LI SEGUIREMO DA LONTANO DEMOCRATICAMENTE … SENZA LA LORO ARROGANZA. “è meglio”!

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Arlecchino:
Uno dei loro limiti che non sapranno superare è che: predicano di "divisione", non di evoluzione.

Invece il Mondo, in tutte le sue caratteristiche attuali, ha bisogno di "evoluzione"!

Evoluzione ed eliminazione delle differenze vitali e sociali, negli Ultimi, quindi delle guerre.

Evoluzione nel Capitalismo che sa' perfettamente di dover "evolvere" verso, un più "conveniente”, socialismo, democratico, sociale ed economico.

I dittatori per conto terzi non gli servono più, oggi c’è Internet e la gente conosce subito e, speriamo, “reagisce meglio”.

Le Rivoluzioni non si fanno più con le armi, ma con l'evoluzione positiva dall'interno della società. Lega e 5Stelle l'hanno dimostrato, in negativo e in brutta-copia.

Li seguiremo, da lontano, democraticamente … “è meglio”!

Noi dobbiamo stare tra la gente … “è meglio”.

ggiannig

Arlecchino:
Si sono inventati un Contratto (non votato dagli Italiani) adesso fanno a gara a chi "dissente di più dall'altro".

Speriamo che il voto consapevole e senza marchingegni elettorali fasulli, si possa svolgere a primavera 2019.

I Cittadini più conoscono meno errori commettono.

ciaooo 

Arlecchino:
Razzisti, complottisti e calunniatori. Ecco il “dream team” dei nuovi Sottosegretari

Su 45 incarichi sono solo 6 le donne. Ma il problema non è solo nella rappresentanza di genere…

Nella lista dei 39 sottosegretari di Stato e dei 6 viceministri del nuovo governo ce n’è per tutti i gusti. I gusti peggiori. Da chi tifa perché l’Etna possa risolvere i problemi dell’Italia (tweet poi cancellato del nuovo Sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, Vincenzo Santangelo) a chi, come la leghista Vannia Gava, sostiene che Calderoli avesse ragione quando paragonò l’allora ministra Kyenge ad un orango. D’Altronde, spiegava nel 2013 “”è innegabile” come “I tratti somatici di alcune popolazioni evochino da sempre sembianze animali se non peggio. […] È ora di finirla di puntare il dito contro i pochi che hanno il coraggio di dire quello che pensano tutti”.

Questi sono solo due assaggi del vasto menù gialloverde. Se Paolo Savona vi sembrava un feroce anti-euro, forse non avete presente Maurizio Fugatti, l’esponente del Carroccio – ora sottosegretario alla Salute – che nel 2012 ricordava con orgoglio come alla festa leghista di Avio si potesse “pagare cibo e bevande con le vecchie lire” o che ringraziava la Merkel per aver trasformato l’Europa “nel Quarto Reich”. Direte: beh, almeno non è all’Economia. Certo. Peccato, però, che là ci è finita Laura Castelli, una delle poche donne nominate da Conte (6 su 45 incarichi, alla faccia del governo del “cambiamento”). La Castelli è diventata famosa, tra le altre cose, per una surreale conversazione con Lilli Gruber a Ottoemezzo. Si parlava del referendum sull’Euro, ma sull’argomento la deputata non sembrava avere le idee chiare.

Un capitolo a parte poi andrebbe riservato al solo Carlo Sibilia, nuovo sottosegretario all’Interno. Le sue dichiarazioni sono una sorta di best of dell’assurdo. Non crede allo sbarco sulla luna, ha avuto dubbi complottisti sulla strage di Charlie Hebdo e si è scagliato contro la stampa che oscurava il Restitution Day, “l’evento politico più rivoluzionario dagli omicidi di Falcone e Borsellino”.

Vito Crimi, sottosegretario all’Editoria, si è contraddistinto per commenti non proprio eleganti nei confronti dei giornalisti che gli “stanno sul cazzo”. Mentre sul colloquio tra il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e la delegazione del Movimento al Quirinale, a cui si era aggiunto Beppe Grillo, aveva detto: “Napolitano è stato attento, non si è addormentato. Beppe è stato capace di tenerlo abbastanza sveglio”.

