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Autore Discussione: Giacomo Russo Spena Syriza, le ragioni della vittoria  (Letto 13885 volte)
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« inserito:: Gennaio 31, 2015, 04:52:14 pm »

Syriza, le ragioni della vittoria

di Giacomo Russo Spena

Ha vinto Syriza. Ha perso la Troika. Le intromissioni dei poteri forti europei, le ingerenze del ministro tedesco Wolfgang Schauble, i moniti “a votare bene” del presidente Juncker, il fango dei media ellenici che ammonivano dal “demagogo”, le favole sulla Grexit, le minacce dei mercati finanziari. Tutto inutile. L’attuale emergenza umanitaria nel Paese ha spinto i cittadini a dar retta alla pancia e alle proprie condizioni di disagio materiale. “I greci non avevano nulla da perdere che le proprie catene”, è la citazione.

Hanno votato in massa un’idea di cambiamento. Syriza era la sola speranza di discontinuità in una Grecia che ha fatto da cavia della Troika. Un laboratorio delle politiche del rigore palesatasi in smantellamento del welfare, distruzione del pubblico, tagli, privatizzazioni e compressioni salariali. Una “cura da cavallo”. In nome dei conti in regola, eppure – oltre agli immani disastri sociali – anche i numeri non quadrano: tasso di disoccupazione al 26%, quello giovanile quasi al 60, le famiglie hanno perso il 40% del potere d'acquisto negli ultimi cinque anni e il rapporto tra debito e Pil resta altissimo, vicino al 170%. Mentre i tossicodipendenti sono aumentati del 300%, raddoppiati i suicidi e sanità e istruzione sono diventati un lusso per pochi greci. Un disastro, il fallimento dell’austerity.

In campagna elettorale, Tsipras andava ripetendo: “La ricetta che ci hanno imposto dalla leadership europea sarà insegnata nelle facoltà di Economia, e diranno: Avete visto come si sono mossi? Ecco, fate il contrario”. Il voto greco era il terreno di scontro tra due diverse ideologie e due idee di società contrapposte in Europa. Tsipras contro Angela Merkel. “Due fortini che si combattono: uno del capitale e dei mercati, l’altro dell’unione dei popoli d’Europa. Lo scontro sarà decisivo”, prometteva il nuovo premier greco prima del voto.

Un referendum ellenico sulle politiche della Troika: proseguire sulla stessa strada o cambiare rotta? Ha vinto la seconda opzione.

Contro quell’Europa a due velocità, che ha ampliato le diseguaglianze sociali e imboccato un vicolo cieco verso l’insostenibilità e la deflagrazione dell’eurozona stessa. Syriza è l’alternativa. Un’alternativa all’Europa egemonizzata dai mercati e dalla finanza rispolverando lo spirito originario di un’Europa fondata su ricette keynesiane, sul lavoro, sui diritti e sul principio di solidarietà e supremazia della politica. Ma alternativa anche alla scorciatoia nazionalista e xenofoba capeggiata da Marine Le Pen in Francia e dalla Lega di Matteo Salvini in Italia che in maniera ipocrita ora esultano alla vittoria di Tsipras. Mentre in Grecia ha impedito l’ascesa di Alba Dorata che pur restando la terza forza del Paese passa dal 9% del 2012 al 6. Syriza è una terza via. Europeista e anti-austerity.

Questa opzione ha trionfato perché Tsipras è stato capace di modernizzare e innovare Syriza (in greco significa “coalizione della sinistra radicale”) ed ha avuto il merito di mantenere la barra dritta in questi anni: mentre Pasok (i socialisti sono di fatto spariti in Grecia) e Neo Demokratia imponevano i memorandum, il Paese veniva attraversato da pesanti scontri e contestazioni organizzate da studenti, anarchici e sindacati. Piazza Syntagma il luogo delle mobilitazioni, il Palazzo preso d’assalto dai manifestanti inferociti e senza più un futuro.

I militanti di Syriza affollavano quelle piazze, si sono contaminati coi movimenti facendo proprio il “conflitto sociale”. E soprattutto, mentre i greci allo stremo si vedevano negati il diritto alla salute o all’istruzione, o la penuria economica rendeva impossibile mangiare e pagare le bollette di luce e gas, Syriza grazie alla sua gamba sociale, l’associazione Solidarity for All, ha messo in campo pratiche di mutualismo supplendo alle manchevolezze dello Stato: mense popolari, farmacie e ambulatori gratuiti, cooperative socio-lavorative, scuole popolari, riallacci delle utenze per i bisognosi (sfidando quindi la legalità). Per non parlare del sostegno alle fabbriche fallite e successivamente riaperte, recuperate ed autogestite dagli operai rimasti disoccupati. La forza di Syriza: un partito radicato socialmente, vicino ai movimenti, e coerente. Durante la crisi economica e morale – con un tasso di corruzione altissimo in Grecia – Syriza ha avuto la pazienza di saper aspettare il proprio turno, rimanendo all’opposizione e non cedendo alle sirene del Pasok. E’ nata nel 2004 in contrapposizione al centrodestra e al centrosinistra, “entrambi figli del neoliberismo”, a questo principio non è mai venuta meno.

Va respinto al mittente ogni tipo di comparazione tra il nostro Matteo Renzi e il “loro” Alexis Tsipras, così qualsiasi tentativo di salire sul carro del vincitore. La “sintonia” di cui parla qualche renziano è lontana per storia personale, programmi e schieramenti politici. Lo scorso anno quando Tsipras si candidava a presidente della Commissione di Bruxelles, il Pd sosteneva il tedesco Martin Schulz e mentre i socialisti europei votavano in un regime di larghe intese coi popolari la nomina di Junker, Tsipras rimaneva all’opposizione tra le fila della sinistra europea e tra i banchi del Gue. Infine la stessa dichiarazione del leader greco è inequivocabile: “Renzi presenta un forte dualismo, è come se si trattasse, quasi, potremmo dire, di una personalità scissa: a parole è contro l’austerità, ma le sue riforme sono fissazioni neoliberiste”. E poi ancora: “Credo che sia il neoliberismo a rappresentare la grande minaccia europea: la politica del Ppe, che viene sfortunatamente seguita dalle socialdemocrazie, sta mettendo in pericolo la costruzione continentale. Noi vogliamo parlare di un’Europa solidale i cui perni siano la redistribuzione delle ricchezze, la democrazia, l’ecologia, i cittadini. Loro i numeri, noi le persone”.

Syriza ha vinto. Per un soffio non ha stravinto. E’ andata oltre le più rosee speranze ma due seggi sotto la maggioranza assoluta in Parlamento. Una legge elettorale proporzionale con sbarramento al 3 e un premio di maggioranza di “soli” 50 scranni al primo partito. Adesso si aprirà il valzer delle alleanze. La cosa più logica sarebbe chiedere il sostegno dei comunisti del Kke che però hanno sempre respinto l’ipotesi di dialogo con Syriza, accusata di essere un partito “opportunista, riformista e borghese”. Difficilmente quindi si convinceranno i settari (filo-sovietici) del Kke. L’ipotesi più accreditata è l’accordo esterno di To Potami (“Il Fiume”), una forza liberal-centrista capeggiata dal giornalista Stavros Theodorakis, una sorta di “Grillo” greco per l’odio avversato finora contro il sistema partitocratico. Altra possibilità i “Greci Indipendenti”, una destra anti-austerity. Si vedrà nelle prossime ore. Di certo, si chiede il sostegno dei cittadini, di “continuare a camminare insieme”.

“La Grecia è il Paese di Sofocle, che con l'Antigone ci ha insegnato che esistono momenti in cui la legge suprema è la giustizia”, le prime parole dei dirigenti di Syriza. Così è stato. Adesso si aprirà una nuova fase: “La Troika è il passato”. Per la Grecia, per l’Europa e forse per l’Italia. Infine Tsipras, nel primo discorso post voto, ha anche teso la mano alla Ue: “Troveremo con l'Europa una nuova soluzione per far uscire la Grecia dal circolo vizioso dell'austerità e per far tornare a crescere l'Europa. La Grecia presenterà ora nuove proposte, un nuovo piano radicale per i prossimi 4 anni”. La sfida dell’esecutivo, la vera sfida. Forse la più temuta. Far rispettare quel programma di speranza e cambiamento, molto ambizioso. Se Syriza, da opposizione, non ha sbagliato un colpo, ora ha il compito dal governo di non deludere le aspettative. Intanto, nel dubbio, benarrivato Tsipras.

(26 gennaio 2015)

Da - http://temi.repubblica.it/micromega-online/syriza-le-ragioni-della-vittoria/
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« Risposta #1 inserito:: Aprile 17, 2015, 04:24:29 pm »

Grecia, lista riforme non pervenuta.
Varoufakis: non firmiamo questi accordi

Con articoli di Marco Valsania e Vittorio Da Rold16 aprile 2015Commenti (34)

La Commissione europea «non è soddisfatta dei progressi fatti finora» nei negoziati fra il governo greco e le istituzioni creditrici e auspica che «i lavori aumentino di intensità prima dell'incontro informale dei ministri delle Finanze del 24 aprile». Lo ha detto il portavoce del presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. Ma parlando a un evento organizzato dalla Brookings Institution di Washington a margine degli Spring Meetings del Fondo monetario internazionale il ministro delle finanze greco, Yanis Varoufakis, avvisa: «La liquidità sta finendo», tuttavia sarebbe «sbagliato» per la Grecia «firmare il memorandum» e, quindi, accettare le richieste dei creditori così come sono adesso. Atene spera, questo l’auspicio del ministro, di raggiungere un accordo con l'Eurozona entro fine giugno.

