LA-U dell'OLIVO
Novembre 24, 2024, 10:38:14 am *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: [1]
  Stampa  
Autore Discussione: Marina CASSI. L'export aiuta le imprese  (Letto 2522 volte)
Admin
Utente non iscritto
« inserito:: Agosto 11, 2011, 05:41:44 pm »

economia

11/08/2011 - analisi

L'export aiuta le imprese

Cassa integrazione in calo

Per la Fim, l'obiettivo dell'autunno è la produzione di Mirafiori

Chiarle: in sei mesi tra i metalmeccanici dimezzata quella ordinaria

Marina Cassi
Torino

Lo scorso anno le richieste di cassa integrazione planate sulla scrivania del segretario della Fim, Claudio Chiarle, nei primi sei mesi dell’anno pesavano ventun chili e 200 grammi e erano altre 47 centimetri. Quest’anno le cose sono andate meglio, ma nuove nubi si addensano sulla ripresa autunnale. Certo è che per la metalmeccanica la ripresa è stata maggiore che in altri settori grazie al traino delle esportazioni. Un motore che, però, rischia di incepparsi se si scatena una nuova recessione mondiale. Il segretario Fim spiega che la cassa integrazione ordinaria si è più che dimezzata passando dagli oltre 100 mila lavoratori coinvolti nel primo semestre del 2010 ai 42.300 di quello di quest’anno.

Rimangono numeri molto importanti, ma nettamente migliori. E l’uso della ordinaria potrà ripartire visto che ricomincia il conteggio dell’uso dell’ammortizzatore sociale degli ultimi due anni. Dice Chiarle: «Anche la cassa in deroga è calata del 13% con 3037 addetti coinvolti contro i 3496 del 2010 e le aziende che la utilizzano sono passate da 689 a 413. Questo dato, confortante, è uno dei segnali che una parte delle aziende sta beneficiando della ripresa dell’export».

Cresce, invece, la cassa straordinaria: 9911 addetti nel primo semestre di quest’anno; erano 6157 nel 2010. E cresce, anche se poco, il numero di lavoratori in mobilità: 1016 rispetto agli 852 del 2010. Ma su questo terreno Chiarle non è ottimista: «E’ sempre verso la fine dell’anno che la mobilità aumenta perché le aziende fanno i conti e tagliano i costi».

Il panorama complessivo comunque è in miglioramento - come aveva già rilevato l’indagine trimestrale dell’Unione industriale per il settore metalmeccanico - perché, secondo Chiarle, «la ripresa dell’export ha premiato quelle aziende, soprattutto dell’indotto automotive, che nel corso degli anni hanno diversificato a livello mondiale il loro fatturato, guardando con particolare attenzione a tedeschi e francesi».

E sottolinea che segnali sono arrivati anche «da una ripresa dell’attività produttiva nell’indotto Iveco, Powertrain e Cnh; i motori si sono continuati a produrre regolarmente, Iveco sui veicoli industriali e trattori è ripartita a pieno regime insieme alle macchine movimento terra della Cnh».

Fin qui le buone notizie, ma il segretario Fim, guarda ai prossimi mesi con una certa apprensione. Spiega: «I segnali di questi giorni sono pessimi in Italia e nel resto del mondo. C’è il rischio che l’export si fermi». E aggiunge: «Qualche timore c’è anche per gli ammortizzatori sociali; sappiamo che quelli in deroga per tutto il 2011 ci sono. Ma nel 2012 che cosa farà il governo? Se ci fossero tagli si metterebbe a rischio la coesione sociale».