Il sottosegretario per l’Economia e le Finanzie, Massimo Bitonci è un veterano della Lega Nord e del suo pensiero. Tanto da ricoprire dal 2016 il ruolo di presidente della Liga Veneta, cioè il nucleo veneto fondativo del Carroccio. Sarà anche per questo che nei suoi discorsi c’è l’essenza stessa dell’approccio leghista al problema migratorio. In un intervento in aula del 14 gennaio 2014 disse: “Signora Presidente, onorevoli colleghi, la gente ormai ha paura ad uscire la sera e lei vuole favorire la negritudine come in Francia”.

Chiudiamo con l’insegnante di lettere, anche se la lista potrebbe continuare. Il pentastellato Gianluca Vacca, sottosegretario ai Beni culturali, si è contraddistinto per una certa avversione nei confronti del mondo del giornalismo. In occasione del ritorno in edicola del quotidiano l’Unità scrisse su Twitter: “L’Unità è tornata a infangare le edicole. Le discariche sono sature, non c’era bisogno di nuova spazzatura”.

Da - https://www.democratica.com/focus/sottosegretari-governo-conte/

Arlecchino:
Da oggi la «stretta» sulle imprese, a rischio subito 80mila contratti

Pubblicate le nuove norme.

Giro di vite esteso anche alla somministrazione Maresca: «Dopo i 12 mesi liberi le causali freneranno le stabilizzazioni»

ROMA

Prima vera spallata al Jobs act, con la riscrittura del decreto Poletti, che nel 2014 aveva liberalizzato i contratti a termine per tutti i 36 mesi di durata, e una iniziale scalfittura al nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, con l’incremento del 50% degli indennizzi monetari, minimo e massimo, in caso di licenziamento illegittimo, che dagli attuali 4 e 24 mensilità passano ora a 6 e 36 mensilità.

Con la pubblicazione ieri in Gazzetta ufficiale, 161, del decreto legge 12 luglio 2018, n. 87, scatta, da oggi, la stretta sulle imprese. Il contratto a termine “libero” potrà essere sottoscritto fino a 12 mesi; dopo si ripristinano le causali, vale a dire le ragioni che giustificano il ricorso da parte del datore a un rapporto a tempo determinato. In questi casi, si potrà attivare un contratto a termine solo per due motivazioni, cioè per «esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria; oppure per necessità «temporanee e oggettive, estranee all’attività ordinaria, o per esigenze sostitutive di altri lavoratori» (come nel caso, per esempio, di ferie o malattie). Non solo. La durata complessiva di un rapporto a termine scende da 36 a 24 mesi, sono ammesse quattro proroghe (finora, cinque), e «in occasione di ciascun rinnovo», anche in somministrazione, scatta un incremento contributivo di 0,5 punti percentuali, in aggiunta all’1,4% già previsto, dal 2012, dalla legge Fornero, e utilizzato per finanziare la Naspi (l’indennità di disoccupazione). Il giro di vite si estende pure al rapporto di impiego a tempo che lega agenzia per il lavoro privata (Apl) e lavoratore somministrato (lo staff leasing non viene invece toccato, come neppure, al momento, il contratto commerciale, tra risorsa e impresa utilizzatrice). La stretta si applica a tutti i contratti di nuova sottoscrizione, ma anche a quelli in corso, seppur limitatamente a proroghe e rinnovi.

La relazione tecnica al Dl stima, da subito, un impatto negativo sull’occupazione: in base a dati forniti dal ministero del Lavoro, infatti, su circa due milioni di contratti a termine attivati l’anno (al netto di stagionali, agricoli e Pa) il 4%, pari a 80mila rapporti, supera la durata effettiva di 24 mesi, e pertanto, da oggi, si pone in contrasto con le nuove previsioni (il 10% di questi 80mila, cioè 8mila, addirittura si considera che perderanno il posto ogni anno, fino al 2028).

