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5821  Forum Pubblico / PROTAGONISTI (news varie su loro). / Sergio MATTARELLA. Mattarella: “Non ci devono essere cittadini di serie B” inserito:: Gennaio 02, 2017, 06:52:26 pm

l'Unità TV > Focus
Rudy Francesco Calvo    - @rudyfc
· 31 dicembre 2016

Mattarella: “Non ci devono essere cittadini di serie B”

La solidarietà e la coesione sono al centro del messaggio del Capo dello Stato. Attenzione alla mancanza di lavoro, soprattutto per i giovani, e all’odio “come strumento di lotta politica”

“La solidarietà diventa realtà quando si uniscono le forze per la realizzazione di un sogno comune”. Sergio Mattarella affida a un disegno ricevuto dai bambini della scuola d’infanzia di Acquasanta Terme, uno dei comuni colpiti dal terremoto, il messaggio portante del proprio messaggio di fine anno. Quelli della solidarietà, del senso di comunità che “costituisce la forza principale dell’Italia”, della coesione sono i valori che il Capo dello Stato sottolinea con più forza nel ricordare i momenti più difficili vissuti dal Paese in questo 2016 e nel guardare all’anno nuovo.

Al contrario sono la mancanza di lavoro, l’odio come strumento di lotta politica (con particolare attenzione a quello diffuso sul web), le “diverse forme di illegalità” con in testa l’evasione e la corruzione, l’emigrazione dei più giovani per necessità e non per scelta, i fenomeni da combattere con più decisione. “Le difficoltà, le sofferenze di tante persone vanno ascoltate e condivise”, perché “non possono esserci cittadini di serie B”.

L’ambiente semplice che lo circonda, il tono sempre pacato, le parole rivolte quasi interamente alla condizione del Paese piuttosto che alle vicende della politica: Mattarella conferma così le anticipazioni della vigilia e più che raffigurare agli italiani l’immagine delle istituzioni, seppure in una fase particolarissima dopo il referendum del 4 dicembre e l’avvicendamento a palazzo Chigi tra Renzi e Gentiloni, preferisce rivolgersi a chi occupa posizioni di potere per mostrare forze e debolezze di un Paese non ancora uscito del tutto dalla crisi, ma caratterizzato da “fratture” persistenti.

Solo nel finale concede due passaggi più strettamente ‘politici’ (anche se politicissimo, in senso ampio, è tutto il suo intervento). Il primo rivolto all’Europa, alla quale chiede “gesti di concreta solidarietà sul problema della ripartizione dei profughi e della gestione, dignitosa, dei rimpatri”. Il secondo quando ribadisce che portare il Paese al voto dopo le dimissioni del governo Renzi sarebbe stato “poco rispettoso nei loro (degli elettori, ndr) confronti e contrario all’interesse del Paese”. La nascita di un nuovo esecutivo, invece, si è resa necessaria “sia per consentire al Parlamento di approvare nuove regole elettorali sia per governare problemi di grande importanza che l’Italia ha davanti a sé in queste settimane e in questi mesi”.
Il testo completo del messaggio di Mattarella:

Buonasera

Nell’attesa del nuovo anno desidero rivolgere gli auguri migliori a tutte le italiane e a tutti gli italiani.

A quelli che risiedono nel nostro Paese e a quelli che ne sono lontani, per studio o per lavoro, e sentono intensamente il vincolo di appartenenza alla Patria.

Ho visitato, anche quest’anno, numerosi territori, ho incontrato tante donne e tanti uomini. Ho conosciuto le loro esperienze, ho ascoltato le loro speranze, le loro esigenze. Ho potuto toccare con mano che il tessuto sociale del nostro Paese è pieno di energie positive. Tante persone – ragazzi, giovani, adulti, anziani – svolgono, con impegno, il proprio dovere. Molti vanno anche oltre, pronti a spendersi per gli altri e per la collettività, a soccorrere chi si trova in pericolo o in difficoltà. Senza inseguire riconoscimenti o cercare la luce dei riflettori.

Con tutti ho condiviso sofferenze e momenti di gioia.

Il nostro Paese è una comunità di vita, ed è necessario che lo divenga sempre di più.

Ci siamo ritrovati uniti in occasione di alcuni eventi che hanno suscitato l’emozione e la partecipazione di tutti noi.

Abbiamo vissuto insieme momenti dolorosi. Dall’assassinio di Giulio Regeni, mentre svolgeva, al Cairo, la sua attività di ricercatore, alla morte, in Spagna, delle nostre ragazze che studiavano nel programma Erasmus. Dalla strage di Dacca a quella di Nizza, con nostri connazionali tra le vittime. Dal disastro ferroviario in Puglia al terremoto che ha sconvolto le Regioni centrali, provocando tanti morti.

Negli ultimi giorni, abbiamo pianto Fabrizia Di Lorenzo, uccisa nell’attentato di Berlino. Così come era avvenuto, sul finire dell’anno scorso a Parigi, per Valeria Solesin.

Ai loro familiari desidero rivolgere, a nome di tutti, un pensiero di grande solidarietà che non si attenua con il passare del tempo.

Lo stesso sentimento di vicinanza esprimo ai familiari di quanti hanno perso la vita per eventi traumatici; tra questi le tante, troppe, vittime di infortuni sul lavoro.

Un pensiero di sostegno va rivolto ai nostri concittadini colpiti dal terremoto, che hanno perduto familiari, case, ricordi cui erano legati. Non devono perdere la speranza.

L’augurio più autentico è assicurare che la vita delle loro collettività continui o riprenda sollecitamente. Ovunque, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nel ritrovarsi insieme. Ricostruiremo quei paesi così belli e carichi di storia.

Ci siamo ritrovati tutti nel sostegno alle popolazioni colpite e nell’apprezzamento per la prontezza e l’efficacia dei soccorsi. Alla Protezione Civile, ai Vigili del Fuoco, alle Forze di Polizia, ai nostri militari, ai tanti volontari esprimo la riconoscenza del Paese. Il loro operato è oggetto dell’ammirazione internazionale.

Lo stesso consenso avvertiamo per l’impegno dalle nostre Forze Armate nelle missioni di pace in Europa, in Asia, in Africa, in Medio Oriente.

Ci siamo tutti rallegrati perché i due fucilieri di Marina, Latorre e Girone, sono finalmente in Italia con i loro cari.

Abbiamo condiviso, con affetto e soddisfazione, il grande impegno e i successi dei nostri atleti alle Olimpiadi e alle Paralimpiadi. Come non ricordare l’entusiasmo travolgente di Bebe Vio?

Abbiamo, in tante città, rievocato i settanta anni della Repubblica e del voto alle donne.

Questo senso diffuso di comunità costituisce la forza principale dell’Italia, anche rispetto alle tante difficoltà che abbiamo di fronte.

La comunità, peraltro, va costruita, giorno per giorno, nella realtà.

Il problema numero uno del Paese resta il lavoro.

Nonostante l’aumento degli occupati, sono ancora troppe le persone a cui il lavoro manca da tempo, o non è sufficiente per assicurare una vita dignitosa. Non potremo sentirci appagati finché il lavoro, con la sua giusta retribuzione, non consentirà a tutti di sentirsi pienamente cittadini.

Combattere la disoccupazione e, con essa, la povertà di tante famiglie è un obiettivo da perseguire con decisione. Questo è il primo orizzonte del bene comune.

Abbiamo, tra di noi, fratture da prevenire o da ricomporre.

Tra il Nord del Paese e un Sud che è in affanno. Tra città e aree interne. Tra centri e periferie. Tra occupati e disoccupati. Barriere e difficoltà dividono anche il lavoro maschile da quello femminile, penalizzando, tuttora, le donne.

Far crescere la coesione del nostro Paese, vuol dire renderlo più forte. Diseguaglianze, marginalità, insicurezza di alcuni luoghi minano le stesse possibilità di sviluppo.

La crescita è in ripresa, ma è debole. Il suo impatto sulla vita di molte persone stenta a essere percepito. Va ristabilito un circuito positivo di fiducia, a partire dai risparmiatori, i cui diritti sono stati tutelati con il recente decreto-legge.

Essere comunità di vita significa condividere alcuni valori fondamentali. Questi vanno praticati e testimoniati. Anzitutto da chi ha la responsabilità di rappresentare il popolo, a ogni livello. Non vi sarà rafforzamento della nostra società senza uno sviluppo della coscienza civica e senza una rinnovata etica dei doveri.

La corruzione, l’evasione consapevole degli obblighi fiscali e contributivi, le diverse forme di illegalità vanno contrastate con fermezza.

Le difficoltà, le sofferenze di tante persone vanno ascoltate, e condivise. Vi sono domande sociali, vecchie e nuove, decisive per la vita di tante persone. Riguardano le lunghe liste di attesa e le difficoltà di curare le malattie, anche quelle rare; l’assistenza in famiglia agli anziani non autosufficienti; il sostegno ai disabili; le carenze dei servizi pubblici di trasporto.

Non ci devono essere cittadini di serie B.

Sarebbe un grave errore sottovalutare le ansie diffuse nella società.

Dopo l’esplosione del terrorismo internazionale di matrice islamista, la presenza di numerosi migranti sul nostro territorio ha accresciuto un senso di insicurezza.

E’ uno stato d’animo che non va alimentato, diffondendo allarmi ingiustificati. Ma non va neppure sottovalutato. Non rendersi conto dei disagi e dei problemi causati alla popolazione significa non fare un buon servizio alla causa dell’accoglienza.

L’equazione immigrato uguale terrorista è ingiusta e inaccettabile, ma devono essere posti in essere tutti gli sforzi e le misure di sicurezza per impedire che, nel nostro Paese, si radichino presenze minacciose o predicatori di morte.

Anche nell’anno trascorso, le nostre Forze dell’ordine e i nostri Servizi di informazione hanno operato con serietà e competenza perché, in Italia, si possa vivere in sicurezza rispetto al terrorismo, il cui pericolo esiste ma si cerca di prevenire.

A loro va espressa la nostra riconoscenza.

Vi è un altro insidioso nemico della convivenza, su cui, in tutto il mondo, ci si sta interrogando. Non è un fenomeno nuovo, ma è in preoccupante ascesa: quello dell’odio come strumento di lotta politica. L’odio e la violenza verbale, quando vi penetrano, si propagano nella società, intossicandola.

Una società divisa, rissosa e in preda al risentimento, smarrisce il senso di comune appartenenza, distrugge i legami, minaccia la sua stessa sopravvivenza.

Tutti, particolarmente chi ha più responsabilità, devono opporsi a questa deriva.

Il web, ad esempio, è uno strumento che consente di dare a tutti la possibilità di una libera espressione e di ampliare le proprie conoscenze. Internet è stata, e continua a essere, una grande rivoluzione democratica, che va preservata e difesa da chi vorrebbe trasformarla in un ring permanente, dove verità e falsificazione finiscono per confondersi.