La Grecia chiede investimenti
«I negoziati - ha argomentato Varoufakis - sono cruciali per l'economia globale non solo per i rischi di contagio, ma anche perché definiscono le procedure dell'Europa» e di come gestirà eventuali future crisi. E per questo il nostro governo è «desideroso più di chiunque altro di portarli a termine», ha continuato Varoufakis, non alle attuali condizioni, però. L'economista nel corso del suo discorso ha descritto la crisi della Grecia come «i nostri sette anni di inverno del malcontento». Il ministro infine ha ricordato che la retorica dominante «sostiene che l'Europa sta recuperando e solo la Grecia non è riuscita a salire sul treno della ripresa». La Grecia - ha concluso il ministro - chiede solo due cose: di essere ascoltata e un programma di investimenti.
 
 Il discorso del ministro torna quindi a marcare le distanze in maniera preoccupante mentre oggi i mercati finanziari europei hanno accusato il peso del rinnovato rischio Grecia. Il portavoce di Juncker ha comunque sottolineato che il lavoro fra il governo greco e le istituzioni creditrici «continua e i colloqui procedono» e ha ricordato che l’accordo dell'Eurogruppo del 20 febbraio scorso aveva chiesto che la Grecia preparasse una lista di riforme, che avrebbe dovuto poi essere approvata prima dalle istituzioni creditrici e poi dai ministri delle Finanze dell'area euro. «Quando diciamo che non ci sono progressi a questo punto, significa che la sequenza di eventi tracciata non si è ancora realizzata. Servono quindi nuovi progressi», ha spiegato.

Fmi: Lagarde (Fmi): Eurozona rischia da caso greco
Nel documento dedicato all’agenda di politiche globali, Christine Lagarde, direttore generale del Fondo monetario internazionale, sostiene che nell’Area euro si intravede un «graduale rafforzamento», sostenuto dai «benvenuti» stimoli monetari recenti, da un euro debole e da bassi prezzi del greggio. Tuttavia, ammonisce Lagarde, «potrebbe riemergere lo stress finanziario per via dell’incertezza sulle politiche associate alla Grecia».

Tsipras ottimista
Nonostante le perplessità dell’Europa, il premier greco, Alexis Tsipras si dice «fortemente ottimista» sulla capacità del suo governo di raggiungere un accordo con i creditori esteri. «Sono certo che ci sarà un accordo per la fine del mese» assicura. «So che l’Europa ha imparato a convivere con i suoi disaccordi, a combinare le sue varie parti e ad andare avanti».

Conti in rosso, Atene pensa a ritardare pagamenti Fmi
Ma la soluzione non sarà facile. La Grecia sta pensando di chiedere al Fmi uno slittamento dei pagamenti di maggio sotto il peso dello stallo dei negoziati per trovare un accordo e sbloccare la nuova tranche di aiuti Ue e scongiurare il default. Secondo fonti citate dal Financial Times, nei colloqui intercorsi all'inizio di aprile tra gli sherpa del governo Tsipras e quelli del Fondo, Atene avrebbe avanzato la richiesta specifica di ritardare il versamento di circa un miliardo di euro, da restituire in due tranche nel corso del mese.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-04-16/grecia-lista-riforme-non-pervenuta-commissione-ue-negoziati-insoddisfacenti-servono-progressi-153234.shtml?uuid=ABp1WcQD&cmpid=nl_7%2Boggi_sole24ore_com
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« Risposta #2 inserito:: Aprile 18, 2015, 04:38:54 pm »

Il retroscena

Putin vuole da Tsipras il passaggio del gas russo dalla Grecia all’Europa
Il gasdotto di Mosca passerebbe dalla penisola ellenica consentendo di bypassare l’Ucraina.
Il nuovo «turkish stream» collegherebbe la Turchia con Atene

Di Fabrizio Dragosei

MOSCA – Sia Vladimir Putin che Alexis Tsipras ci hanno tenuto a ripetere che Russia e Grecia non sono in rotta di collisione con la Ue e che Atene non ha chiesto né tantomeno ottenuto alcun aiuto economico particolare. Ma l’intesa più importante che sembra emergere dal vertice di ieri al Cremlino riguarda proprio un progetto che va contro la strategia europea per far fronte alle sue necessità energetiche. Si tratta dell’idea che Putin ha tirato fuori dal cilindro per sostituire il gasdotto South Stream che avrebbe dovuto liberarlo da quello che lui chiama il giogo ucraino e che l’Unione Europea aveva, in pratica, bloccato. La Russia si è detta pronta a finanziare il progetto di unire Grecia e Turchia per far arrivare in Europa, anche attraverso l’Italia, il gas russo che non dovrebbe più transitare sul territorio ucraino. E il primo ministro greco sembra aver accolto con grande interesse l’idea di fare del suo paese uno dei principali centri di distribuzione del metano russo.

È da anni, come sappiamo, che Putin cerca di togliere a Kiev l’arma dei gasdotti, bypassando il paese. A settentrione è riuscito a costruire, con l’aiuto tedesco, il North Stream che congiunge direttamente la rete russa con quella tedesca passando sotto il Mar Baltico ed evitando altri spigolosi “clienti” come la Bielorussia e la Polonia. Per il gas del Caucaso c’era il progetto che attraversava il Mar Nero per approdare in Bulgaria e di lì raggiungere i principali clienti europei attraverso gli altri paesi balcanici, appunto il South Stream. L’Unione Europea ha invece da sempre in mente di far arrivare direttamente nel vecchio continente il gas degli altri produttori dell’Asia Centrale, come il Turkmenistan, l’Azerbaigian e il Kazakistan, che oggi dipendono dalle reti russe. Prima c’era il gasdotto Nabucco e ora c’è il Tap, Trans Adriatic Pipeline. Putin spinge sulla sua idea alternativa: si è già messo d’accordo con la Turchia per portare lì il suo metano creando un colossale hub e ora vuole il consenso di Atene per proseguire.

8 aprile 2015 | 20:02
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/economia/15_aprile_08/putin-vuole-tsipras-passaggio-gas-russo-grecia-all-europa-8d559894-de17-11e4-9dd8-fa9f7811b549.shtml
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« Risposta #3 inserito:: Giugno 16, 2015, 11:31:38 pm »

Alexis Tsipras: "Fmi ha responsabilità criminale. I creditori vogliono umiliarci, il negoziato vero comincia adesso"

Redazione, L'Huffington Post
Pubblicato: 16/06/2015 15:08 CEST Aggiornato: 4 minuti fa

A poche ore dal vertice dell'Eurogruppo che deve scongiurare il Grexit e il default della Grecia, Alexis Tsipras spara cartucce pesanti contro la Troika. "Il Fondo monetario internazionale ha una responsabilità criminale" per la situazione in cui versano i greci, dice ai parlamentari di Syriza: "Il vero negoziato comincia adesso".

Poi è passato a tutte le istituzioni creditrici della Grecia (Unione europea, Banca europea e Fondo monetario): "Vogliono umiliare il governo greco". "L'ossessione dei creditori per un programma di tagli non può essere un errore, ha fini politici", ha aggiunto Tsipras, "i creditori stanno utilizzando i negoziati per dimostrare la loro forza, noi stiamo trattando in buona fede".

Tsipras ha poi criticato la Bce per "insistere su una linea di strangolamento finanziario" e ha affermato che "siamo in questa posizione perché il Fmi vuole misure difficili e l'Europa rifiuta lo sgravio del debito". "Se l'obiettivo è proseguire con un programma ispirato dalle politiche fallite del Fmi senza uno sgravio del debito, allora siamo obbligati a non soccombere alle minacce".

Secondo il quotidiano To Vima, Il primo ministro greco Alexis Tsipras avrebbe detto ai leader dei socialisti del Pasok che la Grecia potrebbe non pagare il Fmi a fine mese senza un accordo. Il 30 giugno, infatti, è la scadenza finale.

Ma per il premier greco, eletto a fine gennaio, i creditori stanno chiedendo alla Grecia di accettare una soluzione che non solo non risolve il problema, ma riporta l'economia "in recessione". "Il mandato che abbiamo ricevuto dal popolo greco è quello di porre fine all'austerità politica" "Al fine di raggiungere questo obiettivo - ha aggiunto Tsipras - dobbiamo cercare un accordo che distribuisca gli oneri in modo uniforme e che non faccia male a lavoratori e pensionati". Il premier ha inoltre affermato che, nonostante alcune dichiarazioni aggressive, in Europa c'è chi lavora a un accordo equo.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/06/16/tsipras-fmi-criminale_n_7593786.html?1434460097&utm_hp_ref=italy
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« Risposta #4 inserito:: Giugno 27, 2015, 10:45:52 am »

Grecia, Tsipras: “No alla proposta dei creditori, offerta inadeguata”
Sullo sfondo la proposta cinese: "Pechino vuole che Atene resti nell’Unione europea. Daremo il nostro contributo perché questo accada". Ma non precisa come e a quali condizioni

Di F. Q. | 26 giugno 2015

Per il cancelliere tedesco Angela Merkel era “un’offerta eccezionalmente generosa” che Atene avrebbe dovuto accettare. Ma Alexis Tsipras dirà di no: la proposta dei creditori internazionali di estendere di 5 mesi l’attuale programma di salvataggio della Grecia, in scadenza il 30 giugno che avrebbe comportato tra il resto l’erogazione dell’ultima tranche di aiuti da 7,2 miliardi, in modo che il Paese possa ripagare la scadenza del debito da 1,6 miliardi all’FMI, è un’offerta “inadeguata” perché renderebbe più profonda la recessione.

Lo ha detto un funzionario del governo greco, sottolineando che la proposta della ex Troika è di varare ancora “misure profondamente recessive come condizione per un finanziamento di cinque mesi”, condizione “che si ritiene inadeguata”. Il funzionario, riferisce l’agenzia Reuters, ha sottolineato che il governo greco “non ha il mandato popolare, né il diritto morale di firmare per un nuovo piano di salvataggio”. E ha aggiunto che il passaggio del debito greco ai fondi europei di salvataggio, proposto da Atene, è stato bocciato dalle istituzioni.

