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Autore Discussione: Il «Complotto» Telecom  (Letto 2813 volte)
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« inserito:: Settembre 17, 2007, 06:40:01 pm »

Il «Complotto» Telecom

Rinaldo Gianola


A un anno di distanza dalle dimissioni di Marco Tronchetti Provera dalla presidenza di Telecom Italia ritorna di moda la teoria del "complotto". Mentre si avvicina, forse, il giorno della formalizzazione del passaggio di proprietà del gruppo di telecomunicazioni alla cordata formata dalle banche italiane con la spagnola Telefonica, sui giornali della grande finanza riprende a soffiare l´aria della canonizzazione di Tronchetti Provera, vittima, secondo una ricostruzione un po´ parziale, di indebite pressioni del governo Prodi che avrebbe addirittura impedito importanti accordi finanziari e industriali finalizzati allo sviluppo della Telecom.

È un un vizio italiano, forse inevitabile, quello di guardarsi sempre indietro, di dare la colpa dei propri errori a qualcun altro, meglio se il nemico è politico, potente, ramificato. Dovremmo prendere esempio da Charlie Brown quando nei suoi fumetti sostiene, da raffinato filosofo, che «vale più una piccola speranza che una montagna di ricordi». Ma per chi, come Tronchetti Provera, ritiene di aver subito un sopruso o una ingiusta sconfitta non ci sono consolazioni. Bisogna affermare la propria "verità", poi si potrà voltar pagina, pensare a costruire una nuova stagione imprenditoriale con la gloriosa Pirelli.

Così Il Sole-24 Ore ha ragione quando lamenta che un anno fa si parlava troppo della Telecom e oggi se ne parla troppo poco, ma la conoscenza e l´analisi dei fatti del settembre 2006, contrariamente a quanto elenca con puntualità il giornale della Confindustria citando l´amarezza e le accuse di Tronchetti Provera, si prestano a ricostruzioni e valutazioni che possono portare a conclusioni diverse.

Per spiegare le dimissioni di Tronchetti Provera il 15 settembre 2006 si può partire e denunciare il «piano Rovati», l´ostracismo dell´Authority, le perplessità politiche sulla presunta trattativa tra Rupert Murdoch e Telecom (ma davvero qualcuno crede ancora che la gita in barca a Zante fosse propedeutica alla trasformazione di Telecom in una media company?), e pure «l´aggressione mediatica» scatenata dal gruppo l´Espresso. È un´interpretazione legittima, ma non basta. C´è un altro punto di osservazione interessante che, denunciando il "complotto", andrebbe tenuto presente. Per spiegare le dimissioni di Tronchetti Provera si può, infatti, partire, da cinque giorni dopo: il 20 settembre, quando viene arrestato Giuliano Tavaroli, responsabile della sicurezza di Pirelli-Telecom. Ecco: vista dal 20 settembre la decisione di Tronchetti Provera di lasciare la guida per tutelare l´impresa dalle presunte o reali incomprensioni con il governo assume tutta un´altra dimensione e rilevanza. Si può ipotizzare che il presidente avesse deciso di anticipare l´ondata giudiziaria che stava arrivando e che la scelta di Guido Rossi come suo successore fosse determinata, non solo dalle grandi qualità dell´avvocato che però non sembra avere le caratteristiche del manager di telecomunicazioni, ma dalla conoscenza di Rossi dei corridoi di Palazzo di Giustizia dove, lo sappiamo, alcuni magistrati lo guardano con ammirazione, come fosse la Madonna Pellegrina.

L´inchiesta e poi l´arresto di Tavaroli, preceduti dal "suicidio" di Adamo Bove, la scoperta delle attività di intercettazione illegale e di dossieraggio effettuata dall´ex capo della security Telecom con i suoi sodali, le connivenze con i servizi segreti, sono fatti gravissimi che attendono un chiarimento. Le inchieste sono aperte e vedremo dove arriveranno. Ma per ricordare la gravità di questi fatti ci permettiamo di segnalare le valutazioni di due gip che rispetto alla dottoressa Clementina Forleo godono di una minore visibilità mediatica. Il gip Paola Belsito, un anno fa, scrisse che Tavaroli «agiva con grande frequenza mediante operazioni fuori sistema, non riferiva costantemente a nessuno se non al presidente», cioè a Tronchetti Provera. Poi il gip Giuseppe Gennari sostenne che «ci troviamo di fronte a una gravissima intromissione nella vita privata delle persone e a un tentativo di captazione occulta di dati e notizie riservate, mossa da logiche puramente partigiane, nella contrapposizione fra blocchi di potere economico e finanziario. Logiche che tendono a beneficiare non già l´azienda come tale, ma colui che, in un dato momento storico, ne è proprietario». Hanno ragione i gip? Cosa sapeva Tronchetti Provera degli spioni? Le sue dimissioni sono state la sola strada per evitare che la procura estendesse ai vertici Telecom la responsabilità di non aver vigilato sulle attività criminose di alcuni suoi dipendenti? Ad oggi non sappiamo nemmeno se Tronchetti Provera e il suo ex vice Carlo Buora siano mai stati ascoltati dai magistrati su questi temi. Le inchieste di Milano offrono altri interrogativi. Che relazione esiste tra lo spionaggio e l´intrusione informatica nei confronti dell´amministratore delegato di Rcs Vittorio Colao e le sue dimissioni? Qualcuno sa spiegare, inoltre, lo spionaggio del vicedirettore del Corriere della Sera, Massimo Mucchetti, giudicato dai Tavaroli-boys come un avversario della Pirelli? I magistrati, quando avranno terminato le inchieste (e forse è ora di chiuderle perchè pure Tavaroli ha il diritto di sapere di cosa deve rispondere), ci diranno cosa hanno trovato.

Bisognerebbe, adesso, guardare avanti. Che senso ha recriminare ancora, come fa Tronchetti Provera sul Sole-24 Ore, delle svalutazioni miliardarie che dovette effettuare su molte partecipazioni di Telecom, del peso del debito ereditato, o del mancato accordo diretto con Telefonica con cui avrebbe spuntato un prezzo più vantaggioso? Gli si potrebbe replicare di spiegare perchè pagò la Telecom il doppio del valore di Borsa e perchè pochi mesi dopo consentì agli "impresentabili" Gnutti&Consorte di rientrare dalla finestra dopo esser usciti alla grande dalla porta. Ma così non si va da nessuna parte. Comprendiamo che i salotti, i giornali dell´industria e delle banche vorrebbero rintracciare nel passato le cause dei problemi della Telecom di oggi, soprattutto per regolare i conti con Massimo D´Alema al quale non hanno mai perdonato di aver consentito la scalata dell´Olivetti. Ma sarebbe meglio pensare alla futura Telecom, darle una chiara strategia di crescita industriale, consentire al presidente Pasquale Pistorio di poter lavorare in pace. Una volta incassati i miliardi della cessione della partecipazione in Telecom forse anche Tronchetti Provera sarà meno amareggiato: gode sempre di ottima stampa, la signora Afef è così coraggiosa da guardare con simpatia il partito democratico e la Pirelli può rinnovare antichi successi. Siamo cresciuti guardando gli operai della Bicocca entrare ed uscire ogni giorno dalla fabbrica. Saremo in prima fila a tifare per la Pirelli.

Pubblicato il: 17.09.07
Modificato il: 17.09.07 alle ore 10.40   
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