Un’altra grave ferita inferta alla nostra convivenza è rappresentata dalle oltre 120 donne uccise, nell’anno che si chiude, dal marito o dal compagno. Vuol dire una vittima ogni tre giorni. Un fenomeno insopportabile che va combattuto e sradicato, con azioni preventive e di repressione.

Desidero, adesso, rivolgermi soprattutto ai giovani.

So bene che la vostra dignità è legata anche al lavoro. E so bene che oggi, nel nostro Paese, se per gli adulti il lavoro è insufficiente, sovente precario, talvolta sottopagato, lo è ancor più per voi.

La vostra è la generazione più istruita rispetto a quelle che vi hanno preceduto. Avete conoscenze e potenzialità molto grandi. Deve esservi assicurata la possibilità di essere protagonisti della vita sociale.

Molti di voi studiano o lavorano in altri Paesi d’Europa. Questa, spesso, è una grande opportunità. Ma deve essere una scelta libera. Se si è costretti a lasciare l’Italia per mancanza di occasioni, si è di fronte a una patologia, cui bisogna porre rimedio.

I giovani che decidono di farlo meritano, sempre, rispetto e sostegno.

E quando non si può riportare nel nostro Paese l’esperienza maturata all’estero viene impoverita l’intera società.

Nel febbraio scorso, in una Università di New York, ho incontrato studenti di ogni continente. Una ragazza ha aperto il suo intervento dicendo di sentirsi cittadina europea, oltre che italiana.

Tante esperienze di giovani che condividono, con altri giovani europei, valori, idee, cultura, rendono evidente come l’Europa non sia semplicemente il prodotto di alcuni Trattati. Un Continente che, dopo essere stato, per secoli, diviso da guerre e inimicizie, ha scelto un cammino di pace e di sviluppo comune.

Quei giovani capiscono che le scelte del nostro tempo si affrontano meglio insieme. Comprendono, ancor di più, il valore della pacifica integrazione europea di fronte alla tragedia dei bambini di Aleppo, alle migliaia di persone annegate nel Mediterraneo e alle tante guerre in atto nel mondo.

E non accettano che l’Europa, contraddicendosi, si mostri divisa e inerte, come avviene per l’immigrazione.

Dall’Unione ci attendiamo gesti di concreta solidarietà sul problema della ripartizione dei profughi e della gestione, dignitosa, dei rimpatri di coloro che non hanno diritto all’asilo.

Un cenno alla vita delle nostre istituzioni.

Queste sono state concepite come uno strumento a disposizione dei cittadini. Sono i luoghi della sovranità popolare, che vanno abitati se non vogliamo che la democrazia inaridisca.

All’inizio di questo mese si è svolto il referendum sulla riforma della seconda parte della Costituzione, con alta affluenza, segno di grande maturità democratica.

Dopo il Referendum si è formato un nuovo Governo.

Ho ricevuto nei giorni scorsi numerose lettere, alcune di consenso, altre di critica per le mie decisioni. Ho letto con attenzione queste ultime: è sempre bene ascoltare, e rispettare, le opinioni diverse. Si tratta di considerazioni di persone che avrebbero preferito nuove elezioni subito, a febbraio, per avere un nuovo Parlamento. Composto, ovviamente, dalla Camera dei deputati e dal Senato, secondo il risultato del Referendum.

Ora, non vi è dubbio che, in alcuni momenti particolari, la parola agli elettori costituisca la strada maestra. Ma chiamare gli elettori al voto anticipato è una scelta molto seria.

Occorre che vi siano regole elettorali chiare e adeguate perché gli elettori possano esprimere, con efficacia, la loro volontà e questa trovi realmente applicazione nel Parlamento che si elegge.

Queste regole, oggi, non ci sono: al momento esiste, per la Camera, una legge fortemente maggioritaria e, per il Senato, una legge del tutto proporzionale.

L’esigenza di approvare una nuova legislazione elettorale mi è stata, del resto, sottolineata, durante le consultazioni, da tutti i partiti e i movimenti presenti in Parlamento.

Con regole contrastanti tra loro chiamare subito gli elettori al voto sarebbe stato, in realtà, poco rispettoso nei loro confronti e contrario all’interesse del Paese. Con alto rischio di ingovernabilità.

Risolvere, rapidamente, la crisi di governo era, quindi, necessario sia per consentire al Parlamento di approvare nuove regole elettorali sia per governare problemi di grande importanza che l’Italia ha davanti a sé in queste settimane e in questi mesi.

Rivolgo gli auguri più sinceri a Papa Francesco, auspicando che il messaggio del Giubileo, e i suoi accorati appelli per la pace, vengano ascoltati in un mondo lacerato da conflitti e sfidato da molte incognite.

Cari concittadini,

qualche giorno fa, nelle zone del terremoto, ho ricevuto questo disegno in dono dai bambini della scuola dell’Infanzia di Acquasanta Terme, ritrae la loro scuola.

Vi è scritto: “La solidarietà diventa realtà quando si uniscono le forze per la realizzazione di un sogno comune”.

Vorrei concludere facendo mio questo augurio, e rivolgendolo a ciascuno di voi, perché i sogni dei bambini possono costruire il futuro della nostra Italia.

Buon anno a tutti.

Da - http://www.unita.tv/focus/mattarella-discorso-fine-anno-2016/
5822  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / Rudy Francesco CALVO. Perché il Governo vuole rafforzare controlli ed espulsioni inserito:: Gennaio 02, 2017, 06:49:23 pm
   Focus   
Rudy Francesco Calvo     -  @rudyfc

· 31 dicembre 2016
Perché il Governo vuole rafforzare controlli ed espulsioni

Immigrazione   
Nuove tensioni a Torino tra le palazzine dell'ex villaggio olimpico da tempo occupate da famiglie di immigrati e profughi, 24 novembre 2016. ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO   

Cosa dice la circolare del capo della Polizia, Gabrielli, sulle nuove attività di contrasto all’immigrazione irregolare. La destra protesta, ma le ragioni sono più profonde

“Una specifica attività di controllo delle diverse forze di polizia” per gli immigrati “in posizione irregolare” e una maggiore attenzione ed efficacia per l’” allontanamento degli stranieri irregolari “. Sono questi i due principi sottolineati nella circolare trasmessa ieri dal capo della Polizia Franco Gabrielli, d’intesa con il ministro dell’Interno Marco Minniti. Un provvedimento che giunge a pochi giorni dalla sparatoria che ha portato all’uccisione a Sesto San Giovanni del terrorista killer di Berlino Anis Amri e che si accompagna a misure specifiche antiterrorismo previste per questo Capodanno.

Sono due gli obiettivi che l’azione prevista dalla circolare si prefigge: individuare “fenomeni di sfruttamento e di inquinamento dell’economia del territorio collegati a forme di criminalità organizzata di livello nazionale e transnazionale” e prevenire i rischi connessi alla “crescente pressione migratoria” e a “uno scenario internazionale connotato da instabilità e da minacce” di stampo terroristico.

Secondo alcune anticipazioni che non hanno ancora ricevuto conferme ufficiali, potrebbe aumentare anche il numero dei Centri di identificazione ed espulsione (Cie) attivi nel nostro Paese. Attualmente sono 5 (Roma, Torino, Brindisi, Caltanissetta e Bari), per un totale di 350 posti disponibili; a questi si aggiungono i Centri di primo soccorso e accoglienza (Cpsa), quelli si accoglienza (Cda) e quelli per i richiedenti asilo (Cara), per un totale di 18 strutture.

Un giro di vite che ha rilanciato immediatamente la polemica politica su un tema da sempre cavalcato dalla destra e, in particolare dalla Lega.

Rincara la dose la leader di FdI, Giorgia Meloni: “L’unica svolta seria sarebbe quella di fermare l’invasione attraverso un blocco navale al largo delle coste libiche. Ma per farlo serve un altro Governo”.

Anche da sinistra e dall’interno dello stesso Pd giungono però critiche nei confronti della circolare avallata dal Viminale. “Penso sia un ritorno al passato, un inginocchiarsi all’onda populista europea che, davanti al fenomeno migratorio, chiede un approccio securitario – commenta all’AdnKronos il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini – una risposta che fa acqua da tutte le parti e che produce solo clandestinità e nuovi morti. Credo sia una non-soluzione, che rischia di alimentare un circolo vizioso di illegalità e intolleranza”.

Ma qual è l’obiettivo politico del Governo? Da una parte, c’è certamente la volontà di coniugare sicurezza e accoglienza: le politiche di integrazione, infatti, perdono di efficacia se i cittadini non riscontrano una pari severità ed efficacia in quelle rivolte al contrasto dei fenomeni illegali.

Dall’altra, però, c’è anche un fronte esterno da presidiare: quello dell’immigrazione è uno dei fronti più caldi nella dialettica tra Italia e Unione europea. Fare i ‘compiti a casa’, rafforzando controlli e identificazione dei migranti, ma anche aumentando i rimpatri effettuati per gli irregolari, rafforza infatti la posizione del nostro Paese nel confronto con i partner europei, soprattutto quando si tratterà di chiedere maggiore solidarietà ai Paesi più recalcitranti e quando ci si siederà al tavolo per rivedere le norme contenute nel Trattato di Dublino, che al momento impone l’accoglienza dei profughi solo ai Paesi di arrivo.

Da - http://www.unita.tv/focus/immigrati-circolare-gabrielli-cosa-dice-perche-controlli-espulsioni/
5823  Forum Pubblico / PROTAGONISTI (news varie su loro). / Sergio MATTARELLA. Un Mattarella più politico: inizia una nuova stagione per il inserito:: Gennaio 02, 2017, 06:47:10 pm

Un Mattarella più politico: inizia una nuova stagione per il Quirinale

    –di Lina Palmerini 01 gennaio 2017

Al di là del messaggio più scontato, quello sul senso di comunità del Paese, sul rispetto dei doveri, sul ricordo degli italiani morti lo scorso anno per terrorismo o sciagure, ci sono state – per la prima volta – considerazioni più strettamente politiche nelle parole pronunciate da Sergio Mattarella nel consueto discorso di fine anno. Intanto, in controluce, si può leggere un bilancio del Governo Renzi che non è tutto in positivo.

Mattarella: lavoro problema numero uno. Voto strada maestra ma con regole chiare
Sul lavoro, per esempio, il capo dello Stato riconosce un aumento dell'occupazione ma dice che non basta, che sono ancora troppe le persone in cerca di un posto. E la crescita, altra priorità dell'ex Governo Renzi, ammette che è in ripresa ma che è troppo debole per essere percepita. E insiste sul disagio sociale, sulle fratture tra Nord e Sud, centri e periferie, tante lacerazioni che sono diventate la sostanza del “No” a Renzi nel referendum costituzionale. È evidente che le sue parole non potevano essere così consequenziali ma il suo soffermarsi sui problemi ancora vivi dell'Italia non aveva il senso di un elenco asettico quanto quello - più politico - di un'agenda su cui impegnarsi.

