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Autore Discussione: ADINOLFI -  (Letto 70688 volte)
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« Risposta #15 inserito:: Marzo 18, 2008, 08:55:50 pm »

Oggi 18 marzo 2008, 2 ore fa

Diario di un blogger candidato alla Camera - Day 14

Mario Adinolfi.


Va bene, abbiamo fatto tre settimane di campagna elettorale facendo i bravi ragazzi, dicendo che contavano i toni miti e che in fondo l'avversario e gli avversari non erano così male, che tutto cambia perché il cambiamento è il grande partito democratico. Adesso c'è un problema: dobbiamo vincere le elezioni per evitare che torni a Palazzo Chigi il peggiore inquilino avuto dall'Italia repubblicana, quello che si è fatto le leggi a utile proprio, quello che rese legale l'illegale, quello che ha riaperto i rubinetti della spesa pubblica, quello che ha inguaiato i conti appena rimessi in sesto, quello dei condoni fiscali e badate bene che non ho citato il conflitto d'interessi.

Ora sul web credo che dobbiamo spingere la volata finale, per ottenere una vittoria il 14 aprile, non un tenero pareggio foriero di larghe e preoccupanti intese.

Per vincere ci sono quattro mosse da fare:

1. comprendere che il territorio dove si decidono queste elezioni è la rete, il web 2.0 con i suoi quattro milioni di abitanti abituali, che non si abbeverano per l'informazione al Tg2 di Mauro Mazza e neanche al Netmonitor dell'ottimo Vittorio Zambardino su Repubblica. Sono milioni di cittadini non politicizzati, in prevalenza under 40 e privi di qualsiasi logica di appartenenza, centinaia di migliaia sono al primo voto e ancora non abbiamo messo in campo come Pd una proposta politica capace di attrarne l'attenzione;

2. proporre allora un pacchetto di proposte concrete non paracule, non ideologiche e comunicarle adeguatamente sulla rete, con i meccanismi propri del tam tam orizzontale: due proposte Veltroni le ha già messe in campo e sono i 1000 euro per i precari e il diritto alla banda larga ("come fosse la luce o l'acqua"). Bisogna aggiungere l'impegno a non innalzare oltre l'attuale 26% l'assurdo prelievo previdenziale sui precari (inutile a costruire una pensione), impegnarci esplicitamente per l'innovazione con l'obiettivo del 2% sul Pil a favore della ricerca, assicurare l'abbattimento delle barriere d'accesso alle libere professioni, inserire nelle leggi da far approvare nei primi cento giorni quella sulla liberalizzazione del peer to peer non a fini di lucro (annullando dunque gli effetti perversi della legge Urbani);
 
3. spiegare che il voto alla Sinistra Arcobaleno non è un voto inutile (nessun voto può essere definito così) ma un voto dannoso perché serve solo a favorire la vittoria delle destre peggiori d'Europa;

4 chiedere esplicitamente il voto al popolo dei Meet Up di Beppe Grillo, senza timori o retropensieri, perché rappresentano una parte viva del paese e lo dimostrano anche nell'impegno che hanno messo in campo con serietà nelle liste che hanno presentato alle amministrative. Peraltro i passaggi recenti di Veltroni cui costi della politica, l'attenzione con cui si è evitato di candidare chi ha sentenze passate in giudicato (con qualche rarissima eccezione, ma leggete l'elenco dei condannati in lista nel PdL), la dimensione della partecipazione diretta a cui il Pd ha dato ruolo e sostanza, sono aspetti che mettono in connessione naturale questi due elettorati e io sarei orgoglioso di ottenere alle politiche la fiducia di quel popolo che non ho mai pensato essere "antipolitico".

Comprendere, proporre, spiegare, chiedere.

Per vincere.
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« Risposta #16 inserito:: Marzo 25, 2008, 03:58:11 pm »

ELEZIONI

ADINOLFI (PD): CHIEDO IL VOTO AI MEETUP DI GRILLO

24-03-2008 14:52

"Quanto ha costruito attraverso il suo blog non va sottovalutato"


Roma, 24 mar. (Apcom) - "Credo che quanto ha costruito Beppe Grillo attraverso il suo blog non vada sottovalutato né demonizzato. Io comunque chiedo esplicitamente ai Meet Up di Grillo di sostenere con il loro voto il Pd". Mario Adinolfi, il blogger candidato alla Camera nelle liste del Pd, in un'intervista pubblicata oggi sul sito di 'Panorama' si rivolge così ai sostenitori del comico genovese.

Quindi, in polemica con gli organi di informazione nazionali che non coglierebbero l'importanza di quanto avviene sul web italiano, Adinolfi aggiunge: "Se Tg1 e Corriere della Sera si guardano bene dal raccontare quel che stiamo combinando sulla Rete, all'estero invece capiscono bene che un blogger eletto in Parlamento sarebbe una piccola rivoluzione per la statica Italia. Che è cambiata grazie alla rete, alla mobilitazione politica nata dai blog, con un filo rosso che parte dal V-Day, passa per le primarie del Pd e arriva a queste elezioni. Non so ancora bene fino a dove ci porterà, ma di certo lontano da dove siamo partiti".

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Il 14 aprile il web italiano potrebbe entrare a Palazzo: potrebbe essere infatti il giorno dell’elezione in Parlamento del primo deputato-blogger. Mario Adinolfi, 36 anni e sito internet da oltre due milioni di contatti, volto noto di Mtv per la trasmissione Pugni in Tasca, è l’unico blogger ad aver resistito alla guerra delle liste. Tra precarie telefoniste e fortunate neolaureate, tra operai e giovani imprenditori, tra duri sindacalisti e falchi confindustriali, spunta anche il suo nome: posto 18° nelle liste del Partito democratico, circoscrizione Lazio 1, potrebbe davvero essere eletto e portare a Montecitorio il Web 2.0.

Adinolfi, c’è solo lei a fare il paladino della rete?
Beh, la mia candidatura era abbastanza naturale, ho fatto il candidato alle primarie del Pd e con i blogger di Generazione U ho raccolto un consenso che credo legittimi il mio stare in lista. Avrei sperato di vedere molti altri blogger candidati, magari in entrambi gli schieramenti.

Alle primarie lei ha usato come slogan sul web “si può fare”. Veltroni ha copiato?
Veltroni ha fatto proprio lo slogan migliore delle primarie del 14 ottobre. Sono lieto che lui e i suoi collaboratori leggano il mio blog. Fanno bene, è una fucina di idee e non per merito mio, ma per via del fatto che migliaia di persone lasciano lì i loro pensieri.

Non è che l’hanno messa in lista per recuperare qualche voto dei grillini?
Non lo so, spero di avere altri meriti. Credo che quanto ha costruito Beppe Grillo attraverso il suo blog non vada sottovalutato né demonizzato. Io comunque chiedo esplicitamente ai Meet Up di Grillo di sostenere con il loro voto il Pd.

Dica la verità Adinolfi, a lei che ha corso come leader nelle primarie del Pd, che effetto fa avere per capolista la giovane Marianna Madia?
Mi dà più fastidio sapere che in posizione di elezione sicura ci sono la segretaria di Fioroni e la figlia di Cardinale.

La polemica tra Radicali e cattolici ha nuociuto al Pd?
Io non ho stappato champagne dopo l’intesa con i Radicali.

