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Autore Discussione: CLAUDIO SABELLI FIORETTI.  (Letto 5178 volte)
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« inserito:: Febbraio 23, 2009, 06:26:18 pm »

23/2/2009 (7:3) - INTERVISTA A DARIA BIGNARDI

"Sofri è un nonno meraviglioso"
 
Daria Bignardi è giornalista, conduttrice televisiva e scrittrice
 
«Adoro mio suocero e so che è innocente, non voglio in trasmissione chi lo offende»


CLAUDIO SABELLI FIORETTI


Un paio di mesi prima del ritorno in televisione, con l’«Era Glaciale», per Rai2, Daria Bignardi, l’intervistatrice migliore che si aggiri nei meandri dell’informazione tv, sorprende tutti con un libro, «Non vi lascerò orfani», storia del suo rapporto con la mamma morta un anno fa. Libro sofferto, quasi una confessione, che potrebbe far pensare al solito volume strappato alla star di turno. E invece arrivano le recensioni, tutte entusiastiche. Goffredo Fofi, critico solitamente insofferente, dice: «E’ nata una scrittrice». Non resta che andare da Daria. Ma siccome non sono un critico, né buono né cattivo, parto dall’attualità. Sarà una chiacchierata tesa, vedrete, per nulla tranquilla, tra due amici che si stimano. Ma entrambi presuntuosi e scostanti. «Il conflitto nutre», sostiene Daria. Non vorrei ingrassare troppo.

Daria, vogliamo cominciare dal milione di euro di Bonolis?
«Oddio! Ma chissenefrega!».

Anche sui tuoi compensi si è discusso.
«Sì, ma tutte balle».

La prussiana Daria…
«Ma che prussiana. Sono cose vecchie».

Non sei più prussiana?
«E’ una cretinata che avevo detto otto anni fa. Devo dire proprio delle cose così scontate?».

Dimmi se sei prussiana e la finiamo lì.
«Ma non sono più una ragazzina che parla per slogan».

Dalle risposte che hai dato al questionario di Proust risulta: che sei allegra e che non ti piacciono le tue cosce.
«Le cosce può essere. Ma l’allegria no. Ti deluderò ma in questo momento sono dentro la bolla del mio libro. Persino un cinico come te può capire quanto possa essere importante. Faccio fatica a risponderti su altre cose».

Prendo atto, non sei allegra.
«Il libro fa ridere. Quelli che dicono che hanno riso, sono quelli che mi danno più soddisfazione. Io non sono allegra però rido».

Al di là del libro...
«...di cui non ti frega niente...».

...il ricordo giovanile più forte?
«La casa dei nonni in campagna, a Castel San Pietro, dove passavo due mesi d'estate. Durante l’anno vivevo a Ferrara. Madre maestra, ansiosissima, che mi teneva sempre in casa: niente giochi. Però me la godevo. Ho letto una montagna di libri. Ma era una vita malinconica, non molto allegra. Invece, dai nonni: giardino, cugino, lucciole, correre in bicicletta, sbucciarsi il ginocchio».

Poi sei cresciuta…
«A 16 anni ho scoperto la politica e la società. Anni bellissimi, i più divertenti della mia vita, i cineforum, le occupazioni della scuola. Poi mi sono iscritta al Dams dove non mi sono trovata bene, anni Ottanta, un periodo un po’ dark...».

Tutta nera e piena di piercing?
«Piercing no. Ma nera sì. E ascoltavo i Pil, gli Ultravox, la cultura era quella, “meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente”. E poi ho cominciato a lavorare…».

E il benessere…
«Ho lavorato duro tutta la vita. La mia famiglia non aveva molte possibilità economiche. Ho cominciato a guadagnare abbastanza bene solo a 40 anni. Mi irrito se mi dipingono come una snob da salotto. Mai entrata in un salotto in vita mia. O se citano i tacchi alti che metto in trasmissione, come fece Giuliano Ferrara quando lo intervistai sulla sua lista. Fu un’intervista tesa».

Altre interviste dure?
«Ma tu parleresti delle persone che intervisti»?

Sì, senza alcun problema.
«Io ci soffro quando mi mettono un’etichetta che non mi corrisponde. E quindi non voglio dare etichette agli altri».

Hai appena detto che sono cinico.
«Ma non ti posso definire con il termine “cinico”. Questo malcostume italiano che poi è soltanto cialtroneria...».

Alè... cinico... cialtrone... ma senza etichette...
«Ma no, non ti riguarda. Ho sempre detto che mi ispiro al tuo modo di fare le interviste».

Il primo amore lo ricordi?
«Certamente».

Era quello che somigliava a Fernandel?
«Non ne parliamo, è già abbastanza arrabbiato».

L’amore che ti ha fatto soffrire di più era quello di Stefano Eco.
«Possiamo non parlare di amore»?

Bisognerà pur parlare di qualcosa.
«Si era detto di parlare del mio libro».

L’ho letto nel tuo libro.
«Nel libro è marginale. Claudio, fatti stupire anche tu. Adesso faccio la maestrina antipatica: non fare l'intervista con l’idea che hai già di me. Fatti coinvolgere».

A me basta che parli.
«Va bene. Ma non mi va di parlare di amori».

Parliamo di nemici? Ricordo una grande litigata con Busi.
«Roba del pleistocene…».

Ti disse: puttana.
«Un libro mi ha cambiato la vita: il suo “Seminario sulla gioventù”. Busi avrà dato della puttana almeno a cinquecento persone».

Anche tu hai un linguaggio libero. Chiedi alla gente se bacia con la lingua…
«Sei proprio un signore di altri tempi».

Non ho mai sentito Vespa chiedere: «Lei bacia con la lingua»?
«L’ho detto una volta e lo rivendico».

Con Dolce & Gabbana avete parlato di puzze…
«Quando l’intervista era in fascia protetta stavo più attenta. Ho dei figli e mi dà fastidio il linguaggio scurrile. Dalle dieci e mezza in avanti parlo come nella vita».

Tipo la misurazione della virilità di Michele Cucuzza…
«Ma stai parlando di cose arcaiche…».

Due anni fa…
«Sei un po’ datato, te lo posso dire? Non sei aggiornatissimo».

Altro nemico: Paolo Martini, il critico televisivo.
«No».

Hai detto che è una mezza calza.
«Ma stiamo parlando di dieci anni fa».

La tua vita è divisa in due: fino a dieci anni fa e dopo.
«Non mi puoi tirare fuori queste cose. In quei tempi non ero assolutamente preparata alle arpie come te. Ero ingenua e se uno faceva il simpatico, mi aprivo. Adesso se uno fa il simpatico e poi scrive delle cazzate, non mi stupisco più perché so che voi fate così».

Voi chi?
«Pure tu hai fatto delle stronzate».

Tipo?
«Nel libro-intervista con Travaglio gli hai lasciato dire…».

Io non «lascio dire». Io faccio domande e registro risposte…
«Gli hai lasciato dire che io sono “interessata al potere”. Una cosa che non si può proprio dire di me».

Travaglio era rimasto sorpreso che quando cacciarono Luttazzi dalla 7 perché aveva attaccato Ferrara tu avevi difeso Luttazzi, ma anche la 7, e anche Ferrara…
«Tutti potevano essere difesi. Non è sempre tutto bianco e nero, esistono anche i grigi».

Avrei dovuto cassare la sua risposta?
«Tu che mi conosci potevi fargli qualche altra domanda, difendendomi. Invece tu scrivi quello che ti funziona. Io non lavoro così».

Tu come lavori?
«Io metto la cosa forte ma anche la cosa giusta. Cerco di essere morale nel mio modo di lavorare».

Quando intervistano te ho notato affettuosità e riverenza...
«Tu parti dal presupposto che nelle interviste ci devono essere cose forti...».

Perché no?
«Vedi, nel mio libro, di cui appunto non ti frega niente…».

Che strazio, Daria…
«Lascia che ti dica che cosa penso. Questo è un libro sincero, importante per me ma anche per molti che lo stanno leggendo. Magari gli interessa sapere più del libro che del milione di Bonolis, non credi»?

Berlusconi, Celentano, Tremonti, Di Pietro, D’Alema... hanno rifiutato di venire da te...
«D’Alema verrà, me l’ha promesso...».

C’è qualcuno che sei tu a rifiutare?
«Sì, ma non te lo dico».

Non lo scriviamo.
«E allora perché lo vuoi sapere»?

Sono curioso.
«Non te lo dico».

Io intervisto tutti.
«Non voglio gli anti-Sofri, chi infama mio suocero. Che è l’unico che sta pagando le responsabilità morali di una generazione intera».

Tu eri convinta dell’innocenza di Adriano Sofri anche prima di sposare suo figlio?
«Sempre».

Perché?
«Perché è innocente».

Motivazione insufficiente.
«Ho letto le carte dei processi».

Non hai fiducia nella magistratura italiana?
«Non tanta, no».

Che cosa vuol dire avere Adriano Sofri come suocero?
«Vuol dire che i tuoi figli hanno un nonno tenero e spiritoso. Che tu hai un amico caro. Che tuo marito ha un padre eccezionale e ingombrante. Luca va matto per suo padre. Tutti quelli che conoscono Adriano vanno matti per lui. E’ la persona più affettuosa e divertente e morale che abbia mai incontrato».

Ricordo che lo definivi antipatico, una volta.
«Quando uno non lo conosce… vede il lato professorale...».

Hanno detto che fai programmi solo per gente con tre lauree e il parquet…
«Io so per chi le faccio. Mi scrivono. Su Facebook si può conoscere il proprio pubblico. Ci sono quelli con tre lauree, ma c’è di tutto».

Dicono che usi Facebook solo per pubblicizzare il tuo libro. E se qualcuno ti critica gli togli l’«amicizia».
«Mai tolta l’amicizia su Facebook a nessuno. Ma con Facebook ci faccio quel che mi pare, come tutti. Mi interessa parlarne, certo, per sapere, per confrontarmi, come è naturale».

Neghi di essere snob. Sei nazional-popolare?
«In televisione tendo ad esserlo. Qualcuno ha detto: bisogna pensare che ci stia guardando un bambino di 12 anni, un addetto ai lavori, un amico, e un anziano. Io ci provo».

Te l’aspettavi la batosta della sinistra in Sardegna?
«Dopo l’intervista a Renato Soru mi hanno scritto centinaia di persone dicendo: abbiamo il nuovo leader del Pd. Per un attimo l’ho pensato anche io. Comunica senso di integrità al contrario dell’avversario. Mi ricorda Berlinguer».

Però ha perso.
«Infatti. La sconfitta o la vittoria non sono degli indici, però una sconfitta così forte qualcosa vuol dire».

Che cosa?
«Che non può essere lui il leader del Pd».

E Veltroni? Una volta hai detto: «Non mi è simpatico, ha l’aria molliccia di chi vuole andare d’accordo con tutti».
«Una banalità che avrò detto dieci anni fa».

Allora non conta.
«In campagna elettorale è stato bravissimo. Ma anche per lui non bastava».