Il decreto Conte, che sarà incardinato ufficialmente nelle commissioni Lavoro e Bilancio della Camera lunedì, allunga anche i termini, da 120 a 180 giorni, per impugnare un contratto a tempo; e conferma l’esclusione dalle nuove regole dei rapporti a termine stipulati dalla pubblica amministrazione, ai quali, pertanto, continueranno ad applicarsi le attuali disposizioni («un’altra occasione persa per equiparare i due regimi, che restano così differenziati, anche sotto il profilo sanzionatorio», commenta Sandro Mainardi, ordinario di diritto del Lavoro all’università di Bologna).

L’ultima versione del provvedimento salva, invece, i contratti per attività stagionali, con l’inserimento di una modifica specifica: a loro non si applicheranno le causali, neppure per proroghe e rinnovi (in pratica, rimane tutto com’è).

Per gli esperti le nuove regole rischiano, concretamente, di disorientare le aziende, aprendo a incertezze applicative e la possibile ripresa di contenziosi (più che dimezzati con il decreto Poletti). «L’obiettivo di contrastare il precariato è condivisibile - afferma Riccardo Del Punta, ordinario di diritto del Lavoro all’università di Firenze -. Il giro di vite sulla somministrazione è però sbagliato perché si colpisce un istituto di flessibilità buona. Il ripristino poi delle causali non è la soluzione, visto che storicamente non hanno mai prodotto il risultato atteso». Gli effetti, purtroppo, saranno altri: «I lavoratori occupati a termine già da 12 mesi difficilmente verranno stabilizzati o riassunti a tempo determinato - spiega Arturo Maresca, ordinario di diritto del Lavoro alla Sapienza di Roma -. Cosa lo impedisce? Proprio il ritorno delle causali».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Claudio Tucci

Da - http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20180714&startpage=1&displaypages=2

Arlecchino:
Senza incentivi al lavoro stabile la «dignità» resterà un’illusione

Tra i diversi articolati del decreto dignità la parte dedicata al lavoro a termine è quella che sta suscitando le critiche più accese. La più diffusa è che, con ogni probabilità, le nuove regole non favoriranno la creazione di rapporti di lavoro duraturi ma produrranno l’effetto contrario, o in forma di aumento del lavoro nero, o di incentivo a pratiche elusive dello stesso decreto. Il provvedimento, infatti, non pare né culturalmente né tecnicamente attrezzato per intraprendere la «guerra» contro la precarietà, proclamata dal ministro Di Maio.
Non lo è culturalmente perché riflette l’atavica illusione, propria del tradizionale approccio garantista, che limiti e vincoli normativi alle decisioni di impresa, possano produrre i comportamenti ritenuti virtuosi dal legislatore. Gli studi di sociologia del diritto ci dicono, invece, che le norme intrusive, burocraticamente conformative di comportamenti, rischiano solo l’irrilevanza sociale e l’ineffettività giuridica in forma di prassi elusive.

Non lo è soprattutto tecnicamente perché il provvedimento non prevede alcuno strumento per incentivare contratti a termine lunghi e, soprattutto, la loro transizione verso il rapporto di lavoro stabile, tramite conversione. Anzi, nell'attuale stesura, il decreto favorisce i rapporti di lavoro a termine di durata inferiore all'anno. Ed è notoriamente in tale tipologia di rapporti che alligna la precarietà più eclatante e dura. Ricerche internazionali sulla precarietà ci dicono che non tutti i contratti e non tutti i rapporti di lavoro atipici generano gli stessi effetti di precarietà: tali ricerche considerano, per esempio, lo staff leasing e lo stesso contratto a termine lungo come rapporti se non stabili, meno precari di altri, il secondo soprattutto perché contiene alte probabilità di conversione.
Se si guarda alle regole introdotte per decreto, si evidenzia subito il paradosso di un provvedimento pensato per combattere la precarietà, ma che rischia, invece, di favorirla.

