L’intervista
«Solo in Italia ai giovani chirurghi non è permesso di esercitarsi»
L’appello dello specialista D’Imporzano, coordinatore scientifico dell’ortopedia all’Istituto Auxologico Italiano: perché introdurrei i «cadaver lab»
Di Gian Antonio Stella
Norberto Confalonieri, il primario di ortopedia che faceva lo spiritosone su una paziente anziana alla quale aveva spaccato un femore («L’ho rotto, è andato... Per allenarmi su quella che dovevo fare privatamente») è in-di-fen-di-bi-le. Il putiferio che ne è nato, però, potrebbe essere utile. E accelerare la legge sull’utilizzo post mortem del corpo umano per fini scientifici. Per salvare altre vite. Legge impantanata in Senato.
Esercizio
«Una vergogna. Siamo tra i pochi Paesi al mondo a non avere la possibilità di usare i “cadaver lab”. Che senso ha che i giovani chirurghi facciano esercizio operando i vivi?», accusa Marco D’Imporzano, coordinatore scientifico dell’ortopedia all’Istituto Auxologico Italiano, già Primario al Gaetano Pini, già Presidente del Collegio Italiano dei Chirurghi e della Società Italiana di Ortopedia. Celebre per la perizia operatoria non meno che per la franchezza. «Partiamo da Confalonieri. È un buon chirurgo come tanti che si è ritrovato, grazie all’accorpamento col Cto, primario in un luogo di eccellenza internazionale come il Gaetano Pini. Detto questo le parole usate su quella anziana paziente, se sono a verbale, sono esecrabili. D’accordo. Quanto ai maneggi di cui è accusato non voglio entrarci: ci pensino i giudici. Detto questo, però, qui è scoppiato solo un bubbone scandalistico senza che si affrontasse il nodo più importante».
Cioè?
«Capita a volte, mettendo una protesi, di fissurare, cioè lesionare, un femore. La protesi si appoggia e poi si picchia dentro contro l’osso. A martellate. È come metter dentro un cuneo nel legno. Quando si tocca un femore di una persona anziana può capitare di sentire un “cric”. Allora si mettono dei cerchiaggi, ci si lavora, si aspettano venti giorni prima di far camminare il paziente e alla fine va tutto a posto. Ma capita».
Pare che lui l’abbia quasi fatto apposta...
«Lo escludo. La battuta “sull’allenamento” è brutta ma escludo la volontarietà. Capita. Diverso sarebbe il caso se avesse provato una tecnica nuova (nuova per lui perché la “via bikini”, che lascia cicatrici meno vistose e favorisce un recupero migliore e più veloce, si fa da tempo) solo per esercitarsi. Ci sono ottantenni con le ossa di un trentenne ma forse... Il punto è che comunque l’apprendimento clinico e operativo andrebbe fatto sui cadaveri. In Francia, probabilmente, lui non avrebbe provato e riprovato su gente viva. Avrebbe provato e riprovato su preparati anatomici. Ecco il problema: in Italia non si può fare».
I medici più anziani ricordano di averlo fatto...
«Di straforo, forse. Gli istituti di anatomia patologica avevano sempre cadaveri a disposizione per le diagnosi e le autopsie e i professori facevano far pratica ai giovani così. Di straforo, però... Erano altri tempi. Me li ricordo gli anni in cui andavamo in giro di notte per gli obitori... Ma ciò di cui parlo io, la possibilità di studiare e fare esperienza su un preparato anatomico, un’anca, un ginocchio, da noi non c’è mai stata».
Vietato.
«Vietato. Beatrice Lorenzin è brava ed è riuscita a portare in porto una buona legge sul rischio clinico ma manca ancora, del tutto, una legge sui “cadaver lab”. Lì si dovrebbero fare le esercitazioni. Sui preparati anatomici cadaverici».
Eufemismo per non parlare di corpi di persone morte?
«Lo so, il tema può essere spigoloso. Ma i laboratori che offrono queste opportunità esistono in tutto il mondo. Dalla Francia alla Svizzera all’Austria, per citare i Paesi più vicini. Quelli chiusi sono non più di due o tre Stati. In tutto il mondo occidentale».
Come funziona?
«Chi “non” vuole dare il cadavere della persona defunta perché aiuti a salvare altre persone vive deve scriverlo prima. Sennò il processo è automatico. E la salma appartiene allo Stato. Da noi è il contrario. A Tours, in Francia, l’ultima volta che sono andato c’era una miriade di preparati, teste comprese. Senza scandalo. Per fare le esercitazioni maxillo facciali».
Detta così ricorda un po’ il Museo di Antropologia Criminale di Cesare Lombroso...
«Ho capito, ma se lei andasse a sbattere e si rompesse la parete orbitale e non ci vedesse più vorrebbe essere operato da un chirurgo che ha fatto esperienza su una vera testa o solo su manichini? Tutto il mondo lo capisce, il problema. Tutto. Meno noi».
Ma...
«Scusi: c’è molta diversità tra utilizzare (nel senso di rendere utile) un corpo senza più vita e metterlo in un forno per le cremazioni? Che differenza c’è?».
Argomento spinosissimo...
«Lo so. Ma è così. Questa è la realtà. E va detta, ad alta voce. I nostri specializzandi, per legge, devono (devono!) fare un certo numero di interventi l’anno. Li fanno? Sì, col chirurgo maggiore che gli tiene la mano e loro che si esercitano via via su cristiani. Vogliamo dirlo o ci chiudiamo in una stanza insonorizzata perché non vogliamo sentire, vedere, sapere? Meglio l’ipocrisia?».
Alternative?
«Non ci sono. Se tutto il mondo usa i “cadaver lab” mi spiega perché noi no? La stessa Nicola’s Foundation di Arezzo voluta da Giuliano Cerulli, una dei più grandi “cadaver lab” europei, deve importare i “preparati anatomici” dall’estero. Che senso ha?».
Che fine fanno, poi, questi «preparati anatomici»?
«Abbia pazienza, ma nessuno fa le stesse domande sui corpi cremati. Io sono cattolico ma mi premono di più le persone vive. Senza le sale anatomiche la chirurgia sarebbe ferma al Medioevo. Legga cosa dice il disegno di legge 1534 fermo al Senato. “Norme in materia di disposizione del proprio corpo e dei tessuti post mortem a fini di studio e di ricerca scientifica”. Non è un progetto eversivo. È buon senso. Ma non passa».
Insomma: proprio chi ama la vita e rispetta la morte...
«Lascio parlare la legge: “L’utilizzo del corpo umano e dei tessuti post mortem è informato ai principi etici e di solidarietà, nonché a quelli dettati dall’ordinamento giuridico dello Stato, ed è disciplinato secondo modalità tali da assicurare il rispetto del corpo umano”. Rileggo: “rispetto del corpo umano”. Più chiaro di così!».
14 aprile 2017 (modifica il 15 aprile 2017 | 08:34)
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