È, insomma, come se mettesse sotto gli occhi dei partiti e dei leader una piattaforma politica lasciata in sospeso, un punto di ripartenza per l'Esecutivo Gentiloni e per il Pd che è la forza di maggioranza a sostenerlo in Parlamento. Un giudizio di luci e ombre per il Governo Renzi che, tuttavia, dopo la sua caduta non poteva automaticamente portare alle urne. Lo dice agli italiani, ma spiegando le ragioni della sua scelta è come se diventasse anche lui un “asse portante” dell'Esecutivo Gentiloni.

Con franchezza ammette di aver ricevuto consensi ma anche molte critiche per la sua scelta di fermare i motori dello scioglimento anticipato e formare un nuovo Governo ma che senza leggi elettorali omogenee si rischia l'ingovernabilità. Ieri, dunque, si è presentato agli italiani con un profilo più politico nonostante avesse iniziato il settennato riservando per sé un ruolo più “civico” e “sociale”. E invece – le attuali circostanze – lo stanno trasformando in azionista di riferimento del Governo Gentiloni, sia nel programma che nella durata. E si consente anche due repliche, senza toni polemici: contro il ministro Poletti quando dice che tutti i giovani che lavorano all'estero meritano rispetto. E contro Grillo quando parla di derive di odio sul web. Comincia una nuova stagione per il Quirinale. Quanto sarà lunga dipenderà dalla nuova legge elettorale.

© Riproduzione riservata

Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-01-01/un-mattarella-piu-politico-inizia-nuova-stagione-il-quirinale-113220.shtml?uuid=ADhzt9NC
5824  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / Enrico Capizzi La minoranza Pd si sente ancora parte del partito? inserito:: Gennaio 02, 2017, 06:42:52 pm
      
Opinioni

Enrico Capizzi   
· 31 dicembre 2016

La minoranza Pd si sente ancora parte del partito?

Vedo la minoranza sempre più un corpo estraneo nel partito, un corpo estraneo che considera la maggioranza come qualcosa che non fa parte della loro storia

Leggo o ascolto interviste o dichiarazioni dei vari Gotor, Mucchetti, Speranza, Bersani (che, però fa il “padre nobile” ed interviene quando c’è da mettere il carico da 11) e, come si dice in questi casi, “la domanda sorge spontanea”: ma questi sono ancora, si sentono ancora parte del PD?  E, nel caso in cui la risposta fosse positiva, sorgerebbe spontanea un’altra domanda: ma questi che idea hanno di un partito (del Partito), di una comunità, di un’associazione?

In tutte le organizzazioni umane, in tutti i corpi sociali nei quali non viga un principio od un rapporto di gerarchia, il metodo attraverso il quale si perviene all’assunzione di una decisione, è uno solo: il principio di maggioranza.

E’ una cosa talmente semplice, da essere perfino banale: gli associati eleggono i propri rappresentanti che vanno a costituire gli organismi direttivi dell’associazione, normalmente in forma di cerchi concentrici, nei quali il numero dei componenti va man mano diminuendo: abbiamo così l’Assemblea, la Direzione, la Segreteria, il Segretario.

Statuti e regolamenti disciplinano competenze e poteri dei diversi livelli decisionali. Negli organismi collegiali, le decisioni vengono assunte, nei casi in cui non vi sia l’unanimità, a maggioranza. Orbene, adesso scopriamo che la “corrente bersaniana” vorrebbe introdurre un principio diverso; di più, opposto: il principio di minoranza.

Cioè, si deve fare non secondo quello che decide la maggioranza, ma secondo quello che propone la minoranza. Hanno così inventato il partito nel partito. Agiscono, cioè, non come una minoranza, che espone le proprie idee, le proprie proposte e poi si adegua alle decisioni della maggioranza, ma come un corpo separato che fa quello che vuole.


Risultato del referendum (pur deludente, ma teniamo in conto che c’era in campo la santa alleanza, l’accozzaglia, contro l’aspirante dittatore) flussi e sondaggi dicono che il popolo del PD è quasi per intero dalla parte del Segretario. Eppure, secondo Speranza, le proteste contro loro, davanti al Nazareno e sul web, sono “organizzate”.

Dai sondaggi emerge che fra i potenziali avversari di Renzi per la Segreteria, quello che riscuote maggiore fiducia è Enrico Rossi. Questo dato, a mio avviso, conferma che il popolo del PD è informato e chiede serietà e lealtà: Enrico
Rossi è critico su Renzi (più come Segretario che come Premier), ma è persona seria, portatore di critiche costruttive e non distruttive, distante da logiche correntizie e, soprattutto, leale e memore dei principi della Scuola politica dalla quale proviene (come da lui stesso dichiarato).

E qui non posso fare a meno di chiedermi: ma Pierluigi Bersani non proviene dalla stessa storia, dalla medesima scuola politica? Non dovrebbe avere, marchiati a fuoco, nel cuore e nel cervello, gli stessi principi?

Non parlo di Gotor e Mucchetti, dei quali non conosco la storia politica, non parlo di Speranza che è troppo giovane per avere vissuto l’esperienza della militanza nel PCI: ma Pierluigi, che quella storia ha vissuto, anche da autorevole dirigente, come ha potuto dimenticare quei principi, come può reclamare lealtà e fedeltà alla “Ditta” solo quando e se è lui a guidarla?

Non vorrei tornare sul referendum (ancora, tra l’altro, non ho capito le ragioni di dissenso, nel merito della riforma, da loro votata in Parlamento: hanno parlato solo di legge elettorale, di “combinato disposto”, anche dopo l’impegno del Segretario a modificare l’Italicum), ma la posizione del “Partito di Bersani”, numericamente di trascurabile rilevanza, è stata politicamente devastante.

Ho, ovviamente, seguito alcuni interventi della recente Assemblea. Le lucide analisi di Fassino, di Martina, etc. L’intervento che ha avuto maggiore risonanza mediatica è stato quello di Roberto Giachetti, per via della sua invettiva nei confronti di Speranza: Adesso fanno gli offesi, ma l’intervento di Giachetti va ben oltre l’invettiva, che tra l’altro riguardava una vicenda che è agli atti del Parlamento: sembra proprio che Bersani ed i suoi deliberatamente fingano di dimenticare quello che è avvenuto dal 2011 in poi, con Bersani Segretario del PD.

Allora, per gli smemorati, vorrei ricordare, per sommi capi, quegli eventi.  Novembre 2011: Berlusconi, che non si è accorto della crisi, fiaccato dallo spread giunto quasi a 600 punti, dalla scissione di Fini e dal voto negativo sul rendiconto generale, rassegna le dimissioni da Presidente del Consiglio; Napolitano incarica Monti, che vara un Governo di larghe intese PD (Bersani è Segretario) – Forza Italia (ci sono sia Alfano che Verdini, divenuti poi “i nuovi mostri”, per dirla con il titolo di un famoso film); Monti vara una serie di riforme “lacrime e sangue”, in gran parte contenute nel memorandum sottoscritto da Berlusconi con la BCE e l’UE per evitare il fallimento (riforma delle pensioni, riforma del mercato del lavoro, IMU,etc. ).

Elezioni 2013: Centrosinistra, centrodestra e 5 stelle quasi alla pari (per una manciata di voti il PD guidato da Bersani ottiene il premio di maggioranza alla Camera ma non la maggioranza al Senato: Sel ottiene il solito misero 3% ed entra in Parlamento solo perchè apparentato con il PD); Bersani prova a formare il Governo in alleanza con il M5s; Grillo lo prende a pesci in faccia e Bersani rinuncia: incarico e Governo Letta (anche questo PD – Bersani è sempre Segretario – Forza Italia).

Dopo il fallimento per la formazione del governo e la bocciatura di Marini e Prodi come Presidente della Repubblica, Bersani rassegna le dimissioni da Segretario PD, congresso e trionfo di Renzi che diventa il nuovo Segretario del PD; nel frattempo il Governo Letta si incaglia un po’, è privo di slancio e la Direzione del PD, quasi all’unanimità, spinge Renzi ad assumere la guida del Governo.

Perchè ho voluto ricordare la storia politico-istituzionale dal 2011 ad oggi?  Perchè questa storia dà ragione all’appassionato discorso di Giachetti in Direzione, evidenzia l’assoluta incoerenza del “PdB” (Partito di Bersani); mette in risalto l’assurdità della tesi (cara ai bersaniani ed a sinistra italiana) secondo la quale Renzi sarebbe stato il “killer del centrosinistra” (forse dimenticano che il centrosinistra non governa dai tempi di Prodi e che fu la sinistra ad ucciderlo).

Avremmo davanti grandi sfide: le banche, l’immigrazione, la crescita (a proposito, i dati ISTAT di oggi sono estremamente positivi, alla faccia dei “gufi”), il lavoro, il rapporto con l’Europa, la nuova santa alleanza -accozzaglia che si profila sui referendum proposti dalla CGIL (a proposito dei voucher – anche qui l’incoerenza dei bersaniani è evidente – consiglierei a Speranza, a Fassina, Gotor, Scotto, etc. di leggere l’amaca di Michele Serra su Repubblica del 30 dicembre).

Ed invece noi che siamo e ci sentiamo (anche se non iscritti) “popolo del PD”, siamo costretti a parlare del nostro Partito, di gente che continua a guardarsi l’ombelico fino a cercarne il fondo, di un aspirante Segretario che, senza ancora sapere quando si terrà il Congresso, ha già iniziato  il suo tour  elettorale (ma questi, anzichè lavorare nel Partito, per il Partito, per il Governo, pensano solo e sempre al Congresso ed alle riunioni di corrente?).

Io penso che tutti noi vorremmo un’alleanza ed un Governo di centrosinistra,  ma servono due imprescindibili condizioni: 1) i voti, il consenso elettorale, con un PD che prenda più del 25% ottenuto dal PD guidato da Bersani e sinistra italiana che ottenga più del solito 3%; 2)una base politico-programmatica comune. E qui, lo dico sinceramente ed a malincuore, la vedo molto dura.

Se la sinistra, dentro fuori il PD, non smette di considerare Renzi un “nemico”, un “corpo estraneo” un” usurpatore”; se la sinistra, dentro e fuori il PD, non smette di perseguire schemi ideologici superati, sulle imprese, sull’immigrazione, sulla sicurezza, sul lavoro, sul rapporto con la CGIL, etc.  Insomma, se non si verificano le due condizioni vedo difficoltà insormontabili per la realzzazione di un’alleanza e di un Governo di centrosinistra.
Vedremo cosa ci riserverà il futuro.
Intanto, auguri per il nuovo anno alla redazione dell’Unità ed a tutto il popolo del PD.