Se andrà in Parlamento troverà Luca Barbareschi, con cui ha litigato in tv.
Barbareschi disse delle stupidaggini sul dittatore fascista Francisco Franco e io sono tanto legato al Web 2.0 quanto all’antifascismo, che per me resta un valore.

Time l’ha inserita tra le dieci giovani speranze della Young Italy e il New York Times l’ha intervistata assieme a Grillo nel celebre articolo sul declino italiano. Come spiega questo fascino che la stampa internazionale subisce per i blogger italiani?
Se Tg1 e Corriere della Sera si guardano bene dal raccontare quel che stiamo combinando sulla Rete, all’estero invece capiscono bene che un blogger eletto in Parlamento sarebbe una piccola rivoluzione per la statica Italia. Che è cambiata grazie alla rete, alla mobilitazione politica nata dai blog, con un filo rosso che parte dal V-Day, passa per le primarie del Pd e arriva a queste elezioni. Non so ancora bene fino a dove ci porterà, ma di certo lontano da dove siamo partiti.

Adinolfi, chi vincerà le elezioni?
Siamo indietro, ma ancora in grado di vincerle noi.

da blog.panorama.it
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« Risposta #17 inserito:: Marzo 25, 2008, 03:59:18 pm »

L'IDENTITA' DEMOCRATICA PER RECUPERARE I GIOVANI

di Mario Adinolfi per Europa


Una difficoltà reale
In questa rubrica avevamo avvertito del rischio, "respirato" in modo empirico, di una distanza del Partito democratico dall'elettorato giovanile. Ilvo Diamanti su la Repubblica della domenica di Pasqua ha certificato demoscopicamente questa difficoltà del Pd ad attrarre consenso under 30. E' una difficoltà reale, che dobbiamo misurare come tale e con cui dobbiamo confrontarci immediatamente, visto che dalla fine della campagna elettorale ci separano ormai poco più di quindici giorni.

Spiega Diamanti
Leggiamo insieme un passaggio della spiegazione di Diamanti: "Negli anni Novanta, infatti, il voto giovanile si era spostato decisamente a sinistra. In particolar modo (come hanno mostrato, in modo esplicito, le indagini di Itanes), alle elezioni del 2001 e, in misura più limitata, nel 2006. Oggi, alla vigilia delle elezioni, si assiste a un sostanziale riallineamento tra le diverse posizioni. Fra i giovani (18-29 anni), infatti, prevale - di poco - l'alleanza guidata dal Pdl. Che supera di circa 5 punti quella guidata dal Pd (indicazioni coerenti provengono da sondaggi di Ipsos ed Eurisko). I due partiti maggiori, in effetti, si equivalgono. Per cui la distanza è determinata dagli apparentamenti. La base giovanile della Lega, infatti, è molto più consistente rispetto a quella dell'Italia dei valori. Non va trascurato, inoltre, che, fra i giovani, la Sinistra Arcobaleno - due anni fa alleata dell'Ulivo - dispone di un consenso rilevante: intorno all'8%".

La questione identitaria
Queste poche righe di Diamanti, tratte da un articolo molto lungo che accompagna tabelle assai esplicative, ci offrono indicazioni preziose. Il consenso giovanile che ci manca è infatti quello "identitario", che non a caso si concentra su partiti che fanno dei tratti "di parte" la loro caratteristica principale. Io credo che nel nostro importante sforzo teso a costruire un partito onnicomprensivo, il partito del "ma anche ", abbiamo tralasciato un passaggio importante: quello di
costruire un'identità democratica. E' un passaggio invece necessario e non in conflitto con l'idea di costruire un grande partito del trenta per cento e oltre. Dc e Pci erano partiti di quelle dimensioni, ma non erano partiti privi di identità. Noi dobbiamo costruire un partito identitario, per prosciugare il consenso della Sinistra arcobaleno e vincere così le prossime elezioni.

La rete è democratica
Tra i tratti di identità possibili, che però non devono essere moltissimi, ricalco quelli che considero decisivi: il modello a rete, la democrazia diretta. Il nostro è l'unico partito, almeno in teoria, dove l'apporto del singolo è prezioso, dove una sola persona può alzarsi e fare la differenza, basta che non sia una persona sola. Il modello delle primarie, anche per l'esperienza personale che ho vissuto, è proprio questo: anche uno solo, ma non da solo. E qui si somma il web come messaggio di orizzontalità della politica, contro le proposte piramidali delle parti a noi avverse. La rete è democratica, abbiamo ripetuto spesso. L'idea di rete è la nostra identità, l'identità democratica.

dal blog di Adinolfi.
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« Risposta #18 inserito:: Marzo 28, 2008, 03:53:47 pm »

Mario Adinolfi

27 marzo 2008,

Diario di un blogger candidato alla Camera - Day 23


Un paio di giorni fa ho affrontato nella mia rubrica quotidiana su Europa il tema dell'identità possibile del Partito democratico, invocando il ricalco sul modello della rete, orizzontalità contro verticalità fondamentalmente dispotica dei nostri avversari, principi direttisti incarnati da primarie e referendum contro moglidiemiliofede e fedelissimi del capo. Quella riflessione merita un secondo tempo, nei commenti al relativo post l'avevo promesso, su un tema classico dell'identità "di sinistra", un tema che è una parola: égalité. Uguaglianza.

Il tema dell'uguaglianza discende immediatamente da quelli dell'orizzontalità reticolare e della democrazia diretta che ho provato a introdurre nella riflessione precedente. La sinistra di radice marxista ha sempre confuso, in alcuni casi ha drammaticamente confuso, il significato della parola "uguaglianza" con l'approccio tutto ideologico e dunque dannoso dell'egalitarismo. La grande svolta di un Partito democratico orizzontale e direttista, popolare nel senso alto del termine, credo possa essere nel sapersi riappropriare della funzione storica distintiva che la bandiera dell'uguaglianza assegna a tutti i campi del progressismo virtuoso nel territorio politico internazionale.

E' la bandiera dell'uguaglianza che sventola nello straordinario discorso di Obama in South Carolina, il discorso dello Yes, We Can che poi tanto successo ha avuto musicato e mandato su YouTube. Leggiamolo insieme, questo discorso: Obama cita in rapida successione tutte le grandi battaglie di uguaglianza della storia americana. Parte dagli schiavi, passa agli immigrati, alle donne: cita le loro battaglie per il diritto ad essere uguali, nella libertà, nelle opportunità, nel diritto al voto. Il discorso si apre con un omaggio ai "founding documents" americani, cioè alla Dichiarazione d'Indipendenza del 1776 la cui frase centrale è arcinota: "All men are created equal".

La forza emotiva derivante dal discorso di Obama è proprio in questa sottolineatura estrema dell'idea di uguaglianza, in un territorio della politica e del pianeta dove non c'è neanche bisogno di precisare che quell'idea è quanto di più lontano possa esistere dall'egalitarismo all'italiana, quello dell'assenza di merito, quello del grigiore burocratico, quello del '68 che serviva a rubare la laurea e a portare in condizioni drammatiche la scuola e l'università in questo paese, quella della mediocrità elevata a sistema e ad ideale.

