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Autore Discussione: Note e cose varie, schifezze/verità comprese.  (Letto 112 volte)
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« inserito:: Maggio 04, 2024, 03:14:07 pm »

Prima Ora Il Punto | La newsletter del Corriere della Sera    
   
Sabato 6 aprile 2024
Perché è finita a stracci tra Conte e Schlein

   editorialista   di Gianluca Mercuri

Buongiorno. «Sleale». «Sleale a chi? Attenta a come parli».
Tra Elly Schlein e Giuseppe Conte è finita a stracci.
I dubbi, da questo punto di vista, sono due.
Il primo: è finita davvero? O lo scontro innescato dall’improvviso ritiro dei 5 Stelle dalle primarie col Pd a Bari è «solo» legato alla concorrenza inevitabile in vista delle Europee, e i due partiti sono destinati a ritrovarsi di riffa o di raffa alle prossime Politiche (che però sono lontanissime: 2027)?
Il secondo dubbio è più corposo: è mai iniziata davvero, l’alleanza?
Certo, dalla vittoria comune in Sardegna non sono passati neanche due mesi, ma anche quella sembra lontanissima. Prima e dopo, ci sono mai stati slancio vero, intesa effettiva, pathos condiviso? O il Pd è per Conte solo un taxi per sognare un fantascientifico ritorno a Palazzo Chigi, e per il Pd i 5 Stelle sono solo il vagone necessario alla parvenza di un convoglio?
Di certo, nell’altro campo se la ridono.
Se la ride il centrodestra perché non solo il «campo largo» di tutti gli oppositori di Giorgia Meloni — teorico contenitore di una maggioranza alternativa, visto che nessun voto e nessun sondaggio hanno mai dato il centrodestra oltre il 45 per cento — è ridotto in pezzi, ma pure quei pezzi vanno in frantumi. In frantumi il «campo giusto» tra Pd e 5 Stelle, come lo chiama(va) Conte, «giusto» solo se lo comandava lui; in frantumi il (fu) terzo polo, che andrà alle Europee sparpagliato tra Calenda e Renzi+Bonino, tutti a provare il brivido della soglia del 4% da superare, sennò a casa. In frantumi, almeno a Bari, perfino l’Alleanza Verdi-Sinistra: Bonelli col Pd, Fratoianni con Conte.
Dunque ride il centrodestra perché sa come si vince. Non mancano certo le idiosincrasie personali — al di là degli stucchevoli proclami di amicizia tra Meloni e Salvini — e la competizione stimolata dal sistema proporzionale delle Europee si sente eccome anche lì. Lo conferma la sanatoria proposta dal leader della Lega sulla casa, da lui pensata per anticipare gli alleati, e infatti gli alleati si sono irritati eccome. Ma alla fine sarà sanata anche la furbata salviniana, con una proposta comune che farà impugnare a tutti i partiti della coalizione una delle bandiere elettorali più efficaci. Ecco, come si vince.
Per il resto, in Medio Oriente la minaccia di un’escalation tra Israele e Iran si aggiunge alla guerra a Gaza, mentre in Ucraina non si ferma l’avanzata russa. A New York tremano i grattacieli. Il brand leggendario di Giorgio Armani deve difendersi dalle accuse di «caporalato» a una sua azienda. Luxuria sta per diventare la prima conduttrice trans della tv italiana. E altre cose che vale la pena sapere, leggere o ascoltare nel weekend.

