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Autore Discussione: Per salvare la Rai ci vuole la fondazione  (Letto 3904 volte)
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« inserito:: Settembre 14, 2007, 04:44:03 pm »

Per salvare la Rai ci vuole la fondazione

Nicola Tranfaglia


Il 10 settembre scorso, dopo cinque mesi di aspre discussioni politiche nel paese, l´assemblea degli azionisti della Rai (di cui il rappresentante del Tesoro possiede più del 99 per cento) ha rimosso il prof. Petroni, secondo la decisione del ministro dell´Economia Padoa-Schioppa, dopo che questi ha constatato di non aver più il necessario rapporto di fiducia con il consigliere nominato a suo tempo come rappresentante del Tesoro, e ha nominato al suo posto il dottor Fabiano Fabiani, un manager assai noto non soltanto per i ventitré anni passati in Rai ma anche per i suoi incarichi manageriali ricoperti in tutti questi anni.

Si è così risolta l´anomalia, assai grave, che attribuiva a un consigliere designato dal governo Berlusconi, ago della bilancia nel Consiglio di Amministrazione della Rai, che aveva consegnato ai consiglieri di centro-destra la maggioranza e il controllo dell´azienda pubblica radiotelevisiva, malgrado la sconfitta elettorale del 2006.

Dal punto di vista giuridico non ci sono dubbi particolari, a mio avviso, giacché la revoca del consigliere Petroni spetta all´ente che lo ha nominato, il Ministero dell´Economia e sbaglia, a me pare, il presidente della commissione di vigilanza della Rai, Landolfi, di Alleanza nazionale, a invocare ripetutamente (e invano) il capo dello Stato Napolitano perché il ministro ha deciso, dopo aver comunicato la sua decisione alla commissione il 16 maggio scorso ma senza consultare il parlamento cioè la medesima commissione bilaterale secondo la legislazione vigente, cioè la legge Gasparri.

Non a caso il Quirinale ha avvertito che il Presidente non può essere chiamato in causa su nessuna nomina o decisione di esclusiva competenza del governo. E ha ricordato all´opposizione che, in casi come questi, ci si può rivolgere soltanto agli organi giurisdizionali.

L´arrivo in viale Mazzini di Fabiani, che ha tutta la competenza e l´autonomia necessaria, ha suscitato commenti diversi e in generale positivi in tutte le componenti del centro e della sinistra, ma anche presso gli osservatori italiani e stranieri, sana nel modo migliore l´anomalia che aveva bloccato per molti mesi il consiglio di amministrazione, impedendogli da una parte di portare a compimento procedure di nomine che erano maturi e indispensabili da molto tempo (il caso di Rai2 è in questo senso esemplare) ma anche di prendere decisioni sul futuro dell´azienda per cui la Rai è in grave ritardo, sia rispetto all´adeguamento tecnologico rispetto all´azienda concorrente Mediaset, sia rispetto alle scelte da compiere in molti campi per affrontare la fase digitale e le nuove frontiere che si prospettano per la radio e soprattutto per la televisione.

Da questo punto di vista, c´è da guardare, con un certo ottimismo, al ruolo che Fabiani potrà giocare all´interno del Consiglio di Amministrazione per superare il blocco e invertire l´andamento assai insoddisfacente della Rai che si trova di fronte a notevoli difficoltà di bilancio e alla necessità di adottare una politica assai diversa da quella perseguita fino ad ora nella struttura dell´azienda e nel rapporto con i suoi fornitori nel campo dei programmi.

Non molto tempo fa scoppiò la notizia della vendita di Endemol passata al principale concorrente della Rai, di cui abbiamo già parlato. Ma non possiamo pensare che, con l´arrivo di Fabiani e con la sostituzione di un consigliere, si possano incominciare a risolvere i problemi complessivi della Rai.

La verità è che, dopo cinque anni di berlusconismo che ha contribuito in maniera determinante a fare del duopolio Rai-Mediaset una specie di mostro unitario e che ha sempre fatto in modo che da parte del precedente presidente del Consiglio si cercasse di fatto di danneggiare la Rai e di favorire la corsa e il rinnovamento di Mediaset nel mezzo di un conflitto di interessi che purtroppo continua a caratterizzare l´attuale situazione, è assai difficile invertire la marcia e né il consiglio d´amministrazione attuale né la presidenza Petruccioli hanno mostrato finora di saperlo e di volerlo fare.

