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Autore Discussione: Angela Mauro. Paolo Gentiloni alla conferenza stampa di fine anno, un governo...  (Letto 2042 volte)
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« inserito:: Dicembre 31, 2016, 02:34:04 pm »

Paolo Gentiloni alla conferenza stampa di fine anno, un governo di (moscia) continuità con Matteo Renzi

Pubblicato: 29/12/2016 19:55 CET Aggiornato: 1 ora fa

Angela Mauro

“La continuità di questa squadra di governo con il precedente governo Renzi è da molti considerata un limite. Capisco e accetto la critica, ma io rivendico questa continuità…”. Paolo Gentiloni, premier da soli 15 giorni, decide di darsi in pasto per oltre due ore ai giornalisti della stampa parlamentare nella tradizionale conferenza stampa di fine anno. Ne viene fuori il ritratto di un presidente del Consiglio “di servizio”, espressione che non a caso Gentiloni usa spesso, un premier che non prende impegni, assolutamente fedele al mandato ‘politico’ ricevuto dall’ex premier Matteo Renzi. “Cancellare il lavoro svolto dal governo Renzi o relegarlo nell’oblio sarebbe un errore”, dice Gentiloni. Già, ma di quale continuità sta parlando? Moscia, a dir poco. Continuità ma senza "tono muscolare" con l’Europa, senza nemmeno il gusto politico anche solo verbale della sfida a Bruxelles su immigrazione e fiscal compact, per non parlare di Mps. Continuità fino al punto in cui vuole e dice Renzi.

Mentre Gentiloni parla, tentando affannosi slalom tra affermazioni e negazioni, ‘se e ma’, ‘posso non posso’, Renzi segue la conferenza stampa alla tv. Il nuovo premier è costretto a muoversi in una difficile strettoia di parole senza prospettiva. Perché non sa se la prospettiva del suo governo è breve (come vorrebbe Renzi) o senza particolari scadenze (come preferirebbe il Colle). E allora fa come può, tra detti e non detti, sì ma anche no.

“Non si può vedere il voto anticipato come una minaccia, il governo fa la sua parte fino a quando ha la fiducia del Parlamento…”. Ma anche: “I governi non hanno una scadenza, ma non si tengono in vita artificialmente… L’unica cosa che può fare il premier, a parte l’indovino, è fare bene il suo lavoro…”. Peccato che questo lavoro non possa esplicarlo in tutta la sua urgenza e – perché no – potenza. Troppe variabili in campo. Soprattutto c’è Renzi o la sua ombra. “Da circa 15 anni ho rapporto di stima e grande collaborazione con Matteo Renzi e questo penso che sia un atout per il governo”, si arrende il neopremier.

E’ per questo che la continuità si palesa solo fino a un certo punto: fin dove decide Renzi. Gentiloni, per dire, non fa menzione dell’intenzione di chiedere all’Europa la revisione del Fiscal Compact. Eppure questo era il cavallo di battaglia di Renzi per il nuovo anno. Il Fiscal compact “approvato nel 2012 per un periodo sperimentale di 5 anni va a scadenza alla fine del 2017”, diceva Renzi in campagna referendaria. Nessuna eco nelle parole del nuovo premier.

E ancora: Renzi aveva annunciato anche il veto italiano al bilancio Ue in mancanza di solidarietà da parte dei paesi dell’est sui migranti. Anche qui non c’è continuità, anzi. Morbidissimo, Gentiloni sottolinea: l’Italia non vuole “fare ostruzionismo” sul bilancio Ue, ma “usa i mezzi a sua disposizione per segnalare il problema…”.

Quasi a voler indicare, per obbligo e per carattere, che il governo politico che poteva battere i pugni sui tavoli europei era quello di Renzi e non questo di Gentiloni. “In questi anni, l’Italia ha avuto più ascolto a livello internazionale: per me si presenta la sfida non facile di continuare ad averlo…”, dice non a caso il capo del nuovo governo.

