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Autore Discussione: ANAIS GINORI Intervista all'economista francese Jean-Paul Fitoussi  (Letto 1983 volte)
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« inserito:: Aprile 02, 2009, 03:48:04 pm »

ECONOMIA     

Intervista all'economista francese Jean-Paul Fitoussi

"Ci vogliono ripensamenti politici, economici e sociali"

"Non è una protesta organizzata chiamiamola rivolta popolare"

La situazione è molto grave, si chiedono altri sforzi ai lavoratori e ci si accorge che il salario medio in trent'anni s'è abbassato

di ANAIS GINORI
 

"La chiamano in vari modi, ma le dico io cos'è. E' una rivolta. Questa è una rivolta popolare non coordinata, spontanea. E molto pericolosa". Senza giri di parole, si tratta semplicemente di questo. L'economista Jean-Paul Fitoussi battezza così gli ultimi incidenti in Francia e il malcontento che sta esplodendo in altre parti d'Europa. "La gente ha avuto la sensazione di essere stata presa in giro". Nel giorno del G20, il docente all'Istituto di studi politici di Parigi e presidente dell'Osservatorio per le congiunture economiche, pronuncia un giudizio severo, e aggiunge anche un allarme: "Le fondamenta della democrazia sono in pericolo".

Da dove nasce questa nuova collera popolare?
"L'attuale crisi va esaminata nella sua triplice dimensione: economica, finanziaria e intellettuale. Contrariamente a quello che si pensa, il vero ostacolo per una ripresa è l'ultimo aspetto: quello intellettuale. La crisi proviene infatti da una grande menzogna. Non soltanto dei finanzieri, ma anche di politici, forse in buona fede, diventati prigionieri di una dottrina assolutista e che ha prodotto effetti catastrofici".

Era tutto una gigantesca illusione?
"Assolutamente sì. Le faccio un esempio. Ci dicevano che nuovi posti di lavoro si potevano creare soltanto in relazione alla loro produttività marginale. I lavoratori dovevano insomma essere pagati in proporzione al loro apporto produttivo. Eppure scopriamo oggi che, in realtà, la classe dirigente di molte imprese non veniva pagata con questa regola. Anzi, è stato esattamente il contrario: la maggior parte dei dirigenti del sistema finanziario ha avuto una produttività negativa, continuando però a incassare remunerazioni astronomiche".

Le proteste aumenteranno?
"Ripeto: la gente ha capito di essere stata raggirata. E' questa la dimensione forte, pregnante della protesta. Gli incidenti di oggi in alcune imprese sono manifestazioni di rivolta spontanea. Per tre decenni è stato raccontato un sistema come verità assoluta. Improvvisamente, ci si accorge che era un bugia altrettanto assoluta E' comprensibile lo choc e la rivolta nella popolazione".

Come si esce da questa crisi?
"La situazione è molto grave. Ora che si chiedono sforzi supplementari ai lavoratori, ci si accorge che negli ultimi trent'anni il salario medio si è globalmente abbassato. In sostanza, abbiamo permesso che fossero rafforzate le discriminazioni economiche. La dottrina andava fino ad accettare che le disuguaglianze fossero considerate un fattore positivo di crescita e dinamismo economico. Questo ha provocato un'ovvia crisi della democrazia che, per sua stessa definizione, non può sopportare l'aumento delle disuguaglianze".

Quali sono le responsabilità delle istituzioni?
"Il credo della dottrina in vigore fino al settembre 2008 era che la sfera politica dovesse essere ben distinta da quella economica. Qualcuno si era convinto che la democrazia fosse l'applicazione della legge della maggioranza. E' profondamente sbagliato. La legge della maggioranza deve sempre coniugarsi con la protezione delle minoranze".

Cosa si aspetta da questo G20?
"Al di là di quel che diranno i comunicati ufficiali, bisognerà capire se effettivamente la democrazia sta ritornando. Non dobbiamo guardare solo ai rimedi economici e finanziari immediati. Quello che si deve valutare con estrema attenzione è se vi siano elementi nuovi che vadano verso un ripensamento permanente della gestione degli affari politici, economici e sociali. Soltanto così si potrà uscire dalla crisi".

(2 aprile 2009)
da repubblica.it
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