A questo punto non c´è da stupirsi se anche dalle forze della maggioranza parlamentare, sia pure con toni e accenti differenti, vengano al governo Prodi inviti sempre più pressanti o ad accelerare l´approvazione del disegno di legge Gentiloni sulla televisione o a procedere con anticipo al rinnovo del consiglio di amministrazione e della presidenza della Rai.

In altri termini si sente, da una parte, la forte esigenza di istituire una fondazione pubblica che decida la composizione dei vertici e allontani l´influenza dei partiti dalla Rai e, dall´altra, si chiarisca meglio i compiti del servizio pubblico all´interno della programmazione televisiva dando ad esso i mezzi necessari per ridare all´azienda quei compiti che ne fanno una televisione diversa da quelle commerciali come è ad esempio la Bbc in Gran Bretagna.

In mancanza di quella legge il consiglio di Amministrazione si rifà a una legge insoddisfacente e inaccettabile come la Gasparri e non procede sulla strada di un effettivo rinnovamento dell´informazione televisiva che pure è tra gli obbiettivi prioritari dell´Unione. Del resto, è evidente a tutti che i telegiornali (soprattutto il primo) hanno fatto notevoli passi indietro rispetto al pluralismo e alla completezza dell´informazione accentuando i difetti della precedente direzione Mimun.

In questo senso è urgente un intervento legislativo e dell´esecutivo sulla Rai: si tratterà altrimenti di un´occasione importante perduta dal centro-sinistra.

Pubblicato il: 14.09.07
Modificato il: 14.09.07 alle ore 13.12   
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« Risposta #1 inserito:: Settembre 16, 2007, 07:20:45 pm »

Intervista al presidente della Rai risponde alle critiche

Petruccioli: non lascio, sono super partes

«Ora via al piano industriale. Marano e Raidue? La direzione va cambiata» 

 
ROMA — «No, io non mi dimetto. Se ci fosse un atto come il decreto Tatarella che nel 1994 pose fine forzosamente al Cda dei professori, non potrei che adeguarmi. Ma per andarmene volontariamente, dovrei aver fatto qualcosa di tanto grave da essere universalmente riprovato. Non certo perché sono stato segretario della Fgci nel 1968 o perché nel 1989 ho fatto parte della segreteria del Pci. Dal 2001 sono fuori dalla lotta politica. Prima come presidente della Vigilanza, votato da 34 membri su 37. Adesso presidente della Rai: indicato, lo ricordo, da 33 membri della Vigilanza (sei più dei 27 richiesti per legge) su 33 votanti. Soprattutto, non me ne andrei mai sulla base di argomenti che non trovo fondati. »

Ma, presidente Petruccioli, lei avrà seguito il dibattito. Il centrodestra emolti nel centrosinistra, per esempio Mastella e i Verdi, contestano il «monocolore» ai vertici Rai: presidente, direttore generale e Consiglio di amministrazione con l’arrivo di Fabiano Fabiani, tutti area Unione. Lo ha sostenuto anche Ernesto Galli della Loggia sul Corriere.
«Tesi non esatta. L’investitura che io ho avuto m’induce a non comportarmi come un esponente di parte. Né mi ci sento. La legge non dice affatto che il presidente debba avere un’estrazione politica vicina alla minoranza. Nel 2005, due candidati, prima di me, non sono diventati presidente non per le loro posizioni (non erano politici) ma perché non hanno avuto i due terzi: ecco quello che conta. È sbagliato parlare di una maggioranza di centrosinistra. Fabiani ha giustamente rivendicato la propria indipendenza; e io considero istituzionalmente sbagliato anche dire che con Petroni ci fosse a priori una maggioranza di centrodestra. Tutti nel Cda devono essere valutati non per l’origine o l’appartenenza ma per i concreti comportamenti; lo impone il Codice civile».

Non ha mai pensato a dimettersi in queste ore di polemiche?
«Mi sono seriamente chiesto: risolverebbe qualcosa questo gesto? Sarebbe utile all’azienda?»

Che risposta si è dato?
«Ecco cosa accadrebbe se per astratta ipotesi si dimettesse l’intero Consiglio. E non vedo cenni di questa probabilità da nessuno dei colleghi. Il ministero dell’Economia penso confermerebbe Fabiani come consigliere di sua competenza e indicherebbe un nome per la Presidenza; poi ci vorrebbe la verifica dei due terzi in Vigilanza. Nel 2005 ci vollero mesi per ottenerla. Quanto agli altri sette membri eletti dalla Vigilanza, quattro andrebbero al centrosinistra (uno in più di adesso; uno, non quattro o cinque) e tre al centrodestra (uno in meno). Non sarebbe un gran cambiamento. E che vantaggio ne avrebbe la Rai?»

