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Autore Discussione: Francesco Cundari - Le lettere tristi di Aldo Togliatti  (Letto 2891 volte)
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« inserito:: Luglio 13, 2011, 04:16:02 pm »

«Tornate presto, se possibile...»

Le lettere tristi di Aldo Togliatti

di Francesco Cundari


Lo storico Aldo Agosti, autore diuna delle principali biografie di Togliatti, ne ricorda in particolare quelle strane lettere ai genitori. Lettere in cui il piccolo Aldo chiedeva a Palmiro Togliatti e Rita Montagnana di portargli, al ritorno dalla Spagna della guerra civile, negli anni Trenta, francobolli rari e libri di avventure. Ma soprattutto li pregava di tornare il prima possibile, ripetendo spesso, come per rassicurarli: «Je me porte bien». Mi comporto bene. Perché Aldo Togliatti, dal collegio di Ivanovo in cui si sentiva abbandonato, a dodici anni, ai suoi genitori scriveva in francese. Come forse era naturale che fosse, per un bambino cresciuto in Russia. O meglio, in Unione sovietica.

Ricoverato da decenni nella clinica di Villa Igea, a Modena, dove si era trasferito dopo la morte della madre, il figlio di Togliatti è stato sempre protetto da una spessa coltre di riservatezza, assistito dal cugino Manfredo Montagnana, suo tutore. Si dice che passasse il tempo a fare le parole crociate e a giocare a scacchi da solo, come certamente aveva imparato in Unione sovietica, nella sua stanza, da solo. E così, sabato scorso, se n’è andato come è vissuto, con la massima discrezione possibile all’età di 86 anni. La stessa notizia della sua morte è stata data soltanto ieri, dopo i funerali. Da uomo non possiamo saperlo, ma certo Aldo Togliatti non è stato un bambino, né un ragazzo, felice. Nelle sue Cronache del vertice del Pci, Luciano Barca ricorda l’incontro con lui, su preghiera di Togliatti, poco dopo la guerra. Il padre glielo aveva detto chiaramente: era preoccupato perché Aldo, da poco rientrato dall’Urss, non riusciva a reinserirsi, stava sempre da solo, non aveva un amico. Barca passerà con lui due settimane nella stessa stanza, in villeggiatura.

A vent’anni, persino in vacanza, Aldo Togliatti si sveglia sempre alle sei per fare ginnastica, alle sette e trenta va a comprare i giornali, e non parla praticamente mai. Poi, durante il viaggio di ritorno da Torino a Roma, in treno, d’improvviso, si apre. E parla per ore, per tutto il viaggio. Racconta a Barca di quanto abbia sofferto per il trasferimento dall’Urss. Lì, ricorda, tutto era semplice, sapeva sempre cosa era bene e cosa era male, quali erano i suoi doveri, come programmare la sua giornata.

Simili difficoltà, probabilmente, non le avrebbe superate mai. Tanto meno dopo la separazione dai genitori. Ma forse il primo vero trauma era stato proprio quel distacco da loro, per due anni, quando Palmiro Togliatti, con il nome di battaglia di «Alfredo», viene inviato in Spagna, dove infuria la guerra civile, e dove sarebbe stato presto raggiunto anche dalla moglie.

«Da quello che scrive si vede chiaramente che Aldo era preoccupato e capiva i rischi che correvano», assicura Agosti, che ha potuto leggere molte di quelle lettere in cui «Aldino», come lo chiamavano i genitori, pregava gli «chers maman e papa» di tornare presto, chiuso in quella specie di orfanotrofio per figli di genitori vivi ma troppo impegnati, dirigenti del Comintern. Dunque, come si diceva allora, rivoluzionari di professione. Aldo Togliatti scriveva dal collegio pregando i genitori di tornare presto, «se possibile». Timidamente, con discrezione. Con altrettanta, antica discrezione, a Modena, raccontano che per anni, due volte alla settimana, «un compagno della federazione» sia andato a trovarlo regolarmente, dai tempi del Pci a quelli del Pds e poi dei Ds. E che alcuni anni fa, alla morte di questa persona, il testimone sia passato a «un’altra compagna», della stessa federazione, divenuta nel frattempo federazione del Pd.

12 luglio 2011
da - http://www.unita.it/italia/tornate-presto-se-possibile-br-le-lettere-tristi-di-aldo-togliatti-1.312787
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