Benvenuti alla Prima Ora di sabato 6 aprile.
La rottura tra Pd e 5Stelle

Image Emiliano, Leccese, Decaro, Laforgia. La sinistra pugliese in pezzi
Lo scambio di accuse, l’alleanza in crisi (nel capoluogo, non in Regione), l’inchiesta di Bari. Punto per punto.
    L’antefatto A indurre Conte alla rottura è stata l’inchiesta sulle presunte compravendite di voti, che vede tra gli oltre 70 indagati Anita Maurodinoia, assessora regionale ai Trasporti della giunta Emiliano (in cui il governatore del Pd è appoggiato dai 5 Stelle). Maurodinoia (che si è dimessa dalla carica e dal Pd, in cui era confluita dal centrodestra alla fine del 2021), è accusata di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione elettorale insieme al marito Alessandro Cataldo, ideatore della lista «Sud al Centro». Sull’inchiesta però torniamo dopo. Vediamo prima gli sviluppi politici.
    L’indignazione di Schlein «Conte è veramente sleale. Umanamente e politicamente. Il suo è un atteggiamento spregiudicato. Nella maggioranza di Emiliano ci stanno anche loro e lui fa le prediche a noi? Vuole far vincere la destra? Vuole metterci in difficoltà? A che gioco sta giocando?». Questo sfogo della segretaria del Pd con il suo entourage ha indotto il leader dei 5 Stelle a una sorta di ultimatum.
    La replica di Conte «Ci saranno conseguenze, per noi sarà sempre più difficile lavorare con il Pd anche a livello nazionale se non ritirano l’accusa di slealtà. La respingo al mittente ed esigo rispetto, sennò ne prenderemo atto». Ma la leader del Pd non ha né smentito l’accusa di slealtà, né abbozzato.
    Il duello a Bari «Io sono qui con voi perché a differenza di altri mantengo gli impegni presi, perché chi non lo fa poi non li mantiene con gli elettori. E mi dispiace per la decisione presa ieri da Conte, unilateralmente, perché così aiuta la destra. Forse chi ha iniziato a far politica direttamente da Palazzo Chigi non ha dimestichezza con il lavoro e lo sforzo collettivo della comunità, ma si deve avere rispetto, e far saltare le primarie a tre giorni dal voto è una sberla alle persone perbene. Non è accettabile. E io non sono disposta a tollerare gli attacchi alla nostra comunità». Queste cose Schlein le ha dette ieri in pubblico, accanto a Vito Leccese, il candidato del Pd che domani avrebbe dovuto sfidare quello grillino Michele Laforgia alle primarie per il sindaco di Bari.
    I candidati sul ring Ora tra i due mancati sfidanti è battaglia campale. Leccese, racconta Maria Teresa Meli, «era pronto a farsi da parte di fronte a una possibile terza candidatura che salvaguardasse la coalizione». Ma Laforgia «ha bocciato tutti i nomi che gli sono stati proposti dallo stesso sfidante: perfino suo fratello Nicola, ex assessore della prima giunta Emiliano. “Volete l’unità? L’unità sono io”, è stata la replica di Laforgia. E Conte è con lui». Al che Leccese l’ha piantata lì: «Siamo stanchi di subire ultimatum».
    E le novità sull’inchiesta? Al centro dell’indagine c’è «Sud al Centro», la macchina di voti inventata da Alessandro Cataldo, detto Sandrino, marito dell’ormai ex assessora regionale Anita Maurodinoia. Cataldo, è l’accusa, aveva creato un enorme database con elettori potenziali, tra chi aveva seguito o tenuto corsi di formazione nella sua società, o elettori già corrotti. «Una profilazione che serviva ad ampliare il più possibile il bacino elettorale di “Sud al centro”», racconta Nicolò Delvecchio.
    Ma come funzionava la compravendita? Così: agli elettori si offrivano fino a 50 euro a voto o posti di lavoro (da docente nei corsi di formazione a badante), ma pure «utilità» come buoni spesa e bollette pagate. Esempio, una signora di Grumo Appula: «Ho tutti gli amici di mio figlio da far votare, faccio venire lui a fare il rappresentante di lista, ma voglio la bombola del gas».
    E come si controllavano i voti? Agli elettori comprati venivano fornite formule per verificare che avessero rispettato il patto: «Metti la X sul sindaco, non mettere la X sul partito e scrivi Anita Maurodinoia. In famiglia siete quattro? Vi do 200 euro, ma nella tua sezione voglio quattro voti come ti ho detto!». In tutto le formule erano 7: il rappresentante di lista si appuntava tutto e dopo il voto avveniva il pagamento.
    La transumanza dei voti Goffredo Buccini racconta com’è franato un sistema che negli anni ha traslocato dal centrodestra al centrosinistra: «I protagonisti delle ultime inchieste che hanno stravolto Bari, Anita e “Sandrino” e, prima di loro, Giacomo Olivieri e la moglie Carmen Lorusso (con la loro “vita smeralda” finita in un’indagine antimafia da 130 arrestati e motivo dell’accesso agli atti comunali deciso dal ministro Piantedosi) transumavano tutti dalla destra tramite liste civiche, portando in dono pacchetti di voti. Anita, per dire, ha contribuito all’elezione di Antonio Decaro a sindaco nel 2019 con oltre seimila voti e con quasi ventimila a quella di Emiliano alla Regione nel 2020».
    E Decaro ed Emiliano litigano I due amministratori che in questi anni hanno cambiato Bari e la Puglia, con l’attuale sindaco in testa alle classifiche di gradimento degli amministratori locali, sono ora ai ferri corti, lambiti da questo fango. Il loro rapporto è in crisi da quando, il 23 marzo, il presidente della Regione ha detto in piazza «portai Decaro dalla sorella (incensurata) del boss Capriati per dirle che era un uomo mio e non dovevano dargli noia». Da allora, scrive Buccini, è scontro: «Smettila di dire che dalla Capriati c’ero!». «Smettila di nasconderti, c’eri».
    