Consiglierei a Veltroni di prendere esempio, in questo scorcio finale della campagna elettorale, da Obama nella capacità di far sventolare la bandiera dell'uguaglianza come radice profonda e identitaria del Partito democratico, tornando alla lezione di Norberto Bobbio e spiegando che siamo coloro che, a differenza dei nostri avversari, crediamo che "all men are created equal". E per questo noi non consigliamo a una giovane precaria di sposare un giovane predestinato, noi le consigliamo di lottare per i suoi diritti, noi non accettiamo questa società dei pochi ricchi sempre più ricchi e della moltitudine di sfruttati sempre più sfruttati, noi non sopportiamo più quest'Italia neofeudale dove la mobilità sociale è azzerata e se nasci figlio di feudatario sarai feudatario mentre il figlio del servo della gleba non può sperare di uscire dal suo destino di servaggio. Noi siamo quelli dell'uguaglianza delle opportunità, per tutti, ricco o povero, figlio di notaio o figlio di operaio, donna o uomo, metrosexual o paesano.

Noi democratici siamo i figli dei figli, i nipoti dei nipoti, della Rivoluzione del 1776. Loro sono i nipotini orwelliani della Fattoria degli Animali, quella in cui "all animals are equal, but some animals are more equal than others". Anche per questo noi ce la possiamo fare.

Yes, We Can.

da marioadinolfi.ilcanocchiale.it
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« Risposta #19 inserito:: Marzo 29, 2008, 06:39:47 pm »

29 marzo 2008,

Diario di un blogger candidato alla Camera - Day 25


Mancano ormai appena tredici giorni alla fine della campagna elettorale, tra quindici sapremo se "la più grande rimonta della storia politica italiana" si è compiuta o no, quel che è certo è che non si può lasciare Walter Veltroni da solo in questo tentativo che comincia ad apparire come fattibile. Questo fine settimana i blogger di Generazione U, ma credo tutti i blogger in generale, devono affiancarsi alla straordinaria mobilitazione che vuole riportare nei gazebo il popolo delle primarie: noi quelle primarie le abbiamo vissute da protagonisti e ora siamo di nuovo per strada a realizzare quello in cui crediamo, cioè il protagonismo anche di una sola persona, basta che non resti una persona sola. E' la nostra rilettura dell'idea del personalismo applicata in politica, è quello che noi chiamiamo democrazia diretta.

Personalmente ho organizzato un tour de force che mi vedrà fare tre iniziative in ventiquattro ore come al solito in parti diverse d'Italia: partirò da Pozzuoli dove è candidato al consiglio comunale una delle colonne di Generazione U in Campania, Francesco Aprovitolo; mi sposterò a Giugliano, in piena terra di monnezza e diossina e camorra, per sostenere la candidatura del grande sindaco Taglialatela e per incontrare Marco Giordano (anche lui candidato alla Camera per il Pd in quota Generazione U) e la splendida Tonia Limatola e tutti i tanti amici che dai blog hanno avviato una storia straordinaria che il 14 ottobre scorso li ha visti protagonisti e oggi sono pienamente parte dirigente del Partito democratico.

Mi sposterò poi a Roma per partecipare alla mobilitazione dei circoli nel mio circolo d'appartenenza, in via dei Giubbonari a poche centinaia di metri da casa mia, dove spero di incontrare i tantissimi che animano una delle sezioni con le radici più profonde della politica nella Capitale, dove al direttivo di circolo abbiamo contribuito all'elezione dei giovanissimo Livio Ricciardelli ed è bello pensare che un ragazzo che va ancora a scuola oggi sia tra le persone che guidano un luogo della politica che ha tanta storia sulle proprie spalle.

Io penso che la mobilitazione straordinaria di questo fine settimana possa offrirci la spinta giusta, anche in termini di entusiasmo, per provare a vincere davvero queste elezioni. Mi infastidiscono e non poco le alzate di spalle snob di chi parla di "peggiore campagna elettorale della storia repubblicana". Io trovo che forse non è la migliore, ma certo è la più importante degli ultimi quindici anni. Per la prima volta si prova a cambiare davvero lo schema politico, si annulla la forza dei piccoli partitini ricattatori, si mettono in campo forze nuove: certo, è tutto pieno di contraddizioni e insufficienze, ma è un primo passo di novità importante. Spero che un milione di persone affolli i gazebo, un milione di democratici pronti a fare il miracolo finale, non per loro stessi, ma per l'Italia che ha bisogno di un po' di cazzo di entusiasmo e di fiducia in se stessa. Fiducia nella sua capacità di cambiare, quando ormai cambiare è davvero necessario.

da marioadinolfi.ilcannocchiale.it
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« Risposta #20 inserito:: Aprile 01, 2008, 10:31:15 pm »

Oggi 1 aprile 2008,

Diario di un blogger candidato alla Camera - Day 28


Mi impressiona una cosa della "confessione" del Berlusconi troppo vecchio per guidare un paese moderno.

Mi impressiona il fatto che dalle parti di Tocqueville, cioè nel luogo dove i blogger di destra si sono organizzati non senza un qualche acume (anche se da queste parti abbiamo sempre spiegato che per loro in rete non c'è futuro, il berlusconismo è l'esatto opposto della forza del web, la rete è democratica o bloggare è di sinistra, se preferite), non s'è alzato un fiato.

Anzi, nella home page di Tocqueville, della sempre più bombardata e sedicente Città dei Liberi, compare il solito banner propagandistico per, udite udite, una bella "Pdl 2.0", iniziativa nientepopodimenoche con Deborah Bergamini e Giorgia Meloni.

Ora, io voglio dire, se fai una bella mobilitazione per candidare un blogger alla Camera e ti sbattono la porta in faccia; se il sincero Paolo Bonaiuti ammette che "il centrodestra è assente dalla rete" dimostrando che la tua esistenza è sostanzialmente irrilevante; se poi arriva pure il Grande Capo a dire che di internet non ne capisce una mazza e se la ride e manco gliene frega niente; se, insomma, ti dicono dalla mattina alla sera in piena campagna elettorale che non sanno che farsene del tuo pestare l'acqua nel mortaio, ma è possibile che non alzi neppure un ditino per prendere la parola e provare a difenderti?

Noi ci siamo presi a cornate tante di quelle volte con i nostri "capi", YouTube ancora scarica i vari video che Generazione U ha messo in rete per contestare con nomi e cognomi i comportamenti che consideravamo intollerabili nei confronti del web, degli under 40, del popolo di centrosinistra in generale: siamo andati a contestare il leader dei Ds quando era leader dei Ds, il leader della Margherita quando era leader della Margherita e alla fine ci siamo pure candidati alle primarie contro Walterino. Sì, è vero, lì per lì non l'hanno presa bene ma poi tutto sommato hanno capito che qualche ragione era dalla nostra parte e allora siamo diventati soggetti di un partito che prova davvero a cambiare l'Italia.

Cosa serve ai blogger di destra, cos'altro deve capitare perché Andrea Mancia o Cristina Missiroli, Edoardo Colombo o Gianmario Mariniello, dicano: "Adesso avete rotto, pretendiamo rispetto!"? Un consiglio davvero amichevole: dovete farlo. Vi regaliamo la nostra esperienza, bisogna essere capaci di franchezza e di soggettività politica. Altrimenti vi ridurrete ancora a lungo a suonare i tamburi in curva, a dire che il vostro ultrasettantenne capo "non si discute, si ama". Ma così non crescerete mai e non servirete a niente e a nessuno, neanche al vostro tanto amato Berlusconi. E continuerete a pestare l'acqua, infiammandovi per questioncelle banali o creando polemiche inutili via web, accontentandovi della vostra ormai un po' patetica autoreferenzialità.