La notizia della proposta dei creditori era trapelata poco dopo la convocazione, per sabato pomeriggio a Bruxelles, di una nuova riunione dell’Eurogruppo straordinario sulla Grecia. I ministri delle Finanze dell’area euro torneranno a incontrarsi per la quinta volta in dieci giorni per cercare di arrivare a un accordo sul piano di riforme di Atene. Venerdì, nel corso del suo incontro con la cancelliera tedesca, Angela Merkel, e il presidente francese, François Hollande, il premier greco aveva ribadito la frustrazione del governo ellenico per le misure di austerità richieste dei creditori internazionali. I due leader dal canto loro avrebbero fatto pressioni su Tsipras affinché Atene all’Eurogruppo di sabato accetti un accordo in cambio di aiuti. Anche se un funzionario del governo greco aveva fatto sapere a caldo che il premier “non capisce l’insistenza delle istituzioni per queste misure dure”.

I creditori hanno presentato alla Grecia “un’offerta eccezionalmente generosa”, Atene l’accetti aveva poi commentato la Merkel: “Noi abbiamo fatto un passo in direzione della Grecia – ha sottolineato – ora è il turno della Grecia fare un passo identico”. In pratica la proposta che secondo l’Handelsblatt prevede anche un terzo pacchetto di salvataggio con un finanziamento complessivo di 15,5 miliardi, è stata presentata come una boccata d’ossigeno in attesa di un accordo stabile. L’altra faccia della medaglia è che in una situazione in cui la trattativa tra la ex Troika e la Grecia è in stallo, i creditori internazionali non hanno interesse, né intenzione di tagliare definitivamente il filo con Atene. O per lo meno a non essere loro a tagliarlo.

Secondo l’agenzia di rating Fitch il prolungarsi delle trattative è testimonianza della volontà politica di trovare un accordo, ma i termini spesso conflittuali delle discussioni vanno ad aumentare i rischi sul profilo di credito del debito sovrano greco e delle sue banche. “Un accordo potrebbe alleviare il rischio a breve termine di un default incontrollato e una possibile uscita dalla zona euro – sostiene l’agenzia – ma arriverebbe solo pochi giorni prima della scadenza del programma esistente che è fissata per il 30 giugno”. Fitch sottolinea inoltre come la traduzione di un’intesa in extremis in accordo formale richiederà poi l’approvazione del parlamento greco e alcuni altri parlamenti della zona euro (in particolare il Bundenstag tedesco), così come la rapida legislazione delle riforme da parte del governo greco con alcuni esponenti di Syriza hanno espresso la loro opposizione a parti delle proposte di questa settimana, come quelle in materia di pensioni, i cambiamenti di IVA e dei salari del settore pubblico. “Una divisione nel governo greco, il rischio di un referendum su ogni proposta di accordo o elezioni anticipate potrebbero ritardare ulteriormente la formalizzazione dell’accordo e quindi il rilascio di nuove risorse”, conclude Fitch.

Intanto a sorpresa si è fatto avanti il governo cinese dicendosi pronto a contribuire a tirare fuori dalla crisi la Grecia in modo che resti nell’euro. Lo ha detto il viceministro degli Esteri, Wang Chao, senza specificare che tipo di aiuti Pechino sarebbe disposta a dare ad Atene, né tanto meno cosa vorrebbe in cambio. “La Grecia è in una fase cruciale – ha detto Wang – e la Cina vuole che resti nell’Unione europea. Daremo il nostro contributo perché questo accada”. Il premier cinese Li Keqiang si riunirà lunedì prossimo a Bruxelles con i leader delle istituzioni europee nell’ambito di un nuovo vertice Ue-Cina.

Di F. Q. | 26 giugno 2015

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/26/grecia-tsipras-no-alla-proposta-dei-creditori-offerta-inadeguata/1817862/
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« Risposta #5 inserito:: Giugno 29, 2015, 05:48:32 pm »

Corsa a bancomat e negozi, la Grecia è un Paese sull’orlo dell’abisso
Dall’euforia alla paura: siamo falliti. L’ultima speranza: nuove elezioni

28/06/2015
Niccolò Zancan Inviato ad Atene

Calava il tramonto su Atene, un cielo rosso sangue, pieno di nuvole, quando l’ex ministro dell’Interno Dimitris Kyriazides è uscito sotto il porticato del Parlamento a camminare. «Non lo so cosa succederà domani - ha detto - nessuno lo sa, purtroppo. Siamo già falliti». 

La gente corre ai bancomat, è molto preoccupata e lo siamo anche noi». Guardava basso, Kyriazides. E’ un deputato di Nea Democratia, nemico politico di Tsipras, ma non c’era rabbia nelle sue parole. Non più. Non in quel momento. «L’idea del referendum era anche giusta. Ma è stata presa troppo in fretta. La gente non ha capito. L’Europa neppure». Fine. Fine della storia. Questa volta sì, sembra davvero un tramonto finale. Sull’Europa, così come l’abbiamo conosciuta. E su questo pezzo di terra bello e sofferente come pochi altri, dove appena dici il tuo nome, ti rispondono tutti: «Italiani e greci, una faccia una razza». E adesso aggiungono beffardi: «Fate attenzione, i prossimi sarete voi...». 

La gioia dei pensionati 
Il vento porta in giro l’odore del pattume lasciato a marcire agli angoli delle strade. Sono notti sull’orlo dell’abisso, queste. Puoi incontrare dei pensionati in ciabatte, nel buio, fra le 2 e le 3, in coda ai bancomat del quartiere popolare di Galatsi. Uno alza il pugno e grida: «Bravo Tsipras! Bravo! Referendum. Voce al popolo». L’altro, invece, non dice niente. E’ lì con la nipote, una ragazza che è il ritratto della paura: «Ritiriamo quel poco che avevamo messo da parte. Questo è il decimo prelievo consecutivo. Non sappiamo se lunedì le banche riapriranno».

Era quasi l’una di venerdì notte, in piazza Exarchia, la piazza degli anarchici e dei comunisti, quando è scoppiato un boato da stadio. Applausi, abbracci, lacrime. Nei giardini affollati, correva birra a fiumi. «Referendum, referendum», cantavano allegri. E Varoufakis, il ministro delle Finanze, aveva appena scritto su Twitter: «Lasciamo che decida la gente. E’ buffo come suoni radicale questo concetto...». E sembrava soltanto un’ottima mossa di Syriza - il partito al governo - per smarcarsi dalla Troika e riprendersi la sua gente. Ma il referendum del 5 luglio è stato rispedito al mittente nel giro di mezza giornata. Per l’Eurogruppo arriva fuori tempo massimo. La scadenza per negoziare era il 30 giugno. Mancano 3 giorni. La Grecia sta per essere accompagnata alla porta come uno di quegli ospiti troppo esuberanti. E tutti gli applausi notturni, tutta quella euforia malinconica, il pugno del pensionato in ciabatte, ogni cosa pareva insensata: non c’era più tempo di scegliere. Come era surreale la discussione parlamentare di ieri notte. 

I venditori di semi di zucca portavano i loro carretti in piazza Syntagma. Arrivavano i ragazzi con gli skate. I turisti salivano e scendevano in continuazione dai taxi gialli. Si annunciavano due diverse manifestazioni di protesta. E loro - i parlamentari greci - discutevano di un referendum per decidere se accettare o non accettare la proposta dei creditori. Tsipras, con la camicia bianca e senza cravatta, beveva bicchieri d’acqua, con alle spalle la bandiera Greca e quella dell’Europa. Il suo alleato di coalizione, Panos Kammenos, concludeva così il suo intervento: «Dire no alla loro proposta era l’ultima possibilità di salvare il popolo greco da questa catastrofe». Applausi in aula. 

Banche e supermercati 
Fuori, davanti ai bancomat, in centro come in periferia, incontravi il popolo greco. In coda con fatalismo. «Ho deciso di fare 1000 euro di spesa per sicurezza, nel caso iniziassero a scarseggiare i beni alimentari». Così diceva un signore, un padre. E poi c’era Dimitrios Frountzis, 31 anni, elettricista: «Questo è un giorno perfetto per i ladri. Tutti i greci hanno le case piene di contanti. E’ sbagliato farsi prendere dal panico, ma è difficile restare tranquilli». Georghe Resk, 35 anni, impiegato dell’aeroporto: «Io e mia moglie siamo molto preoccupati. Uscire dall’Europa sarebbe una sciagura». Maria Vorrias, proprietaria di uno dei ristoranti più eleganti di Atene: «Il nostro umore è grigio come il cielo. Siamo sospesi. Mancano le informazioni. Dovevamo fare di tutto per restare in Europa». 

Vicini al default 
E così, nel giro di 24 ore, Atene passava dalle urla di giubilo in piazza Exarchia, a quella passeggiata sotto al porticato dell’ex ministro dell’Interno: «Siamo falliti». Michalis Tsintsinisi è un editorialista di Ta Nea, il giornale più letto in Grecia: «Non siamo mai stati così vicini al default. L’unica possibilità di salvezza sarebbero le dimissioni del presidente della Repubblica. Nuove elezioni. Prendere tempo». Fuori, era di nuovo buio, come sono buie certe notti qui, piene di musiche dolci, cani e mendicanti sui marciapiedi. E il tempo sembrava davvero finito. 