E in tutto questo Conte... Conte non ha resistito: ha sentito l’odore del sangue del Pd e gli è saltato alla gola, da nemico puro e non da aspirante leader comune. Quello che si era candidato a essere fin dal giorno in cui uscì da Palazzo Chigi, quello che sarebbe potuto essere se fosse rimasto fuori dai giochi, «in riserva» della Repubblica e del centrosinistra. Invece si è preso i 5 Stelle, ne ha fatto un partito personale e si mostra disponibile all’alleanza solo se a guidarla è lui.
    E in tutto questo Schlein... Si era fatta eleggere (clamorosamente) a segretaria del Pd proprio per ripulirlo dal correntismo e dai potentati locali, e ora rischia di esserne travolta. Ma la durezza con cui sta duellando con Conte, dopo mesi di continui esercizi zen, sta mostrando un volto finora inespresso della sua leadership, che pare aver sorpreso il leader (post)grillino.
    Commenta Massimo Franco «La verità è che tra Pd e M5S è in atto una competizione feroce non solo in vista delle Europee di giugno, ma sul dopo. E non è difficile prevedere che, comunque vadano, se Conte non si riterrà gratificato nelle sue ambizioni, si accentuerà l’opzione delle “mani libere”. Basterà puntare il dito sulla questione morale del Pd, che nel caso di Bari offre appigli e pretesti sia alla maggioranza di governo, sia ai grillini; o sul carattere “post-ideologico” del Movimento: una sublimazione dell’opportunismo che in passato gli ha permesso di allearsi prima con la Lega, poi col Pd, poi con quasi tutti».
    Commenta Roberto Gressi «In zona Pd si ragiona in questo modo: adesso Conte fa il ruvido, ma lo sanno anche i bambini che considera Palazzo Chigi suo per diritto di nascita. In quale altra maniera, se non con un’alleanza con la sinistra, può perseguire il suo disegno? Certo però sarebbe difficile per lui farsi consegnare lo scettro, se alle Europee, e poi alle elezioni politiche, fossero i dem il partito dominante. Senza contare che, almeno al momento, l’ipotesi di battere un centrodestra magari litigioso, ma che da decenni al voto marcia unito, pare per lo meno fantasiosa».