Cari abitanti della Città dei Liberi, ora è il momento di raddrizzare la schiena, cari blogger di destra ora provate a far vedere che ha un senso per voi esistere in questi territori di idee e di bit. In fondo, aspettiamo un vostro ruggito da anni e ci farebbe piacere scoprirvi coraggiosi.


dal blog di Mario Adinolfi
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« Risposta #21 inserito:: Aprile 15, 2008, 04:08:26 pm »

 15 aprile 2008,

Tempi supplementari

La situazione è questa: nella circoscrizione Lazio 1 il Pd ha eletto sedici deputati, io sono al numero diciotto. Walter Veltroni e Giovanna Melandri sono eletti anche in altre circoscrizioni.

Se optassero per altre circoscrizioni, il 29 aprile avremmo realizzato il sogno di avere un blogger in Parlamento.

A noi devono sempre far faticare oltremodo ogni cosa ma, insomma, la partita non è ancora finita.


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Diario di un blogger candidato alla Camera - Risultati

 15 aprile 2008,

Abbiamo perso le elezioni, le abbiamo anche perse male: il 33% è poco, nove punti di distacco dalla coalizione avversaria è troppo.

Io dovrei essere il secondo dei non eletti, alla fine dei giochi.

Seguirà analisi politica approfondita, per ora sono deluso e un po' triste, ma la vita continua.

Questo diario si chiude qui.


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Diario di un blogger candidato alla Camera - Election Night

 14 aprile 2008, 11.59.00

Ci sono un milione di motivi per cui ci si può appassionare di politica e io qui tralascerò di indicare quelli ovvi. Ricordo però benissimo il motivo di fascino che mi spinse il 4 marzo 1985 a entrare nella sezione di un partito, a tredici anni, anche allora alle soglie di una elezione primaverile. Anzi, i motivi erano due: la campagna elettorale e la sera delle elezioni.

La campagna elettorale è sempre bella e chi segue questo blog sa che attraverso i vari quotidiani diari del candidato, tra primarie e politiche, ho trascorso in questa particolare sospensione dell'anima 131 degli ultimi 266 giorni della mia vita. Certo, quando ti ritrovi a girare da Biella a Rende, da Pozzuoli a Follonica, da Copenhagen a Nizza, con un calcolo approssimativo di diciannovemila chilometri "viaggiati" in treno, aereo, automobile e bus, la prima impressione che offri è che dovresti essere affaticato. E invece no. Chiaramente, appartenere ad un gruppo come quello di Generazione U, che ti permette si sentirti a casa e con amici veri in qualsiasi landa ti trovi, aiuta. Non può pesarti correre a Giugliano per sostenere un giovane sindaco che merita di essere confermato o fare mezzanotte a Livorno con ragazze e ragazzi straordinari, dopo essere stati a Follonica a evocare Obama con la nostra "nuova leva" minorenne che trova anche il tempo di costruire un video, che si affianca così al video della nostra delegazione in piazza per il Tibet Libero, ai reportage blog-fotografici dei mitici pietralatesi del Mare di Stelle, alla chat democratica con il circolo Pd Obama, alla videochat con Dario, agli innumerevoli blog che fin dall'inizio supportano e sopportano ogni nostra iniziativa. Questa è la campagna elettorale e questo è un motivo di fascino della politica intesa alla nostra maniera, intesa con lo spirito che è ancora quello di quel tredicenne: stare in una comunità di donne e di uomini che condividono la tua visione del mondo. Su questo si fonda l'amicizia. Non a caso ho sempre chiamato le persone con cui dialogavo in spirito di militanza, "amici".

Dopo la campagna elettorale viene la sera delle elezioni, quella dei risultati che ti fanno gridare di gioia e quella che ti fa sprofondare nell'amarezza. E' sempre una sera densa d'emozioni, lo sarà anche questa. Ne ricordo una del 1988, le mie prime elezioni da candidato per il "distretto scolastico", vittoria e record assoluto di preferenze davanti al fidanzato di Marianna Madia, Giulio Napolitano. Ricordo la vittoria del 1996, quando convinsi il segretario del Ppi a prendere le nostre bandiere bianche e andare in piazza Santi Apostoli mentre Luigi Berlinguer si sgolava con un improprio "erano cinquant'anni che aspettavamo" e venne travolto dall'applauso al nostro Gonfalone. Era nato l'Ulivo e aveva vinto, era l'inizio di tutto.

La novità di questi mesi è che le campagne elettorali sono state vissute qui, con voi, in una dimensione comunitaria che ha reso questo luogo non più il mio blog, ma un territorio di confronto tra tante persone che hanno qualcosa da dire.

Io sarò in giro per radio e tv oggi (alle 14.45 su Nessuno Tv - canale 890 di Sky - anche tramite Libmagazine e 41 televisioni locali, dalle 17 su Radio Città Futura, dalle 21.30 in una diretta Rai-Sole 24 ore che coinvolge i blogger, all'1 di nuovo a Nessuno Tv, dalle 3 fino all'alba su la7) ma con il mio smartphone il commento ai dati elettorali lo farò prevalentemente con voi.

Ci racconteremo indiscrezioni, sensazioni, dati, qualsiasi essi siano. Sarà un altro tassello di un percorso comune, verso la consapevolezza e la passione politica, che si rafforzano in un dialogo costante tra noi, comunque la pensiamo.

La forza di questo luogo è dunque raccontata, è il motivo di fascino in più, quello che ci convince che davvero no, non è un esercizio inutile.


da marioadinolfi.ilcannocchiale.it
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« Risposta #22 inserito:: Aprile 29, 2008, 05:35:22 pm »

Ieri 28 aprile 2008, 16.47.40

Televisione direttista (e non solo)

La mia amica Anna Masera ha scritto ieri su La Stampa che la democrazia diretta è in realtà populismo. L'ha scritto prendendo spunto dal V2-Day di Beppe Grillo che ha riempito in modo straordinario la piazza della città in cui Anna abita e tutta quella gente che grida a comando gli insulti proclamati da un comico, lo ammetto, può far paura.

Resta un problema: se la forma della democrazia diretta rischia di trasformarsi in populismo, in cosa rischia di trasformarsi l'attuale forma della democrazia rappresentativa?

Non darò la stessa risposta di Grillo, che sostiene l'equiparazione tra l'attuale contesto e il fascismo. Io so che c'è una differenza, una differenza significativa, tra qualsiasi forma di totalitarismo e questa forma di democrazia. Ma so allo stesso tempo che questa forma di democrazia è profondamente insufficiente. Lo so da tanti anni, lo scrivo da tanti anni, mi batto in nome della democrazia diretta da tanti anni, dal 2001 abbiamo innalzato un simbolo direttista che è la chiocciola di internet ed ora la battaglia direttista la proseguiamo insieme a tutti coloro che sanno che la democrazia è valore-in-sé e ora questo valore-in-sé è a rischio, perché prevale in molti l'idea che si possa fare a meno della democrazia se questa pregiudica l'efficienza. Ecco, è questa l'anticamera di ogni fascismo.