Sei sempre di sinistra?
«Sì, ma invecchiando sono diventata meno rigida. E sono sgomenta di fronte alla rovina del Pd. Stanotte sono stata sveglia un sacco di tempo e pensavo: “Ma chi ci salva? Chi ci porta fuori di qui”»?

Tu la notte ti svegli e pensi al futuro del Pd…
«Ho la bambina raffreddata e dormo poco».

Chi ci porta fuori di qui?
«Ci vorrebbe l’Alessio Vinci della situazione, il giornalista che ha sostituito Mentana a “Matrix”… Come idea è stata buona. Ora vedremo come se la caverà: non è mica facile far quello che faceva Mentana».

Tu hai votato Pd?
«Un giornalista non dovrebbe fare dichiarazione di voto, però sì, ho votato Pd».

Hai votato per il partito della Binetti…
«È il dramma del bipolarismo».

Sei più di sinistra tu o Luca?
«Credo io. Luca è molto equilibrato, molto moderato».

Hai diretto «Donna». Ma te l'hanno chiuso…
«Era un bel giornale secondo me. Con uno sguardo contemporaneo che poi ho messo in tutto quello che ho fatto alle “Invasioni Barbariche”. “Donna” mi è servito. Però mi ha tolto la voglia di dirigere un giornale. L’editoria ha troppi casini. E’ condizionata dalla pubblicità».

Però quelle tue birre... sembrano pubblicità occulta...
«È la prima volta che me lo sento dire. Non credo che vedermi bere birra ne cambi la sorte».

La tua prossima trasmissione: «Era glaciale». Tu sei glaciale?
«Io mi ritengo il contrario di glaciale».

Passionale?
«La parola “passionale” fa un po’ telefoni bianchi. Preferisco “il contrario di glaciale”, se non ti dispiace».

Bollente?
«Che noioso che sei. Il linguaggio è importante Claudio. “Il contrario di glaciale” è molto più bello di “bollente”».

Riesci a limitarti a dare le risposte o vuoi fare anche le domande?
«Scrivi “il contrario di glaciale”. “Bollente” è un impoverimento».

Hai lasciato la «7» dove eri la reginetta. E dove i numeri non contano. E vai al centro del mercato tv. Se la prima puntata va male ti chiudono…
«Pazienza. Scriverò un altro libro. E’ stato bello scrivere questo».

Gianni Stella, detto «il canaro», non ha cercato di trattenerti... Dicono che non voleva darti i soldi che chiedevi...
«Non ho chiesto un bel niente, a parte un po’ di buone maniere. Lui è brusco ed io permalosa. Il primo impatto è stato disastroso. Quando poi ci siamo presi le misure ormai era troppo tardi».

Tu non vuoi parlar di soldi. Non è un atteggiamento snob?
«Se vuoi ne parliamo. Ma che ineleganza».

Dai, facciamo una cosa poco elegante. Quanto prendi dalla Rai?
«Tolte le tasse e la commissione dell’agente... saranno poco più di duecentomila euro. Sei soddisfatto»?

Hai lavorato con Gad Lerner, con Riotta e con Giordano Bruno Guerri...
«Con Gad ho imparato a fare televisione. Riotta era divertentissimo, rideva un sacco, oggi è molto più compreso nel ruolo. Giordano Bruno Guerri aveva quel suo sarcasmo che rivolgeva anche contro se stesso. Era complicato. E molto intelligente».

Io vorrei fare il gioco della torre…
«Impossibile. L’allieva ha superato il maestro, se mi permetti».

Bisogna. Lerner o Mentana?
«Ma dai, me l’hai fatta dieci anni fa questa domanda».

Che cosa pensi della faccenda di «Matrix»?
«Mentana è bravo, intelligente, sono solidale con lui. Questa vicenda fa un po’ paura, non è un bel segnale per i giornalisti».

Gruber o D’Amico?
«No, non faccio questo gioco, Claudio».

Chiambretti o Fazio?
«Non ti rispondo! Se vuoi ci meniamo».

Scriverai un altro libro?
«Mi sarebbe piaciuto che tu avessi letto questo, perché è evidente che non te ne frega niente. E sbagli! Vedi Claudio, io non ho voglia di parlare di questo libro per promuoverlo. Tra dieci anni forse mi chiederai di questo libro perché avrai capito le cose che in questo momento non hai capito, che non ti interessano. Però peggio per te».

Daria…
«Claudio…».

Tu che sei una mia lettrice, sai bene che non faccio interviste sui libri…
«Ma sulle persone sì. Trovi così scontato che io abbia scritto questo libro? È una cosa che c'entra molto con me, con la mia vita. Erano vent’anni che mi chiedevano di scrivere un libro».

Perché dicevi di no?
«Perché mi piace la letteratura. Leggo tanto e sono ipercritica con me stessa».

Sei di una presunzione pazzesca...
«Sì! Ma non avrei mai fatto “il libro della Bignardi”. Ho sempre pensato che se avessi scritto un libro sarebbe stato un libro vero».

Un libro che rimanesse.
«Sì. E penso di averlo fatto. Tu pensi che io sia presuntuosa perché non l’hai letto».

Guarda, ci sono ancora le orecchiette nelle pagine. Secondo me sei troppo presa da questo libro.
«Sono totalmente presa da questo libro».

Devi essere più distaccata. L’artista, una volta finita l’opera, se ne distacca. Non gli appartiene più.
«Parlo dei miei genitori, di me, dei miei nonni, della vita e della morte. E tu mi chiedi cose di dieci anni fa. Ma chissenefrega».

Se hai scritto un libro vuoi che la gente lo legga. E se uno legge quest’intervista, ha voglia poi di leggere il libro.
«Ma no, perché non ne abbiamo parlato».

Abbiamo parlato di te.
«Non abbiamo detto nulla, ed è evidente che a te non te ne è fregato un cavolo».

Daria?
«Sì».

Non capisci niente.
«Chi l’ha letto mi ha detto che ha riso, che ha pianto… tu invece...».

Andiamo a cena e ti dico quello che penso del libro. Ma adesso ti faccio le domande che ritengo opportune. Non quelle che vuoi tu. Gioco della torre.
«Non ci penso nemmeno».

Una macchia indelebile per il tuo curriculum.
«Va bene».

Sei diventata un’opportunista…
«Bravo, secondo te a quasi 50 anni sono diventata opportunista».

E allora perché?
«Perché so che fa male».

Quindi non lo farai più?
«Sai cosa mi ha colpito di più? Goffredo Fofi ha detto che ci sono tre qualità morali in “Non vi lascerò orfani”: la semplicità, la generosità, l’umiltà. Tu hai un’idea di me prepotente, arrogante, vero»?

Non ce l’avevo prima di questa intervista…
«Però se capisci che invece dentro sono umile è una scoperta. Se io faccio il gioco della torre qualcuno ci rimane male. E io non voglio far male a nessuno».

Quindi non lo farai più?
«Magari lo farò».

Tu sì ed io no?
«Non so se lo farò. Se hai notato, ma non l’hai notato perché non vedi le mie interviste, ormai lo faccio molto raramente».

Vogliamo andare avanti?
«Andiamo avanti».

Il libro è un inno d’amore a tua madre ma anche una critica spietata ai suo metodi educativi.
«Non sono aspetti separabili, purtroppo».

Sei rimasta molto colpita dalla sua morte improvvisa.
«Augurerei a tutti una morte simile, me compresa, senza dolore o quasi».

Se tua madre fosse stata al posto di Eluana?
«Impaziente com’era, mia madre non avrebbe voluto vivere un istante in quelle condizioni. E io avrei fatto tutto il possibile perché se ne potesse andare: non c’è vita senza morte e negare la morte è come negare la vita che c’è stata prima. Stanno commettendo un’atrocità con questa legge sul testamento biologico».

Tu sei andata via di casa. Oggi nessun figlio se ne va via...
«Le cose cambiano... Se si riesce a crescere e ad amarsi senza conflitti dolorosi, tanto meglio».

Che cosa hai pensato quando Goffredo Fofi ha detto: «Oggi è nata una scrittrice»?
«Mi sono emozionata. Quasi quasi ci ho creduto».

Chi ha letto il tuo libro per primo?
«Mio marito. E gli è subito piaciuto. Sono rimasta sbalordita perché non mi sembrava il suo genere».

C’è competizione fra voi?
«Una volta invidiavo la facilità con cui scrive. Lui ha sempre scritto molto più veloce e pulito di me. Io sono lenta e involuta. Devo scrivere, rileggere, riscrivere...».

Che critiche ti ha fatto?
«Troppe virgole».


da la stampa.it
« Ultima modifica: Aprile 27, 2009, 11:38:38 am da Admin » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Aprile 27, 2009, 11:39:21 am »

27/4/2009 (7:7) - PERSONAGGIO -

INTERVISTA AL SEGRETARIO DEL PD

"Dopo Silvio? Temo arrivi Pier Silvio"
 
Dario Franceschini è diventato segretario del Pd a febbraio
 
Franceschini: «Non scherzo, oggi in Italia nessuno si stupirebbe».

«I ma anche di Walter Veltroni? Buon senso: io dico sì, però»

CLAUDIO SABELLI FIORETTI
ROMA


Doveva essere un segretario di transizione. Si pensava: il congresso del Pd, ad ottobre, sancirà la nuova leadership di Pier Luigi Bersani. Ma adesso non ci giura più nessuno, nemmeno lui. Dario Franceschini ha assunto la guida del Pd con un piglio che somiglia molto ad una autocandidatura. Con il suo decisionismo dichiarazionista, antiberlusconiano e soprattutto di sinistra, è apparso subito come un raggio di speranza a tutti quelli che erano affranti dalla “mollezza” di Veltroni e dalla litigiosità di tutti gli altri, tanto da far pensare che fra qualche mese potrebbe essere proprio lui a prendere la guida del partito erede degli ex Pci e degli ex Dc.

Un ex Dc che guida ex Pci…
«Fino a qualche mese fa c’era un ex Pci che guidava ex Dc. Ma ci sono milioni di elettori che non sono né ex Pci, né ex Dc. Tutti quelli che hanno meno di 36 anni non possono avere votato né Dc, né Pci, perché, quando hanno cominciato a votare, questi due partiti non esistevano più. Alle primarie che hanno eletto Veltroni hanno votato tre milioni e mezzo di persone. Gli iscritti ai Ds e alla Margherita erano un milione. Più di due milioni di italiani si sono dichiarati fondatori del Pd senza venire dai due partiti».

Fa comunque impressione.
«Quelli della mia generazione vivevano un mondo diviso in blocchi. Ma con la consapevolezza che qualcosa li univa: la Resistenza, la Costituzione, la lotta al terrorismo, la crisi… Moro e Berlinguer avevano preparato il terreno. Alla fine sono confluiti nella stessa alleanza e poi nello stesso partito».

Dicono che tu sei il contrario del veltroniano “ma anche”…
«Sbagliato. La vita è tutta fatta di “ma anche”. Non esiste il tutto bianco o tutto nero».

Allora aveva ragione Giancarlo Perna a chiamarti, sul Giornale, “ghiaccio bollente”. Citava il caso Welby. Dicevi: “Capisco, ma l’eutanasia no”.
«Voglio vedere chi riesce a non ragionare col “ma anche” su temi così delicati».