Da - http://www.lastampa.it/2015/06/28/economia/corsa-a-bancomat-e-negozi-la-grecia-un-paese-sullorlo-dellabisso-ZjOY5UkRGvVH0omYG2wCeL/pagina.html
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« Risposta #6 inserito:: Giugno 29, 2015, 05:49:52 pm »

Grecia, sondaggi smentiscono Alexis Tsipras: la maggioranza favorevole ad accordo con i creditori

Redazione, L'Huffington Post
Pubblicato: 28/06/2015 11:22 CEST Aggiornato: 48 minuti fa

"Sono certo che il popolo greco si solleverà davanti a queste circostanze storiche e dirà un sonoro 'no' all'ultimatum", ha affermato il premier Alexis Tsipras prima del voto in Parlamento. Ma non è detto che la mossa di sottoporre l'accordo con i creditori al popolo greco non gli riservi brutti scherzi. La decisione del premier di Atene di indire il referendum il prossimo 5 luglio per chiedere ai greci se fare o meno l'accordo con le istituzioni internazionali può infatti riservare delle sorprese, lo dicono i sondaggi. Come riporta la Reuters, la rilevazione fatta dall'istituto Alco e pubblicato su Proto Thema, dice che il 57 per cento delle mille persone intervistate è favorevole a un accordo, mentre il 29 per cento vorrebbe la rottura dei negoziati. Un 57 per cento quindi direbbe sì alle condizioni poste dai creditori, anche se a base di rigore e austerità.

Una tendenza confermata anche da un secondo sondaggio, fatto dalla Kapa Research: secondo questo istituto il 47,2 per cento degli intervistati si dice favorevole a un accordo, contro il 33 per cento che si dice contrario.

Un referendum che si farà: il Parlamento ha approvato nella notte la convocazione di una consultazione popolare indetta dal governo Tsipras per il 5 luglio, cioè domenica prossima, quando i cittadini greci saranno quindi chiamati a scegliere se accettare o rifiutare le condizioni poste dai creditori internazionali per l'accordo sul debito. In aula, dove siedono 300 deputati, il sì al referendum ha avuto l'appoggio non solo dei due partiti di governo, cioè Syriza di sinistra e Greci indipendenti di destra, ma anche del partito neonazista Alba dorata. Dopo un dibattito di oltre 14 ore, la votazione si è conclusa con 178 sì, 129 no e nessun astenuto.

La discussione in Parlamento si svolgeva proprio mentre l'Eurogruppo riunito a Bruxelles decideva di non concedere alla Grecia la proroga del piano di salvataggio oltre il 30 giugno, che era stata chiesta da Tsipras per consentire ai cittadini di votare senza pressioni. In pratica il programma di salvataggio della Grecia e di conseguenza gli aiuti, senza l'accordo, si interromperanno il 30 giugno. L'intesa con i creditori era necessaria per sbloccare l'ultima tranche di aiuti di salvataggio da 7,2 miliardi, che avrebbe consentito ad Atene di ripagare al Fondo monetario internazionale un prestito di 1,6 miliardi di euro che deve restituire entro il 30 giugno ed evitare il default.

L'annuncio shock del referendum era giunta da Tsipras venerdì sera, dopo che l'ultimo round di colloqui con i creditori non aveva dato i risultati sperati. L'accordo proposto dalle istituzioni, secondo Tsipras, è un'offerta "barbara e umiliante". L'esecutivo non accetta la condizioni, ma ha deciso che a scegliere saranno i cittadini: Tsipras ha chiesto ai greci di pronunciarsi per il no, ma al tempo stesso ha promesso che lascia la porta aperta a un accordo.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/06/28/sondaggi-grecia-tsipras_n_7680616.html?utm_hp_ref=italy
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« Risposta #7 inserito:: Giugno 30, 2015, 06:29:10 pm »

Declino Grecia, gli errori (e le colpe)

Di Danilo Taino

Dunque, alla fine lo hanno fatto: Alexis Tsipras e Yanis Varoufakis hanno spostato sulle spalle dei cittadini greci l’alternativa tra l’accettare il programma dei creditori, e dunque restare nell’Unione monetaria, oppure rifiutarlo, e quindi avviarsi verso l’uscita. In nome di un’idea oscillante di democrazia: io, governo, ho fallito nelle trattative; ora vedi tu, popolo. Una scelta pasticciata, che fa precipitare la situazione ma che Syriza ha tenuto come una carta da giocare nel finale di partita sin dal momento in cui ha vinto le elezioni, lo scorso25 gennaio. Qualsiasi sia il risultato del referendum indetto per domenica prossima, la crisi che si è aperta è probabilmente la più grave nella storia dell’Unione europea, non solo dell’Eurozona.

Le responsabilità sono in gran parte del governo di sinistra di Atene. Durante l’intera trattativa con i creditori (Ue, Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale), il premier Tsipras e il ministro delle Finanze Varoufakis non hanno mai dato l’idea di agire in buona fede, con l’obiettivo di raggiungere un accordo. Non hanno mai preso in considerazione seriamente l’idea di introdurre riforme capaci di fare della Grecia un Paese che riesce a competere sui mercati internazionali; hanno respinto proposte sempre più a loro favorevoli; hanno fatto passi indietro su decisioni prese dai governi precedenti. Soprattutto, hanno convinto i partner di puntare solo al denaro degli europei, senza dare in cambio garanzie. La decisione di indire il referendum - un abbandono di responsabilità, anche se si trattasse di una folle tattica negoziale per piegare i creditori - ha chiuso il cerchio.

Ciò non significa che gli altri 18 membri dell’Eurozona si siano mossi in modo brillante. È mancata una leadership capace di dare il senso politico di quanto stava succedendo. I negoziati tecnici, inevitabili, sono rimasti il solo terreno di trattativa. Anche Angela Merkel non è riuscita a sviluppare un minimo di leadership che spostasse la discussione da un mero confronto contabile tra creditori e debitore a una prospettiva politica che rendesse difficile a Syriza di rifiutare un accordo.

In cinque mesi di negoziato - di applicazione della Teoria dei Giochi, direbbe Varoufakis - l’unica istituzione a svolgere un ruolo è stata la Bce di Mario Draghi. Non solo perché, nonostante la precarietà della situazione, ha continuato a fornire alle banche greche iniezioni periodiche di liquidità di emergenza che hanno consentito loro di non farle fallire, di fronte ai massicci prelievi dei cittadini preoccupati dalla possibilità di ritrovarsi i conti correnti denominati in dracme. Soprattutto perché, con il programma di acquisto mensile di 60 miliardi di titoli sui mercati, Draghi ha creato le condizioni per attutire il possibile effetto di contagio della crisi ellenica.

A questo punto, la Bce dovrà muoversi all’interno delle regole, che le impediscono di fornire liquidità alle banche se non c’è in essere un programma di aiuti per la Grecia (scade martedì). Sarà però necessario fare un salto di qualità, dare l’idea non solo che la Grecia è un caso irripetibile ma anche che l’Eurozona impara dalle crisi e sa ridisegnare l’architettura che sostiene la moneta. In passato, Draghi e Merkel hanno saputo sviluppare una leadership congiunta su questo terreno: sono di nuovo alla prova, quella più dura. E più importante: anche per i greci.

28 giugno 2015 | 09:08
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/editoriali/15_giugno_28/grecia-default-errori-colpe-editoriale-taino-001ffd26-1d5e-11e5-8ee0-8912bb49d278.shtml
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« Risposta #8 inserito:: Luglio 04, 2015, 08:45:49 am »

Arlecchino
   
 Oggetto del messaggio: Il gioco d’azzardo di Tsipras e l'Europa miope...

Messaggio Inviato: sab lug 04, 2015 06:46 am

   

Le responsabilità ci sono e risultano evidenti quando, oggi, si cerca di capire la tragedia economica greca (che viene da lontano).

Un tempo certe scelte e molte azioni della Sinistra-sinistra le definivo frutto della "stupidità politica", oggi sono di parere diverso nel senso che il seguitare con quel modo di agire e quel motivare le loro azioni è cinismo egoista allo stato brado.

Non sono politici stupidi a livello di leader ma continuano a cercare la sopravvivenza attraverso la solita (da 90 anni almeno) propaganda dell'essere "contro" qualcuno o qualcosa. Non è il caso di farlo qui ma ognuno può andare a rivedere quanto ha raccolto la Sinistra-sinistra dagli anni venti del 900 ad oggi. Quanto è costato al popolo il loro modo di agire egoista, legato alla conquista del potere attraverso una ideologia falsamente presentata come sostegno e difesa dei più deboli?

Si dice che la Sinistra-sinistra agisca con metodi e tematiche graditi alla pancia della gente ... io penso che con i maschi siano arrivati un poco più in basso (almeno il loro insistere nel non evolversi lo fa pensare).

Tornando alla Grecia e al popolo greco noi dobbiamo rifiutare il cinismo falso e furbo, di chi vola in Grecia per sostenere il No preoccupandoci, indipendentemente dal risultato di domenica, della situazione gravissima in cui si dibatte il Popolo greco. Popolo e Nazione tutta che devono essere sostenuti e accompagnati in modo razionale verso il loro riscatto morale, economico e politico.

Viva la VERA Democrazia in Grecia.

ciaoooo


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« Risposta #9 inserito:: Luglio 04, 2015, 08:50:09 am »

Grecia, il fronte del 'Sì' e del 'No' riempiono le piazze ad Atene.
Tsipras: "Oggi è una festa della democrazia"
Scontri poco prima dell'inizio della manifestazione in piazza Syntagma

03 luglio 2015
   
ATENE - Migliaia di persone sono scese in piazza ad Atene per partecipare alle due manifestazioni contrapposte una a favore del 'No' e una a favore del 'Sì' per il referendum di domenica, in cui i greci sono chiamati a esprimersi sulla proposta di accordo presentata dai creditori internazionali. Il fronte del 'No' si è dato appuntamento a piazza Syntagma, per ascoltare il discorso del premier Alexis Tsipras, mentre i manifestanti che difendono il 'Sì' hanno scelto lo stadio Kallimarmaro, che ospitò le prime olimpiadi moderne. Circa 40.000 manifestanti si sono più o meno equamente divisi tra i due cortei.