C'è una porzione politica della battaglia direttista (presenza di Democrazia Diretta in forma autonoma alle elezioni dal 2001 al 2003, lotta direttista con candidatura interne al centrosinistra alle elezioni del 2004 e 2005, costruzione da protagonisti della casa comune del Partito Democratico con Generazione U dal 2006, con il passaggio decisivo delle primarie 2007 e delle elezioni 2008). C'è poi il segmento mediatico di questa battaglia per la consapevolezza, forse il segmento più importante, aperto nel giugno 2003 con l'ingresso dei blogger direttisti nella comunità del Cannocchiale e l'indubbio successo che questa operazione ha avuto trasformando decine di giovani e giovanissimi provenienti da DD e GU in opinion leader autorevoli della blogosfera.

C'è poi un azzardo tutto personale, che ha a che fare con il mio mestiere, che è portare l'idea direttista nella costruzione del mezzo di comunicazione che ha nei presupposti l'approccio opposto: la televisione. Una sorta di "attacco al cuore" del sistema mediatico che procede per meccanismi top-down e punta sullo spettatore come oggetto inerte di un flusso di comunicazione. L'azzardo è trasformare lo spettatore-oggetto in spettatore-soggetto di tale flusso, renderlo centrale nell'azione e nello svolgimento della riflessione televisiva. E' un'operazione che ho sperimentato su Mtv con Pugni in Tasca, di fatto utilizzando il blog come "stazione di scambio" e ricordo ancora con piacere la prima puntata, quella con il ministro Fioroni messo a contatto con gli studenti che lo contestavano.

Ora forzo ancora di più la mano, grazie alla libertà garantita dalla televisione satellitare dove faccio il vicedirettore: per la prima volta nella storia della tv nazionale, la settimana scorsa abbiamo aperto le linee telefoniche ai telespettatori, abbiamo inviato reporter a registrare "l'analisi del voto" dei cittadini comuni, abbiamo mescolato le loro opinioni a quelle dei big della politica. In tv il telespettatore viene utilizzato al massimo come opinionista sportivo o risponditore di quiz idioti, io (tra i dubbi anche di qualche amico e collega) volevo e voglio trarre da lui il meglio della sua capacità di riflessione. La sfida è stata vinta, sono arrivate opinioni di grande qualità da tutta Italia, senza alcuna forma di filtro e senza limiti di tempo per chi interviene, tra una telefonata di Leoluca Orlando e una di Francesco Storace e nessuno ha notato la differenza: tutti sullo stesso piano.

Ripetiamo l'esperimento oggi, allungando il tempo a disposizione di questo esempio di televisione direttista: centocinquanta minuti dalle 17 su Nessuno Tv (canale 890 di Sky, anche in streaming) faremo insieme l'analisi del voto per il Campidoglio e oltre a commentare qui potrete intervenire in diretta chiamando il numero verde 800.19.86.67.

La trasformazione che può regalarci la democrazia diretta è quasi quella della fata di Cenerentola: da oggetti di indifferenza a soggetti del gran ballo. Questo mio approccio alla politica e alla televisione non piace a tutti, il critico televisivo Aldo Grasso a ogni apparizione mi bastona e per sovrappiù mi ha bastonato anche come candidato alle primarie, perché sono "un blogger" e perché ho messo il mio telefono cellulare in rete a disposizione di tutti. Io ho risposto con un "Aldo Grasso non conta più un cazzo", piuttosto maleducato e allora lo invito a prendere quel caffè che ci siamo promessi via Magazine del Corsera, magari uno convince l'altro.

Ma Grasso e Masera e quelli che dicono che "la democrazia diretta è populismo" o "la cultura non la fa il popolo" sono in buona fede, solo una cosa devono spiegarmi: sicuri, proprio sicuri, che una politica o una televisione o una cultura che mantengono la loro dimensione di élite-che-parla-a-una-platea-che-ascolta, stiano dando buona prova di sé? Possibile che il pensiero debba seguire solo la direttrice verticale e non possa invece espandersi più efficacemente (mi verrebbe da dire, più naturalmente) seguendo il percorso orizzontale con eguali opportunità di incidenza per tutti e per ciascuno?

Non è, in fondo, di questa idea di uguaglianza delle opportunità che è intrisa la stessa ragione d'essere della civiltà occidentale? Non ammainiamo questa bandiera di égalité, spingiamone più in là i confini, altrimenti arretreremo drammaticamente e il pericolo dietro l'angolo non è la democrazia diretta e il populismo, ma l'assenza di democrazia e il totalitarismo.

Io, per quel poco che conta, continuerò a dare battaglia. Qui, in politica, sui mezzi di comunicazione, nel contatto interpersonale. Ognuno è decisivo, anche una sola persona, basta che non sia una persona sola.


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« Risposta #23 inserito:: Aprile 30, 2008, 07:23:08 pm »

Oggi 30 aprile 2008,

Due parole a Virzì


Paolo Virzì al Riformista di oggi: "Dal Pd mi sarei aspettato ben altra lungimiranza, a partire dalla scelta dei candidati. Steso un velo pietoso su quella simpatica ragazza bionda, piena di candore e di capelli, mi chiedo: se si voleva il ricambio non era meglio puntare su giovani come Scalfarotto e Adinolfi?”.

Due parole di risposta al regista. Una, ovviamente, è: grazie. L'altra è: oligarchia. L'oligarchia si differenzia dall'idea più nobile di "gruppo dirigente" perché tende a non rendere possibili le alternative a se stessa.

Così oggi il motto, caro Virzì, buono forse pure per raccontare in un film lo sfacelo dell'oligarchia democratica (che bell'ossimoro) è scritto in romanesco.

Nun se movemo da come stamo.

Chi c'era al Senato, Finocchiaro? Resta Finocchiaro. Ma ha preso sette punti meno di Rita Borsellino in Sicilia? Sì, ma se movemo poi casca tutto. E allora, Finocchiaro. Alla Camera, c'era Soro? Soro. E Rutelli? Un premio pure al senatore umbro che ha trionfato al Campidoglio, dai: vicepresidente a Palazzo Madama.

Nun se movemo da come stamo.

Ma abbiamo perso le elezioni di dieci punti, il nord è leghista, Roma è postfascista, il sud è di Lombardo, l'Italia è di Berlusconi.

Nun se movemo da come stamo.

E Walter? Walter è bravo, Walter è il garante, Walter è il punto d'equilibrio del castello di carte, si muove lui e casca tutto.

Nun se movemo da come stamo.

E poi, qual è l'alternativa? Non c'è, non ci sarà mai, nel silenzio non ci sarà mai. Bisogna continuare e continuiamo. Ad andare. Dove? Quello, proprio, non si sa. Nun se movemo da come stamo, è meglio. Caro Virzì, loro dicono che è meglio.

Poveri noi.