E intanto a destra
E intanto a destra ci si divide pure, ma non volano stracci. Al massimo fazzoletti. Non si mette in dubbio l’alleanza. I voti non non si distruggono, si creano. Con la cosa più concreta che ci sia: la casa. Punto per punto.
    L’antefatto giovedì, Matteo Salvini ha pubblicato sul sito del ministero delle Infrastrutture quella che definisce una bozza di legge per «sanare tutte le difformità interne alle abitazioni che stanno bloccando milioni di italiani e di immobili che potrebbero essere tranquillamente rimessi sul mercato liberando gli uffici comunali da centinaia, migliaia di pratiche che si accumulano da 40 anni».
    Di che si tratta? Si tratta di piccole difformità o irregolarità strutturali che interessano, secondo uno studio del Consiglio nazionale degli ingegneri, quasi l’80% del patrimonio immobiliare italiano. Gli addetti ai lavori premono per superare la cosiddetta doppia conformità. Quella norma, ha spiegato Fabrizio Pistolesi, relatore del nuovo Testo Unico delle Costruzioni su cui lavora il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, «impedisce di sanare l’80% delle difformità negli edifici che sarebbero invece già sanabili con le norme attuali, perché le opere, per essere sanate pagando una sanzione, devono essere conformi alla normativa attuale, ma anche a quella vigente al momento di costruzione dell’edificio, e quasi sempre non lo sono».
    Il gelo di Meloni. La presidente del Consiglio ha voluto sottolineare l’anomalia del metodo scelto da Salvini, ma anche l’intenzione di non regalargli il tema: «Ho letto il comunicato del ministero dei Trasporti che parla di sanare piccole difformità interne, cioè se hai alzato un tramezzo per fare due stanze dove ce n’era una. Se è questo parliamone, è ragionevole, ma non posso ragionevolmente commentare una norma che non ho letto».
    La reazione di Tajani Anche il leader di Forza Italia ha fatto subito capire come la materia sia sensibile, perché terreno di caccia comune al suo partito e alla Lega, e non certo disdegnato da Fratelli d’Italia. Caccia di voti, chiaro. Ha detto Tajani: «Non conosco la proposta di Salvini. Devo dire, però, che è già incardinata al Senato una nostra proposta sulla rigenerazione urbana, che già prevede le cose di cui ha parlato Salvini. Non si può fare un condono, ma si possono sanare alcune cose che non provocano alterazioni sostanziali agli edifici. Se la proposta della Lega va nella nostra direzione, si può anche questa incardinare al Senato».
    La controreplica di Salvini «L’amico Tajani dice che non ha ancora letto il testo. Ma io ho un sottosegretario di Forza Italia al ministero (Tullio Ferrante) e comunque porteremo il piano in Consiglio dei ministri». E poi, al Tg1: «Il piano punta ad aiutare. Liberiamo migliaia di appartamenti, i Comuni incassano, milioni di italiani tornano finalmente proprietari di casa loro».
    «Una mozione del centrodestra sulla casa» A preannunciarla è il forzista Maurizio Gasparri, autore del disegno di legge di cui parla Tajani. Che punta a favorire la rigenerazione delle periferie e degli spazi urbani, semplificando demolizioni e ricostruzioni, e prevede incentivi economici e fiscali. Ma non si occupa delle lievi difformità e del vincolo della doppia conformità, che è il vero nocciolo della questione. È prevedibile che i temi siano integrati in un’unica iniziativa, che consenta a tutti, e non solo a Salvini, di intestarseli.
    Commenta Mario Sensini «Non è una questione di merito. Sulla sanatoria proposta da Salvini, nella maggioranza sono tutti d’accordo. A destare qualche perplessità e preoccupazione dal punto di vista politico è il metodo usato dal leader della Lega. Anche se condivisibile il suo Piano Casa appare oggi agli alleati di governo come un nuovo strappo in avanti in chiave elettorale. Un’iniziativa, dunque, da riportare nell’ambito dei programmi della maggioranza, che da tempo sta lavorando su temi analoghi».

