "No!".
I ragazzi aspettarono per due giorni, ma Gautam non arrivò. La mattina del terzo giorno Rahul si recò al tempio dove, con stupore del sacerdote, lasciò una banconota da dieci rupie in offerta a Dio.

Traduzione di Alessandra Pugliese

(30 dicembre 2008)
da espresso.repubblica.it
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