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Autore Discussione: I VALORI REALI IN UN POLITICO SI RICERCANO MA NON SI INVENTANO.  (Letto 2449 volte)
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« inserito:: Maggio 30, 2014, 08:53:34 am »

LA SINDROME MASTELLA E L’ETERNA FIGURA DEL CAPRO ESPIATORIO

«Picierno? Anche un facocero avrebbe preso più voti»
La neoparlamentare europea del Pd tra gaffe e voti mancanti.
La battuta di Scanzi dalla Gruber

di Marco Demarco

Prima la storia degli ottanta euro con cui avrebbe svuotato il supermarket, poi quella del «dolce forno», confuso, secondo i detrattori, con il doppio forno di andreottiana memoria, ma riferita, secondo lei, a una pubblicità di venti anni fa; ora quella del facocero. Neoparlamentare europea del Pd, nonché responsabile Sud e legalità, nei talk-show e sul web, Picierno è da tempo uno dei bersagli polemici preferiti. Un bersaglio mobile, a dire il vero, giacché prima di essere renziana è stata demitiana, veltroniana, franceschiniana e bersaniana; e quando stava con Bersani su Renzi twittava di tutto e di più.

Facocero: mammifero delle savane e delle boscaglie africane, quasi un cinghiale, preda preferita da leoni e coccodrilli, i primi attratti dal forte odore, i secondi dalla mole: ma su YouTube c’è anche la versione combattente, con un ghepardo infilzato che batte in ritirata. Cosa avrà allora voluto intendere Andrea Scanzi, giornalista de Il Fatto, quando dalla Gruber ha detto che, se messo in una lista renziana, anche un facocero avrebbe preso più voti della Picierno? Non che il ragionamento animalista sia passato inosservato, il facocero, si sarebbe detto un tempo, è comunque un vivente sebbene non umano, ma quando Berlusconi offese la Bindi («più bella che intelligente») la solidarietà rimbalzò addirittura sulle t-shirt. Ora, invece, giusto qualche tweet e, come premio di consolazione, la quasi candidatura, ma sempre via primarie, a governatrice della Campania avanzata da Francesco Nicodemo.

Sul facocero, nello studio de La7, è comunque scattata la zuffa. E poiché i due ospiti non smettevano di azzannarsi, Massimo Cacciari, collegato da Venezia, per un po’ ha assistito, facendo una faccia che era tutto un programma, quindi è sbottato: «Eh no, se dobbiamo parlare della Picierno me ne vado!». Ecco il punto. La polemica pubblica tracima di Picierno. Ma è un problema suo, personale, cioè; del Pd che l’ha scelta come leader meridionale; o di chi le capita di fronte in tv o su un palco?

Pina Picierno ride, smorfieggia, punzecchia: davanti a una telecamera, si agita come uno scugnizzo che, in strada, ruba la scena all’inviato del telegiornale. Non argomenta come la Bonafè, né documenta come la Serracchiani, piuttosto gioca di interdizione. E forse anche per questo le hanno affidato i confronti più difficili, quello con Travaglio, ad esempio. Aldo Grasso l’ha dipinta quando ha scritto che «non perde mai occasione per avere un po’ di visibilità, anche a costo del ridicolo». E fin qui problemi soggettivi. Poi ci sono quelli del Pd. Sebbene abbia raccolto più di duecentomila preferenze nella circoscrizione Sud, infatti, Pina Picierno è stata l’unica a fallire la prova del capolista, essendo stata sorpassata da Gianni Pittella, a suo tempo escluso dal girone finale delle primarie nazionali. L’unica: perché l’altro caso è quello di Caterina Chinnici, magistrato, 59 anni, candidata in Sicilia e Sardegna, non certo una Renzi-girl, per intenderci. La Picierno come espressione di un partito vincente, ma meno forte e meno disciplinato che altrove, dunque. Tuttavia, è arduo imputare a lei il fatto che il Pd vinca ovunque, ma meno al Sud; e che Grillo perda ovunque tranne che al Sud.

Resta il terzo problema, quello del costume nazionale. Ebbene, proprio in questi giorni dal parlamento europeo esce Mastella, il leader di Ceppaloni, tradito dalle preferenze e soprattutto dai compagni di squadra, si lamenta; ed entra la Picierno. Quasi una staffetta simbolica, come se ci fosse un vuoto da colmare, quello del Malaussène , del capro espiatorio. Da quando, giovanissimo, Fanfani lo notò in un congresso Dc perché era caduto da una sedia, episodio che ha raccontato egli stesso con autoironia, Mastella non ha mai smesso, per il sistema mediatico, di incarnare l’aspetto provinciale, familistico e inciucione della politica. Ma era una parte e spesso è diventato il tutto. Anche su di lui, come ora sulla Picierno, si è concentrato un di più di sberleffo e una buona dose di pregiudizio antimeridionale. Eppure, fatte le debite proporzioni, il suo nome è stato al massimo accostato alla cozza che ispirò le forme della piscina casalinga. Facocero mai, non gliel’ha detto mai nessuno. Cinghialone fu invece soprannominato Craxi, per la forza e l’irruenza, ma quello era quasi un complimento.

