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Autore Discussione: ANNE-MARIE SLAUGHTER. La forza globale della nuova Nato  (Letto 1808 volte)
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« inserito:: Maggio 21, 2012, 05:42:51 pm »

21/5/2012

La forza globale della nuova Nato

ANNE-MARIE SLAUGHTER

I 28 membri della Nato si sono riuniti a Chicago per il loro vertice annuale. Sessantadue anni dopo la firma del Trattato Nord Atlantico, che vincola gli Stati Uniti, il Canada e dieci Paesi europei a considerare un attacco contro uno dei membri come un attacco a tutti, la Nato si sta trasformando in un’organizzazione per la sicurezza globale del 21˚ secolo. Il risultato sarà un mondo più sicuro.

Nel 1949 il mondo si stava velocemente dividendo in due principali blocchi politico-militari, Est e Ovest, accanto a un grande «movimento dei non allineati». La Nato si contrappose al Patto di Varsavia, creato dall’Unione Sovietica e dai suoi alleati nel 1955. All’interno di entrambi i blocchi, potenze minori si raggrupparono attorno alle superpotenze. Non c’era alcuna flessibilità all’interno dell’uno o dell’altro blocco che permettesse il formarsi di alleanze tra piccoli gruppi di membri.

Oggi, la Nato sta diventando, come dice il suo segretario generale, Anders Fogh Rasmussen, «il nucleo di una rete di patti per la sicurezza e un centro di consultazione su questioni di sicurezza globale». E «un’istituzione collegata globalmente», con oltre 40 Paesi soci individuali e crescenti legami con altre organizzazioni internazionali.

Infatti, i Paesi coinvolti includono tutte le nazioni europee che non fanno parte della Nato, come Austria, Svizzera, Finlandia e Svezia, e aspiranti e possibili membri della Nato come Bosnia, Serbia, Macedonia, Ucraina, Bielorussia e anche la Russia. Praticamente tutti i Paesi dell’Asia centrale - dal Turkmenistan al Kazakhstan, così come Armenia, Azerbaigian, Afghanistan e Pakistan - sono partner, così come il Maghreb intero, dal Marocco all’Egitto, così come Israele, Giordania, Iraq, Bahrain, Qatar, Kuwait e gli Emirati Arabi Uniti. Infine, i partner del Pacifico includono Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda e Mongolia.

Dal punto di vista organizzativo, la Nato si descrive come un ente che «ha sviluppato stretti rapporti di lavoro» con le Nazioni Unite, l’Unione europea e l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa. Collabora anche regolarmente con l’Unione africana, il Comitato Internazionale della Croce Rossa, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, la Banca Mondiale, l’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile, e l’Organizzazione per il bando delle armi chimiche.

Se si tracciano i percorsi che dalla Nato s’irradiano verso l’esterno a tutti questi diversi Paesi e organizzazioni, il risultato è una rete di sicurezza con più punti focali e raggruppamenti – molto simile a una mappa di Internet o ai pianeti e alle galassie. Questo mondo non è più unipolare, bipolare, o anche multipolare, perché gli attori che contano non sono singoli Ssati, ma gruppi di Stati più o meno interconnessi. E’ una rete di sicurezza multifocale, in cui i vari fulcri sono le organizzazioni regionali di diverse dimensioni e capacità.

Questo mutamento strutturale ha un enorme significato pratico. Per cominciare vuol dire che non solo i mezzi militari della Nato, ma anche il suo capitale umano e le nozioni pratiche nella lotta contro diversi tipi di minacce sono disponibili globalmente. La Nato ha creato un centro di gestione globale delle crisi e delle operazioni che riunisce le competenze civili e militari sull’individuazione delle crisi, la pianificazione, le operazioni, la ricostruzione, e la capacità di stabilizzazione secondo modalità esplicitamente progettate per collegare il quartier generale della Nato in Europa, al «mondo della rete».

In secondo luogo l’identità propria della Nato sta diventando quella di un’alleanza che esiste tanto per dare supporto - offrire assistenza e collaborazione - come per contrattaccare. La Nato non è più solo un martello, è un intero kit di opzioni di sicurezza. Queste opzioni includono lo sviluppo di contromisure condivise per affrontare le minacce comuni alla sicurezza quali il terrorismo e la proliferazione delle armi nucleari, chimiche o biologiche, come pure le minacce fortemente decentrate, come la pirateria. Di conseguenza, quando si profila una crisi, come la guerra a Timor Est nel 1999 o lo stallo politico dello scorso anno in Costa d’Avorio, la Nato può dare appoggio a qualsiasi Paese o gruppo di Paesi che scelga di assumere un ruolo guida nell’adempimento di un mandato delle Nazioni Unite.

Gli stessi membri della Nato hanno anche molta più flessibilità nell’attingere alle risorse collettive della Nato. Anche gli scettici sull’espansione della Nato e su operazioni come l’intervento in Libia ora riconoscono che le operazioni congiunte da parte dei Paesi membri, che operano sotto mandato delle Nazioni Unite e in collaborazione con i partner regionali, sono il modello più probabile per il futuro. Come ha di recente osservato il generale Brent Scowcroft, consigliere per la Sicurezza Nazionale del presidente George H. W. Bush, la Carta delle Nazioni Unite in origine prevedeva una forza militare permanente per far rispettare le risoluzioni del Consiglio di sicurezza una visione che il modello di partenariato della Nato potrebbe infine realizzare.

Il potere in una rete scaturisce dalla connessione, o da quello che i teorici della rete chiamano «centralità». Il membro più potente di una rete è il nodo con il maggior numero di collegamenti, il che significa che un nodo può aumentare il suo potere non solo aggiungendo direttamente connessioni, ma anche aumentando la connessione dei nodi vicini.

In altre parole, gli Stati Uniti possono aumentare il loro potere sia collegandosi ad altri membri della Nato (e quindi garantendo che la Nato sia collegata al maggior numero possibile di Paesi e organizzazioni) sia incrementando l’interazione di questi altri Paesi e organizzazioni. Se la Nato si collega all’Unione africana, per esempio, e aumenta l’interconnettività dell’Ua, allora sia la Nato sia l’Unione africana diventano sempre più centrali nella rete e quindi più potenti in termini di capacità di esercitare influenza e mobilitare risorse.

La logica della centralità come fonte di potere crea un circolo virtuoso in cui i membri di una rete traggono vantaggio dall’includervi un numero maggiore di partecipanti e creando con essi una più stretta condivisione. Questa è esattamente la logica che sta dietro la trasformazione della Nato.

A Chicago il tema in cima all’ordine del giorno è come portare le forze Nato fuori dall’Afghanistan. Ma il soggetto a più lungo termine sarà come includere il maggior numero possibile di Paesi nella rete globale di sicurezza della Nato.

Anne-Marie Slaughter, ex direttore della pianificazione politica al Dipartimento di Stato Usa (2009-2011), è professore di Politica e Affari Internazionali alla Princeton University Copyright: Project Syndicate, 2012 http://www.project-syndicate.org/

Traduzione di Carla Reschia

da - http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=10127
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