"Oggi è la festa della democrazia, che ritorna in Europa. Tutti gli occhi dell'Europa sono sul popolo greco. Festeggiamo la vittoria della democrazia ha detto -  Tsipras nel suo discorso - . Oggi festeggiamo e cantiamo per superare la paura e i ricatti. Oggi tutta l'Europa guarda voi, il popolo greco. Abbiamo una grande occasione: far ritornare la democrazia in Europa". Tsipras ha dichiarato che i greci sono determinati a riprendere i problemi nelle loro mani" e dicono 'No' agli ultimatum. "Domenica non decidiamo semplicemente di stare in Europa, decidiamo di stare in Europa con dignità. La ragione è dalla nostra parte, vinceremo", ha aggiunto.

Poco prima dell'inizio dei cortei scontri sono scoppiati fra la polizia e gruppi di manifestanti. Gli agenti hanno lanciato granate stordenti. Secondo alcuni testimoni, un gruppo di circa 300 persone con il volto coperto dai passamontagna ha cercato di forzare un cordone di poliziotti posto all'inizio di via Ermou, che si immette nella centralissima piazza Syntagma dove è incominciata poco dopo la manifestazione a favore dei "No" al referendum. La polizia ha bloccato gli aggressori esplodendo candelotti lacrimogeni.

Negli ultimi sondaggi si fa sempre più stretto il margine di differenza tra l'una e l'altra fazione. Un sondaggio citato dal quotidiano Avgi parla del "no" in vantaggio al 43%, ma il "sì" incollato al 42,5%. Gli indecisi sono ancora moltissimi.
© Riproduzione riservata
03 luglio 2015

Da - http://www.repubblica.it/esteri/2015/07/03/news/grecia_migliaia_di_persone_a_syntagma_per_no-118286495/?ref=HREA-1
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« Risposta #10 inserito:: Luglio 04, 2015, 08:55:47 am »

Grecia, Gawronski: “Bce la sta spingendo fuori dall’Euro per costringerla a cedere”
L'economista: "La Banca Centrale Europea ha bloccato la fornitura della liquidità d'emergenza invece di garantire la liquidità agli istituti com'è suo obbligo, rinnegando il 'whatever it takes' pronunciato da Mario Draghi.
In questo modo il sistema greco crolla, perché domani si presenteranno agli sportelli frotte di depositanti spaventati per avere indietro i loro soldi e la loro banca non glieli potrà dare.
Francoforte non è indipendente, ma si è schierata con i creditori"

Di Marco Pasciuti | 3 luglio 2015

Piergiorgio Gawronski, economista, perché invece di puntare a riavere indietro una parte dei prestiti ma a riaverla con certezza, i creditori continuano a chiedere indietro l’intera somma, sapendo che non riusciranno mai a ottenerla?

“Ci sono tre motivi. In primo luogo Bruxelles vuole difendere il principio secondo cui l’austerità è la strada giusta: Tsipras ha sfidato l’ortodossia anche sul piano ideologico, e quindi l’Ue non può, non vuole dargli ragione. La seconda motivazione risale al 2010, quando la Grecia stava facendo default nei confronti delle banche e l’Ue è subentrata come creditore al posto degli istituti. In questo modo i governi Ue hanno fatto un enorme favore alla banche, a scapito di noi contribuenti; e hanno messo gli interessi dei tax-payers europei contro quelli dei greci. Poi hanno costretto la Grecia a sobbarcarsi a ulteriore debito, ben sapendo che era insostenibile (il FMI lo scrisse nero su bianco nel 2010). Infine, per farci credere che Atene avrebbe ripagato questo debito, l’hanno sottoposta a una “cura” di stupida, intensa austerità che ha distrutto il Paese. Ora i governi europei vogliono evitare di renderne conto ai rispettivi elettorati e per questo vogliono continuare con questa finzione: il debito della Grecia deve continuare a ‘stare in piedi’ contabilmente, anche se solo grazie a nuovi prestiti, anche se continua a salire a causa degli interessi. Di pari passo, deve continuare l’austerità. Terzo motivo: se ci si rendesse conto che l’errore originario è stato quello delle banche tedesche e francesi – che furono incaute nel prestare i soldi alla Grecia – allora Bruxelles non potrebbe più chiedere le riforme strutturali ai Paesi in difficoltà”.

Tsipras ha deciso di interpellare il popolo greco: decisione giusta o populismo?
“Decisione giusta. La Grecia va incontro a un futuro durissimo, per questo Tsipras ha bisogno di ricompattare il Paese, prima di affrontare il guado”.

 Come giudica l’operato della Bce?
“La Bce ha affondato la Grecia. Lo ha fatto quando ha bloccato l’Ela (fornitura di liquidità di emergenza, ndr). Ha rinunciato al suo compito più fondamentale, quello di fare il prestatore di ultima istanza quando c’è una crisi bancaria. Anzi, questa crisi l’ha fomentata nei mesi scorsi, lasciando trapelare le sue intenzioni. Francoforte ha violato i suoi mandati, e ha perso credibilità: già ne pagano le conseguenze i Btp, i Bonos, i titoli pubblici portoghesi... E il conto sarà molto salato.

La Bce ha continuato a erogare la liquidità di emergenza fino a che il governo greco non ha deciso di chiudere banche.

“Tutti cadono in questo equivoco, ma le cose non stanno così. Le banche centrali di tutto il mondo hanno l’obbligo di fare da prestatori di ultima istanza, cioè di garantire la liquidità del sistema bancario: quando aumentano i prelievi, le banche centrali aumentano il livello di liquidità agli istituti. Anche nel caso della Grecia, man mano che aumentavano i prelievi la Bce ha offerto la liquidità necessaria. Tuttavia arrivata a quota 89 miliardi, Francoforte, cedendo alle pressioni dei governi creditori, ha deciso di fermarsi. Ha detto in sostanza: ‘oltre questo non andiamo’ rinnegando il ‘whatever it takes‘ pronunciato da Draghi (il 26 luglio 2012 il governatore della Bce affermò che avrebbe “fatto di tutto per salvare l’euro”, ndr). In questo modo il sistema bancario greco crolla, perché domani si presenteranno agli sportelli frotte di depositanti spaventati per avere indietro i loro soldi, e la loro banca non glieli potrà dare. In quel momento gli istituti falliranno. Per evitarlo Tsipras ha chiuso le banche, ma il rimedio non può durare che qualche giorno”.

Francoforte avrebbe deciso di far fallire il sistema bancario greco, quindi.
“Sì, ha deciso che la Grecia se non si piega deve uscire dall’euro. In questa situazione infatti, se la Bce non dà liquidità, ad Atene resta una sola possibilità: stampare un’altra moneta, chiamiamola dracma, ricapitalizzare le banche con quest’ultima, fare una legge che converta i depositi in dracma e dare ai depositanti la possibilità di prelevare le dracme. In quel momento il sistema bancario ricomincia a funzionare. Poiché l’articolo 1 dello statuto della Bce dice che non possono coesistere due monete in un Paese dell’euro, automaticamente la Grecia si ritrova fuori dalla moneta unica anche dal punto di vista giuridico “.

Per quale motivo la Bce avrebbe preso una decisione simile?
“Perché non è una banca centrale indipendente. È una banca centrale che si è schierata con una delle due parti in causa, i creditori. E per piegare i greci non ha esitato a usare la politica monetaria, che invece dovrebbe essere al di sopra degli interessi politici particolari. I timori di ‘perdite’ sono infondati; eventuali perdite sarebbero a carico della Banca di Grecia; e in ogni caso perdite delle banche centrali, quando fanno i prestatori di ultima istanza, fanno parte del loro mestiere”.

Per i greci l’uscita dall’euro sarebbe la soluzione migliore?
“Temo di sì, e non sarà una passeggiata. Ma seguire ancora una volta i voleri della Troika equivale a condannarsi a ripagare il debito in eterno: perché a ogni giro di austerità la somma aumenta (rispetto al Pil), e serve sempre nuova austerità. Quello che accade oggi in Grecia, fatte le debite proporzioni, mi ricorda quello che accadde nel ghetto di Varsavia nel ’43: quando gli ultimi sopravvissuti si ribellarono al graduale genocidio attuato dai nazisti. In Grecia il Pil è già sceso del 29%, la disoccupazione è al 26% e con la proposta Ue salirebbe al 30%, i giovani emigrano in massa, e gli ultimi asset sono in vendita: è una situazione insostenibile. Per evitare questa lenta distruzione, Tsipras gioca la carta disperata della possibile uscita. Secondo me, di fronte ai giorni bui che – in ogni caso – si profilano, invece di spremere ancora la Grecia, l’Europa farebbe meglio ad aderire alla proposta di Rogoff e programmare un intervento di tipo umanitario”.
di Marco Pasciuti | 3 luglio 2015

DA - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/03/grecia-gawronski-bce-la-sta-spingendo-fuori-dalleuro-per-costringerla-a-cedere/1837767/
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« Risposta #11 inserito:: Luglio 05, 2015, 09:46:45 am »

James Galbraith, il consigliere di Varoufakis: "Matteo Renzi ci ha deluso. Ha sposato una minaccia vergognosa"

Pubblicato: 04/07/2015 13:34 CEST Aggiornato: 4 ore fa

ATENE - E' stato l'ombra e il fedele consigliere di uno dei protagonisti della crisi greca, il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis. Lo ha seguito dappertutto in questi quattro mesi. E a poche ore dal referendum che può segnare il destino dell'Eurozona, è ancora ad Atene, al ministero delle Finanze, in compagnia del ministro greco. James Galbraith, docente all'università di Austin ha tutte le doti tipiche di un consigliere, tranne una: la diplomazia. E a meno di 24 ore dal voto usa parole durissime nei confronti dei nemici di Atene. Uno schieramento in cui Galbraith arruola anche il nostro presidente del Consiglio. "Ci ha delusi, è stata una follia la sua presa di posizione di lunedì", dice Galbraith riferendosi al tweet in cui il premier spiegava che un no avrebbe voluto dire scegliere di uscire dall'euro, come avevano suggerito anche altre Istituzioni europee: "Una minaccia vergognosa", accusa Galbraith, "che Renzi ha deciso di sposare"

Professore, torniamo indietro un attimo, osservando da fuori è sembrato che in questi questo mesi di trattative il negoziato abbia cominciato a muoversi veramente soltanto all’inizio di giugno. Come se nelle settimane precedenti le proposte di Atene non fossero mai state prese sul serio. E’ così?