@mdemarc
29 maggio 2014 | 08:24
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/politica/14_maggio_29/picierno-anche-facocero-avrebbe-preso-piu-voti-ba8d4120-e6f8-11e3-891a-a65af8809a36.shtml
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« Risposta #1 inserito:: Giugno 05, 2014, 09:28:54 am »

Mose, Fassino: ‘Orsoni persona corretta’.
Zaia: ‘Dimettermi? Non devo espiare nulla’
Lo scandalo tangenti per il sistema di acque mobili a Venezia divide la politica. Si scontrano due anime del Pd: il sindaco di Torino difende i collega, mentre l'eurodeputata Moretti chiede "una nuova generazione di politici".
Attacchi da M5S: "Ora si dimetta anche Galan dalla commissione cultura".
Intanto Renzi incontra il magistrato Cantone

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 4 giugno 2014

“Giorgio Orsoni persona corretta”, dice il sindaco Pd Piero Fassino, mentre i renziani invocano “una nuova generazione di politici”. “Larghe intese in manette”, attacca il Movimento 5 stelle. “Dimettermi? Non devo espiare nulla”, si difende il presidente della Regione Veneto Luca Zaia. Nuovo terremoto per la politica di destra e sinistra. Almeno 20 milioni di tangenti e 35 arresti: l’inchiesta Mose porta all’arresto del sindaco di Venezia del Partito democratico Giorgio Orsoni e dell’assessore regionale alle infrastrutture di Forza Italia Renato Chisso. Un centinaio gli indagati, chiesto l’arresto anche per l’ex ministro Giancarlo Galan. Il Partito democratico si spacca però sui commenti alla vicenda. Mentre Alessandra Moretti invoca un cambio della classe dirigente e nemmeno nomina il sindaco di Venezia, il primo cittadino di Torino si sbraccia nella difesa del collega: “Persona corretta. Chi lo conosce non può dubitare della sua onestà e correttezza”. E se Laura Puppato rivendica “che con Renzi la situazione è cambiata”, chi smorza i toni è anche il sindaco di Firenze Dario Nardella: “Non posso dire nulla sulla vicenda del Mose, sul mio collega Orsoni, perché non conosco in dettaglio la questione; posso dire solo che certamente i sindaci sono continuamente esposti, per un lavoro quotidiano difficile, in prima linea, che spesso comporta anche pesanti responsabilità. Siamo, immagino, nell’ambito di un iter appena iniziato e spero che la giustizia faccia il suo corso”. Condanna invece dal presidente del Senato Pietro Grasso: “Ho sempre ritenuto che l’etica della responsabilità sia fondamentale per una democrazia ed è indispensabile una gestione dei conti pubblici trasparente, attenta, rigorosa e scrupolosa”. Nessun commento ancora dal presidente del Consiglio Matteo Renzi che però, secondo quanto appreso dall’agenzia Adnkronos, ha fatto colazione stamattina presto con il presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone, che sta seguendo anche la questione dei lavori dell’Expo. In questi giorni palazzo Chigi sta stringendo sugli altri componenti dell’Autorità anti corruzione e sui poteri dello stesso Cantone, da definire probabilmente con un decreto.
Pd chiede il cambio dei vertici della Regione. Fassino: “Orsoni persona corretta”
La spaccatura è ancora una volta nel Partito democratico. Dopo l’arresto del sindaco Pd Giorgio Orsoni, non tutti reagiscono allo stesso modo. La neo eurodeputata Alessandra Moretti chiede una “nuova generazione di politici”, mentre il presidente Anci Piero Fassino difende il primo cittadino: “Chiunque conosca Giorgio Orsoni e la sua storia personale e professionale, non può dubitare della sua correttezza e della sua onestà. Siamo sicuri che la magistratura, nel compiere gli accertamenti successivi, giungerà rapidamente a stabilire la verità dei fatti, consentendo così ad Orsoni di ritornare alla sua funzione di sindaco di Venezia”. Parole che si scontrano con la nota della Moretti: “Le opere pubbliche vanno fatte in regime di massima trasparenza e fuori da ogni emergenza: l’inchiesta Mose che segue di poco quella su Expo ci dice che è arrivato il tempo perché una nuova generazione di politici si prenda la responsabilità di scommettere sul futuro: dobbiamo avere il coraggio di caricarci sulle spalle nuove regole che mettano fine per sempre alla corruzione”. Così anche Sandro Gozi: “Queste vicende mi sembrano appartenere a un passato che non passa e incidono molto negativamente sullo sforzo di cambiamento che noi vogliamo realizzare”. Difende il cambio anche la senatrice Laura Puppato: “Dall’inchiesta sul Mose viene fuori la parte peggiore della politica. Questa è la vecchia guardia, noi con Renzi stiamo voltando pagina da tutto questo. Quel che mi stupisce è che tra le figure coinvolte ci sia il sindaco Orsoni, sulla cui moralità non avevo dubbi e sul quale sospendo il giudizio e mi riservo di approfondire. Il fatto che siano coinvolti anche esponenti del Pd è purtroppo una diretta conseguenza delle dinamiche della vecchia politica, strettamente legata agli affari. Noi rappresentiamo il nuovo e diciamo che la politica deve essere indipendente e ben distinta dagli affari, deve recuperare i suoi valori e la sua funzione”.