Basta, a comprovare tale conclusione, un semplice ragionamento di buon senso. Se nel corso di un rapporto fino a un anno, dovesse emergere l’esigenza di protrarlo oltre l’anno tale esigenza verrebbe penalizzata dal legislatore con un costo aggiuntivo. Come si dice tra gli addetti ai lavori, non viene rafforzato, anzi scoraggiato, il contratto psicologico.

Di più: coevamente si concretizza il rischio di stabilizzazione tranchant, imposta dal giudice; il meccanismo della causale non sancisce semplicemente l’abuso del contratto a termine, ma è anche uno strumento che aumenta il rischio, a carico dell’impresa, di conversione involontaria. Al contrario, l’impresa che volesse porre in essere strategie di utilizzo abusivo del contratto a termine, non avrebbe nulla da temere dalla legge: potrebbe far ruotare sulla medesima posizione di lavoro diversi lavoratori assunti con contratto a termine di durata inferiore all'anno anche di un solo giorno.
Una valutazione ragionevole degli interessi in gioco implicherebbe non di imporre ma di favorire la stabilizzazione dei rapporti a tempo determinato sul piano delle convenienze mediante un’incentivazione all’accettazione del rischio di investimento duraturo sulla risorsa umana con la quale il rapporto si è protratto oltre un termine congruo e durevole.
Una riforma del contratto a termine è opportuna. Ma la direzione della riforma dovrebbe essere di tutt'altro segno rispetto al decreto dignità.

Da qui la proposta. I contratti a termine brevi dovrebbero essere scoraggiati finanziariamente, più che con le causali: al di là dei contratti stagionali fino a un anno stabilmente reiterabili (per i quali i legislatore ha chiarito nell’ultima versione la sottrazione ad ogni vincolo di rinnovo), i contratti a termine brevi o brevissimi (di poche settimane o di pochi giorni), dovrebbero essere tendenzialmente sostituiti con il ripristino dei voucher che avevano dato buona prova soprattutto se dotati di meccanismi anti abuso: tracciabilità, attivazione del voucher prima della prestazione e maggiori ispezioni e controlli. I voucher, meno pesanti burocraticamente (non implicano il costo della busta paga), si sono rivelati più funzionali nel venir incontro alla domanda di lavori occasionali come alternativa al lavoro nero e sono senz’atro preferibili ai rapporti a termine brevi e brevissimi (anche nella forma a chiamata), comunque più costosi anche burocraticamente.

I contratti a termine lunghi oltre l’anno andrebbero invece promossi finanziariamente, al contrario di quel che prevede il decreto dignità, con incentivi economici progressivi in proporzione all’aumento della durata e con un super bonus specifico in termini di abbattimento del cuneo fiscale (interno alla regolazione del contratto a termine) in caso di conversione a tempo indeterminato. Il bonus/abbattimento/cuneo, in tal caso, dovrebbe essere permanente (e non temporaneo come negli schemi di incentivazione occupazionale generalisti) proprio per favorire e premiare il reciproco affidamento dei contraenti (il contratto psicologico) e lo stimolo potrebbe allargarsi anche a specifici investimenti formativi (rendendo meno generica l’attuale disposizione sulla formazione dei lavoratori a termine). Per esempio la stabilizzazione del bonus fiscale, con abbattimento durevole del cuneo potrebbe scattare dopo il primo anno di conversione a tempo indeterminato, con eventuale restituzione parziale o totale del finanziamento se il rapporto dovesse interrompersi entro l’anno dalla conversione.
Si tratta di uno schema di regolazione (ad affidamento crescente) del contratto a termine che tende a premiare e non a punire; che mira a corroborare e a favorire, quasi maieuticamente, l’elemento fiduciario e collaborativo nel rapporto di lavoro nella fase di industria 4.0.

Ordinario di Diritto del lavoro alla
Università di Catania e alla Luiss di Roma

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Bruno Caruso

Da - http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20180720&startpage=1&displaypages=2

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