Le altre cose importanti

    L’escalation Israele-Iran
    Gli Stati Uniti si stanno preparando a un attacco «significativo» che potrebbe giungere entro la prossima settimana da parte dell’Iran contro asset israeliani o americani nella regione, come risposta all’attacco israeliano di lunedì a Damasco che ha ucciso diversi alti comandanti iraniani. Lo ha rivelato un alto funzionario dell’amministrazione Biden alla Cnn.
    L’attacco è ritenuto «inevitabile», e giovedì è stato al centro della telefonata tra il presidente Usa e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dopo settimane di polemiche senza precedenti tra i due governi, culminate nell’indignazione espressa da Biden per la strage di 7 operatori dell’ong World Central Kitchen. Israele parla di tragico errore e ieri ha licenziato i due ufficiali che ne sarebbero i responsabili. L’ong insiste nel chiedere un’inchiesta indipendente.
    Ora le questioni sono due: se e come Israele consentirà il ripristino delle operazioni di soccorso umanitario a una popolazione cacciata dalle sue case, stremata e affamata. Gli americani dicono di avere avuto finalmente garanzie a riguardo. Ma guardano con preoccupazione al rischio di un’escalation con l’Iran.
Un conflitto esteso sarebbe la fine del piano di pace di Biden, che prevede uno Stato palestinese al termine del processo, e rischierebbe di trascinare il presidente in una guerra che prolungherebbe la permanenza al potere di Netanyahu. Per gli Usa (e non solo) un disastro totale.
    Qui l’intervista di Viviana Mazza al filosofo Michael Walzer: «La guerra giusta? Israele si è difeso ma ha fatto troppi errori. Tanti ora sperano in Biden».
    Qui il ritratto di José Andrés, il geniale chef che ha fondato World Central Kitchen e ha firmato un vibrante appello a Israele perché cambi metodi: «Non si può vincere questa guerra affamando un’intera popolazione».
    
Gli ucraini colpiscono, i russi avanzano
    Kiev afferma di avere distrutto con i droni sei aerei russi, «un raid che esaltano come un importante successo», scrive Lorenzo Cremonesi.
    Ma la situazione complessiva aggiunge il nostro inviato, «resta estremamente sfavorevole agli ucraini. È da ottobre ormai che i russi hanno ripreso ad avanzare nel Donbass e la loro vittoria con la cattura della cittadina di Avdiivka a metà febbraio ha segnato un punto di svolta. Negli ultimi due giorni le loro truppe hanno conquistato il villaggio di Vodyane e da ieri mattina sostengono di essersi attestate alle periferie della cittadina di Chasiv Yar, non lontano da Bakhmut. Kiev nega e il presidente Zelensky sostiene che il fronte tiene. Ma fonti sul posto confermano che si sta combattendo ormai casa per casa».
    Qui l’analisi di Giuseppe Sarcina:«L’Ucraina è sul punto di crollare? Perché la Nato pensa di no (e qual è il suo piano)».
  
 Il terremoto a New York
    Chi ha visto tremare i grattacieli, non se lo scorderà più. Un terremoto di magnitudo 4,8 ha colpito la regione di New York, scuotendo gli edifici nell’area metropolitana della megalopoli. La scossa, con epicentro a Lebanon, nel New Jersey (circa 70 chilometri a ovest di New York City), è durata una trentina di secondi, ed è stata registrata intorno alle 10,20 di ieri mattina (le 16,20 italiane).
    Ad avvertirla nettamente sono stati non solo gli abitanti di New York — molti dei quali sono rimasti sorpresi da un evento che, in questa città, è tutt’altro che comune — ma anche di Boston, Baltimora, Filadelfia, in un’area che ospita oltre 42 milioni di persone. E in cui il fenomeno è molto raro: due scosse in 100 anni.
    
Armani Operations in amministrazione giudiziaria
    «La borsa di pelle è griffata originale Giorgio Armani, però la fanno i cinesi sfruttati in capannoni-dormitorio, e la casa di moda lo sa ma non lo impedisce perché le conviene (qui le carte dell’inchiesta). Ecco cosa spinge la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano a mettere in “amministrazione giudiziaria” la “Giorgio Armani Operations spa” relativamente ai rapporti con tutti i fornitori».
    Così Luigi Ferrarella racconta il provvedimento che ha colpito uno dei marchi simbolo del made in Italy. «Ma la “Giorgio Armani Operations spa”, controllata interamente dalla “Giorgio Armani spa”, non è indagata (e tantomeno è indagato l’89enne stilista, terzo uomo più ricco d’Italia con una fortuna accreditata da Forbes in oltre 11 miliardi di euro), perché non si è nel campo del processo penale, ma nel settore delle misure di prevenzione».
    