Da - http://www.unita.tv/opinioni/la-minoranza-pd-si-sente-ancora-parte-del-partito/
5825  Forum Pubblico / ESTERO fino al 18 agosto 2022. / ENRICO FRANCESCHINI Nuovi leaks imbarazzano Juncker: ... inserito:: Gennaio 02, 2017, 06:40:44 pm
Nuovi leaks imbarazzano Juncker: come premier del Lussemburgo si oppose alla lotta Ue sull'evasione fiscale
Documenti rivelati dal Guardian insieme al Cij e alla Ndr.
Ma non ci fu nessun atto illecito da parte del presidente della Commissione

Dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI
01 gennaio 2017

LONDRA - Oggi si batte per chiudere le scappatoie fiscali che permettono alle aziende multinazionali di pagare meno o zero tasse, spostando la propria sede legale in qualche paese dell'Unione Europea. Ma Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Europea, si è impegnato per anni in passato, nella posizione che allora occupava di primo ministro del Lussemburgo, per bloccare segretamente le riforme della Ue per combattere l'evasione fiscale legalizzata da parte delle grandi corporation.

Lo rivela una gigantesca soffiata di documenti riservati di un poco conosciuto comitato di Bruxelles, pubblicati dal Guardian insieme al Consortium of Investigative Journalists e alla stazione radio tedesca Ndr. Pur non facendo emergere atti illeciti da parte sua, la rivelazione è "altamente imbarazzante" per Juncker, scrive il quotidiano londinese, notando che l'attuale presidente della Commissione in quel periodo ricopriva, oltre all'incarico di premier, anche quello di ministro delle finanze lussemburghese, occupandosi a fondo delle questione relative alle imposte societarie.
 
I documenti, mai resi pubblici in precedenza, illustrano una serie di proposte prese in considerazione dal Comitato di Condotta sulla Tassazione delle Imprese, un organismo creato 19 anni fa dall'Unione Europea per impedire che i giganti del business possano usare uno Stato europeo contro l'altro al fine di trovare la sede più vantaggiosa dal punto di vista fiscale.

Almeno tre proposte valutate positivamente dal comitato (per sottoporre le norme sulla tassazione a una revisione esterna; per indagare sulle strategie usate dalle multinazionali per pagare meno tasse; per migliorare la coordinazione e lo scambio di informazioni in materia tra i paesi della Ue) vennero bocciate ogni volta con l'opposizione del Lussemburgo, in virtù del principio che richiedeva un voto unanime, e non a maggioranza, per ogni decisione.

Francia, Germania e Svezia proposero più volte di abolire tale principio, ma il Lussemburgo, con il sostegno della sola Olanda, ha sempre ottenuto che fosse confermato.
 
Nei suoi 18 anni alla guida del piccolo stato, con una popolazione di poco più di mezzo milione di persone, Juncker è riuscito a trasformarlo, e ne ha fatto uno dei paesi più ricchi del mondo attirando alcune fra le maggiori aziende del pianeta a portare il proprio quartier generale europeo in Lussemburgo, spesso grazie a imposte dell'1 per cento o meno.

Recentemente il nuovo governo lussemburghese sta dimostrando di voler collaborare con il resto della Ue per chiudere le scappatoie che permettono alle multinazionali di approfittare di una politica fiscale non uniforme all'interno della Ue.

Nel 2014 una precedente soffiata, denominata Luxleaks, aveva rivelato gli accordi segreti tra il governo lussemburghese e alcune grandi corporation e Juncker ha in seguito ammesso che lo scandalo ha danneggiato la sua reputazione. Ma non al punto da impedirgli di diventare presidente della Commissione Europea. Ora un suo portavoce, interpellato dal Guardian, afferma che non è suo compito commentare questioni riguardanti le posizioni prese in passato dal Lussemburgo in materia fiscale.

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01 gennaio 2017

Da - http://www.repubblica.it/esteri/2017/01/01/news/nuovi_leaks_imbarazzano_juncker_evasione_fiscale-155247879/?ref=HREC1-6
5826  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / LUIGI LA SPINA - L’esasperazione che nutre il populismo inserito:: Gennaio 02, 2017, 06:35:19 pm
L’esasperazione che nutre il populismo

Pubblicato il 02/01/2017
Luigi La Spina

Quello che più ha colpito è stata la lontananza del discorso di Mattarella dai toni e dagli argomenti che, purtroppo, siamo avvezzi ad ascoltare da parte dell’attuale classe politica. Il messaggio del capo dello Stato agli italiani per il Capodanno 2017, infatti, ha soprattutto avuto il merito di cogliere e di denunciare il male più profondo del nostro Paese con parole serie, allarmate anche se non disperate, il rischio, cioè, di una crescente disgregazione della società italiana, generata da un’insopportabile disuguaglianza. 

Il tema di fondo dell’appello del presidente della Repubblica a partiti e leader che, accecati dalla nube quotidiana di polemiche autoreferenziali, non ne riescono a comprendere la gravità e l’urgenza, è stato illustrato, però, con una modernità di concezione che sfugge ai vecchi schemi classisti, fondati su analisi di società novecentesche. Ecco perché sarebbe profondamente sbagliato, o furbescamente strumentale, utilizzare il messaggio di Mattarella per un’indebita appropriazione di schieramento. L’accezione attuale di una disuguaglianza, che mina pure la coesione di gran parte delle società occidentali nel mondo, taglia i cittadini non solo nella tradizionale divisione tra ricchi e poveri, ma tra donne e uomini, tra le generazioni, tra le culture, tra i centri urbani più popolati e quelli più isolati, tra lavoratori, garantiti in modi ingiustamente difformi.

Il capo dello Stato, in questi quasi due anni di permanenza al Quirinale, ha evidentemente avuto modo di avvertire il vero motivo di quel clima avvelenato che si respira non solo nel dibattito politico, ma in tutte le manifestazioni del dialogo pubblico e privato, a cominciare dalla rete internet. Non si tratta, come superficialmente si dice, solo di un imbarbarimento del linguaggio, peraltro dal presidente puntualmente denunciato, ma del chiaro sintomo di una esasperazione sociale che nasce dal risentimento per quelle troppe disuguaglianze che, negli ultimi anni, si sono grandemente accresciute nel nostro Paese. Come anche l’inchiesta di Linda Laura Sabbadini, compiuta sul nostro giornale nei giorni scorsi, ha ampiamente illustrato.

L’effetto di questa tendenza preoccupa Mattarella perché le conseguenze, sia sulla vita pubblica, ma anche sul normale funzionamento delle nostre istituzioni, sono tali da alimentare quella demagogia antipolitica che, in nome del popolo, ne usurpa indebitamente la volontà. È questo il motivo per cui, in modi insoliti per la ritualità dell’occasione di fine anno, il presidente della Repubblica ha voluto spiegare agli italiani perché non ha voluto imboccare la strada, che pure ha definito «maestra» per una democrazia, delle elezioni. In realtà, senza un sistema elettorale coerente, rappresentativo delle varie opinioni dei cittadini, ma anche capace di rispondere ai loro desideri con l’efficacia di un governo basato su una solida maggioranza parlamentare, l’appello al responso delle urne avrebbe come risultato un vero tradimento di quella volontà popolare della quale, con ipocrisia, si invoca il rispetto.

È stato importante il riconoscimento, nel discorso di Mattarella, dei valori positivi di solidarietà, di generosità, di dedizione al bene pubblico che gli italiani, in molte occasioni, hanno dimostrato, perché è su queste risorse che possiamo contare per superare il momento difficile che il nostro Paese sta attraversando. La preoccupazione del capo dello Stato, infatti, si è associata alla convinta espressione di fiducia nei confronti della grande maggioranza dei nostri concittadini. Certo, se partiti o movimenti, esasperando il dibattito politico nel tentativo di cavalcare queste tensioni sociali, pensassero di lucrarne vantaggi elettorali, l’illusione sarà di breve durata, perché una generalizzata protesta e una rivolta con esiti imprevedibili li travolgerà tutti, senza eccezioni. 

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5827  Forum Pubblico / ESTERO fino al 18 agosto 2022. / Stefano Stefanini. Il campo minato ai confini dell’Europa inserito:: Gennaio 02, 2017, 06:27:09 pm
Il campo minato ai confini dell’Europa

Pubblicato il 02/01/2017
Stefano Stefanini

Il 2017 non ha lasciato tempo per festeggiamenti. Per metà del globo non era neppure cominciato quando un kalashnikov ha fatto strage al Reina Club di Istanbul. Nel mirino, ancora una volta, la Turchia. Per quante siano le diffidenze verso l’impronta autoritaria di Recep Tayyip Erdogan, non si può non ammirare la tenuta di Ankara, sul ciglio del campo minato mediorientale, fra attentati a ripetizione, colpo di Stato e una popolazione di rifugiati che si aggira sui 3 milioni. 

Impallidisce, a confronto, l’arrovellarsi elettorale di mezza Europa. L’Italia entra nell’Anno Nuovo domandandosi come e quando voterà. I campanelli di allarme di Berlino e di Istanbul la dovrebbero spingere a guardarsi di più intorno. Ci si accorgerebbe che non soltanto il 2017 non è un anno qualunque; non lo è per il nostro Paese. Da ieri siamo membri del Consiglio di Sicurezza e abbiamo la presidenza del G7. Onori e oneri: ma non possiamo cavarcela con una politica estera di piccolo cabotaggio. 

Non sono tempi di ordinaria amministrazione internazionale. Debutta una Presidenza americana rivoluzionaria, si apre il sipario su Brexit, si riassesta il Medio Oriente, si rivisita il triangolo Washington-Mosca-Pechino, il terrorismo continua a colpire. 

La risposta non può venire solo dalla foto di famiglia al vertice di Taormina del 26-27 maggio, dalla celebrazione del 60° anniversario del Trattato di Roma, dal summit della cultura di Firenze del 30-31 marzo. Se ci limiteremo a fare da cerimonieri, gli italiani saranno i primi a non avere fiducia. 

La sfida è doppiamente impegnativa. Dentro, l’Italia rischia di passare il 2017 arrovellandosi sulla legge elettorale, poi in campagna e finalmente alle prese con la formazione di un nuovo governo. Intanto, il resto del mondo galopperà avanti. Fuori, non abbiamo più pilota automatico. Le certezze del dopoguerra, europeismo e alleanza con gli Stati Uniti, sono incrinate, l’uno dalla crisi dell’Ue, l’altra dall’incognita Trump. Delle direttrici regionali, quella balcanica gira a vuoto perché imperniata sui tempi biblici dell’allargamento Ue, quella mediterranea è ostaggio dell’incubo immigratorio, della minaccia terroristica, del buco di sicurezza in Libia e dei difficili rapporti con l’Egitto.

