I PARTITI
Il gelo di Berlusconi sulle tasse
Bersani: paghi chi non l'ha mai fatto
Di Pietro critico: non vedrò Monti. Maroni: Lega da sola ovunque si voti
ROMA - Sanno poco, pochissimo. Si basano su scarse anticipazioni, su titoli che possono contenere tutto o niente: pensioni, super Ici, mini patrimoniale. Si sentono isolati, alle strette, in uno stato di mancanza di informazioni che - dicono - rischia di diventare pericoloso.
Per questo, alla vigilia degli incontri che Mario Monti ha fissato per oggi con ciascuno di loro, i leader di Pdl, Pd e Terzo polo sono cautissimi nei loro giudizi pubblici. Né proteste né lodi si levano dai quartier generali della maggioranza, perché il momento è troppo delicato per sbagliare la mossa. Dal solo Terzo polo, con Casini, si continua a dare carta bianca a Monti nella convinzione che i sacrifici richiesti colpiranno alla fine sia destra che sinistra, ed è inutile spararsi contro («Non c'è alternativa a votare questa manovra», dice il leader dell'Udc). Per l'Idv, Antonio Di Pietro si sfila proprio dalle consultazioni preventive, spiega che lui sostiene solo «un governo tecnico» quindi non va a incontri anomali, e però comincia già a sparare contro una delle misure possibili in manovra: «Ad alzare le tasse sono capaci anche i malfattori, non servono i professori».
Ma è soprattutto nel Pdl e nel Pd che il termometro dell'ansia sale. In pubblico, Angelino Alfano fa mostra di senso di responsabilità: «Non poniamo paletti preventivi prima di incontrare il premier, né condizioni negative, né positive. L'Irpef? Domani sentiremo Monti». In privato però i big del partito hanno cominciato a fare il punto su quello che si annuncia come un durissimo passaggio. Raccontano che Berlusconi stesso predichi cautela, perché «ricordatevi che anche della nostra manovra dicevano tutto e il contrario». Ma lui come i suoi guardano con grande sospetto ad almeno tre capitoli «che ci vedono perplessi»: aumento dell'Irpef, Ici e tracciabilità a partire da cifre molto basse, e «chissà cos'altro c'è ancora in quelle carte...», dicono. Mentre sul versante delle alleanze arriva in serata la doccia fredda di Roberto Maroni: «Oggi come oggi, la Lega andrà da sola dove si vota, andrà da sola ovunque, perché è finita l'alleanza con il Pdl».
Cresce quindi la voglia di prendere le distanze da una manovra che si vorrebbe fosse percepita come imposta dal governo e subita per mero senso di responsabilità dai partiti. Anche perché - dice un fedelissimo dell'ex premier - «se Monti porrà la fiducia per fare presto, che mai potremo cambiare in Parlamento?». «Avremo senso di responsabilità, salveremo il Paese, certo... Ma intanto lavoriamo alla politica, ci organizziamo per le prossime elezioni, il che sicuramente ci dà ben altro entusiasmo che andare all'incontro con Monti...», dice Maurizio Gasparri sintetizzando il clima in un partito che si prepara già ai prossimi passaggi, tutti possibili nei mesi a venire.
Stessa aria preoccupata si respira nel Pd, dove i punti di sofferenza riguardano altri capitoli, a partire dalle pensioni. E dove l'obiettivo diventa quello di attenuare il peso della manovra sulla previdenza per spostarlo più decisamente sulla tassazione dei grandi patrimoni, magari inserendo anche l'asta sui diritti tivù tra i possibili introiti necessari a raggiungere i 25 miliardi previsti nel pacchetto di misure. Insomma, come dice Bersani, sì al rigore ma «solo se c'è equità e consenso sociale» e se a pagare saranno anche quelli «che finora non l'hanno fatto».
Paola Di Caro
3 dicembre 2011 | 8:25© RIPRODUZIONE RISERVATA
da -
http://www.corriere.it/politica/11_dicembre_03/gelo-berlusconi-tasse-bersani-dicaro_91871390-1d7f-11e1-806b-ab0ba8b41272.shtml
