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Autore Discussione: Luciano FONTANA.  (Letto 3330 volte)
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« inserito:: Aprile 07, 2013, 06:21:24 pm »

LA NECESSITÀ DEL DIALOGO

Il binocolo rovesciato

 di Luciano Fontana

Immaginiamo per un momento di vivere in un Paese con una classe politica seria, preoccupata delle difficoltà che ci tormentano da un tempo ormai lunghissimo. Questa classe politica avrebbe preso atto immediatamente che dalle urne del 24 febbraio non era uscito un vincitore capace di formare subito un governo e che il vero trionfatore (il movimento di Grillo) non aveva alcuna intenzione di fare accordi con gli altri partiti. Avrebbe imboccato la strada faticosa del dialogo tra le altre forze politiche (sinistra, centrodestra e montiani) per un'intesa che mettesse da parte le ostilità e la propaganda. Un accordo con pochi punti di programma per tirare fuori l'Italia dalla crisi. Non è impossibile, è successo in Paesi come la Germania e l'Olanda che hanno avuto leader politici consapevoli del proprio ruolo. Un mese e mezzo è invece passato da quel voto e nulla è accaduto. Siamo nel pieno di una commedia all'italiana che una volta divertiva e ora solo preoccupa l'opinione pubblica.

Un numero incredibile di giorni è stato perso da Pier Luigi Bersani nell'ostinato tentativo di convincere qualche parlamentare grillino a dargli il via libera in Parlamento. Tra le pagine più umilianti della sinistra italiana resterà certamente l'incontro con i due capigruppo del Movimento 5 Stelle, con la supplica a trovare un accordo respinta con supponenza. Bersani è tornato a mani vuote dal capo dello Stato, il suo preincarico è svanito. Si è ritirato in un silenzio misterioso ma il suo circolo magico non trova di meglio da fare che alimentare una guerra fratricida con Matteo Renzi, l'unico leader in cui gli elettori della sinistra sembrano conservare ancora fiducia.

Lo spettacolo offerto dal movimento grillino e dal suo leader è per alcuni aspetti ancora più preoccupante. Dalla messa in scena dell'«uomo mascherato» (l'ex comico che si traveste per sfuggire ai giornalisti) alle continue minacce di espulsione per chi ha un'opinione diversa da Grillo e Casaleggio. Dalle prestazioni parlamentari in stile «dilettanti allo sbaraglio» alle scampagnate con il trolley per destinazioni sconosciute dove ricevere il verbo del capo. Il voto di protesta degli italiani che hanno scelto M5S meritava tutto questo?

Di quello che resta dell'alleanza centrista c'è poco da dire: tanta litigiosità interna e scarsa rilevanza. Il Pdl infine, anzi Silvio Berlusconi, perché del partito si sono perse le tracce. Dal suo ritiro di Arcore arrivano segnali contraddittori: un giorno si suona la carica del ritorno al voto, un altro si chiede a un Pd riluttante di garantire l'elezione di un presidente della Repubblica espressione dei moderati e la formazione di un governo di larga coalizione.

Per non farci mancare nulla abbiamo anche avuto saggi che non dimostrano un briciolo di saggezza, parlando a ruota libera. La scena politica è sempre più dominata dai blitz telefonici della dissacrante trasmissione radiofonica La Zanzara e dalle imitazioni di Crozza.

Restano poco più di dieci giorni per mettere fine al più incredibile dopo voto della storia repubblicana. I partiti e i loro leader possono ancora dimostrare che sono in grado di trovare un'intesa sul nome del nuovo capo dello Stato, che sarà eletto dal 18 aprile. Una personalità che rappresenti l'unità nazionale e sia dotata di forza politica e credibilità internazionale. Una scelta unitaria che può aprire la strada a un governo che si concentri sull'emergenza economica e sociale, realizzi finalmente le riforme per la moralizzazione della politica e dei suoi costi, vari una nuova legge elettorale che restituisca ai cittadini il potere di scegliere i parlamentari e l'esecutivo.

Lo chiamino come vogliono: governo di larghe intese, di scopo, istituzionale, di tregua. La cosa importante è che definisca un programma limitato ma incisivo e che abbia la durata sufficiente per realizzarlo. Alle domande contenute nel voto di protesta non si risponde scimmiottando o inseguendo gli umori alterni dei nuovi eletti a Cinque Stelle ma mettendo in campo misure efficaci per aiutare le imprese che chiudono e gli italiani che perdono il posto di lavoro. Senza ostilità preconcette e complessi di superiorità di cui non si sente davvero il bisogno.