"Non penso. Ci sono state discussioni intense fin dall’inizio. Il problema è che le posizioni dei creditori sono rimaste immutate fino alla fine di giugno, quando il programma era in scadenza. Un programma che di fatto era stato rigettato dal popolo greco con le elezioni di gennaio. Per il nuovo governo, proseguire lungo quella linea era inaccettabile, ma le Istituzioni hanno deciso di mantenerla comunque fino alla fine. L’esecutivo di Tsipras è arrivato a questo punto perché ha capito che da parte dei creditori non era stata fatta nessuna sostanziale concessione alla Grecia. L’obiettivo era respingere in toto la politica del suo governo".

Eppure questo scenario sembra una sconfitta per tutti. Crede che ci siano stati errori nel negoziato da entrambe le parti?
"L’errore principale è stato commesso nel 2010, quando invece di ristrutturare e cancellare un debito chiaramente insostenibile è stato coinvolto il Fondo Monetario con l’obiettivo i salvare i creditori privati, specialmente le banche francesi e tedesche. Il secondo catastrofico errore è stata la previsione che la ricetta messa a punto per la Grecia avrebbe portato a una ripresa, quando invece ha causato un calo del 25% del Pil negli anni della crisi. Anche il programma di acquisto di titoli SMP da parte della Bce è stato uno sbaglio e la lista potrebbe ancora continuare".

Qui si parla però degli anni passati. Rispetto a questi quattro mesi Grecia e creditori hanno qualcosa da rimproverarsi?
"Direi che il governo greco ha negoziato in buona fede e con dignità. Forse è stato difficile capire per tempo quanto sarebbero stati intransigenti i creditori, ma non mi sento di biasimare Tsipras per questo, perché serve tempo per capire su cosa si può veramente trattare".

E i creditori?
"Hanno semplicemente immaginato che il governo greco alla fine avrebbe ceduto su tutta la linea. Sono abituati a dare per scontato che ogni nuovo governo che va al potere alzi la voce in Europa ma poi alla fine finisca per allinearsi, come ha fatto il governo francese di François Hollande. Hanno scoperto che il governo era diverso e non era disposto a cedere e per questo si sono spazientiti ed esasperati".

Crede che il governo greco si aspettasse un maggiore supporto da parte dei Paesi socialisti in Europa, compreso il nostro?
"Come si ricorda, all’inizio del suo mandato Yanis Varoufakis ha fatto un tour in Europa per incontrare i ministri dei governi di Centrosinistra. Ma da quei momenti e dai primi incontri con i ministri dell’Eurozona è parso subito chiaro che non ci potevano essere illusioni da parte del governo greco. C’era un fronte all’interno dell’Eurogruppo, con la Spagna il Portpgallo e l’Irlanda in testa, che ha fatto fin da subito capire che per loro Syriza era un pericolo, perché avrebbe spinto i partiti di sinistra in vista delle prossime elezioni.

E riguardo all’Italia?
Tutti i partiti socialisti europei, incluso il Pd, hanno guardato con sospetto a Tsipras fin dall’inizio. Il motivo è semplice, sono affiliati con una forza, il Pasok, che è stato praticamente cancellato proprio da Syriza.

Insomma non esiste un alleato in Europa per Syriza
"Se vincerà in Spagna, Podemos. E se ciò accadesse penso che questo possa portare a un cambio di atteggiamento anche da parte del governo italiano".

In che senso?
Devo dire che una delle cose che ha maggiormente deluso me e molte persone qui in Grecia è stata la presa di posizione di Matteo Renzi lunedì. Ha sposato quella vergognosa minaccia lanciata dall’Europa, per cui se i greci avessero votato no avrebbero scelto l’addio all’euro. Non avrebbe dovuto farlo. Una posizione del genere, così dura, poteva prenderla la Germania, ma non un Paese come l’Italia che sta ancora affrontando una crisi. E non è finita, secondo Bloomberg, i ministri delle Finanze europei sarebbero d’accordo su un sostegno alla Grecia anche in caso di no. Hanno capito che i costi di un’uscita dei Atene dall’ euro sarebbero enormi e maggiori di quelli da sostenere per mantenerla dentro. In altre parole hanno sgonfiato la minaccia fatta da Renzi lunedì e ha reso il suo posizione veramente assurda, folle".

Pensa che Tsipras si aspettasse una tale radicalizzazione delle posizioni europee?
"Non sono cosa Tsipras avesse in testa all’inizio, ma so che Varoufakis non ha mai avuto grandi illusioni. Anche nei vertici europei, i colleghi si sono dimostrati gentili, anche Schaeuble nelle conversazioni private, ma fin da subito si sono dimostrati molto chiari sul fatto che non sarebbero stati in grado di offrire qualcosa di sostanzialmente diverso da quanto previsto dal memorandum".

Poniamo per ipotesi che vinca il sì. Pensa che Tsipras si dimetterà? E’ possibile che, una volta che questo fosse il mandato del popolo greco, il premier decida di sottoscrivere un accordo contro cui si è deliberatamente schierato?
"Lo scopriremo la domenica sera, ma penso che sia molto difficile che Alexis accetti questa resa, cioè accetti di portare avanti questo programma. Peraltro lo stesso Varoufakis ha detto pubblicamente che si dimetterà in caso di sì".

Lei è un amico stretto di Yanis Varoufakis. In questi mesi è stato spesso al centro di molte polemiche per la sua sovraesposizione mediatica. E’ sempre stato rappresentato come un uomo molto sicuro di sé. Ora la Grecia è al bivio, come sta vivendo questa responsabilità così forte?
"Yanis è un uomo molto riflessivo. Sarebbe ingiusto fare una valutazione su di lui solo basandosi sulle apparizioni Tv, perché quelle rappresentano solo una parte del personaggio".

Ma sono stati mesi molto duri. All’Eurogruppo di Riga ad esempio, alla fine di aprile, quando secondo alcune indiscrezioni venne definito un “dilettante”. Crede abbia mai pensato di dimettersi?
"Sì, credo ci siano stati dei momenti. Ma so per certo che non al vertice di Riga. Yanis ha registrato quell’incontro e quelle cose non sono mai state dette, le dichiarazioni circolate dopo sono assolutamente false. Il punto è che Yanis rappresentava una minaccia politica, siccome non c’erano riposte politiche da contrapporgli, hanno provato a screditarlo, spostando la questione sul piano personale".

Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/07/04/james-galbraith-renzi_n_7726256.html?utm_hp_ref=italy
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« Risposta #12 inserito:: Luglio 05, 2015, 10:11:56 am »

La Grecia sulla via del referendum: sondaggi falsi, psicosi politica e caos
Zona euro
Una rilevazione della società di Gpo dava in vantaggio i sì: cinque ore dopo la diffusione è stata ritirata con un comunicato al vetriolo e minaccia di querele. Non era inventato ma incompleto, però una “manina” l’ha passato a quotidiani e siti prima che fosse ultimato.
Un caso che si aggiunge all'economia bloccata e dal ricorso al Consiglio di Stato sulla incostituzionalità del referendum stesso, che ha come effetto quello di aumentare ulteriormente il disordine

Di Francesco De Palo | 2 luglio 2015

La strada del referendum si complica maledettamente, ma questa volta la cancelliera Angela Merkel non c’entra affatto. E’ tutto interno il magma caotico che sta avvolgendo la Grecia, i suoi cittadini e anche i media con un sondaggio della società di rilevazioni Gpo che dava i “sì” in vantaggio prima diffuso dai giornali e, poi, ritirato dopo un comunicato al vetriolo della stessa azienda che minaccia querele. Tutti i giornali ellenici l’hanno pubblicato, ma il punto è che era incompleto, però una “manina” l’ha passato a quotidiani e siti prima che fosse ultimato e, quindi, reso ufficialmente pubblico. Per la cronaca è l’unico degli ultimi giorni che dà in vantaggio il sì, mentre altri tre come Palmos, Focus e Pro Rata portano un vantaggio del “no”. Un altro mistero che, in ogni occasione politica di rilievo, torna a fare capolino nelle vite dei greci, come gli attacchi terroristici dei rivoluzionari avvenuti nel paese negli ultimi dieci anni: sempre in curiosa concomitanza di una elezione o di una crisi governo.

Un altro caso quello del sondaggio, l’ennesimo in questa crisi già zavorrata dal ricorso al Consiglio di Stato sulla incostituzionalità del referendum, che ha come unico effetto quello di aumentare la psicosi sociale a cui la politica non si sottrae. Il ministro dell’Energia Panagiotis Lafazanis ha abbandonato in fretta e furia gli studi di una trasmissione televisiva, troppe domande equivoche e un fuori onda sulla dracma pare non gradito. Spyros Sagias è segretario generale del palazzo Chigi di Atene: non va nel suo ufficio dallo scorso 29 giugno dal giorno in cui, secondo la stampa greca, avrebbe avuto uno scontro con i ministri Varoufakis, Pappas e Voutsis. Inoltre quattro deputati di Anel, la formazione di destra al governo con Tsipras (Vassilis Kòkkalis, Dimitri Kamenos, Nikos Mavraganis, Tanasis Papaxristopoulos) hanno annunciato che voteranno sì, aprendo di fatto anche un caso politico nella maggioranza. E l’estroso Varoufakis dice che sarebbe pronto a tagliarsi una mano pur di non firmare un accordo che non preveda l’haircut del debito, pensando già agli scenari che si apriranno da domenica notte in poi. E rafforzando la volontà espressa a Bloomberg tv di un suo passo indietro in caso di vittoria del sì.