Il presidente del Consiglio Gentiloni e il ministro Alfano non hanno il lusso di aspettare. Sanno quali siano gli interessi nazionali in questo frangente di fragilità globale, europea e mediterranea. L’immigrazione è un peso nazionalmente insostenibile. Cosa realisticamente chiedere all’Ue? Non le quote – non passano, e non funzionerebbero.
L’Unione può invece farsi carico, politico e finanziario, di ricezione, selezione e rientri forzati, esclusi gli aventi diritto all’asilo. Qualcosa di utile che farebbe bene all’Europa. La Libia è un tridente terrorismo-immigrazione-energia puntato sulla penisola. Ma se non saremo noi a proporre cosa fare in Libia, nessun’altro, in Europa o altrove, si farà avanti. 

Vogliamo la difesa europea: per quali compiti e missioni? Non sarà il toccasana dei malori europei, ma se utilmente impiegata darà un colpo d’ala all’Ue e alleggerirà il carico di sicurezza della Nato. Quali sono le priorità italiane nel negoziato Brexit? Dall’estate scorsa la piccola Danimarca ha messo in piedi una Brexit task-force interministeriale. Non una cattiva idea.

Avremo responsabilità. Europeismo e atlantismo restano le scelte strategicamente valide, ma è l’Ue in difficoltà a dover essere sostenuta e la credibilità a Washington va guadagnata, non viceversa. In Consiglio di Sicurezza contano voto e iniziativa: lo si è appena visto nella risoluzione sugli insediamenti israeliani – sono decisioni nazionali. Come tenere l’amministrazione Trump e la Turchia di Erdogan agganciate alla Nato? Cosa significano per l’Europa i segnali di fumo scambiati fra Putin e Trump? 

L’Italia ha ottimi strumenti. Alla nostra diplomazia, ai nostri militari in missione, serve un timone politico. Con Bruxelles e Washington come punti cardinali, il timone romano si è impigrito per decenni. Né un’Ue in crisi (clamorosamente assente dalla crisi siriana) né un’agnostica amministrazione Trump ci toglieranno le castagne da fuoco. Nel 2017 dovremo pensarci da soli e costruire reticoli di partners e alleati. 

L’attentato di Istanbul è un’avvisaglia. Il G7 e il Consiglio di Sicurezza offrono all’Italia l’occasione di essere al centro di uno scenario internazionale in un anno di trasformazioni. L’occasione non si ripresenterà presto – forse mai in un magma di nuovi ordini, e disordini, mondiali.

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5828  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / Walter VELTRONI. - Capire il proprio tempo inserito:: Gennaio 02, 2017, 06:21:04 pm
Opinioni
Walter Veltroni -  @veltroniwalter

· 31 dicembre 2016   

Solo una sinistra coraggiosa e innovativa può evitare che la società si strappi, che la rabbia sociale diventi miscela per il populismo antidemocratico
Capire il proprio tempo

È stato l’anno dell’odio, uno dei più brutti, sporchi e cattivi che ci sia capitato di vivere. Un anno bastardo anche perché ci ha portato via molto del meglio che avevamo incontrato: Umberto Eco, Ettore Scola, Dario Fo, Vittorio Sermonti, Claudio Pavone, Ermanno Rea, Umberto Veronesi, Paolo Poli, Gianmaria Testa, Giorgio Albertazzi, Alberto Statera un italiano straordinario come Carlo Azeglio Ciampi e poi Tina Anselmi, Marco Pannella.

E, nel mondo, voglio citare solo due diversi uomini della pace e dei diritti: Muhammad Alì e il mio amico Shimon Peres. Il 2016 è stato l’anno degli attentati terroristici più feroci: da Nizza a Berlino, da Dacca a Orlando, da Bruxelles a Istanbul. Centinaia di morti, una scia infinita di sangue. E Aleppo, la guerra nel silenzio del mondo. E i corpi degli immigrati in mare.

Proviamo a guardare, per un momento, le grandi tendenze, quelle che fanno la storia, emerse in questo anno di fuoco. La prima è la crisi delle democrazie occidentali. Per me è la tendenza più grave, quella foriera di possibili conseguenze drammatiche. La democrazia, come l’abbiamo conosciuta nel novecento, sembra incapace di fronteggiare una società frammentata e interconnessa, solo apparentemente una contraddizione in termini.

Il tessuto produttivo e sociale è sconvolto dal coesistere di due novità epocali: la lunghezza della recessione mondiale e gli effetti di una rivoluzione tecnologica che sembra fondata sulla riduzione del lavoro. Si ha un bel dire delle meraviglie di Amazon. Ma quando nelle città avranno chiuso la gran parte delle attività commerciali, sostituite dal braccio del robot che seleziona il prodotto da vendere negli scaffali di immensi magazzini, il paesaggio sociale e umano si renderà più difficile.

Mi hanno raccontato che in qualche giornale americano gli articoli vengono già scritti da computer ai quali si forniscono gli elementi essenziali e si richiede un certo tono della prosa. Isaac Asimov pensava, nella sua visione di futuro, che le tecnologie avrebbero sostituito il lavoro manuale, liberando l’uomo dalla schiavitù di attività senza partecipazione intellettuale. Non credo che oggi confermerebbe questa previsione. Le macchine si preparano a sostituire l’uomo in moltissime funzioni, anche quelle più legate alla sfera intellettuale.

Il segno del nuovo mercato del lavoro è la precarietà di vita, l’insicurezza materiale delle basi del proprio vivere la difficoltà di progettare il futuro individuale. E, intanto, la sensazione di un progressivo peggioramento delle condizioni di vita proprie e delle generazioni a venire. Si può pensare che tutto questo non abbia a che fare con gli orientamenti dell’opinione pubblica dell’Occidente?

Lo stupore dei superficiali di fronte alla vittoria di Trump, evento che domina l’anno che finisce, o al successo della Brexit dimostrano il ritardo terribile del pensiero critico, deprivato ormai di ogni dimensione collettiva di crescita e verifica dalla crisi dei grandi agenti unificanti: partiti, associazioni, sindacati, università, giornali. Non si capisce più una società la cui mutazione non viene osservata collettivamente e verificata dallo scambio del pensiero. Il discorso pubblico è demandato a 140 caratteri di banalità e di invettive.

Il 2016 è stato anche l’anno in cui la rete si è trasformata in una macchina che, con le sue meraviglie anche sociali, ha mostrato il suo volto peggiore: la capacità di generare menzogne e di sollecitare odio. In rete agiscono, e spesso sono politici di professione e disperati, dei nuovi squadristi che cercano di intimidire i pavidi e di seminare divisione e rancore. Io non credo che il dibattito pubblico abbia fin qui avuto il coraggio, anche per timore, di separare la bellezza dei processi di opportunità che la rete porta con sé dalla barbarie di cui si rende responsabile inventando false notizie e creando un clima sociale di odio e contrapposizione simile a quello degli anni del terrorismo.

Il 2016 è stato, lo ha ricordato Saviano, l’anno dei muri. Quelli costruiti, quelli annunciati, quelli minacciati. Il mondo globalizzato si ritrae, impaurito, e immagina di chiudersi in nuove forme autarchiche, particolaristiche, nazionalistiche. Di qui la messa in mora dell’idea di una Europa forte e unitaria, incrinata anche dalle lentezze e dalla incapacità delle leadership del continente. Nel 2017 si voterà in Francia e in Germania.

Nel paese dei nostri cugini si annuncia che, se andrà bene, prevarrà una destra, quella di Fillon, che certo non ama l’Europa e, se andrà male, sarà al governo il partito di Marine le Pen. Nella stessa Germania le elezioni non hanno un esito scontato. Il terrorismo ha colpito recentemente lì, con l’evidente obiettivo di mettere in difficoltà la leadership di Angela Merkel. Se la Germania dovesse vedere un’ulteriore affermazione di Afd, la forza della destra estrema, tutta la costruzione europea sarebbe in crisi profonda. Al prossimo G8 siederanno Trump e Putin, la May della Brexit e forse la destra francese.

Dopo l’insediamento, scopriremo la realtà della presidenza Trump. C’è da sperare che il ruolo attenui l’estremismo, ma non sono affatto sicuro che sarà così. Anzi, temo il contrario. Ultimo dato del 2016 è la crisi, quasi l’asfissia della sinistra. Non governa più in molti dei paesi in cui era al vertice nella seconda metà degli anni novanta. Allora Usa, Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia, avevano dei primi ministri di sinistra.

Ora? Ora la sinistra deve ripensarsi in un mondo senza classi sociali rigide, con processi violenti di disintermediazione sociale, con la mutazione antropologica delle categorie del pensiero e della relazione umana e sociale in atto, con il bisogno impellente di ridare forza e vigore alla democrazia inventando nuove forme di partecipazione che arginino il populismo barbaro del pollice in su o in giù, come al Colosseo. Non sarà rimpiangendo un passato che non tornerà o assumendo posizioni conservatrici che ciò accadrà. E non accadrà neanche se si cadrà nella tentazione del camuffamento in un indistinto senza identità e valori forti.

Bisogna inventare una sinistra di questo tempo. Che sia sinistra, perché forza dei diritti e dell’equità sociale. Che sia dalle parte degli ultimi e di chi ha talento, che abbia voglia di futuro e non si pensi come minoranza balbettante. Che capisca la società, perché il suo corpo è immerso in essa e non lontano dal vivere comune. Un compito immenso, urgente e affascinante. Da vivere collettivamente. Sono parole amare a commento di un anno difficile. Non mi sembrava giusto edulcorare le mie preoccupazioni. Sento la responsabilità, scrivendo su questo giornale, di dire ai nostri lettori ciò che penso davvero.

Solo noi, solo una sinistra coraggiosa e innovativa, solo una sinistra che non abbia paura di esserlo, può evitare che la società si strappi, che la rabbia sociale diventi miscela per il populismo antidemocratico. Solo la sinistra può farlo. È questo il mio augurio a chi, leggendo questo giornale, si sente parte di una comunità fatta di valori e di sogni comuni. Sia, il prossimo, un anno buono. Per una parte, dipenderà da ciascuno di noi.

Da - http://www.unita.tv/opinioni/capire-il-proprio-tempo/
5829  Forum Pubblico / "ggiannig" la FUTURA EDITORIA, il BLOG. I SEMI, I FIORI e L'ULIVASTRO di Arlecchino. / Da FB ... Alessandra io non problemi di "resistenza" inserito:: Dicembre 31, 2016, 02:47:09 pm
Alessandra, qui sopra, ti è sfuggita la mia "risatina" (eh eh eh), mi dispiace tu possa pensare il peggio. La mia solitudine, nel web, è una antica compagna che per 20 anni mi ha permesso d'essere protagonista (modesto) in questa dimensione. Quando ci si batte per capire e per far capire la realtà, si è soli se si vuole essere liberi. Ma non è una condizione che fa star male ... se ci si crede in quello che si vuole comunicare. Ciaooo

...