Ma se lei si dimettesse da solo, scusi?
«Io non posso lasciare la presidenza e restare semplice consigliere come hanno ipotizzato Casini e Buttiglione. Né il Cda potrebbe eleggere un presidente tra gli altri suoi membri. La procedura della legge è quella che ho ricordato, e coinvolgerebbe comunque l’intero Consiglio»

Chi può mandarla a casa, presidente?
«Da presidente della Vigilanza, nel 2004, segnalai che la legge Gasparri aveva abolito le procedure di revoca prima previste.Maè l’intera normativa che regola il governo della Rai ad essere farraginosa e contraddittoria. E’ assolutamente necessario cambiarla, renderla lineare e univoca. Per esempio, durante l’esame parlamentare della Gasparri l’opposizione di centrosinistra denunciò come incostituzionale il fatto che un ministro nominasse un Consigliere. Non giudico, ma è vero che dal 1972 in poi la giurisprudenza della Corte costituzionale ripete che il Parlamento è l’unico riferimento istituzionale del servizio pubblico».

Comunque, il centrodestra dice: stando così le cose alla Rai, ogni dialogo col governo è chiuso.
«Di politica non parlo. Per me il Cda è nella pienezza delle sue funzioni. Ma sarebbe finito se si dividesse su questioni che sono proprie del Parlamento e del dibattito politico. Il Cda Rai è un organo amministrativo di Spa: non una commissione parlamentare»

Ma il centrodestra dice: la Rai è occupata dal centrosinistra. Anche nelle nomine...
«Ricordo che tutti gli avvicendamenti negli incarichi sono stati votati da un Cda in cui certamente il centrosinistra non aveva la maggioranza. Ci sono, soprattutto sui temi editoriali, disparità di vedute. Io, per esempio, proposi di cancellare i reality. Fui messo in minoranza anche da colleghi del centrosinistra. E’ deviante pensare che le diversità di opinione in materia editoriale derivino solo dalla politica»
Non teme un voto negativo nel dibattito al Senato sulla Rai? Molti del centrosinistra sono scontenti e potrebbero fare asse col centrodestra.
«Gli atti della politica non li temo, né li uso. Li rispetto, distinguendo, ovviamente, fra quelli cogenti, che cioè devono essere attuati, e gli altri».

E adesso, presidente? Cosa accadrà la settimana prossima?
«Dovremo cominciare ad affrontare il piano industriale e le strategie editoriali. Tutto nel segno dell’innovazione».

Metterete mano alle reti? Per esempio alla Raidue di Antonio Marano?
«Non è un mistero che, a mio avviso, la direzione di Raidue debba essere modificata. Più in generale, penso che in tutti gli incarichi dopo sei-sette anni sia fisiologico un avvicendamento. Anche in presenza di risultati positivi».

Sembra il ritratto di Fabrizio Del Noce e di Raiuno. Che continua a ottenere buoni ascolti, come sottolinea il centrodestra.
«Ma non c’è solo lui in quelle condizioni... ».

Si è parlato molto di Giovanni Minoli...
«Anche qui: niente nomi. Si discuterà prima di linee e progetti, da cui far derivare coerentemente i nomi. Minoli è certamente una grande risorsa: e considero decisivo per la Rai valorizzare al meglio tutte le risorse, a cominciare da quelle ingiustamente accantonate. Come, in questi due anni, abbiamo fatto».

Il centrodestra non voterà nessuna nomina prima di novembre, quando arriverà l’ultima parola del Tar del Lazio sul ricorso presentato da Angelo Maria Petroni.
«Discuteremo dei nostri lavori mercoledì in Consiglio. Dobbiamo misurarci tutti con decisioni necessarie e impegnative. Penso sia saggio farlo nel merito, senza devianti alibi procedurali».

Cos’è la Rai adesso, presidente Petruccioli?
«Una grande azienda, un patrimonio nazionale. Ha certamente difetti e problemi, ma in questi anni tesi e confusi, anche cattivi, ha agito con un decoro e un equilibrio degni del servizio pubblico. Non è un carrozzone. Lo dico a onore di chi ci lavora. E, oggi, sta meglio di quando sono arrivato».