Per non dire della crisi del Monte dei Paschi. Fallita l’opzione di mercato, preferita da Renzi almeno fino al referendum del 4 dicembre, è stato proprio il governo Gentiloni a dover adottare in tutta fretta la soluzione statale, con il decreto ‘salva risparmio’ “la cui attuazione sarà lunga e complicata”, dice il neo-premier. Bene. Anche questo è un esempio di discontinuità, per forza di cose ma lo è. E che dire dell’intervento a sorpresa della Bce che ora suggerisce al governo di spendere non meno di 8,8 miliardi di euro per salvare Mps? Richiesta “opaca”, dice Pier Carlo Padoan al ‘Sole24ore’. Gentiloni conferma e prevede “un percorso lungo” di “dialogo” con la Banca centrale, “tocca abituarsi all’idea…”.

Il “senno di poi” non ha senso, come dice lo stesso premier, ma non è difficile immaginare che con Renzi a Palazzo Chigi anche il caso Mps e la dialettica (eventuale) con la Bce avrebbe preso un’altra piega. Almeno nei toni. Ora invece "più che muscolare", il tono con l'Ue in generale è "pedestre", sottolinea Gentiloni recuperando almeno un po' di ironia. Nel senso che "abbiamo messo un piede nella porta...", dice parlando di immigrazione e reticenze europee.

Evasivo sulla riforma del processo penale: "Stiamo valutando con il ministro della Giustizia e il ministro del Rapporti con il parlamento quale soluzione migliore adottare. Abbiamo un cahier di provvedimenti sulla giustizia tutti molto importanti, come il diritto fallimentare, il codice civile, il codice antimafia. La maggiore o minore durata del governo non dipende da me, ma il messaggio è molto semplice, la riforma andrà avanti…".

E anche sul caso Mediaset-Vivendi, il trait d’union tra il governo e un ‘redivivo’ Silvio Berlusconi, si mantiene vago: Mediaset è “un settore importante e il fatto che sia oggetto di scalata non lascia indifferente il governo, ma la nostra è una valutazione politica. Il governo vigila dal punto di vista politico ma non è il governo che ha gli strumenti di intervento. Per questo ci sono le autorità di garanzia indipendenti…”.


Jobs Act, in attesa della sentenza della Corte Costituzionale sul referendum (11 gennaio), Gentiloni non arretra ma non avanza: “C’è qualcosa da correggere nei voucher, stiamo valutando ma non si dica che sono causa di lavoro nero”. E anche qui un segnale di discontinuità c’è: si capisce che il nuovo premier ami usare l’espressione italiana, “riforma del lavoro, poi gli abbiamo dato questo nome inglese…”. Piccola divagazione sul renzismo.

Promette ma anche no. Soprattutto mantiene la prospettiva a gittata corta e complicata. Rompe con Verdini, cesura con il ‘Renzi primo’ si può dire. “Non sono in grado di fare dichiarazioni sulla riduzione dell’Irpef”, arriva ad ammettere in finale di conferenza stampa, che suona quasi una resa di fronte alle oltre trenta domande che ha dovuto gestire. Tortuoso. Come quando spinge un “contributo del governo per facilitare, accompagnare, sollecitare la discussione sulla legge elettorale”, salvo poi precisare che “non ci sarà una proposta del governo”, ma “se la situazione dovesse andare per le lunghe, ricorderemo che un sistema democratico deve avere delle norme elettorali pienamente funzionanti e utilizzabili". Come? Non si sa. L’iniziativa è nelle mani del segretario del Pd.

Ma Gentiloni è netto nella difesa di Luca Lotti e Maria Elena Boschi, i due bastioni del fortino renziano, confermati al governo, il primo neo-ministro, la seconda sottosegretario a Palazzo Chigi. Averli al governo “non è un autogoal” nella sfida Dem ai populismi, dice, “Boschi è una risorsa utile. Che ci si creda o no, le ho chiesto io di restare”. Quanto a Lotti e il caso Consip: “Lotti e Del Sette (generale dei Carabinieri pure indagato, ndr.) godono della mia massima considerazione. Al momento le iniziative giudiziarie non impongono al Governo una decisione. Sarebbero decisioni ingiuste e ingiustificate".

Cala il sipario sul 2016, Gentiloni stringe mani prima di andare. Programma, questo sì, alcune iniziative su “lavoro e sud”, servono per affrontare la campagna elettorale. Ma anche qui non scende “nel tecnico”, stretto in un ruolo mediano pur da capo di un governo. Soprattutto costretto ad ammettere: “Mi sento innaturale abbastanza…”.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/12/29/governo-gentiloni-renzi_n_13879984.html?utm_hp_ref=italy
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