(io mi prendo quattro giorni di pausa, lunedì ricomincio con i miei faccia a faccia in tv e ho voluto a Contro Adinolfi Paolo Villaggio, che è il più grande scrittore italiano vivente anche se voi non lo sapete)


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« Risposta #24 inserito:: Maggio 12, 2008, 09:53:48 pm »

Oggi 8 maggio 2008,

Quello che non è riuscito a noi

All'inizio degli anni Novanta quelli di noi che avevano avuto la strana idea di farsi democristiani da adolescenti, vedendo che la casa andava a fuoco, decisero che non avrebbero fatto costruire quella nuova ai decrepiti responsabili della rovina e fecero quello che si fa in questi casi drammatici: si unirono in un gruppo, capirono il senso di quel verso dell'inno che parla di "stringersi a coorte", diedero battaglia. Devo a quel gruppo un paio di belle gioie politiche personali: essere stato il più giovane costituente del Partito popolare e subito dopo il presidente nazionale dell'organizzazione giovanile. A capo degli "adinolfiani" della provincia di Agrigento c'era un ragazzo brillante con una capigliatura ricciolina che oggi non ha più: Angelino Alfano. Venne tacciato di tradimento, ovviamente, quando si fece sedurre dall'avvio dell'avventura berlusconiana. In realtà Angelino ha sempre avuto doti di analisi politica non comuni e aveva capito prima di noi che i responsabili del disastro democristiano non avrebbero mollato e avrebbero fatto colare a picco anche il Ppi. Mi disse: "Scelgo di scommettere la mia vita su qualcosa di veramente nuovo". A me sembrava una follia amorale e un calcolo sbagliato. Invece.

Angelino Alfano oggi è il Guardasigilli della Repubblica italiana e fatevi dire da chi un po' lo conosce che sarà un grande ministro di Grazia e Giustizia. Così come credo che questo governo sia destinato, almeno in una prima fase, a fare bene. E' un governo costruito secondo uno schema che avrei voluto vedere nei governi di centrosinistra: leadership forte che accompagna la crescita di una nuova generazione di dirigenti politici. E' la battaglia della mia vita. E' riuscito a loro quello che non è riuscito a noi: oggi il passaggio di consegne al ministero delle Politiche Giovanili tra una Giovanna Melandri che va verso i cinquant'anni e una Giorgia Meloni che ha da poco passato i trenta, fotograferà la vittoria della loro scommessa e la sconfitta ulteriore della nostra nomenklatura.

Saranno buoni ministri anche Gelmini, Zaia, Fitto, Carfagna che rappresentano la vittoria degli under 40 di centrodestra che arrivano al potere dopo un percorso di formazione politica solido e militante. Non c'è nella scelta di sei ministri che hanno meno di quarant'anni quella sensazione di meccanismo casuale, di biglietto della lotteria vinto, che accompagna il fragile rinnovamento del Pd.

Ma c'è ancora un territorio dove posizionare la nostra sfida. Questo ricambio, questa nascita di una nuova generazione di governo, trae la propria legittimazione da un percorso di obbedienza e affidabilità ai voleri del capo: Alfano, Gelmini, Carfagna e Fitto non hanno alcuna autonomia rispetto al volere di Berlusconi, Meloni non ne ha rispetto a Fini, Zaia non ne ha rispetto a Bossi. Arrivano al ministero per conto terzi e amministreranno per conto terzi.

Agli under 40 del Partito democratico è consegnata una sola arma: il conflitto politico. Se dovessimo accettare come ineludibile il meccanismo cooptativo (la vulgata secondo cui un Veltroni buono contro gli oligarchi cattivi farà piovere il rinnovamento dall'alto) perderemo un'altra occasione. Ora, per dimostrare la forza della nostra sfida e non soccombere davanti alla dimostrazione che a loro è riuscito quello che non è riuscito a noi, possiamo solo rilanciare. Io ci sono abituato, momenti drammatici come questo non sono mancati nella mia esperienza politica, riprenderò lo spirito di quei primi anni Novanta, quelli in cui imparammo cosa voleva dire "stringersi a coorte". I più cantano quel verso sbagliandolo, sono convinti che inviti a "stringersi a corte".

Su quella semplice lettera in più o in meno passa tutta intera la sfida delle prossime settimane e dei prossimi mesi.

Intanto, buon lavoro al governo Berlusconi.

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« Risposta #25 inserito:: Maggio 12, 2008, 11:54:45 pm »

Ieri 11 maggio 2008, 16.31.24

Idee o potere, il Pd con chi sta?

Non credo che il Pd debba accodarsi necessariamente al linciaggio politico di Marco Travaglio e Fabio Fazio, anzi, se devo scegliere tra loro e Renato Schifani io so con chi sto.

Alla senatrice Finocchiaro dico che non è proprio necessario correre in soccorso della maggioranza in ogni occasione, per rendere sempre più evidente che la nostra opposizione è morbida e amichevole. Noi difendiamo il diritto anche di Travaglio, per il quale non provo un'istintiva simpatia, a far ascoltare le proprie riflessioni attorno ad un figura delle istituzioni. Sono certo che nei meccanismi mediatici asserviti che caratterizzano la condizione di giornali e tv in Italia, non mancheranno a Schifani occasioni per la beatificazione. Credo che noi democratici dobbiamo difendere la libera circolazione delle idee, anche quando critica magari duramente gli uomini del potere.


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All'opposizione di questo Veltroni
sabato 10 maggio 2008, 15.23.00
La riunione odierna del coordinamento di Generazione U ha deciso di dare vita a un movimento interno di opposizione all'attuale leadership del Partito democratico, per evitare al progetto per il quale dal 6 maggio 2006 ci siamo collettivamente spesi di naufragare definitivamente dopo le elezioni europee del 2009, che saranno disastrose se permarrà la linea immobilista degli sconfitti-inamovibili del loft.

Giovedì andremo a dire qualcosa al coordinamento nazionale del Pd di cui facciamo parte. Dal giorno successivo lavoreremo a un'iniziativa pubblica per ritrovarci insieme a tutti coloro che pensano che il Partito democratico meriti un domani migliore dell'attuale presente.

Forza, il futuro c'è.


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Un altro capolavoro
venerdì 9 maggio 2008, 18.51.00
Il risultato del 14 aprile del Pd equivale al miglior risultato mai avuto dal Pci. Il governo ombra è una strepitosa e molto efficace idea che ebbe il Pci, di conseguenza è giusto che lo guidi uno che viene del Pci, che ci sia un ministro-ombra degli Esteri che quando trent'anni fa ammazzavano Aldo Moro era già un brillante dirigente del Pci, che il ministro-ombra dell'Economia sia uno che viene dal Pci più figo e vincente, che pure il ministro-ombra degli Interni sia uno tosto che viene dal Pci. La strategia pare sia il recupero dei voti al centro.

E il rinnovamento? Ah, sì, scusate. Loro mettono una trentacinquenne ministro della Pubblica Istruzione, vuoi mettere il fascino dell'usato sicuro di donna Maria Pia Garavaglia. L'over sixty tranquillizza i nostri elettori. Il figlio di papà e la brava ragazza obbediente, comunque, ci sono.

Insomma. Un altro capolavoro. Bravi. Clap clap. Ormai mi viene da ridere. Io non voglio vedere il Partito democratico ucciso tra un anno alle europee dall'insipienza di questi dirigenti incapaci.

Se, dopo tutto quello che è successo, il rilancio che riescono a proporci è l'eterno provvisorio compromesso tra Massimo e Walter costruito sul quadrumvirato ombra Veltroni-Fassino-Bersani-Minniti, allora vuol dire davvero che i democratici che hanno a cuore la sopravvivenza del Pd come esperienza nuova del quadro politico italiano, per far vincere le idee di progresso contro la proposta delle destre conservatrici, devono darsi una mossa.