Alessandra io non problemi di "resistenza" e non ho intenzione di drammatizzare la mia/nostra solitudine che, per come si "vive" in FB, è la dimostrazione di come si vive, oggi, in generale. Sono sul web da 20 anni, ho dialogato, discusso, mi sono confrontato e scontrato con centinaia di persone, ma è accaduto in un forum a tema
ciaooo
5830  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / Prodi: “No alla logica di un sistema di voto anti Grillo” inserito:: Dicembre 31, 2016, 02:43:01 pm
Unità.tv      
@unitaonline

· 29 dicembre 2016
Prodi: “No alla logica di un sistema di voto anti Grillo”

In una intervista al Corriere della Sera, Romano Prodi mette in guardia di fronte all’ipotesi di fare una legge elettorale per fermare Grillo

Negli ultimi anni il Movimento 5 Stelle “si è rafforzato senza dubbio, come tutti i populismi del mondo occidentale. D’altronde, quando si sente dire che occorre fare una legge elettorale perchè tutti hanno paura di favorire Grillo, significa che il suo movimento va avanti; e che gli strumenti usati finora per fermarlo si sono rivelati inadeguati”.

E’ quanto afferma in una intervista a Il Corriere della Sera, Romano Prodi, che mette in guardia di fronte all’ipotesi di fare una legge elettorale per fermare Grillo. “Guai a muoversi in questa logica. Le leggi elettorali – aggiunge – debbono essere per sempre, comunque per un lungo periodo. La mia esperienza mi dice che approvarne una dettata da un interesse a breve termine di solito finisce per ritorcersi contro chi la fa”. E a proposito di una legge elettorale, si dice “favorevole a una rivisitazione del cosiddetto Mattarellum. Credo sia l’unica maniera per ricreare un minimo di rapporto tra elettori e eletti”.

Quanto alle possibili alleanze politiche, secondo Prodi “Ci può essere magari un’alleanza strumentale col Carroccio, ma il M5S per avere vera forza elettorale deve interpretare l’insoddisfazione in modo generale e esclusivo. Direi onnicomprensivo. E dunque andando al di là di categorie tradizionali come destra, sinistra e centro. La Lega è rimasta ancorata a una rappresentanza parziale, non ha capito il nuovo populismo. Esprime una forza specifica, certo con un’appartenenza forte; ma limitata.

Al contrario, il nuovo populismo europeo e statunitense allargano sempre di più l’orizzonte degli interlocutori, e incidono su una gamma sempre più vasta di sensibilità”. Quanto alle vicende del Monte Paschi di Siena e al loro potere di influire sulle inquietudini “La vicenda del Monte dei Paschi di Siena – aggiunge Prodi – è l’esempio tipico di quello che è successo e che sta accadendo. Sono fatti che alimentano la grande paura. Si tratti di Mps o di Banca Etruria, danno corpo a un’ansia nuova. Dieci anni fa chi temeva che mettendo i soldi in banca poteva perderli? Nessuno prima mi veniva a chiedere: professore, rischio se lascio i soldi in banca? Non è solo questione se si guadagna un po’ di più o di meno. La gente teme di perdere tutto quello che ha. In un momento di stagnazione economica domina la paura di vedere volar via i risparmi di una vita”.

Da - http://www.unita.tv/focus/prodi-no-alla-logica-di-un-sistema-di-voto-anti-grillo/    Focus

5831  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / La mossa del Pd. Cambiare i "vitalizi" per andare al voto subito inserito:: Dicembre 31, 2016, 02:41:10 pm
La mossa del Pd. Cambiare i "vitalizi" per andare al voto subito
Repubblica   
Pubblicato: 27/12/2016 14:07 CET Aggiornato: 16 minuti fa

La mossa del Pd per evitare una prorogatio del Governo Gentiloni e al contempo mettere nell'angolo l'M5s. Repubblica racconta oggi in un retroscena il provvedimento in rampa di lancio a Montecitorio che "può segnare una svolta, un punto in favore dei renziani: convincere peones e new entry parlamentari a chiudere anzitempo la legislatura con una contropartita niente male. Una “buonuscita” da 50 mila euro cash.

Passa attraverso l’abrogazione di qualsiasi pensione in favore di deputati e senatori a partire dalla diciottesima legislatura, la prossima: i 950 euro netti mensili da incassare a 65 anni dopo una sola legislatura (1.500 a 60 anni dopo due)". Una opportunità che dovrebbe convincere tutti gli onorevoli a incassare l'assegno e mettere fine a questa legislatura senza la tentazione di dover attendere il 15 settembre per maturare i diritti alla pensione minima. "I deputati - continua Repubblica - sceglieranno che fare in futuro dei loro contributi e potranno solo nel 2017 ottenerne la restituzione. 50 mila euro: neanche pochi e maledetti, di questi tempi, e da incassare subito.

Per M5S è una "legge porcata". "Al ritorno dalle vacanze natalizie verrà approvata in parlamento la prima norma porcata del 2017, un vero e proprio colpo di coda della casta renziana. Il tema è quello scottante dei vitalizi: con la scusa della sua definitiva abolizione dal 2018 la maggioranza a guida pd garantirà agli attuali deputati e senatori una buonuscita intorno ai 50 mila euro a testa, consistente nei contributi versati dal 2013 ad oggi" denuncia M5S sul blog di Beppe Grillo. "Il movente di questa ennesima manovra di palazzo è politico: Renzi vuole andare ad elezioni il prima possibile con una legge anti-M5s nel vano tentativo di evitare i referendum contro il jobs act e cercare di capitalizzare il fango gettato in queste settimane contro la giunta Raggi. Il segretario del Pd sa, però, che la maggioranza dei parlamentari non ha alcuna intenzione di staccare la spina prima del 15 settembre 2017, data in cui maturerà il diritto al vitalizio essendo passati 4 anni, 6 mesi e 1 giorno dall'inizio della legislatura. Con la ricca buonuscita Renzi spera quindi di placare gli appetiti di partito e di terminare la breve esperienza del burattino Gentiloni".

Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/12/27/vitalizi-gentiloni-pd_n_13864392.html
5832  Forum Pubblico / ECONOMIA e POLITICA, ma con PROGETTI da Realizzare. / Paolo Hendel - O dolci baci e languide carezze inserito:: Dicembre 31, 2016, 02:39:35 pm
Opinioni
Paolo Hendel - @paolohendel
· 29 dicembre 2016
O dolci baci e languide carezze

Non c’è più limite all’indecenza e l’infanzia, con i suoi miti e i suoi modelli rivisitati, è privata della sua innocenza

Immagino che anche voi come me non avrete ben presente la faccia di Massimo Gandolfini, capo indiscusso del Family Day. A vederlo in foto, con quella sua aria a metà tra Sean Connery e Nicola Arigliano, non può non suscitare simpatia.

Per questo non condivido l’atteggiamento di altezzoso sdegno di quei fighetti dei miei amici della sinistra nei suoi confronti. Non posso con questo dire di condividere sempre le cose che scrive e dice. Anzi, nel 99% dei casi la penso all’opposto e in quell’un per cento dei casi in cui mi trovo d’accordo con lui probabilmente è perché ho frainteso le sue dichiarazioni.

Ma nel caso della trasmissione di Rai Tre “Stato Civile” sono con Gandolfini in tutto e per tutto e stigmatizzo, se solo sapessi cosa vuol dire, le scelte “artistiche “di quella svergognata della Bignardi. E pensare che è di nemmeno un anno fa il caso di quei genitori di Massa Carrara che hanno (giustamente) ritirato da scuola la figlioletta di sette anni perché la maestra aveva letto una fiaba in cui era la principessa a salvare il principe dal drago e non viceversa! Dice, che c’entra? C’entra eccome! Fai passare una cosa del genere, che stravolge i sacri valori della famiglia, e ti ritrovi con le coppie omosessuali in prima serata.

E stai sicuro che domani quella maestra di Massa Carrara leggerà ai suoi alunni una bella fiaba in cui alla fine il principe e il drago fanno outing e se ne vanno mano nella mano a vivere la loro torbida storia d’amore, mentre la principessa lascia il castello, si trasferisce in città e diventa amica della Bignardi!

Non c’è più limite all’indecenza e l’infanzia, con i suoi miti e i suoi modelli rivisitati, è privata della sua innocenza. Già mi immagino Topolino che un bel giorno confessa a Minnie di essere omosessuale. E mi immagino Minnie che gli risponde: “Lo so bene, Mickey, che te sei un topo che non gli piace la topa. Credevi ‘un me ne fossi accorta? D’altronde io son vent’anni che me la intendo con Pippo. Se aspettavo te stavo fresca!” Già mi immagino Tex Willer e Kit Carson, i due rangers del Texas, in Luna di Miele nella prateria stile “I segreti di Brokeback Mountain”, quel film di pervertiti che già nel nome della montagna, per chi sa l’inglese, era un esplicito quanto brutale manifesto dell’Arcigay! Già mi immagino il sindaco di Gotham City che unisce in matrimonio Batman e Robin, “Pipistrello” e “Pettirosso”, sempre per chi sa l’inglese, a braccetto contro il crimine, nei loro pittoreschi costumini.

È proprio vero che Dio li fa e poi li accoppia! Pensate a quando anche Superman si confesserà: “Anche io son gay, come Topolino. Anzi, sono un supergay! È la kriptonyte verde che mi fa diventare etero, accidenti a chi l’ha inventata!” Non ci resta che Donald Trump.

Se mi diventa frocio anche lui lascio la Terra e parto con Gandolfini per la prima missione su Marte. In sette mesi di viaggio nello spazio, chissà che non nasca qualcosa tra di noi…

Da - http://www.unita.tv/opinioni/o-dolci-baci-e-languide-carezze/
5833  Forum Pubblico / LA CULTURA, I GIOVANI, La SOCIETA', L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA, IL MONDO del LAVORO. / Thomas Oppong. La vita migliora (e tanto) quando inizi a fregartene inserito:: Dicembre 31, 2016, 02:38:05 pm

La vita migliora (e tanto) quando inizi a fregartene

L'Huffington Post
Di Thomas Oppong

Pubblicato: 29/12/2016 12:54 CET Aggiornato: 29/12/2016 12:54 CET

“Un uomo è incline a badare ai suoi affari quando ne vale la pena. In caso contrario, distoglie la mente dai suoi affari insignificanti, iniziando a farsi quelli degli altri” – Eric Hoffer

Il desiderio di piacere ed essere accettati è insito nella natura umana, da qui deriva la folle ricerca del conformismo. Ma si deve compiere uno sforzo consapevole per infischiarsene. Per liberare noi stessi. È una capacità che richiede pratica, come qualsiasi altra abilità. Quando avrai compreso davvero come lasciare andare, vedrai il mondo da una prospettiva totalmente diversa.