Intanto il governo nello spot di lancio della consultazione porta numeri e dati che fotografano quattro anni di austerity imposta dalla troika: “Dal 2010 al 2015 il 35% in più di suicidi, e il 270% in più di depressi”. E ancora, disoccupazione alle stelle e potere di acquisto diminuito sino ad oggi al pari dei salari del 25%. Una voce fuori campo recita: “Non vogliono un compromesso, ma un’umiliazione. Non vogliono risolvere, ma continuare verso una morte lenta. Vogliono la fine della democrazia. Glielo lascerai fare? No. Per una Grecia dignitosa. Per un’Europa democratica”.

“Dimissioni di Varoufakis? Io non sono informato di una cosa del genere, ma poco importa – dice a Ilfattoquotidiano.it Vassilis Primikiris, membro della Segreteria Nazionale di Syriza – . Andiamo avanti per il no, per due motivi, uno democratico ed uno economico. Circa il primo, non è possibile sopportare attacchi come quelli subìti negli ultimi giorni solo perché abbiamo deciso di indire un referendum. Non capisco cosa temano. Perché un popolo non può decidere quale scelta fare? Lo dico chiaro: questo non è un referendum pro o contro l’euro, ma sulle politiche di austerità portate avanti dalla troika”. Il dirigente vicino all’ala integralista che fa capo al ministro dell’energia Lafazanis si chiede. “Perché la Bce ha interrotto la liquidità costringendoci a chiudere le banche nel Paese? E’ stata una mossa per far sì che, tramite le banche, il governo greco facesse un passo indietro e annullare il referendum. Per questo insisto che è una questione di democrazia e di sovranità popolare. Per questo noi quel passo indietro non lo faremo”.

twitter – @FDepalo
Di Francesco De Palo | 2 luglio 2015

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/02/la-grecia-sulla-via-del-referendum-sondaggi-falsi-psicosi-politica-e-rischio-caos/1837965/
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« Risposta #13 inserito:: Luglio 05, 2015, 10:14:27 am »

Zonaeuro
Tsipras, la piccola Grecia sta per abbattere il mostro di Bruxelles

Di Paolo Becchi | 27 giugno 2015

Alla fine Tsipras è andato a vedere la proposta di Schäuble, uno degli architetti del rigore burocratico, che qualche mese fa che nel suo consueto stile da freddo tecnocrate, aveva quasi sfidato la Grecia a indire il referendum sulle proposte dei creditori.

Tsipras lo ha preso in parola e con una mossa astuta e sorprendente ha rovesciato il tavolo, quando ieri nel suo discorso alla nazione annunciava il referendum che si terrà domenica 5 luglio. Impossibile raggiungere un accordo, le due parti sono troppo distanti e secondo alcuni resoconti la Merkel ad un certo punto della trattativa avrebbe persino zittito Tsipras, che cercava di convincere il consesso degli eurocrati sulla bontà delle sue proposte. Forse è stato in quel momento che Tsipras ha avuto l’idea di sbloccare lo stallo di una trattativa che nei fatti non è mai esistita, in quanto in Europa si dettano le condizioni e i termini da osservare e null’altro.

La piccola Grecia sta facendo crollare i palazzi della tecnocrazia e dell’austerity che erano stati descritti come solidi e incrollabili. Nei mesi passati di questa trattativa, si erano alternate diverse emozioni e sensazioni quando si seguiva l’interminabile melina delle discussioni a Bruxelles. Alcuni non credevano che Tsipras fosse in grado di portare fuori il suo Paese da questo carrozzone impazzito. Altri vedevano in lui quelle doti di saggezza e di sagace diplomazia che un passo alla volta lo mettevano nelle condizioni di non piegarsi ai diktat di Bruxelles. La missione non è ancora compiuta, ma a questo punto la sua è stata comunque una vittoria. Se i greci dovessero votare no alle proposte dei creditori, e ci sentiamo di dire che questa è l’opzione più probabile, ciò starebbe a significare che per la Grecia che non c’è altra via d’uscita dell’abbandono della moneta unica e il premier ellenico sarebbe pienamente legittimato a compiere questo passo. Se invece i greci dovessero votare a favore delle proposte, Tsipras potrà dire di aver interpellato il popolo e potrà applicare quelle proposte che lui stesso aveva definito come irricevibili.

Nel lasso di una settimana il popolo greco potrà scegliere il proprio destino e i pochi giorni che restano per decidere giocano a favore della politica di Tsipras, che si è opposto fermamente a quelle bozze che volevano un taglio verticale della spesa pubblica. Se la volontà dei creditori fosse stata realmente quella di recuperare il proprio credito, il buonsenso avrebbe suggerito di sospendere il pagamento degli interessi per un periodo sufficientemente lungo che avesse consentito alla Grecia di costruire le condizioni della crescita. Non è certo con gli avanzi primari, con il taglio delle pensioni e con le privatizzazioni che l’economia greca potrà tornare a crescere, quando tutte queste misure procicliche hanno il solo effetto di peggiorare ancora di più la già indebolita Grecia. Perché allora questo rifiuto insensato di concedere un po’ di ossigeno alla Grecia? Il dogma dell’euro e dell’austerity è quanto di più pericoloso per le democrazie europee che stanno rischiando di precipitare in quell’abisso che negli anni’20 creò le condizioni per far sorgere il nazismo in Germania.

John Maynard Keynes, uno degli economisti più importanti del’900, nel 1919 quando l’Europa uscì sepolta dalle macerie da una guerra durissima, intuì che addossare riparazioni di guerra troppo onerose alla Germania avrebbe destabilizzato l’economia tedesca e portato l’Europa sull’orlo di un nuovo conflitto. I politici che l’economista britannico definì “pazzi al potere”, non gli prestarono ascolto e preferirono infliggere alla Germania riparazioni gravose che portarono l’economia tedesca all’iperinflazione e alla disoccupazione: la reazione fu il nazismo. La lezione della storia non trova udienza nelle stanze dei governanti e Keynes, profondamente deluso, scrisse queste profetiche parole sugli esiti del Trattato di pace del 1919: “La politica di ridurre la Germania alla condizione di servitù per una generazione, di degradare la vita di milioni di esseri umani, e di privare una nazione intera della felicità dovrebbe essere ripugnante e detestabile, - ripugnante e detestabile anche se fosse possibile, e anche se arricchisse noi stessi. Alcuni la invocano in nome della Giustizia. Nei grandi eventi della storia dell’uomo, e nello svolgimento dei difficili destini delle nazioni la Giustizia non è così semplice. E se anche lo fosse, le nazioni non sono autorizzate, né dalla religione o dalla natura morale, ad addossare ai figli dei loro nemici le malefatte dei genitori dei governanti “. Se si sostituisce “Germania” con “Grecia”, avremo esattamente davanti agli occhi lo stesso scenario.

L’eurocrazia in nome di una giustizia decisa dai mercati finanziari, ha condannato il popolo greco e le future generazioni ad un orizzonte senza tempo, ad un limbo che non lascia né speranze né sogni al paese che fu per davvero la culla della civiltà occidentale, nonostante la dottrina razziale rediviva di Die Welt che rimprovera ai greci di non avere nulla a che fare con gli antichi greci e in quanto tali non degni di appartenere all’Ue. Questa è l’Europa a trazione tedesca che abbiamo di fronte, molto simile ad un apparato totalitario che nei suoi argomenti e portati ideologici non esita a ricorrere al concetto di razza spuria per giustificare la riluttanza della Grecia a piegarsi. Tsipras ha compreso che non può abbandonare il suo paese nelle mani delle tecnocrazie che per loro stessa natura odiano le masse, e chiede al suo popolo di sostenerlo in questa decisiva battaglia per “le nostre future generazioni, per la nostra storia e per la dignità e sovranità della Grecia”. Qualsiasi sarà l’esito c’è un punto fermo in tutto questo, ed è la sconfitta dei vertici europei che dopo mesi di totale rigidità e di assurda inamovibilità, escono sconfitti dalla ferma volontà del governo greco di non proseguire con l’austerity. Questa è una battaglia decisiva che può essere l’inizio del riscatto dei popoli europei che non hanno più intenzione di sposare la povertà in nome di teorie e ideologie che alla prova dei fatti si sono dimostrate fallimentari. Il falso dogma dell’euro irreversibile può davvero essere sconfitto e ora i greci possono dimostrarlo all’Europa intera.

Scritto in collaborazione con Cesare Sacchetti
di Paolo Becchi | 27 giugno 2015

da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/27/tsipras-la-piccola-grecia-sta-per-abbattere-il-mostro-di-bruxelles/1821183/?utm_source=outbrain&utm_medium=widget&utm_campaign=obinsource
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« Risposta #14 inserito:: Luglio 05, 2015, 10:22:50 am »

Tsipras: "Accordo 48 ore dopo il referendum".
Ma sul voto pende ricorso al Consiglio di Stato
Il premier: "Più forte sarà il no, migliore sarà l'intesa per i greci; altrimenti avremo quella cattiva che ci hanno proposto". Il ministro Varoufakis: "Se vince il sì mi dimetto". La suprema corte amministrativa chiamata a pronunciarsi contro la validità della consultazione: il verdetto atteso per domani sera. Moody's taglia nuovamente le stime sulla Grecia

Di G. BALESTRERI e R. RICCIARDI
02 luglio 2015
   
MILANO - L'agenzia di rating Moody's prende atto della distanza tra la Grecia e i suoi creditori internazionali e taglia nuovamente il merito di credito ellenico, cioè la stima della capacità di ripagare i creditori privati, che detengono una trentina di miliardi su un debito che ha massa da 300 miliardi. Standard&Poor's, altra agenzia di rating, fa conti minacciosi: il Pil reale della Grecia "scenderebbe del 20% sotto il livello base, in quattro anni", in caso di Grexit, peggiorando "la già disperata situazione delle banche greche". Ancora, per il Fmi le esigenze di Atene saranno di 50 miliardi da qui al 2018. Esigenze peggiorate negli ultimi tempi, accusa il Fondo monetario, "per la mancanza di riforme".