Sui gay dicevi: “Bisogna riconoscere che la coppia di fatto ha dei diritti ma anche che la famiglia è un’altra cosa”.
«Non è “ma anche”. E’ buon senso».

Cossiga dice: Franceschini non è “ma anche”. E’“sì però”.
«Il “sì però” è una variante post-democristiana».

Tu sei di Ferrara, antico feudo della sinistra.
«E’ una città di grande vivacità culturale e solidarietà. Tra avversari politici c’erano legami fortissimi».

Tu eri minoranza.
«Delegato provinciale dei giovani Dc. Consigliere comunale. Capogruppo… sempre minoranza. Anche dopo. Per i due terzi della mia vita politica ho fatto opposizione».

Ricordi i vecchi amici?
«Sono quelli con cui vado in vacanza, con cui gioco a carte».

Tressette come De Mita? Burraco come Andreotti? Scopone come Pertini?
«Trionfo, il gioco più divertente del mondo, praticamente tressette con la briscola».

Gli amici...
«Ero compagno di classe di un ragazzo comunista, Alessandro Bratti. Siamo ancora molto amici. Adesso siamo anche parlamentari nello stesso partito».

Allora invece…
«C’era un clima molto goliardico, ce ne facevamo di tutti i colori. Io arrivavo in classe ostentando il “Popolo” e lui me lo bruciava. Siamo rimasti amici, abbiamo sposato due amiche, abbiamo fatto sempre le vacanze insieme».

Ricordi la tua canzone dell’amore?
«Canzoni che si alternano nel tempo. Da ragazzo ascoltavo De Gregori, De André, i cantautori».

La canzone italiana più bella in assoluto?
«Atlantide di De Gregori».

Tu canti?
«Per un po’ di tempo ho tentato di suonare il saxofono».

Il saxofono?
«Mi piaceva l’idea che un giorno, in un locale jazz, mi sarei alzato tra il pubblico e mi sarei messo a suonare, improvvisando. Feci sei mesi di lezione con un vecchio professore. Commisi l’errore tragico di registrarmi. Quando mi sono risentito, sono caduto in una crisi depressiva e ho venduto il sassofono».

Da giovane facevi lo sbandieratore del palio di Ferrara.
«E’ uno sport, non uno scherzo. Ci sono i campionati nazionali, bisogna allenarsi».

E’ pericoloso sbandierare?
«Se ti arriva in testa la bandiera sì».

Ti è arrivata mai in testa?
«Sì. Ho ancora la cicatrice. Facevamo l’allenamento di sera, era buio, non l’ho vista».

Sbandieri ancora?
«Lo sogno a volte. Nel sogno mi accorgo che non ce la faccio. Ma se mi danno in mano una bandiera sono ancora capace».

Tua moglie ha dichiarato che volevi fare il tennista.
«Mia moglie ha dato una sola intervista nella sua vita e ha giurato di non farlo più. Le han fatto dire cose assolutamente false. Compreso che lei di politica non si occupa e si fida di quello che dico io. E’ l’esatto opposto. In politica mi incalza e mi critica».

Da destra?
«No, da sinistra. Quando io ero in lista votava per me. Altrimenti più a sinistra. Adesso tutti e due Pd».

Non viaggi in aereo.
«Più cresce la notorietà più dicono cavolate su di me. L’aereo lo prendo da sempre. Però preferisco il treno».

Seconda classe…
«Con la famiglia in seconda classe. Ma siccome i parlamentari non pagano, inutile contare balle, quando sono solo spesso vado in prima».

Il soprannome ciuffolino è un’invenzione?
«E’ la prima volta che lo sento».

Altri soprannomi?
«Ferrara ha una grande tradizione di scutmai, “soprannome” in ferrarese».

Il tuo scutmai?
«“Onorevole”, quando avevo 20 anni, “Ministro”, quando ero consigliere comunale».

La tua passione per le moto. Questa è vera?
«Non passione, vero amore. Facevo sempre tutte le vacanze in moto. Prima avevo una Ducati scrambler, quella arancione. Poi una Bmw 100/7. Andavamo io, Bratti e Stefano Scavo, anche lui ex comunista, oggi dirigente dell’Unipol. Con le mogli. Grecia, Jugoslavia, Creta, vacanze bellissime. Quando è nata la mia prima figlia abbiamo smesso. Ho venduto la moto, soffrivo vedendola invecchiare in garage. La Bmw va curata, va amata. La cosa incredibile è che venti anni dopo due amici parlamentari, Alberto Losacco e Antobello Giacomelli, l’hanno rintracciata e me l’hanno regalata».

Altri sport?
«Giocavo a calcio. Portiere».

Come mai in porta?
«In porta giocavano quelli che fuori erano schiappe».

In famiglia: partigiani da parte di padre, fascisti da parte di madre…
«Ho capito in casa che era possibile la riconciliazione. Ma non ho mai avuto il minimo dubbio su quale fosse la parte giusta».

Una volta De Mita ti disse: “Quello non sarà mai un politico perché scrive romanzi”. Tu avevi già scritto due romanzi.
«Ma non li avevo ancora pubblicati e stetti zitto, codardo».

Perché uno che scrive romanzi non può fare politica?
«Al politico serve freddezza, razionalità, distacco. Al narratore è richiesta profondità, sentimento».

Politica e letteratura non vanno d’accordo…
«Se uno va in libreria e vede un romanzo scritto da un politico scappa. Perché pensa che gliel’abbia scritto un ghost writer, o che sia un’operazione di marketing».

Quante copie hai venduto?
«In Francia il mio primo libro, “Nelle vene quell'acqua d'argento”, pubblicato da Gallimard, è arrivato a 12 mila copie».

Nel ’68 avevi dieci anni. Se fossi stato più grande?
«Sarei stato tentato. I moti collettivi e generazionali ti coinvolgono al di là delle appartenenze politiche».

A Ferrara giravi con l’eskimo e la lunga barba rossa…
«I giovani dc mica andavano in giro in doppio petto e cravatta».

Frequenti salotti?
«Non faccio pubbliche relazioni. La sera, se esco, esco con gli amici. La vita dei politici è già talmente distorta… Tre mesi ero fermo a un semaforo, mi si avvicinò un signore e mi disse: “Complimenti”. E io: “Grazie, ma perché?”, e lui: “Perché sta fermo al semaforo come gli altri!”. “Guardi che se passo mi fanno secco!”».

Eri una dei “ragazzi di Zac”. Chi erano gli altri?
«Fabris, Lusetti, Garofani, Digiovanpaolo, Giuntella, David Sassoli… Avevamo vent’anni. Entrammo nella Dc di allora perché Zaccagnini rappresentava un momento di rottura. Lo avevano fatto segretario perché era palesemente onesto».

“Il peggior segretario che la Dc abbia avuto”, scrisse Moro prigioniero delle Br.
«Appunto. Prigioniero delle Br. Da quel dolore Zaccagnini non s’è mai più ripreso».

Moro non era padrone di sé, dissero quelli del partito della fermezza…
«No. Moro, legittimamente e giustamente, tentava di uscirne vivo. Molte cose le scriveva per far credere alle Br che lui sarebbe stato molto più pericoloso da vivo che da morto».

Anche tu eri per la fermezza?
«Sì. Pensavamo: se si cede su Moro, poi come dovremmo comportarci se rapissero un operaio? Per Moro si tratta e per un operaio no?»

Il capo della segreteria di Zaccagnini era Pisanu. Adesso è con Berlusconi. Voltagabbana?
«Ha scelto Forza Italia dal primo giorno. Finita la Dc lui è andato con Berlusconi».

E adesso è nello stesso partito di Fini, Gasparri e La Russa. Zaccagnini non era di sinistra?
«Si vede ogni giorno quanto Pisanu sia a disagio con Berlusconi. Ogni cosa che dice è l’opposto di quello che dice il suo schieramento».

Berlusconi ha detto di te: “Con quella faccia da bravo ragazzo buca il video”.
«Poi ha smentito, naturalmente!»

Buchi il video?
«Io mi sono dato la regola di non ascoltare i consulenti di immagine».

Però porti il maglioncino blu…
«Un autorevole quotidiano ha scritto: “Ha scelto il maglione blu come Marchionne per dare il messaggio che anche lui solleva un’azienda in crisi”. Meravigliosa dietrologia».

Il maglioncino blu di Marchionne ce l’hai.
«Ma io l’ho comprato all’Upim…»

I tuoi nemici…
«Non voglio fare il buonista, ma la categoria “nemici” non mi piace».

Buonista…
«Ho avuto degli scontri politici».

Con Parisi…
«Era molto critico sulle modalità di nascita del Pd. Ma poi si andava fuori a cena».

Con Rutelli…
«Rutelli è uno preparato. L’opposto di come viene descritto. Approfondisce, è capace di fare squadra. Politicamente ci sono delle cose che non condivido».

Tipo?
«Sui temi etici ha imboccato una strada troppo rigida».

Il documento dei sessanta della Margherita, da te sponsorizzato, fu bollato dai rutelliani come una “mignottata”.
«Non è corretto dire “rutelliani”. Era una parte dei teodem. I rutelliani sono una cosa un po’ più ampia».

Con Bettini…
«Tutto esagerato dai giornali».

La storia che gli avresti ceduto la poltrona per enfatizzare che era il vero vice di Veltroni?
«Il Corriere ci fece mezza pagina sostenendo che il mio era un gesto polemico».

Invece?
«Tutto inventato. Con Bettini abbiamo lavorato nella segreteria un anno. Abbiamo avuto dei momenti di distinzione, ma è normale».

Sei più buonista di Veltroni…
«Sono anche cattivo quando è giusto. Ma se c’è uno scontro con una persona, non è per tutta la vita. Mi sono scontrato anche con Marini. Dopo due mesi amici come prima. E anche con Castagnetti… adesso andiamo perfettamente d’accordo».

Chi ti piace a destra?
«La Prestigiacomo, Alemanno… Ti dirò una cosa su cui mi prenderò degli insulti: la Carfagna. Gli uomini italiani hanno mostrato tutto il loro razzismo inconsapevole, il loro tardo-maschilismo. Se la Carfagna fosse brutta, tutti ne parlerebbero bene. Siccome è bella, si esclude che possa essere brava. Io l’ho vista, parla a braccio, dice cose approfondite».

Sei d’accordo con la Carfagna?
«Dice spesso cose sbagliate. Però è preparata».

Perfino Paolo Guzzanti ha detto che è strano che si facciano ministri persone che non hanno mai fatto politica.
«Con questa legge elettorale ci sono stati molti altri casi simili. Nel governo di destra come in quello di sinistra».

Qualche esempio? Qualche uomo magari? C’è un Carfagno?
«Più di uno. Ma non sono belli e fanno meno notizia».

Chi altri ti piace?
«Alfano. Non come fa il ministro. Ma si vede che ha fatto la gavetta».

All’opposizione chi non ti piace?
«Di Pietro. Non mi piacciono i partiti personali. Sono fisiologicamente a termine».