7 aprile 2013 | 8:43

da - http://www.corriere.it/editoriali/13_aprile_07/fontana-binocolo-rovesciato_2de55538-9f4a-11e2-bce6-d212a8ef12b1.shtml
« Ultima modifica: Novembre 19, 2013, 05:18:51 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Settembre 11, 2013, 05:30:33 pm »

L'INUTILE TENTAZIONE DI APRIRE LA CRISI

Una misteriosa ossessione

Il governo di larghe intese è stato voluto dal Pdl molto più che dal Partito democratico. Angelino Alfano fa bene a ricordarlo.
Pier Luigi Bersani, sotto choc per la mancata vittoria elettorale, tentò in tutti i modi di formare un esecutivo diverso, appoggiato dagli eletti di Grillo. Solo dopo numerosi fallimenti, e grazie al presidente della Repubblica, il Pd accettò con sofferenza di varare una grande coalizione, nella quale non ha mai creduto fino in fondo.

Ma proprio questi dati di fatto rendono ancora più incomprensibile il comportamento del Pdl, o almeno di una sua parte, nell'estate politica dominata dalla condanna di Silvio Berlusconi. L'impegno a tenere separati la vicenda giudiziaria e il destino del governo è stato rimosso.
Le minacce si sono moltiplicate fino a questi giorni di tregua apparente. Falchi e pitonesse hanno calcato la scena con dichiarazioni incendiarie contro tutto e tutti: dal capo dello Stato al presidente del Consiglio, dai giudici ai presunti traditori che si anniderebbero nel Pdl.

C'è qualcosa di misterioso nell'ossessione di aprire una crisi. Far cadere il governo e andare alle elezioni (ammesso che al voto si vada) non cambierà di un millimetro la situazione giudiziaria di Berlusconi. Il 15 ottobre la condanna diventerà operativa con la scelta tra arresti domiciliari e affidamento ai servizi sociali. Poco dopo arriverà la Corte d'appello che ricalcolerà gli anni di interdizione dai pubblici uffici. Non c'è nessuno, in uno Stato di diritto, che possa ragionevolmente pensare che tutto ciò si possa cancellare con un colpo di spugna prima dell'esecuzione della sentenza e senza che l'ex premier ne prenda atto.

Certamente molte dichiarazioni di esponenti del Pd sulla decadenza in base alla legge Severino stanno dando una mano al partito della crisi.
C'è una fretta sbandierata. Il diritto di difesa riconosciuto a tutti (compreso quello di valutare nel merito il ricorso alla Corte europea) e le obiezioni avanzate da importanti giuristi sembrano un fastidio. La voglia di eliminare l'avversario per via giudiziaria, un tratto distintivo della fallimentare politica dei Democratici nei confronti di Berlusconi, è fortissima.

È bene che la giunta che si riunisce oggi avvii un esame approfondito e lasci il tempo necessario alla difesa. Così la vicenda tornerà su un binario corretto. Perché lascerà nelle mani di Berlusconi una decisione che nessuno può prendere al suo posto. Riguarda il suo futuro personale e il destino del partito che ha fondato. Un atteggiamento rispettoso della legalità gli permetterà di continuare a svolgere, anche fuori dal Parlamento, un ruolo politico importante. E, dopo una richiesta avanzata da lui o dalla sua famiglia, il Quirinale potrà esaminare con serenità le ipotesi di clemenza o di commutazione della pena.

Ma, soprattutto, il leader del centrodestra italiano potrà riflettere su un punto decisivo. Dopo venti anni è tempo di avviare con serietà la costruzione di una nuova formazione dei moderati italiani. Nel Pd è in atto un processo di cambiamento generazionale, la coppia Enrico Letta-Matteo Renzi porterà questo partito fuori dalla tradizione post comunista. Il centrodestra può restare a guardare senza dare una prospettiva agli italiani che non si riconoscono nella sinistra? Non è possibile: anche in questo campo c'è bisogno di idee nuove e di una classe dirigente che sappia interpretarle e proporle al Paese. Tocca a Berlusconi, con i gesti e gli atteggiamenti giusti, decidere se esercitare una vera leadership favorendo questo processo. Altrimenti si consegnerà agli urlatori di professione in un cupo finale di partita.