E poi c’è l’incognita Fiat. Il segretario Fim non ha dubbi: «E’ ovvio che tutta la situazione torinese sarebbe migliore nelle aspettative future se Mirafiori e la ex Bertone si mettessero in moto. E’ indispensabile per una ripresa vera che non si basi solo sull’export. In autunno su questo terreno sono necessari segnali concreti, non c’è più tempo da perdere».

da - http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/economia/articolo/lstp/415361/
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #1 inserito:: Ottobre 08, 2011, 11:18:24 am »

economia

04/10/2011 - mirafiori - la scelta del lingotto

Gli industriali: "Suv decisivo Fiat rientrerà"

Carbonato: «Marchionne fuori dall'Unione? Tornerà quando sarà finito il tutti contro tutti»

Marina Cassi
Torino

Dolce e amaro. Le dichiarazioni della Fiat piovono sull’Unione industriale - nella città dove sono nate sia l’azienda sia la Confindustria - scatenando reazioni duplici: soddisfazione per l’investimento da parte di chi è sempre stato un fan di Marchionne, ma rammarico perché l’addio alla Confindustria potrebbe allentare i rapporti con via Fanti.

È vero che l’ad Fiat nella sua lettera a Marcegaglia scrive che sta valutando «la possibilità di collaborare, in forme da concordare, con alcune organizzazioni territoriali di Confindustria e in particolare con l’Unione industriarle di Torino». Ma dopo la scelta dell’associato più prestigioso c’è il rischio che qualcun altro possa percorrere la stessa strada. E si apre una falla nel bilancio - che si aggira sui 16 milioni - valutabile in oltre due milioni, visto che gli addetti del mondo Fiat in provincia sono 33 mila e che gli associati pagano più o meno 60 euro a dipendente.

Ma non è di vil denaro che l’Unione vuol parlare. Il presidente, Gianfranco Carbonato, non ha mai dubitato delle intenzioni Fiat e ora dice: «Si tratta di un investimento molto importante su una piattaforma per modelli di alta gamma, perché un conto è fare 300 mila Topolino un conto è fare dei Suv che creano più valore aggiunto, più opportunità per i fornitori».

Detto questo ribadisce il rapporto storico tra Unione e Fiat e aggiunge: «È bene che Marchionne voglia che la relazione con noi prosegua: si tratta del nostro maggior cliente. L’uscita è dovuta al fatto che l’auto è un settore che ha bisogno, per essere competitivo, di relazioni sindacali moderne». Guarda al futuro: «Credo che potrà rientrare. Accadrà se passeranno le turbolenze attuali nel mercato, se sarà ritrovata una unità di intenti tra forze politiche e sociali, se finirà questo periodo di tutti contro tutti».

Un altro industriale che aveva sposato in pieno le posizioni di Marchionne è Vincenzo Ilotte, presidente dell’Amma, e con ogni probabilità futuro presidente dell’Unione, una Unione più piccola. Non ha dubbi: «La produzione del Suv è molto positiva per Torino perché pone le basi per una attività che duri nel tempo. Se non ci fosse stata questa scelta forse aziende multinazionali se ne sarebbero andate dal territorio.

E voglio anche dire che questa decisione è stata presa anche grazie alle cose fatte da Confindustria». Ma poi c’è il nodo dell’uscita dall’Unione: «Che Marchionne dica che vuole mantenere rapporti con noi è un riconoscimento per i nostri servizi, il nostro core business. Non sarà più associata, ma potrà essere nostra cliente».

Ma c’è un ma: «Fiat non ha riconosciuto il supporto “politico” della Confindustria, però non credo che altri usciranno: alla stragrande maggioranza dei nostri associati interessano i servizi che diamo, non la valenza politica». E sui problemi di bilancio ha una ricetta: «Ci saranno meno risorse, dovremo ridurre le nostre iniziative». Per Fabrizio Cellino, presidente della «concorrente» Api, «c’è da chiedersi se non sia da valutare l’ipotesi di dare vita a nuove forme di rappresentanza per il tessuto delle piccole e medie industrie manifatturiere, adesso frammentate in più parti». Aggiunge: «Mentre il ruolo delle Pmi è indubbiamente determinante per l’economia nazionale, il loro peso nelle decisioni di politica economica continua a non essere proporzionato alla loro importanza».

da - http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/economia/articolo/lstp/423218/
Registrato
Pagine: [1]
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!