Chi sarà il successore di Berlusconi?
«A volte temo che sarà Piersilvio, il figlio. Non sto scherzando. In Italia purtroppo nessuno si scandalizzerebbe. Anzi temo che alla gente piacerebbe».

Un partito che ha la Bindi a sinistra e la Binetti a destra, somiglia un po’ alla vecchia Dc…
«Assomiglia a tutti i grandi partiti. I partiti identitari, in cui tutti sono d’accordo su tutto, sono partiti piccoli».

Prodi dice che la scelta di correre da soli ha fatto cadere il suo governo…
«Assolutamente no. Berlusconi lavorava fin dall’inizio della legislatura per convincere alcuni senatori a far cadere il governo. Gennaio era l’ultima occasione. Era in calendario la legge sul conflitto di interessi. Che così è saltata. Alcune persone hanno fatto cadere il governo e sono state ricandidate con Berlusconi. C’erano nomi e cognomi».

Nomi e cognomi…
«Dini e i diniani. E Mastella».

Mastella non è stato ricandidato.
«E infatti se ne lamentò. E adesso, alle Europee, è in lista con Berlusconi».

Vi accusano di aver fatto sparire la sinistra dal Parlamento.
«Sono stati gli elettori, non noi».

Vogliono ricostruire il Grande Centro…
«Tutti quelli che ci provano vanno a sbattere. Casini ha annunciato che il Grande Centro nascerà in ottobre. Forse se è grande dovrebbero deciderlo gli elettori in giugno».

Rai: sei rimasto scottato dall’episodio De Bortoli?
«Ci aveva dato la disponibilità. Poi ci ha ripensato. E devo dire che aveva buone ragioni».

Debora Serracchiani ti è piaciuta?
«Mi ha stupito positivamente. Ha preso la parola da sconosciuta in una assemblea di 2500 persone. Dopo due minuti la stavano ascoltando tutti. Parlava a braccio. E’ stata coraggiosa perché era un momento di entusiasmo, anche nei miei confronti».

C’è una critica che ti è parsa ingiusta?
«No, erano tutte giuste, compreso quando mi ha detto: “Tu non sei una faccia nuova”. Anche se…»

Anche se?
«Debora ti frega. Ha la faccia da 20 anni e ne ha 38. E’ una donna matura».

A Vittorio Zincone hai detto: “Non mi piace spendere soldi per abiti e scarpe”. Essendo nel partito di D’Alema non avresti dovuto nominare le scarpe…
«Infatti non le avevo nominate. Le ha aggiunte Zincone. Io avevo detto: “Non mi piace spendere soldi per vestirmi”. Il furbo Zincone ci ha infilato le scarpe».

Ti piace l’Unità?
«Mi piace ma molto spesso non ne condivido i contenuti. Su alcune posizioni non rappresenta la sintesi delle posizioni del Pd, ma la parte più a sinistra».

Hai detto che il ciclo di Berlusconi è finito. Una botta di ottimismo…
«“Non ho mica detto che finirà domattina. Ma il suo ciclo dura da 14 anni. Se finisce questa legislatura fanno 19 anni».

Un ventennio. A proposito: c’è regime in questo momento in Italia?
«Il regime nel significato del ‘900, no. Il rischio di una cosa che rispetti la democrazia da un punto di vista formale, ma che da un punto di vista sostanziale sia totalmente squilibrata, sì. Svuota il Parlamento facendo solo decreti legge e fiducie. Controlla il sistema della comunicazione…»

Mi sembra di capire che c’è regime…
«Una versione moderna. Io non userò mai quella parola, perché per noi ha un altro significato. Però ci sono delle anomalie, siamo unici in Europa».

Quando un premier dice che il Parlamento è inutile e andrebbe abolito, si può parlare di voglia di regime?
«E l’idea di far votare solo i capigruppo? A Berlusconi è consentito tutto, c’è assuefazione. Lui e Bossi possono dire qualsiasi cosa. Lui smentisce. E per l’altro si dice: “Vabbé… dai».

Alla fine del ciclo Berlusconi fonda un partito che mira ad avere il 51%.
«Beh, io miro al 90 per cento».

Ma tu sei all’inizio del ciclo.
«E infatti punto più in alto».

Quelle di Berlusconi sono gaffes oppure è un profondo conoscitore dell’animo umano?
«Sono gaffes. Ma piacciono alla gran parte degli italiani».

I sondaggi…
«Mitologia. Berlusconi va a naso. Il suo naso è molto meglio dei sondaggi, è in sintonia con un pezzo di opinione pubblica che non a caso si è formato con vent’anni di sua televisione».

Berlusconi ha detto che avrebbe dato le sue case ai terremotati.
«E non ha smentito. Manderemo i picchetti davanti alle sue case a controllare...»

Gioco della torre. D’Alema o Veltroni?
«Mi butto io».

Marini dice che quando, con uno dei due, parli bene dell’altro, quello si rabbuia.
«Hanno avuto alti e bassi nei loro rapporti. Adesso siamo al punto basso, speriamo che torni quello alto».

Tremonti o Brunetta?
«Butto Brunetta. Molta immagine e pochi fatti. Vuole i titoli dei giornali».

Grillo o Travaglio?
«Tutti e due. Non hanno mai dubbi. Son sempre gli altri che sbagliano».

Tu hai dubbi?
«Abbondo».

Qualche domanda epocale. La prima: Rutelli crede in Dio?
«Certo!»

Una volta non ci credeva…
«Se ci arrivi da adulto la fede è più forte».

Seconda domanda epocale: Di Pietro è di sinistra?
«Raramente».

Terza domanda epocale: Mina riapparirà?
«Prima o poi cederà alla tentazione, magari in penombra».

Quarta domanda epocale: Fini è un compagno?
«Chissà. Forse la mattina davanti allo specchio fa le prove di come gli verrebbe bene il pugno chiuso».

da lastampa.it
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« Risposta #2 inserito:: Agosto 02, 2010, 08:30:03 pm »

2/8/2010 (7:22)  - INTERVISTA

Ghedini: "Un Berlusconi sotto processo fa comodo"
   
L'avvocato: «Niente toghe rosse, però c'è una fortissima corporazione. Le prescrizioni? Più colpa dell'accusa che della difesa»

CLAUDIO SABELLI GHEDINI

Sono leggendari i suoi scontri con Marco Travaglio ad Annozero. Praticamente un format. Travaglio cita una sentenza per dire che Berlusconi è un criminale. Lui parte in una difesa appassionata scartabellando faldoni. Travaglio insiste. Lui si incaponisce. I toni si alzano. Santoro osserva felice. Le voci si sovrappongono. Finché lui, esasperato, urla «mavalà». Niccolò Ghedini, 50 anni, potente avvocato di Silvio Berlusconi, dice però che «mavalà» non è un suo intercalare abituale. «L’ho usato solo in una trasmissione. Ripetutamente. Ho esagerato. E mi è rimasto appiccicato addosso. Era un gesto di sconforto. Travaglio continuava a dire una cosa sbagliata. E allora mi veniva da dire: “Ma dai, basta, non è possibile!” È uscito “mavalà!”. Colpa mia. Ma ero disperato».

Ora è per tutti Nicolò «Mavalà» Ghedini. Grazie a Travaglio…
«A me Travaglio non dispiace. In trasmissione vorrei gettargli il Codice addosso. Ma è un professionista notevole. Una volta su cento ha ragione. E mi fa riflettere. Le sue critiche sono in buona fede, anche se dice cose disancorate dalla realtà dei dati processuali».

Ma è uno dei pochi che legge le sentenze…
«Se estrapoli solo la parte che ti piace, mistifichi la realtà. Lui non fa il giornalista, fa l'avvocato di parte civile. Però…»

Però?
«Non mi è antipatico».

Travaglio ha detto: «Ghedini è duro ma sportivo, non sfugge al confronto. È coraggioso».
«A me piace confrontarmi con lui».

Quante volte è andato ad Annozero?
«Una decina».

E Santoro?
«Mi innervosisce perché combatte un mio amico. Ma apprezzo la sua professionalità. È fazioso ma in maniera palese».

Preferisce Vespa o Santoro?
«Da Santoro mi diverto di più».

Lei è antipatico al 90 per cento della sinistra…
«E mi dispiace».

Colpa del suo presenzialismo televisivo?
«Io vado dove c’è la necessità di difendere il presidente Berlusconi».

La paragonano a Lurch, il brutto della famiglia Addams. Gli assomiglia un po’, in effetti.
«Non mi piace essere un eroe negativo. Vuol dire che qualcosa ho sbagliato. Ma se mi chiamano Lurch per la somiglianza, non me ne frega niente. Sono brutto, lo so. Ma ho cinquant’anni, una moglie carina, un figlio simpatico, quello che ho fatto ho fatto. Non vado a farmi la plastica».

Non si butti giù…
«Alle critiche su quello che faccio, invece, presto attenzione. Sono convinto spesso di aver ragione. Ma se in molti mi danno torto, magari hanno ragione loro».

Perché è diventato avvocato?
«Nella mia famiglia, una famiglia borghese di Padova, tutti da secoli hanno fatto l’avvocato. Il nostro studio ha 400 anni».

Famiglia borghese e con poca fantasia…
«Pochissima fantasia. Mia madre però si è occupata della campagna. E una delle tre sorelle fa l’archeologa».

E le altre due?
«L’avvocato, ovviamente. Una è perfino sposata con un magistrato…»

Vade retro. Una toga rossa!
«Non esistono le toghe rosse».

Questo è uno scoop.
«Ma esiste una fortissima corporazione».

Glielo dica al premier che non esistono più i comunisti.
«Magari qualcuno ne esiste ancora. Ma le toghe rosse no. C’è il potere dei magistrati, spesso senza controllo, che ormai si fa fatica a comprendere da dove derivi».

Direi dalla Costituzione.
«Berlusconi pensa che ci siano dei magistrati che hanno come disegno politico quello di eliminarlo dalla vita politica».

Torniamo al cognato. È politicamente dall’altra parte?
«Credo di sì».

Si è mai incontrato a casa sua col presidente?
«Certo».

Grandi discussioni…
«No, ma si combattono a barzellette».

Chi vince?
«Il presidente in fatto di barzellette ha un’esperienza cinquantennale».

Anche per le gaffes ha un’esperienza cinquantennale…
«Di comunicazione capisco poco, come può vedere dai miei risultati. Però è vero che non si tiene conto del suo carattere. Le faccio un esempio?»

Mi faccia l’esempio.
«Se io entro in un salotto e trovo cinque persone, per me è una folla. E scappo. Se lui arriva in un salotto dove ci sono 100 persone, domanda: “Dove sono gli altri?” A lui piace stare in mezzo alla folla, mettere di buon umore la gente».

Un grande narciso.
«No. Vuole comunicare positività. E ha senso dell’autoironia».

C’è qualcuno che lo prende in giro?
«Io, per esempio. Io gli voglio bene come ad un fratello. Fra fratelli si scherza».

Come definirebbe un leader che sceglie come inno del partito «Meno male che Silvio c’è»?
«Una persona che vuole sottolineare con simpatia ciò che sta facendo per il Paese».