Il mondo ti dice continuamente che tutto ciò che sei non servirà a renderti felice. Gli altri hanno un lavoro “magnifico”, un’auto più bella, una nuova casa più grande ecc. Dare importanza a tutto quello che il mondo vorrebbe per te ti rende più infelice, a causa delle cose che non sei o che non hai.

Non concentrare la tua vita e le tue energie nell’inseguimento di un miraggio. Causerà problemi di salute mentale che di certo non vuoi. Probabilmente sei troppo impegnato a occuparti di così tante cose intorno a te da aver praticamente smesso di vivere. Il segreto per la vita positiva di cui hai bisogno è concentrarsi sugli elementi importanti per la tua crescita, per la carriera e per il benessere generale.

Quando inizi a fregartene di quello che pensa la gente, la tua sicurezza arriverà alle stelle più velocemente di quanto immagini. Inizierai a credere in te stesso, a quello che puoi offrire al mondo senza lasciare che le influenze esterne ti frenino o condizionino le tue decisioni.

Continuando a desiderare ardentemente di essere come qualcun altro, ti sentirai sempre più immeritevole. Continuando a desiderare ardentemente di essere più felice, ti sentirai sempre più solo nonostante le persone meravigliose che ti circondano. La resistenza mentale, la felicità, la capacità di vivere la propria vita a pieno derivano dal saper riconoscere le cose per cui preoccuparsi e, cosa ancora ancora più importante, quelle per cui non preoccuparsi.



Mark Manson del NYTimes, autore di “The Subtle Art of Not Giving a Fuck” lo spiega meglio:
In realtà, la capacità di riservare le nostre attenzioni solo alle situazioni realmente meritevoli renderebbe la nostra vita molto più semplice. Il fallimento ci sembrerebbe meno spaventoso. Il rifiuto meno doloroso. Le incombenze sgradevoli sarebbero più piacevoli e i bocconi amari sarebbero un po’ più saporiti. Voglio dire, se riuscissimo a fregarcene di meno, o ad avere delle preoccupazioni consapevolmente indirizzate, la vita ci sembrerebbe davvero più facile.

Dimentica (e proteggi) le tue debolezze. Gioca sui tuoi punti di forza.

È più facile giocare sui propri punti di forza. Non cercare di compensare i tuoi punti deboli.

Ci sono buone probabilità che tu stia prestando troppa attenzione alle informazioni negative. Ci sono milioni di persone preoccupate, che pensano continuamente a come liberarsi delle proprie debolezze.

E se, invece, invertissi la rotta e iniziassi a concentrarti sui tuoi punti di forza? La dura verità è che forse non supererai mai le tue debolezze ma potresti apportare cambiamenti significativi al modo in cui vivi e lavori, se ti concentri sulle tue abilità. Il segreto non è cambiare ciò che sei, ma diventare ancora di più te stesso. Riconosci le tue debolezze e accettale: accogli le tue paure, i tuoi errori, le tue incertezze. Inizia ad affrontare la verità dolorosa e brutale su te stesso.

In uno studio della Harvard Business Review, è stato sottolineato che mentre le persone ricordano le critiche ricevute, la consapevolezza dei propri errori non si traduce sempre in una performance migliore.

Inoltre, si è scoperto che conoscere i propri punti di forza consente di comprendere meglio come gestire le proprie debolezze e aiuta ad acquisire la sicurezza necessaria ad affrontarle.

Ti consente di dire “Sono bravissimo come leader, ma con i numeri sono un disastro. Quindi, anziché darmi ripetizioni di matematica, datemi un socio bravo con i conti”.

Invece di preoccuparti delle cose in cui non eccelli, e fare di tutto per riuscire, perché non giochi sui tuoi punti di forza? Non si può essere bravi in tutto. Anzi si può, ma di certo non si riesce ad eccellere in ogni cosa.

“Quando permettiamo a noi stessi di esistere per davvero, completamente, punzecchiamo il mondo con la nostra visione e lo sfidiamo con il nostro personale modo di essere” – Tommaso Moro.

Sii a tuo agio con la tua diversità. Non devi adattarti. Non devi per forza essere come tutti gli altri. Non adattarti se ti fa male. Non aver paura di abbracciare la tua natura più autentica. Non aver paura di come ti vedrà il mondo. Mentre gli altri cercano di adattarsi al mondo, fa che sia il mondo ad adattarsi a te.

Diventa insensibile all’influenza delle opinioni altrui ed ergiti dritto in una moltitudine di idee. Sicuro nel sapere che mentre gli altri si sono accontentati del quotidiano, tu hai esplorato l’eccezionale. Se non ti interessa mostrare il tuo lavoro al resto del mondo, nonostante la voce del tuo critico interiore, allora sei già sulla buona strada.

Non smettere di esercitare il tuo diritto a provare qualcosa di nuovo e cambiare la routine per migliorare le cose, renderle più veloci, più belle. C’è sempre un’opzione migliore. Prendi l’abitudine di mettere in discussione le regole, sii curioso e individua l’ambito in cui provare qualcosa di diverso, il luogo in cui aprire una finestra. Resterai sorpreso delle tue capacità. Le cose possono solo migliorare.

In un mondo dove tutti seguono le regole, nessuno ha il tempo per prestare attenzione. Le persone fanno praticamente sempre le stesse cose. Cosa c’è di tanto interessante: niente. A nessuno importa il fatto che tu ti stia facendo in quattro per portare a termine il tuo lavoro.

Hai portato a termine il tuo compito? È tutto quello che i tuoi superiori e il tuo capo vogliono sapere. Sei parte di un processo e, se funziona, devi restare lì e fare il tuo lavoro. Le persone che hanno sconvolto il mondo hanno creato le loro regole nonostante l’enorme resistenza. Ma lo hanno fatto lo stesso.

Conosci te stesso. Accetta te stesso. Sii te stesso.

“Il mio grande errore, la colpa per la quale non posso perdonare me stesso, è che un giorno ho cessato la ricerca ostinata della mia individualità” – Oscar Wilde.

Non aspettare l’approvazione. Chiedi la comprensione, non il permesso. L’unico ostacolo che t’impedisce di compiere imprese straordinarie sei tu. Se vuoi fare qualcosa di straordinario non parlarne soltanto, fallo.

Prendi il comando della tua vita. Se non sei soddisfatto del presente, fai qualcosa di diverso. La tua vita non cambierà se tu non crei quel cambiamento. Se ti senti tranquillo fuori dalla tua “zona di sicurezza” stai già facendo un buon lavoro.
Smettila di preoccuparti per ciò che non sei e inizia a vivere! La tua vita migliorerà sensibilmente se ti preoccuperai meno delle opinioni altrui, e inizierai a preoccuparti solo di ciò che tu pensi di te stesso.

Questo pezzo è stato pubblicato su Huffpost Usa ed è stato tradotto da Milena Sanfilippo

Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/12/29/la-vita-migliora-e-tanto-quando-inizi-a-fregartene_n_13878246.html
5834  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / Gianni RIOTTA - Obama usa la politica estera per mettere in difficoltà Trump inserito:: Dicembre 31, 2016, 02:35:59 pm
Obama usa la politica estera per mettere in difficoltà Trump   
Mentre i leader rivali disegnano il nuovo Medio Oriente il presidente uscente spera di dividere i repubblicani dalla Casa Bianca

Pubblicato il 29/12/2016
Gianni Riotta

Il Vecchio Medio Oriente e il Nuovo Medio Oriente si sono incontrati ieri, come nelle vignette dei calendari antichi, con l’Anno Vecchio, debole e ferito, a consegnare il mondo all’Anno Nuovo, fresco virgulto. Il segretario di Stato americano John Kerry, che il 20 gennaio va in pensione, ha pronunciato un solenne requiem per la formula «Due popoli due Stati» che in infiniti dibattiti Onu, negoziati tra due generazioni di leader israeliani e palestinesi, tesi di laurea impolverate, ha cercato, invano, di riportare pace e coesistenza. 

Il presidente Obama, che aveva irriso Kerry con una battutaccia - «Che mi porti? Altre soluzioni?» - ha lasciato al generoso ministro l’onore delle armi. Kerry riconosce che il pugno duro del premier israeliano Netanyahu sulle colonie di Israele affossa il negoziato con i palestinesi, stretti tra Hamas e l’ormai fragile Abu Mazen dell’Olp. E lancia un monito da editorialista deluso, non da diplomatico di ferro: senza uno Stato palestinese Israele perde l’identità ebraica o la democrazia. In una West Bank ridotta secondo Kerry a «groviera» dalle colonie, dovrà fare il poliziotto, tra terroristi e un «movimento per i diritti civili e umani palestinesi», dopo il voto Onu facilitato da Obama come ritorsione contro i troppi tackle del premier israeliano. 

Mentre Kerry alzava bandiera bianca, Russia, Turchia e Iran, irrompendo nel vuoto strategico lasciato dal presidente Obama in Medio Oriente, hanno proposto un nuovo patto che, giusto 100 anni dopo la divisione anglo-francese di Sykes-Picot dell’ex impero ottomano, ridisegna la Siria in tre aree. Il dittatore Assad, protetto da Putin e dall’Iran, resterebbe al potere almeno fino alle prossime «elezioni», una farsa in cui al suo posto andrebbe un altro raiss alawita, fedele al Cremlino e vicino, per ancestrale odio contro i sunniti, agli sciiti di Teheran. L’Iran avrebbe un corridoio che, via Siria, lo colleghi ai clienti di Hezbollah in Libano, traffici, armi, propaganda, influenza. La Turchia dell’uomo forte Recep Tayyip Erdogan mobiliterebbe quel che resta dei ribelli anti Assad, ridotti in numero e prestigio dopo la caduta di Aleppo e l’abbandono di Obama, in una sua enclave, da cui combattere - un po’ - l’Isis, ma soprattutto impedire che i miliziani curdi avanzino in Siria, provando a lanciare finalmente la loro «Sfida nel Kurdistan», sognata da un secolo come ricorda la novella di Jean-Jacques Langendorf (Adelphi).

 

Seguite le sorti della città di al-Bab, 40 chilometri da Aleppo, presto contesa tra i combattenti dell’Isis e i ribelli pagati da Erdogan. I turchi hanno mediato tra Putin e i ribelli, favorendo la ritirata da Aleppo e allestendo l’assedio ad al-Bab, che non vogliono in mano ai curdi. Ma gli iraniani, che temono una Casa Bianca di Trump ostile all’accordo sul nucleare sponsorizzato da Obama, non hanno fretta. Ali Akbar Velayati, consigliere del leader supremo ayatollah Khamenei, dice: dopo Aleppo in Siria vanno rifatti tutti i conti.