Paolo Cont
16 settembre 2007
 
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« Risposta #2 inserito:: Settembre 16, 2007, 07:24:48 pm »

Veltroni: aboliamo il Cda, alla Rai un amministratore unico


Il candidato alla segreteria del Pd Walter Veltroni arriva a Sant'Arcangelo di Romagna a un convegno della Margherita e propone «di abolire» il Cda della Rai, visto che, spiega, «è un organismo duplicativo della Commissione di Vigilanza». Meglio, per Veltroni, «amministratori» e «manager» selezionati da società di "cacciatori di teste" , perchè «Dio ci scampi dall'idea di avere aree del Paese che o vengono dominate da chi ha vinto le elezioni o vanno in paralisi».

Per spiegare la sua proposta, Walter Veltroni parte dal ddl di riforma del sistema radiotelevisivo. «Gentiloni - dice - ha fatto un lavoro straordinario e apprezzo anche il modo con cui ha fatto il lavoro. Spero che il Parlamento esamini presto il suo ddl e lo approvi in fretta», perchè, afferma Veltroni, «è giusto collocare la Rai in una fondazione fuori dal controllo della politica». «Mi chiedo - prosegue poi il sindaco di Roma - se non possiamo fare un ulteriore passo avanti. Il Cda Rai è un organismo duplicativo della Vigilanza» e in entrambi, spiega, «esistono i partiti, tanto che si parla di maggioranze e minoranze». «Nell'intervista di oggi al Corriere della Sera - prosegue Veltroni nel ragionamento - il presidente Claudio Petruccioli ha dato risposte corrette, ma anche le domande, in cui si parlava di componente di centrodestra e centrosinistra, erano corrette. Per cui - prosegue Veltroni - come può un'azienda avere un'ossificazione che riproduce quella che c'è nel sistema politico del Paese? La Prima Repubblica era un'altra stagione, un altro Paese: adesso ci sono l'alternanza e il bipolarismo e Dio ci scampi dall'idea di avere aree del Paese che o vengono dominate da chi ha vinto le elezioni o vanno in paralisi». «Per cui - propone Veltroni - mi chiedo: non sarebbe possibile abolire il Cda Rai? Fare in modo che la Fondazione possa chiedere a una delle società più quotate al mondo che si occupano di ricercare i manager migliori sul mercato di trovare dei manager con competenze specifiche che possano diventare amministratori unici dell'azienda, in maniera di portarla fuori dai condizionamenti della politica? Sarebbe - spiega - un segno di discontinuità e un passo in avanti, ma questa rottura deve valere non solo per la Rai, ma per tutto il Paese. Abbiamo bisogno che la politica si ritragga. Meno nomine fa la politica - conclude il sindaco di Roma - e meglio è. La politica deve vivere di scelte, che siano corrispondenti alla sua funzione, cioè garantire la crescita e lo sviluppo del Paese. Questo è il modo giusto di interpretare il malessere del Paese».

La proposta di Veltroni trova l'appoggio del ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, che, dice, «va esattamente nella direzione giusta, che è quello del disegno di legge di riforma del governo. Cioè - aggiunge Gentiloni - quella di dare il massimo possibile di autonomia alla Rai dai partiti e dal governo stesso».

«La proposta di Walter Veltroni sulla Rai ha il pregio di essere chiara, di immediata applicazione e soprattutto, di essere in grado di ridurre drasticamente gli appetiti di qualsiasi governo, qualsiasi maggioranza, qualsiasi partito a cominciare dallo stesso futuro Partito Democratico» sostiene a sua volta Giuseppe Giulietti, membro della Commissione Parlamentare di Vigilanza della Rai e già segretario del sindacato dei giornalisti Rai. «Il consiglio di amministrazione e la commissione parlamentare di vigilanza sono diventate un doppione - ha aggiunto Giulietti -, una simile anomalia va tagliata alla radice. Sarebbe infine auspicabile che l'eventuale amministratore unico venisse affiancato da un comitato editoriale composto prevalentemente dai rappresentanti della cultura, degli autori, dei produttori, dalle organizzazioni dei consumatori esattamente come previsto dal disegno di legge di iniziativa popolare presentato dalla senatrice Tana De Zulueta».



Pubblicato il: 16.09.07
Modificato il: 16.09.07 alle ore 17.45   
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