A proposito di gaffes. Anche lei, con quella storia dell’«utilizzatore finale»…
«È la frase esatta usata nel Codice. Ma non dovevo usarla. Ho sbagliato. Un avvocato non dovrebbe parlare con i giornalisti».

E perché mai?
«Usano linguaggi diversi. Mi vengono attribuite gaffes quando parlo ai giornalisti. Quando parlo in tv, mai».

Parlando della D’Addario disse: «Non c’è nessuna registrazione».
«Ho sempre contestato quella registrazione. Potrebbe essere stata costruita».

Ma si sentono le voci del premier e della escort.
«Quale prova c’è che fossero insieme? Quella registrazione non è mai finita a disposizione della difesa in un processo».

Ha detto: il presidente non è uno che paga le donne.
«Se è per questo, lo ha detto anche la D’Addario».

Come lo ha conosciuto?
«La Fininvest mi chiese dei pareri pro veritate. Poi ci fu la segnalazione di Pecorella. Alla fine mi chiesero di intervenire nel processo Sme-Ariosto».

Berlusconi le ha raccontato una barzelletta subito?
«No. Io non sono il tipo che ispira barzellette».

Lei per chi fa il tifo?
«Il calcio non mi appassiona. Ma per simpatia del presidente tifo per il Milan. È divertente guardare le partite con lui».

Perché?
«Fa commenti pertinenti, ti spiega che quell’azione è sbagliata. Lo vedi che soffre. È come guardare una partita di tennis con Panatta».

Le guardate alla tv?
«Sì. Partita, cena e poi si continua a lavorare, fino a quando io stramazzo».

Solo voi due?
«Spesso ci sono anche Fedele Confalonieri, Gianni Letta, Angelino Alfano».

Vi ha detto perché ha venduto Kakà il giorno prima delle elezioni?
«Non l’ha deciso lui. È stato Galliani, in autonomia».

Bastava una telefonata a Galliani. «Uè, Adriano, Kakà si vende ma dopo le elezioni».
«Non si può occupare di tutto».

Quanto guadagna con Berlusconi?
«A lui non ho mai fatto una fattura. Né mai gliela farò».

Stento a crederlo.
«Ho un contratto di collaborazione con la Fininvest».

Già va meglio. Perché non difende Berlusconi nel divorzio?
«Non era il caso. Comunque lo assistono le mie sorelle».

Era amico anche di Veronica?
«È una persona piacevole. Ho fatto di tutto per una riappacificazione».

Perché è successo?
«Il presidente fa una vita disperata. C’era una difficoltà di ritmi di vita. Veronica non ha mai voluto andare a Roma, né fare un po’ di rappresentanza con lui. Due vite distanti».

Tutto questo è successo dopo la festa di Noemi…
«La vicenda ha trovato un suo punto di rottura in quell’occasione, ma si era stratificata nel tempo».
Berlusconi vivrà fino a 120 anni?
«Spero di sì, gli voglio bene…»

Smetterà di fare politica?
«Spero di no. Sarebbe un impoverimento forte per il Paese».

Si invecchia.
«Il Presidente della Repubblica ha 85 anni».

Dopo di Berlusconi, comunque?
«È difficile individuare una persona con le capacità di Berlusconi di guidare il paese. Di una cosa sono certo: il giorno in cui Berlusconi dovesse lasciare, lascerei anche io. Fare politica senza di lui non avrebbe senso».

E se venisse condannato?
«Non ci voglio neanche pensare. Ma mi pare impossibile che possa succedere».

Mills è stato condannato. Se tanto mi dà tanto…
«È un errore giudiziario. Comunque la responsabilità penale è personale. Si potrebbero anche avere due sentenze confliggenti sullo stesso fatto».

Se un giudice lo volesse in prigione? Scapperebbe come Craxi?
«Berlusconi non è uomo che si sottrae».

Accetterebbe la prigione?
«Non brucerebbe il tribunale come nel film di Nanni Moretti. Prenderebbe atto di una decisione che comunque combatterebbe in ogni sede».

Come Socrate. Non scappò e bevve la cicuta.
«Berlusconi non scapperebbe».

Cadrà il governo?
«Assolutamente no».

Però sembrano giorni da fine dell’impero romano.
«A me non pare. Si tratta di problematiche fisiologiche nella discussione politica».

Lei ha cercato di portar pace fra Fini e Berlusconi.
«Ero convinto che si dovesse trovare una soluzione. Oggi ancora di più».

Cacciare Fini non è stata una furbata.
«Fini non è stato cacciato».

A me sembrava…
«Si è prospettata una sua incompatibilità correlata a prese di posizione assai distanti dal programma di governo».

Appunto.
«Ciò non vuol dire che non si possa ancora trovare un accordo. Continuo ad essere convinto che Berlusconi sia il miglior leader che l’Italia possa avere. E che Fini sia un’importante risorsa per il centro-destra».

Perfino Ferrara ha criticato Berlusconi.
«Ferrara ha fatto un’analisi acuta della situazione».

Come è entrata la politica nella sua vita?
«Padova era molto vivace politicamente…»

Molto schierata a sinistra...
«Le mie amicizie invece erano nell’estrema destra. All’inizio».

E poi?
«Poi sono arrivate le sprangate. Poi ho letto le Leggi razziali. E ho deciso che non era il caso. Mi sono iscritto ai giovani liberali. Infine mi sono concentrato sulla politica della giustizia. Finché cominciai a difendere il presidente».

E divenne l’uomo dei cavilli…
«I cavilli. Da sempre. Ho sempre impostato le mie difese sulle questioni di procedura o di diritto».

I cavilli sono giustizia giusta?
«Il processo giusto è quello che segue le regole. Se il processo è lento, o torna in primo grado o finisce nella scadenza termini, è colpa della norma. O del giudice che la applica male».

Vale anche per chi è impegnato in politica?
«Il giudizio politico viene dato dall’elettore. Il processo va fatto con le regole. Per Berlusconi sono state disattese 99 volte su 100».

Mi verrebbe da dire: mavalà!
«Se mi depositano 500 faldoni, l’articolo 415 bis prevede 20 giorni per esaminarli. A Milano non me li hanno dati».

Forse perché avete esagerato con la politica della dilazione. Mirate sempre alla prescrizione.
«I processi di Berlusconi spesso sono antichissimi. Si prescrivono per cause dell’accusa, non per cause della difesa».

La prescrizione non è una vera assoluzione.
«Ho sempre detto a Berlusconi: ti assisto come se tu fossi mio fratello, però le scelte processuali le faccio io. Se decido che non si rinuncia alla prescrizione, è perché non sono più in grado di difenderti dopo 15 anni. Dopo 15 anni i testimoni sono praticamente scomparsi».

L’avvocato Grazia Volo mi disse: «La massima soddisfazione sta nell’ottenere l’assoluzione di un reo confesso».
«Non sono d’accordo. La massima soddisfazione di un avvocato è vedere applicata la norma».

Ad Antonello Caporale ha detto: «Io sono una carogna».
«Gli avevo detto: “Berlusconi è buono. Rispetto a lui io sono una carogna”. Era una battuta. Io tendo a ricordare gli sgarbi. E con buona memoria. Non tanto quelli nei miei confronti, quanto quelli nei confronti dei miei amici, della mia famiglia».

E di Berlusconi…
«E di Berlusconi. Gli voglio bene».

Chi è che vuole più bene a Berlusconi?
«Forse Gianni Letta e Fedele Confalonieri. Due persone che gli vogliono un bene critico. Non un affetto incondizionato».

Deve ammettere che Berlusconi è un po’ bugiardello.
«No, perché?»

Parliamo della condanna, poi finita in amnistia, per falsa testimonianza?
«Cattiva informazione. Fu assolto in primo grado. E la Corte d’Appello di Venezia tramutò la sentenza di assoluzione in amnistia».

Cattiva informazione: avrebbero potuto confermare l’assoluzione. Invece nella motivazione scrissero che aveva mentito.
«È vero, ma non ci fu mai la sentenza di condanna».

Che mi dice del famoso padre di Noemi, che è diventato prima l’autista di Craxi, poi quello che doveva organizzare le candidature in Campania?
«Poi ha chiarito tutto».

Ma la prima cosa che disse….
«Non la disse lui. Il povero Bonaiuti dovette smentire».

È sempre così: i giornalisti travisano.
«Berlusconi non è un bugiardo. Piuttosto che dirti qualche bugia, quando è in difficoltà, dice: «Mi faccia un appunto»».

Lei tiene il cellulare acceso 24 ore su 24.
«È vero. Per mio figlio, per mia moglie…»

Dica la verità.
«…e per il presidente».

Litigate mai?
«È impossibile litigare con lui».

Una critica, una critica sola. E non mi dica che è troppo buono.
«È troppo buono».

Ghedini!
«Non è capace di prendere posizioni severe».

Un esempio.
«Tempo fa lesse un’intercettazione nella quale una persona parlava molto male di lui. Lui commentò: “Sono cose che si dicono…” Fosse capitato a me, a quella persona lì, con i piaceri che gli erano stati fatti, avrei tirato un mattone».

Berlusconi è troppo buono.
«Se avesse fatto il giudice non avrebbe mai condannato nessuno».

Lei ce l’ha il cellulare di Berlusconi?
«Lo so a memoria. Ma lo considero un numero di assoluta emergenza. Io lo chiamo sempre tramite centralino».

Uno dei suoi codifensori era Gaetano Pecorella. Recentemente ha detto: «Ghedini perde i processi in tribunale e prova a vincerli in Parlamento. Finché lo difendevo io, Berlusconi si è sempre fatto processare. Ed è stato sempre assolto o prescritto».
«Una frase ingenerosa da parte sua. Può darsi che avesse una giornata storta. Io lo considero uno dei miei maestri insieme a Pietro Longo. Ma con lui non posso, né voglio arrabbiarmi, ne ho troppa stima».

Perché Pecorella ce l’ha con lei?
«Berlusconi apprezza chi lavora H 24».

Ventiquattro ore su ventiquattro…
«L’avvocato di Berlusconi deve essere sempre reperibile, H 24. Se non sei H 24 con un cliente così, con chi lo sei?».

E Pecorella non piace più al premier…
«Gaetano è bravissimo, ma nella gestione quotidiana… quando ci sono da studiare cinquecento faldoni… nel nostro lavoro il 99% è sudore, l'1% è abilità».

Mentre Gaetano…
«Questo non lo vuole più fare. Gaetano pensa che io lo abbia boicottato. Non è vero, ma pazienza, non so che cosa farci».

Luciano Violante ha detto, pensando a lei: «Ci sono parlamentari che vedono il loro mandato parlamentare come la prosecuzione della parcella…»
«Ci sono magistrati che proseguono il loro mestiere in Parlamento, il che è molto peggio».

Il Foglio ha scritto che lei è come il cavallo di Caligola…
«Frase diffamatoria».

L’avesse scritto Il Fatto… Ma l’ha scritto Il Foglio.
«Non mi sento il cavallo di Caligola. Quando sono stato eletto ero già un avvocato di successo».