E in fretta, altrimenti tra un anno alle europee con questo immobilismo andremo al disastro definitivo.


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« Risposta #26 inserito:: Maggio 13, 2008, 04:10:07 pm »

Oggi 13 maggio 2008, 3 ore fa

Berlusconi: discutiamone in diretta tv

Il discorso di Berlusconi alla Camera? Generico, ma non brutto.
Il governo Berlusconi su cui ha chiesto la fiducia?
Preoccupante e da battere, ma non composto da personalità indegne.

Comunque la pensiate, oggi qui si parla di Berlusconi, è il suo giorno. Ne discutiamo sul blog e in diretta tv dalle 15 (potete chiamare 800.198667, numero verde gratuito da tutta Italia, il canale 890 di Sky è Nessuno Tv ed è visibile anche in streaming web).

Non mi sembra di vedere luce in fondo al tunnel. How long must we sing this song?


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L'appuntamento di Veltrusconi

Ieri 12 maggio 2008, 17.36.00

Mi sembra assolutamente inopportuno che il leader di quella che dovrebbe essere un'opposizione seria e intransigente prenda appuntamento con il presidente del Consiglio subito dopo la fiducia.

Mi pare che dovremmo avere altre priorità, dopo il voto di fiducia che il governo otterrà. Dovremmo rendere credibile la nostra opposizione, strutturarla per renderla credibile al di là del giochino del governo ombra, che ogni giorno che passa sembra sempre di più l'ombra del governo. Frattini prende una posizione su Unifil e Libano? Fassino approva. Tutto il centrodestra attacca Travaglio? Finocchiaro approva. Berlusconi ottiene la fiducia? Veltroni prende appuntamento. No, non ci siamo. Veltroni sa bene, come so bene io, che il popolo del Partito democratico non vuole l'inciucio. A loro dobbiamo rispondere, dimostrando nettezza di linea, di programma alternativo, di comportamento. Mi sembra questa la priorità.


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« Risposta #27 inserito:: Maggio 14, 2008, 06:48:51 pm »

Oggi 14 maggio 2008,

Siamo sotto ipnosi

Floris: "Letta, c'è qualcosa che non le è piaciuto del discorso di Berlusconi?"

Letta (dopo averci pensato): "No".


Ecco, ieri sera mentre sgranavo gli occhi guardando Enrico Letta (sì, è Enrico, quello nostro, il nipote insomma) a Ballarò pensavo alle ragioni di questa arrendevolezza che si tramuta in una totale assenza di indentità del Partito democratico. Poi sono uscito per andare a giocare una partita a poker e nel tragitto che mi portava al tavolo verde (partita, sia detto per inciso, conclusa con esito trionfale per cui ho capito che va riaggiornato il detto e la fortuna al gioco deve essere indirettamente proporzionale alla sfortuna politica e l'amore non c'entra una mazza) ho visto che Roma è tappezzata di manifesti per un'iniziativa che oggi Enrico Letta, ministro ombra del Partito democratico, organizza con Amedeo Piva, già assessore delle giunte di centrosinistra e secondo dei non eletti del Pd alla Camera nella circoscrizione Lazio 1. Ospite d'onore di Letta e Piva? Gianni Alemanno.

Sono andato a dormire tardi e ho puntato la sveglia per ascoltarmi la replica di Berlusconi alla Camera e ho anche riso per la battuta finale, ma era un riso che sapeva di resa. E volemose bene e poi Veltroni che ha detto che è tutto merito suo e in effetti...

Allora ho capito: mi sa che siamo sotto ipnosi. Il Mago di Arcore deve essere riuscito ad agitare il pendolino di Maurizio Mosca conducendoci nella notte dove tutte le vacche sono nere e questa è una citazione di Hegel che contestava l'idea di assoluto che aveva Schelling, un assoluto dove l'identità di cose e persone e idee si perdeva. E aveva ragione Hegel.

Io non sono mai stato definibile come un antiberlusconiano e non arriverò mai a pensare che ci definiamo in opposizione a qualcun altro, anche se dire ciò che non siamo è sempre un passo avanti. E se avessi parlato a Ballarò o in aula avrei detto che il discorso di Berlusconi era generico e per questo non era brutto, ma diventava terribile se si pensava a tutto il non detto, a tutto il taciuto. E noi, poiché siamo sotto ipnosi, non siamo stati capaci di dire che non votiamo la fiducia perché siamo il Partito democratico, che nell'insegna di questa ditta c'è scolpita un'idea di partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica che è l'esatto opposto dell'idea di efficienza (in cui la democrazia diventa oggettivamente un optional) propria di queste destre; siamo il Partito democratico che crede nell'uguaglianza delle opportunità come valore fondante e dunque sfida il governo a fare vere liberalizzazioni, abolendo le barriere d'accesso alle professioni e intaccando le vere rendite di posizione dei potenti di questo paese; siamo il Partito democratico che non tollera l'ingiustizia e ancor meno tollera che si sia resa legale, ma non per questo giusta, l'illegalità attraverso norme ad personam come quelle sul falso in bilancio e sull'accelerazione dei tempi della prescrizione dei reati, che sono oltraggi al diritto; siamo il Partito democratico che ha la sua radice in un'idea alta del lavoro e non tollera l'esistenza di un esercito di precari su cui il governo nascituro non ha inteso spendere una parola o una promessa, fermandosi a dire che detasserà gli straordinari e darà più soldi a chi un lavoro stabile ce l'ha già; siamo il Partito democratico che crede all'idea di Europa e la rispetta e ne rispetta le sentenze, come quella su Europa 7 e Retequattro, che ripropone tutta intera la questione del conflitto di interessi; siamo il Partito democratico che nasce e vive nel terzo millennio e trova intollerabile la condizione in cui versano ricerca scientifica e innovazione nel nostro paese, con le risorse inchiodate all'1% del Pil e noi pretendiamo che siano almeno raddoppiate e siamo scandalizzati che anche su questo il presidente del Consiglio abbiamo semplicemente taciuto; siamo il Partito democratico che ha tratto legittimazione dalle primarie, crede nella democrazia diretta e si farà promotore di una legge sulle primarie obbligatorie e normate per legge, sulla democrazia interna ai partiti, visto che il partito del presidente del Consiglio è oggi un partito padronale, privo di democrazia interna.

Avremmo dovuto utilizzare l'occasione di questo dibattito alla Camera per cominciare a definire davvero l'identità del Pd, ma siamo sotto ipnosi e non l'abbiamo fatto. E allora volemose bene e se po' fa' e regaleremo valanghe di consensi a Di Pietro da una parte e alla sinistra radicale dall'altra e altri ancora a chi penserà che a questo punto è meglio votare direttamente Pdl e tra un anno, dopo il disastro delle europee, forse dall'ipnosi ci sveglieremo e voglia iddio che non sia troppo tardi.

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« Risposta #28 inserito:: Maggio 17, 2008, 09:10:57 am »

16 maggio 2008, 2.31.30

E' andata così



E' andata così, come scritto nella cronaca di Libero, grazie alla penna intelligente e attenta della giovane Elisa Calessi.