A proposito, Erdogan vorrebbe far pagare il conto dei nuovi campi profughi siriani agli europei, in cambio di una riduzione dell’ondata di rifugiati, alla vigilia di elezioni in Francia e Germania, forse Italia. Arbitro severo è Putin, forte di basi militari nel Mediterraneo. L’America langue nel vuoto pneumatico di Obama che i focosi tweet di Donald Trump non riempiono. La Clinton minacciava una «no fly zone» in Siria, Putin aveva già schierato rampe di missili, ma Trump ha altro per la testa, i ribelli sono sconfitti, Mosca, Ankara e Teheran fanno da soli, con l’Occidente che si lecca le ferite, impotente: addio esportazione della democrazia, Primavere arabe.

I fondamentalisti islamici dicono la loro con il terrore, da Berlino all’ambasciatore russo ucciso in Turchia, ma Putin ha fatto terra bruciata in Cecenia come Assad padre e figlio in Siria, Iran e Turchia non si curano certo delle critiche umanitarie per due foto come gli Usa ad Abu Ghraib. La tripartizione della Siria non sarà facile, Assad terrà duro, i fondamentalisti colpiranno, la guerra civile sunniti-sciiti continua, sauditi e Paesi del Golfo non sono d’accordo. E Obama? Si limita ad annunciare nuove sanzioni contro la Russia, per l’ingerenza di pirateria informatica sulle elezioni Usa, minacciando ritorsioni, senza rivelare quali e quante. Crowdstrike, un gruppo di informatici Usa, conferma i legami tra i leaks anti Clinton e il Gru, lo spionaggio militare russo, Assange di Wikileaks in un’intervista a Repubblica si dichiara interessato alla «novità» Trump. Obama sa che in Senato i repubblicani non sono allineati con il neo presidente, amico del Cremlino, e spera di dividere partito e Casa Bianca. Che mentre russi, iraniani e turchi si giocano ai dadi il Medio Oriente, il premio Nobel Obama sia ridotto a questi giochini dice quanto tumultuoso sarà Capodanno 2017. 

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Da - http://www.lastampa.it/2016/12/29/esteri/la-politica-estera-diventa-la-mossa-per-mettere-
in-difficolt-il-successore-9Hj3hXFDduXbO8J1s0elSN/pagina.html?wtrk=nl.direttore.20161229.
5835  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / Angela Mauro. Paolo Gentiloni alla conferenza stampa di fine anno, un governo... inserito:: Dicembre 31, 2016, 02:34:04 pm
Paolo Gentiloni alla conferenza stampa di fine anno, un governo di (moscia) continuità con Matteo Renzi

Pubblicato: 29/12/2016 19:55 CET Aggiornato: 1 ora fa

Angela Mauro

“La continuità di questa squadra di governo con il precedente governo Renzi è da molti considerata un limite. Capisco e accetto la critica, ma io rivendico questa continuità…”. Paolo Gentiloni, premier da soli 15 giorni, decide di darsi in pasto per oltre due ore ai giornalisti della stampa parlamentare nella tradizionale conferenza stampa di fine anno. Ne viene fuori il ritratto di un presidente del Consiglio “di servizio”, espressione che non a caso Gentiloni usa spesso, un premier che non prende impegni, assolutamente fedele al mandato ‘politico’ ricevuto dall’ex premier Matteo Renzi. “Cancellare il lavoro svolto dal governo Renzi o relegarlo nell’oblio sarebbe un errore”, dice Gentiloni. Già, ma di quale continuità sta parlando? Moscia, a dir poco. Continuità ma senza "tono muscolare" con l’Europa, senza nemmeno il gusto politico anche solo verbale della sfida a Bruxelles su immigrazione e fiscal compact, per non parlare di Mps. Continuità fino al punto in cui vuole e dice Renzi.

Mentre Gentiloni parla, tentando affannosi slalom tra affermazioni e negazioni, ‘se e ma’, ‘posso non posso’, Renzi segue la conferenza stampa alla tv. Il nuovo premier è costretto a muoversi in una difficile strettoia di parole senza prospettiva. Perché non sa se la prospettiva del suo governo è breve (come vorrebbe Renzi) o senza particolari scadenze (come preferirebbe il Colle). E allora fa come può, tra detti e non detti, sì ma anche no.

“Non si può vedere il voto anticipato come una minaccia, il governo fa la sua parte fino a quando ha la fiducia del Parlamento…”. Ma anche: “I governi non hanno una scadenza, ma non si tengono in vita artificialmente… L’unica cosa che può fare il premier, a parte l’indovino, è fare bene il suo lavoro…”. Peccato che questo lavoro non possa esplicarlo in tutta la sua urgenza e – perché no – potenza. Troppe variabili in campo. Soprattutto c’è Renzi o la sua ombra. “Da circa 15 anni ho rapporto di stima e grande collaborazione con Matteo Renzi e questo penso che sia un atout per il governo”, si arrende il neopremier.

E’ per questo che la continuità si palesa solo fino a un certo punto: fin dove decide Renzi. Gentiloni, per dire, non fa menzione dell’intenzione di chiedere all’Europa la revisione del Fiscal Compact. Eppure questo era il cavallo di battaglia di Renzi per il nuovo anno. Il Fiscal compact “approvato nel 2012 per un periodo sperimentale di 5 anni va a scadenza alla fine del 2017”, diceva Renzi in campagna referendaria. Nessuna eco nelle parole del nuovo premier.

E ancora: Renzi aveva annunciato anche il veto italiano al bilancio Ue in mancanza di solidarietà da parte dei paesi dell’est sui migranti. Anche qui non c’è continuità, anzi. Morbidissimo, Gentiloni sottolinea: l’Italia non vuole “fare ostruzionismo” sul bilancio Ue, ma “usa i mezzi a sua disposizione per segnalare il problema…”.

Quasi a voler indicare, per obbligo e per carattere, che il governo politico che poteva battere i pugni sui tavoli europei era quello di Renzi e non questo di Gentiloni. “In questi anni, l’Italia ha avuto più ascolto a livello internazionale: per me si presenta la sfida non facile di continuare ad averlo…”, dice non a caso il capo del nuovo governo.

Per non dire della crisi del Monte dei Paschi. Fallita l’opzione di mercato, preferita da Renzi almeno fino al referendum del 4 dicembre, è stato proprio il governo Gentiloni a dover adottare in tutta fretta la soluzione statale, con il decreto ‘salva risparmio’ “la cui attuazione sarà lunga e complicata”, dice il neo-premier. Bene. Anche questo è un esempio di discontinuità, per forza di cose ma lo è. E che dire dell’intervento a sorpresa della Bce che ora suggerisce al governo di spendere non meno di 8,8 miliardi di euro per salvare Mps? Richiesta “opaca”, dice Pier Carlo Padoan al ‘Sole24ore’. Gentiloni conferma e prevede “un percorso lungo” di “dialogo” con la Banca centrale, “tocca abituarsi all’idea…”.

Il “senno di poi” non ha senso, come dice lo stesso premier, ma non è difficile immaginare che con Renzi a Palazzo Chigi anche il caso Mps e la dialettica (eventuale) con la Bce avrebbe preso un’altra piega. Almeno nei toni. Ora invece "più che muscolare", il tono con l'Ue in generale è "pedestre", sottolinea Gentiloni recuperando almeno un po' di ironia. Nel senso che "abbiamo messo un piede nella porta...", dice parlando di immigrazione e reticenze europee.

Evasivo sulla riforma del processo penale: "Stiamo valutando con il ministro della Giustizia e il ministro del Rapporti con il parlamento quale soluzione migliore adottare. Abbiamo un cahier di provvedimenti sulla giustizia tutti molto importanti, come il diritto fallimentare, il codice civile, il codice antimafia. La maggiore o minore durata del governo non dipende da me, ma il messaggio è molto semplice, la riforma andrà avanti…".

E anche sul caso Mediaset-Vivendi, il trait d’union tra il governo e un ‘redivivo’ Silvio Berlusconi, si mantiene vago: Mediaset è “un settore importante e il fatto che sia oggetto di scalata non lascia indifferente il governo, ma la nostra è una valutazione politica. Il governo vigila dal punto di vista politico ma non è il governo che ha gli strumenti di intervento. Per questo ci sono le autorità di garanzia indipendenti…”.


Jobs Act, in attesa della sentenza della Corte Costituzionale sul referendum (11 gennaio), Gentiloni non arretra ma non avanza: “C’è qualcosa da correggere nei voucher, stiamo valutando ma non si dica che sono causa di lavoro nero”. E anche qui un segnale di discontinuità c’è: si capisce che il nuovo premier ami usare l’espressione italiana, “riforma del lavoro, poi gli abbiamo dato questo nome inglese…”. Piccola divagazione sul renzismo.

Promette ma anche no. Soprattutto mantiene la prospettiva a gittata corta e complicata. Rompe con Verdini, cesura con il ‘Renzi primo’ si può dire. “Non sono in grado di fare dichiarazioni sulla riduzione dell’Irpef”, arriva ad ammettere in finale di conferenza stampa, che suona quasi una resa di fronte alle oltre trenta domande che ha dovuto gestire. Tortuoso. Come quando spinge un “contributo del governo per facilitare, accompagnare, sollecitare la discussione sulla legge elettorale”, salvo poi precisare che “non ci sarà una proposta del governo”, ma “se la situazione dovesse andare per le lunghe, ricorderemo che un sistema democratico deve avere delle norme elettorali pienamente funzionanti e utilizzabili". Come? Non si sa. L’iniziativa è nelle mani del segretario del Pd.

Ma Gentiloni è netto nella difesa di Luca Lotti e Maria Elena Boschi, i due bastioni del fortino renziano, confermati al governo, il primo neo-ministro, la seconda sottosegretario a Palazzo Chigi. Averli al governo “non è un autogoal” nella sfida Dem ai populismi, dice, “Boschi è una risorsa utile. Che ci si creda o no, le ho chiesto io di restare”. Quanto a Lotti e il caso Consip: “Lotti e Del Sette (generale dei Carabinieri pure indagato, ndr.) godono della mia massima considerazione. Al momento le iniziative giudiziarie non impongono al Governo una decisione. Sarebbero decisioni ingiuste e ingiustificate".

Cala il sipario sul 2016, Gentiloni stringe mani prima di andare. Programma, questo sì, alcune iniziative su “lavoro e sud”, servono per affrontare la campagna elettorale. Ma anche qui non scende “nel tecnico”, stretto in un ruolo mediano pur da capo di un governo. Soprattutto costretto ad ammettere: “Mi sento innaturale abbastanza…”.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/12/29/governo-gentiloni-renzi_n_13879984.html?utm_hp_ref=italy
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