«La GA Operations collaborerà con la massima trasparenza con gli organi competenti per chiarire la propria posizione», fa sapere l’azienda.
    «Elkann consapevoli della frode»
    È verosimile che lo fossero, i tre fratelli John, Ginevra e Lapo: lo scrivono i giudici del Tribunale del Riesame.
    La presunta frode è quella sulla residenza svizzera della nonna Marella Caracciolo Agnelli, da cui discendono i reati contestati agli Elkann. Tra cui la truffa ai danni dello Stato per il mancato pagamento della tassa di successione in relazione a un patrimonio di circa 900 milioni di euro ereditato alla morte della nonna e fino ad allora custodito in un conto off shore a lei riconducibile, secondo l’accusa. La cronaca di Simona Lorenzetti e Massimiliano Nerozzi.

Da leggere/ascoltare
    Il ricordo del genocidio nel Ruanda, trent’anni dopo, di Massimo Nava.
    Roberto Saviano: «Se a Napoli una madre ferita al parco giochi è “normale”».
    L’editoriale di Federico Rampini: «La nuova invasione della Cina».
    Il commento di Federico Fubini: «Oro, la fortuna di una “reliquia barbarica”».
    La lettera del rettore dell’Università di Torino Stefano Geuna (dopo le polemiche su Israele): «Con il dibattito si cresce».
    La rubrica di Paolo Lepri: «Il “prima i greci” di Lina Mendoni».
    L’intervista di Renato Franco a Vladimir Luxuria, prima persona trans a condurre una trasmissione televisiva, L’Isola dei famosi: «Macché trasgressiva, io sono tradizionalista» (tra poco sul sito).
    L’intervista di Roberta Scorranese a Gian Arturo Ferrari: «Rifiutai il Codice Da Vinci ma poi feci follie per riaverlo» (tra poco sul sito).
    La Cinebussola di Paolo Baldini, con trame, giudizi e trailer dei film del weekend, in sala e in streaming.
    L’Ammazzacaffè, il podcast in cui Massimo Gramellini corregge i suoi Caffè della settimana con i commenti dei lettori: potete ascoltarlo qui (e sotto, quello di oggi).
    Il podcast L’Ultima volontà, sui testamenti che raccontano l’Italia: qui il primo episodio, Poche sentite parole, di Micol Sarfatti.

Il Caffè di Gramellini
Il gentil Sinner
Nessuno è un grand’uomo per il proprio cameriere, si diceva quando ancora esistevano i grandi uomini e il cameriere era un lavoro pagato bene. Parafrasando, nessun campione di tennis è un grand’uomo per il proprio raccattapalle. Uno di loro, un ragazzino americano che da tre anni va raccattando palle nel torneo di Indian Wells, ha raccontato sui social i fenomeni della racchetta visti da vicino e sotto stress. Ne sono uscite gustose classifiche: Zverev guida l’elenco dei maleducati e Djokovic quello dei gentili solo quando vincono. La ristretta lista dei gentili nella buona e nella cattiva sorte comprende i nostri Sinner e Berrettini, ed è stupefacente che tra gli italiani da esportazione ce ne siano due così lontani dallo stereotipo che ci dipinge arroganti con gli umili e servili coi potenti.

Sinner, in particolare, è popolarissimo tra i raccattapalle di mezzo mondo da quando ha tenuto l’ombrello a una rappresentante della categoria durante un’interruzione temporalesca, chiedendole se giocasse a tennis e come funzionasse il suo lavoro. Essere interessati a ciò che dicono e fanno gli altri, o almeno darne l’impressione: in parte a Sinner verrà naturale, ma immagino che, come tutto il resto, sia anche frutto di duro allenamento. Avendo perso ogni speranza di imitare il suo diritto, mi accontenterei di imparare la sua gentilezza. Che rivoluzione sarebbe, se da domani ci rivolgessimo al prossimo dicendogli «ciao, come stai?» invece del solito «ciao, come sto?».

Grazie per aver letto Prima Ora, e buon weekend (qui il meteo, con caldo estivo sulle Alpi e 30 gradi al Sud).
(gmercuri@rcs.it; langelini@rcs.it; etebano@rcs.it; atrocino@rcs.it)
   
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