La sostanza politica della riunione del coordinamento del Pd di ieri è stata nella tregua concessa da Massimo D'Alema a Walter Veltroni, che nei novanta minuti di relazione ha citato un paio di volte la fondazione Italianieuropei e un altro paio di volte la necessità di radicamento sul territorio del partito. Segnali di fumo che vogliono dire che l'accordo c'è e fino alle europee andremo con il tandem Veltroni-Franceschini, intanto scalda i muscoli il tandem di scorta Bersani-Letta (quello per il dopo-disatro del 2009) che prima dell'inizio del coordinamento si sono appartati a parlottare.

L'analisi della sconfitta? Per Veltroni è chiara la motivazione, abbiamo perso per colpa di Prodi e perché le sinistre riformiste perdono in tutta Europa. Ora bisogna lavorare "con pazienza", il che vuol dire tradotto che l'anno di tregua va bene, nel frattempo c'è da "dialogare" con Berlusconi e lì c'è la fonte della legittimazione del permanere di tutti costoro che non hanno capito che tra un anno avremo un tracollo per via dell'emorragia di consensi verso Di Pietro, verso la sinistra radicale, verso lo stesso Berlusconi che sarà il re dell'abolizione dell'Ici.

Elisa Calessi racconta bene tutto quello che è accaduto, compreso il mio intervento, "unica eccezione" di esplicito dissenso in un clima di pace armata.

Questa la cronaca di Libero.

Chi non accetta la tregua, invece, è Mario Adinolfi, già candidato alle primarie. Quando ormai la riunione sta per chiudersi, finalmente ottiene la parola: "Walter, devi dimetterti. Come avviene in tutta Europa quando un leader perde". Il dialogo con Berlusconi? "Vai pure a pranzo con Silvio, ma questo partito cosa ci guadagna? Forse qualche posto in Rai per qualcuno". Altro che ottimismo: "La nostra gente è nel panico". E se si va avanti così "regaliamo le praterie a Di Pietro". Ma la sala, ormai, è vuota.

La cronaca è asciutta e sostanziale. Non può raccontarvi: l'attacco diretto in faccia a Goffredo Bettini per la sconfitta del "modello Roma" e lui che si alza e viene verso il podio dove sto parlando e tutti si aspettano che accada il peggio, lui poi mi aggira e si siede vicino a Walter; il battibecco con Veltroni che dice stizzito che "Gordon Brown non si è dimesso" (e grazie, erano amministrative, vedi se perde le politiche dove lo mandano); gli sms scambiati con Franceschini; il passaggio in cui ho spiegato che una classe dirigente che non sa cosa voglia dire accountability, non paga mai, non rende conto mai, non si dimette mai, neanche davanti alla peggiore delle sconfitte (e ho fatto l'esempio di Bassolino coperto di monnezza in Campania) perde credibilità e senza credibilità perderemo sempre e sempre peggio e se si vuole parlare a quella metà del paese che ha meno di 40 anni ed è agile e politicamente dinamica non si può presentare il Pd come l'ennesima riverniciatura buona a traghettare qualche centinaio di notabili alla tappa successiva dell'eterna transizione italiana.

Ho parlato dell'identità del Pd e di tutte le cose che in questi giorni avete letto qui. Dopo, un supernotabile mi è venuto vicino e mi ha detto: "Il tuo amico Di Giovan Paolo un giorno attaccò Forlani come hai fatto tu con Veltroni e dopo ci ha messo vent'anni a diventare parlamentare". E un altro: "Poveri i diciassette che ti precedono in lista a Lazio 1, ora saranno costretti a rimanere parlamentari per cinque anni e non potranno ambire a Csm, Strasburgo e authority varie, altrimenti scatta il tuo seggio e Veltroni questo ora non lo permetterà mai".

Un paio di donne importanti del partito hanno fatto un occhietto impaurito e complice (entrambe, chissà perché, stesso gesto) e uno di quelli che vorrebbe saper essere così netto ha detto ad alta voce: "Hai le palle quadre, sono orgoglioso di esserti amico". E va bene così.

Il 20 e 21 giugno è convocata l'assemblea costituente del Pd.

La battaglia continua.


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« Risposta #29 inserito:: Maggio 21, 2008, 05:58:57 pm »

Oggi 19 maggio 2008,

Eccovi il dialogo


Forse ricorderete, qualche giorno fa vi raccontavo dell'iniziativa di Enrico Letta e Amedeo Piva con Gianni Alemanno, figlia dell'idea che il Pd debba dialogare con le destre. Quello che segue è la cronaca di un pranzo raccontato da Edoardo Sassi del Corriere della Sera. No, non è il pranzo Veltroni-Berlusconi, ma serve a spiegare bene come lo stato maggiore del Pd immagini il dialogo con chi rischia di rovinare la democrazia italiana (sul mio blog su la7 ho scritto qualche riga in merito). Ottenendo cosa per il Pd? Poco o niente o quel che troverete descritto nell'articolo di Sassi. In compenso rovinando se stesso e perdendo l'anima.


IL PRANZO DI PIVA: "CHIEDI LA SEDE E LA MACCHINA"
di Edoardo Sassi per il Corriere della Sera

Trattoria in centro, ma di quelle di una volta, semplici semplici, disertate da vip e volti noti. L'ex assessore al sociale con la prima giunta Rutelli, il Pd Amedeo Piva, in procinto di prendere un incarico da Gianni Alemanno, parla liberamente con due esperti del settore che lo riempioni di consigli. Si parlarebbe di poveri, ma il punto è un altro. "Devono darci una macchina, eh! Certo, c'hai sessant'anni, mica puoi andare a piedi, e poi una sede, non una qualsiasi, una bettola, una sede vera. E poi anche tre consulenze eun dirigente, esterno però, uno dei nostri, esperto...".

La preoccupazione di cosa penseranno gli alleati di centrosinistra di una sua eventuale trasmigrazione sui lidi capitolini ormai a destra è tornata, ma risolta così: "Milana non è un problema, non conta un cazzo. I ds magari...basta non farla passare troppo come una cosa poltiica". La politica, in effetti, pare entrarci poco. Tante idee fra i commensali: "Gli possiamo organizzare una cosa tipo il Mundialito, con squadre di romeni e lo facciamo finanziare". E se il ruolo di Amedeo chez Alemanno fosse solo una superconsulenza priva di effettivo potere? "Bisogna evitare di non contare nulla, le cose non devono passare per il Consiglio comunale, sennò capirai, bloccano tutto. Costi, strutture, funzioni tutto deve gravare sul gabinetto del sindaco, lo schema prevede questo, che si approva tutto come ordinanza del sindaco. E bisogna ottenere un budget per gestione e funzionamento. E mettiamoci pure le utenze". E mettiamocele.



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Edoardo Sassi ha scattato anche una foto con il telefonino, così riconosco tra i due commensali di Amedeo Piva il giovane Federico Colosi, organizzatore del convegno con Alemanno sulla povertà. Attenzione, Piva e Colosi non sono i peggiori, anzi. Semplicemente, sono figli del clima che s'è creato. Si sono adeguati.


Il 7 giugno quelli di noi che pensano che con l'attuale classe dirigente e l'attuale linea consociativa si porterà il Pd al disastro, si incontreranno a Roma.

Noi, contro tutto questo, vogliamo fare qualcosa. Per non perdere l'anima. E non adeguarci mai.


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