Tsipras: accordo 48 ore dopo il voto - Le notizie arrivano mentre si avvicina il referendum sulle proposte di Ue, Bce e Fmi, una consultazione che - in caso di vittoria del 'sì' e quindi dell'accettazione del piano dei creditori da parte dei greci - porterà alle dimissioni del ministro dell'Economia ateniese, Yanis Varoufakis e probabilmente del premier Tsipras ("Non sono uomo per tutte le stagioni", ha detto due giorni fa). Il capo del governo ha delineato i due scenari parlando stasera con la tv Antena: "Non bisogna trasmettere ai cittadini allarmismo - ha detto Tsipras - . Avremo un accordo 48 ore dopo il referendum. Questo accordo può essere il cattivo accordo che ci hanno proposto o uno migliore. Quanto più forte sarà il 'no', migliore sarà l'accordo". Un accordo che deve contenere una soluzione percorribile, ossia deve prevedere la ristrutturazione del debito greco. Se invece vincerà il 'sì', ha spiegato il premier, "avremo un accordo non sostenibile. Rispetterò il risultato sia quel che sia e avvierò i procedimenti previsti dalla Costituzione". Tsipras conferma dunque nuovamente la possibilità di dimissioni nel caso in cui esca sconfitto dalla consultazione di domenica, anche perché, dice, non pone la sua "poltrona" davanti "agli interessi della nazione". "Quello che posso garantire ai cittadini - ha detto - è che non ho mai mentito e non ho avuto il tempo di innamorarmi dell'incarico di primo ministro".

Il fronte dei creditori - "Aspettiamo il risultato del referendum, è il momento che i greci decidano il loro futuro", ripete il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker. Per il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, se i greci voteranno 'no' sarà "incredibilmente difficile" mettere in piedi un nuovo salvataggio, mentre il presidente francese Francois Hollande spera che vincano i 'sì', "altrimenti entreremmo in una dimensione sconosciuta". Oggi anche il Pasok, il partito socialista greco, ha inviato i suoi elettori e il popolo greco a votare sì "all'Europa e all'euro". Per bocca del presidente Gennimata, il Pasok chiede anche un summit dei leader dell'Eurogruppo: "Serve una estensione del programma di aiuti - dice Gennimata - bisogna trovare un onesto compromesso. La Bce deve assicurare liquidità per la Grecia e stabilità per il sistema bancario greco. Il nostro appello è innanzitutto rivolto al premier greco Tsipras. Il referendum polarizza e crea un falso dilemma. Una Grexit sarebbe catastrofica per la Grecia e disastrosa per l'Europa". Al Tg1, il presidente del Consiglio Renzi dice che la Grecia dovrà tornare al tavolo delle trattative: "Atene non uscirà dall'euro. Il referendum chiesto da Tsipras è stato un errore. Italia al sicuro. L'elemento chiave per me è uno: quattro anni fa emergenza Grecia, l'Italia era il problema, il contagio. Oggi emergenza Grecia, l'Italia non è più dalla parte degli imputati ma cerca insieme agli altri di trovare una soluzione".

Il referendum è dunque la linea sulla quale si gioca il futuro della Grecia. Sulla sua validità ha espresso pesanti perplessità il Consiglio d'Europa, ma ora a pronunciarsi anche sulla sua legalità sarà il Consiglio di Stato greco. Lo riferiscono fonti giudiziarie elleniche, secondo le quali il massimo tribunale amministrativo di Atene è stato chiamato a valutare la consultazione da un ricorso presentato da due cittadini, uno dei quali sarebbe un ex giudice del Consiglio di Stato vicino a Nea Demokratia, la formazione di centro-destra in campo in questi giorni a favore del sì. Secondo i ricorrenti, il referendum violerebbe la Costituzione in quanto pone un quesito che riguarda le finanze pubbliche, oltre a non essere esposto in termini chiari. Secondo le stesse fonti, 12 avvocati in gran parte vicini a Syriza avrebbero presentato un controricorso sostenendo la validità del referendum perché relativo a un problema di "sovranità nazionale". Il Consiglio di Stato, secondo le fonti, dovrebbe pronunciarsi entro domani sera.

Il taglio del giudizio. Moody's ha tagliato il rating della Grecia portandolo da Caa2 a Caa3, peggiorando cioè il livello fissato solo nello scorso aprile. Una mossa che gli analisti fanno "indipendentemente" dall'indizione del referendum di domenica, che rappresenta comunque un "rischio aggiuntivo" per i creditori privati. A pesare, comunque, è la distanza tra le richieste di Atene e la disponibilità delle istituzioni internazionali ad accogliere, per come si è mostrata chiaramente nell'ambito dei sette Eurogruppi convocati nelle ultime due settimane.

L'analisi dell'agenzia mira al cuore del problema: "Mentre negli ultimi anni è stato fatto molto sul fronte del deficit", cioè l'austerity sfrenata ha rimesso in attivo il bilancio dello Stato, "la Grecia ha avuto scarso successo nel realizzare riforme strutturali di lungo periodo". Insomma, la scarsa capacità di darsi obiettivi radicali e perseguirli rischia di rimanere nell'aria anche con un governo ben disposto verso i suggerimenti dei creditori e il ritiro del supporto internazionale rischia di restare un tema caldo a lungo: motivazione che spiega il taglio al giudizio. A questa debolezza si somma poi un debito al 177% del Pil che "è insostenibile e a un certo punto avrà bisogno di una ristrutturazione", per quanto riguarda almeno la parte detenuta dal settore pubblico (la ex Troika). Ma anche in questo caso, le difficoltà nel trovare una soluzione condivisa rischiano di ribaltarsi sui creditori privati (ai quali parla Moody's nella sua analisi) e in caso di ristrutturazione traumatica questi ultimi potrebbero essere chiamati a partecipare.

Ai dati dell'agenzia si aggiungono quelli del Fmi, per il quale la Grecia avrebbe bisogno di nuovi finanziamenti per 50 miliardi di euro (56 miliardi di dollari) fino al 2018 per far fronte all'insostenibilità del suo debito. Nella bozza preliminare del rapporto sulla sostenibilità del debito greco, l'istituto di Washington dice il debito di Atene "nel peggior scenario possibile" richiederebbe un 'haircut' di 53,1 miliardi di euro. Il Fondo rimarca chiaramente le responsabilità: le finanze della Grecia si sono ulteriormente deteriorate perchè Atene è stata troppo lenta nel varare le riforme economiche necessarie. Non a caso, dice il rapporto, lo scorso anno si prevedeva un calo del debito greco al 128% del Pil. Ora il debito è tornato a viaggiare verso il 150% entro il 2020.

Da ultimo, tornando a Moody's, c'è il problema del deteriorarsi della liquidità delle banche, accelerata con la corsa ai depositi mentre si imbastiva l'annuncio del referendum: secondo gli analisti i greci hanno ritirato circa 44 miliardi di euro dalla fine di novembre, facendo scendere la massa in giacenza nelle casse delle banche (che dipendono dai fondi d'emergenza della Bce, anch'essi ora congelati) a 120 miliardi.

Le urne e le dimissioni. Il referendum, dunque, è solo l'ultimo di una lunga serie di questioni, sebbene aggiunga un rischio molto alto alla miscela greca. A tre giorni dalla consultazione, scoppia anche un giallo su un sondaggio GPO citando da euro2day.gr. Il sondaggio direbbe che il 47% della popolazione è orientata verso il 'sì', quindi l'appoggio ai creditori, e il 43% verso il 'no', ma poi viene smentito dalla stessa società. Si può parlare comunque di una situazione incerta, nonostante da più parti si preveda la vittoria dei favorevoli all'accordo. In tal caso, è tornato oggi a precisare il suo ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, a Bloomberg TV "rassegnerò le dimissioni se vince il sì". Varoufakis è tornato a chiedere "la ristrutturazione del debito, senza la quale non firmeremo alcun accordo". Ha anche annunciato che martedì riapriranno le banche.

Chi non si arrende all'idea di vedere l'Eurozona ri-precipitare nel caos è la Casa Bianca: Barack Obama ha chiamato tutti i leader Ue, Renzi incluso, per premere su un accordo. Sia Obama sia Renzi, ha riferito la presidenza Usa, hanno sottolineato come sia a Washington che a Roma i rispettivi gruppi di lavoro siano "in stretto contatto e monitorino gli sviluppi economici della Grecia così come dei mercati finanziari in generale". Segnale di speranza dal ministro Pier Carlo Padoan: "Continuo a essere ottimista sul futuro dell'Europa, al di là delle vicende che possono destare immediate preoccupazioni". Anche Matteo Renzi, intervistato dal Tg1, si è detto convinto che "la Grecia non uscirà dall'euro e dovrà tornare al tavolo in ogni caso e trattare su un programma di aiuto". Il premier ha ribadito che anche in caso di Grexit, "l'Italia non avrebbe particolari problemi".
Grecia, Padoan: "Sono ottimista sul futuro dell'Europa"

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02 luglio 2015

Da - http://www.repubblica.it/economia/2015/07/02/news/grecia_moody_s_taglia_rating_referendum_aumenta_rischio_default-118129260/?ref=HREA-1
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