Intanto il gruppo consiliare Pd ha chiesto un cambio dei vertici regionali: “Siamo di fronte a una pagina nera della politica veneta. I fatti contestati sono gravi e minano profondamente la fiducia dei cittadini, peraltro già compromessa; coinvolgono esponenti politici, dirigenti pubblici regionali e statali, alti gradi delle forze dell’ordine e soggetti del mondo economico”. Parte da queste premesse la nota del gruppo consiliare del Pd che si dichiara “allarmato per l’effetto di delegittimazione che gli esiti dell’inchiesta hanno sulla classe politica e sulle istituzioni venete” e chiede “un radicale cambio di passo” nella gestione delle grandi opere e nei vertici istituzionali della Regione”.

Il Pd chiede le dimissioni di Zaia. Lui: “Non devo espiare nulla”
“Il Mose non l’ho inventato io”. Così il presidente del Veneto, Luca Zaia, a proposito dell’inchiesta della Procura di Venezia sull’opera. “Non ho avuto scelte discrezionali quando sono arrivato – ha aggiunto -, non è che potevo dire il Mose non si deve fare. Se si conclude salveremo Venezia dall’acqua alta, se non si conclude avremo sprecato denaro”. Intanto il presidente della Regione ha ritirato immediatamente le deleghe all’assessore Renato Chisso, arrestato stamane dalla Gdf. Ad annunciarlo è stato lo stesso Zaia che ha anche annunciato di aver sospeso i tre dipendenti della Regione coinvolti. “Non è stato un buon risveglio. Non nego che mi sono tornati in mente i tempi in cui molti di noi erano ragazzi, all’ inizio anni ’90. Ne viene fuori uno spaccato inquietante. I tribunali fanno il loro mestiere e son gli unici a giudicare i cittadini. Spero che in tempi brevi ognuno possa chiarire la sua posizione nell’interesse dei veneti e dei singoli”.

M5S: “Larghe intese in manette. Ora sì all’arresto di Galan”
L’attacco dei 5 Stelle arriva da Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera, che sul blog di Grillo scrive: “Le larghe intese in manette”. Intanto in una nota i parlamentari chiedono che l’Aula si esprima al più presto per autorizzare l’arresto dell’ex ministro Giancarlo Galan: “Auspicando che il Parlamento si esprima quanto prima per dare l’autorizzazione a procedere all’arresto nei confronti dell’ex ministro Galan chiediamo che il ministro Lupi riferisca in tempi rapidi sull’attuale stato delle commesse degli appalti veneti. Il Mose è solo la punta di un iceberg. Gli arresti di stamane confermano che in Veneto vige un circuito perverso e corrotto nell’assegnazione degli appalti per le grandi opere. Un sistema che, come nel caso dell’Expo, coinvolge il mondo politico di destra e di sinistra riproponendoci, dopo oltre 20 anni, gli orrori di una nuova Tangentopoli”. Una situazione che, dice Di Maio, ai 5 Stelle era già sembrata sospetta:” Il Movimento si occupa del Mose da quando è nato, su quell’opera abbiamo sempre mostrato preoccupazioni in merito ad utilità e meccanismi d’appalti. Come per l’Expo e la Tav. Cos’altro devono fare questi partiti per non meritare più il voto dei cittadini italiani?”.

Lega Nord, Salvini: “Metto la mano sul fuoco su estraneità di Zaia”
Le Lega Nord si spinge fino alla protezione di Luca Zaia. “Gli appetiti non si fermano mai”, commenta il segretario del Carroccio Matteo Salvini, “La mia piccola consolazione è che nella vicenda Expo non c’è nessun leghista e in questa del Mose metto la mano sul fuoco sull’estraneità di Zaia, presidente di Regione del Veneto. Non penso comunque sia un’inchiesta a orologeria. Nessuno poi ha pensato che il Nord fosse immune da episodi del genere: questa gente va dove ci sono i soldi, e quindi dove c’è il Mose, le paratie sul lago di Como, la Tav e i quattrini. Bisogna allora essere assolutamente impietosi: se è vero quello che viene rilevato, tutti devono essere mandati via”. Così’ anche Umberto Bossi:” Purtroppo dove ci sono i soldi possono arrivare anche quelle cose lì. Per fortuna la Lega non sembra coinvolta. Io temo che dove ci sono molti soldi è più facile che si arrivi a parlare di tangenti”, aggiunge il Senatur lasciando Montecitorio.

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06/04/mose-fassino-orsoni-persona-corretta-zaia-dimettermi-non-devo-espiare-nulla/1012423/
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