Anche Carlo Taormina l’ha criticata…
«Taormina s’è dovuto dimettere perché difendeva imputati di mafia pur essendo sottosegretario agli Interni».

Taormina ha detto, intervistato da Alessandro Gilioli, che quando lui era consulente legale di Berlusconi, il premier gli chiedeva di scrivergli delle leggi che lo proteggessero dai magistrati: «Berlusconi non faceva mistero che fossero ad personam. Ed io gliele scrivevo anche meglio di quanto facciano Pecorella e Ghedini!»
«A me non risulta che abbia scritto nessuna legge per Berlusconi. Non mi risulta nemmeno che gli abbia fatto da consulente legale».

De Magistris ha detto: «Ghedini è un buon azzeccagarbugli». Citazione letteraria. «Ammesso e non concesso che De Magistris abbia letto Manzoni».

Concesso.
«De Magistris ha detto di peggio: “Questo è un governo piduista di cui Ghedini tira i fili”. Un magistrato che fa il parlamentare dovrebbe sapere il significato delle parole. Avrei dovuto veramente querelarlo».

Voi invocate sempre la privacy. Però i giornali berlusconiani fanno della privacy carne di porco. Il premier non dovrebbe dare il buon esempio?
«Berlusconi non interviene mai sui giornali del suo gruppo».

Non ci credo nemmeno se me lo giura su Berlusconi.
«Lo giuro su Berlusconi».

I nemici del premier, Fini a parte, sono tutti all’opposizione?
«No. Un Berlusconi sotto processo fa comodo anche a qualche asserito amico che dalla debolezza di un premier sotto processo ne trae dei vantaggi».

http://lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/201008articoli/57264girata.asp
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« Risposta #3 inserito:: Agosto 02, 2010, 08:31:44 pm »

Intervista- di - Claudio Sabelli Fioretti

Enzo Biagi - L'Adige

(Pubblicata il 02/08/2000 - )


Compie ottanta anni fra qualche giorno. Enzo Biagi, il decano dei giornalisti italiani, non si arrende. Continua a fare l’inviato, trasmissioni in tv, libri, inchieste, interviste. Nessuno fra i giovani giornalisti rampanti lavora quanto lui. L’ultimo suo libro è intitolato “Come si dice amore”. E’ un viaggio, attraverso i tempi e i luoghi, attorno al sentimento più vecchio del mondo. Con lui ragiono di donne, di sentimenti, di passioni.

Enzo, che cosa è l’amore?

Bisognerebbe andarlo a scoprire nei foglietti dei cioccolatini. Le definizioni sono infinite. Non vorrei aggiungerne una mia.

Provaci. Magari finisci in un cioccolatino.

No. C’è un bellissimo verso, una dedica di Thomas Mann alla moglie. “Noi cammineremo assieme, la mano nella mano anche nel regno delle ombre”. Mi sembra di una tenerezza infinita.

L’amore come qualcosa di eterno.

Una compagnia che non finisce mai. Invece come diceva il mio amico Raffaele Carrieri “gli amori finiscono, ma è l’amore che non finisce mai”.

Definizione più serena.

Più ispirata alla realtà.

L’amore cambia con l’età?

La passione della gioventù diventa tenerezza, complicità, pace del cuore, buona compagnia. Io conoscevo il medico condotto di un paese, Gaggio Montano, che era stato segretario del fascio di quel paese, uomo di grande intelligenza e umanità. A volte io gli dicevo: “Come mai una persona come lei, così ironica, è stata segretaria del fascio?” E lui mi rispodeva : “Se era fascista Guglielmo Marconi cosa vuole che facesse il medico condotto di Gaggio Montano?” Quando due si sposavano, l’augurio che il mio amico medico condotto faceva non era “Siate felici”, ma “Fatevi buona compagnia”. Io trovo che fosse un bellissimo augurio perché nella buona compagnia ci sta dentro tutto.

Quale stagione dell’amore ti piace di più?

Io mi sono sposato a 23 anni, ho conosciuto mia moglie a 20, è sempre la stessa dopo 60 anni, abbiamo fatto tre figli, abbiamo 4 nipoti. Lei non solo mi ha fatto compagnia, ma è stata la più tollerante, la più forte nei momenti in cui c’era bisogno.

E’ duro stare con uno come Enzo Biagi?

Durissimo. Tutto il merito è suo. Io sono pieno di contraddizioni.

Un disastro?

Si. Un disastro, Però recuperabile.

C’è chi ha detto: “L’amore è il motore dell’universo”.

Non ci sarebbe l’umanità se non ci fosse questa convenzione che si chiama amore. Se pensi che Dio ha inventato Eva perché Adamo si annoiava!

E dopo?

I due smettono di annoiarsi e cominciano i problemi.

C’è anche chi ha detto: “Il sesso è il divertimento dei poveri”.

Sotto le lenzuola non c’è miseria. Le famiglie numerose sono quelle dei contadini.

Ti sarebbe piaciuto vivere in un altro secolo?

No, io mi ritengo così fortunato! La mia generazione è stata testimone di moltissimi eventi. Gli eventi, molto spesso, sono delle rotture di scatole. Però ho visto morire tre ideologie, il fascismo, il nazismo, il comunismo. Ho visto ammainare la bandiera rossa dal Cremlino, io che sono stato in giro per la Russia con la nipote di Lenin e il nipote di Stalin. Sono stato in Georgia, ho fatto più brindisi io alla memoria di Stalin che tutto il popolo sovietico per venti anni. Ho visto cancellare il senso della distanza. Sono andato da Parigi a New York in due ore a 40 minuti, il tempo di fare colazione. Ho visto sparire le mamme che andavano alla stazione per salutare i figli con un fazzoletto bianco. E’ scomparso l’addio. E’ stato un secolo che ha avuto un condensato di avvenimenti portentoso. Ha avuto più scienziati di tutti quelli che erano esistiti prima. All’inizio del secolo la vita media dell’uomo era 40 anni. Fra un paio di giorni io ne compio 80.

Auguri! Il femminismo dal punto di vista dell’amore ha fatto danni?

Quando bruciavano i reggipetto alcune dovevano essere autorizzate altre no.

Nel tuo libro tu parli con molto rispetto degli omosessuali.

Affronto con molto rispetto tutto quello che è diverso da me. L’ho imparato a mie spese. Sono cresciuto in un periodo in cui il razzismo era dottrina dello Stato. Non ho mai capito perché il mio compagno di scuola, che era circonciso invece che battezzato, dovesse essere diverso da me.

Il Gay Pride lo hai approvato?

Io approvo il rispetto per i gay, non l’orgoglio. L’orgoglio, nelle preferenze sessuali, è fuori luogo. Sono faccende personali.

Nel tuo libro passi in rassegna l’amore nei vari Paesi. Avendo girato così tanto, sulla base della tua esperienza, tu consiglieresti la donna latina o la donna nordica?

Non credo che sia una questione di latitudine. Guarderei ad altro. Al fascino, agli occhi, all’intelligenza.

Ma sulla base di queste qualità, la donna migliore qual è?

Quella che sa accettarti, quella paziente, quella che ti prende con tutti i tuoi difetti. Quella che nelle ore difficili è accanto a te.

Che cosa è che fa innamorare? Una combinazione chimica? Un incontro intellettuale?

Ci si innamora con la testa. E’ la testa che determina tutto. Ci sono delle bruttine che – come dire per non essere volgare? – ti eccitano più delle belline. Ci sono delle bellezze consacrate che -secondo me - è come andare a letto col lago di Garda. Lì c’è una curva, lì c’è una insenatura, lì c’è una baia. La bellezza è un fatto personale.

La bellezza è un optional?

Ma Venere non era strabica?

Magari aveva altre cose.

E non la guardavano sempre negli occhi.

I giovani stanno meglio o peggio?

I giovani non li conosco mica tanto. Ma non credo che ci siano tante differenze. Fra il topless e la crinolina, i richiami stanno sempre in quello che c’è da scoprire. Dalla foglia di fico in poi.

Sembrerebbero un po’ meno appassionati.

I suicidi per amore non mi sembrano calati.

Ci sono poi gli amori diversi, quelli di cui tu parli nel tuo libro. L’amore della suora per Dio, una donna che rinuncia al mondo per salvare il mondo, l’amore della terrorista che ha ucciso freddamente gente innocente…

Sono degli estremismi. La suora che crede che con la sua preghiera le anime avranno un destino migliore. Ma intanto pensa di salvare la sua. E la terrorista che ho intervistato e che mi diceva che non conosceva la parola rimorso.

Dostoievski diceva: “Solo il diavolo sa che cosa è la donna”. Tu lo sai?

Io non sono un profondo psicologo. E Dostoevskij era certamente molto più dotato di me. Se lo diceva lui! A parte il fatto che ogni narratore ha raccontato e idealizzato una donna diversa.

L’ultimo capitolo parla dell’Aids. E’ un caso o sei profondamente pessimista?

Le grandi pene d’amore hanno sempre convissuto con la peste del sesso. Dalla sifilide all’Aids. Non sono pessimista. Sono un cronista. Una volta c’era perfino un’ora in cui i medici dicevano ai pazienti che avevano la sifilide. Perché avevano paura che si suicidassero. Mai l’avrebbero detto di sera. Lo dicevano sempre al mattino.

Sei favorevole o contrario alla riapertura delle case chiuse?

Io le ho conosciute. La legge Merlin ha spostato il fenomeno dalle case ai marciapiedi, non l’ha eliminato. Dove è stato il vantaggio?

Ma non c’è più lo Stato che fa da protettore.

Lo Stato prende i suoi guadagni anche dal fumo che è dimostrato che uccide. Allora bisogna vedere se lo Stato deve essere morale o meno. Ma questo è un altro discorso.

http://www.melba.it/csf/articolo.asp?articolo=37
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« Risposta #4 inserito:: Aprile 21, 2012, 03:48:15 pm »

Le donne al potere? Sono uomini.


di Claudio Sabelli Fioretti*


Un paio di settimane fa Michele Cucuzza, conduttore di Radio2Days, mi ha chiesto di intervenire nel suo programma. Si parlava di donne e della loro scalata verso le cime alte del potere. Per questo motivo sono stato costretto a pensare un po’ a cose che a volte si danno per scontate.


   Le donne sono meglio degli uomini? E se sono meglio perché ce ne sono poche ai vertici?
   Sono discriminate? O forse non sono portate?
   Esiste una via femminile alla pubblica amministrazione?


Argomenti da toccare con le pinze. In Italia vige ufficialmente il politicamente corretto. Quando qualcuno ti chiede la tua opinione du donne, su extracomunitari, su neri, su omosessuali, su handicappati, su ebrei è meglio rifiutarsi o al massimo rispondere facendo riferimento al pensiero unico buonista. Non costa nulla, nessuno ti rimprovera di nulla e tu non rischi nulla. Ma io non ce la faccio. Ho sempre pensato che le parole sono importanti ma non quanto i fatti. Perciò non penso che il problema si risolva chiamando “neri” i negri o “diversamente abili” gli handicappati. E non raccontando barzellette sugli ebrei (cosa che gli ebrei fanno in continuazione ed egregiamente). E che invece bisogna occuparsi dei loro problemi come fossero i più importamti del mondo, magari anche mandandoli a quel paese quando è giusto farlo. Combattere contro quei cretini che parcheggiano l’auto sui percorsi per i ciechi, questo è fondamentale, non chiamarli “diversamente vedenti”. Con le donne la faccenda poi si fa delicata. Perché le donne sono spesso permalose.