9 settembre 2013 | 7:42
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Luciano Fontana

da - http://www.corriere.it/editoriali/13_settembre_09/una-misteriosa-ossessione-fontana_9f3a3b68-1911-11e3-965e-2853ac612ccd.shtml
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« Risposta #2 inserito:: Novembre 19, 2013, 05:17:45 pm »

Le questioni giudiziarie dell’ex premier hanno prevalso su ogni altra considerazione

La traversata del deserto

La deflagrazione del centrodestra.

Non sarà certo la rinascita di Forza Italia a risollevarne il morale



I dirigenti del Pdl, impegnati in una battaglia durissima che nelle ultime ore ha portato il partito alla rottura, dovrebbero fermarsi un attimo a riflettere. E provare a mettersi dalla parte dei tanti italiani che hanno creduto nella proposta politica di Silvio Berlusconi. Vedrebbero disillusione, stupore e perfino rabbia per la fine malinconica di un’esperienza, per l’orizzonte vuoto davanti al popolo del centrodestra. E non sarà certo la rinascita di Forza Italia a risollevarne il morale. Non si capisce infatti cosa sia, non si conoscono nuove idee, programmi, collocazione internazionale.

Appare solo come un’etichetta, un tempo fortunata, utilizzata per regolare i conti dentro il Popolo della Libertà. Un partito che, oltre che fallire nell’esperienza di governo e arretrare pesantemente nelle urne, ha perso negli anni pezzi importanti della sua leadership, bruciandoli sull’altare dell’ortodossia berlusconiana. In nome di questa ortodossia, utilizzata da personaggi in cerca di ruolo sempre pronti a saltare da una scelta politica all’altra, si consuma lo strappo più grave, con la messa al bando del segretario del Pdl, indicato dallo stesso Berlusconi come suo successore, e dell’intera delegazione del partito al governo.

Qual è la colpa dei «governativi»? Quella di aver seguito con coerenza la linea indicata da Berlusconi subito dopo la battaglia elettorale senza vincitori: un esecutivo di larga coalizione per affrontare la crisi economica e approvare le riforme istituzionali di cui il Paese ha bisogno. Questa scelta, dopo il voto, è stata portata avanti dal centrodestra con determinazione e imposta a un Pd in larga parte ostile. Ma sono bastati pochi mesi per ridurla in cenere. Ancora una volta le questioni giudiziarie dell’ex premier hanno prevalso su ogni altra considerazione. Interessi privati e pubblici sono stati mescolati, senza riflettere su quelli del Paese e dello stesso centrodestra.

L’errore principale lo ha fatto Silvio Berlusconi. Il Cavaliere aveva il diritto di contestare la sentenza della Cassazione, di mettere in campo tutti i ricorsi e tutte le obiezioni giuridiche a una legge (la Severino sulla decadenza da parlamentare) che anche il Pdl aveva contribuito ad approvare. Non aveva però il diritto di pretendere un colpo di spugna su una sentenza definitiva: come accade a tutti i cittadini doveva prenderne atto. Ma, soprattutto, non doveva utilizzare il suo ruolo politico per minacciare ritorsioni sul governo.
Un vero leader, interessato al destino del suo partito, avrebbe evitato di rinchiudere il Pdl nella prigione della decadenza, non avrebbe ascoltato le sirene dei falchi e degli opportunisti che lo spingevano alla rottura. Avrebbe combattuto la sua battaglia legale, fuori dal Senato, e utilizzato il consenso, ancora sufficientemente vasto tra gli elettori, per dare una prospettiva politica alla sua creatura, facendo emergere una nuova leadership.

La scelta di una strada diversa sta portando alla deflagrazione del centrodestra. Non saranno tentativi dell’ultima ora, trucchi e furbizie a cancellare questo dato di fatto: il ventennio berlusconiano si avvia alla fine. Per l’Italia moderata che si è riconosciuta in quell’esperienza inizia una traversata del deserto, con una meta forse impossibile da raggiungere. Chi ha idee e coraggio sa che è il momento di prendersi le proprie responsabilità.

16 novembre 2013
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Luciano Fontana

Da - http://www.corriere.it/politica/13_novembre_16/traversata-deserto-3f3735fc-4e8d-11e3-80a5-bffb044a7c4e.shtml
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