Hanno ragione ad essere permalose perché gli atteggiamenti maschilisti sono dietro ogni angolo, ma questo non aiuta la discussione. Quando ho parlato nella trasmissione di Cucuzza, naturalmente, ho suscitato la reazione di una donna. Era inevitabile. Se avessi detto banalità, tipo che le donne che lavorano fanno due lavori e che le donne debbono lavorare il doppio per dimostrare di essere brave non avrei avuto problemi. Ma io partivo da un punto più a monte e dovevo dirlo. E l’ho scritto poi, la settimana dopo, su Io donna.

Io faccio parte di quella generazione che sosteneva che se le donne avessero potuto andare al potere avrebbero mostrato agli uomini che si poteva governare con maggior senso di giustizia e di umanità. Eravamo fortemente convinti che le donne avrebbero spiazzato gli uomini promuovendo un mondo migliore. E quindi non posso che dichiararmi deluso.

Correndo pericolosamente sul lacerante crinale del politicamente scorretto, ho sostenuto, con rammarico, che le donne non ci hanno mostrato nessuna nuova via. E so anche il perché.

Perché le donne raggiungono posti di reale potere solo quando vengono cooptate dagli uomini. Il livello medio, e anche quello superiore, ormai lo raggiungono con facilità. Quando la selezione è operata dal merito non hanno difficoltà ad occupare i posti che spettano loro mantenendosi donne e riuscendo anche a mostrare una metodica femminile alla gestione dell’amministrazione.

Ma così arrivano soltanto appena sotto al famoso tetto di cristallo da dove possono vedere il potere ma non toccarlo. Sopra al tetto di cristallo ci arrivano solo quelle che vengono selezionate dagli uomini, in base alla loro somiglianza agli uomini, all’appartenza al loro mondo, alla condivisione dei loro valori. E così le donne che comandano fanno le guerre come gli uomini, evitano di promuovere la giustizia sociale come gli uomini, tassano i poveri e difendono i capitali dei ricchi esattamente come hanno sempre fatto gli uomini. Sono violente, arroganti e presuntuose come gli uomini. Ma se lo dici molte ti azzannano.

Sono quelle che sostengono che dire “Fornero” invece che “la Fornero” sia una grande conquista. Io continuo a dire “la Fornero” ma ammetto di sbagliare. Dovrei dire “il Fornero”. È triste ammetterlo: le donne che comandano sono uomini.



Claudio Sabelli Fioretti
Ho fatto il giornalista, l'inviato, il direttore di giornali. Ho scritto per una vita. Ora parlo. Co-conduco Un giorno da pecora su Radio Rai 2. Insieme al simpatico Lauro. 

 
da - http://27esimaora.corriere.it/articolo/le-donne-al-potere-sono-uomini/
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« Risposta #5 inserito:: Dicembre 26, 2015, 11:08:31 pm »

Totò Cuffaro libero: “Per cinque anni a Rebibbia ho parlato col water. Questo Pd mi ricorda la Dc: voterei per Renzi”
L'ex governatore siciliano racconta l'arresto e la detenzione - dopo la condanna per favoreggiamento a Cosa Nostra - finita il 13 dicembre. "Ho passato notizie alla mafia, ma non volutamente.
Cercavo solo di proteggermi. La foto dei cannoli è un falso: non li offrivo, ma li portavo via". E ancora: "Non potrò mai più andare alle urne, eppure sono stato 'rieducato'. Un consiglio al premier: meno spocchia"

Di Claudio Sabelli Fioretti | 18 dicembre 2015

È tornato nella comunità degli uomini liberi dopo cinque anni di carcere. Totò Cuffaro, ex grande potente della politica siciliana, detto Vasa Vasa perché baciava tutti, incappato in una serie di processi che lo consegnarono al carcere di Rebibbia sotto l’accusa infamante di avere aiutato la mafia, a casa ha trovato tutto cambiato.

Niente più clientes (aveva 50 mila indirizzi nel suo computer), niente più potere (i cuffariani si sono sparsi per ogni dove), sua figlia si sta laureando e fra un po’ farà (legge del contrappasso?) il magistrato, niente più benessere (ha perso 4 mila 200 euro del vitalizio di parlamentare e la casa gli è stata pignorata in garanzia del rimborso di 600mila euro cui la sentenza ha stabilito abbia diritto la Regione, infamata dal suo comportamento). Niente più politica (divieto di elettorato passivo e attivo). Niente più lavoro (è stato radiato dall’Ordine dei medici).

Fra qualche mese partirà per il Burundi, presterà servizio in un ospedale. Sono passati quattro anni e 11 mesi da quando, appesantito dalla condanna definitiva della Corte di Cassazione, andò a piedi a Campo de’ Fiori e si presentò alla caserma dei carabinieri di piazza Farnese per costituirsi e dare inizio a nove ore di puro Kafka. “Mi sono costituito prima del tempo e loro non mi volevano”.

Perché non è scappato come fanno tutti? Lo fece Armanini, lo fece Dell’Utri…
Io sono stato condannato ingiustamente ma credo nelle istituzioni. La giustizia si rispetta sempre. Ha ragione Socrate.

È il Socrate italiano…
Sono uno che condivide il ragionamento di Socrate.
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E quindi si è presentato…
Mancava l’ordine di carcerazione. Il comandante mi disse: se io l’arresto è sequestro di persona.
Il mio avvocato mi chiamò: farti arrestare è stata la cosa più difficile della mia vita

E se n’è tornato a casa?
Ho telefonato al mio avvocato: qui non mi vogliono. Datti da fare.

E lui?
Telefonò a tutte le procure. Andò in Cassazione. Ma era sabato. Alla Procura di Palermo non c’era nessuno. Richiamarono i giudici.

E lei lì, con la sua valigetta, che chiedeva di essere arrestato.
Il comandante mi diceva: se ne vada. Lei non può restare qui. Ma nel frattempo mi cedette la sua scrivania.

In fondo era un senatore.
Mi impuntai: da qui non me ne vado. Dopo nove ore arrivò l’ordine di carcerazione. Il mio avvocato mi chiamò: farti arrestare è stata la cosa più difficile della mia vita. Arrivò uno del Ros. Mi vide e mi mise le manette. Il comandante dei carabinieri gli disse: ma che cosa sta facendo, si è costituito, mi ha quasi violentato per farsi arrestare. Il Ros: questa è la legge. Il comandante: non vuole scappare! Le ordino di togliere le manette.
Il primo insegnamento della mia avventura giudiziaria? Tutte le chiavi delle manette sono uguali

Le tolsero le manette?
Il Ros le tolse con rabbia. Ma appena in macchina, incazzatissimo, me le rimise.

La dura vita di chi si costituisce.
Arrivammo in carcere. Il comandante del carcere mi disse: ma che c’entrano le manette? E io: lo dice a me?

Quel Ros era un vero manettaro.
Il comandante del carcere disse al Ros: gli tolga le manette.

E il Ros?
Il Ros disse: non posso, non ho la chiave.

Più che Kafka sembra Totò, quello vero.
Il comandante del carcere disse: ma che fine ha fatto la chiave?

E il Ros?
Disse: non porto sempre con me la chiave delle manette. L’ho lasciata in macchina.

E il comandante del carcere?
Disse al Ros: lei mette le manette a una persona e lascia la chiave in macchina?

E il Ros?
Era in difficoltà. Disse: va bene vado a prenderle. Ma il comandante gli disse seccato: lei non va a prendere niente. Ci penso io. Lei se ne vada.

E a questo punto come nei film western, chiamò un fabbro e con un grosso tronchese…
No. Prese una chiave e mi aprì le manette. E lì ho capito una cosa fondamentale, il primo insegnamento della mia avventura giudiziaria.

Mai fidarsi del Ros?
No. Tutte le chiavi delle manette sono uguali.

Ha capito anche perché è finito in galera visto che continua a professarsi innocente?
Voglio essere sincero: di errori ne ho commessi tanti. E ho pagato giustamente. Molti commettono errori e non pagano mai.

Ha passato delle notizie alla mafia…
Ma non l’ho fatto “volutamente”. La condanna della sentenza di primo grado era giusta. Ho fatto l’errore ma nella mia testa non c’era la volontà di favorire la mafia. Volevo solo proteggere me stesso e il vicesindaco di Palermo Miceli.

Tra gli errori ci mette anche la cazzata dei cannoli con i quali festeggiò la condanna in primo grado?
È un falso. Era una conferenza stampa. C’erano testimoni, anche suoi colleghi, Felice Cavallaro, Attilio Bolzoni…

C’è una foto. Lei che porta un vassoio di cannoli.
È la potenza devastante della foto. Ma la foto è statica. Io stavo portando via i cannoli che altri avevano portato lì. Non li stavo offrendo per festeggiare.

Ha fatto errori anche da senatore?
Tantissimi. Ho votato leggi di cui mi vergogno. Per tre anni ho votato cose tremende che hanno incrementato la violenza contro i carcerati.
Leggi ad personam, cose tremende che hanno incrementato la violenza contro i carcerati. Ho votato tutto quello che mi dicevano di votare. Ruby nipote di Mubarak? Ero in carcere, ma anche in quel caso avrei detto sì

E perché le votava?
Per disciplina. Senza capire.

Ha votato anche tutte le leggi ad personam?
Ho votato tutto quello che mi dicevano di votare.

Ha votato anche che Ruby era la nipote di Mubarak?
Ero in carcere. Ma debbo essere sincero. Avrei votato pure quella.

Perché sta dando questa intervista al Fatto che non è mai stato tenero con lei?
Il Fatto è stato crudele con me. Ma io sono un grande ammiratore di Marco Travaglio. Lui di me ha una pessima idea. E io non so perché. Ma è uno dei migliori giornalisti italiani. Dice cose che spesso non condivido. Ma ci mette la faccia. Non è ipocrita.

Renzi dice che fa i titoli peggiori di tutta la stampa italiana.
Cerca di fare titoli che piacciano ai lettori. Anche Renzi qualche cosa di “peggiore” lo fa, quando piace ai suoi elettori.

Mi dica una cosa “peggiore” che ha fatto Renzi.
Ha diminuito le tasse sulle case degli italiani liberi e contemporaneamente ha raddoppiato l’affitto ai carcerati.

I carcerati pagano l’affitto?
Prima di Renzi pagavano 56 euro al mese. Renzi adesso gli fa pagare 112 euro. Con quali soldi i carcerati dovrebbero pagare questi euro visto che non lavorano?

Qualcuno lavora…
E guadagna al massimo 200 euro. Che se ne vanno per comprare il cibo.
Il carcere è un luogo di sofferenza e di morte. E il nostro è un paese strano: si preoccupa della salute dei marò, ma se ne frega di quella di migliaia di detenuti

Il carcere non passa da mangiare?
Passa della roba schifosa, immangiabile. Tranne l’insalata. E il pollo. Il resto bisogna farselo da soli. Quando dalle cucine veniva l’odore del pesce ti si bloccava lo stomaco. E la carne sembrava chewing gum.

Dicono: il carcere non è un hotel a cinque stelle.
Il carcere dovrebbe essere un luogo di rieducazione. Invece è un luogo di sofferenza e di morte.

È esagerato.
Non è vero che in Italia non esiste la pena di morte. 150 suicidi, nelle carceri, quasi tutti ergastolani. Io di suicidi ne ho visti cinque. Di fianco alla mia cella uno si è ucciso tagliandosi contemporaneamente le due giugulari. Con le lamette Bic. Aveva l’ergastolo. Il giorno prima mi aveva detto: si suicidano perché preferiscono morire una volta sola piuttosto che tutti i giorni. Io non capii. E poi ci sono quelli che muoiono di malattia. Io stesso ho salvato da un infarto un mio compagno di cella, Santino. Se non ci fossi stato io sarebbe morto. Il nostro è un Paese strano. Si preoccupa dello stato di salute dei due marò e se ne frega di quello di migliaia di carcerati.

Immagino che le condizioni igieniche in carcere non siano delle migliori.
Ho ancora il tanfo del carcere addosso. I primi due giorni mi sono fatto 14 docce. Niente. Il tanfo rimane. Ormai ce l’ho dentro.

Avevate un bagno, in cella?
Un bagno-cucina. Un locale largo un metro in fondo al quale c’era la turca. Io con la turca ci ho parlato per cinque anni.

Che cosa diceva la turca?
La turca mi spiegava che, anche se non sembrava, era un cesso. Un giorno ero uscito per fare degli esami clinici e sono dovuto andare al gabinetto. Ho aperto la porta e ho avuto una visione. La tazza del cesso. Mi sono commosso e mi sono messo a piangere. Sedermi sulla tazza è stata una sensazione indescrivibile. Non riuscivo più ad alzarmi. Dovrebbe provare anche lei.
La turca mi spiegava che, anche se non sembrava, era un cesso. Quando ho visto un gabinetto mi sono messo a piangere

Se posso evitare…
Sa qual è stata la prima sensazione quando sono entrato a Rebibbia?

No.
La sorpresa. Avevo paura, terrore. Il carcere per me era quello che avevo visto nei film, con gli agenti che battono col manganello sulle sbarre… Avevo paura anche a fare la doccia pensando che avrei trovato quello pronto a sodomizzarmi…

Invece…
Invece, il carcere è una comunità nella quale ci sono tante brave persone sfortunate, un luogo dove finisce soprattutto gente distrutta dalla povertà.

Non ci sono i cattivi?
Anche nelle comunità religiose ci sono i buoni e i cattivi. Ma alla fine in carcere vincono sempre i buoni. E non ci sono pregiudizi.

Per esempio?
Il giorno dopo la strage del Bataclan, i due detenuti islamici che stavano in cella con me mi hanno chiesto di pregare insieme a loro per le vittime dei terroristi. Nei giorni successivi molti altri vennero a pregare nella nostra cella. Alla fine pregavamo tutti insieme, cristiani e musulmani, in chiesa.
Il carcere è un luogo dove finisce soprattutto gente distrutta dalla povertà

Che cosa faceva in carcere?
Leggevo. Anche di notte. Mi ero fatto un lumino col tubo della carta igienica. Ho letto quattro libri alla settimana. I promessi sposi l’ho riletto dieci volte. Ho scritto tre libri. Ho fatto tutti gli esami per la laurea di Giurisprudenza. Facevo l’orto, correvo dieci chilometri al giorno, giocavo a pallone. Giocavo a scopone scientifico e anche a burraco, ma con le carte napoletane perché le francesi erano vietate.

Che cosa le è rimasto addosso?
L’assurdità. Nel mio terzo libro mi sono autobattezzato Tota Pig.

Maiale?
Il carcere trasforma gli uomini in maiali. Per l’Europa i maiali hanno diritto a sette metri quadrati per uno. Noi ne avevamo meno di cinque in quattro.

La prigione dovrebbe essere abolita?
Che senso ha riabilitare un ergastolano?

Ci sono quelli che escono…
Nessuno trova più un lavoro. E in carcere sono riusciti solo a migliorare quello che sapevano fare prima: rubare. Vicino a me c’era un ragazzo che si era beccato cinque anni per rapina a mano armata.

Roba seria…
L’arma era una bomboletta spray al peperoncino. In carcere qualcuno gli avrà insegnato come si fanno le vere rapine, altro che peperoncino.

Alternative al carcere?
Farli lavorare, così si reinseriscono e guadagnano per restituire il maltolto, pagare le vittime…

E scappare.
Ci sono i braccialetti elettronici.

Lei avrebbe portato un braccialetto?
Certamente. Che problema c’è?

Ha lasciato il carcere ed è tornato in Sicilia su un pulmino.
Mi sono venuti a prendere i miei fratelli con un Vito, il pulmino della Mercedes. Ci ho caricato libri e 14 mila lettere.

La libertà…
L’ultima notte, una diarrea pazzesca. Volevano chiamare il dottore. Ma il giorno dopo è stato peggio. Per cinque anni i miei occhi si erano abituati a quattro metri di distanza. Mi sono trovato davanti l’infinito. Sono stato abbagliato dallo spazio e dalla luce. Mi sono sentito sfranculiato. Pensavo che tutte le macchine ci venissero addosso.

Non potrà più votare.
Non capisco perché, visto che sono stato “rieducato”.
Io non voterei mai la sinistra. Ma dire che Matteo Renzi è di sinistra mi pare un po’ esagerato

Per chi vorrebbe votare?
Né per Salvini né per Grillo.

Per Casini?
Voterei là dove si trovasse Casini. O Alfano. Ma sono tutti schiacciati su Renzi. Allora tanto vale votare per l’originale e non per la copia.

Voteresti l’originale?
Io non voterei mai la sinistra. Ma dire che Matteo Renzi è di sinistra mi pare un po’ esagerato. Io cercherei un partito moderato e quindi guarderei al Pd di Renzi dove c’è un bel po’ di democristianitudine. Il Pd somiglia moltissimo alla Dc.

Renzi un po’ le piace.
Riconosco a Renzi la volontà di fare. Ma dovrebbe avere meno spocchia.

Dicono che farà il “padre nobile” di un nuovo centrodestra miccichesco…
Per carità, né padre né nobile.

Che fine hanno fatto i cuffariani?
Sono al 70 per cento con Renzi. Sono tutti assessori nelle giunte di sinistra e nel governo Crocetta. Non essendoci più la Dc se ne sono andati con quelli che assomigliano di più alla Dc.
Quando è diventato governatore ha affidato la Sicilia alla Madonna. La Madonna non ha fatto un granché…Finché c’ero io la Sicilia non era così male… Poi Lombardo… Crocetta…
Sembro un intellettuale di estrema sinistra? Non mi offendo. Molte cose di quella parte politica oggi le condivido

Micciché ha detto che Crocetta-Cuffaro è come Akragas-Barcellona.
Akragas è Crocetta. Serie C. Micciché è stato quello che con più determinazione mi ha voluto presidente. Poi con la vicenda giudiziaria fu meno tenero con me. Pensava che il mio tramonto politico gli avrebbe aperto la strada della presidenza della Regione.

Ha detto che Berlusconi ha sbagliato tutto.
Doveva dimettersi da senatore, tanto lo hanno dimesso lo stesso. E doveva consegnarsi e andare in galera. Ne sarebbe uscito in trionfo. Da martire. Lo ha fatto anche Sophia Loren!

Lei è un perseguitato politico?
Mi sembra eccessivo ma non mi offendo se lo dicono gli altri.

Vasa Vasa, baciava tutti anche in carcere?
Tantissimo. L’ultimo giorno mi hanno festeggiato e hanno cantato in italiano Hurricane. Ho cominciato a piangere e a baciare tutti.

Hurricane, la storia del pugile che mandarono in galera per impedire che vincesse il mondiale. Se la galera non l’avesse fermata che cosa sarebbe diventato? Ministro?
Perché no? Tanti di quelli che erano in fila dietro di me lo sono diventati. Come Giampiero D’Alia.

Sarebbe potuto diventare premier?
È difficile che un siciliano diventi premier.
Banca Etruria? Fosse successo a Berlusconi e alla Carfagna sarebbero finiti male. Invece tutto è stato molto ovattato

Il carcere l’ha trasformata. Adesso pesa 78 chili e sembra un intellettuale di estrema sinistra…
Non mi offendo. Molte delle cose dell’estrema sinistra oggi le condivido.

Seguiva la politica? Renzi, Banca Etruria, Boschi…
Fosse successo a Berlusconi e alla Carfagna sarebbero finiti male. Invece tutto è stato molto ovattato.

Avrebbe fatto assessori Franco Battiato e Antonino Zichichi?
Zichichi si offrì anche a me, ma io non lo feci assessore. Lo feci consulente. Battiato è un grande cantante ma cosa c’entrano le canzoni con la politica?

Ha baciato anche papa Francesco quando è venuto a Rebibbia?
No. Lui si è tuffato sulla folla dei detenuti. Quando me lo sono trovato davanti lui mi ha acchiappato. Per la prima volta io non ho baciato ma sono stato baciato.

Francesco Vasa Vasa.
Lui disse: fra i detenuti mi sento protetto.

LA SCHEDA – Talpe e soffiate ai boss
•La storia giudiziaria di Salvatore Cuffaro comincia il 5 novembre 2003 con la scoperta di “talpe” negli uffici della Procura di Palermo. È la rete di spionaggio, che fa capo al ras della sanità privata Michele Aiello prestanome di Bernardo Provenzano. Il 2 novembre 2004 Cuffaro è rinviato a giudizio per favoreggiamento aggravato di Cosa nostra e rivelazione di segreti d’ufficio.

•Nel 2008 in primo grado viene condannato a 5 anni. I giudici, però, fanno cadere l’aggravante mafiosa. Cuffaro, riletto nel 2006 presidente della Regione, in quel 2008 deciderà di dimettersi.

•Nel processo d’Appello al politico da “un milione di voti” viene di nuovo riconosciuta l’aggravante mafiosa. La condanna del 2010 sale a 7 anni. La parola fine alla vicenda giudiziaria la scriverà la Cassazione il 22 gennaio 2011, quando i giudici romani confermano il verdetto di secondo grado. Prima di entrare a Rebibbia, dove sconterà 5 dei 7 anni, Cuffaro dice: “Sono un uomo delle istituzioni e ho rispetto della magistratura. Affronterò la pena com’è giusto che sia”.

Da Il Fatto Quotidiano del 18 dicembre 2015
Di Claudio Sabelli Fioretti | 18 dicembre 2015

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/12/18/toto-cuffaro-libero-per-cinque-anni-a-rebibbia-ho-parlato-col-water-questo-pd-mi-ricorda-la-dc-voterei-per-renzi/2317081/
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